61997C0293

Conclusioni dell'avvocato generale Léger dell'8 ottobre 1998. - The Queen contro Secretary of State for the Environment e Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, ex parte H.A. Standley e a. e D.G.D. Metson e a.. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England ans Wales), Queen's Bench Division - Regno Unito. - Direttiva 91/676/CEE - Protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole - Definizione delle acque inquinate - Designazione delle zone vulnerabili - Criteri - Validità con riguardo ai principi "chi inquina paga", della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente, di proporzionalità e del diritto di proprietà. - Causa C-293/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-02603


Conclusioni dell avvocato generale


1 Le presenti questioni pregiudiziali, sollevate dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division, riguardano l'interpretazione di talune disposizioni della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (1) (in prosieguo: la «direttiva»), nonché la loro validità con riguardo ai princìpi «chi inquina paga» e di proporzionalità e al diritto di proprietà.

Sfondo normativo

2 Nel 1975 le autorità legislative comunitarie hanno iniziato ad attuare una politica di gestione delle risorse idriche (2) comprendente, in particolare, un programma destinato a lottare contro il loro inquinamento. La direttiva si inserisce in tale programma.

3 Adottata sulla base dell'art. 130 S del Trattato CE, la direttiva tende a ridurre l'inquinamento delle acque provocato o indotto dai nitrati provenienti da fonti agricole ed a prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo (art. 1) (3).

4 Per «inquinamento», ai sensi della direttiva, si intende lo scarico effettuato direttamente o indirettamente nell'ambiente idrico di composti azotati di origine agricola, le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana e nuocere alle risorse viventi e all'ecosistema acquatico [art. 2, lett. j)].

5 Gli Stati membri devono individuare e comunicare alla Commissione le zone vulnerabili (art. 3) prima di fissare obbligatoriamente un programma d'azione specifico per le varie zone o parti di zone vulnerabili (art. 5).

6 Per «zone vulnerabili» si intendono le zone designate dagli Stati membri in conformità all'art. 3, n. 2, della direttiva [art. 2, lett. k)]. Si tratta di «tutte le zone note del loro territorio che scaricano nelle acque individuate in conformità del paragrafo 1 e che concorrono all'inquinamento» (art. 3, n. 2).

7 L'art. 3, n. 1, precisa che «le acque inquinate e quelle che potrebbero essere inquinate se non si interviene ai sensi dell'articolo 5 sono individuate dagli Stati membri conformemente ai criteri di cui all'allegato I».

8 L'allegato I, punto A, sub 1), prevede inoltre che «le acque dolci superficiali, in particolare quelle utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile», devono essere considerate come «acque inquinate» qualora, tra l'altro, «contengano o possano contenere, se non si interviene ai sensi dell'articolo 5, una concentrazione di nitrati superiore a quella stabilita secondo le disposizioni della direttiva 75/440/CEE».

9 La direttiva 75/440, il cui obiettivo è «di tutelare la salute umana e di esercitare, a tal fine, un controllo sulle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, nonché sul trattamento di depurazione di tali acque» (secondo `considerando'), riguarda «i requisiti cui deve soddisfare la qualità delle acque dolci superficiali utilizzate o destinate a essere utilizzate per la produzione di acqua potabile (...) dopo i trattamenti appropriati» (art. 1). La concentrazione massima ammissibile di nitrati nelle acque destinate al consumo umano è fissata in 50 mg/l (art. 7, n. 3, della direttiva 80/778, che modifica la direttiva 75/440).

10 Gli Stati membri hanno la possibilità di designare tutto il loro territorio nazionale come costituente un'unica zona vulnerabile. In tal caso essi sono tenuti ad applicare all'insieme di questo territorio «i programmi d'azione previsti all'articolo 5» (art. 3, n. 5, della direttiva).

11 Inoltre, ai fini della designazione delle zone vulnerabili e del riesame dell'elenco delle stesse, sono previsti una procedura di controllo della qualità delle acque e metodi di misura di riferimento per i campionamenti dei composti azotati (art. 6 della direttiva).

12 I programmi d'azione previsti all'art. 5 sono destinati a ridurre o a prevenire l'inquinamento delle acque provocato o indotto dai nitrati provenienti da fonti agricole. Le misure che essi contengono devono pertanto essere appropriate per questo tipo di inquinamento. E' la ragione per la quale l'art. 5, n. 3, della direttiva dispone, segnatamente, che «i programmi d'azione tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine», e il n. 6 della stessa disposizione prescrive agli Stati membri di assicurarsi che le misure siano adeguate all'evoluzione della situazione.

13 L'art. 5, n. 4, della direttiva precisa che i programmi d'azione comprendono le misure di cui all'allegato III della direttiva. Senza procedere ad un'elencazione completa di tali misure, è sufficiente rilevare che esse sono esclusivamente dirette a regolamentare i metodi di sfruttamento dei terreni agricoli e comprendono precise indicazioni relative, in particolare, ai periodi durante i quali è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti, alla capacità dei depositi per effluenti di allevamento nonché alla limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti tenendo conto, in particolare, delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo (allegato III, n. 1).

14 Inoltre, «tali misure garantiranno che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente d'allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro» (allegato III, n. 2, primo comma, della direttiva), il secondo comma dello stesso testo precisa che «il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto».

15 Tuttavia, adottando tali misure, gli Stati membri dispongono di un certo margine discrezionale.

16 Essi possono così adottare misure meno restrittive. L'allegato III, n. 2, lett. a) e b), della direttiva dispone infatti che:

«a) per i primi quattro anni del programma d'azione, gli Stati membri possono accordare un quantitativo di effluente contenente fino a 210 kg di azoto;

b) durante e dopo i primi quattro anni del programma di azione, gli Stati membri possono stabilire dei quantitativi diversi da quelli indicati in precedenza. Questi quantitativi devono essere fissati in maniera tale da non compromettere il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 1 e devono essere giustificati in base a criteri obiettivi, ad esempio:

- stagioni di crescita prolungate;

- colture con grado elevato di assorbimento di azoto;

- grado elevato di precipitazioni nette nella zona vulnerabile;

- terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione.

Se uno Stato membro accorda un quantitativo diverso ai sensi della presente lettera b), esso ne informa la Commissione che esaminerà la giustificazione addotta (...)».

17 Gli Stati membri possono anche adottare misure più restrittive. L'art. 5, n. 5, della direttiva precisa, infatti, che «(...) gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie se, dall'inizio o alla luce dell'esperienza tratta dall'attuazione dei programmi d'azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4 non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1. Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure possibili di prevenzione».

18 Peraltro, al fine di stabilire per tutte le acque il livello generale di protezione, gli Stati membri redigono dei codici di buona pratica agricola che saranno applicati volontariamente dagli agricoltori e che rispetteranno almeno gli elementi elencati nell'allegato II, punto A (art. 4) (4).

Ambito fattuale e procedurale

19 La High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division, è stata adita con due ricorsi con i quali, fra altre persone, il signor Standley e il signor Metson (5), agricoltori dell'East Anglia, regione prevalentemente rurale, chiedono l'annullamento delle decisioni prese dalle autorità nazionali competenti (6) ai termini delle quali, da una parte, alcuni fiumi, tra cui il fiume Waveney, e i loro affluenti sono qualificati come «acque dolci superficiali inquinate» e, d'altra parte, la zona che scarica in tali acque è designata come una zona vulnerabile ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva.

20 Risulta dall'ordinanza di rinvio che, per procedere a questa designazione, dette autorità identificano e determinano con precisione bacini di raccolta delle acque in cui la concentrazione di nitrati di qualsiasi origine è superiore a 50 mg/l. In seguito a ciò, esse identificano le zone note che scaricano in tali acque e, avuto riguardo, in particolare, all'utilizzazione delle terre e ad altre caratteristiche delle zone e delle formazioni acquatiche in esame, valutano se le fonti agricole «concorrano significativamente» ai livelli di inquinamento riscontrati.

21 Tale applicazione delle disposizioni della direttiva è contestata dai ricorrenti nella causa principale, che possiedono e coltivano terreni nella zona vulnerabile così identificata. Poiché tale designazione obbliga le autorità nazionali competenti ad attuare, in tali zone, i programmi d'azione specificamente previsti dall'art. 5 della direttiva, i ricorrenti nella causa principale sostengono che la conseguente restrizione dell'utilizzazione delle loro terre è ingiustificata. Pertanto essi hanno adito il giudice nazionale competente deducendo la violazione del diritto comunitario da parte dell'amministrazione nazionale. E' tuttavia opportuno rilevare che il giudice a quo non fornisce alcun elemento relativo alle misure concretamente adottate o previste dal Regno Unito in applicazione dell'art. 5 della direttiva.

22 Il sindacato nazionale di categoria dei coltivatori dell'Inghilterra e del Galles, la National Farmers' Union (7), è stato autorizzato dal giudice a quo ad intervenire in causa a sostegno dei ricorrenti.

Le questioni pregiudiziali

23 Ritenendo che la soluzione della controversia dipenda dall'interpretazione delle disposizioni comunitarie in materia e dal giudizio sulla solo validità, la High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division, vi sottopone le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, prescriva agli Stati membri, in particolare ai sensi degli artt. 2, lett. j), e 3, n. 1, e dell'allegato I della medesima, di individuare acque dolci superficiali da considerare "acque inquinate" e di designare dunque come zone vulnerabili, ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva, tutte le zone note del loro territorio che scaricano in tali acque e che concorrono all'inquinamento:

i) qualora tali acque contengano una concentrazione di nitrati superiore a 50 mg/l (essendo la concentrazione di nitrati stabilita dall'allegato I della direttiva mediante riferimento alle disposizioni della direttiva 75/440/CEE) e lo Stato membro abbia accertato che lo scarico di composti azotati provenienti da fonti agricole "concorre significativamente" a tale concentrazione complessiva di nitrati e, in tal caso, se una simile considerazione trovi giustificazione nel fatto che questo Stato membro abbia motivo di ritenere che il contributo a tale concentrazione complessiva di nitrati e di composti azotati scaricati da fonti agricole sia superiore ad un dato livello o ad un altro livello o grado di contributo e, nell'ultimo caso, quale livello o grado di contributo equivalga a tal fine ad un "concorso significativo"; oppure

ii) soltanto qualora lo scarico di composti azotati provenienti da fonti agricole sia responsabile da solo (vale a dire senza tenere conto del concorso di altre fonti) di una concentrazione di nitrati in tali acque superiore a 50 mg/l; oppure

iii) su altra base e, in tal caso, quale.

2) Nel caso in cui la questione sub 1) vada risolta diversamente da come menzionato al precedente punto ii), se la direttiva sia invalida (nella parte in cui si applica alle acque dolci superficiali) in quanto essa lede:

i) il principio secondo cui chi inquina paga; e/o

ii) il principio di proporzionalità; e/o

iii) i diritti fondamentali di proprietà di coloro che posseggono e/o coltivano terreni che scaricano in acque dolci superficiali da individuare ai sensi dell'art. 3, n. 1, ossia zone designate successivamente dagli Stati membri, ai sensi dell'art. 3, n. 2, come zone vulnerabili».

La soluzione delle questioni

La prima questione

24 Mediante la sua prima questione, il giudice a quo desidera sapere cosa si intende per «acque dolci superficiali inquinate» ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva. Più precisamente, vi chiede se, per giustificare la qualifica di «acque dolci superficiali inquinate», sia necessario che la concentrazione di nitrati superiore a 50 mg/l presente in queste acque provenga dallo scarico di composti azotati di origine esclusivamente agricola o se sia sufficiente che tale tipo di scarico «concorra significativamente» a tale inquinamento. In quest'ultima ipotesi, il giudice a quo vi chiede di precisare il significato che si deve attribuire all'espressione «concorre significativamente». In altri termini, vi chiede di valutare se la direttiva si opponga all'applicazione fatta dalle autorità competenti del Regno Unito dell'art. 3, nn. 1 e 2, della medesima.

25 Due tesi si contrappongono: quella della Commissione e degli Stati membri intervenuti, che sostengono il punto di vista del Regno Unito (8), e quella dei ricorrenti nella causa principale e della NFU.

26 I ricorrenti nella causa principale e la NFU ritengono che i criteri seguiti dai ministri interessati per procedere alle designazioni in questione non siano conformi alle prescrizioni della direttiva. Secondo loro, si potrebbero qualificare «acque dolci inquinate» solamente quelle acque che contengono una concentrazione di nitrati di origine esclusivamente agricola superiore a 50 mg/l. Essi affermano di basarsi su argomenti relativi al testo e agli scopi della direttiva.

27 Precisano, in particolare, che le disposizioni della direttiva relative alla procedura di designazione delle zone vulnerabili non contengono affatto l'espressione «concorso significativo» ai livelli di inquinamento riscontrati. La NFU, inoltre, critica tale espressione perché non sarebbe sufficientemente precisa.

28 I ricorrenti nella causa principale indicano, inoltre, che, fornendo nell'art. 2, lett. j), della direttiva, una definizione della nozione di «inquinamento» espressamente limitata allo «scarico effettuato (...) nell'ambiente idrico di composti azotati di origjne agricola (...)», il legislatore comunitario ha voluto dare un significato univoco a tale espressione. Di conseguenza, ogni volta che tale termine appare in una disposizione della direttiva, e in particolare all'art. 3, n. 1, il significato che deve essergli dato è unicamente quello di «scarico di composti azotati di origine esclusivamente agricola».

29 Fanno valere, infine, che, poiché lo scopo di tale legislazione è quello di ridurre l'inquinamento provocato dai nitrati di origine agricola, la necessità di realizzare tale obiettivo implica necessariamente che le misure adottate si occupino esclusivamente dell'inquinamento provocato da nitrati di origine agricola.

30 In subordine la NFU propone di qualificare acque inquinate le acque dolci superficiali che contengono una concentrazione complessiva di nitrati superiore a 50 mg/l e nelle quali lo scarico di composti azotati provenienti da fonti agricole «concorre in maniera predominante» a tale concentrazione complessiva. La NFU riconosce, tuttavia, che anche tale definizione non è precisa.

31 I resistenti nella causa principale, nonché i governi degli Stati membri intervenuti, sostengono che l'interpretazione della direttiva fatta dalle autorità nazionali competenti del Regno Unito è corretta. Ne risulta che per «acque inquinate», ai sensi dell'art. 3, n. 1, di tale direttiva, si intendono le acque dolci superficiali utilizzate per le riserve d'acqua potabile contenenti una concentrazione di nitrati superiore a 50 mg/l e nelle quali i nitrati provenienti da fonti agricole concorrono significativamente al livello complessivo di tale concentrazione.

32 Essi sottolineano che l'allegato I, punto A, non afferma assolutamente la necessità di constatare una concentrazione di nitrati d'origine «esclusivamente» agricola superiore a 50 mg/l.

33 Osservano che, secondo il dettato della direttiva, gli Stati membri devono rispettare, in successione, quattro obblighi consistenti nel procedere alla definizione delle «acque inquinate», poi nel designare le zone vulnerabili prima di fissare programmi d'azione e, infine, nell'attuare questi programmi. Ora, i resistenti nella causa principale constatano che l'obbligo di tener conto dei quantitativi d'azoto rispettivamente di origine agricola o di altra origine sussiste solamente al momento della fissazione dei programmi d'azione specifici ed obbligatori [art.5, n. 3, lett.a)]. Essi ne deducono che tale obbligo viene meno nel corso delle fasi successive.

34 Rilevano che l'interpretazione propugnata dai ricorrenti nella causa principale è inconciliabile con l'art. 3, n. 5, della direttiva, che consente agli Stati membri di non individuare le «acque inquinate» e, in tal caso, impone loro di designare come zona vulnerabile ai nitrati l'insieme del loro territorio nazionale, anche se la concentrazione di nitrati per litro d'acqua nell'insieme di tale territorio non è superiore a 50 mg/l. Pertanto, essi considerano che, consentendo agli Stati membri di evitare di procedere alla fase dell'individuazione delle acque inquinate, il legislatore comunitario ha chiaramente espresso che non la ritiene necessaria per la salvaguardia dei loro diritti di proprietà né ai sensi dei princìpi generali del diritto comunitario.

35 Inoltre, essi sostengono che la determinazione dell'origine esclusivamente agricola dei nitrati nelle acque così individuate andrebbe incontro a gravi difficoltà tecniche.

36 Infine, secondo loro, contrasterebbe con lo scopo della direttiva l'escludere dall'ambito di applicazione della medesima tutte le ipotesi in cui le fonti agricole concorrono in maniera decisiva, ma non esclusiva, all'inquinamento.

Analisi

37 Conformemente alla vostra giurisprudenza costante (9), per interpretare una disposizione di un atto legislativo comunitario è opportuno esaminare il suo tenore ed identificare gli obiettivi del regime in cui si inserisce.

38 Risulta tanto dalla lettera che dalla finalità della direttiva che l'esistenza di un inquinamento provocato dai nitrati di origine esclusivamente agricola non è richiesta nella fase dell'individuazione delle «acque inquinate» e della designazione delle zone vulnerabili.

39 Ricordo infatti che, ai sensi dell'allegato I, punto A, sub 1), le acque dolci superficiali, utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, devono essere considerate come «acque inquinate» qualora «contengano o possano contenere, se non si interviene ai sensi dell'articolo 5, una concentrazione di nitrati superiore a quella stabilita secondo le disposizioni della direttiva 75/440/CEE» (10).

40 Tale valore, come si è visto, corrisponde a 50 mg/l. Non è assolutamente precisato quale debba essere l'origine dei nitrati che provocano l'inquinamento e, a fortiori, non è indicato che tale inquinamento debba trovare la sua fonte «esclusiva» nelle pratiche agricole.

41 Ritengo che, se tale condizione fosse necessaria per l'attuazione delle misure vincolanti, il legislatore comunitario l'avrebbe indicato. E' infatti in tal modo che egli procede; lo attesta, ad esempio, il disposto dell'art. 5, n. 3, lett. a), il quale precisa che: «I programmi d'azione tengono conto:

a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine».

42 Tale precisazione, inoltre, rivela chiaramente che il trattamento dell'inquinamento provocato dai nitrati di origine agricola è necessario nelle ipotesi in cui l'inquinamento da nitrati non trovi esclusivamente origine nelle pratiche agricole.

43 Per di più ritengo che, scegliendo di definire, all'allegato I, punto A, sub 1), il tasso di nitrati tollerato mediante l'espressione «una concentrazione di nitrati superiore a quella stabilita secondo le disposizioni della direttiva 75/440/CEE» piuttosto che indicare esplicitamente «50 mg/l» - tasso espressamente indicato all'allegato I, punto A, sub 2) (11) -, il legislatore comunitario abbia voluto sottolineare che lo scopo perseguito è quello della salvaguardia della sanità pubblica e che pertanto il livello di 50 mg/l è il livello massimo ammissibile, a prescindere dall'origine dell'inquinamento da nitrati.

44 Ricordo infatti che, ai sensi dell'art. 7, n. 3, della direttiva 80/778, che modifica la direttiva 75/440, la concentrazione massima ammissibile di nitrati nelle acque destinate al consumo umano è stabilita in 50 mg/l. L'origine dell'inquinamento da nitrati non è precisata perché, quale che sia la loro origine, i nitrati risultano nocivi per la salute umana al di là di tale livello.

45 Questo valore di 50 mg/l risponde, infatti, alle esigenze di tutela della sanità pubblica (art. 1 della direttiva 75/440) e corrisponde ad un valore limite la cui inosservanza - sia che l'inquinamento da nitrati provenga da fonti agricole sia che provenga da fonti industriali - comporterebbe gravi conseguenze in materia di sanità pubblica (12). Nessuno contesta tali conclusioni (nemmeno i ricorrenti nella causa principale) (13).

46 In altri termini, mediante questo rinvio alla direttiva 75/440, il legislatore comunitario ricorda agli Stati membri il loro obbligo in termini di tutela della sanità pubblica, che consiste nel definire come «acque inquinate» le acque dolci superficiali destinate o usate per la produzione di acqua potabile allorquando in esse la concentrazione di nitrati raggiunga il livello massimo ammissibile, ossia 50 mg/l, qualunque sia l'origine dell'inquinamento da nitrati.

47 Infine, come i resistenti nella causa principale, ritengo che l'interpretazione sostenuta dai ricorrenti nella causa principale sia inconciliabile con l'art. 3, n. 5, della direttiva. Tale disposizione consente, lo ricordo, agli Stati membri di non individuare le «acque inquinate», imponendo loro tuttavia di designare come zona vulnerabile ai nitrati l'insieme del loro territorio nazionale, anche se la concentrazione di nitrati per litro d'acqua sull'insieme di questo territorio non è superiore a 50 mg/l. Ne deduco che il legislatore comunitario prevede che i programmi d'azione possano essere comunque adottati, anche se il tasso di nitrati non eccede il livello di 50 mg/l e anche se l'inquinamento non è di origine esclusivamente agricola.

48 Tuttavia, in quanto lo scopo della direttiva è di «ridurre l'inquinamento idrico causato o provocato da nitrati provenienti da fonti agricole (14) ed impedire un ulteriore inquinamento di questo tipo» (15) e di «incoraggiare la buona pratica agricola (...) [per] garantire per tutte le acque un generale livello di protezione dall'inquinamento per il futuro» (16), è necessario, ma sufficiente, che questo genere di inquinamento trovi in parte la sua origine nelle pratiche agricole. Ecco perché i programmi comuni d'azione istituiti dal legislatore comunitario per raggiungere questo duplice obiettivo sono volti a «limitare l'impiego in agricoltura di tutti i fertilizzanti contenenti azoto e a stabilire restrizioni specifiche nell'impiego di concimi organici animali» (17) e, così facendo, a «tutelare la salute umana, le risorse viventi e gli ecosistemi acquatici (...)» (18).

49 Di conseguenza, l'interpretazione proposta dai ricorrenti nella causa principale e dalla NFU non può essere accolta.

50 Seguirli nella loro interpretazione, che consiste nel riservare la qualifica di «acque inquinate» alle sole acque dolci superficiali che contengono o rischiano di contenere una concentrazione di nitrati superiore a 50 mg/l di origine esclusivamente agricola renderebbe infatti impossibile la realizzazione dei programmi d'azione previsti dall'art. 5 della direttiva per tutti i casi in cui le fonti agricole apportino un contributo quasi esclusivo all'inquinamento. E' chiaro che, in simili ipotesi, l'interpretazione proposta dai ricorrenti nella causa principale e dalla NFU non sarebbe certamente adatta alla situazione di inquinamento definita all'art. 2, lett. j), della direttiva, poiché non assicurerebbe la protezione delle acque dolci superficiali contro l'inquinamento da nitrati di origine agricola e comporterebbe conseguenze gravissime tanto per la sanità pubblica che per l'ambiente. In altri termini, tale interpretazione andrebbe contro gli obiettivi stabiliti dalla direttiva e nuocerebbe alla sua efficacia.

51 Risulta quindi dal testo di talune disposizioni della direttiva, come dall'obiettivo di questa, che il legislatore comunitario non esige che la concentrazione di nitrati di valore superiore a 50 mg/l sia di origine esclusivamente agricola, ma impone che questo tipo di inquinamento trovi in parte la sua origine nell'agricoltura.

52 Il giudice a quo vi chiede, inoltre, di precisare quale sia la proporzione di nitrati di origine agricola a partire dalla quale si devono qualificare le acque dolci superficiali come acque inquinate ai sensi della direttiva. Più precisamente, vi chiede se una prassi come quella che consiste nel qualificare acque inquinate le acque che contengono una concentrazione di nitrati superiore a 50 mg/l provenienti dallo scarico di composti azotati di origine agricola che «concorre significativamente» a tale inquinamento sia conforme all'art. 3, n. 1, della direttiva.

53 La direttiva non contiene alcuna indicazione precisa che consenta di rispondere direttamente a tale quesito. E' tuttavia possibile farlo rilevando il nesso stabilito dagli artt. 3 e 5 della direttiva tra le operazioni di individuazione delle acque inquinate dai nitrati di origine agricola, di designazione delle zone vulnerabili e di trattamento di questo tipo di inquinamento.

54 L'art. 3, n. 1, della direttiva precisa infatti che devono essere qualificate acque inquinate le acque dolci superficiali che contengono una concentrazione complessiva di nitrati superiore a 50 mg/l e nelle quali le fonti agricole concorrono a questo tipo di inquinamento per una parte che può essere trattata grazie alle misure vincolanti previste dall'art. 5.

55 Inoltre, deriva dal tenore stesso della direttiva che gli Stati membri dispongono di un certo margine di valutazione sia per individuare le acque inquinate (19) che per decidere circa le misure vincolanti da adottare (20). Ecco perché ritengo che la prassi di uno Stato membro consistente nel qualificare acque dolci inquinate le acque contenenti uno scarico di composti azotati provenienti da fonti agricole che «concorre significativamente» a tale concentrazione complessiva di nitrati rispetti le prescrizioni della direttiva.

56 Dalle considerazioni che precedono occorre pertanto trarre la conclusione che per «acque dolci superficiali inquinate» ai sensi dell'art. 3, n. 1, si intendono le acque dolci superficiali che contengono una concentrazione complessiva di nitrati superiore a 50 mg/l e nelle quali le fonti agricole concorrono a questo tipo di inquinamento per una parte che può essere trattata grazie alle misure vincolanti previste dall'art. 5, ovvero quelle misure che consentono di ridurre o prevenire l'inquinamento delle acque provocato o indotto dai nitrati provenienti da fonti agricole. Ne consegue quindi che la prassi di uno Stato membro consistente nel qualificare acque dolci inquinate le acque contenenti uno scarico di composti azotati provenienti da fonti agricole che «concorre significativamente» a tale concentrazione complessiva di nitrati rispetti le prescrizioni della direttiva.

La seconda questione

57 Visto che l'art. 3 della direttiva va interpretato nel senso che per «acque dolci superficiali inquinate» si intendono le acque nelle quali lo scarico di composti azotati provenienti da fonti agricole è in parte responsabile della concentrazione di nitrati superiore a 50 mg/l, il giudice a quo vi chiede di giudicare la validità di detta norma con riguardo al diritto di proprietà, al principio di proporzionalità ed al principio «chi inquina paga».

Il diritto di proprietà

58 I ricorrenti nella causa principale sostengono che una simile interpretazione ha l'effetto di far ricadere sui soli agricoltori l'onere della riduzione delle concentrazioni di nitrati che provengono da fonti diverse dall'agricoltura. In tal modo risulterebbe violato il loro diritto di proprietà.

59 La Corte ha riconosciuto, in particolare nella sentenza 13 dicembre 1979, Hauer (21), che il diritto di proprietà fa parte dei princìpi generali del diritto comunitario (22).

60 Tuttavia, avete anche affermato che tale principio non costituisce una prerogativa assoluta e che è possibile, «(...)a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti» (23), privare il proprietario del suo diritto o restringerne l'uso.

61 Gli atti che privano il proprietario del suo diritto di proprietà sono quelli che hanno la conseguenza di impedirgli di disporre del suo diritto e di esercitarlo per altri scopi non vietati dalla legge (tale sarebbe ad esempio il caso di un atto di espropriazione). Gli atti che comportano restrizioni dell'uso del diritto sono quelli che limitano una parte delle prerogative inerenti al diritto di proprietà (ad esempio, il divieto di piantare taluni tipi di piante o la limitazione della capacità di produzione di un terreno).

62 Il giudice a quo vi chiede per l'appunto se la direttiva sia valida con riguardo al diritto di proprietà nella parte in cui impone agli Stati membri di fissare programmi d'azione e di adottare le misure vincolanti di cui all'art. 5 allorquando le acque dolci superficiali contengano una concentrazione complessiva di nitrati superiore a 50 mg/l e in esse lo scarico di composti azotati di origine agricola «concorra significativamente» a tale concentrazione complessiva di nitrati.

63 Mi sembra evidente che i programmi d'azione così attuati, se non possono essere considerati come atti che privano il proprietario terriero del suo diritto, possono tuttavia limitare l'esercizio di tale diritto.

64 Infatti, le misure adottate sulla base dell'art. 5 della direttiva impediscono la coltivazione intensiva della terra e riducono la possibilità di praticare un allevamento intensivo. Esse limitano pertanto una parte delle prerogative inerenti al diritto di proprietà degli esercenti di aziende agricole. Inoltre, tali misure hanno la conseguenza, nel breve periodo, diminuendo il rendimento per ettaro dei terreni agricoli, e quindi anche il reddito proveniente dall'attività agricola, di diminuire il valore economico della terra (24).

65 In virtù del combinato disposto dell'art. 3, n. 1, dell'art. 5, n. 4, lett a), e dell'allegato III della direttiva, l'onere pecuniario derivante da tali misure è sopportato in primo luogo dagli esercenti di aziende agricole (in particolare, la costruzione di depositi per effluenti di allevamento), ma anche dal proprietario non coltivatore che potrebbe subire una diminuzione del valore locativo del proprio fondo (a causa della diminuzione del rendimento delle terre coltivate e, quindi, dei redditi agricoli).

66 Esaminiamo adesso la compatibilità del regime istituito dall'art. 5 della direttiva, in presenza di circostanze come quelle menzionate nell'ambito della prima questione, con le esigenze della tutela del diritto di proprietà.

67 Si è già visto che tali misure sono motivate da ragioni inerenti alla tutela della sanità pubblica. Infatti, esse sono vincolanti allorché, nelle acque destinate al consumo umano, si raggiunge il livello tollerato di 50 mg/l di nitrati. Non v'è dunque alcun dubbio che si tratta di un obiettivo di interesse generale.

68 Di conseguenza, è soddisfatta la prima condizione, secondo cui tali restrizioni devono rispondere effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità.

69 Per quel che concerne la seconda condizione, si tratta di verificare se tali restrizioni non costituiscano, con riferimento al fine perseguito, un «intervento sproporzionato e inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti» (25).

70 Anche la condizione inerente all'assenza di un «intervento sproporzionato e inaccettabile» del legislatore comunitario mi sembra soddisfatta.

71 Pure a questo proposito è evidente che, dal momento in cui l'inquinamento dell'acqua provocato dai nitrati è originato in parte dalle pratiche agricole, la restrizione della facoltà di sfruttare il terreno secondo metodi agricoli aggressivi e nocivi per la salute altrui è essenziale per l'instaurazione di una vera politica comunitaria di tutela dell'ambiente, che è considerata dalla Corte come uno degli obiettivi essenziali della Comunità (26).

72 Inoltre, la conservazione delle risorse naturali, in particolare dell'acqua, assicura la tutela tanto dell'interesse generale quanto dell'interesse specifico del mondo agricolo. L'intervento del legislatore deve essere non solo tollerato, ma richiesto nell'ambito di una politica comune fondata sull'art. 130 R del Trattato.

73 Per di più, per quanto concerne la condizione inerente all'esercizio di un'«azione proporzionata», rilevo che, secondo la vostra giurisprudenza, essa è soddisfatta quando tale azione non incide in modo «sproporzionato sulla situazione dei produttori (...) e, pertanto, il Consiglio non ha oltrepassato i limiti posti al suo potere discrezionale» (27). La vostra valutazione è molto simile a quella che effettuate nell'ambito del controllo del rispetto del principio di proporzionalità.

74 Non disponendo di elementi concreti sul programma d'azione specifico e sul contenuto delle misure adottate o previste nel caso di specie dalle autorità nazionali competenti (28), mi è impossibile verificare, conformemente alla vostra costante giurisprudenza, se tali misure siano adatte a realizzare l'obiettivo perseguito e se esse non vadano al di là di quanto necessario per raggiungerlo (29).

75 Peraltro, l'analisi del solo art. 5 della direttiva non rivela alcun elemento di natura tale da inficiarne la validità con riguardo al principio di proporzionalità.

76 Infatti, risulta dal combinato disposto dei nn. 3, lett.a) e b), 5 e 6 di tale disposizione che è prescritto agli Stati membri di fissare programmi d'azione efficaci (30) e adeguati (31) alla situazione di inquinamento constatata scientificamente e alle condizioni ambientali delle regioni interessate del loro territorio.

77 Ora, le misure che possono essere adottate, come si è visto (32), sono esclusivamente destinate a combattere le pratiche agricole relative all'uso dei fertilizzanti, esclusa ogni altra misura diretta a combattere l'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da altre fonti.

78 Di conseguenza, nell'ipotesi in cui altre fonti concorressero a tale inquinamento, gli Stati membri potrebbero porvi rimedio unicamente basandosi su altre norme (33).

79 E' evidente, infatti, che misure come quelle che potrebbero essere adottate sulla base dell'art. 5 della direttiva sarebbero totalmente inefficaci se fossero utilizzate per porre rimedio ad un inquinamento causato da nitrati che non sono originati da pratiche agricole.

80 Del pari, tali misure non sarebbero adeguate alla concreta situazione di inquinamento riscontrata in una regione di uno Stato membro se, una volta constatato che i quantitativi di azoto di origine agricola sono trascurabili, i provvedimenti adottati per porre rimedio a tale situazione implicassero conseguenze più nocive per l'ambiente. In altre parole, si ricorda agli Stati membri di prendere misure idonee alla realizzazione dell'obiettivo senza andare al di là di quanto necessario per raggiungerlo, ossia di rispettare il principio di proporzionalità nell'ambito dell'azione condotta sulla base dell'art. 5 della direttiva.

81 Bisogna concludere, pertanto, che la direttiva soddisfa l'esigenza di un'«azione proporzionata» e rispetta il principio di proporzionalità.

82 Infine, dagli elementi sottoposti al vostro giudizio risulta che l'art. 5, n. 4, lett. a), della direttiva non incide sulla sostanza stessa del diritto di proprietà né impedisce in maniera sostanziale l'esercizio di tale diritto. Del resto, i ricorrenti nella causa principale non lo sostengono; tutt'al più lamentano restrizioni delle modalità di esercizio del loro diritto.

83 Di conseguenza, l'esame delle disposizioni della direttiva non rivela alcun elemento tale da inficiarne la validità in relazione al diritto di proprietà.

Il principio di proporzionalità

84 Secondo i ricorrenti nella causa principale, una simile interpretazione viola il principio di proporzionalità per il fatto che gli obblighi di natura economica e finanziaria posti a loro carico, obblighi che derivano direttamente dalla designazione della zona vulnerabile considerata tale dalle competenti autorità britanniche, non sono appropriati né necessari per raggiungere l'obiettivo della direttiva.

85 Non disponendo di alcun elemento relativo alle misure concretamente adottate nel caso di specie dalle competenti autorità nazionali, è impossibile verificare se le misure prese o previste da tali autorità nazionali siano conformi al principio di proporzionalità definito dalla vostra giurisprudenza.

86 Del resto, come ho già dimostrato, l'esame del solo art. 5 della direttiva non rivela alcun elemento tale da inficiarne la validità in relazione al principio di proporzionalità. Pertanto, non posso che rinviare alle mie precedenti considerazioni.

Il principio «chi inquina paga»

87 I ricorrenti nella causa principale affermano che il principio «chi inquina paga» sancito all'art. 130 R del Trattato sarebbe violato se le misure di cui all'art. 5 della direttiva fossero attuate quando l'inquinamento delle acque dolci superficiali provocato dai nitrati non sia originato esclusivamente dall'agricoltura.

88 Il principio «chi inquina paga» è stato inserito nel Trattato dopo la sua revisione nel 1985. Nella proposta originaria presentata dalla Commissione, nell'ambito della conferenza intergovernativa che aprì i suoi lavori il 9 settembre 1985 a Lussemburgo, esso era redatto nel senso che toccava in linea di principio a chi faceva correre un rischio di inquinamento o a chi provocava un inquinamento sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.

89 Il testo modificato, divenuto l'art. 130 R, n. 2, del Trattato, lo enuncia come uno dei princìpi su sui si basa la politica comune in materia ambientale.

90 Esso recita: «La politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui princìpi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio chi inquina paga (...)».

91 Pertanto è nel quadro delle competenze riconosciute al legislatore comunitario dall'art. 130 R del Trattato che bisogna esaminare se le misure contestate rispettino il principio «chi inquina paga».

92 Tale principio ha un duplice aspetto.

93 Deve essere inteso nel senso che pone ad esclusivo carico di colui che li ha causati non solo i costi conseguenti alla riparazione degli inquinamenti ambientali (34), ma anche quelli derivanti dall'esecuzione di una politica di prevenzione (35).

94 Può essere pertanto applicato in vari modi (36).

95 Ad esempio, può essere applicato successivamente al verificarsi dei danni o anche prima, in via preventiva. Si tratta in quest'ultimo caso di evitare che un'attività umana causi danni all'ambiente. Le misure regolamentari adottate in tale occasione possono consistere nell'instaurazione di un regime di valutazione dell'impatto sull'ambiente di taluni progetti pubblici e privati. L'art. 2 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (37), impone agli Stati membri di adottare «le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto». Lo stesso vale per l'art. 5 della direttiva, che impone agli Stati membri di stabilire programmi specifici consistenti, in particolare, nel prevenire ogni ulteriore inquinamento delle acque provocato o indotto dai nitrati di origine agricola (ad esempio la costruzione di depositi per gli effluenti di allevamento).

96 Il principio «chi inquina paga» può anche essere applicato dopo il verificarsi di danni causati all'ambiente. Il responsabile delle conseguenze dannose sarà allora tenuto a risarcire o a sopportare il costo di tali danni. E' così che l'art. 11 della prima direttiva del Consiglio relativa ai rifiuti (38) dispone che, «conformemente al principio "chi inquina paga", il costo dello smaltimento dei rifiuti, detratto l'importo della loro eventuale valorizzazione, deve essere sostenuto:

- dal detentore che consegni i rifiuti ad un raccoglitore o ad un'impresa di cui all'art. 8;

- e/o dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto che causa i rifiuti».

97 Infine, tale principio può rivestire un'ultima forma: come contropartita del versamento di una tassa, chi inquina è autorizzato a svolgere un'attività inquinante. Così avviene per le tasse sui carburanti che inquinano l'atmosfera, le quali colpiscono gli utenti dei carburanti medesimi.

98 Nel caso di specie, come si è visto, ritengo che l'art. 5 della direttiva debba essere interpretato nel senso che impone agli Stati membri di far sostenere agli agricoltori solo il costo di impianti che consentano di diminuire o di evitare l'inquinamento delle acque provocato dai nitrati di cui essi sono responsabili, ad esclusione di ogni altro costo. Tale interpretazione rispetta dunque strettamente il principio «chi inquina paga».

99 Da quanto precede risulta che l'analisi della seconda questione non ha rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva.

Conclusione

100 Per le ragioni esposte in precedenza, vi propongo di risolvere come segue le questioni deferite dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division:

«1) Per "acque inquinate" ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio del 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, si intendono le acque dolci superficiali, in particolare quelle utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, che contengono una concentrazione complessiva di nitrati superiore a 50 mg/l e nelle quali le fonti agricole concorrono a questo tipo di inquinamento per una parte che può essere trattata grazie alle misure vincolanti previste dall'art. 5.

La prassi di uno Stato membro consistente nel qualificare acque inquinate le acque dolci superficiali contenenti uno scarico di composti azotati di origine agricola che "concorre significativamente" a tale concentrazione complessiva di nitrati rispetta le prescrizioni della direttiva 91/676.

2) L'analisi delle questioni sollevate non ha rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 91/676».

(1) - GU L 375, pag. 1.

(2) - Sono state adottate, in particolare, in questo ambito, le direttive del Consiglio 16 giugno 1975, 75/440/CEE, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 194, pag. 26); 8 dicembre 1975, 76/160/CEE, concernente la qualità delle acque di balneazione (GU 1976, L 31, pag. 1); 9 ottobre 1979, 79/869/CEE, relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 271, pag. 44); 15 luglio 1980, 80/778/CEE, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 229, pag. 11), e 21 maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135, pag. 40).

(3) - Per combattere l'inquinamento delle acque provocato dai nitrati di origine urbana è stata anche adottata, come si è visto, la direttiva 91/271.

(4) - Ad esempio, il codice di buona pratica agricola deve menzionare i periodi durante i quali l'applicazione al terreno di fertilizzanti è inappropriata nonché le condizioni di applicazione dei fertilizzanti a terreni con forte pendenza.

(5) - In prosieguo: i «ricorrenti nella causa principale».

(6) - Il Secretary of State for Environment, il Minister of Agriculture, Fisheries and Food, o anche i «resistenti nella causa principale».

(7) - In prosieguo: la «NFU».

(8) - V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni.

(9) - V., ad esempio, sentenza 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem (Racc. pag. I-4161, punto 47).

(10) - Il corsivo è mio.

(11) - Il quale dispone che le acque inquinate, ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva 91/676, qualora si tratti di acque dolci sotterranee, sono quelle che «contengano oltre 50 mg/l di nitrati o possano contenere più di 50 mg/l di nitrati se non si interviene ai sensi dell'articolo 5».

(12) - V. la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva del Consiglio 91/676 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole [COM(97) 473 def., pag. 4; in prosieguo: la «relazione»]. Sottolineo inoltre che nell'aprile 1997 l'Organizzazione mondiale della sanità ha proceduto all'aggiornamento dei valori guida per le concentrazioni di nitrati e di nitriti nell'acqua potabile e, in tale occasione, sulla base dei più recenti dati scientifici, ha concluso per l'opportunità di mantenere il valore di 50 mg/l (ibidem, nota a pag. 4).

(13) - Secondo la relazione, la presenza di nitrati nelle acque potabili è considerata un problema di sanità pubblica in ragione del fatto che i nitrati si trasformano rapidamente in nitriti nel corpo. L'effetto principale prodotto dai nitriti è l'ossidazione dell'emoglobina nel sangue, che si trasforma in metaemoglobina e non è più in grado di trasportare ossigeno ai tessuti. Un minor trasporto di ossigeno presenta conseguenze soprattutto nei neonati fino a sei mesi di età, provocando la metemoglobinemia. Tale fenomeno è stato riscontrato solo a concentrazioni di nitrati notevolmente superiori a 50 mg/l, e pertanto tale valore garantisce una protezione sufficiente. Inoltre, i nitriti reagiscono con composti presenti nello stomaco formando sostanze ritenute cancerogene in molte specie animali, anche se finora il legame con l'insorgenza del cancro nelle persone è solo un'ipotesi.

(14) - Gli agricoltori sono considerati come i principali responsabili dell'inquinamento provocato da nitrati (quinto `considerando' della direttiva 91/676). Si legga, a tale proposito, la relazione.

(15) - Sesto `considerando' della direttiva 91/676 e art. 1 della stessa.

(16) - Ottavo `considerando' della direttiva 91/676.

(17) - Undicesimo `considerando'.

(18) - Sesto `considerando'.

(19) - V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni.

(20) - Ibidem, paragrafo 15.

(21) - Causa 44/79 (Racc. pag. 3727, punto 17).

(22) - V. anche sentenza 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder (Racc. pag. 2237, punto 15).

(23) - Ibidem. V. anche sentenza 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio (Racc. pag. I-4973, punto 78).

(24) - Ritengo tuttavia che, nel medio e lungo periodo, il valore economico dei terreni agricoli coltivati nel rispetto di questi codici di buona pratica agricola possa aumentare grazie alla qualità dei prodotti ottenuti e della terra preservata (si veda, in particolare, lo sviluppo della coltivazione biologica).

(25) - Sentenza Schräder, citata, punto 15. V. anche sentenza Germania/Consiglio, citata, punto 78.

(26) - V., in particolare, sentenze 7 febbraio 1985, causa 240/83, Procureur de la République/ADBHU (Racc. pag. 531, punto 13), 20 settembre 1988, causa 302/86, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 4607, punto 8), 14 luglio 1998, causa C-284/95, Safety Hi-Tech (Racc. pag. I-4301, punto 64), e causa C-341/95, Bettati (Racc. pag. I-4359, punto 62).

(27) - Sentenza 13 dicembre 1994, causa C-306/93, SMW Winzersekt (Racc. pag. I-5555, punto 24).

(28) - Tali autorità, come si è visto, dispongono di un potere discrezionale circa le misure da adottare.

(29) - V., in particolare, sentenza Bettati, citata, punto 56.

(30) - L'art. 5, n. 5, dispone che «(...) nel quadro dei programmi d'azione gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive (...). Ai fini della scelta di dette misure o azioni gli Stati membri tengono conto della loro efficacia (...)». Il n. 6 dello stesso articolo precisa che: «gli Stati membri elaborano ed applicano (...) programmi di controllo al fine di valutare l'efficacia dei programmi d'azione (...)» (il corsivo è mio).

(31) - L'art. 5, n. 3, lett. a), della direttiva dispone che «i programmi d'azione tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili (...)»; il punto b) della stessa disposizione prescrive agli Stati membri di prendere in considerazione le condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi; l'art. 5, n. 6, stabilisce che «gli Stati membri elaborano ed applicano opportuni programmi di controllo (...)» (il corsivo è mio).

(32) - Allegato III della direttiva 91/676.

(33) - Ad esempio, applicando i programmi previsti dalla direttiva 91/271.

(34) - V. Thieffry, P.: «La responsabilité civile du pollueur: les projets communautaires et la convention du Conseil de l'Europe» (Gazette du Palais del 5 agosto 1993, pag. 965).

(35) - V. Duren, J.: «Le pollueur-payeur: l'application et l'avenir du principe» (Révue du Marché Commun, n. 305, marzo 1987, pag. 144), o ancora, Jurisclasseur, rubrica «environnement».

(36) - V. Duren, J., citato.

(37) - GU L 175, pag. 40.

(38) - Direttiva 15 luglio 1975, 75/442/CEE (GU L 194, pag. 39).