61996J0367

Sentenza della Corte del 12 maggio 1998. - Alexandros Kefalas e a. contro Elliniko Dimosio (Stato ellenico) e Organismos Oikonomikis Anasygkrotisis Epicheiriseon AE (OAE). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Efeteio Athina - Grecia. - Diritto societario - Società per azioni in dissesto finanziario - Aumento del capitale sociale disposto in via amministrativa - Esercizio abusivo di un diritto derivante da una norma comunitaria. - Causa C-367/96.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-02843


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Diritto comunitario - Esercizio abusivo di un diritto derivante da una norma comunitaria - Norma nazionale che vieta l'abuso di diritto - Applicazione da parte dei giudici nazionali

2 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Società - Direttiva 77/91 - Modifica del capitale di una società per azioni - Normativa nazionale che prevede l'aumento disposto in via amministrativa del capitale sociale di una società per azioni in dissesto finanziario - Paralisi dei diritti derivanti dalla direttiva ad opera di una norma nazionale che vieta l'abuso di diritto

(Direttiva del Consiglio 77/91/CEE, artt. 25, n. 1, e 29, n. 1)

Massima


3 Gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario. Di conseguenza, il diritto comunitario non osta a che i giudici nazionali applichino una norma nazionale per valutare se un diritto derivante da una disposizione comunitaria sia esercitato in maniera abusiva. Tuttavia l'applicazione di una tale norma nazionale non può pregiudicare la piena efficacia e l'applicazione uniforme delle disposizioni comunitarie negli Stati membri. In particolare, i giudici nazionali, nel valutare l'esercizio di un diritto derivante da una disposizione comunitaria, non possono modificare il contenuto di detta disposizione né compromettere gli obiettivi da essa perseguiti.

4 Non si può far carico a un azionista che si avvalga dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva 77/91 in materia di diritto societario di abusare del proprio diritto derivante dalla detta disposizione per il solo fatto che l'aumento di capitale disposto in via amministrativa che egli contesta abbia posto riparo al dissesto finanziario che metteva a rischio la società considerata e gli abbia fatto conseguire evidenti vantaggi economici, o di non essersi avvalso del suo diritto di opzione, di cui all'art. 29, n. 1, di detta direttiva, sulle nuove azioni emesse in occasione dell'aumento di capitale controverso.

Da un lato, infatti, la competenza decisionale dell'assemblea generale, di cui all'art. 25, n. 1, trova applicazione anche nel caso in cui la società considerata versi in grave dissesto finanziario. Dall'altro, l'esercizio del diritto di opzione avrebbe significato che l'azionista intendeva collaborare all'applicazione della decisione di aumentare il capitale senza l'approvazione dell'assemblea generale, decisione da lui contestata proprio in base all'art. 25, n. 1, della seconda direttiva.

Parti


Nel procedimento C-367/96,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dall'Efeteio di Atene nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Alexandros Kefalas e altri

e

Elliniko Dimosio (Stato ellenico),

Organismos Oikonomikis Anasygkrotisis Epicheiriseon AE (OAE),

con l'intervento di: Athinaïki Chartopoïïa AE e altri,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 25 della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1), e sull'esercizio abusivo di un diritto derivante da una norma comunitaria,

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C. Gulmann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, presidenti di sezione, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G. Kapteyn (relatore), J.L. Murray, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann e L. Sevón, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per il signor Kefalas e altri, dagli avv.ti A. Tegopoulos e D. Livieratos, del foro di Atene;

- per il governo ellenico, dall'avv. M. Stathopoulos, del foro di Atene, e dal signor V. Kontolaimos, consigliere giuridico aggiunto presso l'avvocatura dello Stato, in qualità di agente;

- per l'Organismos Oikonomikis Anasygkrotisis Epicheiriseon AE (OAE), dagli avv.ti K. Kerameos e I. Soufleros, del foro di Atene;

- per l'Athinaïki Chartopoïïa AE e altri, dagli avv.ti S. Felios e M. Manolas, del foro di Atene,

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Dimitrios Gouloussis, consigliere giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del signor Kefalas e altri, rappresentato dagli avv.ti A. Tegopoulos e D. Livieratos, del governo ellenico, rappresentato dall'avv. M. Stathopoulos e dai signori V. Kontolaimos e P. Mylonopoulos, collaboratore giuridico presso il servizio speciale del contenzioso comunitario del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, dell'Organismos Oikonomikis Anasygkrotisis Epicheiriseon AE (OAE), rappresentato dagli avv.ti K. Kerameos e I. Soufleros, dell'Athinaïki Chartopoïïa AE e altri, rappresentati dagli avv.ti S. Felios e M. Manolas, e della Commissione, rappresentata dal signor D. Gouloussis, all'udienza del 18 novembre 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 4 febbraio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 6 giugno 1996, pervenuta in cancelleria il 21 novembre seguente, l'Efeteio di Atene ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 25 della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 1977, L 26, pag. 1; in prosieguo: la «seconda direttiva»), e sull'esercizio abusivo di un diritto derivante da una norma comunitaria.

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone il signor Kefalas e altri, azionisti della società per azioni Athinaïki Chartopoïïa AE (in prosieguo: la «Chartopoïïa»), e lo Stato ellenico nonché l'Organismos Oikonomikis Anasygkrotisis Epicheiriseon AE (ente per la ristrutturazione delle imprese; in prosieguo: l'«OAE»), nella quale i ricorrenti nella causa a qua contestano la validità dell'aumento di capitale realizzato nell'ambito di un programma previsto dalla legge ellenica 5 agosto 1983, n. 1386, (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, n. 107, dell'8 agosto 1983, pag. 14), al quale la Chartopoïïa è stata assoggettata con decreto del ministro dell'Economia nazionale 30 marzo 1984.

3 L'OAE è un ente pubblico istituito dalla legge n. 1386/1983 sotto forma di società per azioni, che agisce nel pubblico interesse sotto il controllo dello Stato. Ai sensi dell'art. 2, n. 2, di questa legge, l'OAE ha lo scopo di contribuire allo sviluppo economico e sociale del paese mediante il risanamento finanziario delle imprese, l'importazione e l'applicazione delle tecnologie straniere, lo sviluppo del patrimonio tecnologico nazionale, nonché la creazione e la gestione di imprese nazionalizzate o a partecipazione pubblica.

4 L'art. 2, n. 3, della legge n. 1386/1983 elenca i poteri attribuiti all'OAE per realizzare i detti obiettivi. Tale ente può assumere l'amministrazione e la gestione corrente di imprese in via di risanamento o nazionalizzate, acquistare partecipazioni nel capitale di imprese, accordare prestiti ed emettere o contrarre taluni prestiti, acquistare obbligazioni nonché trasferire azioni, in particolare, ai lavoratori o ai loro organismi rappresentativi, agli enti locali o ad altre persone giuridiche di diritto pubblico, agli istituti di beneficenza, agli enti sociali o ai privati.

5 Ai sensi dell'art. 5, n. 1, della legge n. 1386/1983, il ministro dell'Economia nazionale può decidere di assoggettare al regime istituito da tale legge le imprese che versano in grave dissesto finanziario.

6 Ai sensi dell'art. 7 della medesima legge, il ministro competente può decidere di trasferire all'OAE l'amministrazione dell'impresa assoggettata alla suddetta disciplina legislativa, di dare ai suoi debiti un assetto che ne garantisca la sopravvivenza o di procedere alla sua liquidazione.

7 L'art. 8 della legge n. 1386/1983 contiene le disposizioni relative al passaggio dell'amministrazione dell'impresa all'OAE. L'art. 8, n. 1, come modificato dalla legge n. 1472/1984 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica A, n. 112 del 6 agosto 1984, pag. 1273), determina le modalità del passaggio e disciplina i rapporti fra le persone incaricate dell'amministrazione, nominate dall'OAE, e gli organi dell'impresa. E' così previsto che la pubblicazione della decisione ministeriale di assoggettare l'impresa al regime di cui alla predetta legge ponga fine ai poteri degli organi amministrativi societari e che l'assemblea generale rimanga in essere, senza tuttavia il potere di revocare i membri dell'amministrazione nominati dall'OAE.

8 L'art. 8, n. 8, della legge n. 1386/1983 dispone che l'OAE, durante la sua amministrazione provvisoria della società assoggettata al regime di cui trattasi, può decidere di aumentare il capitale sociale di questa società in deroga alle disposizioni vigenti per le società per azioni. L'aumento deve essere approvato dal ministro competente. Tuttavia, i vecchi azionisti conservano un diritto di opzione, che possono esercitare entro il termine precisato nell'approvazione ministeriale.

9 A seguito dell'assoggettamento della Chartopoïïa al regime previsto dalla legge n. 1386/1983, l'OAE assumeva l'amministrazione di questa società e, il 28 maggio 1986, decideva di aumentarne il capitale sociale di 940 milioni di DR. Questa decisione veniva approvata, in conformità dell'art. 8, n. 8, della legge n. 1386/1983, dal ministro per l'Industria e la Ricerca tecnologica con decreto 6 giugno 1986, n. 153.

10 In forza di questo decreto i vecchi azionisti avevano un diritto di opzione illimitato sulle nuove azioni, da esercitare presentando una dichiarazione scritta entro il termine di un mese a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica. I ricorrenti nella causa a qua non esercitavano tale diritto.

11 Questi ultimi ritenevano che l'aumento di capitale deciso dall'OAE fosse in contrasto con l'art. 25, n. 1, della seconda direttiva, che prevede che «Gli aumenti di capitale sono decisi dall'assemblea». Di conseguenza, essi proponevano un ricorso dinanzi al Polymeles Protodikeio di Atene, che respingeva la loro domanda.

12 Gli attori nella causa a qua interponevano appello avverso tale pronuncia dinanzi all'Efeteio di Atene. Ritenendo che il ricorso per dichiarazione d'invalidità da essi introdotto costituisse un abuso, lo Stato ellenico sollevava l'eccezione di abuso di diritto, fondata sull'art. 281 del codice civile ellenico, ai sensi del quale «l'esercizio di un diritto è vietato, se eccede manifestamente i limiti imposti dalla buona fede o dal buon costume o dalla finalità socioeconomica di tale diritto».

13 Nella sua ordinanza di rinvio il giudice nazionale rileva che l'art. 281 del codice civile può essere applicato per escludere diritti conferiti da norme di diritto comunitario, nel caso in cui essi siano esercitati abusivamente. Nel caso di specie, l'invalidazione della decisione di aumento del capitale adottata dall'OAE, richiesta dai ricorrenti nella causa a qua, in base all'art. 25, n. 1, della direttiva comunitaria, per il giudice nazionale sarebbe in evidente contrasto con i limiti imposti dalla buona fede, dal buon costume e dalla finalità socioeconomica del diritto.

14 Al riguardo, il giudice nazionale si è fondato su un certo numero di circostanze di fatto.

15 Così, all'epoca in cui venne assoggettata al regime previsto dalla legge n. 1386/1983, la Chartopoïïa aveva ingenti debiti nei confronti delle banche e di altri creditori, attraversava un grave problema di liquidità e non disponeva di capitali propri, cosicché il suo attivo non era sufficiente a coprire le sue obbligazioni e il valore delle sue azioni era nullo.

16 Inoltre, l'aumento di capitale realizzato dall'OAE nonché la conversione susseguente dei debiti in azioni hanno portato al risanamento della situazione economica della Chartopoïïa. Gli azionisti sono stati quindi garantiti in ordine al valore economico dei loro pacchetti azionari, il rischio di licenziamento di migliaia di lavoratori è stato scongiurato e la cooperazione con un gran numero di fornitori ha potuto essere proseguita nell'interesse dell'economia nazionale. In caso contrario, in assenza dell'aumento di capitale realizzato, la Chartopoïïa sarebbe stata dichiarata fallita e i suoi beni sarebbero stati liquidati su richiesta dei creditori, con conseguente dissolvimento del patrimonio a danno degli azionisti, licenziamento dei lavoratori e scomparsa di un'impresa importante per l'economia nazionale.

17 Infine, al momento dell'aumento di capitale, gli azionisti avevano ricevuto un'opzione per l'acquisto delle azioni, di cui tuttavia non hanno fatto uso.

18 Richiamandosi alla sentenza della Corte 12 marzo 1996, causa C-441/93, Pafitis e a. (Racc. pag. I-1347, punti 67-70), il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

«1) Se sia riconosciuta al giudice nazionale la possibilità di applicare una disposizione di diritto interno (nella fattispecie, l'art. 281 del codice civile) al fine di valutare se un diritto conferito dalle disposizioni comunitarie di cui trattasi nella fattispecie sia esercitato dalla parte che ne è titolare in maniera abusiva, ovvero se vi siano altri principi di legge o consolidati in diritto comunitario, e quali siano, sui quali il giudice nazionale possa, caso per caso, fondarsi.

2) In caso di risposta negativa, ossia nell'ipotesi in cui la Corte di giustizia intenda riservare a se stessa la giurisdizione in materia, ad esempio per ragioni di uniformità nell'applicazione della normativa comunitaria, se le circostanze di fatto - come esposte dallo Stato convenuto e appellato, in quanto parte che solleva l'eccezione - che hanno costituito oggetto di prova nella precedente sentenza n. 5943/1994 di questo giudice, sinteticamente richiamate nel precedente paragrafo della presente ordinanza, o talune di queste e quali, possano sconsigliare l'accoglimento dell'azione fondata sulla dedotta violazione dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva del Consiglio 77/91/CEE».

19 Con le questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice nazionale chiede in sostanza, da un lato, se i giudici nazionali possano applicare una norma di diritto nazionale per valutare se un diritto derivante da una norma comunitaria sia esercitato abusivamente o se tale valutazione debba intervenire in base al diritto comunitario e, dall'altro, se, riguardo alla situazione fattuale della causa principale, siano soddisfatte le condizioni per stabilire che il diritto derivante dall'art. 25, n. 1, della seconda direttiva sia stato esercitato abusivamente.

20 Va ricordato che, per una giurisprudenza costante della Corte, gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (v., in particolare, nel settore della libera prestazione dei servizi, sentenze 3 dicembre 1974, causa 33/74, Van Binsbergen, Racc. pag. 1299, punto 13, e 5 ottobre 1994, causa C-23/93, TV 10, Racc. pag. I-4795, punto 21; in materia di libera circolazione delle merci, sentenza 10 gennaio 1985, causa 229/83, Leclerc e a., Racc. pag. 1, punto 27; in materia di libera circolazione dei lavoratori, sentenza 21 giugno 1988, causa 39/86, Lair, Racc. pag. 3161, punto 43; in materia di politica agricola comune, sentenza 3 marzo 1993, causa C-8/92, General Milk Products, Racc. pag. I-779, punto 21, in materia di sicurezza sociale, sentenza 2 maggio 1996, causa C-206/94, Paletta, Racc. pag. I-2357, punto 24).

21 Di conseguenza, non può considerarsi in contrasto con l'ordinamento giuridico comunitario il fatto che i giudici nazionali applichino una norma nazionale, quale l'art. 281 del codice civile ellenico, per valutare se un diritto derivante da una disposizione comunitaria sia esercitato in maniera abusiva.

22 Pur non potendo la Corte sostituire la propria valutazione a quella dei giudici nazionali per accertare i fatti della controversia di cui essi sono investisti, va tuttavia ricordato che l'applicazione di una tale norma nazionale non può comunque pregiudicare la piena efficacia e l'applicazione uniforme delle disposizioni comunitarie negli Stati membri (v. sentenza Pafitis e a., citata, punto 68). In particolare, i giudici nazionali non possono, nel valutare l'esercizio di un diritto derivante da una disposizione comunitaria, modificare il contenuto di detta disposizione né compromettere gli obiettivi da essa perseguiti.

23 Nel caso di specie verrebbero pregiudicate l'applicazione uniforme del diritto comunitario e la piena efficacia di quest'ultimo se si ritenesse che un azionista che si avvale dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva abusi del suo diritto per il fatto che l'aumento di capitale contestato ha posto rimedio al dissesto finanziario che metteva in pericolo la società considerata e gli ha apportato vantaggi economici evidenti.

24 Infatti, per una giurisprudenza costante, la competenza decisionale dell'assemblea generale, di cui all'art. 25, n. 1, trova applicazione anche nel caso in cui la società considerata versi in grave dissesto finanziario (v., in particolare, sentenze 30 maggio 1991, cause riunite C-19/90 e 20/90, Karella e Karellas , Racc. pag. I-2691, punto 28, e 24 marzo 1992, causa C-381/89, Syndesmos Melon tis Eleftheras Evangelikis Ekklisias e a., Racc. pag. I-2111, punto 35). Avendo un aumento di capitale per sua natura lo scopo di migliorare la situazione patrimoniale della società, il fatto di giudicare abusivo un ricorso basato sull'art. 25, n. 1, per il motivo menzionato al punto 23 della presente sentenza porterebbe a sanzionare il semplice esercizio del diritto derivante da questa disposizione.

25 In tal modo, un azionista non potrebbe mai, in una situazione di crisi finanziaria della società, avvalersi dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva. Di conseguenza, tale disposizione, che per la giurisprudenza menzionata in precedenza dovrebbe rimanere applicabile in tale situazione, vedrebbe modificata la propria portata.

26 Allo stesso modo, salvo pregiudicare l'applicazione uniforme del diritto comunitario e la sua piena efficacia, non si può ritenere che un azionista che si avvale dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva abusi del suo diritto derivante dalla detta disposizione per il fatto di non aver esercitato il proprio diritto di opzione, previsto all'art. 29, n. 1, della seconda direttiva, sulle nuove azioni emesse in occasione dell'aumento di capitale controverso.

27 L'esercizio del diritto di opzione avrebbe significato che l'azionista intendeva collaborare con l'applicazione della decisione di aumentare il capitale senza l'approvazione dell'assemblea generale, decisione da lui contestata proprio in base all'art. 25, n. 1, della seconda direttiva. Di conseguenza, esigere da un azionista di prendere parte ad un aumento di capitale deliberato senza l'approvazione dell'assemblea generale per poter invocare detta disposizione modificherebbe la portata di quest'ultima.

28 Il diritto comunitario non osta tuttavia a che il giudice nazionale verifichi, in presenza di indizi gravi e sufficienti, se l'azionista, avvalendosi dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva, abbia intentato un'azione di dichiarazione d'invalidità dell'aumento del capitale per ottenere, a danno della società, vantaggi illeciti e palesemente estranei all'obiettivo di tale disposizione, che consiste nel garantire agli azionisti che la decisione di aumentare il capitale sociale e, di conseguenza, di alterare le quote degli azionisti non sia presa senza la loro partecipazione all'esercizio del potere decisionale della società.

29 Alla luce di quanto precede, si deve rispondere che il diritto comunitario non osta a che i giudici nazionali applichino una norma di diritto nazionale per valutare se un diritto derivante da una disposizione comunitaria sia esercitato abusivamente. Tuttavia, nel compiere tale valutazione, non si può far carico a un azionista che si avvalga dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva di abusare del proprio diritto derivante dalla detta norma per il solo fatto che l'aumento di capitale controverso abbia posto riparo al dissesto finanziario che metteva a rischio la società considerata e gli abbia fatto conseguire evidenti vantaggi economici, o di non essersi avvalso del suo diritto di opzione, previsto all'art. 29, n. 1, della seconda direttiva, sulle nuove azioni emesse in occasione dell'aumento di capitale controverso.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

30 Le spese sostenute dal governo ellenico e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Efeteio di Atene con ordinanza 6 giugno 1996, dichiara:

Il diritto comunitario non osta a che i giudici nazionali applichino una disposizione di diritto nazionale per valutare se un diritto derivante da una norma comunitaria sia esercitato abusivamente. Tuttavia, nel compiere tale valutazione, non si può far carico a un azionista che si avvalga dell'art. 25, n. 1, della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, di abusare del proprio diritto derivante dalla detta norma per il solo fatto che l'aumento di capitale controverso abbia posto riparo al dissesto finanziario che metteva a rischio la società considerata e che gli abbia fatto conseguire evidenti vantaggi economici, o di non essersi avvalso del suo diritto di opzione, di cui all'art. 29, n. 1, della seconda direttiva, sulle nuove azioni emesse in occasione dell'aumento di capitale controverso.