61996C0321

Conclusioni dell'avvocato generale La Pergola del 15 gennaio 1998. - Wilhelm Mecklenburg contro Kreis Pinneberg - Der Landrat. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht - Germania. - Ambiente - Accesso all'informazione - Direttiva 93/313/CEE - Misura amministrativa per la gestione dell'ambiente - Azione investigativa preliminare. - Causa C-321/96.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-03809


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1 Nella presente causa la Corte è chiamata per la prima volta ad interpretare la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente (1). In particolare alla Corte viene richiesto di precisare l'ampiezza delle deroghe che la direttiva consente alle autorità pubbliche in relazione all'obbligo di informazione ad esse posto per quanto riguarda le questioni oggetto di «un'azione investigativa preliminare».

II - I fatti della causa

2 Il 1º gennaio 1993 il ricorrente ha chiesto alla città di Pinneberg di fornirgli una copia della presa di posizione che l'autorità amministrativa competente in materia di conservazione del paesaggio aveva adottato in sede di approvazione del progetto di costruzione della cosiddetta «tangenziale ovest». Analoga richiesta il ricorrente ha formulato il 18 marzo 1993 al convenuto. Il ricorrente ha basato le due domande direttamente sulle disposizioni della direttiva 90/313/CEE. La legge tedesca di trasposizione della direttiva 90/313/CEE, l'Umweltinformationsgesetz, è stata infatti promulgata l'8 luglio 1994 ed è entrata in vigore il 16 luglio 1994, successivamente dunque all'introduzione del ricorso sfociato nella presente causa.

3 Il convenuto ha respinto il 17 maggio 1993 la domanda del ricorrente sostenendo al riguardo che la presa di posizione richiesta non costituiva un'informazione sull'ambiente ai sensi della direttiva, poiché si limitava a valutare informazioni già comunque accessibili al ricorrente. In ogni caso, riferisce il giudice di rinvio, il convenuto ha ritenuto che nella specie venisse in rilievo la deroga di cui all'art. 3, n. 2, terzo trattino, della direttiva, trattandosi per l'appunto di un'azione investigativa preliminare. Il ricorrente ha proposto opposizione avverso tale decisione contestando entrambi i punti di vista fatti valere dal convenuto. A sua volta il convenuto respingeva, con provvedimento del 3 settembre 1993, l'opposizione del ricorrente, il quale ha iniziato un ricorso avverso tale provvedimento il 4 ottobre 1993.

4 A sostegno delle sue tesi il ricorrente ha fatto per prima valere che la presa di posizione dell'amministrazione costituiva una misura amministrativa, la quale rientra nella nozione di informazione relativa all'ambiente, e che in ogni caso la valutazione effettuata dall'amministrazione dei dati in suo possesso non ne modificava la natura di «informazioni in materia ambientale». Il ricorrente ha poi soggiunto che il riferimento all'art. 3, n. 2, terzo trattino, della direttiva non sarebbe pertinente al caso di specie. La procedura di approvazione dei progetti non costituirebbe un'azione investigativa preliminare ai sensi della direttiva in questione.

5 A favore della tesi sostenuta dal ricorrente si è espresso il Procuratore degli interessi pubblici presso l'Oberverwaltungsgericht, il quale ha sostenuto che la presa di posizione dell'amministrazione, controversa nel giudizio a quo, deve essere considerata come una misura amministrativa per la tutela dell'ambiente ai sensi della direttiva. Infatti, secondo l'interveniente, ogni atto di una pubblica autorità rientra nella nozione più generale di misura amministrativa. Vi è, poi, la specifica circostanza che tale atto è stato adottato per la tutela dell'ambiente in quanto l'attività dell'autorità amministrativa convenuta, competente in materia di conservazione del paesaggio, è finalizzata anche alla salvaguardia dell'ambiente nell'ambito della procedura di approvazione dei progetti.

6 Il Verwaltungsgericht dello Schleswig Holstein ha respinto il ricorso il 30 giugno 1995 basandosi sulle disposizioni della disciplina nazionale tedesca concernente l'accesso all'informazione in materia ambientale, esistenti alla data in cui si sono svolti i fatti oggetto del giudizio. Questo organo giudicante ha in particolare motivato il rigetto del ricorso con il limite costituito dalla riservatezza delle deliberazioni pubbliche ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 3, dell'Umweltinformationsgesetz. Il ricorrente ha interposto appello avverso la sentenza di primo grado dinanzi l'Oberverwaltungsgericht dello Schleswig-Holstein il 27 ottobre 1995. In tale ricorso il ricorrente ha fatto valere la violazione delle norme dell'Umweltinformationsgesetz, adducendo che nel caso di specie non si tratterebbe di una deliberazione dell'autorità pubblica e sostenendo che, ad ogni buon conto, tale atto non sarebbe soggetto alla speciale riserva di cui all'art. 7, n. 1, di quella stessa legge. A tale tesi il convenuto opponeva che il caso in esame cade sotto le disposizioni qui controverse dell'Umweltinformationsgesetz. Alle argomentazioni sviluppate del ricorrente ha aderito il Procuratore degli interessi pubblici presso l'Oberverwaltunsgsgericht dello Schleswig-Holstein. Secondo la parte interveniente l'interpretazione delle sole norme dell'Umweltinformationsgesetz condurrebbe, è vero, al diniego della domanda del ricorrente in quanto si tratta di una deliberazione dell'amministrazione e perciò esclusa dall'obbligo di comunicazione d'informazioni. Tuttavia, tale disciplina risulterebbe in contrasto con il dettato della direttiva poiché la misura amministrativa in questione non potrebbe essere definita quale «azione investigativa preliminare» ai sensi del suo art. 3, n. 2, terzo trattino. Il Procuratore degli interessi pubblici ha sostenuto in definitiva che, per tale aspetto, la direttiva non sarebbe stata correttamente recepita nell'ordinamento tedesco.

7 Al fine di fugare ogni dubbio quanto alla corretta interpretazione della disposizione della direttiva in questione, sia il ricorrente sia il Procuratore degli interessi pubblici hanno richiesto al giudice amministrativo d'appello di adire in via pregiudiziale la Corte sui punti qui controversi.

Il giudice di rinvio ha, per parte sua, ritenuto che la fondatezza del ricorso dipendesse in sostanza dalla natura che riveste la presa di posizione dell'autorità amministrativa richiesta in materia di conservazione del paesaggio e cioè se essa costituisca un'informazione sull'ambiente. Va poi chiarito se, in caso di risposta affermativa a tale prima questione, l'accesso a tali informazioni sia, oppur no, precluso in base alla controversa deroga prevista dalla disciplina comunitaria.

8 Per tali ragioni, il giudice di rinvio ha posto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la presa di posizione di un'autorità subordinata competente in materia di conservazione del paesaggio nell'ambito della partecipazione dei rappresentanti dei pubblici interessi a una procedura di approvazione dei progetti costituisca una misura amministrativa per la tutela dell'ambiente ai sensi dell'art. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente.

2) Se un procedimento amministrativo ai sensi dell'art. 7, primo comma, n. 2, dell'Umweltinformazionsgesetz (legge tedesca sull'informazione in materia di ambiente) costituisca un'azione investigativa preliminare ai sensi dell'art. 3, n. 2, terzo trattino, della suddetta direttiva».

III - La normativa comunitaria applicabile

9 La direttiva 90/313/CEE prevede che:

«La presente direttiva ha lo scopo di garantire la libertà di accesso alle informazioni relative all'ambiente in possesso delle autorità pubbliche e la diffusione delle medesime, nonché di stabilire i termini e le condizioni fondamentali in base ai quali siffatte informazioni debbono essere rese disponibili.

Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

a) "informazioni relative all'ambiente", qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di dati in merito allo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché alle attività (incluse quelle nocive, come il rumore) o misure che incidono negativamente o possono incidere negativamente sugli stessi, nonché alle attività o misure destinate a tutelarli, ivi compresi misure amministrative e programmi di gestione dell'ambiente;

b) "autorità pubbliche", qualsiasi amministrazione pubblica che abbia responsabilità a livello nazionale, regionale o locale e che sia in possesso di informazioni relative all'ambiente, tranne gli organismi che esercitano competenze giudiziarie o legislative.

Fatte salve le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che le autorità pubbliche siano tenute a rendere disponibili le informazioni relative all'ambiente a qualsiasi persona, fisica o giuridica, che ne faccia richiesta, senza che questa debba dimostrare il proprio interesse.

Gli Stati membri definiscono le modalità pratiche secondo le quali dette informazioni sono rese effettivamente disponibili.

Gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazioni di tal genere sia respinta ove riguardi:

(...)

- questioni che sono in discussione, sotto inchiesta (ivi comprese le inchieste disciplinari) o oggetto di un'azione investigativa preliminare, o che lo siano state;

(...)

Le informazioni in possesso delle autorità pubbliche formano oggetto di comunicazione parziale quando è possibile estrapolare le informazioni relative a dati riguardanti gli interessi di cui sopra.

(...).

IV - Esame della controversia

10 La prima questione sollevata dal giudice di rinvio è quella concernente la nozione di «misura amministrativa». Il ricorrente ritiene al riguardo che la nozione di «misura» impiegata nel testo dell'art. 2, lett. a), della direttiva comprenda anche l'attività svolta dall'amministrazione nel descrivere e valutare le conseguenze di un progetto, nonché nel formulare le proposte considerate a tal fine necessarie.

In subordine, il ricorrente propone che, nel caso in cui la Corte ritenga di non includere la presa di posizione amministrativa controversa tra le misure di gestione dell'ambiente, tale posizione vada comunque ricompresa tra le attività di cui alla stessa lett. a) dell'art. 2, della direttiva. Ancora in via gradata, allorché tale impostazione non dovesse essere accolta dalla Corte, si tratterebbe comunque, ad avviso del ricorrente, in maniera più generale, di una informazione relativa all'ambiente, tenuto conto delle finalità a cui è diretta la stessa presa di posizione amministrativa che costituisce l'elemento su cui l'autorità pubblica deve poi fondare la propria decisione.

11 Di parere contrario è il convenuto, il quale ritiene che la nozione di «misura amministrativa» sia, sulla base delle versioni francese (mesure administrative) e inglese (administrative measure), un atto adottato dall'amministrazione in relazione ad un caso specifico, volto a raggiungere un obiettivo determinato, e che ha l'effetto di regolare una determinata situazione. Il convenuto fa valere a sostegno del suo punto di vista anche quanto risulta da una dichiarazione del Consiglio e della Commissione contenuta nel processo verbale (2) relativo alla direttiva in questione, nel quale le due istituzioni prima citate dichiarano che «le misure amministrative di cui all'art. 2, lett. a), includono le autorizzazioni e le misure di controllo a priori e a posteriori, allorché ciò non impedisca l'esecuzione di tali misure».

Inoltre, secondo il convenuto, la presa di posizione dell'amministrazione in questione ha soltanto natura preparatoria della misura vera e propria, che sarà quindi adottata da altro organo dell'amministrazione. Per di più, la presa di posizione controversa costituirebbe soltanto una valutazione giuridica di fatti ed informazioni. Questi ultimi sono, ad avviso del convenuto, quasi inscindibilmente legati alla stessa valutazione, di cui necessariamente costituiscono il presupposto. Fornire tali dati separatamente dalle valutazioni su di essi espresse costituirebbe peraltro per l'amministrazione convenuta un onere del tutto sproporzionato rispetto al fine perseguito dalla direttiva.

12 La Commissione precisa dal canto suo che la questione posta dall'Oberverwaltunsgsgericht dello Schleswig-Holstein, seppure si riferisce a «misure amministrative di gestione dell'ambiente», è volta in sostanza a conoscere quale sia la nozione più generale di «misura amministrativa destinata a proteggere l'ambiente». Questo perché la direttiva, secondo la Commissione, riserva l'espressione «gestione dell'ambiente» ai soli «programmi».

Posta tale premessa, la Commissione deduce sul punto controverso che la nozione di «misura amministrativa» è assai ampia e si presta a comprendere qualsiasi attività svolta in sede amministrativa da una pubblica autorità. Il che sarebbe dimostrato dall'utilizzazione alternativa e complementare dei termini «misura» e «attività». In tal guisa il legislatore comunitario ha inteso coprire tutti i possibili settori in cui si esplica un'attività amministrativa che concerne l'ambiente. Aggiunge ancora la Commissione che la nozione in questione non cambia natura, e continua quindi ad essere ricompresa nella disciplina della direttiva, anche se l'attività amministrativa non produce effetti di fatto o di diritto.

La Commissione mette altresì in luce il rapporto che deve comunque intercorrere tra la misura amministrativa ed il fine perseguito dall'attività dell'autorità pubblica che rileverebbe ai fini della direttiva solo se diretto alla tutela dell'ambiente. Nel caso di specie, ad avviso della Commissione, questo legame indubbiamente sussiste, giacché l'autorità in questione ha per compito istituzionale la tutela dell'ambiente. Inoltre la posizione adottata dall'amministrazione convenuta condizionerebbe la decisione di approvazione del progetto da parte dall'organo amministrativo a ciò preposto. Merita poi di essere ricordato come questo tipo di progetti ricada anche nell'ambito di applicazione della direttiva 85/337/CEE del Consiglio (3), in base alla quale le autorità amministrative svolgono un ruolo preponderante e sono tenute a seguire determinate procedure proprio al fine di proteggere l'ambiente.

13 Tenendo in conto le considerazioni in precedenza svolte dalle parti, ed in particolare dalla Commissione, è mio avviso che la posizione amministrativa in esame vada ricondotta alle misure e attività previste dalla direttiva in parola. Non vi è dubbio che il legislatore comunitario ha inteso includere nella nozione di «informazioni relative all'ambiente» la totalità dei comportamenti tenuti da un'autorità pubblica, così come quest'ultima è definita nella stessa direttiva, con la sola eccezione delle deroghe specialmente previste al riguardo. La nozione di informazione relativa all'ambiente è, per espressa volontà del legislatore comunitario, omnicomprensiva (4). La si può peraltro individuare in base ai due criteri che la disposizione della direttiva implicitamente sancisce: il primo riguarda l'elemento sostanziale, cioè l'esistenza di dati informativi, essendo a tale fine irrilevante che si tratti di elementi conoscitivi, disponibili sotto forma di mera raccolta di dati, o che le informazioni abbiano, invece, già formato oggetto di analisi tecnica o logico-giuridica. Il secondo criterio concerne, poi, il rapporto che lega tali informazioni alla tutela dell'ambiente. Deve infatti trattarsi di dati e di elementi informativi di altro genere che, per rispondere alla definizione della direttiva, abbiano come caratteristica quella di essere prodotti o raccolti, o ancora elaborati, al fine precipuo di proteggere l'ambiente o che comunque lo concernono (5).

14 Allorché i dati in questione soddisfano ambedue i criteri, si è dunque, a parer mio, di fronte ad «informazioni relative all'ambiente» ai sensi della direttiva. A titolo meramente esemplificativo la stessa direttiva si premura poi di indicare alcuni esempi di dati o attività che possono rientrare nella nozione in esame. Il termine lessicale di partenza di tale definizione, che la stessa direttiva utilizza per individuare le informazioni oggetto della disciplina de qua, è significativamente costituito dall'aggetivo «qualsiasi». Una siffatta formulazione, che utilizza per l'appunto termini di ben ampia e omnicomprensiva accezione, non può quindi essere interpretata in maniera restrittiva.

15 Tra le «attività o misure destinate a tutelar[e]» i beni ambientali sono così inclusi anche gli atti amministrativi del tipo controverso, in quanto elementi di cognizione di organi della pubblica amministrazione con compiti di difesa dell'ambiente, qual è l'autorità pubblica di cui alla presente lite. A mio parere, è poi del tutto ininfluente, al fine della loro classificazione tra le informazioni cui si riferisce la direttiva, che il complesso di elementi conoscitivi, i quali possono egualmente rientrare, nel caso di specie, nella nozione di misure, contenga valutazioni di carattere giuridico. Ricordo anzi in proposito che il testo della proposta di direttiva redatto dalla Commissione (6) conteneva un'elencazione ben più dettagliata delle «informazioni relative all'ambiente». L'enumerazione proposta dalla Commissione iniziava per l'appunto con la frase «tutti i dati di natura fattuale o giuridica riguardanti (...)». Questa idea di elaborazione di dati in possesso della pubblica amministrazione non è scomparsa nel testo della direttiva adottata dal Consiglio, il quale ha però semplificato la dizione dotandola del carattere onnicomprensivo prima ricordato. Il termine «misure» adoperato dal legislatore comunitario risponde infatti all'esigenza di includere tra gli atti disciplinati dalla direttiva anche le forme più svariate in cui si esercita l'attività amministrativa. Ciò non vuole però significare che, come erroneamente sostiene la parte convenuta, la «misura», quale intesa dal legislatore comunitario, corrisponda soltanto agli atti che possono incidere, regolandone gli effetti, su determinate posizioni giuridiche. Non si tratta a ben guardare solo di provvedimenti amministrativi in senso tecnico, avverso i quali è possibile esperire un ricorso di carattere giurisdizionale o proporre altro reclamo nei modi previsti dalla legge. La «misura» di cui parla la direttiva va qui invece ricondotta al suo vero significato di risultato dell'azione amministrativa, priva di una sua tipicità. Ciò vale anche se l'attività dell'autorità pubblica si esplica mediante la produzione di atti o documenti che in sé non costituiscono la fase finale del procedimento, ma che definiscono il punto di vista («la posizione») dell'organo che li emette e che concorrono, sia direttamente o mediatamente, a formare la volontà dell'autorità amministrativa o comunque ad influire su di essa. Il legislatore comunitario ha volutamente evitato di dare una definizione che potesse condurre ad escludere alcuna delle attività che l'autorità pubblica svolge. L'intento della direttiva è quello di permettere l'accesso a tutte le informazioni sull'ambiente disponibili presso le amministrazioni. Una elencazione, per quanto esaustiva, degli atti rientranti nella nozione di «informazioni relative all'ambiente» sarebbe potuta in effetti risultare controproducente. Proprio per evitare situazioni di questo tipo, il legislatore ha infatti considerato che in questa materia omnis definitio periculosa est, ed a questo principio si è attenuto.

16 Nel caso di specie le informazioni sono in possesso di un organo volto, tra l'altro, a difendere preminenti interessi di carattere generale relativi alla tutela dell'ambiente nell'esercizio della propria competenza tecnica per l'approvazione di progetti. E' questo un dato pacifico tra le parti e, in ogni caso, così rappresentato dal giudice di rinvio. Discende da tale premessa che le informazioni in possesso dell'autorità pubblica in questione rispondono ad ambedue i criteri prima enunciati: essi costituiscono elementi di conoscenza e sono prodotti al fine di tutelare l'ambiente. Siamo quindi certamente in presenza di una misura destinata a tutelare l'ambiente.

17 Resta ora da risolvere l'altro quesito posto dal giudice a quo, quello cioè relativo alla deroga dettata all'art. 3, n. 2, terzo trattino, della direttiva relativa in particolare alla nozione di «azione investigativa preliminare».

Sul punto si confrontano le opposte tesi del ricorrente e del convenuto. L'una parte esclude e l'altra invece deduce che la nozione in questione comprenda anche la fase amministrativa propedeutica alla formazione di un provvedimento amministrativo vero e proprio.

Più in particolare il termine «azione preliminare», secondo il ricorrente, deve essere interpretato nel contesto della frase in cui si inserisce, la quale, così letta, disporrebbe una deroga per le sole procedure giudiziarie. Pertanto, ad avviso del ricorrente, l'azione investigativa preliminare secondo la direttiva si rinviene nelle procedure di indagine penale che preparano una procedura giudiziaria. Si tratterebbe in definitiva di una procedura amministrativa precedente l'irrogazione di una sanzione e finalizzata a tale scopo.

18 Il convenuto, per parte sua, respinge la tesi del ricorrente adducendo che la nozione di «azione investigativa preliminare» indica gli atti amministrativi che possono essere sottoposti ad un successivo controllo giurisdizionale. A tal fine il convenuto si appiglia al testo della dichiarazione allegato al processo verbale del Consiglio e della Commissione (7) secondo cui «Le Conseil et la Commission notent que cette disposition s'applique aussi aux questions qui sont réglées administrativement avant d'être soumises aux tribunaux, par exemple par une amende». La deroga in questione, ad avviso del convenuto, verrebbe in sostanza a proteggere la libertà di decisione delle amministrazioni nell'espletamento della procedura che si conclude con la produzione di un atto suscettibile di impugnazione dinanzi al giudice.

19 Di diverso avviso è la Commissione, la quale interpreta la deroga in discorso alla luce del settimo capoverso del preambolo della direttiva. Questo capoverso prevede che «in taluni casi specifici e chiaramente definiti il rifiuto di una richiesta di informazioni relative all'ambiente può essere giustificato». Pertanto, ad avviso della Commissione, l'eccezione in questione va intesa in maniera restrittiva, conformemente all'insegnamento della Corte in materia di deroghe all'applicazione di norme comunitarie. La Corte ha infatti già chiarito che una norma derogatoria «non può essere interpretata in modo da estenderne gli effetti al di là di quanto è necessario per assicurare la tutela degli interessi che è volta a garantire» e che «la portata delle deroghe (...) dev'essere determinata tenendo conto delle finalità» del testo normativo in cui le stesse sono inserite (8).

Secondo la Commissione il termine azione investigativa preliminare si riferisce ad un tipo di investigazione che precede una procedura giudiziaria o una inchiesta. La nozione di investigazione preliminare va infatti legata alle altre ipotesi menzionate nello stesso paragrafo in cui è citata l'espressione controversa. In tale guisa, secondo la Commissione, si tratterebbe soltanto delle azioni investigative che abbiano un carattere paragonabile o equivalente alle procedure giudiziarie, o alle altre inchieste, e che ne costituiscano la fase antecedente.

Questa interpretazione si basa peraltro anche su di un raffronto linguistico con le altre versioni della direttiva ed in special modo con i testi inglese («preliminary investigation proceedings»), italiano («azione investigativa preliminare»), francese («instruction préliminaire»), spagnolo («investigación preliminar») e portoghese («investigação preliminar»).

20 Altro argomento che la Commissione avanza a sostegno della sua tesi è quello che si appiglia alla genesi della disposizione in questione. A tale riguardo la Commissione fa infatti valere che la versione originariamente proposta della direttiva conteneva all'art. 8 una deroga relativa al «segreto dei procedimenti avviati presso i tribunali». Il Comitato economico e sociale aveva poi proposto al punto 2.6.1 del suo parere (9) di aggiungere «anche il procedimento "d'indagine e di istruttoria" (si intendono qui i procedimenti delle autorità di polizia e della procura)».

La Commissione conclude quindi affermando che l'obiettivo che si prefigge la disposizione in questione è quello di escludere certe informazioni che attengono al funzionamento normale della giustizia. Di converso, permettere che le informazioni detenute nell'ambito del normale svolgimento del procedimento amministrativo siano sistematicamente sottratte alla disciplina della direttiva oltrepasserebbe di misura il fine perseguito dal legislatore comunitario. Se ne deduce, secondo la Commissione, che la lettura corretta di questa disposizione consente di escludere dall'obbligo di comunicazione le informazioni relative a procedure di indagine preliminare che precedono una delle altre procedure menzionate immediatamente prima nel testo della stessa norma controversa.

21 A mio avviso, la norma in questione va interpretata organicamente nel testo della direttiva. A questo riguardo si impone subito una precisazione. Le informazioni relative a procedimenti giudiziari, che sono detenute da organi giurisdizionali, sono sottratte all'applicazione della direttiva non tanto in base al disposto della norma invocata dalle parti e su cui il giudice di rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi quanto in base alla stessa nozione di autorità pubblica, dettata all'art. 2, lett. b), della direttiva. Quest'ultima norma esclude infatti esplicitamente da tale definizione «gli organismi che esercitano competenze giudiziarie».

22 Chiarito questo punto, resta dunque da appurare quali siano le autorità tenute al rispetto della direttiva che possono giovarsi della deroga controversa. La risposta, per la verità agevole, è quella di individuarle nell'ampia schiera delle autorità amministrative. La deroga dedotta in lite non può quindi che attenere ad informazioni in possesso di autorità amministrative che non esercitano attività giurisdizionali.

Di quali informazioni poi si tratti è altrettanto piano dedurlo ripercorrendo, così come ha fatto la Commissione, la genesi della disposizione e utilizzando un confronto tra i testi della direttiva redatti nelle varie versioni linguistiche.

23 La norma in questione esclude dapprima le informazioni relative a procedure giudiziarie in corso che siano in possesso delle autorità amministrative. Continua poi consentendo la deroga per le informazioni relative alle inchieste (ivi comprese quelle disciplinari). Termina quindi con la controversa dizione di «azioni investigative preliminari». La sedes materiae è di per sé decisiva: si tratta di procedure a carattere giurisdizionale o quasi giurisdizionale o comunque di quelle altre che sfociano inevitabilmente, nel caso sia accertato l'illecito (amministrativo o penalmente rilevante), nell'irrogazione di una sanzione.

In tale contesto l'espressione «azione investigativa preliminare» non può che indicare una procedura atta a costituire un prologo immediato, diretto e funzionale di una delle procedure prima citate. Di tale lettura della norma, a mio parere scevra di asperità, è conferma la citata origine della disposizione, inserita su suggerimento del Comitato economico e sociale per sottrarre al dovere di comunicazione anche quelle informazioni che, non ancora formalmente oggetto di azione giurisdizionale o quasi contenziosa, ne costituiscono tuttavia la necessaria premessa. A tale riguardo l'esempio che lo stesso Comitato economico e sociale menziona tra parentesi, «([...] i procedimenti di autorità di polizia e della procura)» ne costituiscano una palese conferma, oserei dire una prova per tabulas.

24 A contrario, se si volesse ampliare il senso dell'espressione su cui si incentra la presente lite per escludere in genere tutti i procedimenti di formazione dei provvedimenti amministrativi e degli altri atti emanati da autorità pubbliche, la stessa direttiva risulterebbe svuotata sostanzialmente del suo contenuto e priva di pratica utilità. Se poi la tesi del convenuto dovesse per avventura risultare accolta dalla Corte, allorché questi sostiene che tutti gli atti amministrativi, in quanto capaci di ricorso giurisdizionale, sono ricompresi nella norma controversa, la direttiva in parola conterrebbe un illogico e contraddittorio sillogismo, essendo di fatto inapplicabile a tutte le attività della pubblica amministrazione, le quali, in uno Stato di diritto, sono comunque sottoponibili a sindacato giurisdizionale. Una siffatta interpretazione contrasterebbe peraltro con il principio generale di diritto che impone all'interprete di leggere le norme dettate dal legislatore in maniera che esse possano ricevere un senso compiuto e che non risultino di fatto illogiche o inapplicabili.

25 Soccorre ad abundantiam, a sostegno della linea interpretativa da me seguita, anche la lettura comparata delle differenti versioni linguistiche della direttiva. Come la Commissione faceva giustamente rimarcare, l'espressione tedesca «Vorverfahren» utilizzata nella direttiva, di per sé in una certa misura fuorviante, appare dal confronto con le altre versioni nitidamente ricondotta nel novero delle attività che precedono le altre procedure contenziose o quasi contenziose citate dalla norma dedotta in lite. Si tratta essenzialmente di atti dell'amministrazione nascenti dall'esigenza di acquisire prove o di istruire un procedimento prima ancora che si apra la fase processuale vera e propria. A tal fine è poi irrilevante che l'azione investigativa preliminare si situi in rapporto di antecedenza rispetto soltanto ad una procedura con carattere propriamente giurisdizionale. La norma della direttiva, seppure di stretta interpretazione, come richiesto dai canoni esegetici dettati al riguardo dalla Corte per le disposizioni comunitarie che derogano a precetti di applicazione generale, mira infatti a salvaguardare gli interessi dell'amministrazione e delle parti (private o pubbliche che siano) anche in rapporto ad un atto collegato ad un procedimento sanzionatorio o volto altresì a rivelare l'esistenza di infrazioni, ancorché di natura amministrativa.

Intesa in tale modo, la deroga in esame non si presta dunque a far sfuggire, in maniera sistematica, dall'impero della direttiva la fase procedimentale amministrativa propedeutica all'emanazione di un provvedimento amministrativo, quando tale atto è sprovvisto di quella particolare connotazione sanzionatoria cui facevo prima cenno.

26 Del tutto inconferente nella presente specie è, infine, il rilievo mosso dal convenuto quanto alla carenza di efficacia diretta delle disposizioni in questione e alla loro inidoneità a regolare la fattispecie dedotta in giudizio. Per fugare ogni dubbio in proposito basterà dapprima notare che la direttiva ha fissato come termine ultimo per la trasposizione delle sue norme negli ordinamenti nazionali la data del 31 dicembre 1992, momento dunque antecedente a quello in cui si sono verificati i fatti controversi. Altrettanto decisivo è poi il rilievo che il dovere di fornire informazioni relative all'ambiente è contenuto in una norma la cui formulazione appare sufficientemente chiara e precisa e configura un obbligo incondizionato. Tali caratteristiche soddisfano dunque i criteri fissati dalla Corte nella sua giurisprudenza (10) per consentire che le disposizioni in questione sortiscano effetti diretti. Né è opponibile a tale riguardo la circostanza fatta valere dal convenuto secondo cui gli effetti diretti delle direttive non possono trovare applicazione tra privati. In effetti la dottrina sviluppata dalla Corte in merito ai c.d. effetti diretti orizzontali delle direttive non permetterebbe di far valere nei rapporti tra privati le disposizioni di una direttiva non ancora recepite nell'ordinamento interno, od in esso incorrettamente trasposte (11). Tuttavia, nel caso che ci occupa, il convenuto non riveste, come al riguardo precisato in casi simili dalla giurisprudenza della Corte, la qualifica di «privato» (12). Siamo infatti di fronte ad un ente pubblico territoriale, integrato nella struttura amministrativa dello Stato, nei cui confronti, dunque, secondo l'insegnamento della Corte, le disposizioni della direttiva in parola possono essere applicate direttamente.

V - Conclusioni

27 Alla luce delle considerazioni sopra esposte propongo di rispondere nel seguente modo alle questioni pregiudiziali poste dall'Oberverwaltungsgericht dello Schleswig-Holstein:

«1) La presa di posizione di un'autorità subordinata, competente in materia di tutela del paesaggio nell'ambito della partecipazione dei rappresentanti dei pubblici interessi ad una procedura di approvazione dei progetti, costituisce una "misura amministrativa per la tutela dell'ambiente" e rientra nella nozione di "informazioni relative all'ambiente" di cui all'art. 2, lett. a), della direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente.

2) La nozione di "azione investigativa preliminare" di cui all'art. 3, n. 2, terzo trattino, della direttiva 90/313/CEE comprende le procedure giurisdizionali e le procedure amministrative di carattere contenzioso o quasi contenzioso di natura istruttoria o di indagine preventiva che precedono l'irrogazione di una sanzione o quelle amministrative volte all'accertamento di fatti di natura penalmente rilevante o costituenti illecito».

(1) - GU L 158, pag. 56.

(2) - Doc. Consiglio n. 6888/90, ENV 136 del 5 giugno 1990.

(3) - Direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40).

(4) - In tal senso si esprime anche la dottrina, v. Krämer, La directive 90/313/CEE sur l'accès à l'information en matière d'environnement: genèse et perspectives d'application, in Revue du Marché Commun, 1991, pag. 872; Magalhães, Rumo ao espaço comum informativo?, Coimbra, 1991, pag. 30, Vercher Noguera, El medio ambiente y el derecho de aceso a la información, La Ley, 1992, pag. 1078.

(5) - V. Krämer, op. cit.

(6) - COM(88) 484 def., presentato il 31 ottobre 1988 (GU C 335, pag. 5).

(7) - Doc. Consiglio n. 6888/90, ENV 136 del 5 giugno 1990.

(8) - V. sentenze 25 giugno 1992, causa C-116/91, Foster/British Gas (Racc. pag. I-4071), e 21 marzo 1996, causa C-335/94, Mrozek et Jäger (Racc. pag. I-1573).

(9) - Parere in merito alla proposta di direttiva del Consiglio riguardante la libertà dell'informazione in materia di ambiente, Doc. 89/C 139/13 (GU C 139, pag. 47).

(10) - Sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker (Racc. pag. 53).

(11) - Sentenze 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I-3325), e 7 marzo 1996, causa C-192/94, El Corte Inglés (Racc. pag. I-1281)

(12) - Sentenze 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo (Racc. pag. 1839) e 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster e a./British Gas (Racc. pag. I-3313).