61995J0222

Sentenza della Corte del 9 luglio 1997. - Société civile immobilière Parodi contro Banque H. Albert de Bary et Cie. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour de cassation - Francia. - Libera circolazione dei capitali - Libera prestazione di servizi - Enti creditizi - Concessione di un mutuo ipotecario - Requisito dell'autorizzazione dello Stato membro in cui viene fornita la prestazione. - Causa C-222/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-03899


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Libera prestazione dei servizi - Enti creditizi - Liberalizzazione dei servizi bancari in armonia con la liberalizzazione progressiva della circolazione dei capitali - Concessione di mutui ipotecari - Liberalizzazione, con riserva delle deroghe previste dalla prima direttiva del Consiglio per l'applicazione dell'art. 67 del Trattato - Effetti

(Trattato CE, artt. 59 e 61, n. 2; direttiva del Consiglio 11 maggio 1960, come modificata dalla direttiva del Consiglio 63/21/CEE, art. 3 e allegato I, elenco C)

2 Libera prestazione dei servizi - Enti creditizi - Requisito dell'autorizzazione - Ente creditizio già autorizzato in un altro Stato membro - Ammissibilità - Presupposti

(Trattato CE, art. 59; direttive del Consiglio 77/780/CEE e 89/646/CEE)

3 Libera prestazione dei servizi - Restrizioni - Requisito di un centro di attività stabile del prestatore dei servizi - Illiceità

(Trattato CE, art. 59)

Massima


4 L'operazione consistente, per una banca stabilita in uno Stato membro, nel concedere un mutuo ipotecario a un mutuatario stabilito in un altro Stato membro costituisce una prestazione dei servizi vincolata a un movimento di capitale la cui liberalizzazione deve essere attuata, ai sensi dell'art. 61, n. 2, del Trattato, in armonia con la liberalizzazione progressiva della circolazione dei capitali. All'epoca in cui era in vigore la prima direttiva del Consiglio per l'applicazione dell'art. 67 del Trattato, come modificata dalla seconda direttiva 63/21, la concessione di un mutuo ipotecario del genere costituiva un movimento di capitali oggetto, in via di principio, di liberalizzazione ai sensi dell'art. 3, n. 1, della prima direttiva. Ne consegue che, fatte salve le restrizioni valutarie che gli Stati membri potevano mantenere o ristabilire in forza dell'art. 3, n. 2, della direttiva sopra citata, le norme relative ai movimenti di capitali non erano atte a limitare la libertà di sottoscrivere contratti di mutuo ipotecario sotto forma di prestazioni dei servizi in forza dell'art. 59 del Trattato.

5 Per il periodo antecedente all'entrata in vigore della seconda direttiva 89/646, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio, l'art. 59 del Trattato CEE dev'essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro imponga ad un ente creditizio, già autorizzato in un altro Stato membro, di ottenere un'autorizzazione per poter concedere un mutuo ipotecario ad un soggetto residente nel suo territorio, a meno che tale autorizzazione

- sia imposta a tutte le persone o a tutte le società che esercitano un'attività del genere sul territorio dello Stato membro destinatario;

- sia giustificata da motivi di pubblico interesse come la tutela dei consumatori; e

- sia obiettivamente necessaria per garantire l'osservanza delle norme vigenti nel settore considerato e per tutelare gli interessi che queste norme intendono salvaguardare, in quanto lo stesso risultato non potrebbe essere ottenuto mediante norme meno restrittive.

Nell'ambito della sua valutazione, il giudice nazionale deve effettuare una distinzione in base alla natura dell'attività bancaria considerata e al rischio cui è esposto il destinatario del servizio. Infatti, la conclusione di un contratto di mutuo ipotecario presenta per il consumatore rischi diversi da quelli connessi al deposito di fondi presso un ente creditizio. Inoltre, la necessità di tutelare il mutuatario varia in funzione della natura del mutuo ipotecario, poiché possono ricorrere situazioni in cui, proprio per le caratteristiche del mutuo concesso e per la natura del mutuatario, non vi è alcuna necessità di tutelare quest'ultimo mediante l'applicazione delle norme imperative del suo ordinamento nazionale.

6 Se il requisito dell'autorizzazione costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi, il requisito relativo alla sede stabile costituisce di fatto la negazione stessa di tale libertà. Esso ha la conseguenza di privare di ogni efficacia pratica l'art. 59 del Trattato, il cui scopo consiste per l'appunto nell'eliminare le restrizioni della libera prestazione dei servizi da parte di persone non stabilite nello Stato nel cui territorio dev'essere fornita la prestazione. Un requisito del genere può essere ammissibile soltanto qualora sia provato che esso costituisce una condizione indispensabile per raggiungere lo scopo perseguito.

Parti


Nel procedimento C-222/95,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, dalla Cour de cassation francese, nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Société civile immobilière Parodi

e

Banca H. Albert de Bary et Cie,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 59 e 61, n. 2, del Trattato CEE,

LA CORTE,

composta dai signori G.F. Mancini, presidente della Seconda e della Sesta Sezione, facente funzioni di presidente, J.C. Moitinho de Almeida, J.L. Murray e L. Sevón, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, C. Gulmann, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, P. Jann, H. Ragnemalm (relatore) e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: M.B. Elmer

cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate :

- per la banca H. Albert de Bary et Cie, dall'avv. Louis Garaud, del foro di Parigi;

- per il governo francese, dalla signora Catherine de Salins, vicedirettore presso la direzione degli affari giuridici del Ministero degli Affari esteri, e dal signor Philippe Martinet, segretario agli Affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti;

- per il governo belga, dal signor Jan Devadder, direttore amministrativo presso il Ministero degli Affari esteri, del Commercio con l'estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente;

- per il governo del Regno Unito, dalla signora Lindsey Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Dimitrios Gouloussis, consigliere giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del governo francese, rappresentato dal signor Philippe Martinet, del governo belga, rappresentato dal signor Jan Devadder, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla signora Eleanor Sharpston, barrister, e della Commissione, rappresentata dal signor Dimitrios Gouloussis, all'udienza del 22 ottobre 1996,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 dicembre 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 13 giugno 1995, pervenuta alla Corte il 26 giugno seguente, la Cour de cassation francese ha sottoposto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione degli artt. 59 e 61, n. 2, del Trattato CEE.

2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia sorta tra la banca H. Albert de Bary et Cie, società di diritto olandese, con sede sociale in Amsterdam (in prosieguo: la «banca de Bary»), e la Société civile immobilière Parodi, società di diritto francese, con sede sociale in Megève (in prosieguo: la «SCI Parodi»), in ordine ad un mutuo ipotecario concesso a quest'ultima il 29 novembre 1984 dalla banca de Bary, per un importo pari a 930 000 DM.

3 Il 13 marzo 1990 la SCI Parodi citava in giudizio la banca de Bary, chiedendo l'annullamento del mutuo, in quanto la detta banca non aveva ricevuto, all'atto della concessione del mutuo, l'autorizzazione prescritta dalla legge 24 gennaio 1984, n. 84-46, relativa all'attività e al controllo degli enti creditizi (JORF del 25 gennaio 1984, pag. 390; in prosieguo: la «legge del 1984»), nonché il rimborso dell'importo di 1 251 390 FF corrispondente al solo ammontare delle spese e degli interessi versati alla banca de Bary ad esclusione del capitale erogato.

4 Con sentenza 12 giugno 1991 il Tribunal de grande instance di Bonneville respingeva la domanda della SCI Parodi. La Cour d'appel di Chambéry, adita in appello, confermava tale sentenza il 15 giugno 1993, constatando, in particolare, che la banca de Bary beneficiava della libertà di stabilimento nonché della libera prestazione dei servizi nella Comunità in forza sia del Trattato CEE sia della direttiva del Consiglio 28 giugno 1973, 73/183/CEE, per la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi nel campo delle attività non salariate delle banche e degli altri istituti finanziari (GU L 194, pag. 1).

5 La Cour de cassation, chiamata a pronunciarsi in seguito al ricorso proposto dalla SCI Parodi, decideva di sospendere il procedimento e di domandare alla Corte

«se per il periodo antecedente all'entrata in vigore della direttiva del Consiglio 15 dicembre 1989, 89/646/CEE, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE, gli artt. 59 e 61, n. 2, del Trattato CEE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che subordina a un'autorizzazione la prestazione di servizi in materia bancaria, in particolare la concessione di mutui ipotecari, qualora la banca interessata, stabilita in un altro Stato membro, sia ivi titolare di un'autorizzazione».

6 La legge del 1984 contiene, in particolare, le seguenti disposizioni:

«Articolo 15

Prima di esercitare la propria attività, gli enti creditizi devono ottenere l'autorizzazione rilasciata dal Comitato per gli enti creditizi di cui all'art. 29.

Il Comitato per gli enti creditizi controlla se l'impresa richiedente soddisfi i requisiti previsti dagli artt. 16 e 17 della presente legge e se la forma giuridica dell'impresa sia idonea allo svolgimento dell'attività bancaria. Esso prende in considerazione il programma di attività di tale impresa, gli strumenti tecnici e finanziari di cui intende dotarsi nonché le qualità dei soggetti partecipanti al capitale e, se del caso, dei loro garanti.

Il Comitato valuta altresì l'idoneità dell'impresa richiedente al conseguimento dei suoi obiettivi di sviluppo in condizioni che siano compatibili con il buon funzionamento del sistema bancario e garantiscano alla clientela un livello sufficiente di sicurezza.

Il Comitato può, inoltre, negare l'autorizzazione qualora i soggetti di cui all'art. 17 non siano in possesso dei requisiti della necessaria onorabilità e della professionalità adeguata alla loro funzione.

(...)

Articolo 16

Gli enti creditizi devono disporre di un capitale versato o di un capitale di dotazione di ammontare non inferiore ad un importo determinato dal Comitato per la disciplina bancaria.

Ciascun ente creditizio deve poter dimostrare in ogni momento che il suo patrimonio attivo superi effettivamente, in una misura non inferiore all'ammontare del capitale minimo, il suo passivo nei confronti dei terzi.

Le succursali degli enti creditizi la cui sede sociale si trova all'estero devono dimostrare la disponibilità di un capitale di dotazione impiegato in Francia pari ad un ammontare non inferiore al capitale minimo prescritto agli enti creditizi di diritto francese.

Articolo 17

L'effettiva determinazione dell'orientamento dell'attività degli enti creditizi dev'essere garantita per lo meno da due persone.

Gli enti creditizi la cui sede sociale si trova all'estero nominano per lo meno due persone cui è affidata l'effettiva determinazione dell'attività della loro succursale in Francia».

7 Con la sua questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 59 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro imponga ad un ente creditizio, già autorizzato in un altro Stato membro, di ottenere un'autorizzazione per poter concedere un mutuo ipotecario ad un soggetto residente nel suo territorio.

8 Si deve rilevare, in via preliminare, come l'operazione consistente, per una banca stabilita in uno Stato membro, nel concedere un mutuo ipotecario a un mutuatario stabilito in un altro Stato membro costituisca necessariamente una prestazione di servizi vincolata a un movimento di capitale ai sensi dell'art. 61, n. 2, del Trattato. Ora, ai sensi di tale articolo, «la liberalizzazione dei servizi delle banche e delle assicurazioni che sono vincolati a movimenti di capitale deve essere attuata in armonia con la liberalizzazione progressiva della circolazione dei capitali».

9 L'art. 61, n. 2, del Trattato consente quindi agli Stati membri, in assenza di liberalizzazione dei movimenti di capitali, di mantenere in vigore provvedimenti diretti a restringere tali movimenti, senza che i detti provvedimenti possano essere contestati in base agli artt. 59 e 60 del Trattato CEE per il fatto che costituirebbero ostacoli indiretti alla libera prestazione di servizi.

10 Ne consegue che l'applicazione ai servizi bancari delle disposizioni del Trattato in materia di servizi può essere esclusa soltanto in presenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali relativi a siffatte operazioni che sia compatibile con il diritto comunitario.

11 Per quanto riguarda la libera circolazione dei capitali, si deve ricordare che l'art. 67, n. 1, del Trattato CEE non implica la soppressione delle restrizioni ai movimenti di capitali, dopo la scadenza del periodo transitorio. Tale soppressione, infatti, risulta dalle direttive del Consiglio adottate sulla base dell'art. 69 del medesimo Trattato (v. sentenze 11 novembre 1981, causa 203/80, Casati, Racc. pag. 2595, punti 8-13, e 14 novembre 1995, causa C-484/93, Svensson e Gustavsson, Racc. pag. I-3955, punto 5).

12 All'epoca della concessione del mutuo controverso nella causa principale, ovvero il 29 novembre 1984, la direttiva pertinente in materia era la prima direttiva del Consiglio 11 maggio 1960, per l'applicazione dell'art. 67 del Trattato (GU 1960, n. 43, pag. 921; in prosieguo: la «prima direttiva sui capitali»), come modificata e completata dalla seconda direttiva del Consiglio 18 dicembre 1962, 63/21/CEE (GU 1963, n. 9, pag. 62).

13 L'art. 3, n. 1, della prima direttiva sui capitali dispone la liberalizzazione dei movimenti dei capitali specificati nell'elenco C dell'allegato I della medesima direttiva, come completata dalla seconda direttiva 63/21, imponendo agli Stati membri di rilasciare le necessarie autorizzazioni valutarie. Il n. 2 dello stesso articolo consente tuttavia agli Stati membri di mantenere o ristabilire le restrizioni valutarie ai movimenti di capitali di cui all'elenco C qualora la loro liberalizzazione possa ostacolare la realizzazione dei suoi obiettivi di politica economica.

14 La categoria «Concessione e rimborso di prestiti e crediti non connessi a operazioni commerciali o a prestazioni di servizi - a medio e a lungo termine» figura nell'elenco C dell'allegato I, nella versione modificata dalla seconda direttiva 63/21, e rientra quindi nell'ambito di applicazione dell'art. 3 della prima direttiva sui capitali. In forza dell'allegato II, punto VIII, lett. A, tale categoria comprende, in particolare, la concessione di prestiti e crediti a medio e a lungo termine (vale a dire di durata superiore a un anno) concessi da istituti finanziari. Ne consegue che la concessione di un mutuo ipotecario rientra nella categoria, oggetto in via di principio di liberalizzazione, dei movimenti di capitali di cui all'art. 3, n. 1, della prima direttiva sui capitali.

15 In udienza il governo francese ha precisato, senza essere contraddetto dalla Commissione, che si è avvalso della facoltà di deroga prevista dall'art. 3, n. 2, della prima direttiva sui capitali, conformemente a quanto in essa disposto, al fine di limitare talune operazioni valutarie come i prestiti in valuta effettuati all'estero. Risulta tuttavia dalla disciplina nazionale in materia di controllo valutario, vigente all'epoca dei fatti della causa principale, che tali prestiti erano soggetti ad un'autorizzazione se superavano un importo equivalente a 50 milioni di FF. Per contro, per i prestiti di importo inferiore, come il mutuo controverso nella causa principale, non era prescritta alcuna autorizzazione.

16 Occorre pertanto constatare che, nella fattispecie in esame, le norme relative ai movimenti di capitali non erano atte a limitare la libertà di sottoscrivere contratti di mutuo ipotecario sotto forma di prestazioni di servizi in forza dell'art. 59 del Trattato.

17 Poiché le operazioni quali i mutui ipotecari concessi da banche costituiscono servizi ai sensi dell'art. 59 del Trattato, occorre quindi stabilire se una normativa come quella richiamata dal giudice nazionale sia compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi.

18 A tale riguardo, risulta da una giurisprudenza costante che gli artt. 59 e 60 del Trattato prescrivono non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare, da ostacolare o da rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi (v., in particolare, sentenza 12 dicembre 1996, causa C-3/95, Reisebüro Broede, Racc. pag. I-6511, punto 25).

19 Anche se una disciplina nazionale come la legge del 1984 non è discriminatoria e si applica indistintamente ai prestatori di servizi nazionali e a quelli degli altri Stati membri, si deve constatare che essa rende più difficile la concessione di un mutuo ipotecario in Francia da parte di un ente creditizio stabilito in un altro Stato membro e autorizzato dall'autorità di controllo di quest'ultimo, in quanto impone al detto ente di ottenere un'ulteriore autorizzazione rilasciata dall'autorità di controllo dello Stato destinatario. Una normativa nazionale siffatta determina di conseguenza una restrizione della libera prestazione dei servizi.

20 Ciò nondimeno, tenuto conto delle speciali caratteristiche di talune prestazioni di servizi, non possono considerarsi incompatibili con il Trattato specifici obblighi imposti al prestatore, che siano giustificati dall'applicazione di norme che disciplinano il tipo di attività in esame.

21 Occorre tuttavia ricordare che la libera prestazione dei servizi, in quanto principio fondamentale del Trattato, può essere limitata soltanto da norme giustificate da motivi imperativi di pubblico interesse e che si applicano ad ogni persona o impresa che svolga un'attività sul territorio dello Stato destinatario, nella misura in cui tale interesse non sia salvaguardato dalle norme alle quali è soggetto il prestatore nello Stato membro in cui è stabilito. In particolare, detti obblighi devono essere obiettivamente necessari per garantire l'osservanza delle norme professionali e per assicurare la tutela del destinatario dei servizi e non devono esorbitare da quanto è necessario per raggiungere questi obiettivi (v., in particolare, sentenze 17 dicembre 1981, causa 279/80, Webb, Racc. pag. 3305, punti 17 e 20; 4 dicembre 1986, causa 205/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 3755, punto 27, e 25 luglio 1991, causa C-76/90, Säger, Racc. pag. I-4221, punto 15).

22 A tale proposito, si deve riconoscere che il settore bancario è un ambito particolarmente critico dal punto di vista della tutela dei consumatori. Questi ultimi devono essere tutelati dai danni che potrebbero subire a causa di operazioni bancarie effettuate da banche che non rispettino i requisiti di solvibilità o i cui dirigenti non abbiano le necessarie qualità professionali o morali.

23 Si deve tuttavia constatare che siffatte necessità, proprie del settore bancario, avevano già indotto il Consiglio, all'epoca dei fatti della causa principale, ad emanare la prima direttiva 12 dicembre 1977, 77/780/CEE, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio (GU L 322, pag. 30; in prosieguo: la «prima direttiva bancaria»).

24 La prima direttiva bancaria rappresentava tuttavia soltanto una prima tappa verso il mutuo riconoscimento da parte degli Stati membri delle autorizzazioni rilasciate da ciascuno di essi agli enti creditizi. E' pacifico, infatti, che tale mutuo riconoscimento è divenuto possibile soltanto per effetto dell'entrata in vigore della seconda direttiva del Consiglio 15 dicembre 1989, 89/646/CEE, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE (GU L 386, pag. 1; in prosieguo: la «seconda direttiva bancaria»).

25 La prima direttiva bancaria si limitava ad imporre agli Stati membri taluni requisiti minimi. Tuttavia in forza dell'art. 3 di tale direttiva gli Stati membri erano tenuti ad esigere che tutti gli enti creditizi che intendessero iniziare ad esercitare un'attività bancaria nel loro territorio fossero muniti di un'autorizzazione. Il rilascio di tale autorizzazione era subordinato ad alcune condizioni minime (art. 3, n. 1), ferme restando le altre condizioni di applicazione generale fissate dalle normative nazionali (art. 3, n. 2).

26 Si deve pertanto riconoscere che, allo stato del diritto comunitario vigente all'epoca dei fatti della causa principale, esistevano nel settore bancario motivi imperativi di pubblico interesse tali da giustificare che lo Stato membro destinatario ponesse condizioni riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi ed il loro controllo che potevano andare al di là delle condizioni minime imposte dalla prima direttiva bancaria e già attuate nello Stato membro d'origine.

27 Spetta al giudice nazionale valutare, da un lato, se la normativa francese contenga ulteriori condizioni del genere rispetto alla prima direttiva bancaria e, dall'altro, se tali condizioni siano conformi ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza citata al punto 21 della presente sentenza.

28 Infatti, come ha giustamente rilevato l'avvocato generale al paragrafo 24 delle sue conclusioni, la Corte non dispone di informazioni, né in ordine alle precise finalità dell'autorizzazione prevista dalla normativa nazionale, né in ordine alla prassi adottata dalle autorità competenti nei confronti delle banche stabilite in altri Stati membri. Tuttavia, le disposizioni nazionali pertinenti nella causa principale non sembrano specificamente destinate a tutelare i mutuatari, bensì ad attuare talune regole prudenziali dirette a garantire la solvibilità delle banche nei confronti dei risparmiatori.

29 Peraltro, va fatta una distinzione in base alla natura dell'attività bancaria di cui trattasi e al rischio cui è esposto il destinatario del servizio. Così, la conclusione di un contratto di mutuo ipotecario presenta per il consumatore rischi diversi da quelli connessi al deposito di fondi presso un ente creditizio. Ora, a tale riguardo, la necessità di tutelare il mutuatario varia in funzione della natura del mutuo ipotecario, poiché possono ricorrere situazioni in cui, proprio per le caratteristiche del mutuo concesso e per la natura del mutuatario, non vi è alcuna necessità di tutelare quest'ultimo mediante l'applicazione delle norme imperative del suo ordinamento nazionale (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, citata, punto 49).

30 Infine, la banca de Bary ed il governo belga sostengono che il requisito dell'autorizzazione posto dalla normativa francese veniva a cumularsi con un requisito relativo allo stabilimento, rendendo in tal modo impossibile l'esercizio di un'attività bancaria in Francia mediante la libera prestazione dei servizi. Quest'affermazione è stata contestata dal governo francese.

31 Fatti salvi gli accertamenti che svolgerà su tal punto il giudice nazionale, si deve ricordare che, com'è già stato sottolineato dalla Corte, se il requisito dell'autorizzazione costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi, il requisito relativo alla sede stabile costituisce di fatto la negazione stessa di tale libertà. Esso ha la conseguenza di privare di ogni efficacia pratica l'art. 59 del Trattato, il cui scopo consiste per l'appunto nell'eliminare le restrizioni della libera prestazione dei servizi da parte di persone non stabilite nello Stato nel cui territorio dev'essere fornita la prestazione. Tale requisito può essere ammissibile soltanto qualora sia provato che esso costituisce una condizione indispensabile per raggiungere lo scopo perseguito (v. sentenze Commissione/Germania, citata, punto 52, e 6 giugno 1996, causa C-101/94, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2691, punto 31).

32 Di conseguenza, la questione sollevata dev'essere risolta dichiarando che, per il periodo antecedente all'entrata in vigore della seconda direttiva bancaria, l'art. 59 del Trattato dev'essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro imponga ad un ente creditizio, già autorizzato in un altro Stato membro, di ottenere un'autorizzazione per poter concedere un mutuo ipotecario ad un soggetto residente nel suo territorio, a meno che tale autorizzazione

- sia imposta a tutte le persone o a tutte le società che esercitano un'attività del genere sul territorio dello Stato membro destinatario;

- sia giustificata da motivi di pubblico interesse come la tutela dei consumatori; e

- sia obiettivamente necessaria per garantire l'osservanza delle norme vigenti nel settore considerato e per tutelare gli interessi che queste norme intendono salvaguardare, in quanto lo stesso risultato non potrebbe essere ottenuto mediante norme meno restrittive.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

33 Le spese sostenute dai governi francese, belga e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla Cour de cassation francese, con sentenza 13 giugno 1995, dichiara:

Per il periodo antecedente all'entrata in vigore della seconda direttiva del Consiglio 15 dicembre 1989, 89/646/CEE, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE, l'art. 59 del Trattato CEE dev'essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro imponga ad un ente creditizio, già autorizzato in un altro Stato membro, di ottenere un'autorizzazione per poter concedere un mutuo ipotecario ad un soggetto residente nel suo territorio, a meno che tale autorizzazione

- sia imposta a tutte le persone o a tutte le società che esercitano un'attività del genere sul territorio dello Stato membro destinatario;

- sia giustificata da motivi di pubblico interesse come la tutela dei consumatori; e

- sia obiettivamente necessaria per garantire l'osservanza delle norme vigenti nel settore considerato e per tutelare gli interessi che queste norme intendono salvaguardare, in quanto lo stesso risultato non potrebbe essere ottenuto mediante norme meno restrittive.