61995J0191

Sentenza della Corte del 29 settembre 1998. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania. - Inadempimento di uno Stato - Parere motivato - Principio di collegialità - Diritto delle società - Direttive 68/151/CEE e 78/660/CEE - Conti annuali - Sanzioni per mancata pubblicazione. - Causa C-191/95.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-05449


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Commissione - Principio di collegialità - Portata

2 Ricorso per inadempimento - Decisioni della Commissione di emettere un parere motivato e di esperire un ricorso dinanzi alla Corte - Qualificazione - Decisioni che rientrano nel compito di vigilanza della Commissione - Applicazione del principio di collegialità

(Trattato CE, artt. 155 e 169)

3 Ricorso per inadempimento - Decisioni della Commissione di emettere un parere motivato e di esperire un ricorso dinanzi alla Corte - Applicazione del principio di collegialità - Portata - Delibera spettante al collegio

4 Ricorso per inadempimento - Procedura precontenziosa - Diffida - Delimitazione dell'oggetto della controversia - Parere motivato - Enunciazione dettagliata degli addebiti

(Trattato CE, art. 169)

5 Ricorso per inadempimento - Oggetto della controversia - Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso - Modifica ulteriore in senso restrittivo - Ammissibilità

(Trattato CE, art. 169)

6 Stati membri - Obblighi - Attuazione delle direttive - Inadempimento - Giustificazione - Inammissibilità

(Trattato CE, art. 169)

Massima


1 Il funzionamento della Commissione è retto dal principio di collegialità. Esso si fonda sull'eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all'adozione di una decisione e, in particolare, implica che le decisioni siano deliberate in comune e che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate.

2 Le decisioni della Commissione di emettere un parere motivato e di esperire un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte devono rispettare il principio di collegialità. Infatti, il ricorso all'art. 169 del Trattato costituisce uno dei mezzi con i quali la Commissione veglia a che gli Stati membri applichino le norme del Trattato e le disposizioni adottate dalle istituzioni in forza di quest'ultimo. Le decisioni di emettere un parere motivato e di esperire un ricorso per inadempimento rientrano perciò nell'ambito generale della missione di vigilanza che spetta alla Commissione in forza dell'art. 155, primo trattino, del Trattato. Emettendo il parere motivato, la Commissione prende formalmente posizione in merito alla situazione giuridica dello Stato membro interessato. D'altro canto, constatando formalmente la violazione del Trattato di cui si fa carico al suddetto Stato, il parere motivato chiude il procedimento precontenzioso di cui all'art. 169 del Trattato. La decisione di emettere un parere motivato non può quindi qualificarsi come misura di amministrazione o di gestione e non può costituire oggetto di delega. Lo stesso dicasi per la decisione della Commissione di adire la Corte con un ricorso per inadempimento, poiché tale decisione rientra nel potere discrezionale dell'istituzione.

3 Le condizioni di forma connesse alla reale osservanza del principio di collegialità, che interessa i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici prodotti da una decisione della Commissione, variano in funzione della natura e degli effetti giuridici degli atti adottati da detta istituzione. Infatti, le modalità secondo le quali l'emissione di un parere motivato e l'esperimento di un ricorso per inadempimento devono essere prese in comune dal collegio vanno determinate alla luce degli effetti giuridici di dette decisioni nei confronti dello Stato membro interessato.

Il parere motivato non implica effetti giuridici vincolanti per il suo destinatario. Esso costituisce solo una fase precontenziosa di una procedura che può portare ad un ricorso dinanzi alla Corte ed ha efficacia giuridica soltanto in relazione a tale ricorso, mentre d'altra parte, se lo Stato membro non si conforma a detto parere entro il termine prescritto, la Commissione ha la facoltà, ma non l'obbligo, di esperire il ricorso stesso. Quanto alla decisione di ricorrere alla Corte, pur se non costituisce una misura indispensabile per consentire a quest'ultima di pronunciarsi sul presunto inadempimento con una decisione vincolante, essa non modifica di per sé la situazione giuridica contestata.

Di conseguenza, tanto la decisione della Commissione di emettere un parere motivato, quanto quella di esperire un ricorso per inadempimento devono essere prese in comune dal collegio. Gli elementi sui quali si basano dette decisioni devono essere disponibili per i membri del collegio. Non è invece necessario che il collegio stesso rediga gli atti che convalidano tali decisioni e la loro stesura definitiva.

4 Se il parere motivato di cui all'art. 169 del Trattato deve contenere un'esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato interessato è venuto meno ad uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare nel parere motivato gli addebiti da essa già esposti in maniera più globale nella lettera di diffida.

5 Se è vero che la materia del contendere è delimitata dalla lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi dal parere motivato della Commissione e che, di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre la fase precontenziosa, detta esigenza non può tuttavia spingersi fino ad imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, dal momento che l'oggetto della controversia non è stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto.

6 Uno Stato membro non può eccepire situazioni interne per giustificare il mancato rispetto degli obblighi e dei termini imposti dalle norme di diritto comunitario.

Parti


Nella causa C-191/95,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Jürgen Grunwald, consigliere giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dai signori Ernst Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, e Alfred Dittrich, Regierungsdirektor presso il ministero federale della Giustizia, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Hans-Jürgen Rabe, del foro di Amburgo e del foro di Bruxelles, D - 53107 Bonn,

convenuta,

"avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che, non avendo previsto sanzioni adeguate per le società di capitali che non rispettano l'obbligo di dare la prescritta pubblicità ai loro conti annuali, come stabilito in particolare dalla prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8), e dalla quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (GU L 222, pag. 11), la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù del Trattato CE e di dette direttive,

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C. Gulmann, H. Ragnemalm (relatore), M. Wathelet e R. Schintgen, presidenti di sezione, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G. Kapteyn, J.L. Murray, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, L. Sevón e K.M. Ioannou, giudici,

avvocato generale: G. Cosmas

cancelliere: H.A. Rühl, in seguito signora D. Louterman-Hubeau, amministratori principali,

vista la relazione d'udienza,

vista la trascrizione delle difese orali svolte dalle parti dinanzi alla Sesta Sezione all'udienza del 12 dicembre 1996,

visto il testo delle conclusioni pronunciate dall'avvocato generale dinanzi alla Sesta Sezione all'udienza del 5 giugno 1997,

vista la decisione della Sesta Sezione del 18 settembre 1997, che ha rinviato la causa alla Corte,

vista l'ordinanza di riassunzione della trattazione del 14 ottobre 1997,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Commissione, rappresentata dai signori Christiaan Timmermans, direttore generale aggiunto del servizio giuridico, in qualità di agente, e Jürgen Grunwald, e del governo tedesco, rappresentato dall'avv. Hans-Jürgen Rabe, all'udienza del 9 dicembre 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 17 febbraio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 6 giugno 1995, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE, un ricorso mirante a far dichiarare che, non avendo previsto sanzioni adeguate per le società di capitali che non rispettano l'obbligo di dare la prescritta pubblicità ai loro conti annuali, come stabilito in particolare dalla prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8; in prosieguo: la «prima direttiva»), e dalla quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (GU L 222, pag. 11; in prosieguo: la «quarta direttiva»), la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù del Trattato CE e di dette direttive.

La normativa contestata

La prima direttiva

2 Ai sensi del suo art. 1, la prima direttiva si applica, in Germania, all'Aktiengesellschaft (società per azioni), alla Kommanditgesellschaft auf Aktien (società in accomandita per azioni) e alla Gesellschaft mit beschränkter Haftung (società a responsabilità limitata).

3 L'art. 2 della prima direttiva stabilisce che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché la pubblicità obbligatoria relativa a queste società verta quantomeno sugli atti e sulle indicazioni precisate nello stesso articolo. Ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. f), l'obbligo di pubblicità vale in particolare per il «bilancio ed il conto profitti e perdite di ogni esercizio».

4 Tuttavia, la terza frase di detta disposizione stabilisce che, specie per le società a responsabilità limitata di diritto tedesco, il summenzionato obbligo di pubblicità «è rinviato sino alla data di attuazione di una direttiva concernente il coordinamento del contenuto dei bilanci e dei conti profitti e perdite e comportante l'esenzione dall'obbligo di pubblicare, integralmente o parzialmente, tali documenti per le società di questo tipo con un ammontare di bilancio inferiore alla cifra che sarà fissata nella direttiva stessa». Ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. f), ultima frase, il Consiglio adotterà tale direttiva nei due anni successivi all'adozione della prima direttiva.

5 L'art. 3, nn. 2 e 4, della prima direttiva stabilisce che tutti gli atti e indicazioni soggetti all'obbligo della pubblicità sono trascritti in un registro costituito in ciascuno Stato membro e formano oggetto, nel bollettino nazionale designato dallo Stato membro, di una pubblicazione integrale o per estratto, o sotto forma di una menzione dell'avvenuto deposito del documento nel fascicolo o dell'avvenuta trascrizione nel registro.

6 L'art. 6 della prima direttiva stabilisce in particolare:

«Gli Stati membri stabiliscono adeguate sanzioni per i casi di:

- mancata pubblicità del bilancio e del conto profitti e perdite, come prescritta dall'articolo 2, n. 1, lett. f);

- (...)».

7 Secondo l'art. 13, primo comma, della prima direttiva, gli Stati membri dovevano trasporre quest'ultima entro diciotto mesi a decorrere dalla data della notifica, cioè dall'11 marzo 1968.

La quarta direttiva

8 La quarta direttiva stabilisce, per i tipi di società che elenca, le norme in materia di conti annuali. L'art. 2 recita: «I conti annuali comprendono lo stato patrimoniale, il conto profitti e perdite e l'allegato. Questi documenti formano un tutto inscindibile».

9 In materia di pubblicità dei conti annuali, l'art. 47, n. 1, della quarta direttiva dispone:

«1. I conti annuali regolarmente approvati e la relazione sulla gestione, nonché la relazione redatta dalla persona incaricata della revisione dei conti formano oggetto di una pubblicità effettuata nei modi prescritti dalla legislazione di ogni Stato membro conformemente all'articolo 3 della direttiva 68/151/CEE.

Tuttavia, la legislazione di uno Stato membro può consentire che la relazione sulla gestione non formi oggetto di detta pubblicità. In tal caso, la relazione sulla gestione è tenuta a disposizione del pubblico presso la sede sociale della società nello Stato membro interessato. Deve essere possibile ottenere copia parziale o integrale di tale relazione senza alcuna spesa e su semplice richiesta».

10 Ai sensi del suo art. 55, n. 1, la quarta direttiva doveva venir trasposta negli ordinamenti nazionali entro due anni a decorrere dalla sua notifica, effettuata il 31 luglio 1978.

La normativa nazionale

11 In Germania, il Gesetz über die Rechnungslegung von bestimmten Unternehmen und Konzernen del 15 agosto 1969 (legge sulla pubblicità dei conti, BGBl. I, 1969, pag. 1189; in prosieguo: il «Publizitätsgesetz») è entrato in vigore il 21 agosto 1969.

12 Gli artt. 9 e 10 del Publizitätsgesetz contenevano disposizioni precise sull'obbligo di comunicare i conti annuali e la relazione sulla gestione al registro di commercio e di pubblicare il rendiconto annuo sul bollettino federale degli annunci ufficiali (Bundesanzeiger).

13 Il Publizitätsgesetz è stato modificato dal Bilanzrichtlinien-Gesetz, del 19 dicembre 1985, (BGBl. I, 1985, pag. 2355; in prosieguo: il «Bilanzrichtlinien-Gesetz»), che ha trasposto la quarta direttiva, nonché la settima direttiva del Consiglio 13 giugno 1983, 83/349/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato, relativa ai conti consolidati (GU L 193, pag. 1), e l'ottava direttiva del Consiglio 10 aprile 1984, 84/253/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato, relativa all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili (GU L 126, pag. 20). La versione vigente stabilisce, all'art. 9, che le imprese contemplate dalla legge devono rendere pubblici i loro conti annuali e il loro rendiconto annuo, specie comunicandoli al registro di commercio. L'osservanza di detto obbligo può essere imposta, ai sensi dell'art. 21, prima frase, punto 8, del Bilanzrichtlinien-Gesetz, applicando una penalità di mora.

14 Il Bilanzrichtlinien-Gesetz ha pure introdotto nello Handelsgesetzbuch (codice di commercio tedesco, in prosieguo: lo «HGB») un terzo libro (artt. 238-339) vertente sui registri di commercio.

15 L'art. 325 dello HGB contiene le disposizioni relative alla pubblicità, specie quelle che riguardano l'obbligo, per i legali rappresentanti delle società di capitali, di presentare conti annuali al registro di commercio e di darne notizia al pubblico tramite il Bundesanzeiger.

16 L'art. 335 dello HGB prevede penalità di mora nell'ipotesi in cui i membri di una società di capitali, muniti di mandato di rappresentanza, non si attengano all'obbligo di pubblicare il bilancio sociale sancito dall'art. 325 dello HGB. Tuttavia, conformemente all'art. 325, prima frase, punto 6, dello HGB, in relazione con la seconda frase dello stesso articolo, un procedimento per l'applicazione di penalità di mora può esser instaurato solo a richiesta di un socio, di un creditore, della commissione interna centrale o della commissione interna della società.

17 Il Bilanzrichtlinien-Gesetz è stato notificato all'inizio del gennaio 1986 alla Commissione. Questa notifica era conseguente al ricorso per inadempimento nella causa 18/85, nel quale la Commissione addebitava alla Repubblica federale di Germania un ritardo nella trasposizione della quarta direttiva. Per una rinuncia agli atti, il procedimento veniva cancellato dal ruolo con ordinanza 11 febbraio 1987 (GU C 80, pag. 6).

Il procedimento precontenzioso e le conclusioni delle parti

18 Con lettera del 26 giugno 1990, la Commissione informava il governo tedesco che, in base ai dati in suo possesso, il 93% delle società tedesche di capitali non avevano osservato l'obbligo di pubblicazione dei conti annuali, il che costituiva infrazione del combinato disposto dell'art. 3 della prima direttiva e dell'art. 47 della quarta direttiva. La Commissione ricordava che gli Stati membri hanno l'obbligo, conformemente all'art. 6 della prima direttiva, di comminare idonee sanzioni per inosservanza dell'obbligo di pubblicità imposto dalla direttiva ed invitava il governo federale, conformemente all'art. 169 del Trattato, a presentare le proprie difese entro due mesi.

19 In una comunicazione del 30 luglio 1990, il governo tedesco negava la violazione del combinato disposto degli artt. 3 della prima direttiva e 47 della quarta direttiva. Allegando proprie statistiche e richiamandosi alle vigenti disposizioni del diritto tedesco, il governo federale contestava i dati prodotti dalla Commissione e concludeva che non era il caso di istituire ulteriori sanzioni per le società di capitali che non osservassero gli obblighi di pubblicità.

20 Dopo di che, il 2 giugno 1992, la Commissione inviava un parere motivato alla Repubblica federale di Germania, a cui veniva rimproverato di non aver assolto gli obblighi che le incombevano in virtù della prima e della quarta direttiva, non avendo comminato idonee sanzioni per le società di capitali che non si fossero conformate al prescritto obbligo di rendere pubblici i loro conti annuali, come disposto in dette direttive. La Commissione invitava la Repubblica federale di Germania ad adottare entro il termine di due mesi «le misure necessarie» per conformarsi al parere. Su richiesta del governo tedesco, il termine veniva prorogato al 30 settembre 1992.

21 Il 25 agosto 1993, il governo tedesco si dichiarava disposto ad inasprire le sanzioni in caso di omessa pubblicità dei documenti relativi ai conti annuali, a condizione che la Commissione si dichiarasse d'accordo sulle previste modifiche della normativa e rinunciasse ad adire la Corte di giustizia. Esso presentava quindi alla Commissione un progetto di istituzione di sanzioni più severe la cui entrata in vigore, per tutte le società di capitali, era prevista progressivamente tra il 1_ gennaio 1995 e il 1_ gennaio 1999. A questo proposito il governo tedesco osservava che, se una disciplina siffatta fosse stata istituita con entrata in vigore immediata, i Länder, competenti in materia, non sarebbero stati in grado di darle applicazione efficace fin dal primo momento, dato il gran numero di formalità burocratiche da rispettare e il distacco di diversi funzionari pubblici dei vecchi Länder, inviati a riorganizzare i nuovi Länder in seguito alla riunificazione tedesca.

22 Il 3 marzo 1994, il Commissario competente in materia rispondeva che le sanzioni previste dovevano applicarsi subito, ed indistintamente, a tutte le società interessate che non si fossero conformate all'obbligo di pubblicità. Si dichiarava comunque disposto a suggerire alla Commissione una sospensione della procedura se il governo federale avesse presentato, ancora durante la legislatura in corso, un progetto di legge contenente modifiche in questo senso.

23 Con lettera del 19 maggio 1994, il governo tedesco informava la Commissione che, se così stavano le cose, non poteva recedere dal suo punto di vista, secondo cui l'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato CE non impone un inasprimento delle sanzioni previste dal diritto tedesco.

24 Le successive discussioni non hanno portato ad alcun risultato, cosicché la Commissione ha deciso di promuovere il presente ricorso, con il quale chiede alla Corte di constatare l'inadempimento della Repubblica federale di Germania e di condannarla alle spese.

25 Il governo tedesco chiede alla Corte, in via principale, di respingere il ricorso, in quanto irricevibile e, in subordine, di dichiararlo infondato, con condanna della Commissione alle spese.

Sulla ricevibilità

26 Il governo tedesco ha sollevato tre eccezioni di irricevibilità tratte, in primo luogo, dalla violazione del principio della collegialità nell'emissione del parere motivato e nella proposizione del ricorso, inoltre, da una modifica dell'oggetto della controversia ed, infine, da un'erronea motivazione circa il presunto inadempimento.

Sull'inosservanza del principio di collegialità nell'emissione del parere motivato e nell'esperimento del ricorso

27 Il governo tedesco sostiene che il parere motivato e l'esperimento del ricorso dinanzi alla Corte erano stati inquadrati nella procedura di delega. A suo parere, però, se l'impiego della procedura di delega è compatibile con il principio di collegialità per l'adozione di misure di gestione e di amministrazione, esso non è invece ammissibile per le decisioni di principio come l'adozione di un parere motivato e l'esperimento di un ricorso dinanzi alla Corte. Infatti, l'art. 169 del Trattato prescriverebbe che il parere motivato e il ricorso dinanzi alla Corte siano decisi collegialmente dalla Commissione.

28 La Commissione ha ribattuto che le decisioni di inviare la lettera di diffida, di notificare il parere motivato e di esperire il ricorso erano state adottate dalla Commissione riunita in Collegio.

29 Con ordinanza 23 ottobre 1996 la Corte (Sesta Sezione) ha chiesto alla Commissione di produrre le decisioni di emettere un parere motivato, indirizzato il 2 giugno 1992 alla Repubblica federale di Germania, e di promuovere il presente ricorso per inadempimento, adottate collegialmente ed autenticate come previsto dal regolamento interno.

30 La Commissione ha allora presentato alla Corte i verbali di alcune sue riunioni ed altri documenti menzionati nei suddetti verbali.

31 All'udienza del 9 dicembre 1997 il governo tedesco ha esposto che, visti i documenti prodotti dalla Commissione, non si poteva ritenere che questa avesse dimostrato che i membri del Collegio, allorché hanno deciso di emettere il parere e di esperire il ricorso, disponessero effettivamente di elementi sufficienti per decidere in questo senso. Il Collegio avrebbe dovuto invece disporre di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti per accertarsi che le sue decisioni fossero scevre da ambiguità e per far sì che gli atti emanati fossero il risultato di una decisione realmente collegiale e rispondessero all'orientamento del Collegio, che ne assumeva la responsabilità politica.

32 La Commissione ha precisato che, per motivi di praticità, dato il numero di procedimenti per inadempimento, i Commissari non dispongono dei progetti di pareri motivati allorché decidono di intervenire in questo senso, ma ciò non è nemmeno necessario, poiché i loro provvedimenti in materia non hanno effetti giuridici vincolanti immediati. Il Collegio dispone invece di informazioni importanti sui fatti contestati e sulle norme di diritto comunitario che, secondo i servizi della Commissione, sarebbero state violate. Il Collegio si è quindi pronunciato con piena cognizione di causa sulle proposte dei suoi servizi di emettere un parere motivato e di esperire un ricorso. La redazione del parere motivato è opera dell'amministrazione, sotto la responsabilità del membro della Commissione competente in materia, dopo che il Collegio ha deciso di emettere questo atto.

33 In limine, si deve ricordare che il funzionamento della Commissione è retto dal principio di collegialità (sentenza 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a., Racc. pag. I-2555, punto 62).

34 Non è contestato che le decisioni di emettere un parere motivato e di proporre un ricorso devono rispettare il principio di collegialità.

35 Infatti, l'applicazione dell'art. 169 costituisce uno dei mezzi con i quali la Commissione cura che gli Stati membri applichino le norme del Trattato e le disposizioni adottate dalle istituzioni in forza di quest'ultimo (sentenza 10 maggio 1995, causa C-422/92, Commissione/Germania, Racc. pag. I-1097, punto 16). Le decisioni di emettere un parere motivato e di proporre un ricorso rientrano perciò nell'ambito generale del compito di vigilanza affidato alla Commissione dall'art. 155, primo trattino, del Trattato CE.

36 Emettendo il parere motivato, la Commissione prende formalmente posizione in merito alla situazione giuridica dello Stato membro interessato. D'altro canto, constatando formalmente la violazione del Trattato di cui si fa carico allo Stato membro interessato, il parere motivato chiude il procedimento precontenzioso di cui all'art. 169 del Trattato (sentenza 31 gennaio 1994, causa 74/82, Commissione/Irlanda, Racc. pag. 317, punto 13). La decisione di emettere un parere motivato non può quindi qualificarsi misura di amministrazione o di gestione e non può costituire oggetto di delega.

37 Lo stesso dicasi per la decisione di adire la Corte con un ricorso per inadempimento. Nel suo ruolo di custode del Trattato la Commissione è la sola competente a decidere se sia opportuno iniziare un procedimento per la dichiarazione dell'inadempimento (v. sentenza 11 agosto 1995, causa C-431/92, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2189, punto 22). Una decisione in questo senso rientra nella discrezionalità dell'istituzione (v. sentenza 27 novembre 1990, causa C-200/88, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-4299, punto 9) e non può qualificarsi misura d'amministrazione o di gestione.

38 Quindi il primo motivo di irricevibilità, come precisato nel corso del presente procedimento, verte sulle conseguenze connesse all'osservanza del principio di collegialità per quel che riguarda le condizioni nelle quali il Collegio poteva, da un lato, ritenere che la Repubblica federale di Germania fosse venuta meno ad uno degli obblighi che le incombevano in virtù del Trattato ed emettere un parere motivato in merito e, d'altro canto, decidere di proporre ricorso dopo aver constatato che il predetto Stato membro non si era conformato al parere entro la scadenza prescritta.

39 Secondo una giurisprudenza costante, il principio di collegialità si fonda sull'eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all'adozione di una decisione e, in particolare, implica che le decisioni siano deliberate in comune e che tutti i membri del Collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate (sentenze 23 settembre 1986, causa C-5/85, AKZO Chemie/Commissione, Racc. pag. 2585, punto 30; 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, e Commissione/BASF e a., già citata, punto 63).

40 La Corte ha pure affermato che i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici di una decisione della Commissione hanno interesse all'osservanza di detto principio (sentenza Commissione/BASF e a., già citata, punto 64).

41 A questo proposito si deve però osservare che le condizioni di forma connesse alla reale osservanza del principio di collegialità variano in funzione della natura e degli effetti giuridici degli atti adottati da detta istituzione.

42 La Corte ha perciò stabilito che, in caso di decisioni adottate per far osservare le norme sulla concorrenza e che hanno come oggetto la constatazione di un'infrazione a dette norme, l'emanazione di ingiunzioni dirette alle imprese o l'irrogazione di sanzioni pecuniarie, le imprese o le associazioni di imprese destinatarie dovevano avere la garanzia che dispositivo e motivazione di dette decisioni erano state adottate dal Collegio (sentenza Commissione/BASF e a., già citata, punti 65-67).

43 Nella fattispecie, le modalità secondo le quali si dovevano decidere l'emissione del parere motivato e la proposizione del ricorso per inadempimento dovevano essere oggetto di una decisione collegiale e vanno quindi determinate alla luce degli effetti giuridici di dette decisioni nei confronti dello Stato interessato.

44 Quanto all'emissione di un parere motivato, si deve constatare che si tratta di una procedura preliminare (sentenza 27 maggio 1981, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo, Racc. pag. 1413, punto 15) che non implica effetto giuridico vincolante per il destinatario del parere motivato. Il parere costituisce solo una fase precontenziosa di un procedimento che può portare ad un ricorso giurisdizionale (sentenza 10 dicembre 1969, cause riunite 6/69 e 11/69, Commissione/Francia, Racc. pag. 523, punto 36). Scopo del procedimento precontenzioso contemplato dall'art. 169 del Trattato è quello di consentire allo Stato membro di conformarsi volontariamente alle prescrizioni del Trattato o, eventualmente, di offrirgli il destro di giustificare il suo operato (sentenze 23 ottobre 1997, causa C-157/94, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-5699, punto 60; causa C-158/94, Commissione/Italia, Racc. pag. I-5789, punto 56, e Commissione/Francia, causa C-159/94, Racc. pag. I-5815, punto 103).

45 Qualora tale sforzo di accomodamento non sia coronato da successo, il parere motivato serve a definire l'oggetto della controversia. Per contro, la Commissione non ha il potere di stabilire in modo definitivo, con i pareri formulati ai sensi dell'art. 169, i diritti e gli obblighi dello Stato membro interessato, o di dare a questo garanzie relative alla compatibilità col Trattato di un determinato comportamento. Secondo il sistema istituito dagli artt. 169-171 del Trattato, la determinazione dei diritti e degli obblighi degli Stati membri e il giudizio sul loro comportamento possono risultare unicamente da una sentenza della Corte (v., in questo senso, sentenza Essevi e Salengo, già citata, punti 15 e 16).

46 Il parere motivato ha quindi efficacia giuridica soltanto in relazione al ricorso dinanzi alla Corte (sentenza Essevi e Salengo, già citata, punto 18) e, d'altra parte, se lo Stato non si conforma a detto parere entro il termine prescritto, la Commissione ha la facoltà, ma non l'obbligo, di proporre ricorso (v., in questo senso, sentenza 14 febbraio 1989, causa 247/87, Star Fruit/Commissione, Racc. pag. 291, punto 12).

47 Quanto alla decisione di proporre ricorso, pur se costituisce una misura indispensabile per consentire alla Corte di pronunciarsi sul presunto inadempimento con una decisione vincolante, non modifica però, di per sé, la situazione giuridica contestata.

48 Dall'insieme delle considerazioni di cui sopra emerge che tanto la decisione della Commissione di emettere un parere motivato, quanto quella di proporre un ricorso per inadempimento devono essere prese in comune dal Collegio. Gli elementi sui quali si basano dette decisioni devono dunque esser disponibili per i membri del Collegio. Non è invece necessario che il Collegio stesso rediga gli atti che concretano tali decisioni e che ne contengono la stesura definitiva.

49 Nella fattispecie, è noto che i membri del Collegio erano in possesso di qualsiasi elemento che ritenessero utile per adottare la loro decisione allorché, il 31 luglio 1991, hanno deciso di emettere un parere motivato e, il 13 dicembre 1994, hanno approvato la proposta di proporre il ricorso.

50 Così stando le cose, si deve constatare che la Commissione si è attenuta alle norme relative al principio di collegialità allorché ha emesso il parere motivato contro la Repubblica federale di Germania ed ha proposto il presente ricorso.

51 Di conseguenza si deve dichiarare infondata e respingere l'eccezione di irricevibilità tratta dalla violazione del principio di collegialità.

Sulla modifica della materia del contendere

52 Il governo tedesco sostiene che il ricorso è irricevibile in quanto vi è una divergenza tra il contenuto dell'atto introduttivo e la lettera di diffida. Infatti, la Commissione avrebbe dichiarato nella lettera di diffida che la Repubblica federale di Germania era venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù del combinato disposto dell'art. 47 della quarta direttiva e dell'art. 3 della prima direttiva, mentre nel parere motivato e nell'atto introduttivo si parla di infrazione agli artt. 2, n. 1, lett. g), 3 e 6 della prima direttiva. Di conseguenza, la materia del contendere sarebbe stata modificata durante la fase precontenziosa.

53 La Commissione ha ribattuto che i testi della lettera di diffida e della comunicazione del governo tedesco, del 30 luglio 1990, dimostrano che la preoccupazione della Commissione è stata, da un lato, chiaramente espressa e, dall'altro, ben compresa.

54 In limine, occorre ricordare che, mentre il parere motivato di cui all'art. 169 del Trattato deve contenere un'esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato interessato è venuto meno a uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare nel parere motivato gli addebiti da essa già esposti in maniera più globale nella lettera di diffida (v. sentenza 16 settembre 1997, causa C-279/94, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4743, punto 15).

55 E' vero che la lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato della Commissione delimitano la materia del contendere, che quindi non può più venir ampliata. Infatti, la possibilità, per lo Stato interessato, di presentare osservazioni costituisce, anche se esso ritenga di non doverne fare uso, una garanzia essenziale voluta del Trattato, la cui osservanza è un requisito formale essenziale per la regolarità del procedimento di accertamento dell'inadempimento di uno Stato membro (sentenza 8 febbraio 1983, causa 124/81, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. 203, punto 6). Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre la fase precontenziosa.

56 Ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l'oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto (v. in tal senso, sentenza 16 settembre 1997, Commissione/Italia, già citata, punto 25).

57 Orbene, nella fattispecie emerge dal fascicolo che la Commissione, nella sua lettera di diffida, ha sufficientemente delineato l'inadempimento di cui fa carico alla Repubblica federale di Germania, sottolineando che il combinato disposto degli artt. 3 della prima direttiva e 47 della quarta direttiva non erano stati rispettati, giacché diverse società di capitali non si erano conformate all'obbligo di pubblicità e ricordando l'obbligo incombente agli Stati membri, in virtù dell'art. 6 della prima direttiva, di comminare adeguate sanzioni a chi contravvenisse all'obbligo di pubblicità. Detta lettera ha perciò consentito al governo tedesco di conoscere la natura degli addebiti mossi nei suoi confronti e gli ha offerto la possibilità di presentare le proprie difese.

58 Quindi, la circostanza che la Commissione non abbia confermato gli addebiti tratti dal fatto che diverse società di capitali non si siano conformate all'obbligo di pubblicità, mentre ha specificato gli addebiti tratti dalla necessità di comminare sanzioni adeguate, già mossi in modo più generico nella lettera di diffida, ha semplicemente avuto l'effetto di limitare la materia del contendere.

59 Se ne deduce che anche la seconda eccezione di irricevibilità va disattesa in quanto infondata.

Sull'erronea motivazione circa il presunto inadempimento

60 Secondo il governo tedesco, la Commissione non poteva mettere in dubbio che le norme tedesche sull'obbligo di pubblicità dei conti annuali fossero compatibili con il diritto comunitario fondandosi su dati non controllati circa il grado d'inosservanza di detto obbligo da parte delle imprese. Per far carico di una simile inadempienza, la Commissione avrebbe dovuto svolgere direttamente indagini volte ad accertare l'esattezza dei dati sui quali si fondava. Non si può dunque sostenere che la Commissione abbia fatto un'esposizione coerente e dettagliata dei motivi che l'hanno indotta a criticare la Repubblica federale di Germania per la presunta inosservanza di disposizioni del diritto comunitario.

61 La Commissione conferma il suo convincimento che vi sia stato inadempimento e sottolinea che la stessa Repubblica federale di Germania lo avrebbe riconosciuto nella sua comunicazione del 25 agosto 1993.

62 A questo proposito basterà ricordare che la Commissione non ha mantenuto, nel ricorso, le censure tratte dal fatto che un gran numero di società di capitali non si fosse conformata agli obblighi sulla pubblicità. La terza eccezione di irricevibilità riguarda dunque un inadempimento addebitato nella fase precontenziosa, ma che esula dalla presente controversia, sicché va respinta.

63 Ne consegue che il ricorso è ricevibile nel suo complesso.

Nel merito

64 La Commissione osserva che l'esame delle norme vigenti nell'ordinamento tedesco dimostra chiaramente che, se la pubblicità dei conti annuali delle società di capitali è disciplinata dagli artt. 325 e seguenti dello HGB, il legislatore tedesco non ha previsto mezzi giuridici sufficienti per far osservare l'obbligo di pubblicità. E' vero che l'art. 335, prima frase, punto 6, dello HGB prevede l'applicazione di penalità di mora se i membri dell'esecutivo di una società di capitali che hanno mandato di rappresentanza non si conformano all'obbligo di pubblicità, ma il giudice competente per il registro non può irrogare d'ufficio tali sanzioni.

65 Il governo tedesco sostiene che l'obbligo di comminare sanzioni idonee per inosservanza dell'obbligo di pubblicità dei bilanci o dei conti profitti e perdite, previsto dall'art. 6 della prima direttiva, non vale ancora per le società a responsabilità limitata di diritto tedesco. In subordine, detto governo sostiene che l'art. 6 della prima direttiva è stato correttamente trasposto. Infatti, in virtù dell'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato, il coordinamento delle normative nazionali in materia di società mirerebbe a tutelare gli interessi dei soci e dei terzi. Orbene, in quest'ultima categoria non rientrerebbero tutte le persone fisiche o giuridiche, ma solo quelle che hanno un rapporto giuridico con la società. Infine, dato l'alto numero di società a responsabilità limitata di dimensioni piccole e medie, una loro citazione in giudizio non sarebbe proporzionata alla finalità del regime definito dall'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato.

66 A questo proposito è sufficiente constatare che la Corte, nella sentenza 4 dicembre 1997, causa C-97/96, Daihatsu Deutschland (Racc. pag. I-6843, punti 14 e 15), ha osservato che la lacuna legislativa lasciata dalla prima direttiva è stata colmata dalla quarta direttiva. Questa ha coordinato le norme nazionali sulla struttura e sul contenuto dei conti annuali e della relazione sulla gestione, sui metodi di valutazione nonché sulla pubblicità di questi documenti per le società di capitali ed in particolare per le società a responsabilità limitata di diritto tedesco.

67 Nella sentenza Daihatsu Deutschland, già citata, la Corte ha dichiarato che l'art. 6 della prima direttiva va interpretato nel senso che osta alla legge di uno Stato membro che preveda solo per i soci, i creditori nonché per la commissione interna centrale o la commissione interna della società il diritto di chiedere la sanzione prevista da tale normativa nazionale nel caso di mancato rispetto da parte di una società degli obblighi in materia di pubblicità dei conti annuali sanciti dalla prima direttiva.

68 Si deve infine osservare che l'insussistenza di adeguate sanzioni non può giustificarsi con il fatto che l'applicazione di dette sanzioni a tutte le società che non pubblicano i loro conti, dato il loro numero, provocherebbe gravi difficoltà per l'amministrazione tedesca, non proporzionate alla finalità perseguita dal legislatore comunitario. Infatti, per giurisprudenza costante uno Stato membro non può eccepire situazioni del suo ordinamento interno per giustificare il mancato rispetto degli obblighi e dei termini imposti dalle norme comunitarie (v., in particolare, sentenze 19 febbraio 1991, causa C-374/89, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-367, punto 10; 7 aprile 1992, causa C-45/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-2509, punto 21, e 29 giugno 1995, cause riunite C-109/94, C-207/94 e C-225/94, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-1791, punto 11).

69 Di conseguenza, si deve dichiarare che, non avendo previsto sanzioni adeguate per le società di capitali che non rispettano l'obbligo di dare la prescritta pubblicità ai loro conti annuali, come stabilito in particolare dagli artt. 2, n. 1, lett. f), 3 e 6 della prima direttiva, in correlazione con l'art. 47, n. 1, della quarta direttiva, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù di dette direttive.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

70 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è fatta domanda. La Commissione ha chiesto la condanna alle spese della Repubblica federale di Germania, che, essendo rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

71 Le eccezioni di irricevibilità sono respinte.

72 La Repubblica federale di Germania, non avendo previsto sanzioni adeguate per le società di capitali che non rispettano l'obbligo di dare la prescritta pubblicità ai loro conti annuali, come stabilito in particolare dagli artt. 2, n. 1, lett. f), 3 e 6 della prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, secondo comma, del Trattato, per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi, in correlazione con l'art. 47, n. 1, della quarta direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/660/CEE, basata sull'art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù di dette direttive.

73 La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.