61995J0090

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 aprile 1997. - Henri de Compte contro Parlamento europeo. - Dipendenti - Decisione che riconosce una malattia professionale - Revoca di un atto amministrativo - Legittimo affidamento - Termine ragionevole - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado. - Causa C-90/95 P.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-01999


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Motivi - Motivazione di una sentenza viziata da violazione del diritto comunitario - Revoca di un atto amministrativo - Presupposti - Osservanza di un termine ragionevole - Rispetto del principio del legittimo affidamento - Data da prendere in considerazione per l'acquisizione di un legittimo affidamento da parte del destinatario di un atto amministrativo - Ricorso fondato

Massima


La revoca di un atto amministrativo favorevole è generalmente soggetta a condizioni molto rigorose. Quindi, pur se è innegabile che ogni istituzione comunitaria che accerta che un atto da essa appena emanato è viziato da illegittimità ha il diritto di revocarlo entro un termine ragionevole con effetto retroattivo, tale diritto può essere limitato dalla necessità di rispettare il legittimo affidamento del destinatario dell'atto che può aver fatto affidamento nella legittimità dello stesso. A questo proposito, il momento determinante per stabilire quando nasce il legittimo affidamento del destinatario di un atto amministrativo è la notifica dell'atto e non la data dell'adozione o della revoca dello stesso.

Una volta acquisito, il legittimo affidamento nella legittimità di un atto amministrativo favorevole non può poi venir scalzato. Date le circostanze della fattispecie, nessun interesse d'ordine pubblico prevale sull'interesse del destinatario a conservare una situazione che egli poteva considerare stabile. Nulla attesta che il destinatario abbia provocato l'atto mediante indicazioni false o incomplete.

E' quindi viziata da un errore di diritto la sentenza del Tribunale che constata che, se, alla data in cui è stata adottata una decisione poi revocata circa tre mesi dopo, il ricorrente poteva ancora far affidamento nell'apparenza di legittimità ed esigere la conservazione della detta decisione, tale affidamento era stato in seguito, e molto rapidamente, scalzato sicché, alla data alla quale l'istituzione in questione ha effettuato la revoca contestata, l'interessato non aveva più motivo di nutrire un legittimo affidamento nella legittimità della decisione revocata.

Parti


Nel procedimento C-90/95 P,

Henri de Compte, ex dipendente del Parlamento europeo, residente in Strasburgo (Francia), rappresentato dapprima dall'avv. Éric Boigelot, del foro di Bruxelles, ed in seguito dall'avv. Francesco Pasetti Bombardella, del foro di Venezia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'avv. Elvinger, 15, côte d'Eich,

ricorrente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 26 gennaio 1995, cause riunite T-90/91 e T-62/92, De Compte/Parlamento (Racc. PI pag. II-1), salvo nella parte in cui si condanna il Parlamento a corrispondere al ricorrente la somma di 200 000 BFR a titolo di risarcimento del danno morale, procedimento in cui l'altra parte è: Parlamento europeo, rappresentato dal signor François Vainker, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. Denis Waelbroeck, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il Segretariato generale del Parlamento europeo, Kirchberg,

LA CORTE

(Sesta Sezione),

composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, J.L. Murray, C.N. Kakouris, P.J.G. Kapteyn e H. Ragnemalm (relatore), giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 18 giugno 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 24 marzo 1995, il signor de Compte, ai sensi dell'art. 49 dello Statuto CE e delle disposizioni corrispondenti degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, ha proposto un ricorso diretto all'annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 26 gennaio 1995, cause riunite T-90/91 e T-62/92, De Compte/Parlamento (Racc. PI pag. II-1; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), salvo nella parte in cui si condanna il Parlamento a corrispondergli la somma di 200 000 BFR a titolo di risarcimento del danno morale.

2 Dalla sentenza impugnata emerge che il ricorrente, pensionato dal 1_ gennaio 1989, è un ex dipendente del Parlamento, presso il quale ha svolto le funzioni di contabile.

3 Il 18 gennaio 1988 l'autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'«APN») ha adottato una decisione con la quale egli veniva retrocesso dal grado A3, 8_ scatto, al grado A7.

4 Detta decisione è stata emanata in esito ad un procedimento disciplinare, instaurato dopo l'accertamento di irregolarità nella contabilità del Parlamento che sarebbero imputabili al ricorrente.

5 Il procedimento disciplinare, iniziato il 30 settembre 1982, è stato annullato una prima volta dall'APN il 14 gennaio 1983. E' stato poi riassunto il 13 aprile 1983 e si è concluso il 24 maggio 1984 con una prima sanzione di retrocessione di grado. Tuttavia detta decisione è stata annullata con sentenza della Corte 20 giugno 1985, causa 141/84, De Compte/Parlamento (Racc. pag. 1951), in quanto il procedimento era inficiato da un vizio consistente nel fatto che un'audizione di testimoni si era tenuta senza la presenza del ricorrente. Ripreso il 24 giugno 1987, il procedimento disciplinare si è concluso con la retrocessione del ricorrente al grado A7 in data 18 gennaio 1988.

6 Con sentenza 17 ottobre 1991, causa T-26/89, De Compte/Parlamento (Racc. pag. II-781), il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dal ricorrente contro la sanzione della retrocessione inflittagli. Detta sentenza è stata impugnata con un ricorso respinto con sentenza della Corte 2 giugno 1994, causa C-326/91 P, De Compte/Parlamento (Racc. pag. I-2091). Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale di primo grado il 20 giugno 1996 il ricorrente ha chiesto, in base all'art. 125 del regolamento di procedura del Tribunale, la revocazione della citata sentenza 17 ottobre 1991, De Compte/Parlamento.

7 Poco dopo il procedimento disciplinare che si è concluso con la sua retrocessione, il ricorrente ha chiesto al Parlamento, in data 14 giugno 1988, di iniziare un procedimento mirante a riconoscere una sua malattia professionale e la sua spettanza alle prestazioni contemplate dall'art. 73 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), conformemente all'art. 17, n. 1, della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi d'infortunio e di malattia professionale dei dipendenti delle Comunità europee (in prosieguo: la «regolamentazione»).

8 In un referto medico del 30 giugno 1989 il medico designato dall'istituzione, conformemente all'art. 19 della regolamentazione, si è rifiutato di certificare che il ricorrente era affetto da malattia professionale. Quest'ultimo ha contestato il progetto di decisione che respingeva la sua domanda di riconoscimento di malattia professionale, redatto in base al referto medico di cui sopra.

9 Di conseguenza, e conformemente all'art. 23 della regolamentazione, è stata costituita una commissione medica la cui relazione, redatta il 22 gennaio 1991, contiene le seguenti conclusioni:

«1. Henri de Compte è affetto da uno scompenso ansiodepressivo grave, con manifestazioni di melanconia e paranoia, di origine professionale, causato da una situazione di stress dovuta ad accuse che l'interessato riteneva calunniose e che hanno provocato la sua retrocessione professionale e un'alterazione psichica.

2. La vittima ha contratto detta malattia per motivi morbosi eccezionali verificatisi nell'esercizio delle sue funzioni.

3. Non vi è aggravamento di infermità preesistente.

4. I fattori che hanno originato detta malattia sono lo stato psichico soggettivo e oggettivo conseguenti alle accuse mosse alla vittima. Queste due situazioni hanno agito in modo equivalente e determinante su una predisposizione alla paranoia.

5. La data di consolidamento delle lesioni è il 20 gennaio 1983.

6. Il tasso di invalidità permanente è del 40% (quaranta per cento).

7. Il paziente non necessita di cure speciali che richiedano uno o più viaggi.

8. Non è necessaria l'assistenza da parte di terzi».

10 Il 24 gennaio 1991 l'APN ha adottato una decisione con la quale constatava che il ricorrente era colpito da malattia professionale, che comportava un tasso di invalidità permanente parziale del 40% e decideva di liquidare a suo favore l'importo di 9 147 091 BFR.

11 Tuttavia, il 18 aprile 1991, l'APN ha adottato una decisione che revocava, con effetto retroattivo, la decisione del 24 gennaio 1991. Detta decisione di revoca era motivata in sostanza con un riferimento alla sentenza 21 gennaio 1987, causa 76/84, Rienzi/Commissione (Racc. pag. 315), nella quale la Corte ha statuito che una malattia non può definirsi professionale salvoché tragga origine dall'esercizio regolare o sia contratta in occasione dell'esercizio regolare, da parte dell'interessato, delle funzioni di sua competenza.

12 Orbene, nella fattispecie la malattia del ricorrente trarrebbe origine dalle accuse scaturenti sostanzialmente da circostanze connesse alle irregolarità di gestione contabile di cui egli sarebbe responsabile e che avevano motivato l'instaurazione di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, nonché la sanzione nella quale era sfociato detto procedimento.

13 La decisione 18 aprile 1991 indicava del pari che, adottando la decisione 24 gennaio 1991, l'APN si era fondata su un'interpretazione erronea della nozione di «origine professionale», in quanto aveva fatto proprie le conclusioni della commissione medica. Di conseguenza l'APN aveva commesso un errore nella valutazione della nozione di malattia professionale ai sensi degli artt. 73 dello Statuto e 3, n. 2, della regolamentazione, sicché poteva revocare con effetto retroattivo la decisione del 24 gennaio 1991, onde rispettare il principio di legalità.

14 Nel dispositivo la decisione 18 aprile 1991 stabiliva che la decisione revocata sarebbe stata sostituita da un'ulteriore decisione da adottarsi alla luce dell'emananda sentenza nella causa T-26/89, De Compte/Parlamento, in esito al ricorso che il ricorrente aveva proposto avverso la decisione di retrocessione del 18 gennaio 1988.

15 Il 4 giugno 1991 il ricorrente ha presentato un reclamo avverso detta decisione 18 aprile 1991, respinto il 23 settembre 1991 dall'APN.

16 A seguito della sentenza del Tribunale 17 ottobre 1991, De Compte/Parlamento, già ricordata, il 20 gennaio 1992 l'APN ha adottato la decisione prevista nel dispositivo della decisione 18 aprile 1991, che revocava la decisione 24 gennaio 1991, recante riconoscimento della natura professionale della malattia.

17 Detta decisione 20 gennaio 1992 era motivata in sostanza con la considerazione che una malattia può definirsi «malattia professionale» solo se trae origine dal regolare esercizio, da parte dell'interessato, dalle funzioni che gli competono. Nella fattispecie, la malattia del ricorrente trarrebbe origine dalle accuse mosse nei suoi riguardi, vagliate nel corso del procedimento disciplinare che si è concluso con la sanzione disciplinare irrogata all'interessato. La legittimità di questa sanzione era stata confermata dalla sentenza del Tribunale 17 ottobre 1991, De Compte/Parlamento, già ricordata.

18 Nel dispositivo, la decisione 20 gennaio 1992 concludeva che «il signor Henri de Compte non è affetto da malattia professionale ai sensi della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale dei dipendenti delle Comunità europee».

19 Il 10 aprile 1992 il ricorrente ha presentato un reclamo avverso la decisione 20 gennaio 1992. Detto reclamo è stato respinto dall'APN il 4 giugno 1992.

20 Il 19 dicembre 1991, nella causa T-90/91, il ricorrente ha chiesto al Tribunale l'annullamento della decisione 18 aprile 1991, che revocava quella del 24 gennaio 1991 che riconosceva l'esistenza di una malattia professionale, nonché della decisione 23 settembre 1991, che respingeva il suo reclamo del 4 giugno 1991. Ha chiesto pure la condanna del Parlamento a versargli, in via principale, l'importo di 9 147 091 BFR.

21 Il 4 settembre 1992, nella causa T-62/92 il ricorrente ha chiesto al Tribunale l'annullamento della decisione 20 gennaio 1992, che negava il riconoscimento di una malattia professionale, e della decisione 4 giugno 1992, che respingeva il suo reclamo dell'8 aprile 1992. Il ricorrente ha chiesto del pari la condanna del Parlamento a versargli, in via principale, l'importo di 9 147 091 BFR.

22 Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso ed ha condannato il Parlamento a versare al ricorrente l'importo di 200 000 BFR a titolo di risarcimento del danno morale.

Sul ricorso contro la sentenza del Tribunale

23 Il ricorrente chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata, salvo nella parte in cui si condanna il Parlamento a versargli l'importo di 200 000 BFR a titolo di risarcimento del danno morale, e, pronunciandosi direttamente sulla controversia, accogliere le sue domande iniziali. Il ricorrente chiede pure la condanna del convenuto alle spese del giudizio.

24 Il Parlamento chiede alla Corte di respingere il ricorso e di condannare alle spese il ricorrente.

25 A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce l'inosservanza, da parte del Tribunale, in primo luogo, dell'obbligo di motivazione delle sentenze, che implica in particolare che i motivi esposti debbano essere giuridicamente ammissibili, vale a dire sufficienti, pertinenti, non viziati da errore di diritto o di fatto e non contraddittori; in secondo luogo, degli artt. 73 dello Statuto e 3 della regolamentazione; infine, dei principi giuridici generali vigenti nel diritto comunitario, vale a dire, in particolare, quelli della certezza del diritto, della buona fede, della tutela del legittimo affidamento, del dovere di sollecitudine e del termine ragionevole, nonché del principio secondo il quale qualsiasi atto amministrativo deve avere motivi giuridicamente validi, cioè pertinenti e non viziati da errore di diritto e di fatto.

Sulla revoca della decisione dell'APN 24 gennaio 1991

26 Dal punto 52 della sentenza impugnata emerge che il Tribunale ha considerato che, con la decisione contestata del 18 aprile 1991, il Parlamento aveva revocato la decisione 24 gennaio 1991 che riconosceva l'esistenza di una malattia professionale del ricorrente, nel termine di due mesi e venticinque giorni circa, vale a dire entro un termine inferiore a tre mesi.

27 Il Tribunale ha ritenuto, al punto 53, che un termine del genere non poteva considerarsi, nelle circostanze della fattispecie, non ragionevole, essendo pacifico tra le parti che, per effetto delle riserve avanzate dalla compagnia di assicurazione, che avrebbe dovuto versare l'indennità per malattia professionale al ricorrente, quest'ultimo era già stato avvertito dai servizi del Parlamento, tra il 1_ e il 13 marzo 1991, dell'esistenza delle difficoltà connesse all'esecuzione di detta decisione, dati i dubbi che incombevano sulla sua legittimità. Di conseguenza il ricorrente non poteva attendibilmente sostenere che la revoca della decisione adottata nei suoi confronti fosse intervenuta entro un termine non ragionevole.

28 Quanto al rispetto del legittimo affidamento del ricorrente nella legittimità della decisione revocata, il Tribunale ha osservato, al punto 61, come fosse pacifico che, dopo l'adozione della decisione 24 gennaio 1991 e nel corso della prima quindicina del mese di marzo 1991, vale a dire nell'arco di tempo di un mese e mezzo, il ricorrente era stato informato dai servizi dell'istituzione convenuta che l'esecuzione di detta decisione, vale a dire il versamento dell'indennità riconosciuta ai sensi dell'art. 73 dello Statuto, era messa in forse a motivo dell'illegittimità da cui poteva essere viziata.

29 Al punto 61 il Tribunale ha concluso che «Pertanto, se, alla data dell'adozione della decisione revocata del 24 gennaio 1991, il ricorrente poteva ancora confidare nell'apparenza di legittimità ed esigere la conservazione di detta decisione, in seguito, e molto rapidamente, tale affidamento è stato scalzato, sicché, alla data alla quale il Parlamento ha effettuato la revoca contestata, il ricorrente non aveva più validi motivi di nutrire un legittimo affidamento nella legittimità della decisione revocata».

30 Di conseguenza, al punto 62 il Tribunale ha disatteso il motivo del ricorrente relativo alla violazione del suo legittimo affidamento nella legittimità della decisione revocata del 24 gennaio 1991.

31 Nel ricorso dinanzi alla Corte il ricorrente fa specificamente carico al Tribunale di aver disatteso il motivo relativo alla violazione del suo legittimo affidamento nella legittimità della decisione revocata del 24 gennaio 1991 e sostiene che il Tribunale ha ritenuto erroneamente che la revoca della decisione avvenuta il 18 aprile 1991 era stata disposta, nei suoi confronti, entro un termine ragionevole.

32 Il Parlamento ritiene che queste censure siano carenti in diritto e debbano quindi venire disattese. Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, osserva anzitutto che un errore dell'amministrazione circa la norma applicabile non può mai ingenerare un legittimo affidamento (sentenze 11 dicembre 1980, causa 1252/79, Lucchini/Commissione, Racc. pag. 3753; 11 maggio 1983, cause riunite 311/81 e 30/82, Klöckner-Werke/Commissione, Racc. pag. 1549, e 6 febbraio 1986, causa 162/84, Vlachou/Corte dei conti, Racc. pag. 481).

33 In secondo luogo, il Parlamento ritiene che il Tribunale abbia giustamente sottolineato che l'istituzione aveva avvertito il ricorrente della precarietà della decisione poi revocata molto tempestivamente, vale a dire appena era stato constatato l'errore commesso, sicché il ricorrente non poteva nutrire alcun legittimo affidamento.

34 In terzo luogo il Parlamento sostiene che la giurisprudenza della Corte ammette il principio della revocabilità degli atti illegittimi, quanto meno entro un termine ragionevole, che detto termine va commisurato in relazione alla data di adozione dell'atto e che la Corte ha già riconosciuto che decisioni revocate oltre sei mesi dopo la loro adozione avevano costituito oggetto di una revoca entro un termine ragionevole (sentenza 12 luglio 1957, cause riunite 7/56, 3/57, 4/57, 5/57, 6/57 e 7/57, Algera e a./Assemblea comune, Racc. pag. 79).

35 In via preliminare si deve ricordare che la revoca retroattiva di un atto amministrativo favorevole è generalmente soggetta a condizioni molto rigorose (v. sentenza 9 marzo 1978, causa 54/77, Herpels/Commissione, Racc. pag. 585, punto 38). Secondo una giurisprudenza costante, se bisogna riconoscere ad ogni istituzione comunitaria che accerta che un atto da essa appena emanato è viziato da illegittimità il diritto di revocarlo con effetto retroattivo entro un termine ragionevole, tale diritto trova un limite nella necessità di rispettare il legittimo affidamento del beneficiario dell'atto, che ha potuto far affidamento nella legittimità di quest'ultimo (sentenze 3 marzo 1982, causa 14/81, Alpha Steel/Commissione, Racc. pag. 749, punti 10-12; 26 febbraio 1987, causa 15/85, Consorzio Cooperative d'Abruzzo/Commissione, Racc. pag. 1005, punti 12-17; 20 giugno 1991, causa C-248/89, Cargill/Commissione, Racc. pag. I-2987, punto 20, e causa C-365/89, Cargill, Racc. pag. I-3045, punto 18).

36 Emerge dal punto 61 della sentenza impugnata che, alla data dell'adozione della decisione revocata del 24 gennaio 1991, il ricorrente poteva fare affidamento sull'apparenza di legittimità ed esigere che detta decisione fosse conservata. Tuttavia, si deve precisare che il momento determinante per stabilire quando nasce il legittimo affidamento del destinatario di un atto amministrativo è la notifica dell'atto e non la data dell'adozione o della revoca dell'atto stesso.

37 Nella fattispecie, nulla attesta che il ricorrente abbia provocato la decisione 24 gennaio 1991 mediante indicazioni false o incomplete (v., in questo senso, sentenze 22 marzo 1961, cause riunite 42/59 e 49/59, Snupat/Alta Autorità, Racc. pag. 97, e 12 luglio 1962, causa 14/61, Hoogovens/Alta Autorità, Racc. pag. 471).

38 Ne consegue che, allorché ha preso conoscenza della decisione 24 gennaio 1991 per effetto della sua notifica, il ricorrente poteva confidare nell'apparente legittimità di tale atto ed esigere la sua conservazione.

39 Si deve sottolineare, da un lato, che, se è nato a buon diritto, il legittimo affidamento nella legittimità di un atto amministrativo favorevole non può poi venire scalzato. D'altro canto, tenuto conto delle circostanze della fattispecie, non vi è alcun interesse di ordine pubblico che prevalga sull'interesse del destinatario alla conservazione di una situazione che egli poteva considerare stabile (v., in questo senso, sentenze Snupat/Alta Autorità e Hoogovens/Alta Autorità, già citate).

40 Il Tribunale ha perciò commesso un errore di diritto ritenendo, al punto 61 della sentenza impugnata, che se, alla data dell'adozione della decisione revocata del 24 gennaio 1991, il ricorrente poteva ancora confidare nell'apparenza di legittimità ed esigere la conservazione di detta decisione, tale affidamento era stato in seguito, e molto rapidamente scalzato, sicché, alla data alla quale il Parlamento aveva effettuato la revoca contestata, il ricorrente non aveva più validi motivi di nutrire un legittimo affidamento nella legittimità della decisione revocata.

41 Senza doversi pronunciare sulla censura secondo la quale il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che la revoca della decisione è stata operata entro un termine ragionevole e sugli altri motivi dedotti dal ricorrente, la sentenza impugnata va quindi annullata, salvo nella parte in cui si condanna il Parlamento a versare al ricorrente l'importo di 200 000 BFR a titolo di risarcimento del danno morale, dal momento che questa parte della sentenza non è stata impugnata.

42 Ai sensi dell'art. 54, primo comma, seconda frase, dello Statuto CE della Corte, questa, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta. La Corte ritiene che nella fattispecie questa ipotesi ricorra.

43 E' sufficiente rilevare che la revoca della decisione dell'APN 24 gennaio 1991, disposta con le decisioni 18 aprile 1991 e 20 gennaio 1992, ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento del destinatario della prima decisione suddetta, sicché le due ultime decisioni vanno annullate.

Sulla domanda di risarcimento

44 Il ricorrente ha chiesto che il Parlamento sia condannato a versargli la somma di 9 147 091 BFR, maggiorata degli interessi di mora al tasso del 10% annuo dal 24 gennaio 1991 al giorno dell'effettivo versamento.

45 Essendo questa una controversia di indole pecuniaria nella quale il giudice comunitario dispone, conformemente all'art. 91, n. 1, seconda frase, dello Statuto, di una competenza anche di merito, detta domanda va accolta. Quanto alla domanda di interessi di mora, che rientra del pari nella competenza di legittimità e di merito della Corte (v., in particolare, sentenza del Tribunale 30 novembre 1993, causa T-15/93, Vienne/Parlamento, Racc. pag. II-1327, punto 42), essa dev'essere accolta e il tasso d'interesse dev'essere fissato all'8% annuo a decorrere dal 24 gennaio 1991 fino al giorno dell'effettivo versamento.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

46 Ai sensi dell'art. 122 del regolamento di procedura, quando il ricorso contro una pronuncia del Tribunale è accolto e la Corte si pronuncia definitivamente sulla controversia, essa statuisce sulle spese. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell'art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Parlamento è rimasto soccombente e quindi va condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, tutte le spese sostenute dal ricorrente sia nel giudizio dinanzi al Tribunale sia in quello dinanzi alla Corte.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) E' annullata la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 26 gennaio 1995, cause riunite T-90/91 e T-62/92, De Compte/Parlamento, salvo nella parte in cui si condanna il Parlamento europeo a versare al ricorrente la somma di 200 000 BFR a titolo di risarcimento del danno morale.

2) Nella causa T-90/91 è annullata la decisione 18 aprile 1991.

3) Nella causa T-62/92 è annullata la decisione 20 gennaio 1992.

4) Il Parlamento europeo è condannato a versare al ricorrente la somma di 9 147 091 BFR, maggiorata degli interessi di mora al tasso dell'8% annuo dal 24 gennaio 1991 al giorno dell'effettivo versamento.

5) Il Parlamento europeo è condannato a tutte le spese di entrambi i giudizi.