61995C0395

Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 30 gennaio 1997. - Geotronics SA contro Commissione delle Comunità europee. - Programma PHARE - Gara d'appalto ristretta - Ricorso d'annullamento - Ricevibilità - Accordo SEE - Origine dei prodotti - Discriminazione - Ricorso per risarcimento danni. - Causa C-395/95 P.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-02271


Conclusioni dell avvocato generale


1 Con la presente impugnazione, la Geotronics SA (in prosieguo: la «Geotronics» o la «ricorrente») chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado del 26 ottobre 1995 (1). Con tale sentenza, il Tribunale ha respinto un ricorso della Geotronics avente ad oggetto, da un lato, l'annullamento della decisione 10 marzo 1994, con la quale la Commissione aveva respinto un'offerta presentata dalla ricorrente nell'ambito di una gara d'appalto finanziata dal programma PHARE; e, dall'altro, il risarcimento dei danni che la ricorrente asseriva di aver subìto in virtù della decisione stessa.

Più precisamente, il Tribunale ha dichiarato irricevibili le conclusioni della Geotronics dirette all'annullamento dell'atto controverso; ed infondata la sua richiesta di risarcimento dei danni. Con l'impugnazione, la ricorrente contesta la dichiarazione di irricevibilità del suo ricorso di annullamento e, in subordine, rinnova le sue pretese risarcitorie nei confronti della Commissione.

I fatti

2 Il 9 luglio 1993, la Commissione, «in nome del governo rumeno», ed il ministero rumeno dell'Agricoltura e dell'Industria alimentare bandivano congiuntamente, nel quadro del programma PHARE (2), una gara di appalto ristretta per la fornitura al suddetto ministero di tacheometri elettronici da utilizzare nell'ambito del programma di riforma agraria in Romania. La gestione della gara veniva affidata, a livello nazionale, all'«EC/PHARE Programme Management Unit Bucharest» (in prosieguo: il «PMU-Bucharest»).

Ai sensi del bando di gara, l'attrezzatura da fornire doveva essere originaria di Stati membri della Comunità europea o di altri Stati beneficiari del programma PHARE (3).

3 Il 16 luglio 1993, la ricorrente, una società francese controllata al 100% dalla società di diritto svedese Geotronics AB, presentava un'offerta di fornitura di apparecchiature del tipo richiesto. Il 18 ottobre 1993, il PMU-Bucharest comunicava alla Geotronics che la sua offerta aveva ottenuto parere favorevole e che il contratto di fornitura sarebbe stato sottoposto all'approvazione dell'autorità contraente.

Il 19 novembre 1993, la Commissione informava la ricorrente di nutrire dubbi sull'origine delle apparecchiature proposte e chiedeva informazioni supplementari in proposito; la Geotronics rispondeva, con lettera 14 dicembre 1993, dichiarando che i tacheometri in questione venivano fabbricati nel Regno Unito.

4 Il 2 marzo 1994, la ricorrente avvertiva la Commissione di aver appreso che la sua offerta sarebbe stata respinta in quanto era stato appurato che l'attrezzatura proposta era di origine svedese. Essa proponeva nondimeno alla Commissione di riaprire la gara d'appalto: secondo la Geotronics, difatti, l'entrata in vigore dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (4) (in prosieguo: l'«Accordo SEE»), intervenuta il 1_ gennaio 1994, aveva modificato i criteri del bando relativi all'origine delle merci, sostanzialmente equiparando, anche ai fini della gara, quelle provenienti dagli Stati membri dell'Accordo SEE a quelle originarie degli Stati membri della Comunità.

Con lettera 10 marzo 1994, trasmessa via fax, la Commissione informava la ricorrente di aver respinto la sua offerta in ragione dell'origine dei prodotti proposti, che risultavano provenienti dalla Svezia. Il giorno seguente, la stessa Commissione comunicava al PMU-Bucharest che, delle due offerte ricevute, soltanto quella presentata da un'impresa tedesca (concorrente della Geotronics) rispondeva ai requisiti imposti dal bando di gara ed invitava l'autorità rumena a prendere contatto con detta impresa per perfezionare il contratto di fornitura.

5 Il PMU-Bucharest concludeva il contratto con tale impresa e, il 17 maggio 1994, ne informava la Commissione e la Geotronics. A quest'ultima precisava di essere nell'impossibilità di attribuirle l'appalto, in quanto la sua offerta non rispondeva ai requisiti imposti dal bando di gara.

Nel frattempo, il 29 aprile 1994, la Geotronics aveva depositato un ricorso davanti al Tribunale di primo grado per ottenere l'annullamento della decisione della Commissione 10 marzo 1994 ed il risarcimento dei danni subìti a causa del comportamento della Commissione stessa.

La sentenza del Tribunale

6 Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, il Tribunale, come accennato, ha respinto integralmente il ricorso della Geotronics, dichiarandolo in parte irricevibile e in parte infondato.

In primo luogo, ritenendo che la lettera della Commissione 10 marzo 1994 non costituisse un atto produttivo di effetti giuridici vincolanti tali da incidere sulla situazione giuridica della ricorrente, il Tribunale ha dichiarato irricevibile la domanda diretta ad ottenerne l'annullamento.

7 Per giungere a tale conclusione, il Tribunale ha innanzitutto ricordato che il programma PHARE è finanziato dal bilancio generale dell'Unione europea e che i relativi contratti sono attribuiti conformemente al regolamento finanziario 21 dicembre 1977 (5). Il Tribunale ha poi descritto le competenze affidate rispettivamente alla Commissione e agli Stati beneficiari degli aiuti dalle disposizioni conferenti di detto regolamento, come modificate dal regolamento (CEE) n. 610/90 (6): ai sensi di tali norme, mentre la Commissione, incaricata della gestione dell'aiuto, accorda i crediti e garantisce il rispetto delle condizioni di parità ed economicità nello svolgimento delle gare, il potere di aggiudicare l'appalto rimane invece di competenza dello Stato beneficiario del programma PHARE. E' allo Stato, infatti, che spetta indire le gare, ricevere le offerte, presiedere allo spoglio, stabilire i risultati e, soprattutto, sottoscrivere i contratti d'appalto, le clausole aggiuntive e i preventivi. A tale proposito, il Tribunale rileva che, come ammesso all'udienza dalla stessa difesa della ricorrente, il governo rumeno sarebbe stato libero, nonostante il rifiuto della Commissione di accordare alla sua offerta il beneficio dell'aiuto comunitario, di attribuirle comunque l'appalto in questione (7).

In presenza di questi elementi, secondo il Tribunale, gli appalti finanziati dal PHARE vanno considerati come appalti nazionali che vincolano esclusivamente lo Stato beneficiario e l'operatore economico, mentre non si forma alcun rapporto giuridico vincolante tra gli offerenti e la Commissione; questa si limita ad adottare, in nome della Comunità, le sole decisioni di finanziamento, che, in linea di principio, potrebbero anche non interferire sulla scelta del contraente (8). A supporto di questa conclusione, il Tribunale richiama, per analogia, la giurisprudenza elaborata dalla Corte in materia di aggiudicazione degli appalti finanziati dal Fondo europeo di sviluppo (in prosieguo: il «FES») (9).

8 Pronunciandosi poi sulla richiesta di risarcimento del danno che la ricorrente asseriva di aver subìto a causa della mancata applicazione alla fattispecie dell'Accordo SEE, il Tribunale ha dichiarato tale pretesa infondata, in assenza di un qualsivoglia comportamento illecito da parte della Commissione nello svolgimento della procedura.

A tale proposito, il Tribunale ha ricordato che l'Accordo SEE produce effetti solo a partire dalla sua entrata in vigore, cioè dal 1_ gennaio 1994, mentre il contesto giuridico del procedimento di aggiudicazione dell'appalto in questione, segnatamente riguardo alla condizione relativa all'origine dei prodotti proposti, risultava fissato già nel bando di gara ristretta pubblicato dalla Commissione in nome del governo rumeno il 9 luglio 1993 (10). Giustamente, pertanto, la Commissione si era basata, nell'adottare la decisione controversa, sulle condizioni generali da essa definite nel bando di gara del 9 luglio 1993. L'entrata in vigore dell'Accordo SEE, in definitiva, non poteva comportare l'attribuzione alla ricorrente di diritti che la stessa non era legittimata ad invocare al momento della pubblicazione delle condizioni generali della gara di appalto (11).

9 Infine, secondo il Tribunale, l'Accordo SEE non poteva comunque trovare applicazione nella fattispecie: difatti il contratto per la cui conclusione la gara era stata indetta avrebbe vincolato, come si è visto, solo l'operatore economico e lo Stato rumeno, che non è firmatario dell'Accordo stesso (12).

L'impugnazione

10 Nella presente procedura, come accennato, la Geotronics impugna la sentenza del Tribunale, chiedendo alla Corte di annullarla e di annullare altresì la decisione contenuta nella lettera 10 marzo 1994.

L'impugnazione si basa sull'errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale per aver dichiarato irricevibili le conclusioni dirette ad ottenere l'annullamento della lettera 10 marzo 1994. La ricorrente deduce in particolare che detta lettera costituirebbe una vera e propria decisione ai sensi dell'art. 173 del Trattato, produttiva di effetti giuridici vincolanti per il destinatario e dunque suscettibile di impugnazione in sede giurisdizionale. La ricorrente sostiene che la Commissione gioca in concreto un ruolo significativo e determinante nello svolgimento e nell'esito delle procedure di aggiudicazione degli appalti rilevanti per il programma PHARE, indipendentemente dalla circostanza che i contratti vengano poi formalmente sottoscritti dal rappresentante dello Stato beneficiario dell'aiuto; e sottolinea il carattere meramente teorico della possibilità, prospettata dal Tribunale, che lo Stato beneficiario concluda comunque un contratto di fornitura con un offerente escluso dal beneficio del finanziamento comunitario.

11 Nel merito, la ricorrente ripete sostanzialmente gli argomenti dedotti davanti al Tribunale. Anzitutto, essa ribadisce che l'Accordo SEE sarebbe applicabile senza eccezioni dal 1_ gennaio 1994 e dunque anteriormente alla lettera 10 marzo 1994. Secondo la ricorrente, pertanto, il bando di gara pubblicato il 9 luglio 1993 comportava, a partire dal 1_ gennaio 1994, una discriminazione non più consentita a danno degli Stati firmatari dell'Accordo SEE e pertanto, a norma dell'art. 4 dell'Accordo stesso, da eliminare.

In ogni caso, secondo la Geotronics, l'Accordo SEE dovrebbe trovare applicazione retroattiva nella fattispecie, in quanto il contesto giuridico del bando di gara, ancorché definito prima dell'entrata in vigore dell'Accordo, era destinato a produrre effetti in un momento successivo al 1_ gennaio 1994.

12 In subordine, per l'ipotesi che l'irricevibilità del ricorso di annullamento sia confermata, la ricorrente rinnova le sue pretese risarcitorie, invocando, ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del Trattato, la responsabilità extracontrattuale della Commissione, colpevole di non aver applicato l'Accordo SEE alla procedura in parola. Essa chiede pertanto che le sia riconosciuto il diritto ad un indennizzo, pari a 500 400 ECU (maggiorato degli interessi legali), a titolo di risarcimento del pregiudizio subìto.

Sul mezzo relativo alla ricevibilità

13 Come già rilevato, il Tribunale ha fondato l'irricevibilità del ricorso di annullamento sull'inesistenza, nella fattispecie, di un atto della Commissione produttivo di effetti giuridici vincolanti nei confronti della ricorrente. Secondo il Tribunale, infatti «[...] gli appalti finanziati dal programma PHARE vanno considerati come appalti nazionali che vincolano esclusivamente lo Stato beneficiario e l'operatore economico», e «la preparazione, la negoziazione e la conclusione dei contratti hanno luogo solo tra queste due parti»; sicché «non si forma [...] alcun rapporto giuridico tra gli offerenti e la Commissione, poiché quest'ultima si limita ad adottare, in nome della Comunità, le decisioni di finanziamento e quindi i suoi atti non possono essere diretti a sostituire nei loro confronti una decisione comunitaria alla decisione dello Stato beneficiario del programma PHARE». Ne conseguirebbe che «non sussiste [...] in materia, nei confronti degli offerenti, un atto promanante dalla Commissione e idoneo ad essere oggetto di un ricorso ex art. 173, quarto comma, del Trattato CE» (13).

In definitiva, il Tribunale si è basato sulla ripartizione di competenze tra Commissione e Stati beneficiari del programma PHARE risultante dalle disposizioni applicabili e, tenuto conto delle analogie esistenti con il procedimento di aggiudicazione degli appalti finanziati dal FES, ha applicato alla fattispecie (riportandola, appunto, «per analogia») la giurisprudenza della Corte in materia. Come si è detto, tale giurisprudenza ha sancito, in maniera pressoché automatica, l'irricevibilità dei ricorsi di annullamento introdotti da offerenti esclusi contro gli atti adottati dalla Commissione nell'ambito dello svolgimento di gare d'appalto in attuazione della Convenzione di Lomé (14).

14 Dirò subito che non concordo con la motivazione addotta dal Tribunale sul punto. Ritengo infatti che le peculiarità del caso di specie consentano di fare astrazione dalla giurisprudenza elaborata dalla Corte in materia di appalti finanziati dal FES; e ciò indipendentemente da ogni valutazione su tale giurisprudenza.

A ben vedere, non mi sembra vi siano ragioni perché l'atto impugnato nella fattispecie sfugga al controllo di legittimità predisposto dal Trattato; e ciò in considerazione della sua formulazione letterale, del suo contenuto, degli effetti giuridici che ha prodotto nei confronti della ricorrente, nonché del contesto giuridico e fattuale nel quale è stato adottato. Come subito vedremo, dalla sua analisi emerge infatti che tale atto soddisfa tutte le condizioni prescritte dall'art. 173 per costituire un atto impugnabile ai sensi della giurisprudenza della Corte.

15 L'art 173, quarto comma, del Trattato, lo ricordo anzitutto a me stesso, attribuisce a qualsiasi persona fisica o giuridica il diritto di proporre un ricorso giurisdizionale contro le decisioni adottate nei suoi confronti dalle istituzioni comunitarie.

Riguardo al profilo specifico della natura dell'atto impugnabile, la Corte ha chiarito a più riprese che ciò che rileva ai fini dell'ammissibilità del controllo giurisdizionale non è la forma con cui l'atto si presenta esternamente, bensì la sua sostanza. In particolare, sono impugnabili, ai sensi dell'art. 173 del Trattato, tutti i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in maniera rilevante la sua situazione giuridica (15).

16 Come risulta chiaramente dal fascicolo di causa, l'atto di cui la Geotronics ha chiesto al Tribunale l'annullamento è la lettera con cui la Commissione l'aveva informata di aver respinto la sua offerta, per il motivo che le apparecchiature proposte, di origine svedese, non rispondevano ai requisiti richiesti dal bando di gara. Il ricorso si fondava sulla circostanza che, secondo la ricorrente, la Commissione aveva deciso la sua esclusione in violazione del diritto comunitario, in particolare del principio di parità di trattamento tra prodotti originari dei paesi CEE e dei paesi AELS, operante dall'entrata in vigore dell'accordo SEE.

17 La lettera controversa faceva riferimento ai contatti intercorsi tra la Commissione e la Geotronics, aventi ad oggetto la questione specifica dell'origine dei prodotti proposti, e riferiva che l'esame della documentazione fornita dalla ricorrente, nonché gli elementi emersi nel corso di una riunione tenutasi a Bruxelles tra rappresentanti dell'una e dell'altra parte, avevano dimostrato che i prodotti proposti dalla Geotronics erano in realtà di origine svedese. La Commissione dichiarava pertanto di dover respingere l'offerta della ricorrente e di non poter approvare l'attribuzione del contratto (precedentemente proposta dal PMU-Bucharest) a quest'ultima.

Nella stessa lettera, peraltro, la Commissione comunicava di non essere intenzionata a bandire una nuova gara d'appalto, atteso che un'altra impresa aveva presentato un'offerta che la Commissione stessa considerava accettabile sia dal punto di vista tecnico che economico, nonché rispondente ai requisiti imposti dal bando.

18 In tali condizioni, non vedo come si possa negare che la lettera controversa costituisce un atto impugnabile. Tale provvedimento, adottato espressamente nei confronti della sola ricorrente, ha certamente comportato di per sé effetti giuridici vincolanti e definitivi per quest'ultima, vale a dire la sua esclusione dalla partecipazione alla gara di appalto in questione, o meglio, nella specie (in presenza cioè di due sole offerte), l'attribuzione automatica del contratto all'altro concorrente. La situazione giuridica della ricorrente è stata pertanto modificata, con ogni evidenza, nella «misura rilevante» richiesta dalla costante giurisprudenza della Corte.

A nulla vale sostenere, in proposito, che l'autorità nazionale sarebbe comunque legittimata, in un caso del genere, a concludere il contratto con l'offerente, anche se quest'ultimo è stato escluso dal beneficio del finanziamento comunitario; tale ipotesi, difatti, è talmente teorica da non meritare ulteriori commenti.

19 Ciò che invece si potrebbe obiettare (ed è questo l'argomento che appare più rilevante nella motivazione della sentenza impugnata) è che la Commissione, non essendone parte, non ha alcuna responsabilità nell'attribuzione del contratto tra lo Stato beneficiario ed il contraente prescelto; e che la sua autonomia decisionale resta circoscritta nei limiti delle decisioni relative all'ammissibilità del finanziamento comunitario.

Questo ragionamento, elaborato per la prima volta dalla Corte nella sentenza STS (16), non può tuttavia essere trasposto sic et simpliciter al caso che oggi ci occupa. In quella causa, difatti, l'atto impugnato dalla STS (impresa che aveva partecipato senza successo ad una gara d'appalto finanziata dal FES) nel suo ricorso, dichiarato dalla Corte irricevibile, era il semplice «visto» con cui il delegato locale della Commissione aveva approvato i contratti già aggiudicati, negoziati e sottoscritti tra l'autorità nazionale competente ed un'impresa diversa dalla ricorrente. Non v'è chi non veda una differenza sostanziale con la fattispecie oggi in esame.

20 Lo stesso avvocato generale VerLoren van Themaat, nel suggerire alla Corte di dichiarare il ricorso della STS irricevibile, aveva precisato che tale soluzione si imponeva, nella specie, non già perché l'atto impugnato non fosse produttivo di effetti giuridici per la ricorrente, quanto perchè, essendo destinato all'autorità nazionale aggiudicatrice, esso non riguardava la ricorrente direttamente e individualmente (17); egli non escludeva, tuttavia, che soluzioni diverse potessero rivelarsi più opportune in relazione a fattispecie diverse e sottolineava la necessità di valutare ciascun caso in base alle sue peculiarità (18).

Ora, la circostanza che la Corte, nella motivazione della sentenza in parola, non abbia ritenuto di riprendere siffatta distinzione e che abbia, in seguito, dichiarato irricevibili tutti i ricorsi di annullamento proposti da offerenti esclusi anche nell'ambito di ipotesi diverse, non è tale, a mio avviso, da spostare i termini del problema; e ciò, lo ripeto, indipendentemente da ogni considerazione sulla giurisprudenza che si è così formata nella materia (19).

21 Nella fattispecie che oggi ci occupa, la ricorrente ha impugnato sicuramente una decisione adottata nei suoi confronti dalla Commissione, nell'esercizio delle sue competenze specifiche: la decisione, cioè, con cui la Commissione l'aveva informata di aver stabilito (autonomamente, ed in base a verifiche predisposte e valutazioni operate di propria iniziativa) che la sua offerta non rispondeva ai requisiti richiesti dal bando di gara per ottenere il finanziamento comunitario (nonché delle conseguenze di tale accertamento); e l'ha impugnata, come si è visto, ritenendola adottata in violazione del principio di parità di trattamento contenuto nell'Accordo SEE.

In presenza di tali elementi, non vedo dinanzi a quale giurisdizione la ricorrente avrebbe potuto sottoporre l'atto controverso al sindacato di legittimità se non dinanzi al giudice comunitario (20).

22 A riguardo, la Commissione, nel corso della procedura orale, ha sostenuto che, in un caso del genere, l'unico rimedio di cui dispone l'offerente è far valere i propri diritti dinanzi alle giurisdizioni competenti dello Stato beneficiario.

E' evidente, tuttavia, che tale rimedio non solo sarebbe, in via di principio, precluso, ma non potrebbe comunque sortire nessun effetto utile, trattandosi del controllo di legittimità di un atto che è, in tutti i sensi ed a tutti gli effetti, un atto comunitario. Il rimedio nazionale potrebbe infatti riguardare, eventualmente, solo gli atti di competenza delle autorità nazionali, quali l'aggiudicazione definitiva dell'appalto ad un'altra impresa oppure il relativo contratto.

23 La decisione con cui la Commissione stabilisce che l'offerente non ha diritto al finanziamento comunitario, decisione destinata ad intervenire (come è intervenuta in fatto) prima dell'aggiudicazione dell'appalto, è invece una decisione autonoma della Commissione che rientra tra le sue competenze specifiche e alla cui adozione non partecipano le autorità nazionali dello Stato beneficiario.

Contro tale decisione, idonea, come si è visto, a produrre effetti giuridici vincolanti e definitivi nei confronti del destinatario, deve potersi ammettere l'esperibilità di un'azione di annullamento per violazione del diritto comunitario. Sostenere il contrario equivale, a mio avviso, a trincerarsi dietro il fin troppo debole schermo delle autorità e del giudice nazionale, per privare la ricorrente del suo diritto alla tutela giurisdizionale; ciò che rappresenta, con ogni evidenza, una violazione inammissibile delle più elementari regole su cui si basa la «Comunità di diritto» che i Trattati hanno inteso istituire ed ai cui valori la nostra Corte si ispira da sempre (21).

24 Riassumendo, ritengo che, nell'ambito di una gara d'appalto finanziata dal PHARE, l'offerente escluso dal beneficio del finanziamento comunitario debba poter in ogni caso ricorrere davanti alla Corte, quando ricorrano gli altri presupposti di cui all'art. 173 del Trattato, per contestare la fondatezza della decisione adottata in tal senso dalla Commissione, che opera nell'esercizio della relativa competenza; mentre rimane comunque aperta la strada dell'impugnazione dell'aggiudicazione dell'appalto (o di ogni altro atto che promana dall'autorità nazionale) davanti al giudice competente dello Stato beneficiario del programma PHARE.

Nella specie, ritengo in definitiva che la sentenza del Tribunale vada annullata nella parte in cui ha dichiarato irricevibili le conclusioni della Geotronics dirette all'annullamento della lettera della Commissione 10 marzo 1994; ma che la Corte sia in grado di statuire essa stessa sul merito di tali conclusioni, in quanto non rimane alcuna indagine da svolgere su elementi di fatto.

Sul merito

25 Il ricorso di annullamento presentato dalla Geotronics, ancorché ricevibile, è sicuramente infondato nel merito. L'Accordo SEE, difatti, era inapplicabile alla fattispecie ratione temporis, ratione personae e ratione materiae.

Anzitutto, le condizioni di svolgimento della gara di appalto in questione erano state definitivamente fissate nel bando pubblicato il 9 luglio 1993 e non v'è motivo di ritenere che avessero subìto modifiche implicite in virtù dell'entrata in vigore dell'Accordo SEE. Un'applicazione retroattiva di tale Accordo con riferimento alla fattispecie, oltre ad essere giuridicamente infondata, si porrebbe in evidente contrasto con le esigenze di certezza del diritto.

In secondo luogo, come giustamente osservato dal Tribunale, l'Accordo SEE può essere applicato soltanto nei confronti degli Stati che ne sono parte, quindi non nei confronti della Romania.

Infine, l'Accordo SEE, nella sua formulazione attuale, non comprende la materia degli aiuti esterni, nella quale rientrano i fondi utilizzati per la realizzazione del programma PHARE; è peraltro evidente che tali aiuti sono finanziati dal bilancio generale delle Comunità, al quale contribuiscono i soli Stati membri dell'Unione.

Sulla domanda di risarcimento danni

26 L'inapplicabilità dell'Accordo SEE alla fattispecie in oggetto, che si è appena constatata, fuga ogni dubbio anche sull'eventuale responsabilità della Commissione ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del Trattato; e conferma, ove necessario, l'infondatezza delle pretese risarcitorie avanzate dalla ricorrente e già respinte dal Tribunale.

27 Alla luce delle osservazioni che precedono, propongo pertanto alla Corte di:

«- annullare la sentenza del Tribunale 26 ottobre 1995, causa T-185/94, nella parte in cui ha dichiarato irricevibile il ricorso della Geotronics diretto all'annullamento della lettera della Commissione 10 marzo 1994, e dichiarare tale ricorso ricevibile;

- respingere il ricorso perché infondato nel merito;

- respingere, perché infondata, la domanda di risarcimento dei danni che la ricorrente asserisce di aver subìto a causa della decisione impugnata».

(1) - Causa T-185/94, Geotronics/Commissione (Racc. pag. II-2795).

(2) - Il programma PHARE, basato sul regolamento (CEE) del Consiglio 18 dicembre 1989, n. 3906 (GU L 375, pag. 11; in prosieguo: il «regolamento di base»), canalizza gli aiuti economici che la Comunità europea fornisce ai paesi dell'Europa centrale ed orientale per il finanziamento dei processi di riforma economica e sociale. Inizialmente limitato alla Repubblica di Ungheria ed alla Repubblica popolare di Polonia, il programma è stato successivamente esteso ad altri paesi dell'Europa centrale ed orientale con i regolamenti (CEE) del Consiglio 17 settembre 1990, n. 2698 (GU L 257, pag. 1), 23 dicembre 1991, n. 3800 (GU L 357, pag. 10), e 7 agosto 1992, n. 2334 (GU L 227, pag. 1).

(3) - V. punto 1 del bando di gara («Istruzioni ai partecipanti»), lett. A).

(4) - GU 1994, L 1, pag. 3.

(5) - Regolamento finanziario applicabile al bilancio generale (GU L 365, pag. 1).

(6) - Segnatamente quelle contenute nel titolo IX, relativo agli aiuti esterni, del regolamento n. 610/90 (GU L 70, pag. 1) e in particolare i suoi artt. 107, 108, n. 2, e 109, n. 2.

(7) - Sentenza Geotronics, punti 27-30.

(8) - Sentenza Geotronics, punti 31 e 32.

(9) - Sentenza 10 luglio 1984, causa 126/83, STS/Commissione (Racc. pag. 2769, punti 18 e 19); sentenza 10 luglio 1985, causa 118/83, CMC/Commissione (Racc. pag. 2325, punti 28 e 29); sentenza 14 gennaio 1993, causa C-257/90, Italsolar/Commissione (Racc. pag. I-9, punti 22 e 26); e sentenza 29 aprile 1993, causa C-182/91, Forafrique Burkinabe/Commissione (Racc. pag. I-2161, punti 23 e 24). In tali pronunce la Corte ha precisato che gli appalti finanziati dal FES conformemente alla Convenzione tra gli Stati d'Africa, dei Caraibi e del Pacifico e le Comunità europee (ACP-CEE), nelle versioni (seconda, terza e prima) rispettivamente applicabili, sono appalti nazionali che solo i rappresentanti degli Stati beneficiari sono competenti a stipulare, mentre gli interventi della Commissione sono unicamente intesi ad accertare se sussistono o meno i presupposti per il finanziamento comunitario; ed ha praticamente sancito l'irricevibilità dei ricorsi di annullamento avverso gli atti adottati dalla Commissione nello svolgimento delle relative gare.

(10) - Sentenza Geotronics, punti 48 e 49.

(11) - Sentenza Geotronics, punti 53 e 54.

(12) - Sentenza Geotronics, punto 55.

(13) - Sentenza Geotronics, punti 31 e 32.

(14) - Per la giurisprudenza citata dal Tribunale, v. supra, punto 7 delle presenti conclusioni e nota 9.

(15) - Sentenza 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione (Racc. pag. 2639, punti 8 e 9). Ma v. anche, per una delle più recenti pronunce, sentenza 23 novembre 1995, C-476/93 P, Nutral/Commissione (Racc. pag. I-4125, punto 28).

(16) - Citata alla nota 9.

(17) - Conclusioni del 22 maggio 1984 (Racc. pag. 2781, punto 4.2), in cui si legge che il ricorso contro l'atto che ha l'effetto di escludere l'impresa dal finanziamento comunitario «risulta senz'altro proponibile, ad esempio, da qualsiasi Stato membro».

(18) - L'avvocato generale osservava in proposito che, con riferimento ad eventuali atti della Commissione di approvazione delle proposte di aggiudicazione (intervenuti dunque prima della scelta definitiva), «ci si può chiedere anche se non sia auspicabile che sia consentito [...] proporre ricorso dinanzi a questa Corte» (conclusioni citate, punto 4.2). Va rilevato che all'epoca pendeva la causa CMC (citata alla nota 9), sulla quale l'avvocato generale sottolineava di non voler prendere posizione proprio in considerazione della diversità del contesto fattuale.

(19) - E' noto che la giurisprudenza della Corte in materia di appalti finanziati dal FES non è stata affatto esente da critiche. La dottrina dominante concorda nel ritenere, in proposito, che tale giurisprudenza è profondamente lacunosa sotto il profilo della protezione giurisdizionale concretamente offerta ai soggetti interessati. Si vedano, in tal senso, ad esempio: Brown, Remedies of unsuccessful tenderers for E.D.F.-financed contracts, in European Law Review, 1985, pag. 421 e ss.; Bertolini, Osservazioni a Corte di giustizia, sentenza 10 luglio 1984, in causa 126/83, in Foro Italiano, 1988, col. 266 e ss.; e Kalugina, Les voies de recours des entrepreneurs dans les marchés publics financés par le F.E.D., in Droit et pratique du commerce international, 1988, pag. 511 e ss.

(20) - Nell'ambito dei contratti finanziati dal PHARE, difatti, per l'offerente escluso non sussiste neppure il diritto a ricorrere ad una procedura arbitrale apposita, prevista invece dalla Convenzione di Lomé e ripetutamente indicata dalla Commissione come rimedio esperibile dai partecipanti esclusi dalle gare di aggiudicazione di appalti finanziati dal FES. Si badi, in proposito, che essendo tale procedura arbitrale espressamente limitata a disciplinare i rapporti tra lo Stato beneficiario e l'impresa contraente, è comunque controversa la sua applicazione in relazione alla fase dell'aggiudicazione dell'appalto.

(21) - A ben vedere, è la stessa logica che era alla base dell'ordinanza della Corte 5 agosto 1983 (causa 118/83 R, CMC, Racc. pag. 2583), pronunciata sulla domanda di provvedimenti d'urgenza presentata dalla ricorrente (CMC) e diretta alla sospensione, fino alla pronuncia definitiva della Corte sul ricorso principale, delle decisioni della Commissione che avevano avuto l'effetto di estromettere la ricorrente stessa da una gara di appalto in Etiopia. In tale ordinanza, il presidente (facente funzioni) Pescatore, pronunciandosi per la prima volta sulla competenza della Corte a conoscere di simili controversie (competenza contestata dalla Commissione), aveva dichiarato: «Non si può [...] ritenere che, per il fatto di partecipare ad una gara d'appalto indetta a norma della Convenzione da uno Stato ACP, con la stretta collaborazione delle istituzioni della Comunità [...], un'impresa della Comunità si sia venuta a trovare, a priori, esclusa dalla tutela giurisdizionale ad essa garantita dalle norme del Trattato CEE»; ed ancora: «[...] mentre appare indubbio che il contratto stipulato fra le autorità dello Stato ACP e l'aggiudicatario è sottratto alla competenza della Corte, non può peraltro escludersi la possibilità di un sindacato giurisdizionale esercitato in forza del Trattato CEE sugli atti compiuti dalla Commissione nel contesto della procedura di aggiudicazione istituita dalla Convenzione»; per concludere, in relazione al profilo della ricevibilità del ricorso in parola: «[...] non va escluso che da un'analisi approfondita risulti l'esistenza di un atto della Commissione suscettibile di essere enucleato dal suo contesto, eventualmente tale da formare oggetto di una domanda di annullamento» (punti 41, 44 e 47).