61995C0351

Conclusioni dell'avvocato generale Elmer del 16 gennaio 1997. - Selma Kadiman contro Freistaat Bayern. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bayerisches Verwaltungsgericht München - Germania. - Accordo di associazione CEE-Turchia - Decisione del consiglio di associazione - Libera circolazione dei lavoratori - Familiare di un lavoratore - Proroga del permesso di soggiorno - Condizioni - Comunione di vita familiare - Residenza regolare di tre anni - Calcolo in caso di interruzioni. - Causa C-351/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-02133


Conclusioni dell avvocato generale


1 Nella presente causa, il Verwaltungsgericht della Baviera in Monaco ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare l'art. 7, primo comma, della decisione del consiglio di associazione CEE-Turchia 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell'associazione (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»), riguardante il diritto ad un'occupazione da parte di familiari di lavoratori turchi.

Le norme comunitarie rilevanti

2 L'accordo di associazione tra la CEE e la Turchia (1), ai sensi dell'art. 2, n. 1, ha lo scopo «di promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le Parti, tenendo pienamente conto della necessità di assicurare un più rapido sviluppo dell'economia turca e il miglioramento del livello dell'occupazione e del tenore di vita del popolo turco».

In forza dell'art. 12 dell'accordo, le parti convengono «(...) di ispirarsi agli articoli 48, 49, e 50 del Trattato che istituisce la Comunità per realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».

3 Ai sensi dell'art. 36 di un protocollo addizionale all'accordo di associazione in data 23 novembre 1970 (2), il consiglio di associazione stabilirà le modalità per la graduale realizzazione della libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunità e la Turchia conformemente ai principi enunciati all'art. 12 dell'accordo di associazione.

4 Conformemente a ciò, il consiglio di associazione ha adottato la decisione 19 settembre 1980, n. 1, entrata in vigore il 1_ luglio 1980 (3). Le seguenti disposizioni sono rilevanti ai fini della presente causa:

«Articolo 7

I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

- hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

- beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni.

(...)

Articolo 11

I cittadini degli Stati membri appartenenti al regolare mercato del lavoro in Turchia e i loro familiari conviventi vi beneficiano dei diritti e dei vantaggi di cui agli articoli (...) 7 (...), qualora soddisfino alle condizioni ivi contemplate».

Fatti

5 La signora Selma Kadiman (in prosieguo: la «moglie») è nata il 1_ novembre 1970 in Turchia ed è cittadina turca. Dal 4 novembre 1985, ella è sposata con il signor Hakki Kadiman (in prosieguo: il «marito»), nato il 1_ agosto 1964 in Turchia e anch'egli cittadino turco. Il marito risiede nella Repubblica federale di Germania dal 1977 e dal 22 gennaio 1988 è in possesso di un permesso di soggiorno permanente.

6 Il 17 marzo 1990 la moglie entrò nella Repubblica federale di Germania sulla base di un visto rilasciato per consentire la riunificazione familiare e si iscrisse nei registri anagrafici di Ruhpolding dichiarandosi residente presso il marito. Il 9 luglio 1990 il Landratsamt di Traunstein le concesse un permesso di soggiorno valido fino al 14 maggio 1991. Il 16 maggio 1991 il permesso di soggiorno venne prorogato sino al 14 maggio 1993.

7 L'11 settembre 1991 l'ufficio anagrafico di Ruhpolding comunicò al Landratsamt di Traunstein che, secondo una dichiarazione resa dal marito, il 7 settembre 1991 la moglie era partita per la Turchia. Su domanda di ulteriori informazioni da parte del Landratsamt di Traunstein, il 30 settembre 1991 il marito dichiarò che la moglie era tornata in Turchia, che egli viveva separato da lei da circa cinque mesi e che aveva chiesto il divorzio in Turchia.

8 Con telex in data 28 ottobre 1991, il consolato generale tedesco a Istanbul chiese al Landratsamt di Traunstein di autorizzare il rilascio di un visto di entrata alla moglie, dato che ella aveva dichiarato di aver perduto il suo passaporto durante il soggiorno in Turchia. Il Landratsamt di Traunstein non sollevò obiezioni contro la concessione di un visto di entrata, dato che il permesso di soggiorno della moglie non aveva perso validità in conseguenza dello smarrimento del passaporto da parte di quest'ultima. Pertanto, il 22 gennaio 1992, il consolato generale rilasciò un visto di entrata alla moglie.

9 Il 4 febbraio 1992 la moglie comunicò all'ufficio anagrafico di Ruhpolding che, a partire dal 1_ febbraio 1992, ella risiedeva a un indirizzo diverso da quello del marito e il 13 maggio 1992 si iscrisse, con effetto dal 1_ aprile 1992, nei registri anagrafici di Bad Reichenhall.

10 Con decisione 4 maggio 1992 il Landratsamt di Traunstein revocò il permesso di soggiorno della moglie, poiché questa non risultava più convivere con il marito. La validità del permesso di soggiorno cessava con la notifica della decisione, e si intimava all'interessata di lasciare il territorio federale sotto pena di espulsione. Tale decisione venne tuttavia annullata con decisione 21 maggio 1992, in quanto la moglie, dopo essersi trasferita a Bad Reichenhall, era ora soggetta alla competenza del Landratsamt del Berchtesgadener Land (circondario di Berchtesgaden).

11 Mentre la questione veniva trattata dal suddetto Landratsamt, la moglie dichiarò, in una lettera senza data, pervenuta al Landratsamt il 12 luglio 1992, che dopo il suo ingresso in Germania nel 1990 ella aveva coabitato con il marito finché egli non aveva cominciato a percuoterla e ad umiliarla. Durante una vacanza comune in Turchia nel settembre 1991 egli le aveva sottratto il passaporto ed era ritornato in Germania senza di lei. Dopo aver atteso per un certo periodo che il marito venisse a prenderla, il che non era avvenuto, ella aveva chiesto un visto di entrata. Dopo il rilascio di tale visto, si era recata a casa del marito pregandolo di riconciliarsi con lei. Egli però l'aveva percossa e gettata fuori di casa. In seguito, ella aveva abitato presso amici. Non aveva più vissuto assieme al marito dal settembre 1991.

12 Con provvedimento 5 gennaio 1993 il Landratsamt del Berchtesgadener Land decise di revocare il permesso di soggiorno della moglie, altrimenti valido sino al 14 maggio 1993, con effetto a partire dalla notifica della decisione, che avvenne il 26 gennaio 1993. Il 2 febbraio 1993 la moglie propose opposizione avverso tale decisione. Nel corso di un'audizione, nell'ambito del procedimento amministrativo, il marito dichiarò di voler riprendere la vita in comune con la moglie. Il 13 maggio 1993 il Landratsamt del Berchtesgadener Land rilasciò alla moglie un permesso di soggiorno, valido ora sino al 14 maggio 1994.

13 Il 29 luglio 1993, nel corso di un'audizione, la moglie ammise che la volontà di riprendere la vita in comune, manifestata dai coniugi, era stata espressa pro forma. Con decisione 13 ottobre 1993 il Landratsamt del Berchtesgadener Land revocò il permesso di soggiorno della moglie con effetto a partire dalla notifica della decisione e le ingiunse di lasciare il paese.

14 Il 9 novembre 1993 la moglie propose opposizione avverso tale decisione. Con decisione in data 25 aprile 1994, l'opposizione venne respinta. La moglie impugnava successivamente, il 24 maggio 1994, tale provvedimento dinanzi al Verwaltungsgericht della Baviera in Monaco.

15 Il 12 gennaio 1995 il marito revocò la sua dichiarazione del febbraio 1993. Egli asserì che la moglie era venuta a trovarlo alla fine di gennaio del 1993 e lo aveva pregato di aiutarla, perché aveva problemi con l'ufficio stranieri. Egli aveva quindi dichiarato di fronte all'amministrazione di voler riprendere la vita in comune. Ciò però non era avvenuto. Egli persisteva nell'idea di ottenere il divorzio dalla moglie in Turchia.

16 Con decisione del 13 gennaio 1995 il Landratsamt del Berchtesgadener Land confermò la decisione di revoca del permesso di soggiorno della moglie e le intimò di lasciare il paese. Venne affermato, tra l'altro, che ella non poteva trarre alcun diritto dalle disposizioni della direttiva n. 1/80.

17 Dinanzi al Verwaltungsgericht della Baviera in Monaco la moglie ha infine chiesto l'annullamento della decisione 13 gennaio 1995, sostenendo di aver diritto ad un permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

La domanda di pronuncia pregiudiziale

18 Il Verwaltungsgericht della Baviera in Monaco, con ordinanza 14 giugno 1995, ha sospeso il giudizio sottoponendo alla Corte di giustizia la seguente domanda di pronuncia pregiudiziale:

«1) Se l'applicabilità dell'art. 7, primo comma, della decisione del consiglio di associazione CEE-Turchia n. 1/80, relativa allo sviluppo dell'associazione, presupponga che la comunione di vita familiare sussista ancora nel momento in cui sono soddisfatte le altre condizioni.

2) Se l'applicabilità dell'art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 presupponga un'ininterrotta regolare residenza di tre anni in uno Stato membro della Comunità.

3) Se nel periodo della regolare residenza di tre anni ai sensi dell'art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 si debba calcolare un soggiorno temporaneo di cinque mesi in Turchia, volontario o forzato».

19 Come risulta dall'ordinanza di rinvio, il Verwaltungsgericht della Baviera in Monaco considera accertato che il soggiorno della moglie in Germania fu interrotto nel periodo settembre 1991 - febbraio 1992, quando, pur avendo diritto a risiedere in Germania, ella di fatto si trovava in Turchia. Al riguardo, il giudice a quo ha appurato che il marito durante una vacanza comune le aveva sottratto il passaporto impedendole in questo modo di ritornare in Germania.

20 Inoltre, il giudice a quo ha ritenuto che il soggiorno della moglie in Germania non fosse legittimo nel periodo in cui il suo permesso di soggiorno era stato revocato, ossia dal 26 gennaio 1993 al 14 maggio 1993. In considerazione di ciò, a suo parere, si può ritenere che l'interessata abbia soggiornato legittimamente per almeno 3 anni solo qualora sia possibile sommare i periodi precedenti e successivi a tale interruzione del soggiorno legittimo. Il giudice a quo ha pertanto deciso che il permesso di soggiorno rilasciato alla moglie il 13 maggio 1993 non era stato ottenuto in maniera fraudolenta, dato che la moglie, anche se continuamente umiliata e percossa dal marito, in quel momento aveva l'intenzione di riprendere a convivere con lui.

Il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

21 La moglie ha allegato che ella è tuttora sposata con il marito, che ha risieduto in Germania per oltre tre anni e che ha diritto a soggiornare in tale paese. Sussistono quindi i presupposti per poter far valere un diritto ai sensi dell'art. 7, primo comma, primo trattino.

22 I governi tedesco e olandese hanno sostenuto che uno Stato membro può esigere che un familiare di un lavoratore turco, che ottiene un permesso di soggiorno rilasciato per consentire la riunificazione familiare, conviva altresì, di fatto, con il lavoratore turco di cui trattasi, per poter far valere un diritto ai sensi dell'art. 7, primo comma, primo trattino.

23 La Commissione ha sostenuto che, prima di risolvere, nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice nazionale, va anzitutto esaminato se esista un requisito di comunione di vita familiare per il triennio menzionato nella disposizione. A parere della Commissione non è in contrasto con l'art. 7, primo comma, primo trattino, il fatto che uno Stato membro esiga che tra il familiare e il lavoratore turco vi sia stata una comunione di vita familiare per i 3 anni menzionati nella disposizione.

24 Il governo francese ha sostenuto che la comunione di vita familiare tra i coniugi durante il summenzionato triennio costituisce un presupposto per poter far valere un diritto ai sensi dell'art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80.

Presa di posizione

25 Con la prima questione pregiudiziale il giudice a quo chiede in realtà che la Corte di giustizia chiarisca in quale misura l'art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80, esiga un requisito di comunione di vita familiare, per il periodo menzionato nella disposizione, come presupposto per ottenere il diritto ad un'occupazione, che la disposizione in determinati casi garantisce. Il giudice a quo formula tutto ciò come una questione volta ad accertare se, ai sensi della disposizione, esista un presupposto per cui «la comunione di vita familiare deve ancora sussistere nel momento in cui sono soddisfatte le altre condizioni». Tale formulazione della questione pregiudiziale va vista in relazione alla circostanza che i coniugi, nel caso concreto su cui deve pronunciarsi il giudice nazionale, sul mero piano di fatto, vissero insieme come marito e moglie dal 17 marzo 1990 al settembre 1991, quando il marito fece cessare la convivenza prima che fosse trascorso il periodo di almeno 3 anni di cui all'art. 7, primo comma, primo trattino.

26 Si deve ritenere che l'art. 7, primo comma, primo trattino, abbia effetto diretto (4). La disposizione riguarda, in base alla sua formulazione, solo il diritto ad un'occupazione, ma da una costante giurisprudenza della Corte di giustizia risulta che in relazione a tale diritto ad un'occupazione esiste un diritto derivato di soggiorno (5).

27 Vi sono determinate differenze tra le varie versioni linguistiche dell'art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80. Il testo, ad esempio, della versione danese dell'art. 7, primo comma, primo trattino, può così dar luogo a qualche dubbio interpretativo in ordine alla questione se sia richiesta una comunione di vita familiare, nel periodo di cui trattasi, come presupposto per ottenere il diritto ad un'occupazione stabilito in tale disposizione. Ciò si desume infatti dalla disposizione secondo cui i familiari «såfremt de har fået tilladelse til at flytte til den pågældende medlemsstat» («che sono stati autorizzati a trasferirsi in uno Stato membro») hanno diritto ad un'occupazione «efter at have haft lovlig bopæl dér i mindst tre år» («se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni») (il corsivo è mio). L'espressione «bopæl dér» («vi risiedono») si riferisce, nella versione danese, ai termini «den pågældende medlemsstat» («uno Stato membro»), e la disposizione può quindi essere direttamente intesa nel senso che è sufficiente che il familiare abbia risieduto regolarmente nello stesso Stato membro del lavoratore per tre anni e che non è imposto un requisito di comunione di vita familiare tra il familiare e il lavoratore.

28 Tale oscurità in talune versioni linguistiche deve tuttavia essere vista alla luce dell'art. 11 della decisione, che tratta della corrispondente questione del diritto ad un'occupazione in Turchia per i familiari di cittadini di Stati membri che siano lavoratori dipendenti in Turchia. L'art. 11 stabilisce espressamente che i familiari di cittadini di Stati membri, che siano lavoratori dipendenti in Turchia, possono ottenere lo stesso diritto ad un'occupazione in Turchia, solo se «bor sammen med dem» («convivono con essi») (quindi con i lavoratori). Dal momento che la convivenza con il lavoratore in Turchia è condizione perché un familiare di un cittadino di uno Stato membro possa ottenere determinati diritti in Turchia, si deve naturalmente concludere, partendo in generale dal punto di vista della reciprocità, che lo stesso requisito deve valere quando si tratta di stabilire a quali condizioni i familiari di cittadini turchi che siano lavoratori dipendenti in uno Stato membro ottengano gli stessi diritti in tale Stato membro.

29 Che l'art. 7, primo comma, primo trattino, contenga un requisito di convivenza, risulta poi anche espressamente dalla formulazione di altre versioni linguistiche. Così la versione francese dell'art. 7, primo comma, primo trattino, fa riferimento a familiari di un lavoratore che hanno ottenuto un'autorizzazione «à le rejoindre»; la versione tedesca menziona un'autorizzazione «zu ihm zu ziehen» e quella inglese un'autorizzazione «to join him». In queste versioni, la stessa espressione è impiegata del resto nell'art. 11, così la versione francese reca: «ont été autorisés à les rejoindre», la versione tedesca: «die Genehmigung erhalten haben, zu ihnen zu ziehen» e la versione inglese: «have been authorized to join them».

30 Anche le reali considerazioni sottostanti all'art. 7, primo comma, primo trattino, suffragano la tesi secondo cui il diritto ad un'occupazione è subordinato ad una comunione di vita familiare nel corso del periodo menzionato. Il diritto riconosciuto agli interessati dalla disposizione di cui trattasi è attribuito ad essi proprio nella loro qualità di componenti della famiglia, e la disposizione ha così lo scopo di assicurare che i familiari di lavoratori turchi nella Comunità, qualora abbiano ottenuto un'autorizzazione al ricongiungimento familiare da parte di uno Stato membro, dopo un certo periodo di tempo conseguano un diritto a rispondere ad offerte di impiego. Nel contempo, il requisito di una residenza comune dei coniugi è necessario per evitare che il divieto di immigrazione venga eluso attraverso matrimoni fittizi.

31 Per quanto riguarda il contenuto preciso del requisito della comunione di vita familiare non si può del resto probabilmente esigere, a mio parere, che il familiare e il lavoratore vivano anche costantemente sotto lo stesso tetto. Ad esempio, dev'essere possibile per il familiare rispondere ad un'offerta di impiego nello Stato membro in un luogo diverso da quello in cui il lavoratore ha la sua residenza, e durante la settimana o per periodi più brevi risiedere in tale luogo, ad esempio affittando una camera o un appartamento, di modo che la comunione di vita familiare abbia luogo durante i fine settimana e durante le ferie. Molti cittadini degli Stati membri devono organizzarsi in questo modo, ed è malgrado tutto più agevole fare la spola tra Monaco di Baviera e Rosenheim anziché tra Monaco di Baviera e Konya. Dev'essere probabilmente possibile per il familiare anche recarsi in visita presso la famiglia, ad esempio in Turchia, recarsi in trasferta all'estero o, in caso di malattia o infortunio, soggiornare in un altro paese durante un certo periodo per farsi curare.

32 Così come si presenta la causa in esame, non vi è tuttavia alcun motivo per addentrarsi in una trattazione più dettagliata sulle molte questioni che il requisito della comunione di vita familiare può ritenersi sollevare nella pratica. Risulta infatti dal fascicolo processuale che la moglie, anche se si dovesse poter considerare che una comunione di vita familiare tra i coniugi continuava a sussistere nel periodo di cinque mesi in cui ella soggiornò in Turchia dopo il settembre 1991, ha avuto una residenza regolare assieme al marito per un periodo inferiore a quello di tre anni richiesto dall'art. 7, primo comma, primo trattino. Già per questo motivo quindi ella non può fondare diritti sul disposto dell'art. 7, primo comma, primo trattino.

33 Così non vi è neppure motivo per esaminare se il requisito relativo alla comunione di vita familiare continui a valere una volta decorsi i tre anni, o per prendere posizione in ordine agli altri problemi sollevati dal giudice proponente.

Conclusioni

34 Alla luce di quanto sopra, devo proporre alla Corte di giustizia di risolvere nei seguenti termini la questione pregiudiziale proposta:

«L'art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell'associazione, emanata dal consiglio di associazione istituito dall'accordo che crea un'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, sottoscritto ad Ankara il 12 settembre 1963 e ratificato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE, dev'essere interpretato nel senso che un familiare di un cittadino turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro può avere il diritto, previsto nella disposizione, di rispondere ad un'offerta di impiego, purché l'interessato abbia risieduto regolarmente con il lavoratore di cui trattasi per almeno tre anni».

(1) - Accordo che crea un'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, sottoscritto ad Ankara il 12 settembre 1963 e concluso a nome della Comunità con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685).

(2) - GU L 293 del 29.12.1972, pag. 4.

(3) - La decisione non è pubblicata.

(4) - V. sentenze 20 settembre 1990, causa C-192/89, Sevince (Racc. pag. I-3461) e 5 ottobre 1994, causa C-355/93, Eroglu (Racc. pag. I-5113).

(5) - V. nota 4.