CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER
presentate il 14 maggio 1996 ( *1 )
1. |
Le questioni pregiudiziali sulle quali la Corte deve pronunciarsi nel presente procedimento le sono state sottoposte dal Verwaltungsgerichtshof dell'Assia al fine di risolvere la controversia tra il signor Siegfried Otte, attore nella causa principale, e la Repubblica federale di Germania, rappresentata dal Bundesamt für Wirtschaft (ufficio federale dell'economia, in prosieguo: il «Bundesamt»). |
2. |
Dalla documentazione agli atti risulta che il signor Otte, il quale possiede la cittadinanza olandese dal 1981, è un lavoratore migrante che ha svolto per lungo tempo la propria attività lavorativa nel settore dell'industria mineraria tedesca. Nato il 3 gennaio 1930, egli è stato iscritto presso il regime di previdenza sociale per i minatori in Germania dall'agosto del 1948 al dicembre del 1958 e dal dicembre del 1979 al 1987, anno in cui è stato licenziato. Dal gennaio 1959 al luglio del 1968 egli è stato iscritto in Germania presso il regime generale dei lavoratori dipendenti e dall'agosto 1968 al novembre 1979 presso il regime generale della previdenza sociale dei Paesi Bassi. |
3. |
Nel febbraio del 1988, il signor Otte chiedeva l'indennità di cui alle direttive del ministero federale dell'Economia 13 dicembre 1971, relative alla concessione di indennità di perequazione (Anpassungsgeld) ( 1 ) ai lavoratori dell'industria mineraria, nel testo risultante dalle modifiche del 16 giugno 1983. Dal 15 gennaio del 1988 il signor Otte cominciava a percepire una pensione di invalidità a carico del regime generale della previdenza sociale dei Paesi Bassi, in applicazione del Wet arbeidsongeschiktheid (legge olandese sugli inabili al lavoro, in prosieguo: il «WAO»). Egli tuttavia non aveva menzionato tale circostanza nell'istanza dallo stesso presentata per godere dell'indennità di perequazione tedesca. Nell'istanza egli aveva viceversa segnalato che, dal 1o marzo 1988, egli avrebbe percepito una pensione per diminuita capacità di esercitare l'attività lavorativa di minatore (Bergmannrente), vale a dire, una pensione di invalidità, ai sensi del Reichsknappschaftsgesetz (legge del Reich in materia di previdenza sociale dei lavoratori dell'industria mineraria, in prosieguo: il «RKG»). |
4. |
Con provvedimento 29 agosto 1988 il Bundesamt fissava l'importo delle indennità di perequazione a 2604 marchi tedeschi (DM) mensili. Esso giungeva a tale risultato applicando, mutatis mutandis, le disposizioni vigenti per le pensioni dei lavoratori dell'industria mineraria, prendendo quindi in considerazione, oltre ai periodi assicurativi maturati in Germania, i 138 mesi di contributi versati nei Paesi Bassi. Il Bundesamt detraeva dall'indennità di perequazione 635 DM mensili a titolo di pensione di invalidità per i minatori tedeschi, riducendo la prima a un importo pari a 1969 DM. |
5. |
Nel maggio del 1989, avendo appreso che il ricorrente godeva di una pensione olandese di invalidità, il Bundesamt modificava l'ammontare dell'indennità di perequazione, detraendo dall'importo di quest'ultima quello della pensione olandese. Contemporaneamente esso reclamava dal signor Otte la restituzione delle somme indebitamente corrispostegli. Il diritto del ricorrente all'indennità di perequazione spirava il 31 gennaio 1990, vale a dire alla fine del mese durante il quale egli compiva i 60 anni di età. Il giorno seguente la sua pensione tedesca di invalidità di minatore si trasformava in pensione di vecchiaia. |
6. |
Il ricorrente proponeva ricorso avverso la decisione mediante la quale il Bundesamt aveva detratto l'importo della prestazione di invalidità olandese da quello dell'indennità di perequazione tedesca e avverso la decisione con la quale il medesimo Bundesamt aveva da lui preteso la restituzione delle somme indebitamente corrispostegli. Nel gennaio del 1992, il Verwaltungsgericht respingeva il ricorso del ricorrente, ritenendo che i due provvedimenti fossero legittimi in quanto, nel calcolare l'indennità di perequazione, la pensione di invalidità olandese andava equiparata alla pensione tedesca di inabilità al lavoro. Per di più, dato che i periodi assicurativi maturati all'estero sono presi in considerazione a favore del beneficiario sia per determinare il suo diritto all'indennità di perequazione sia per calcolarne l'importo, le prestazioni straniere concessegli in base ai medesimi periodi contributivi tenuti presenti devono essere a loro volta detratte. Se così non fosse, i periodi contributivi maturati all'estero sarebbero doppiamente retribuiti. |
7. |
Il ricorrente ha interposto appello avverso detta sentenza presso il Verwaltungsgerichtshof dell'Assia, innanzi al quale egli ha dedotto che il metodo di calcolo applicato dalla convenuta sarebbe contrario all'art. 51 del Trattato CE, dato che la prestazione che egli percepiva era inferiore a quella che egli avrebbe percepito se fosse stato pensionato poiché, in un caso del genere, egli avrebbe ottenuto contemporaneamente le prestazioni calcolate in base ai periodi contributivi maturati nei diversi Stati membri, senza detrazione alcuna. L'amministrazione convenuta ha obiettato che il primo giudice aveva giustamente ritenuto che l'indennità di perequazione costituisse una specie di prestazione di pensionamento anticipato ( 2 ) la quale, a differenza degli altri trattamenti pensionistici, non si basa sui contributi versati periodicamente dal prestatore di lavoro, ma è una sovvenzione corrisposta dallo Stato che non rientra nella sfera d'applicazione ratione materiae delle normative comunitarie concernenti la previdenza sociale. |
8. |
Al fine di poter giudicare sul ricorso in appello di cui è stato investito, il Verwaltungsgerichtshof dell'Assia ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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La normativa comunitaria
9. |
L'art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nella versione modificata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»), dispone quanto segue: «Ai fini dell'applicazione del presente regolamento: (...)
(...)». |
10. |
La sfera d'applicazione ratione materiae di questo regolamento è definita dall'art. 4 del medesimo, avente il seguente dettato: «1. Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:
2. Il presente regolamento si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi, nonché ai regimi relativi agli obblighi del datore di lavoro o dell'armatore concernenti le prestazioni di cui al paragrafo 1. (...)» L'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71 dispone che: «Le clausole di riduzione, di sospensione o di soppressione previste dalla legislazione di uno Stato membro in caso di cumulo di una prestazione con altre prestazioni di sicurezza sociale o con altri redditi, sono opponibili al beneficiario anche se si tratta di prestazioni acquisite in base alla legislazione di un altro Stato membro o di redditi ottenuti nel territorio di un altro Stato membro. Tuttavia, questa norma non si applica se l'interessato beneficia di prestazioni della stessa natura, per invalidità, vecchiaia, morte (pensioni) o per malattia professionale che sono liquidate dalle istituzioni di due o più Stati membri ai sensi degli articoli 46, 50, 51 o dell'articolo 60, paragrafo 1, lettera b)». |
11. |
Conformemente all'art. 46: «Liquidazione delle prestazioni 1. L'istituzione competente di ciascuno degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore salariato o non salariato è stato soggetto e le cui condizioni per l'acquisizione del diritto alle prestazioni sono soddisfatte senza che sia necessario applicare le disposizioni dell'articolo 45 e/o dell'articolo 40, paragrafo 3, determina, secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, l'importo della prestazione corrispondente alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenza da prendere in considerazione in base a detta legislazione. Tale istituzione procede anche al calcolo dell'importo della prestazione che sarebbe ottenuto applicando le norme di cui al paragrafo 2, lettere a) e b). Si prende in considerazione solo l'importo più elevato. 2. L'istituzione competente di ciascuno degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore subordinato o autonomo è stato soggetto applica le seguenti norme se le condizioni richieste per l'acquisizione del diritto alle prestazioni non sono soddisfatte che tenuto conto di quanto disposto all'articolo 45 e/o all'articolo 40, paragrafo 3:
(...). 3. L'interessato ha diritto, entro il limite più elevato degli importi teorici delle prestazioni calcolate secondo le disposizioni del paragrafo 2, lettera a), alla somma delle prestazioni calcolate conformemente a quanto disposto dai paragrafi 1 e 2. Qualora l'importo di cui al precedente comma sia superato, ciascuna istituzione che applichi il paragrafo 1 corregge la sua prestazione di un importo corrispondente al rapporto tra l'importo della prestazione considerata e la somma delle prestazioni determinate secondo le disposizioni del paragrafo 1». |
12. |
Infine, l'art. 7 del regolamento (CEE) del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che fissa le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71, nel testo modificato dal regolamento n. 2001/83 ( 4 ) (in prosieguo: il «regolamento n. 574/72»), in merito all'art. 12 del regolamento n. 1408/71 precisa quanto segue: «Regole generali concernenti l'applicazione delle disposizioni relative al divieto di cumulo — Applicazione delle suddette disposizioni alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e morte (pensioni) 1. Quando il beneficiario di una prestazione dovuta ai sensi della legislazione di uno Stato membro ha anche diritto a prestazioni ai sensi della legislazione di uno o più altri Stati membri, si applicano le seguenti regole:
2. Per l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4, del regolamento, le istituzioni competenti in causa si comunicano, a richiesta, tutte le opportune informazioni». |
La normativa nazionale
13. |
Le disposizioni che disciplinano l'indennità di perequazione si trovano enunciate nelle direttive del ministero federale dell'Economia 13 dicembre 1971 ( 5 ) e 22 settembre 1988, concernenti la concessione dell'indennità di perequazione ai lavoratori dell'industria mineraria ( 6 ). Gli artt. 3 e 4 delle direttive del 1971, nella versione vigente a partire dal 1983, dispongono quanto segue: «Art. 3 L'indennità di perequazione può essere concessa solo nel caso in cui il lavoratore
Il piano di ristrutturazione del personale dell'impresa in cui si inserisce il licenziamento deve essere stato elaborato di concerto con il ministero federale dell'Economia (...). Art. 4 1. L'importo dell'indennità di perequazione si determina per analogia alle norme applicabili
in base ai diritti maturati dal lavoratore agli effetti del trattamento pensionistico di quiescenza al momento del suo licenziamento. Nelle ipotesi di cui all'art. 3, n. 2, lett. a), b) e d), i diritti maturati agli effetti del trattamento pensionistico di quiescenza nell'ambito del regime generale per i lavoratori subordinati saranno computati nel calcolo dell'indennità di perequazione (...). 2. Se il lavoratore licenziato percepisce una pensione di minatore o una indennità provvisoria corrisposta dal regime pensionistico dei minatori, un'indennità di malattia successiva alla cessazione di una attività lavorativa, una prestazione di invalidità o prestazioni analoghe versate da enti previdenziali stranieri, l'ammontare di dette prestazioni sarà computato nel calcolo dell'importo dell'indennità di perequazione determinato ai sensi del primo comma. Ciò vale parimenti per le prestazioni familiari di cui al Bundeskindergeldgesetz (legge federale sulle prestazioni familiari) che il lavoratore licenziato percepisca o alle quali abbia diritto a meno che l'importo dell'indennità di perequazione calcolato ai sensi del primo comma non ricomprenda un supplemento per figlio a carico per il medesimo figlio. 3. (...) 4. Per il resto, fatte salve eventuali deroghe apportate dalle presenti direttive, si applicano per analogia le disposizioni in materia di trattamento pensionistico di quiescenza dei minatori (...)». Nel 1988 entravano in vigore nuove direttive del ministero federale dell'Economia relative alle concessione di un'indennità di perequazione ai lavoratori dell'industria mineraria, le quali sostituivano le precedenti disposizioni. Gli artt. 3 e 4 di tali direttive dispongono quanto segue: «3 Presupposti per la concessione
4. Natura, ampiezza e importo della prestazione
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14. |
Nel presente procedimento hanno presentato osservazioni scritte l'attore nella causa principale, la Repubblica federale di Germania, in qualità di convenuta nella medesima causa, e la Commissione. |
Sulla prima questione
15. |
Da tale prima questione discende che il giudice a quo desidera sapere se una prestazione quale quella di cui l'attore ha goduto tra il momento in cui è stato licenziato da un'impresa tedesca nel settore dell'industria carboniera e il momento in cui ha raggiunto l'età alla quale i minatori sono ammessi al godimento della pensione di quiescenza debba essere considerata una prestazione di previdenza sociale ai sensi del regolamento n. 1408/71, vale a dire se detta prestazione rientri nella sfera d'applicazione ratione materiae di tale regolamento. |
16. |
Il Verwaltungsgericht dell'Assia prospetta al riguardo due ipotesi:
In considerazione delle caratteristiche essenziali dell'indennità di perequazione, il giudice nazionale propende per la seconda ipotesi. Esso osserva in primo luogo che detta indennità, la cui concessione è limitata nel tempo, è destinata a garantire un determinato livello di reddito ai lavoratori di una certa età, licenziati in conseguenza della chiusura dell'impresa mineraria o nell'ambito di un programma di ristrutturazione del personale di quest'ultima e che non avevano ancora raggiunto l'età per poter cominciare a godere dell'indennità di compensazione mineraria o di una pensione di invalidità o di vecchiaia a carico del medesimo regime. Per di più, i periodi durante i quali l'indennità di perequazione è corrisposta sono equiparati a periodi di disoccupazione agli effetti dell'acquisto di diritti a pensione. In secondo luogo esso osserva che, conformemente alle disposizioni che disciplinano la pensione di vecchiaia per i lavoratori delle miniere, l'importo dell'indennità è calcolato in base ai periodi di contribuzione maturati dal lavoratore a carico sia di quest'ultimo regime sia di quello generale sino al momento del suo licenziamento dall'impresa. Secondo il giudice a quo detta indennità di perequazione, che somiglia a una prestazione di pensionamento anticipato, potrebbe essere equiparata alle prestazioni di vecchiaia menzionate nell'art. 4, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71, poiché i criteri essenziali per la concessione di detta indennità sono basati sui periodi di iscrizione a un ente previdenziale che abbia ad oggetto la protezione degli assicurati da un rischio determinato. La circostanza che detta indennità sia corrisposta a carico di fondi pubblici in base a disposizioni aventi natura di regolamento e di non di legge non osta assolutamente a tale equiparazione. Il giudice nazionale aggiunge inoltre che, anche qualora la decisione di concedere l'indennità di perequazione fosse di natura discrezionale, i lavoratori delle imprese minerarie in possesso dei requisiti per il suo godimento potrebbero fare appello al diritto alla parità di trattamento sancito dalla costituzione tedesca, il quale potrebbe operare entro i limiti delle disponibilità di bilancio delle autorità federali e di ciascun Land interessato. Il giudice nazionale conclude sottolineando che detta indennità di perequazione potrebbe essere parimenti considerata un regime di sicurezza sociale non contributivo ai sensi dell'art. 4, n. 2, del regolamento n. 1408/71. Si tratterebbe in tal caso di una specie di trattamento di pensionamento anticipato, a copertura dei periodi durante i quali il lavoratore di una certa età resterebbe disoccupato se non avesse raggiunto detta età e non fosse tutelato da tale regime. Poiché i presupposti per la concessione di quest'indennità e le modalità di calcolo della medesima si basano sul RKG, essa dovrebbe piuttosto essere considerata una prestazione di vecchiaia e non di disoccupazione, ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. g), del regolamento n. 1408/71. |
17. |
L'attore nella causa principale afferma che l'indennità di perequazione ha la funzione di garantire un determinato livello di reddito ai lavoratori che hanno raggiunto una certa età e che perdono il loro posto di lavoro a causa della chiusura della loro impresa o di un provvedimento di razionalizzazione del personale collegato a un piano di riconversione nel settore dell'industria mineraria, per il periodo durante il quale essi non hanno ancora diritto al godimento della pensione di quiescenza. Si tratta infatti di una prestazione transitoria, limitata nel tempo, il cui importo è calcolato conformemente alle stesse disposizioni che disciplinano il calcolo della pensione di quiescenza e tenendo in considerazione i periodi contributivi maturati in un altro Stato membro. Si tratta inoltre di una prestazione finanziata con fondi pubblici e la cui concessione è rimessa alla discrezione delle autorità competenti, ma alla quale hanno diritto tutti i lavoratori dell'industria mineraria carboniera in possesso di determinati requisiti, entro le disponibilità di bilancio delle autorità federali e di ciascun Land interessato. Per quanto concerne la prima questione egli giunge alla conclusione che l'indennità di perequazione fa parte di un regime di sicurezza sociale non contributivo ai sensi dell'art. 4, n. 2, del regolamento n. 1408/71 e che il suo oggetto presenta un collegamento con uno dei rischi elencati tassativamente nel n. 1 del medesimo articolo e, per maggior precisione, con quello di cui alla lett. g), riguardante le prestazioni di disoccupazione. Egli suggerisce alla Corte di rispondere al giudice nazionale che l'art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1408/71 deve essere interpretato nel senso che esso include anche le prestazioni che la Repubblica federale di Germania eroga a titolo di sovvenzioni in osservanza delle direttive concernenti la concessione di un'indennità di perequazione ai lavoratori dell'industria mineraria carboniera che hanno raggiunto una certa età e che vengono licenziati a causa della chiusura della loro impresa o di un provvedimento di razionalizzazione del personale. |
18. |
Il governo tedesco ritiene, al contrario, che l'indennità di perequazione di cui trattasi non sia una prestazione di previdenza sociale disciplinata dall'art. 4, n. 1, del regolamento n. 1408/71. Esso basa la sua posizione sulle seguenti considerazioni. In primo luogo, il regolamento n. 1408/71 si applica soltanto alle normative che disciplinano i settori della previdenza sociale elencati tassativamente nell'art. 4, n. 1, di tale regolamento, di modo che qualsiasi altra legislazione relativa a prestazioni non contenute in detto elenco è esclusa dalla sfera d'applicazione ratione materiae del regolamento, anche qualora attribuisca ai beneficiari delle sue disposizioni una posizione legalmente definita, che conferisca il diritto a un prestazione. In secondo luogo, all'atto di notificare le legislazioni e i regimi di cui all'art. 4, n. 1, del regolamento n. 1408/71, in ossequio all'art. 5 di quest'ultimo ( 8 ), la Repubblica federale di Germania non ha menzionato le direttive relative alla concessione dell'indennità di perequazione ai lavoratori dell'industria mineraria carboniera. In terzo luogo, il governo tedesco allega che sia i presupposti per la concessione di questa indennità sia le modalità di calcolo della medesima autorizzano a ritenere che si tratti di una prestazione di pensionamento anticipato avente lo scopo di coprire il periodo che il lavoratore debba lasciare trascorrere prima di poter cominciare a riscuotere la pensione di quiescenza. Esso aggiunge che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, questo tipo di prestazioni è escluso dalla sfera di applicazione del regolamento n. 1408/71. Per di più l'indennità di perequazione, la cui durata è limitata nel tempo e la cui ragion d'essere è strettamente collegata all'attuale situazione economica, non può essere equiparata in modo puro e semplice a una pensione di quiescenza ai sensi del regolamento. Infatti, mentre l'ottenimento di una pensione di quiescenza dipende soltanto da circostanze attinenti all'interessato, vale a dire al fatto che egli abbia raggiunto un'età determinata, abbia maturato il periodo contributivo minimo richiesto e abbia presentato istanza di ammissione al godimento della pensione di quiescenza, la concessione dell'indennità di perequazione deriva essenzialmente da un presupposto che non dipende dall'interessato, vale a dire dal suo licenziamento a causa della chiusura della sua impresa o di un provvedimento di razionalizzazione del personale imposto nell'ambito di un programma di riconversione. Inoltre, l'indennità di cui trattasi non può nemmeno essere considerata una pensione di quiescenza poiché i periodi durante i quali essa è corrisposta sono tenuti in considerazione per l'acquisto del diritto a una siffatta pensione e per la determinazione del suo importo. In quarto luogo, l'indennità di perequazione non può nemmeno essere equiparata ad una prestazione di disoccupazione. Il godimento della prestazione di disoccupazione è infatti accompagnato dall'obbligo per il lavoratore di iscriversi all'Ufficio di collocamento competente e di dichiararsi disponibile ad accettare qualsiasi lavoro corrispondente alle sue qualifiche che possa essergli offerto, mentre il beneficiario dell'indennità di perequazione è esente da obblighi del genere. Il governo tedesco aggiunge infine che, se si applicasse il regolamento n. 1408/71 all'indennità di perequazione, l'importo di quest'ultima sarebbe calcolato senza chiedersi se il suo beneficiario abbia diritto o meno ad altre pensioni in altri Stati membri. Nel caso di specie, il calcolo avrebbe effetti positivi, in quanto l'importo totale sarebbe più elevato poiché il signor Otte ha già acquisito il diritto a una pensione olandese di invalidità. Una situazione del genere è tuttavia eccezionale poiché la maggioranza dei lavoratori che ottengono un'indennità di perequazione non soddisfa ancora le condizioni per poter contemporaneamente percepire una pensione in un altro Stato membro. L'amministrazione tedesca concede per prassi ai lavoratori un'indennità il cui importo risulta maggiore per il fatto che i periodi contributivi da loro maturati in altri Stati membri sono parimenti tenuti in considerazione. Se si applicasse loro il regolamento n. 1408/71, essi percepirebbero solo un parte dell'importo teorico dell'indennità, che verrebbe calcolato o tenendo conto soltanto dei periodi contributivi maturati in Germania, o applicando le regole del pro rata. L'indennità di perequazione non conseguirebbe allora lo scopo ad essa assegnato, vale a dire fornire ai lavoratori che siano stati licenziati in occasione della chiusura dell'impresa o di un provvedimento di razionalizzazione del personale mezzi economici sufficienti sino al momento in cui essi possano iniziare a godere della loro pensione di quiescenza. |
19. |
Prima di passare alla fase orale la Corte ha chiesto al governo tedesco di precisarle taluni particolari relativi a questa indennità di perequazione, vale a dire le modalità di calcolo della medesima, la partecipazione eventuale dell'impresa al finanziamento di detta indennità e il contenuto del piano di ristrutturazione del personale concordato tra le imprese e le autorità tedesche. Nella sua risposta il governo tedesco ha reso noto che l'indennità del signor Otte era stata calcolata, in un primo tempo, ai sensi delle disposizioni regolamentari del 1971, nel testo risultante dalle modifiche del 1983. Quando si è poi proceduto a un nuovo calcolo di detta indennità, sono state applicate le nuove disposizioni del 1988. Per quanto concerne le modalità di calcolo, esso ha illustrato che l'indennità è determinata in applicazione delle norme che disciplinano l'assicurazione invalidità e vecchiaia dei lavoratori dell'industria mineraria e che essa è versata come una pensione, ma che non è tuttavia finanziata con importi destinati all'assicurazione invalidità e vecchiaia, bensì mediante imposte. I periodi contributivi maturati in altri Stati membri sono tenuti in considerazione sia per verificare se il beneficiario possieda i requisiti per poter godere dell'indennità, sia per determinarne l'importo. Qualora il beneficiario abbia parimenti acquistato il diritto ad altre prestazioni, in Germania o in un altro Stato membro, l'importo di queste ultime è detratto da quello dell'indennità di perequazione tedesca al fine di evitare che un medesimo periodo contributivo porti al versamento di doppie prestazioni.. Esso ha anche precisato che le imprese non partecipano assolutamente al calcolo dell'importo dell'indennità di perequazione, né intervengono nella sua liquidazione, in quanto la loro partecipazione finanziaria è limitata al versamento eventuale di una indennità di licenziamento. Esso ha infine confermato che l'indennità di perequazione persegue una finalità strutturale nella cornice della politica dell'occupazione, poiché la sua concessione è soggetta a un presupposto la cui realizzazione non dipende dal beneficiario, vale a dire il licenziamento di quest'ultimo a causa della chiusura dell'impresa o di un provvedimento di razionalizzazione del personale. Esso ha aggiunto che, quando si tratta di lavoratori di un'impresa che coltiva una miniera di lignite, un presupposto ulteriore impone che l'impresa assuma, in sostituzione del lavoratore licenziato, un lavoratore di una miniera di carbone o di una specifica società mineraria. Avendo risposto in senso negativo alla prima questione pregiudiziale, il governo tedesco ritiene che non occorra risolvere le altre tre questioni. |
20. |
La Commissione esamina in primo luogo il problema se le disposizioni regolamentari che disciplinano la concessione dell'indennità di perequazione possano essere considerate una «legislazione» agli effetti del regolamento n. 1408/71. Essa ricorda a tal riguardo che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la definizione che compare nell'art. 1, lett. j), del regolamento si caratterizza per il suo contenuto ampio, che comprende tutti i tipi di provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi applicabili ai vari settori e regimi di previdenza sociale elencati nell'art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento ( 9 ) solo le disposizioni di natura contrattuale rimangono escluse dalla nozione di legislazione. Poiché le norme tedesche sono state adottate dall'amministrazione federale, esse hanno natura amministrativa e devono essere considerate una «legislazione» agli effetti del regolamento n. 1408/71. La Commissione poi si chiede se l'indennità di perequazione sia una prestazione di assistenza sociale, dato che la sua concessione è rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, il carattere discrezionale di una prestazione è uno dei criteri che caratterizzano una prestazione di assistenza sociale ( 10 ). Orbene, nel caso dell'indennità di perequazione l'autorità che la concede non dispone di nessun potere discrezionale, poiché qualsiasi lavoratore che soddisfi i presupposti che disciplinano la sua assegnazione ha il diritto di ottenerla, a condizione che in tale momento le disponibilità di bilancio lo consentano. Per di più, sia la decisione di diniego dell'indennità sia il calcolo dell'importo di quest'ultima possono essere oggetto d'impugnazione. Il fatto che si debba tener conto delle esigenze personali del beneficiario quando si tratta di accordare una prestazione fa parimenti parte dei criteri che consentono di individuare una prestazione di assistenza sociale. Le norme disciplinanti l'indennità di perequazione tuttavia non prevedono che, per la concessione di quest'ultima, l'autorità competente proceda a un esame individuale dello stato di necessità dell'interessato. La Commissione ne deduce quindi che detta indennità di perequazione non deve essere considerata una prestazione di assistenza sociale. In terzo luogo, la Commissione illustra che il fatto che l'indennità di perequazione sia qualificata come «sovvenzione» nell'ordinamento tedesco non è determinante per stabilire se essa rientri o meno nella sfera d'applicazione del regolamento n. 1408/71 poiché, così come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l'elemento decisivo al riguardo è la finalità attribuita alla prestazione ( 11 ). Infine la Commissione accenna alla possibilità di ritenere l'indennità di cui trattasi come una prestazione di pensionamento anticipato e di applicarle il regolamento n. 1408/71, benché essa non sia ancora tenuta presente come tale da quest'ultimo ( 12 ). Essa ricorda che, finché non esisterà un regolamento specifico in materia di prestazioni di pensionamento anticipato, dalla giurisprudenza della Corte discende che le disposizioni del regolamento n. 1408/71 possono essere loro applicate qualora esse presentino un collegamento con uno dei rischi espressamente elencati nell'art, 4, n. 1, del regolamento ( 13 ). Secondo la Commissione esistono due possibilità di risolvere il problema: considerare l'indennità di perequazione come una prestazione analoga a una pensione di quiescenza oppure equipararla a una prestazione di disoccupazione:
La Commissione conclude asserendo che l'indennità di perequazione evidenzia collegamenti sufficienti con uno dei settori di previdenza sociale elencati nell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 1408/71 e che un certo numero di elementi induce a ritenere l'indennità di perequazione più una prestazione di vecchiaia che una prestazione di disoccupazione. È per questa ragione che essa suggerisce alla Corte di risolvere la prima questione dichiarando che l'art. 4, nn. 1 e 2, e in particolare il n. 1, lett. c), deve essere interpretato nel senso che esso si applica anche alle prestazioni erogate da uno Stato membro discrezionalmente a titolo di sovvenzione nazionale su richiesta di lavoratori del settore minerario, i quali hanno raggiunto una certa età e sono stati licenziati dalla loro impresa a causa della chiusura di quest'ultima o di un provvedimento di razionalizzazione del personale. |
21. |
Si tratta effettivamente di decidere se si debba o meno applicare il regolamento n. 1408/71 a un'indennità di perequazione quale quella di cui alla fattispecie. Infatti, come il giudice nazionale e il governo tedesco hanno affermato e come avrò occasione di dimostrare più avanti, le conseguenze saranno molto diverse per i beneficiari a seconda che la risposta vada in senso affermativo o negativo. |
22. |
Il governo tedesco sottolinea, in sede di osservazioni, di non aver menzionato le disposizioni regolamentari disciplinanti l'indennità di perequazione in occasione della dichiarazione di cui all'art. 5 del regolamento n. 1408/71, art. 5 ai sensi del quale gli Stati membri determinano il campo d'applicazione del regolamento, menzionando le legislazioni e regimi di cui all'art. 4, nn. 1 e 2, in una dichiarazione notificata al presidente del Consiglio e pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Questa osservazione è tuttavia irrilevante quando si tratta di decidere se l'indennità di perequazione debba o meno essere considerata una prestazione previdenziale ai fini della normativa comunitaria. Come la Corte ha ripetutamente dichiarato, infatti, il fatto che uno Stato membro non abbia menzionato una legge in tale dichiarazione non può, di per sé, provare che detta legge esuli dalla sfera di applicazione ratione materie del regolamento n. 1408/71 ( 14 ). |
23. |
La Corte è stata molto spesso chiamata a decidere se una determinata prestazione nazionale, difficilmente classificabile, dovesse essere ritenuta o meno una prestazione di previdenza sociale ai sensi del regolamento. Ciò le ha dato occasione di sviluppare sull'argomento una giurisprudenza che tutti ben conoscono. |
24. |
Per varie ragioni, il regolamento n. 1408/71 ha escluso del tutto talune categorie di regimi dalla sua sfera di applicazione. Come discende dall'art. 4, n. 4, del regolamento, si tratta dell'assistenza sociale e medica, dei regimi di prestazioni a favore delle vittime di guerra o delle sue conseguenze, dei regimi speciali dei pubblici impiegati o del personale assimilato. È evidente che l'indennità di perequazione percepita dal signor Otte non era una prestazione di assistenza medica, che egli non l'ha ottenuta in applicazione di un regime di prestazioni previste a favore di vittime di guerra ed è parimenti chiaro che egli non era nemmeno iscritto a un regime previsto per i pubblici funzionari. Non mi resta quindi che esaminare se si tratti di una prestazione assistenziale. |
25. |
La Corte ha precisato i criteri che una prestazione deve soddisfare per poter essere ricompresa nell'ambito dell'assistenza sociale. Così, nella sentenza pronunciata nella causa Costa ( 15 ), essa ha affermato che, se, in base a talune loro caratteristiche, le norme sulla concessione di assegni ai minorati sono affini alle norme concernenti l'assistenza sociale, in particolare perché considerano lo stato di bisogno come criterio essenziale d'applicazione e prescindono da qualsiasi riferimento a periodi di attività lavorativa, d'iscrizione o di contribuzione, d'altra parte, esse possono venire assimilate alla previdenza sociale nella misura in cui, abbandonato il principio dell'apprezzamento discrezionale, proprio dell'assistenza, conferiscono agli interessati diritti soggettivi. Il potere discrezionale di cui dispongono le autorità quando concedono una determinata prestazione è uno dei criteri ai quali occorre fare rifermento per decidere se una prestazione rientri nella sfera della previdenza o dell'assistenza sociale ( 16 ). In quest'ultima sentenza la Corte ha affermato che le prestazioni oggetto di tale provvedimento non rientravano nell'ambito della previdenza sociale in quanto, in particolare, il loro versamento presentava carattere discrezionale nel caso di cittadini residenti all'estero. Considerando che la normativa disciplinante la concessione dell'indennità di perequazione impone al beneficiario il compimento di un periodo contributivo minimo, che essa non tiene conto della sua situazione economica e che il presupposto relativo alle disponibilità di bilancio non può essere equiparato ad un potere discrezionale dell'amministrazione, è chiaro che l'indennità di perequazione non rientra nella sfera dell'assistenza sociale. |
26. |
Non per questo, tuttavia, si deve ritenere che essa debba esser considerata rientrante nella nozione di previdenza sociale agli effetti del regolamento n. 1408/71. Secondo la giurisprudenza della Corte, la distinzione fra le prestazioni escluse dall'ambito di applicazione del regolamento e le prestazioni che sono da esso disciplinate si fonda essenzialmente sugli elementi costitutivi di ciascuna prestazione, in particolare i suoi scopi e le condizioni per la sua concessione, e non sul fatto che una legge nazionale qualifichi una determinata prestazione come prestazione di previdenza sociale. Per rientrare nell'ambito della previdenza sociale considerato dal regolamento n. 1408/71, una legge deve in ogni caso soddisfare, fra l'altro, la condizione di riferirsi ad uno dei rischi espressamente elencati all'art. 4, n. 1, del regolamento. Ne consegue che tale elencazione presenta carattere tassativo, con la conseguenza che un settore di previdenza sociale che non vi sia menzionato sfugge a questa qualifica anche se esso attribuisce ai beneficiari una posizione legalmente definita che dà diritto ad una prestazione ( 17 ). |
27. |
Già la semplice lettura dell'art. 4, n. 1, ci mostra che l'indennità di perequazione non compare nell'elenco. Di conseguenza occorrerà verificare se, dopo aver esaminato gli elementi costitutivi di tale prestazione e, in particolare, i suoi scopi e le condizioni per la sua concessione, sia possibile stabilire un collegamento convincente tra essa e uno dei rischi compresi in detto elenco. Nella presente fattispecie, solo due di essi possono risultare rilevanti, vale a dire la vecchiaia e la disoccupazione, previste rispettivamente nelle lettere e) e g) dell'art. 4, n. 1. |
28. |
Dalla documentazione agli atti risulta che gli elementi costitutivi dell'indennità di perequazione sono i seguenti: si tratta di una prestazione prevista a beneficio dei lavoratori di un determinato settore dell'industria mineraria i quali
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29. |
Dopo aver esaminato gli elementi costitutivi di tale indennità, non risulta difficile identificarne gli scopi e le condizioni per la sua concessione. Per quanto concerne i primi, l'indennità è concessa ai lavoratori delle miniere di carbone licenziati a causa delle chiusura dell'impresa o di un provvedimento di razionalizzazione del personale quando non hanno ancora raggiunto l'età pensionabile e quindi non hanno ancora acquisito un diritto al trattamento pensionistico. Il periodo durante il quale essi riscuotono l'indennità è tenuto in considerazione ai fini dell'acquisto dei diritti a pensione e della determinazione del suo importo a tempo debito. L'indennità ha quindi lo scopo di attribuire loro un determinato livello di reddito in un periodo durante il quale sarebbe probabilmente difficile per essi garantirselo in altra maniera. Essa inoltre assicura loro il vantaggio di continuare a maturare diritti a pensione, cosa che comporterà un aumento dell'importo di quest'ultima quando essi saranno ammessi al godimento della pensione. Infine, dal punto di vista sia economico sia statistico, essa li sottrae all'ambito dell'assicurazione disoccupazione. Per di più, quando si tratta di un lavoratore licenziato da un'impresa dedita alla coltivazione di una miniera di lignite, ipotesi in cui l'impresa deve sostituire il lavoratore licenziato con un altro lavoratore proveniente dal settore dell'industria mineraria, l'indennità di perequazione persegue parimenti uno scopo di politica occupazionale, poiché essa favorisce la liberazione di posti di lavoro occupati da lavoratori già prossimi all'età pensionabile affinché detti posti possano essere riattribuiti a persone più giovani e disoccupate, provenienti da altre imprese minerarie. |
30. |
I presupposti per la concessione dell'indennità sono essenzialmente i seguenti: il lavoratore deve essere stato licenziato per cause indipendenti dalla sua volontà; egli deve poter acquistare il diritto alla pensione di quiescenza entro un termine massimo di cinque anni dal suo licenziamento; deve aver maturato l'anzianità assicurativa minima, normalmente pari a 180 mesi; deve aver lavorato in un miniera di carbone in Germania almeno nei due anni precedenti il suo licenziamento e il provvedimento di razionalizzazione del personale che ha portato al licenziamento deve essere stato approvato dal ministero federale dell'Economia. |
31. |
L'importo dell'indennità di perequazione è determinato in base ai diritti a pensione che il lavoratore ha acquistato nell'ambito del regime del settore dell'industria mineraria al momento del suo licenziamento. Nella maggioranza dei casi si tiene anche conto dei periodi contributivi maturati dal lavoratore nell'ambito del regime generale dei lavoratori dipendenti, nonché di quelli da lui maturati nell'ambito dei regimi di previdenza sociale di altri Stati membri, facendo attenzione a che, se il lavoratore percepisce una prestazione sulla base di tali periodi, l'importo di quest'ultima venga detratto da quello dell'indennità di perequazione al fine di evitare che un medesimo periodo contributivo porti a una doppia prestazione. |
32. |
Alla luce delle caratteristiche di questa indennità e, in particolare, degli scopi suoi propri e dei presupposti cui è soggetta la sua attribuzione, e in considerazione anche delle sue modalità di calcolo, penso che si tratti di qualcosa che si potrebbe definire una prestazione di pensionamento anticipato. Prestazioni di questo tipo, diffìcilmente classificabili e in merito alle quali nessuno nega che esse non siano, almeno sino ad ora, disciplinate dal regolamento n. 1408/71, poiché sono state create successivamente all'entrata in vigore di quest'ultimo, sono apparse negli Stati membri in forme assai diverse nel contesto della crisi economica della fine degli anni '70. Esse sono talvolta collegate a politiche di riconversione industriale o sono state semplicemente adottate al fine di favorire la creazione di posti di lavoro. Di fatto, queste prestazioni pongono complessi problemi di interpretazione. |
33. |
È chiaro che esse non sono ancora disciplinate dal regolamento n. 1408/71, poiché le due proposte che la Commissione aveva presentato al Consiglio a tal fine, la prima nel 1980 ( 18 ) e la seconda nel 1996 ( 19 ), a tutt'oggi non hanno ancora ottenuto esito alcuno. È parimenti certo che è molto difficile classificarle in quanto, secondo la struttura della previdenza sociale dei diversi Stati membri e secondo gli scopi di politica occupazionale da essi perseguiti, tali prestazioni di pensionamento anticipato possono rivestire forme che, secondo i casi, si avvicinano più o a prestazioni di disoccupazione o a talune prestazioni di quiescenza. La difficoltà di classificare tali prestazioni di pensionamento anticipato è perfettamente evidenziata dal fatto che la Commissione, nelle due proposte da essa presentate al Consiglio, ha suggerito a quest'ultimo di non includere i beneficiari di una prestazione di pensionamento anticipato nel capitolo 3 del regolamento, che contiene le disposizioni per il calcolo dei periodi assicurativi e per la liquidazione delle pensioni di vecchiaia, bensì di inserirli piuttosto nel capitolo 6, che attualmente concerne soltanto le prestazioni di disoccupazione (nell'ultima proposta essa ha suggerito la creazione di un nuovo capitolo 6 bis, che sarebbe dedicato alle prestazioni di pensionamento anticipato). Nella presente controversia la Commissione non di meno asserisce che il regolamento n. 1408/71 sarebbe applicabile all'indennità di perequazione percepita dal signor Otte, in quanto essa presenta un collegamento con una pensione di vecchiaia. |
34. |
Per quanto possa sembrare a prima vista paradossale, penso che lo posizione della Commissione possa spiegarsi abbastanza facilmente. La ragione per cui, nella proposta di regolamento da essa presentata al Consiglio, la Commissione ha scelto di assoggettare le prestazioni di pensionamento anticipato alle medesime norme delle prestazioni di disoccupazione è, a mio parere, che detta equiparazione consentirebbe la totalizzazione dei periodi di assicurazione e di lavoro e il calcolo delle prestazioni ai sensi degli artt. 67 e 68 del regolamento n. 1408/71. Se esse fossero invece equiparate alle pensioni di quiescenza, occorrerebbe determinare i diritti del lavoratore in base alle disposizioni di cui al capitolo 3 del medesimo regolamento. Come ha spiegato il governo tedesco in sede di osservazioni scritte, quest'ultima soluzione significherebbe che il calcolo dell'indennità di perequazione del signor Otte e delle prestazioni di pensionamento anticipato in generale dovrebbe essere compiuto ai sensi dell'art. 46 del regolamento, di modo che i lavoratori che si trovassero in tale situazione percepirebbero una prestazione il cui importo sarebbe determinato o unicamente in funzione dei periodi contributivi maturati nello Stato membro che concede la prestazione di pensionamento anticipato, ai sensi dell'art. 46, n. 1, lett. a), o conformemente alle regole di ripartizione pro rata, enunciate nell'art. 46, n. 2, lett. a) e b). Non si deve dimenticare che il fatto che il lavoratore abbia diritto ad ottenere una prestazione di pensionamento anticipato in uno Stato membro non implica che egli possieda al tempo stesso i requisiti fissati, per il diritto a una prestazione, dai vari ordinamenti nell'ambito dei quali egli abbia maturato eventuali periodi assicurativi. Per esempio, le leggi della previdenza sociale della maggior parte degli Stati membri assoggettano il godimento della pensione di quiescenza al presupposto che il lavoratore abbia raggiunto i 65 anni di età. Quando l'interessato non soddisfa contemporaneamente tali presupposti in tutti gli Stati membri, occorre applicare l'art. 49 del regolamento n. 1408/71. Si tratta proprio della questione pregiudiziale che la sezione competente in materia previdenziale della Cour de cassation francese aveva sottoposto alla Corte nella causa McLachlan ( 20 ). Tale questione era stata sollevata nell'ambito del ricorso che il signor McLachlan aveva proposto in merito al suo diritto a una pensione di quiescenza. Il ricorrente, licenziato a 61 anni di età per motivi economici, aveva cumulato 53 trimestri nel Regno Unito e 120 trimestri in Francia e non poteva ottenere una pensione nel Regno Unito prima di aver compiuto i 65 anni di età. Egli aveva chiesto ed ottenuto una pensione di quiescenza in Francia. Conformemente alla legislazione francese, i trimestri contributivi da lui cumulati nel Regno Unito erano stati tenuti in considerazione per decidere se egli soddisfacesse i presupposti per aver diritto alla pensione di quiescenza, mentre invece la pensione stessa era stata liquidata soltanto in base ai periodi contributivi maturati in Francia, e cioè in base ai 120 trimestri. Il giudice nazionale aveva chiesto alla Corte se il regolamento n. 1408/71 imponga che i periodi assicurativi maturati in un altro Stato membro siano tenuti in considerazione per determinare le aliquote della pensione di quiescenza, ma siano ignorati per il calcolo del suo importo. Nella sua risposta la Corte ha sottolineato che, dato che, quando ha richiesto la liquidazione della sua pensione, l'attore non aveva ancora compiuto l'età pensionabile richiesta dalla legislazione del Regno Unito, occorreva applicare al suo caso l'art. 49, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1408/71 il quale, per il calcolo dell'importo della prestazione, fa rinvio alla legislazione nazionale i cui presupposti siano soddisfatti. Secondo la Corte la rilevanza, nell'ambito di questa legislazione, dei periodi maturati ai sensi dell'ordinamento di un altro Stato membro è esclusa da tale articolo per il calcolo dell'importo della pensione, conformemente al sistema del regolamento n. 1408/71, il quale ha lasciato sussistere regimi distinti, fonti di crediti distinti nei confronti di enti distinti, verso i quali il beneficiario gode di diritti immediati. |
35. |
Ritengo che sia questa la ragione essenziale per la quale la Commissione propone, da un lato, al Consiglio di classificare le prestazioni di pensionamento anticipato nello stesso capitolo delle prestazioni di disoccupazione e, dall'altro, alla Corte di considerare l'indennità di perequazione tedesca collegata alla pensione di vecchiaia di cui all'art. 4, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71. Di fatto il signor Otte, che possiede anche i requisisti per poter beneficiare di una pensione di invalidità in un altro Stato membro, ne ricaverebbe un vantaggio in quanto l'importo globale da lui percepito sarebbe più elevato. Ciò non mi impedisce di concordare con il governo tedesco quando esso afferma che questa situazione è davvero eccezionale e che, come tale, essa non deve costituire fondamento per un'interpretazione di portata generale del regolamento. Aggiungerei che comunque non spetta alla Corte interpretare il diritto comunitario in funzione del risultato cui si possa giungere nel caso concreto, ma che al contrario è suo compito fornire un'interpretazione che risulti utile ai giudici degli Stati membri quando questi ultimi sono chiamati ad applicare tale diritto. |
36. |
L'indennità di perequazione oggetto di questa mia analisi presenta indubbiamente elementi comuni ad una pensione di quiescenza o a una prestazione di pensionamento anticipato come, per esempio, il fatto che il diritto di godere di tale indennità e l'importo di quest'ultima siano determinati in applicazione delle stesse disposizioni disciplinanti la pensione di quiescenza e il fatto che, similmente a queste ultime, essa abbia lo scopo di garantire determinati redditi alle persone che cessano di lavorare e non sono obbligate a cercare un'altra occupazione. D'altronde, essa presenta parimenti elementi comuni a una prestazione di disoccupazione in quanto, in primo luogo, essa è riservata ai lavoratori licenziati e, in secondo luogo, il beneficiario continua a cumulare diritti agli effetti della pensione di quiescenza per tutto il periodo durante il quale esso percepisce detta indennità. |
37. |
Ritengo tuttavia che gli elementi costitutivi di detta indennità, in particolare i suoi scopi e le condizioni per la sua concessione, da me illustrati nei particolari nei paragrafi 28-31 di queste conclusioni, ostino, allo stato attuale del diritto comunitario, a che essa sia inclusa nella sfera d'applicazione ratione materiae del regolamento n. 1408/71. A mio parere, per più motivi essa non presenta un collegamento convincente, ai sensi della giurisprudenza della Corte, con le prestazioni di vecchiaia di cui all'art. 4, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71, poiché si tratta di un'indennità alla quale il lavoratore avrà diritto soltanto se licenziato, e ciò prima di aver compiuto l'età pensionabile, si tratta di un'indennità limitata nel tempo, il periodo durante il quale il lavoratore la percepisce è tenuto in considerazione agli effetti dell'acquisto dei diritti a una pensione di quiescenza e il diritto a tale indennità si estingue alla morte del beneficiario, non essendo trasmissibile sotto nessuna forma ai superstiti. |
38. |
La sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Valentini ( 21 ) è assai chiarificatrice al riguardo. Il Tribunal de grande instance di Lione aveva sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale vertente sul seguente problema: se una prestazione francese, corrisposta a titolo di «garantie de ressources démission» ai lavoratori dimissionari con più di 60 anni di età, dovesse essere considerata una prestazione della stessa natura della pensione di quiescenza, ai fini dell'applicazione dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71. La Corte ha dichiarato, in sede di motivazione, che le prestazioni di vecchiaia contemplate dagli artt. 4, n. 1, lett. c), e 46 del regolamento n. 1408/71 sono essenzialmente caratterizzate dal fatto che esse mirano a garantire i mezzi di sussistenza a coloro che, raggiunta una certa età, cessano l'attività lavorativa e non sono più tenuti a restare a disposizione degli organi amministrativi competenti in materia di occupazione. Inoltre, il sistema del cumulo e della ripartizione pro rata delle prestazioni, previsto dall'art. 46, è basato sul presupposto che tali prestazioni sono normalmente finanziate e acquisite in base a contributi propri dei beneficiari e calcolate in funzione della durata della loro affiliazione al regime assicurativo. Benché prestazioni quali quelle corrisposte a titolo di «garantie de ressources démission» ai lavoratori dimissionari con più di 60 anni di età presentino talune analogie con le prestazioni di vecchiaia per quanto riguarda il loro oggetto e il loro scopo, che è principalmente quello di garantire i mezzi di sussistenza a persone che hanno raggiunto una certa età, esse non di meno differiscono da queste ultime per quanto concerne la loro base di calcolo e le condizioni per la loro attribuzione, in considerazione del sistema di cumulo e di ripartizione pro rata che è alla base del regolamento n. 1408/71. Esse differiscono parimenti dalle pensioni di vecchiaia in quanto perseguono un obiettivo connesso alla politica dell'occupazione, poiché contribuiscono a rendere disponibili, a favore di persone più giovani e disoccupate, posti di lavoro occupati da lavoratori che hanno raggiunto un'età prossima al pensionamento. La Corte ne ha dedotto che tali prestazioni non possono essere considerate come prestazioni della stessa natura di quelle di vecchiaia contemplate dall'art. 46 del regolamento n. 1408/71. Mi permetto di aggiungere che, se le prestazioni francesi di cui trattavasi in tal sede non possono nemmeno essere considerate prestazioni della stessa natura delle pensioni di vecchiaia, sarà ancor più difficile sostenere che l'indennità che sto ora esaminando e i cui elementi costitutivi sono simili a quelli della prestazione francese debba essere considerata ricompresa nella sfera d'applicazione del regolamento n. 1408/71 per il fatto di presentare un collegamento con una pensione di vecchiaia. |
39. |
L'indennità di perequazione al centro della presente controversia non presenta nemmeno, secondo me, un legame convincente con le prestazioni di disoccupazione di cui all'art. 4, n. 1, lett. g), del regolamento n. 1408/71, in quanto il beneficiario di questa indennità non è obbligato ad iscriversi all'ufficio di collocamento né a tenersi a disposizione del mercato del lavoro, il godimento di questa indennità è compatibile con l'esercizio di un'attività di lavoro dipendente o autonomo i cui proventi non superino un certo limite, il lavoratore deve soddisfare un requisito attinente all'età per avervi diritto ed il suo importo è determinato in applicazione delle disposizioni che disciplinano la pensione di vecchiaia, in considerazione dei periodi contributivi maturati nell'ambito dei regimi di previdenza sociale di altri Stati membri e detraendo da essa l'importo di altri trattamenti pensionistici cui abbiano dato eventualmente diritto i periodi contributivi tenuti in considerazione. Nella sentenza da essa pronunciata nella causa Acciardi ( 22 ), la Corte ha infatti dichiarato che una determinata prestazione o sovvenzione concessa conformemente alla legislazione del Paesi Bassi al di fuori di qualsiasi valutazione discrezionale delle esigenze personali del beneficiario e destinata ai soli disoccupati anziani o colpiti da invalidità parziale, prestazione corrisposta successivamente all'esaurimento del pubblico sussidio di disoccupazione e versata solo sino all'età pensionabile fissata per legge, doveva essere considerata al pari di una prestazione di disoccupazione ai fini del regolamento n. 1408/71. Uno dei presupposti essenziali per ottenere detta prestazione o sovvenzione era tuttavia che il beneficiario doveva dichiararsi disponibile ad accettare un'offerta di lavoro. Come ho già avuto occasione di dire, il beneficiario dell'indennità di perequazione non è obbligato ad iscriversi all'ufficio di collocamento né a tenersi a disposizione del mercato del lavoro. |
40. |
Ad ogni modo, e come la Corte ha rilevato nella sentenza Valentini ( 23 ), i regimi di pensionamento anticipato sono stati istituiti principalmente nell'ambito della politica occupazionale attuata dagli Stati membri. Essi contribuiscono infatti a rendere disponibili posti di lavoro occupati da lavoratori dipendenti in età vicina al pensionamento, a beneficio di persone più giovani e disoccupate. Penso che risulti con chiarezza che detta indennità di perequazione persegue anch'essa manifestamente un obiettivo di politica occupazionale, poiché il licenziamento del lavoratore deve inserirsi nell'ambito di un provvedimento di razionalizzazione del personale approvato dal ministero federale dell'Economia e il lavoratore licenziato può aver diritto a tale indennità solo se l'impresa assuma al suo posto un altro minatore disoccupato. |
41. |
Si tratta quindi di una prestazione di pensionamento anticipato la quale, allo stato attuale, non è ancora inclusa nel campo d'applicazione del regolamento n. 1408/71. La Corte non ha ancora avuto occasione di pronunciarsi direttamente su tale argomento poiché, benché nelle cause Commissione/Francia ( 24 ) e Commissione/Belgio ( 25 ) essa abbia affrontato la questione delle prestazioni di pensionamento anticipato e la questione delle pensioni integrative, esiste una differenza fondamentale tra queste due fattispecie e quella che sto ora esaminando. Nelle due cause citate, le prestazioni in oggetto erano previste in convenzioni concluse tra le autorità competenti e gli ordini professionali o in contratti collettivi siglati dalle parti sociali, ma gli Stati membri interessati non avevano menzionato i regimi di tale natura fra quelli cui è applicabile il regolamento n. 1408/71 nella dichiarazione da essi formulata ai sensi di quest'ultimo. La Corte ha dichiarato in sede di motivazione che detti regimi nazionali non potevano essere considerati «legislazione» ai sensi dell'art. 1, lett. j), del regolamento e che le prestazioni offerte in applicazione delle loro disposizioni non rientravano nella sfera d'applicazione ratione materiae del regolamento. La situazione è diversa nel caso dell'indennità di perequazione, creata mediante norme di natura regolamentare adottate dal ministero federale dell'Economia. |
42. |
Ne deduco che l'indennità di perequazione al centro della presente controversia non rientra nella sfera d'applicazione ratione materiae del regolamento n. 1408/71 e che, di conseguenza, non occorre risolvere le altre questioni che il giudice nazionale ha sottoposto unicamente nel caso in cui la risposta della Corte alla prima questione fosse affermativa. |
43. |
Non di meno, per fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d'interpretazione del diritto comunitario utili per risolvere la controversia di cui è stato investito, suggerisco alla Corte che, analogamente a quanto da essa fatto in occasione della sentenza pronunciata nella causa Deak ( 26 ), essa esamini se la prima ipotesi sollevata dal giudice a quo sia corretta, ipotesi secondo la quale, se l'indennità di perequazione fosse esclusa dal campo d'applicazione del regolamento n. 1408/71, si tratterebbe di un semplice vantaggio sociale, ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68. |
44. |
L'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 dispone che il lavoratore cittadino di uno Stato membro godrà, sul territorio degli altri Stati membri, «degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali». È la Corte ad aver definito la nozione di vantaggio sociale contenuta in tale disposizione. Essa ha affermato che «per “vantaggi sociali” si devono intendere tutti quelli che, connessi o meno a un contratto di lavoro, sono generalmente attribuiti ai lavoratori nazionali, in relazione, principalmente, alla loro qualifica di lavoratori o al semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri appare pertanto atta a facilitare la loro mobilità all'interno della Comunità» ( 27 ). |
45. |
Si tratta adesso di accertare se l'indennità di perequazione corrisponda a tale definizione e debba quindi essere considerata un vantaggio sociale ai fini dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68. Nel corso degli anni la Corte ha dichiarato che dovevano essere considerati vantaggi sociali ai fini di tale disposizione e, pertanto, concessi ai lavoratori cittadini di altri Stati membri o ai loro familiari alle stesse condizioni valide per i lavoratori nazionali le seguenti prestazioni: mutui senza interessi che un istituto di credito di diritto pubblico conceda a famiglie a basso reddito per incoraggiare la natalità ( 28 ) una prestazione previdenziale che garantisca un reddito minimo alle persone anziane ( 29 ) una prestazione previdenziale che garantisca in via generale un minimo di mezzi di sussistenza a chiunque non disponga di risorse sufficienti e che non sia in grado di incrementarle ( 30 ) le prestazioni in contanti concesse ai giovani disoccupati ( 31 ) la possibilità per il lavoratore migrante di ottenere che il suo compagno non coniugato, non cittadino dello Stato membro che lo accoglie, sia autorizzato a stabilirvisi con lui ( 32 ) una borsa attribuita per il mantenimento e gli studi in vista della prosecuzione di studi universitari sanzionati da una qualifica professionale ( 33 ) gli assegni di natalità e di maternità ( 34 ) nonché gli assegni per minorati ( 35 ). |
46. |
Penso che, similmente alle prestazioni ricordate negli esempi che ho appena citato, l'indennità di perequazione soddisfi i presupposti per potere essere considerata un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, in quanto, in primo luogo, essa è concessa ai lavoratori nazionali a causa della loro condizione oggettiva di lavoratori e, in secondo luogo, il fatto di estenderne il godimento ai lavoratori cittadini di altri Stati membri sembra facilitarne la mobilità all'interno della Comunità. Pertanto, questa prestazione deve essere concessa ai lavoratori cittadini di altri Stati membri alle stesse condizioni valide per i lavoratori nazionali. |
47. |
Alla luce del ragionamento che ho appena esposto, suggerisco alla Corte di rispondere al Verwaltungsgerichtshof dell'Assia dichiarando che occorre interpretare l'art. 4, nn. 1 e 2, e in particolare l'art. 4, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71 nel senso che esso non ricomprende le prestazioni erogate discrezionalmente da uno Stato membro a titolo di sovvenzioni nazionali (nella fattispecie, ai sensi delle direttive relative alla concessione dell'indennità di perequazione ai lavoratori dell'industria mineraria), su richiesta degli interessati, ai lavoratori dell'industria mineraria di età più avanzata che siano stati licenziati nell'ambito di un provvedimento di cessazione dell'attività estrattiva o di razionalizzazione del personale, ma che tali prestazioni sono non di meno un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n.1612/68. |
48. |
In considerazione della risposta che invito la Corte a dare alla prima questione, non è necessario risolvere le rimanenti tre questioni. Mi propongo non di meno di esaminarle adesso nell'eventualità che la Corte ritenga l'indennità di perequazione come rientrante nella sfera di applicazione ratione materiae del regolamento n. 1408/71. |
Sulla seconda e terza questione
49. |
Mi sembra opportuno esaminare congiuntamente le due questioni che il giudice nazionale ha formulato in base alla premessa che la Corte consideri l'indennità di perequazione una prestazione non solo rientrante nella sfera di applicazione del regolamento n. 1408/71, ma da equiparare inoltre a una pensione di vecchiaia. Il giudice a quo desidera sapere se questa indennità debba essere calcolata in applicazione dell'art. 46 del regolamento, tenendo conto, in particolare, del n. 2, lett. b), del medesimo e, in caso di soluzione affermativa, se l'art. 12, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1408/71 consenta all'autorità competente di detrarre da detta indennità l'importo della pensione corrisposta da un altro Stato membro, nella fattispecie la pensione di invalidità versata dai Paesi Bassi, o se l'art. 12, n. 2, seconda frase, del regolamento n. 1408/71 vieti simile detrazione. |
50. |
In sede di osservazioni, l'attore nella causa principale qualifica l'indennità di perequazione come prestazione di disoccupazione, la qual cosa l'induce a ritenere che l'art. 46 del regolamento, facendo parte del capitolo 3 relativo alle pensioni di vecchiaia, non possa applicarsi immediatamente, ma che esso possa bensì applicarsi in forma indiretta in quanto, in primo luogo, la disciplina nazionale dispone che il calcolo dell'indennità di perequazione sia effettuato ai sensi delle disposizioni relative alle pensioni e, in secondo luogo, il regolamento n. 1408/71, quale norma di diritto sovranazionale, fa parte di tali disposizioni. |
51. |
Egli inoltre ritiene che l'importo dell'indennità che può reclamare ai sensi del diritto tedesco non può essere limitato in applicazione dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71, che vieta il cumulo delle prestazioni. Limitare tale cumulo sarebbe contrario allo scopo degli artt. 48 e 51 del Trattato, qualora simile limitazione comporti una diminuzione dei diritti acquisiti dall'interessato in forza della normativa nazionale. Egli aggiunge che, benché talune limitazioni possano essere imposte ai lavoratori migranti quale contropartita per i vantaggi che essi traggono dall'applicazione delle disposizioni di diritto comunitario, tali disposizioni non possono comportate una soppressione o una riduzione dei vantaggi di previdenza sociale acquisiti in forza del diritto interno di uno Stato membro. Egli propone alla Corte di rispondere al giudice nazionale dichiarando che una prestazione concessa da parte di uno Stato membro unicamente in applicazione del suo diritto interno non può essere limitata per effetto dell'art. 12, n. 2, del regolamento n.1408/71, dal momento in cui la legislazione di tale Stato disponga che una prestazione di disoccupazione, ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. g), di detto regolamento, deve essere calcolata allo stesso modo delle pensioni, la qual cosa significa che, indirettamente, esse devono essere calcolate ai sensi dell'art. 46 del regolamento e dichiarando che, in osservanza dell'art. 51 del Trattato, l'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71 deve essere interpretato nel senso che le autorità competenti di uno Stato membro non possono sospendere, ridurre o sopprimere una prestazione di disoccupazione ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. g), del regolamento, versata in conformità alla legislazione che esse applicano, per il fatto che, in applicazione del medesimo regolamento, le autorità competenti di un altro Stato membro corrispondano una pensione di invalidità all'interessato. |
52. |
Per parte sua, la Commissione afferma che, nel caso in cui l'indennità di perequazione dovesse essere considerata una pensione di vecchiaia, il suo importo deve necessariamente essere calcolato ai sensi dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71 e che la questione dell'applicabilità dell'uno o dell'altro dei suoi numeri va risolta differentemente, in ciascun caso specifico, a seconda che l'interessato soddisfi i presupposti per la concessione dell'indennità in funzione unicamente del diritto nazionale oppure debba farsi ricorso all'art. 45 del detto regolamento e occorra prendere in considerazione i periodi assicurativi maturati in un altro Stato membro per potere integrare il periodo contributivo minimo. Essa aggiunge che il signor Otte ha provato di aver versato contributi in Germania per un periodo superiore ai 180 mesi necessari per acquistare il diritto all'indennità di cui trattasi, di modo che non è necessario aggiungere ai periodi contributivi maturati in Germania quelli cumulati nei Paesi Bassi per integrare il periodo contributivo minimo. In un caso del genere, l'ente competente deve calcolare l'importo dell'indennità ai sensi dell'art. 46, nn. 1 e 2, del regolamento. Essa suggerisce alla Corte di rispondere al giudice nazionale che, in un caso quale quello di specie, in cui l'interessato sia già in possesso dei requisiti ai quali il diritto nazionale subordina la concessione di una pensione di vecchiaia ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71, l'indennità di perequazione alla quale egli può aver diritto deve essere calcolata ai sensi dell'art. 46 del medesimo regolamento. |
53. |
La Commissione chiarisce poi che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, una disposizione nazionale anticumulo può applicarsi a un diritto sorto in forza della sola legislazione nazionale soltanto se tale disposizione anticumulo preveda anche l'imputazione delle prestazioni straniere. Dato che l'attore soddisfa già i presupposti ai quali è subordinata la concessione dell'indennità di perequazione, senza imputazione dei periodi maturati all'estero, ci troviamo in presenza di un diritto nazionale. Le disposizioni anticumulo straniere contenute nella regolamentazione disciplinante la concessione dell'indennità di perequazione tedesca potrebbero quindi, in linea di principio, essere applicate. Essa aggiunge che l'art. 12, n. 2, seconda frase, del regolamento non consente tuttavia di applicare la disposizione anticumulo nazionale quando si tratta di cumulare prestazioni della medesima natura. La Commissione ha proposto che l'indennità di perequazione tedesca di cui trattasi nella presente controversia venga considerata una pensione di vecchiaia, e ha sottolineato al tempo stesso che la prestazione che il signor Otte percepiva a carico della previdenza sociale olandese era una prestazione di invalidità. Come tutti sanno, la giurisprudenza della Corte ha stabilito che una pensione di vecchiaia e una prestazione di invalidità debbono, a tal fine, essere considerate prestazioni della stessa natura. Alla luce di quanto esposto, la Commissione suggerisce alla Corte di rispondere al giudice nazionale che gli artt. 46 e 12, n. 2, seconda frase, del regolamento n. 1408/71 si applicano a una pensione di vecchiaia quale l'indennità tedesca di perequazione. Ciò significa che, per calcolare l'importo di questa indennità ai sensi dell'art. 46 del regolamento, l'art. 12, n. 2, seconda frase, di quest'ultimo non consente di tenere in considerazione una pensione di vecchiaia straniera quale la prestazione olandese d'invalidità. |
54. |
Secondo una costante giurisprudenza della Corte, qualora il lavoratore percepisca una pensione unicamente in base alla normativa di uno Stato membro, le disposizioni del regolamento n. 1408/71 non ostano a che tale normativa nazionale gli sia applicata in toto, ivi comprese le relative norme anticumulo ( 36 ). Non di meno, secondo questa stessa giurisprudenza, se l'applicazione di detta legislazione nazionale si rivela meno favorevole al lavoratore rispetto al regime di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, devono trovare applicazione le disposizioni di tale articolo. Spetta quindi al giudice nazionale o all'istituzione competente porre a confronto l'importo delle prestazioni alle quali l'interessato avrebbe diritto se si applicasse unicamente il diritto nazionale, ivi comprese le relative norme anticumulo, da un lato, e l'importo delle prestazioni alle quali egli avrebbe diritto ai sensi dell'art. 46 del regolamento, inclusa la norma anticumulo di cui al n. 3 del medesimo, dall'altro, per poi far sì che il lavoratore migrante goda della prestazione il cui importo risulti quello più elevato. |
55. |
Per calcolare l'importo delle prestazioni ai sensi dell'art. 46, il giudice nazionale o l'istituzione competente dovrà in particolare tener conto del fatto che, secondo l'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71, le norme di riduzione, di sospensione o di soppressione la cui applicazione è prevista dalla legislazione di uno Stato membro, in caso di cumulo di una prestazione con altre prestazioni previdenziali acquisite sul suo territorio o in forza della legislazione di un altro Stato membro, non si applicano quando l'interessato fruisce di prestazioni della stessa natura per invalidità, vecchiaia, morte o malattia professionale ( 37 ). |
56. |
La Corte ha affermato che le prestazioni di previdenza sociale debbono essere considerate della stessa natura allorché, indipendentemente dalle caratteristiche peculiari delle varie normative nazionali, il loro oggetto e scopo, nonché la loro base di calcolo ed i criteri di attribuzione, sono identici. Per contro, caratteristiche puramente formali non debbono essere considerate alla stregua di elementi decisivi ai fini delle classificazione delle prestazioni ( 38 ). |
57. |
Esiste quindi una nutrita giurisprudenza della Corte in merito a cosa debba essere considerato come prestazione della medesima natura. Per esempio, è ormai assolutamente certo che una pensione anticipata di vecchiaia e una prestazione di invalidità ( 39 ) devono essere considerate come aventi la stessa natura agli effetti dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71; lo stesso dicasi di una prestazione di invalidità trasformata in pensione di vecchiaia e di una prestazione di invalidità non trasformata ( 40 ), nonché di una pensione ai superstiti e di una pensione di vecchiaia ( 41 ). Occorre non di meno ricordare che, nella sentenza pronunciata nella causa Valentini ( 42 ), la Corte ha affermato che una pensione di vecchiaia e una pensione francese, concessa a titolo di «garantie de ressources démission» ai lavoratori anziani di età superiore ai 60 anni che abbandonano volontariamente il loro impiego, non devono essere considerate prestazioni della medesima natura ai fini dell'applicazione dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71. |
58. |
Non c'è nessun dubbio sul fatto che, se la Corte assimila l'indennità di perequazione a una pensione di vecchiaia, occorrerà, conformemente alla giurisprudenza che ho appena citato, ritenere che detta indennità sia della stessa natura della prestazione olandese d'invalidità. Il calcolo dell'importo delle prestazioni ai sensi dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71 deve effettuarsi in tre fasi:
Infine, l'ente competente applicherà la norma comunitaria anticumulo. A tal fine, esso dovrà verificare che la somma di tutte le prestazioni, autonome e pro rata, di cui possa beneficiare il lavoratore non superi il massimale previsto dall'art. 46, n. 3, del regolamento, vale a dire l'importo teorico più elevato ( 43 ). |
59. |
In considerazione di tutto quanto illustrato suggerisco alla Corte, nel caso in cui essa giudichi necessario risolvere le due questioni, di rispondere al giudice nazionale che l'ente competente deve calcolare l'importo dell'indennità di perequazione ai sensi dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71 e che, dopo aver effettuato tale calcolo, esso dovrà confrontare l'importo della prestazione alla quale il lavoratore avrebbe diritto in applicazione della sola legislazione nazionale, ivi comprese le norme anticumulo, con l'importo della prestazione alla quale egli potrebbe aver diritto in conformità al diritto comunitario applicato nella sua interezza, ivi compresa la norma anticumulo di quest'ultimo, senza ignorare che, conformemente alla giurisprudenza, l'art. 46 del regolamento può applicarsi solo se esso consenta di concedere al lavoratore migrante una prestazione almeno pari a quella che gli sarebbe corrisposta in forza della sola legislazione nazionale. Nel caso in cui dovesse essere assimilata a una pensione di vecchiaia concessa da uno Stato membro, un'indennità di perequazione quale quella oggetto del presente procedimento e una pensione di invalidità ottenuta conformemente alla legislazione di un altro Stato membro sono prestazioni della medesima natura ai fini dell'applicazione dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71. |
Sulla quarta questione
60. |
In considerazione della risposta che essi suggeriscono di dare alla seconda e alla terza questione, l'attore nella causa principale e la Commissione ritengono non necessario risolvere la quarta questione pregiudiziale. Nel caso in cui la Corte ritenga che la norma anticumulo enunciata nell'art. 12, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1408/71 si applichi anche quando si tratti di calcolare una prestazione ai sensi dell'art. 46, la Commissione aggiunge che occorrerebbe parimenti applicare l'art. 7 del regolamento n. 574/72 e che, per effettuare il raffronto di cui all'art. 46, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1408/71, occorrerebbe tenere in considerazione non solo l'art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 574/72, ma anche la lettera e) di questa stessa disposizione. |
61. |
In merito alla prima questione ho affermato che una prestazione può essere considerata una prestazione previdenziale agli effetti del regolamento n. 1408/71 solo se essa è ricompresa fra i rischi enunciati espressamente nell'art. 4, n. 1, o, in caso contrario, se essa presenta un collegamento con questi ultimi. L'indennità di perequazione non è espressamente citata in detto elenco di rischi protetti, ma esistono non di meno due possibilità di ricollegarla a uno di questi, vale a dire che la si può considerare una prestazione equiparabile o a una pensione di vecchiaia, o a una prestazione di disoccupazione. |
62. |
Nelle sue prime tre questioni, il giudice nazionale sembra partire dall'idea che l'indennità di perequazione possa essere equiparata a una pensione di vecchiaia. Ritengo non di meno che l'ultima delle sue questioni possa essere risolta solo considerando che detta prestazione vada equiparata a una prestazione di disoccupazione. Infatti detto giudice, se ritiene applicabile l'art. 12, n. 2, prima frase, del regolamento, che autorizza il ricorso alle norme nazionali anticumulo, pare ammettere la possibilità che l'interessato non goda di prestazioni di invalidità, di vecchiaia, di morte o di malattia professionale della medesima natura. Nella fattispecie, dato che la prestazione olandese è una prestazione di invalidità, se la prestazione che il lavoratore percepisce in Germania non è della medesima natura, può trattarsi solo di una prestazione equiparabile a una prestazione di disoccupazione. Se questo è il caso, detta prestazione non potrà essere liquidata ai sensi dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71 e, di conseguenza, né la lett. b) né la lett. c) del n. 1 dell'art. 7 del regolamento n. 574/72 saranno applicabili, in quanto tali disposizioni hanno entrambe ad oggetto le prestazioni di invalidità, di vecchiaia o di morte liquidate conformemente all'art. 46. Viceversa, sarà applicabile l'art. 7, n. 1, lett. a), del regolamento n. 574/72, avente il seguente enunciato: «Quando il beneficiario di una prestazione dovuta ai sensi della legislazione di uno Stato membro ha anche diritto a prestazioni ai sensi della legislazione di uno o più altri Stati membri, si applicano le seguenti regole:
(...)». |
Conclusione
Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere al Verwaltungsgerichtshof dell'Assia nel modo seguente:
«1) |
L'art. 4, nn. 1 e 2, e in particolare l'art. 4, n. 1, lett. c), del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nel testo modificato e aggiornato dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001, va interpretato nel senso che esso non ricomprende le prestazioni erogate discrezionalmente da uno Stato membro a titolo di sovvenzioni nazionali (nella fattispecie, ai sensi delle direttive relative alla concessione dell'indennità di perequazione ai lavoratori dell'industria mineraria), su richiesta degli interessati, ai lavoratori dell'industria mineraria di età più avanzata che siano stati licenziati nell'ambito di un provvedimento di cessazione dell'attività estrattiva o di razionalizzazione del personale. Tali prestazioni sono non di meno un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità». |
Nel caso in cui la Corte non accolga tale criterio, essa dovrebbe risolvere le altre questioni nel modo seguente:
«2) |
L'importo dell'indennità di perequazione, che può essere equiparata a una pensione di vecchiaia, va calcolato conformemente all'art. 46 del regolamento n. 1408/71. Una volta calcolato detto importo, il giudice nazionale o l'ente competente dovranno confrontare l'importo della prestazione alla quale il lavoratore avrebbe diritto in applicazione della sola legislazione nazionale, ivi comprese le relative norme anticumulo, con l'ammontare della prestazione alla quale egli avrebbe diritto in conformità al diritto comunitario considerato nella sua interezza, ivi comprese le norme anticumulo in esso contenute. L'art. 46 del regolamento n. 1408/71 può applicarsi solo se esso consenta di concedere al lavoratore migrante una prestazione di ammontare almeno pari a quello della prestazione che gli dovrebbe essere corrisposta in forza della sola legislazione nazionale. Un'indennità di perequazione quale quella di cui trattasi, qualora vada equiparata ad una pensione di vecchiaia concessa da uno Stato membro, e una pensione di invalidità acquisita in forza della legislazione di un altro Stato membro sono prestazioni della medesima natura ai fini dell'applicazione dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71. |
3) |
L'art. 12, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1408/71 sarà applicabile qualora l'indennità di perequazione e la prestazione di invalidità olandese di cui trattasi nel presente procedimento debbano essere considerate prestazioni di natura diversa, ipotesi che presuppone che l'indennità di perequazione debba essere equiparata a una prestazione di disoccupazione. Se questo è il caso, essa non sarà liquidata ai sensi dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71 e, di conseguenza, non saranno applicabili né la lettera b) né la lettera c) del n. 1 dell'art. 7 del regolamento (CEE) del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che fissa le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nel testo modificato e aggiornato dal regolamento n. 2001/83. Dovrà allora applicarsi l'art. 7, n. 1, lett. a), del medesimo». |
( *1 ) Lingua originale: lo spagnolo.
( 1 ) Letteralmente: denaro di adeguamento.
( 2 ) Omissis.
( 3 ) GU L 230, pag. 6.
( 4 ) GU L 230, pag. 86.
( 5 ) Bundesanzeiger n. 233 del 15 dicembre 1971, pag. 1; nella versione pubblicata nel Bundesanzeiger n. 113 dcl 23 giugno 1983.
( 6 ) Bundesanzeiger n. 182 del 28 settembre 1988, pag. 4325.
( 7 ) GU L 257, pag. 2.
( 8 ) Aggiornamento delle dichiarazioni degli Stati membri previste dall'art. 5 del regolamento (CEE) n. 1408/71 (GU 1980, C 139, pag. 1, in particolare pag. 6).
( 9 ) Sentenza 31 marzo 1977, causa 87/76, Bozzone (Racc. pag. 687, punti 9-11).
( 10 ) Sentenza 31 marzo 1977, causa 79/76, Fossi (Racc. pag. 667).
( 11 ) Sentenza 27 marzo 1985, causa 122/84, Scrivner (Racc. pag. 1027).
( 12 ) Il 18 giugno 1980 la Commissione ha presentato al Consi-glio una proposta di regolamento allo scopo di modificare il regolamento n. 1408/71 a vantaggio dei lavoratori disoccupati. Questa proposta, se fosse stata approvata, avrebbe disciplinato le prestazioni di pensionamento anticipato come un'ipotesi particolare delle prestazioni di disoccupazione, consentendo in tal modo ai beneficiari di andarsi a stabilire in un altro Stato membro pur conservando il diritto a tali prestazioni (GU C 169, pag. 22). Il 12 gennaio 1996 la Commissione ha presentato al Consiglio una nuova proposta di regolamento allo scopo di modificare il regolamento n. 1408/71 a favore dei titolari di prestazioni di pensionamento anticipato. Se questa proposta fosse approvata, le prestazioni di tale natura sarebbero in futuro considerate una categoria autonoma aggiunta all'elenco contenuto nell'art. 4, n. 1, del regolamento c i requisiti di residenza ai quali può essere soggetta l'elargizione di queste prestazioni sarebbero rimossi a favore dei titolari di tali prestazioni, i quali potrebbero allora conservare il diritto al versamento di queste ultime in caso di trasferimento della loro residenza in un altro Stato membro. Inoltre sarebbero loro applicabili le norme disciplinanti la totalizzazione dei periodi di assicurazione e di occupazione c il calcolo delle prestazioni di disoccupazione (GU C 62, pag. 14).
( 13 ) Sentenze 5 maggio 1977, causa 104/76, Jansen (Racc. pag. 829, punti 7 c 8), e Scrivner, già citata in nota 11.
( 14 ) Sentenza 18 maggio 1995, causa C-327/92, Rheinhold & Mahla (Racc. pag. I-1223, punto 18).
( 15 ) Sentenza 13 novembre 1974, causa 39/74 (Racc. pag. 1251, punti 7 e 11). Essa aveva statuito nel medesimo senso nelle sentenze pronunciate il 22 giugno 1972, causa 1/72, Frilli (Racc. pag. 457, punto 14), e 9 ottobre 1974, causa 24/74, Biason (Racc. pag. 999, punti 9 e 10).
( 16 ) Sentenza Fossi (già citata in nota 10), punto 7.
( 17 ) Sentenze 27 marzo 1985, causa 249/83, Hoeckx (Racc. pag. 973, punti 11 e 12), e Scrivner (già citata in nota 11), punti 18 e 19.
( 18 ) Già citata in nota 12.
( 19 ) Ibidem.
( 20 ) Sentenza 7 luglio 1994, causa C-146/93 (Race. pag. I-3229).
( 21 ) Sentenza 5 luglio 1983, causa 171/82 (Racc. pag. 2157).
( 22 ) Sentenza 2 agosto 1993, causa C-66/92 (Racc. pag. I-4567).
( 23 ) Già citata in nota 21.
( 24 ) Sentenza 16 gennaio 1992, causa C-57/90 (Race. pag. I-75).
( 25 ) Sentenza 6 febbraio 1992, causa C-253/90 (Race. pag. I-531).
( 26 ) Sentenza 20 giungo 1985, causa 94/84 (Racc. pag. 1873, punto 18).
( 27 ) Sentenza 27 maggio 1993, causa C-310/91, Schmid (Race. pag. I-3011, punto 18).
( 28 ) Sentenza 14 gennaio 1982, causa 65/81, Reina (Race. pag. 33).
( 29 ) Sentenze 12 luglio 1984, causa 261/83, Castelli (Racc. pag. 3199), e 6 giugno 1985, causa 157/84, Frascogna (Race, pag. 1739).
( 30 ) Sentenze Scrivner e Hoeckx, già citate, rispettivamente, nelle precedenti note 11 e 17.
( 31 ) Sentenza Deak, già citata in nota 26.
( 32 ) Sentenza 17 aprile 1986, causa 59/85, Reed (Racc. pag. 1283).
( 33 ) Sentenza 21 giugno 1988, causa 39/86, Lair (Racc. pag. 3161).
( 34 ) Sentenza 10 marzo 1993, causa C-111/91, Commissione/ Lussemburgo (Racc. pag. I-817).
( 35 ) Sentenza Schmid, già citata in nota 27.
( 36 ) Sentenze 5 maggio 1983, causa 238/81, Van der Bunt-Craig (Racc. pag. 1385, punto 15); 5 aprile 1990, causa C-108/89, Pian (Racc. pag. I-1599, punto 8); 18 febbraio 1992, causa C-5/91, Di Prinzio (Racc. pag. I-897, punto 16), e 11 giugno 1992, cause riunite C-90/91 e C-91/91, Di Crescenzo c Casagrande (Racc. pag. I-3851, punto 15).
( 37 ) Sentenza Pian (già citata in nota 36), punti 10 e 11.
( 38 ) Sentenza 24 settembre 1987, causa 37/86, Cocncn (Racc. pag. 3589, punto 10).
( 39 ) Sentenza Pian, già citata in nota 36.
( 40 ) Sentenza Di Prinzio, già citata in nota 36.
( 41 ) Sentenza Coenen, già citata in nota 38.
( 42 ) Già citata in nota 21.
( 43 ) Sentenza Di Crescenzo e Casagrande (già citata in nota 36), punti 19-34.