CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

NIAL FENNELLY

presentate il 27 giugno 1996 ( *1 )

1. 

La società Elida Gibbs finanzia due sistemi di buoni per promuovere la vendita dei suoi prodotti da toletta nel Regno Unito. Quando presenta un «buono sconto», il consumatore ottiene dal dettagliante uno sconto sul prezzo. Quando invia un «buono rimborso» alla Elida Gibbs, ottiene un rimborso direttamente dalla stessa. La Elida Gibbs sostiene dinanzi al Value Added Tax Tribunal di Londra che occorre tener conto di tali due sistemi nell'adeguamento retroattivo della base imponibile che determina l'ammontare dell'IVA gravante sulle sue vendite a grossisti 0 a dettaglianti in una fase precedente. Il suddetto Tribunale ha sottoposto alla Corte di giustizia due questioni di interpretazione.

1 — Fatti e contesto giuridico

A — Contesto normativo

2.

L'art. 2 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva») ( 1 ), così dispone:

«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:

1.

Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)».

A tenore dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva,

«A. All'interno del paese

1.

La base imponibile è costituita:

a)

per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), e) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

L'art. 11, parte A, nn. 2 e 3, definisce gli elementi da includere nella base imponibile e quelli da escluderne. Nel n. 2, lett. b), esso stabilisce che non vanno compresi nella base imponibile «i ribassi e le riduzioni del prezzo concessi all'acquirente o al destinatario della prestazione ed acquisti al momento in cui si compie l'operazione».

3.

L'art. 11, parte C («Disposizioni diverse»), n. 1, recita:

«1.

In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare a questa norma» ( 2 ).

B — Fatti

4.

La Elida Gibbs (in prosieguo: la «Gibbs»), appartenente al gruppo Unilever, fabbrica articoli da toletta. Il 70% della sua produzione è venduta direttamente ai dettaglianti, mentre il resto è destinato ai grossisti o ai negozi «cash and carry» e rivenduto ai dettaglianti. La Gibbs promuove la vendita al dettaglio dei suoi prodotti mediante due tipi di sistemi di buoni sconto ed un sistema di buoni rimborso.

i) I buoni sconto

5.

Nell'ambito del primo sistema di buoni sconto, che è il sistema base, la Gibbs attua una campagna promozionale generale per un periodo limitato. Essa distribuisce i buoni ai

consumatori direttamente o in forma di tagliandi inseriti in giornali e riviste. Ciascun buono ha un valore nominale e contiene istruzioni destinate sia ai potenziali clienti sia ai dettaglianti. In tali istruzioni si precisa ai dettaglianti che la Gibbs rimborserà loro integralmente il valore nominale del buono purché provino che il buono è stato utilizzato per un prodotto offerto in promozione e durante la campagna di promozione.

6.

Nel secondo sistema, il sistema specifico per i dettaglianti, la Gibbs di concerto con il dettagliante, organizza una campagna promozionale anch'essa limitata nel tempo e riguardante un dato prodotto o una determinata linea di prodotti. In questo caso tocca al rivenditore al minuto stampare i buoni e distribuirli alla potenziale clientela.

7.

Sia colui che acquista dalla Gibbs grossista o dettagliante, per la fornitura dei prodotti viene fatturata una somma comprensiva dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»), senza alcun riferimento a operazioni promozionali attuali o future. Di regola, l'acquirente non sa, al momento in cui acquista i prodotti, che questi saranno in seguito interessati da una campagna promozionale. Le vendite del grossista al dettagliante sono effettuate a prezzi all'ingrosso che, del pari, prescindono da qualsiasi operazione di promozione. Il dettagliante mette in vendita i prodotti al prezzo normale esposto sugli scaffali.

8.

In tale sistema base il cliente può presentare un buono come parziale pagamento del prodotto specificato sullo stesso. Il negoziante non è tenuto ad accettare il buono, ma, se lo accetta, chiede un rimborso direttamente alla Gibbs, fornendo la prova che il buono si riferisce a un prodotto Gibbs da lui venduto. Nel caso del sistema specifico per dettaglianti, il negoziante è contrattualmente tenuto ad accettare il buono sconto.

ii) I buoni rimborso

9.

In base a tale sistema, sulle confezioni dei prodotti Gibbs è stampato un buono. Esso dà diritto ad uno specifico rimborso in contanti di una parte del prezzo pagato dal consumatore al negoziante e costituisce per quest'ultimo la prova di acquisto. Il cliente che soddisfa le condizioni stampate sul buono può inviarlo direttamente alla Gibbs (o al suo agente), che provvede al rimborso promesso. Come emerge dall'ordinanza di rinvio, il cliente è tenuto in sostanza a far pervenire l'involucro recante il buono e altri due involucri di prodotti Gibbs.

iii) Il ricorso della Gibbs

10.

Il 24 agosto 1992 l'Unilever, società che controlla la Gibbs, chiedeva ai Commissioners of Customs and Excise (in prosieguo: i «Commissioners») di restituirle la somma di883894 UKL che essa affermava essere stata indebitamente percetta sui buoni sconto e sui buoni rimborso dal 1984. A sostegno deduceva che il rimborso del valore nominale dei buoni costituiva uno sconto retroattivo che, di conseguenza, riduceva la base imponibile della fornitura iniziale. Il 5 maggio 1993 i Commissioners respingevano la domanda della Unilever motivando che i buoni non costituivano una riduzione di prezzo tra fabbricante e dettagliante, ma erano un elemento del corrispettivo della cessione dei beni, da parte del dettagliante al cliente, ossia il «corrispettivo versato da un terzo» contemplato dall'art. 11, parte A, n. 1. I Commissioners rilevano inoltre, in una successiva decisione, che non sussistevano «legami diretti tra la fornitura delle merci (da parte del fabbricante al dettagliante o al grossista) e il pagamento del “rimborso” (da parte del fabbricante al consumatore finale)».

C — Procedimento dinanzi al giudice nazionale

11.

La Gibbs impugnava le dette decisioni dinanzi al Value Added Tax Tribunal (in prosieguo: il «VATT») di Londra. A suo avviso, in base all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), il «corrispettivo» ricevuto per la fornitura delle merci di cui trattasi è la somma effettivamente fatturata per la vendita delle stesse, decurtata dall'importo che la Gibbs paga per rimborsare i buoni. In subordine, la Gibbs deduceva che i pagamenti effettuati in relazione al rimborso dei buoni devono considerarsi rientrare nell'ambito dell'art. 11, parte C, n. 1.

12.

I Commissioners controdeducevano che le operazioni aventi ad oggetto i buoni non determinano la riduzione del corrispettivo ottenuto dalla Gibbs ai fini dell'IVA, il quale costituisce l'importo dovuto alla Gibbs dai dettaglianti o dai grossisti per le merci da essa fornite. Il rimborso da parte della Gibbs, in base all'uno o all'altro sistema, rappresenta il corrispettivo ottenuto da un terzo relativamente alla consegna effettuata dal dettagliante al cliente. Nel caso dei buoni sconto il dettagliante ottiene due elementi di corrispettivo, vale a dire la somma in contanti pagatagli dal cliente e il valore monetario del buono che egli riceve dalla Gibbs. Sempre secondo i Commissioners, il corrispettivo della fornitura al dettagliante è l'importo che questi deve pagare alla Gibbs o, quando la merce è fornita per il tramite di un grossista, l'importo che il dettagliante paga o che gli è fatturato dal grossista. Pertanto, non possono esservi adeguamenti retroattivi né per quanto riguarda la fornitura da parte della Gibbs al dettagliante né, a maggior ragione, per la fornitura al grossista, che non partecipa al sistema promozionale e non ne è affatto interessato.

13.

Nel caso dei buoni rimborso il dettagliante riceve dal cliente l'intero prezzo di vendita; egli è estraneo al sistema poiché il diritto al rimborso riguarda soltanto il cliente. I Commissioners rilevavano che, siccome i dettaglianti non praticano riduzioni sul prezzo al minuto dei prodotti venduti, non si può ritenere che la Gibbs abbia ottenuto, per la vendita dei prodotti da essa effettuata in una fase precedente, un corrispettivo inferiore a quello effettivamente fatturato al dettagliante (o al grossista).

14.

Il VATT osserva che le questioni di diritto comunitario sollevate dall'applicazione dei due sistemi suddetti non sono state risolte dalla sentenza della Corte di giustizia nella causa Boots Company ( 3 ) e che può assumere notevole rilievo l'argomento secondo il quale il rimborso dei buoni da parte della Gibbs sulla vendita dei suoi prodotti alla clientela dovrebbe essere preso in considerazione nella determinazione della «base imponibile» della vendita della merce in una fase precedente. In particolare, il VATT considera che un'interpretazione «più ampia» della sentenza della Corte di giustizia nella causa Glawe ( 4 ) potrebbe corroborare la tesi della Gibbs. Richiamandosi specificamente alla necessità di interpretare uniformemente il diritto comunitario, esso ha deciso di sottoporre alla Corte le due questioni seguenti:

«1)

Buoni sconto

Quale sia, secondo la corretta interpretazione dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), e parte C, n. 1, la “base imponibile” di un fornitore originario che si trovi nella situazione della Elida Gibbs (come accertata nel punto 4 della decisione interlocutoria), cioè quando:

a)

il fornitore originario è un “fabbricante” che provvede all'emissione di un buono sconto rimborsabile all'“importo dichiarato” (stampato sul buono) da parte, o a carico, del fabbricante a favore del dettagliante;

b)

il buono consegnato ad un cliente potenziale nell'ambito di una campagna promozionale di vendite può essere accettato dal dettagliante quando il cliente acquista un determinato prodotto presso il dettagliante;

e)

il fabbricante ha venduto il prodotto al “prezzo del fornitore originario” direttamente al dettagliante o ad un grossista; e

d)

il dettagliante accetta il buono quando vende il prodotto al cliente, lo consegna al fabbricante e riceve l'importo dichiarato.

Se la base imponibile al livello del fabbricante sia il prezzo di fabbrica oppure questo prezzo decurtato dell'importo dichiarato.

Se la soluzione di questa questione sia diversa qualora il fabbricante fornisca originariamente la merce ad un grossista anziché direttamente ad un dettagliante.

2)

Buoni rimborso

Quale sia, secondo la corretta interpretazione dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), e parte C, n. 1, la “base imponibile” di un fornitore originario che si trovi nella situazione della Elida Gibbs (come accertata nel punto 5 della decisione interlocutoria), cioè quando:

a)

nell'ambito di un sistema promozionale il fornitore originario (il “fabbricante”) vende prodotti al “prezzo di fabbrica” direttamente al dettagliante oppure a un grossista;

b)

sulla confezione dei detti prodotti è stampato un buono rimborso di un “importo dichiarato” che dà al cliente, che comprovi l'acquisto di uno di tali prodotti e soddisfi altre condizioni indicate a stampa sul buono, il diritto di consegnare il buono stesso al fabbricante ottenendo il pagamento dell'importo dichiarato; e

e)

un cliente acquista tale prodotto da un dettagliante, consegna il buono al fabbricante e riceve l'importo dichiarato.

Se la base imponibile al livello del fabbricante sia il prezzo di fabbrica oppure questo prezzo decurtato dell'importo dichiarato.

Se la soluzione di questa questione sia diversa qualora il fabbricante fornisca originariamente la merce a un grossista anziché a un dettagliante».

II — Osservazioni presentate alla Corte

15.

Hanno presentato osservazioni scritte la Gibbs, i governi del Regno Unito, francese, tedesco e italiano e la Commissione, mentre hanno esposto osservazioni orali la Gibbs, i governi del Regno Unito, francese ed ellenico e la Commissione.

III — Esame delle questioni sottoposte alla Corte

16.

Inizierò con l'esaminare la seconda questione, relativa al sistema dei «buoni rimborso», poiché ritengo, al pari del governo tedesco, che la sua soluzione faciliti l'esame della prima questione.

A — buoni rimborso

17.

Con la seconda questione il VATT mira sostanzialmente a far stabilire se la base imponibile, ai fini della sesta direttiva, di un'operazione che comporta la vendita di merci dai fabbricanti ai dettaglianti (e in taluni casi ai grossisti, che a loro volta riforniscono i dettaglianti) ad un dato prezzo possa essere influenzata dal successivo rimborso, da parte del fabbricante, di buoni stampati sulle confezioni. In altri termini, si chiede alla Corte se il corrispettivo ai fini IVA della fornitura iniziale di beni da parte del fabbricante sia ridotto retroattivamente qualora il fabbricante rimborsi successivamente una parte del prezzo al minuto dei beni ad ogni consumatore che gli spedisca un buono per ottenere un rimborso in contanti.

18.

La Gibbs sottolinea in particolare il principio secondo cui l'IVA è un'imposta sulla cifra d'affari, la quale dev'essere la «cifra d'affari reale e attuale», e ricorda che tale principio figura nell'art. 2 della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari ( 5 ) (in prosieguo: la «prima direttiva»), e «consiste nell'applicare ai beni e ai servizi un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei sevizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione» ( 6 ). Tale reale cifra d'affari sarebbe il prezzo ricevuto dai dettaglianti diminuito della somma in contanti versata ai consumatori che spediscono i buoni rimborso. La Gibbs sostiene che «l'incidenza economica del sistema dei “buoni rimborso” è identica alla situazione in cui uno sconto è concesso dal fabbricante al dettagliante che, a sua volta, ripercuote l'intero sconto sul consumatore». A suo avviso, se l'IVA è concepita come un'imposta sul consumo, le autorità tributarie devono riscuoterla solo sull'importo netto pagato dal cliente che acquista al minuto (consumatore finale). Orbene, a tale fine occorre che il rimborso effettuato dal fabbricante sia detraibile dalla base imponibile della fornitura iniziale, conformemente all'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva. La Commissione, a sostegno di questo punto di vista, osserva che, quando i buoni sono rimborsati dalla Gibbs, si deve considerare che il prezzo è stato ridotto «dopo che l'operazione è stata effettuata», come prevede la detta disposizione.

19.

È utile concentrare l'attenzione, anzitutto, sul prezzo al minuto, o prezzo al consumo. In operazioni come quelle effettuate nell'ambito del sistema dei buoni rimborso della Gibbs il corrispettivo della fornitura da parte del dettagliante può essere, a mio parere, solo l'intero prezzo di vendita al minuto. È questo l'unico corrispettivo identificabile da esso ricevuto. Si tratta, inoltre, del «valore soggettivo» attribuito dagli interessati al controvalore, nell'accezione in cui l'espressione è usata nella sentenza Naturally Yours Cosmetics ( 7 ). Del pari, il corrispettivo della fornitura inizialmente effettuata dal fabbricante al dettagliante deve restare il prezzo fatturato in tale occasione ( 8 ). Quando vende i beni, il dettagliante non sa se il cliente, quando li acquisterà, potrà soddisfare o soddisferà effettivamente le condizioni alle quali la Gibbs subordina il rimborso. Più precisamente, non vi è modo di sapere, al momento della fornitura iniziale da parte della Gibbs, se qualche buono o tutti i buoni saranno presentati per ottenere il rimborso.

20.

Tuttavia, la Gibbs si richiama all'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva, sostenendo che la base imponibile nella fase del consumatore finale dev'essere il prezzo diminuito del potenziale sconto praticato dalla Gibbs al cliente. Orbene, secondo me la detta norma non può applicarsi ad un pagamento effettuato, come nella fattispecie, da un terzo. Tra le parti fra cui ha luogo la vendita al minuto non si verificano modifiche del prezzo. Come sostiene giustamente il governo tedesco, dall'art. 11 risulta che «una modifica (riduzione) della base imponibile può avvenire soltanto grazie ad un processo che incide sulla base imponibile dell'operazione fra chi cede il bene e chi lo riceve» ( 9 ). Nella sentenza Boots la Corte non ha affermato che uno sconto praticato non al cliente diretto del soggetto passivo (ossia, nella fattispecie, il dettagliante), ma a un terzo (nella fattispecie il consumatore finale) possa modificare la base imponibile della fornitura iniziale.

21.

Inoltre, quando una domanda di rimborso è soddisfatta dal fabbricante, né il dettagliante né il fabbricante sono in grado di verificare se i prodotti relativamente ai quali viene erogato il rimborso siano quelli che il fabbricante ha effettivamente fornito ad uno specifico dettagliante. Eppure, se si accoglie il punto di vista della Gibbs, lo sconto dev'essere attribuito a tale fornitura originale ( 10 ). Non credo che la sentenza Glawe consenta alla Gibbs di sormontare la difficoltà costituita dalla mancanza di relazione tra la fornitura iniziale e i beni per i quali ha luogo successivamente il rimborso dei buoni. In quella causa si trattava di un servizio consistente nell'installazione e nell'esercizio di macchine automatiche per giochi d'azzardo programmate in modo da versare ai vincitori almeno il 60% delle giocate; era chiaro, quindi, che il corrispettivo pagato da ciascun giocatore per poter vincere era pari, in media, al 40% della posta. Tuttavia, la causa verteva solo su operazioni che avevano luogo in una determinata fase del circuito commerciale, quella fra il proprietario o l'esercente della macchina e i giocatori. La Corte ha seguito il solo metodo praticabile, consistente nell'applicazione dell'IVA alle operazioni che costituivano, per loro natura, operazioni di gioco. Il ragionamento seguito nelle circostanze molto specifiche della causa Glawe non può essere estrapolato in modo da creare un principio di portata generale applicabile a un insieme di operazioni complesse in fasi diverse del circuito di fornitura. Il dettagliante è estraneo all'operazione che ha luogo tra il fabbricante e il cliente al dettaglio interessato dai sistemi dei buoni rimborso. La tesi difesa dalla Gibbs, secondo cui l'accettazione, da parte del cliente al dettaglio, dell'«offerta» stampata sul buono, che riguarda la vendita al dettaglio, può modificare il prezzo convenuto nell'operazione precedente, ossia la fornitura dei beni dal fabbricante al dettagliante, distorce la realtà commerciale e insinua nel sistema IVA comunitario un elemento d'incertezza di inaccettabile e ingiustificabile misura.

22.

Il governo del Regno Unito osserva che il cliente al dettaglio che ottiene il rimborso dalla Gibbs, in base al sistema dei buoni rimborso, riceve l'equivalente di una sovvenzione. Tale sovvenzione dovrebbe considerarsi «direttamente connessa» alla vendita al dettaglio ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), e, di conseguenza, costituisce una parte del corrispettivo di tale fornitura. Questo argomento non mi sembra convincente. Per rientrare nella sfera d'applicazione della norma suddetta le sovvenzioni devono essere incluse nel corrispettivo «versato (...) al fornitore». Nella fattispecie i pagamenti sono effettuati all'acquirente. La norma predetta dev'essere interpretata in senso stretto, in considerazione della necessità di certezza nel determinare il prezzo e la cifra d'affari del dettagliante.

23.

L'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), dispone che la base imponibile è costituita da «tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo (...)». Nella sentenza Boots la Corte ha rilevato che «i nn. 2 e 3 dello stesso articolo enumerano taluni clementi che si devono includere nella base imponibile ed altri che non vanno ivi inclusi (...). Pertanto, gli elementi di cui al n. 2 sono considerati dalla direttiva stessa come facenti parte del “corrispettivo”, e quindi della base imponibile, e gli elementi di cui al n. 3 sono esclusi, del pari ex lege, da tale nozione di corrispettivo» ( 11 ). Per qualificare un elemento concreto, ha affermato la Corte, bisogna esaminare anzitutto se esso rientri in una delle categorie considerate nei nn. 2 e 3 e solo in caso negativo «ci si deve riferire alla nozione generale di cui al n. 1, lett. a)».

24.

Vero è che la Gibbs non invoca alcuna di tali disposizioni nella sua domanda di riduzione, nella misura delle somme pagate in contanti, del corrispettivo versatole e di conseguente rettifica della sua base imponibile. Tuttavia, essa sostiene che le dette somme costituiscono «ribassi concessi al consumatore finale». A norma dell'art. 11, parte A, n. 3, i ribassi sono concessi come riduzioni in due casi. Secondo me, il rimborso non può essere considerato ribasso o riduzione di prezzo ai sensi del n. 3, lett. b), giacché, manifestamente, non è né «concesso all'acquirente» del fabbricante né acquisito al momento in cui si compie l'«operazione». Né si tratta di uno «sconto sul prezzo per pagamento anticipato», quale contemplato dall'art. 11, parte A, n. 3, lett. a). In altre parole, l'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), non prevede «riduzioni di prezzo» — per usare l'espressione di carattere generale impiegata dall'avvocato generale Van Gcrven nelle sue conclusioni per la causa Boots ( 12 ) — risultanti indirettamente da pagamenti in contanti fatti da un terzo all'acquirente di beni o di servizi. Non mi sembra corretto interpretare l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), come fa la Gibbs, nel senso che esso esclude implicitamente il pagamento di una parte del prezzo effettuato da terzi dalla determinazione della base imponibile. Come si è visto, il detto paragrafo fa espressamente riferimento al corrispettivo versato da un terzo in termini incompatibili con l'argomento della Gibbs.

25.

Non mi sembra convincente nemmeno l'argomento della Gibbs> appoggiato dalla Commissione, basato sull'art. 11, parte C, n. 1, ossia che il rimborso del buono dovrebbe essere considerato costituire una riduzione di prezzo concessa dopo l'operazione. Un pagamento unilaterale fatto a taluni clienti non può essere trasformato in una riduzione di prezzo ex post facto per un'operazione del tutto diversa e non identificata. Il sistema dei buoni rimborso non impone al cliente che chiede il rimborso di specificare il nome del dettagliante dal quale ha acquistato il prodotto. Come ho rilevato sopra, nel determinare l'ammontare del corrispettivo versato conformemente all'art. 11, parte A, la Corte si è costantemente riferita alla necessità di un nesso diretto fra la consegna di un bene o il servizio prestato e il controvalore ricevuto ( 13 ). A mio parere, la base imponibile di un'operazione in tal modo determinata non può esser ridotta ai sensi dell'art. 11, parte C, n. 1, a meno che non sussista un analogo nesso diretto fra l'asserita riduzione successiva e l'operazione imponibile di cui trattasi. Nella fattispecie manca tale nesso. Nell'ambito di un'operazione la Gibbs fornisce beni, di regola a un dettagliante, contro un dato prezzo, che non subisce modifiche, e nell'ambito di un'altra operazione rimborsa a un terzo una parte del prezzo pagato per l'acquisto di taluni di detti beni da un dettagliante (ma non necessariamente dallo stesso).

26.

Ritengo inoltre che l'esclusione dalla base imponibile di una parte del prezzo convenuto, con riferimento ad un pagamento effettuato successivamente da un terzo all'acquirente, potrebbe distorcere l'intero sistema IVA. L'art. 2, n. 1, della sesta direttiva definisce le cessioni soggette all'IVA come le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale ( 14 ). La Corte ha affermato che tale corrispettivo deve poter essere «espresso in denaro» ed è un «valore soggettivo», ossia il denaro «realmente ricevuto» dal fornitore dei beni o dei servizi, «non già un valore stimato secondo criteri obiettivi» ( 15 ). L'uso del termine «soggettivo» può generare confusioni, ma mira, secondo me, ad escludere qualsiasi valutazione indipendente da quella adottata dalle parti negoziali ( 16 ). Consentire che l'importo «soggettivo» determinato dalle parti di un negozio venga modificato a seguito di un'operazione del tutto indipendente fra una di tali parti e un terzo sovvertirebbe radicalmente la nozione di corrispettivo usata nella sesta direttiva, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte.

27.

Sono poi rimasto molto impressionato dall'efficacia dell'argomento presentato dai governi del Regno Unito, tedesco e ellenico, ossia che l'ammettere la tesi della Gibbs e della Commissione, secondo cui, in base all'art. 11, parte C, n. 1, occorre detrarre dalla base imponibile della cessione iniziale l'ammontare dei rimborsi effettuati successivamente, avrebbe gravi ripercussioni sul sistema di detrazione a monte previsto dalla sesta direttiva. Il governo tedesco sottolinea che il cliente dalla Gibbs (in genere il dettagliante) non ha l'obbligo, né giuridico né di altra natura, di procedere ad una rettifica (nel senso di una riduzione) dei suoi diritti all'imposta a monte in conformità al rimborso concesso dalla Gibbs al terzo (ossia il cliente al dettaglio). All'udienza tale dilemma è stato succintamente espresso dall'agente del governo britannico nei seguenti termini: «(...) secondo quale procedimento, da un lato, il dettagliante riduce ora (in misura pari al rimborso) la base imponibile dell'imposta a monte e, dall'altro, il consumatore, se è registrato ai fini dell'IVA, riduce anch'egli l'importo a monte con riferimento all'ammontare della sovvenzione?» ( 17 ). Secondo logica, la Gibbs dovrebbe rimborsare al dettagliante l'IVA presuntamente riscossa in eccesso sul prezzo iniziale. Naturalmente ciò sarebbe impossibile poiché il dettagliante non è identificabile. Lo scopo di armonizzazione dell'imponibile dell'IVA, definito dalla Corte nella sentenza Bally ( 18 ), sarebbe compromesso se si usasse un metodo diverso di calcolo del corrispettivo, da un lato per l'imponibile della Gibbs (prezzo decurtato dell'ammontare dei pagamenti in contanti) e, dall'altro, per gli acquisti del dettagliante (prezzo senza detrazioni). Nella sentenza Bally la Corte ha respinto un argomento nel senso che il dettagliante potrebbe essere tassato in relazione all'importo ricevuto dalle società emittenti delle carte di credito, previa detrazione della commissione, mentre il cliente ha pagato l'intero prezzo, IVA compresa, quando ha usato la carta di credito. Non concordo col punto di vista della Gibbs e della Commissione secondo cui si tratta semplicemente di un problema amministrativo o di fatturazione. Come ha giustamente sottolineato il governo ellenico, le fatture hanno una funzione fondamentale nel sistema IVA.

28.

All'udienza la Commissione ha ribattuto a tale argomento affermando che il n. 1, lett. b), dell'art. 20, parte di un articolo riguardante la «rettifica delle deduzioni», prevede

espressamente il caso in cui viene effettuata una detrazione dopo che ha avuto luogo il rimborso. Questo rilievo non è affatto convincente. È del tutto naturale che tali detrazioni siano previste purché siano effettuate conformemente all'art. 11, parte C, n. 1. Tuttavia, il semplice fatto che si prescriva agli Stati membri di istituire un sistema di rettifica non mi sembra avallare un'interpretazione dell'art. 11, parte C, n. 1, contraria all'art. 11, parte A. Un effettivo diritto alla presa in considerazione di una riduzione di prezzo può nascere solo se è il fornitore che, successivamente, consente la riduzione di prezzo pertinente a favore del suo cliente ( 19 ).

29.

Di conseguenza, ritengo che la Corte debba risolvere la seconda questione sottopostale dal VATT nel senso che la base imponibile della fornitura iniziale da parte del fabbricante al dettagliante (o grossista) non è influenzata dall'importo di un rimborso successivamente effettuato dal fabbricante al cliente al dettaglio. Occorre adesso esaminare la prima questione sollevata dal VATT, relativa ai buoni sconto.

B — Buoni sconto

30.

La Gibbs sostiene che, affinché l'imposta sia esattamente commisurata al prezzo dei beni, l'imponibile dev'essere calcolato in base alla somma che il fornitore riceve effettivamente, vale a dire, nella fattispecie, al netto dell'importo destinato al rimborso dei buoni. A suo avviso, tale risultato può essere ottenuto, in base all'art. 11 della sesta direttiva, in due modi: considerando il corrispettivo ricevuto ai fini dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), come il reddito netto del fabbricante oppure trattando le somme spese per rimborsare i buoni come riduzioni di prezzo ai sensi dell'art. 11, parte C, n. 1, successive al momento in cui ha avuto luogo l'operazione.

31.

Per quanto concerne il primo criterio, la Gibbs si richiama segnatamente alla sentenza Boots. Pur ammettendo che tale sentenza riguardava un sistema di sconti applicato da un dettagliante a favore della clientela, la Gibbs afferma che lo stesso ragionamento può valere per gli sconti offerti dai fabbricanti ai clienti al dettaglio. In proposito essa rinvia al ragionamento seguito dal Conseil d'État francese nella sentenza Berthier-Savéco ( 20 ). La Commissione caldeggia il secondo criterio. Rileva che, se un fabbricante che pratica un sistema di sconti come quello della Gibbs fosse assoggettato all'imposta — come è avvenuto nella fattispecie ad opera dei Commissioners — relativamente all'intero prezzo della fornitura iniziale, ciò equivarrebbe ad usare un «valore normale» in contrasto con l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), quale interpretato dalla Corte. A suo giudizio, il valore nominale dei buoni rimborsati dev'esser detratto dal prezzo iniziale a norma dell'art. 11, parte C, n. 1.

32.

Il governo francese propende anch'esso per il secondo criterio, ma solo per quanto riguarda i beni forniti direttamente dal produttore al dettagliante. Quando sussiste un rapporto diretto, il rimborso dei buoni può effettivamente essere considerato come una riduzione del prezzo della fornitura iniziale. Per analogia con l'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), il quale impone che i ribassi e le riduzioni di prezzo siano concessi al momento della fornitura, il governo francese rileva che una riduzione di prezzo successiva alla fornitura ai sensi dell'art. 11, parte C, n. 1, può aver luogo solo quando la riduzione è concessa dal fornitore all'acquirente. Così, quando un grossista interviene nella catena commerciale il successivo rimborso dei buoni da parte del produttore costituisce un pagamento fatto da un terzo al dettagliante.

33.

Il governo del Regno Unito, sostenuto per motivi sostanzialmente analoghi dai governi tedesco ( 21 ), ellenico e italiano, sostiene che i buoni non costituiscono uno sconto sul prezzo al minuto riconducibile alla fornitura iniziale, ma sono una parte del corrispettivo per la vendita al dettaglio. Poiché l'attuazione di tale sistema di incentivazione presenterebbe ovvie difficoltà di carattere pratico per la Gibbs, l'uso dei buoni sconto costituisce un mezzo ideale per raggiungere in pratica il medesimo risultato, cioè procurare un vantaggio ai clienti promuovendo al tempo stesso la vendita dei prodotti Gibbs. Il governo britannico non distingue tra forniture dirette e forniture indirette attraverso un grossista; quest'ultimo caso, a suo dire, non fa che evidenziare ulteriormente la pecca dell'argomento della Gibbs, che cerca di trattare fittiziamente più operazioni come una sola. Il detto governo sostiene che la causa Boots può essere tenuta distinta dalla fattispecie in esame; a differenza di quanto accadeva nel caso della Boots, nel sistema Gibbs il dettagliante non cerca, emettendo buoni, di concedere uno sconto e quindi «sarebbe errato considerare che il dettagliante riduce il prezzo delle sue merci per il semplice fatto di accettare un buono emesso da un terzo, con il quale non ha legami economici e dal quale non ha necessariamente comprato le merci».

34.

È importante per l'argomento della Gibbs che sulla situazione del dettagliante non incidano negativamente rettifiche favorevoli dell'imponibile della Gibbs. Se l'IVA a carico dei dettaglianti dovesse aumentare in conseguenza dell'applicazione del sistema promozionale, sarebbe naturalmente improbabile che i dettaglianti vi aderiscano. Nel modello di operazioni presentato alla Corte la Gibbs tratta il prezzo al dettaglio come un prezzo decurtato dell'importo del buono e detrae dall'imponibile del dettagliante il rimborso che essa gli versa. Solo in base a tale assunto, a mio avviso non corretto, la Gibbs giunge alla conclusione che la riduzione dell'imponibile che essa pretende per sé non incide sulla situazione del dettagliante. Senza questa riduzione il rimborso dei buoni accrescerebbe automaticamente il margine fra le spese e gli introiti del dettagliante e, di conseguenza, l'IVA a carico di quest'ultimo. Tenuto conto dell'analogia con la causa Boots, vale la pena di sottolineare che manifestamente non era questo il criterio seguito da quella società per calcolare i vantaggi di un sistema analogo. La Boots includeva nelle sue entrare lorde, ai fini dell'IVA, tutte le somme ricevute dai produttori come rimborso dei buoni ed ammetteva di essere tenuta a pagare l'IVA su tali somme. Tale criterio era accettato da tutte le parti della causa e non costituiva oggetto di questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte, la quale era stata invitata a pronunciarsi solo sui casi in cui non venivano effettuati rimborsi dal produttore ( 22 ). L'argomento della Gibbs implica che a torto la Boots ammetteva tale suo assoggettamento all'IVA. Io penso invece che il comportamento della Boots procedesse da una corretta interpretazione dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a).

35.

I buoni promozionali emessi dalla Gibbs sono inseriti in messaggi pubblicitari pubblicati su quotidiani e riviste o sono distribuiti al pubblico. Essi hanno lo scopo di indurre i consumatori a comprare determinati prodotti Gibbs con la promessa di una riduzione del prezzo. L'unica loro funzione, quindi, è promuovere le vendite. La Gibbs promette il pagamento di una parte del prezzo per conto del consumatore. Il rivenditore al minuto viene informato mediante il buono che, se lo accetta, la Gibbs gli rimborserà l'ammontare della riduzione da lui concessa al consumatore. Pertanto, la somma pagata dalla Gibbs al rivenditore costituisce una parte del prezzo al minuto del prodotto. Per dirla con l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), tale somma è una parte del corrispettivo versato al dettagliante per la fornitura del bene. Essa non è versata per «tal[e] operazionfe] da parte dell'acquirente», ma «di un terzo». Potrebbe anche essere considerata, giustamente, come una sovvenzione al consumatore «direttamente conness[a] con il prezzo di tal[e] operazionfe]» ( 23 ). Tra la fornitura dei beni e questo elemento del corrispettivo vi è un nesso diretto, presupposto necessario secondo la giurisprudenza della Corte ( 24 ).

36.

Se il rimborso del buono costituisce un elemento del corrispettivo per la vendita al minuto o, più semplicemente, del prezzo al minuto, concordo con il governo tedesco nel ritenere che esso non possa al contempo rappresentare un rimborso parziale del corrispettivo versato inizialmente dal dettagliante al produttore. Il dettagliante ha già acquistato e pagato, o si è impegnato a pagare, le merci esposte, con i rispettivi prezzi, sugli scaffali del negozio. Così come sul prezzo di vendita da lui praticato non incide il fatto che la Gibbs ne paghi una parte al posto del consumatore, sul prezzo di acquisto da lui versato non influisce il fatto che il rimborso del buono è effettuato dal produttore dal quale egli ha acquistato la merce. All'udienza l'agente del governo britannico ha fatto un vivido e convincente paragone raffigurando i rappresentanti del produttore che, dietro il bancone del negozio, si offrono di rimborsare in contanti una parte (10 pence) del prezzo di un dato prodotto. Chiaramente, tali pagamenti non inciderebbero sul prezzo inizialmente fatturato dal produttore al dettagliante. Inoltre sappiamo che il 30% circa delle vendite della Gibbs sono effettuate attraverso grossisti: in tali casi non vi è stata, in una fase precedente, alcuna vendita pertinente il cui prezzo debba essere detratto al momento in cui il dettagliante consegna i buoni al produttore per ottenere il rimborso.

37.

Dalla natura del rimborso quale corrispettivo per la vendita al dettaglio deriva necessariamente che il suo pagamento non fa sì che il prezzo praticato dalla Gibbs al dettagliante subisca una «riduzione (...) dopo che l'operazione è stata effettuata», ai sensi dell'art. 11, parte C, n. 1.

38.

La sentenza Berthier-Savéco non corrobora, secondo me, la tesi della Gibbs. Va rilevato, anzitutto, che in quella sentenza il Conseil d'État interpretava la normativa IVA francese e, inoltre, che essa riguardava la situazione di un dettagliante che, all'epoca in cui l'IVA non era riscossa in Francia sulle vendite al minuto, ma prima, sulle forniture all'ingrosso, chiedeva una riduzione dell'importo sul quale doveva versare l'imposta relativamente a taluni acquisti di sapone da un produttore che aveva distribuito buoni sconto simili a quelli della Gibbs. In ogni caso ritengo più pertinente per l'interpretazione dell'art. 11, parte A, della sesta direttiva l'analisi del Commissaire du gouvernement Schmeltz ( 25 ).

39.

Credo pertanto che il sistema di buoni sconto debba essere considerato come un'operazione promozionale concepita inizialmente a vantaggio della clientela al dettaglio, finanziata dalla Gibbs in modo da incrementare la sua reputazione commerciale e la sua cifra d'affari. A differenza della fattispecie di cui alla sentenza Boots, tale sistema non implica la concessione di alcun ribasso o riduzione del prezzo a posteriori da parte della Gibbs ai suoi clienti.

IV — Conclusione

40.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni sottopostele dal Value Added Tax Tribunal di Londra nei seguenti termini:

«L'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), e parte C, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, va interpretato come segue:

1)

La base imponibile, per quanto riguarda la fornitura di prodotti ad un grossista o a un dettagliante da parte di un fornitore che provvede a distribuire alla clientela potenziale buoni sconto, contenenti l'offerta di riduzioni, ivi specificate, del prezzo di determinati prodotti, non è ridotta in misura pari alle somme pagate dal detto fornitore ai dettaglianti e corrispondenti alle riduzioni di prezzo da questi praticate ai clienti che hanno prestato i buoni suddetti all'atto dell'acquisto dei prodotti considerati.

2)

La base imponibile, per quanto riguarda la fornitura di prodotti ad un grossista o a un dettagliante da parte di un fornitore che provvede a stampare sulle confezioni dei detti prodotti buoni rimborso contenenti l'offerta di rimborsi in contanti di importo specificato, non è ridotta in misura pari alle somma pagate dal detto fornitore ai consumatori e corrispondenti agli importi stampati sulle confezioni di prodotti da essi acquistati».


( *1 ) Lingua originale: l'inglese.

( 1 ) GU L 145, pag. 1.

( 2 ) Ho messo in corsivo questa frase data la sua importanza fondamentale.

( 3 ) Sentenza 27 marzo 1990, causa C-126/88 (Race. pag. I-1235; in prosieguo: la «sentenza Boots»).

( 4 ) Sentenza 5 maggio 1994, causa C-38/93 (Race. pag. I-1679).

( 5 ) GU 71, pig. 1301.

( 6 ) Il corsivo č della Gibbs.

( 7 ) Sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87 (Race. pag. 6365, punti 16 e 17; in prosieguo: la «sentenza Naturally Yours»),

( 8 ) Ciò vale a maggior ragione quando il fabbricante ha rifornito inizialmente un grossista.

( 9 ) Corsivo nell'originale.

( 10 ) Tale tesi risulta ancor meno plausibile in caso di operazione intermedia tra il fabbricante e un grossista. All'udienza, però, l'avvocato della Gibbs ha chiesto espressamente alla Corte di concentrarsi sui casi nei quali non vi è l'intervento di grossisti. Poiché dagli accertamenti fattuali del giudice di rinvio risulta che tali casi sono la maggioranza c poiché il governo francese e l'unico dei partecipanti al procedimento a ritenere importante questa distinzione, incentrerò qui di seguito il mio esame sulle forniture dirette al dettagliante.

( 11 ) V. punto 15.

( 12 ) V. paragrafo 11 di tali conclusioni.

( 13 ) V, ad esempio, sentenza 5 febbraio 1981, causa 154/80, Coöperatieve Aardappelcnbewaarplaats (Race. pag. 445, punto 12; in prosieguo: la «sentenza “patate olandesi”»), e sentenza Naturally Yours, punto 12.

( 14 ) Già citato sopra, nel paragrafo 2; il corsivo è mio.

( 15 ) V. sentenza «patate olandesi», punto 13.

( 16 ) V. in proposito le mie conclusioni del 27 giugno 1996 per la causa C-288/94, Argos Distributors, Race. pag. I-5311, paragrafo 21.

( 17 ) Il governo britannico usa il termine «sovvenzione» in questo contesto quando, come ho rilevato sopra, nel paragrafo 22, il pagamento costituisce in realtà il corrispettivo versato da un terzo.

( 18 ) Sentenza 25 maggio 1993, causa C-18/92 (Race. pag. I-2871, punto 12).

( 19 ) V. sopra, paragrafo 24.

( 20 ) Sentenza 20 marzo 1974, causa 85.681.

( 21 ) Il governo tedesco, osserva, però, che l'imponibile del produttore potrebbe essere ridotto solo se sono soddisfatte talune condizioni rigorose, ossia se la riduzione è effettuata in ciascuna operazione che si verifica nella catena commerciale, cosicché il dettagliante riceve in definitiva una parte del corrispettivo della consegna che può ripercuotere sul consumatore vendendo il prodotto a minor prezzo, c se il produttore emette una fattura rettificata, che determina una corrispondente rettifica, da parte del dettagliante, dell'imposta a monte che egli detrae. Per quanto concerne il sistema della Gibbs, il detto governo, richiamandosi al punto 22 della sentenza Boots, sostiene che il rimborso dei Duoni da parte della Gibbs costituisce un corrispettivo versato da un terzo, che non può incidere sul corrispettivo versato al momento della fornitura iniziale effettuata dal produttore.

( 22 ) V., nella causa Boots, relazione d'udienza (Race. 1990, pag. I-1235, pagg. 1236-1238, punti 5, 7 e 12) e conclusioni dell'avvocato generale Van Gervcn, paragrafo 2.

( 23 ) Diversamente dai pagamenti effettuati nel sistema dei buoni rimborso, le somme pagate nell'ambito del sistema dei buoni sconto assumono la forma di un rimborso al dettagliante della riduzione di prezzo che gli è stato chiesto äi concedere al consumatore.

( 24 ) V, ad esempio, i passi delle sentenze «patate olandesi» c Naturally Yours citati sopra, nella nota 13.

( 25 ) «Non si può comunque considerare che il rimborso dei buoni da parte del fornitore si risolva in un vero e proprio ribasso praticato da questo, giacché la sua concessione non dipende dalla volontà del fornitore, ma da quella del consumatore, ed esso non è concesso in base agli acquisti effettuati dal rivenditore al minuto, ma in funzione del numero dei prodotti venduti da quest'ultimo a detcrminate condizioni» (conclusioni pubblicate in Droit Fiscal 1974, pag. 37). La sentenza del Conseil d'État e criticata anche dal commentatore della rivista Droit fiscal, il quale ha rilevato che, perché possa configurarsi un «ribasso» in senso proprio, la riduzione del prezzo di vendita a vantaggio dell'acquirente deve andare a carico de! venditore, il che non si verificava nella fattispecie di cui alla sentenza Bcrthicr-Savéco, in cui l'importo corrispondente a tale riduzione gli era accreditato dal produttore (pag. 34).