61994C0289

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 25 aprile 1996. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana. - Inadempimento di uno Stato - Obbligo di previa notifica ai sensi della direttiva 83/189/CEE. - Causa C-289/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-04405


Conclusioni dell avvocato generale


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1 La Commissione delle Comunità europee ha proposto dinanzi alla Corte di giustizia il presente ricorso volto a far dichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato varie normative interne senza averle comunicate alla Commissione allo stato di progetto, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche (1). Trattasi in concreto dei quattro decreti seguenti del ministero della Sanità: i decreti 1_ agosto 1990, nn. 256 e 257, relativi ai molluschi eduli lamellibranchi (2); il decreto 1_ settembre 1990 relativo ai molluschi bivalvi (3), ed il decreto 7 giugno 1991 relativo a specialità medicinali provenienti da organi e tessuti bovini (4).

2 Al fine di determinare nella misura necessaria la portata della controversia, mi riferirò innanzi tutto alla procedura di informazione previa nel settore delle norme tecniche stabilita dalla direttiva 83/189. Esaminerò in seguito i problemi di ricevibilità del ricorso per consacrarmi da ultimo all'esame degli argomenti avanzati dalle parti nel merito.

La procedura di informazione della direttiva 83/189

3 La direttiva 83/189, modificata dalle direttive 88/182/CEE (5) e 94/10/CE (6), ha stabilito una procedura preliminare che, insieme al divieto delle misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative di cui agli artt. 30-36 ed all'armonizzazione delle regolamentazioni nazionali, è diretta ad eliminare gli ostacoli tecnici al commercio intracomunitario.

4 Il criterio fondamentale di tale procedura si rinviene nell'art. 8 della direttiva 83/189 che prevede l'obbligo degli Stati membri di comunicare alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti della trasposizione di una norma nazionale o europea ovvero che tale regola venga adottata allo scopo di integrare disposizioni comunitarie (7). La Commissione comunica senza indugio tali progetti agli Stati membri e, inoltre, pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee l'elenco di tutti i progetti che le vengono notificati allo scopo di agevolarne la conoscenza da parte dei singoli (8).

5 A partire dalla notifica, l'art. 9 della direttiva 83/189 prevede un periodo di statu quo di sei mesi durante il quale la Commissione e gli altri Stati membri possono esaminare il progetto di regola tecnica per stabilirne la compatibilità col diritto comunitario ed emettere, se del caso, un parere circostanziato nei tre mesi successivi alla data della comunicazione. In caso di mancata emissione di tale parere, lo Stato membro interessato può adottare la regola tecnica in parola allo scadere del periodo di statu quo di tre mesi. Tale periodo di statu quo è di sei mesi quando viene emesso un parere circostanziato e viene esteso a dodici mesi, quando la Commissione comunica allo Stato membro la sua intenzione di proporre l'adozione di una disposizione comunitaria in materia (9).

6 L'obbligo di statu quo in parola non è applicabile, a tenore dell'art. 9, n. 3, della direttiva menzionata, nell'ipotesi di situazioni gravi ed imprevedibili che esigono l'elaborazione urgente di regole tecniche da parte di uno Stato membro per tutelare interessi sociali fondamentali come la salute delle persone e degli animali, la preservazione dei vegetali o la sicurezza (10).

7 Tale procedura di previa notifica dei progetti di regole tecniche non è applicabile quando queste ultime sono adottate per adempiere agli obblighi derivanti da una norma comunitaria o da un accordo internazionale, secondo quando dispone l'art. 10 della direttiva 83/189.

Sulla ricevibilità del ricorso

8 La Commissione ha avuto notizia dell'adozione da parte dell'Italia dei quattro decreti ministeriali cui si riferisce il presente ricorso, costituenti a suo giudizio regole tecniche. Non avendo lo Stato italiano osservato la procedura di informazione istituita dalla direttiva 83/189, la Commissione decideva di avviare il procedimento di cui all'art. 169 del Trattato CEE mediante invio al governo italiano di due lettere di costituzione in mora. La prima, in data 12 marzo 1991, riguardava i tre decreti relativi ai molluschi lamellibranchi ed ai molluschi bivalvi eduli e la seconda, del 12 febbraio 1992, concerneva il decreto sulle specialità medicinali provenienti da organi e tessuti bovini. In entrambe le lettere di costituzione in mora la Commissione indicava alle autorità italiane che i decreti erano regole tecniche, la cui mancata notifica alla Commissione allo stadio di progetto costituiva una violazione degli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189. A fronte di tale inadempimento manifesto, la Commissione intimava al governo italiano di presentarle le osservazioni pertinenti e di sospendere l'applicazione delle regole tecniche in questione che a suo giudizio erano inopponibili a terzi.

9 Con riguardo ai tre decreti riferentisi ai molluschi commestibili, il governo italiano ha presentato le sue osservazioni alla Commissione il 18 aprile 1991, segnalando che erano stati adottati per la necessità di controllare il livello di biotossine contenute nelle acque di molluschicoltura, le quali avevano subito un aumento prodotto da una microalga nel mar Adriatico. Il controllo delle biotossine in parola era imprescindibile affinché i molluschi non mettessero in pericolo la salute dei consumatori. Quanto all'altro decreto, le autorità italiane presentavano le loro osservazioni il 31 marzo 1992, indicando che tale norma era stata adottata d'urgenza per far fronte al problema sanitario generato da alcune patologie infettive bovine, comparse in diversi paesi europei.

10 La Commissione riteneva insoddisfacenti le spiegazioni del governo italiano e decideva di proseguire l'istruzione del ricorso per inadempimento, inviandogli un parere motivato relativo ai tre decreti sui molluschi, in data 2 dicembre 1991, ed un altro parere motivato il 23 ottobre 1992 concernente il decreto sulle specialità farmaceutiche di origine bovina. In entrambi i pareri la Commissione riafferma la natura di regole tecniche dei decreti italiani. Tuttavia, la sua asserzione non è motivata nel primo parere, mentre nel secondo parere la Commissione dimostra la sua affermazione attraverso un esame del decreto che le fa considerare il medesimo come una regola tecnica, in quanto contiene disposizioni amministrative obbligatorie de iure quanto ai livelli di sicurezza delle specialità medicinali estratte dagli organi e dai tessuti bovini.

11 Nei due pareri motivati la Commissione respinge le ragioni d'urgenza addotte dal governo italiano, mentre segnala che l'art. 9, n. 3, della direttiva 83/189 consente l'adozione immediata della regola tecnica, però non esime lo Stato dall'obbligo di comunicarlo alla Commissione, indicando le ragioni d'urgenza che ne hanno provocato l'adozione. D'altro canto la Commissione mantiene la propria tesi che le regole tecniche non notificate non producono effetti giuridici opponibili a terzi in ragione dell'efficacia diretta degli obblighi imposti agli Stati dalla direttiva 83/189.

12 Poiché le autorità italiane non hanno dato alcuna risposta ai due pareri motivati in parola, la Commissione ha proposto il presente ricorso dinanzi alla Corte di giustizia, chiedendo che sia dichiarato che l'Italia è venuta meno agli obblighi derivanti dagli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189, in conseguenza dell'adozione dei quattro decreti controversi senza comunicarli (alla Commissione) allo stato di progetto.

13 La Repubblica italiana invoca, quale eccezione di irricevibilità del ricorso, il carattere insufficiente e generico delle lettere di costituzione in mora della Commissione, per la parte in cui essa si limita a considerare i decreti come regole tecniche senza illustrare le ragioni che la portano a tale conclusione, poiché il governo italiano non ha potuto conoscere esattamente i motivi alla base del ricorso né sviluppare adeguatamente le sue difese.

14 Ritengo che l'eccezione in parola addotta dall'Italia vada disattesa. Infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia (11), la lettera di costituzione in mora, nella fase precontenziosa del procedimento per inadempimento, ha lo scopo di circoscrivere l'oggetto del contendere e di fornire allo Stato membro invitato a presentare le sue osservazioni i dati che gli occorrono per predisporre la propria difesa. Nella presente causa le due lettere di costituzione in mora indirizzate dalla Commissione al governo italiano individuano perfettamente l'inadempimento addebitato all'Italia, consistente nell'adozione, senza la comunicazione alla Commissione allo stato di progetto imposta dalla direttiva 83/189, di quattro decreti ministeriali contenenti regole tecniche. Certo le lettere di costituzione in mora si limitano ad esporre succintamente i motivi dell'inadempimento. Ma, come ha segnalato la Corte di giustizia (12), la lettera di costituzione in mora può necessariamente consistere solo in un primo e breve riassunto dei motivi dell'inadempimento, che sarà sviluppato, precisato e discusso dalla Commissione nel parere motivato. Ciò si è verificato nel presente caso, dal momento che i due pareri motivati inviati dalla Commissione alle autorità italiane contengono un'esposizione chiara e sufficientemente argomentata dell'inadempimento addebitato allo Stato italiano.

15 Il governo italiano fa valere, come secondo motivo di irricevibilità del ricorso, il fatto che la Commissione, nel suo parere motivato 2 dicembre 1991 e nella sua domanda, non considera l'adozione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530 che attua la direttiva 91/492/CEE (13). Tale normativa italiana ha sostituito il decreto 1_ agosto 1990, n. 257 ed il decreto 1_ settembre 1990, relativi ai molluschi commestibili, dopo esser stata debitamente notificata alla Commissione la quale ha emesso al riguardo un comunicato dettagliato in data 27 gennaio 1993.

16 Nemmeno tale motivo di irricevibilità può essere accolto. Secondo la costante giurisprudenza «la sussistenza o meno di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine citato nel parere motivato e che, pertanto, la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi» (14). Nella presente causa la nuova normativa italiana è stata adottata dopo la scadenza del termine previsto nel parere motivato affinché l'Italia potesse rimediare al suo inadempimento.

17 In base alle considerazioni precedenti ritengo che non sussiste alcun motivo per dichiarare irricevibile il ricorso proposto dalla Commissione.

Nel merito

18 La Corte ha dovuto esaminare sinora diversi inadempimenti (15) incontestati dell'obbligo di comunicazione dei progetti di regole tecniche, stabilito dalla direttiva 83/189 e due casi controversi di violazione di siffatto obbligo, rispettivamente addebitata alla Germania (16) e al Regno dei Paesi Bassi (17). Nella presente causa il governo italiano contesta l'inadempimento fatto valere dalla Commissione, ritenendo che due dei decreti controversi non costituiscono regole tecniche e che non rientrano quindi nell'ambito di applicazione della direttiva 83/189.

19 L'art. 1, punto 5, della direttiva 83/189 definisce la nozione di «regola tecnica» nei termini seguenti:

«le specificazioni tecniche, comprese le disposizioni che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria de jure o de facto, per la commercializzazione o l'utilizzazione in uno Stato membro o in una parte importante di esso (...)».

Quanto all'art. 1, punto 1, della direttiva 83/189, nella versione modificata dalla direttiva 88/182, esso definisce la nozione di «specificazione tecnica» come:

«la specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili ad un prodotto per quanto riguarda la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marchiatura e l'etichettatura, nonché i metodi e procedimenti di produzione per i prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 38, paragrafo 1 del trattato, per i prodotti destinati all'alimentazione umana ed animale nonché per i medicinali quali definiti all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE (...) modificata da ultimo dalla direttiva 87/21/CEE (...)».

Secondo queste due norme, ritengo che le regole tecniche sono le prassi e le disposizioni legali, regolamentari o amministrative degli Stati membri che impongono il rispetto di talune condizioni per la produzione e la commercializzazione delle merci. Pertanto, è necessario che tre concorrano elementi affinché si configuri una regola tecnica, e cioè: atto promanante da uno Stato membro, obbligatorietà di fatto o di diritto e incidenza sulla produzione e sulla commercializzazione delle merci (18).

20 Nella presente causa il governo italiano contesta la natura di regola tecnica, ai sensi della direttiva 83/189, del decreto ministeriale 1_ agosto 1990, n. 256. Secondo tale governo, il decreto in parola contiene soltanto norme sulla qualità delle acque destinate alla molluschicoltura e non fissa le condizioni della loro commercializzazione. Le specificazioni tecniche comprese in tale decreto non si riferiscono quindi ad un prodotto, bensì alle acque.

21 Siffatto argomento va disatteso. Infatti il decreto n. 256 è una regola tecnica, poiché esso, come indica la Commissione, prevede una strettissima correlazione fra qualità di acque di coltura e commercializzazione per il consumo umano dei molluschi. Detto in altri termini, si potevano commercializzare soltanto i molluschi allevati in acque conformi alle specificazioni tecniche di cui al decreto n. 256. Trattasi pertanto di una regolamentazione dei molluschi destinati al consumo umano che lo Stato italiano ha adottato e che è obbligatoria de iure, regolamentazione che va considerata come regola tecnica.

22 Secondo il governo italiano, non costituisce nemmeno una regola tecnica il decreto 7 giugno 1991 relativo a specialità medicinali ottenute da organi e tessuti bovini, in quanto esso concerne specialità medicinali la cui immissione in commercio è soggetta in ogni Stato membro a previa autorizzazione e disciplina i controlli e le verifiche che l'autorità nazionale può disporre nell'ambito del procedimento di registrazione delle specialità medicinali. Dal suo punto di vista il decreto ministeriale non è una nuova regola tecnica, ma una modalità di esercizio del potere-dovere di sospensione dell'autorizzazione di commercializzazione e del potere di esigere che informazioni complementari vengano presentate a sostegno della richiesta dell'autorizzazione in parola. In risposta al quesito scritto della Corte di giustizia, l'Italia ritiene che la procedura di cui alla direttiva 83/189 si applica esclusivamente alle norme concernenti i metodi ed i procedimenti di fabbricazione delle specialità medicinali, senza alcun pregiudizio per i poteri di controllo e di verifica delle autorità nazionali nell'ambito della disciplina speciale in materia di registrazione delle specialità medicinali istituita dalla direttiva 65/65/CEE (19).

23 A mio parere tale argomento non può essere accolto. Il decreto 7 giugno 1991 è una regola tecnica, ai sensi della direttiva 83/189, poiché trattasi di una regolamentazione adottata dallo Stato italiano, obbligatoria de iure, che stabilisce le condizioni di sicurezza necessarie per le specialità medicinali preparate con organi e tessuti bovini al fine di autorizzare la loro commercializzazione. Il fatto che si tratti di prodotti medicinali non implica la non applicazione della direttiva 83/189, dato che l'art. 1, n. 1, come modificato dalla direttiva 88/182, considera specificazioni tecniche i metodi ed i procedimenti di fabbricazione relativi ai medicinali, così come sono definiti all'art. 1 della direttiva 65/65. Inoltre la direttiva 88/182 ha modificato anche l'art. 1, n. 7, della direttiva 83/189 estendendone l'applicazione ai «prodotti di fabbricazione industriali e i prodotti agricoli», il che implica l'assoggettamento alla procedura di informazione dei medicinali definiti nella direttiva 65/65, dopo l'esclusione espressa di questi ultimi che figurava nella versione iniziale dell'art. 1, n. 7, della direttiva 83/189.

Peraltro la Corte di giustizia (20) ha ritenuto applicabile la direttiva 83/189 ad una normativa tedesca che estendeva agli strumenti medici sterili del tipo destinato ad essere usato una sola volta gli obblighi in materia di etichettatura previsti per i medicinali dalla direttiva 65/65.

24 Ad ogni modo il decreto italiano non disciplina il procedimento di autorizzazione del tipo di specialità medicinali in parola, in attuazione della direttiva 65/65 e delle successive direttive che la modificano, bensì detta una serie di condizioni cui va assoggettata la commercializzazione del medesimo, condizioni intese ad evitare i rischi sanitari derivanti dal diffondersi di patologie infettive bovine (in particolare la pericolosa encefalopatia spongiforme bovina, meglio conosciuta come «infermità delle vacche folli»). La normativa italiana subordina la fabbricazione e la commercializzazione di medicinali preparati con tessuto ed organi bovini a condizioni rigorose, dirette a prevenire le possibili conseguenze nocive dell'«infermità delle vacche folli». Si è in presenza quindi di una regola tecnica che avrebbe dovuto esser comunicata alla Commissione ex art. 8 della direttiva 83/189. Non costituendo la normativa italiana una misura di attuazione delle disposizioni comunitarie applicabili in materia di registrazione di specialità medicinali, non poteva applicarsi l'eccezione prevista all'art. 10 della direttiva 83/189.

25 Non possono nemmeno essere accolte le ragioni d'urgenza, derivanti da una situazione di rischio sanitario, addotte dall'Italia onde giustificare il difetto di comunicazione dei quattro decreti ministeriali. L'art. 9, n. 3, della direttiva 83/189 stabilisce una deroga all'obbligo di statu quo di cui ai precedenti paragrafi di tale norma, al fine di consentire, come indicato, l'adozione delle regole tecniche per ragioni urgenti, senza notificarle alla Commissione allo stadio di progetto. Orbene, gli Stati membri sono obbligati a comunicare alla Commissione la regola tecnica adottata, indicando i motivi che hanno giustificato la sua adozione urgente. In definitiva, l'art. 9, n. 3 contiene un'eccezione all'obbligo di statu quo, ma non esime lo Stato membro dall'obbligo di comunicare la regola tecnica alla Commissione, consacrato dall'art. 8. La Repubblica italiana non ha proceduto a notificare a posteriori i decreti ministeriali alla Commissione.

26 Da ultimo il governo italiano contesta alcuni aspetti dell'inadempimento addebitatole dalla Commissione, basandosi sull'art. 10 della direttiva 83/189, secondo il quale non v'è alcun obbligo di comunicare alla Commissione le regole tecniche adottate in forza di disposizioni comunitarie.

27 In tal senso, l'Italia considera che il decreto n. 256, concernente i requisiti delle acque destinate alla molluschicoltura, costituisce l'attuazione della direttiva 79/923CEE (21). In risposta al quesito scritto formulato dalla Corte di giustizia, le autorità italiane affermano che l'unica specificazione tecnica del decreto n. 256, cioè la sospensione della raccolta di molluschi nelle acque contaminate da biotossine prevista all'art. 4, n. 5, si collega all'art. 7 della direttiva 79/923, che permette all'autorità competente di adottare le misure appropriate in caso di non conformità delle acque ai requisiti di qualità imposti dalla direttiva. Secondo le dette autorità, il divieto temporaneo della raccolta di molluschi in tali acque contaminate è una misura appropriata ai sensi della direttiva.

28 Gli argomenti invocati dalla Commissione, in risposta al quesito scritto della Corte di giustizia sul rapporto tra il decreto n. 256 e la direttiva 79/923, permettono di disattendere senza alcuna ombra di dubbio la posizione difesa dall'Italia. Infatti l'adattamento dell'ordinamento interno italiano alla direttiva 79/923 è stato attuato tramite il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131 (22) che disciplina in modo globale gli standards sanitari imposti alle acque destinate alla molluschicoltura. Pur contenendo nei `considerando' un riferimento alla direttiva 79/923, nemmeno il decreto n. 256 rappresenta un'attuazione parziale della direttiva in parola, giacché si limita a rafforzare le procedure di misurazione e monitoraggio periodici delle acque destinate alla molluschicoltura, in conformità della normativa italiana precedente alla direttiva, allo scopo di controllare il livello delle biotossine dei molluschi e la loro idoneità ai fini del consumo umano. Al contrario la direttiva 79/923 comporta un ambito di applicazione molto più vasto, dal momento che essa stabilisce un complesso sistema di classificazione delle acque destinate alla molluschicoltura conformemente ai parametri fissati nell'allegato, nonché un programma di disinquinamento progressivo delle dette acque.

29 D'altro canto la Repubblica italiana adduce che, prima della data di emissione del parere motivato riferentesi al decreto 1_ agosto 1990, n. 257 ed al decreto 1_ settembre 1990, è stata adottata la direttiva 91/492. Secondo l'Italia, entrambi i decreti sarebbero stati convertiti nelle disposizioni di attuazione della direttiva 91/492 e, conseguentemente, la loro comunicazione alla Commissione ex art. 10 della direttiva 83/189 non si rivelava necessaria. Tale argomentazione è inammissibile, poiché il contenuto dei due decreti italiani mette in risalto la loro insufficienza al fine di porre in essere norme interne di attuazione della direttiva 91/492, la quale contiene disposizioni molto più precise ed esaustive sulla commercializzazione dei molluschi. Tale affermazione può essere corroborata dalla circostanza che l'Italia ha adottato il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530, allo scopo di attuare la direttiva 91/492 nell'ordinamento giuridico italiano, decreto che deroga ai procedenti decreti ministeriali relativi alla commercializzazione dei molluschi. Ne consegue che l'art. 10 della direttiva 83/189 non è applicabile ai due decreti italiani in questione, dato che essi non costituiscono la normativa di attuazione di disposizioni comunitarie.

30 Sulla base di quanto precede ritengo che la Repubblica italiana, non avendo comunicato alla Commissione i quattro decreti ministeriali controversi allo stadio di progetto, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma degli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189.

31 Non potendo essere accolte le conclusioni fatte valere dalla convenuta, la Repubblica italiana va condannata alle spese conformemente all'art. 169, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura.

Conclusione

32 A tenore delle considerazioni precedenti propongo alla Corte di giustizia che:

«1) Dichiari l'inadempimento da parte della Repubblica italiana degli obblighi ad essa incombenti a norma degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche, per aver adottato senza comunicarli alla Commissione allo stadio di progetto, i decreti 1_ agosto 1990, nn. 256 e 257, relativi ai molluschi eduli lamellibranchi; il decreto 1_ settembre 1990 relativo ai molluschi bivalvi, ed il decreto 7 giugno 1991 relativo a specialità medicinali provenienti da organi e tessuti bovini.

2) Condanni la Repubblica italiana alle spese».

(1) - GU L 109, pag. 8.

(2) - Decreto ministeriale n. 256, 1_ agosto 1990, regolamento recante modificazioni al decreto ministeriale 27 aprile 1978 concernente i requisiti microbiologici, biologici, chimici e fisici delle zone acquee sede di banchi e di giacimenti naturali di molluschi eduli lamellibranchi e delle zone acquee destinate a molluschicoltura, ai fini della classificazione in approvate, condizionate e precluse (GURI n. 211, del 10 settembre 1990, pag. 5).<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>Decreto ministeriale n. 257, 1_ agosto 1990, regolamento recante modificazioni al decreto ministeriale 5 ottobre 1978 concernente i requisiti microbiologici, chimici e biologici dei molluschi eduli lamellibranchi in relazione alla loro destinazione. Modalità di prelievo dei molluschi eduli da sottoporre ad analisi durante le varie fasi della produzione e commercializzazione (GURI n. 211, del 10 settembre 1990, pag. 7).

(3) - Decreto ministeriale 1_ settembre 1990, metodi di analisi per la determinazione delle biotossine algali nei molluschi bivalvi, nonché per la determinazione qualitativa e quantitativa dei popolamenti fitoplanctonici nelle acque marine adibite alla molluschicoltura (GURI n. 218, del 18 settembre 1990).

(4) - Decreto 7 giugno 1991, recante misure relative a specialità medicinali provenienti da organi e tessuti bovini (GURI n. 135, dell'11 giugno 1991, pag. 13).

(5) - Direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE, che modifica la direttiva 83/189/CEE che prevede una procedura d'informazioni tecniche (GU L 81, pag. 75).

(6) - Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 marzo 1994, 94/10/CE, recante seconda modifica sostanziale della direttiva 83/189/CEE che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche.

(7) - In concreto l'art. 8 della direttiva 83/189, modificato dalla direttiva 88/182, stabilisce quanto segue:<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>«1. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti di una semplice trasposizione integrale di una norma internazionale o europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica, a meno che non risultino già dal progetto. Se del caso, gli Stati membri comunicano simultaneamente il testo delle disposizioni legislative e regolamentari di base principalmente e direttamente interessate, se la conoscenza di questi testi è necessaria per valutare la portata del progetto di norma tecnica.<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>La Commissione informa gli altri Stati membri del progetto; essa può anche sottoporlo al parere del comitato di cui all'articolo 5 e, se del caso, al comitato competente del settore in questione».

(8) - V., in proposito la comunicazione della Commissione 17 marzo 1989, 89/C 67/03, riguardante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee dei titoli dei progetti di regolamentazioni tecniche notificati dagli Stati membri sulla base della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, modificata dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE (GU C 67, pag. 3).

(9) - L'art. 9 della direttiva 83/189, modificato dalla direttiva 88/182/CEE, dispone:<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>«1. Fatti salvi i paragrafi 2 e 2 bis, gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di sei mesi, a decorrere dalla data di comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, se la Commissione o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta deve essere modificata per eliminare o limitare gli ostacoli alla libera circolazione dei beni che potrebbero eventualmente derivarne. Lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tale parere circostanziato. La Commissione commenta tale reazione.<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>2. Il termine indicato al paragrafo 1 è di dodici mesi se la Commissione, nei tre mesi che seguono la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, comunica la sua intenzione di proporre o di adottare una direttiva in materia.<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>2 bis. Qualora la Commissione constati che una comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, riguarda una materia contemplata da una proposta di direttiva e di regolamento presentata al Consiglio, essa notifica quanto constatato allo Stato membro interessato, entro i tre mesi successivi a tale comunicazione.<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>Gli Stati membri si astengono dall'adottare norme tecniche riguardanti una materia oggetto di una proposta di direttiva o di regolamento presentata dalla Commissione al Consiglio anteriormente alla comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di presentazione della suddetta proposta.<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>Il ricorso ai paragrafi 1, 2 e 2 bis del presente articolo non può essere cumulativo».

(10) - Il n. 3 dell'art. 9 della direttiva 83/189, modificato dalla direttiva 89/182, stabilisce quanto segue:<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>«I paragrafi 1, 2 e 2 bis non sono applicabili se uno Stato membro, per urgenti motivi attinenti alla tutela della salute delle persone, degli animali, alla preservazione dei vegetali o alla sicurezza, deve elaborare in brevissimo tempo norme tecniche per adottarle e applicarle tempestivamente, senza che sia possibile procedere ad una consultazione. Lo Stato membro indica nella comunicazione di cui all'articolo 8 i motivi che giustificano l'urgenza delle misure. In caso di ricorso abusivo a queste procedure, la Commissione prende le misure appropriate».

(11) - Tra le altre, sentenze 15 novembre 1988, causa 229/87, Commissione/Grecia (Racc. pag. 6347, punto 12), 28 marzo 1985, causa 274/83, Commissione/Italia (Racc. pag. 1077), e 11 luglio 1984, causa 51/83, Commissione/Italia (Racc. pag. 2793).

(12) - Tra le altre, sentenze 28 febbraio 1985, Commissione/Italia, già citata, e 31 gennaio 1984, causa 74/82, Commissione/Irlanda (Racc. pag. 317).

(13) - Direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/492/CEE, che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e alla commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi.

(14) - Sentenze 17 novembre 1992, causa C-105/91, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-5871, punto 21), 24 marzo 1994, causa C-80/92, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1019), e 18 maggio 1994, causa C-118/92, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-1891).

(15) - Sentenze 2 agosto 1993, causa C-139/92, Commissione/Italia (Racc. pag. I-4707), 14 luglio 1994, causa C-52/93, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-3591) e 14 luglio 1994, causa C-61/93, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-3607).

(16) - Sentenza 1_ giugno 1994, causa C-317/92, Commissione/Germania (Racc. pag. I-2039).

(17) - Sentenza 11 gennaio 1996, causa C-273/94, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-0000).

(18) - Per un'analisi approfondita della nozione in parola di regola tecnica, v. le mie conclusioni presentate il 12 ottobre 1995, causa C-273/94, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-000, paragrafi 22-24).

(19) - Direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369).

(20) - Sentenza Commissione/Germania, citata (nota 16).

(21) - Direttiva del Consiglio 30 ottobre 1979, 79/923/CEE, relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (GU L 281, pag. 3).

(22) - GURI, n. 41, del 19 febbraio 1992.