Conclusioni dell'avvocato generale Cosmas del 14 novembre 1995. - Société Bautiaa contro Directeur des services fiscaux des Landes e Société française maritime contro Directeur des services fiscaux du Finistère. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de grande instance de Dax e Tribunal de grande instance de Quimper - Francia. - Art. 7, n. 1, della direttiva 69/335/CEE - Imposte indirette sulla raccolta di capitali - Imposta sui conferimenti - Fusione di società - Esenzione. - Cause riunite C-197/94 e C-252/94.
raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-00505
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Le due questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dal tribunal de grande instance di Dax (causa C-197/94) e dal tribunal de grande instance di Quimper (causa C-252/94) vertono sull'interpretazione dell'art. 7 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (1) (in prosieguo: la «direttiva 69/335»). In entrambi i casi, i giudici nazionali hanno reputato necessario sollevare le questioni pregiudiziali al fine di poter valutare se siano compatibili con la direttiva 69/335 determinate disposizioni del Code général des impôts francese (in prosieguo: il «CGI») relative al regime fiscale delle fusioni tra società.
I - I fatti
A - Procedimento C-197/94
1 In forza di un contratto sottoscritto il 5 novembre 1990, la SARL Société Nouvelle de Matériaux et Travaux Publics (in prosieguo: la «SNMTP») ha conferito a titolo di fusione alla Société Anonyme Bautiaa (in prosieguo: la «Bautiaa») il suo intero patrimonio attivo, per un valore netto di 1 931 948 FF, a fronte dell'attribuzione di 142 nuove azioni della Bautiaa del valore nominale di 250 FF ciascuna. Il contratto di fusione prevedeva tra l'altro che l'imposta proporzionale di registro dell'1,20%, applicabile alle fusioni, sarebbe stata corrisposta sull'importo di 1 881 948 FF, pari alla differenza tra il valore netto dell'attivo conferito dalla SNMTP e l'importo liberato ma non ammortizzato del suo capitale sociale.
2 La fusione è stata registrata all'esattoria di Dax Sud il 9 gennaio 1991. Lo stesso giorno, la Bautiaa ha versato la citata imposta proporzionale di registro (2).
3 Il 31 dicembre 1991 la Bautiaa ha proposto reclamo dinanzi all'amministrazione tributaria, chiedendo il rimborso della somma così versata, oltre ad interessi, e deducendo l'incompatibilità della norma (art. 816-I-2_ del CGI) che assoggetta le operazioni di fusione tra società ad un'imposta proporzionale di registro dell'1,20% con la direttiva 69/335, la quale, come modificata dalla direttiva 85/303/CEE (3) (in prosieguo: la «direttiva 85/303»), vieta, sempre secondo la Bautiaa, la riscossione di imposte sulle fusioni effettuate dopo il 1_ gennaio 1986.
4 A seguito del rigetto del reclamo con provvedimento espresso del direttore degli uffici tributari delle Landes (4), il 9 luglio 1992 la Bautiaa ha citato quest'ultimo dinanzi al tribunal de grande instance di Dax, chiedendo la restituzione dell'impoto versato a titolo di imposta proporzionale di registro, oltre agli interessi di mora. Al fine di dirimere la controversia dinanzi a lui pendente, il tribunal de grande instance di Dax ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se gli artt. 99 e segg. del Trattato e l'art. 7 della direttiva 17 luglio 1969, 69/335/CEE (modificata da ultimo dalla direttiva 10 giugno 1985, 85/303/CEE) debbano essere interpretati nel senso che ostano all'applicazione di una normativa nazionale che mantiene in vigore un'imposta di registro dell'1,20% sulle operazioni di fusione di società, come prevedono gli artt. da 812 a 816-I del Code général des impôts».
B - Procedimento C-252/94
5 Il giudice a quo è parco nell'informarci sulle circostanze che hanno determinato l'insorgere dell'obbligo fiscale la cui sussistenza è discussa nella causa dinanzi a lui pendente. Dalla lettura combinata degli scarsi dati forniti dall'ordinanza di rinvio e delle osservazioni scritte presentate alla Corte dalla Société française maritime SA, attrice nella causa principale (in prosieguo: la «SFM»), non il cui contenuto non è contestato, si evince quanto segue:
a) tra il 1987 e il 1991 la SFM ha assorbito quindici altre società;
b) per la registrazione dei relativi atti di fusione, la SFM ha versato, rispettivamente il 27 gennaio 1987, il 17 gennaio 1989 e il 23 gennaio 1991, un'imposta proporzionale di registro pari all'1,20%, oltre a una tassa fissa di registrazione;
c) gli importi versati a tale titolo ammontano complessivamente a 1 406 940 FF.
6 Il 20 novembre 1992, la SFM ha citato dinanzi al tribunal de grande instance di Quimper il direttore degli uffici tributari del Finistère chiedendo la restituzione degli importi versati a titolo di imposta proporzionale di registro sulle operazioni di fusione di cui sopra. Secondo quanto esposto nell'atto introduttivo, l'art. 816-I-2_ del CGI, che prevede l'imposizione contestata, sarebbe in contrasto con la direttiva 69/335, il cui art. 7, nella versione di cui alla direttiva 85/303 - sempre secondo la SFM - vieta la riscossione di un'imposta proporzionale sulle fusioni di società dal 1_ gennaio 1986.
7 Con ordinanza 9 agosto 1994, il tribunal de grande instance di Quimper ha dichiarato:
a) che in base alla normativa nazionale vigente (art. R* 196-1 del Livre des procédures fiscales) l'azione della SFM, nella parte riguardante la restituzione degli importi versati a titolo di imposta proporzionale di registro per gli anni 1987 e 1989, è prescritta;
b) che al fine di dirimere la controversia, per la parte riguardante l'imposta proporzionale di registro versata nel 1991, occorreva sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la direttiva 10 giugno 1985, 85/303/CEE (GU L 156, pag. 23), che determina in particolare il regime fiscale delle fusioni e che dispone che "gli Stati membri esentano dall'imposta sui conferimenti le operazioni (...) che, alla data del 1_ luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad un'aliquota pari o inferiore a 0,50%" (art. 7, n. 1, della direttiva), in combinato disposto con la direttiva 9 aprile 1973, 73/80/CEE (GU L 103, pag. 15), che ha fissato, con effetto dal 1_ gennaio 1976, a 0,50% il limite massimo delle imposte riscosse all'atto delle fusioni, autorizzi la riscossione di un'imposta proporzionale di registro dell'1,20% da parte dell'amministrazione tributaria di uno Stato membro all'atto di un'operazione di fusione».
II - La normativa nazionale
8 Le ordinanze di rinvio non illustrano in extenso le norme nazionali controverse. Il loro contenuto non è comunque contestato dalle parti che hanno presentato osservazioni scritte alla Corte.
In particolare:
Il CGI, nella versione vigente all'epoca dei fatti, fissava all'art. 810-I e II per l'imposta di registro riscossa sui conferimenti mobiliari e per l'imposta di registro e la tassa di pubblicità fondiaria riscosse sui conferimenti immobiliari un'aliquota dell'1%. La stessa legge disponeva all'art. 812-I-1_ che:
«(...) l'imposta prevista dall'art. 810-I è riscossa all'aliquota del 3% allorché si applica agli atti che comportano aumento, mediante l'incorporazione di utili, di riserve o di accantonamenti di qualunque natura, del capitale delle società di cui all'art. 108» (quelle cioè soggette all'imposta sulle società),
mentre, ai sensi dell'art. 816-I,
«Gli atti relativi ad operazioni di fusione cui partecipano esclusivamente persone giuridiche o enti soggetti all'imposta sulle società fruiscono del seguente regime: 1) è riscossa un'imposta fissa di registro o una tassa fissa di pubblicità fondiaria pari a 1 220 FF; 2) l'imposta proporzionale del 3 % prevista dall'art. 812-I-1_ è ridotta all'1,20%. Essa si calcola sul valore dell'attivo netto della società assorbita, previa deduzione dell'importo liberato e non ammortizzato del capitale sociale(...)».
9 Nelle osservazioni scritte presentate alla Corte, il governo francese ha spiegato che, in epoca successiva a quella in cui la Bautiaa e la SFM sono state sottoposte ai gravami fiscali qui in discussione, le relative norme del CGI sono state radicalmente modificate: con la legge finanziaria per il 1992 (legge 91-1322 del 30 dicembre 1991) l'imposta proporzionale di registro dell'1%, prevista per i conferimenti dall'art. 810-I e II, è stata sostituita da un diritto fisso di 430 FF, mentre la legge finanziaria per il 1994 (legge 93-1352 del 30 dicembre 1993) ha abolito sia l'imposta proporzionale di registro del 3% di cui all'art. 812-I-1_, applicata sugli aumenti di capitale mediante incorporazione di utili, riserve o accantonamenti, sia la corrispondente imposta dell'1,20% prevista dall'art. 816-I-2_, riscossa sulle fusioni. L'abolizione di queste ultime due imposte riguarda tutte le operazioni (aumenti di capitale e fusioni) effettuate dopo il 15 ottobre 1993.
III - La normativa comunitaria
10 La direttiva 69/335, emanata sul fondamento degli artt. 99 e 100 del Trattato, dispone all'art. 1 che gli Stati membri applicano un'imposta sui conferimenti alle società di capitali, armonizzata in conformità alle disposizioni degli artt. da 2 a 9 della direttiva stessa. L'art. 4, n. 1, lett. c), della direttiva assoggetta all'imposta sui conferimenti, tra l'altro, «l'aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura», mentre, secondo il n. 2, lett. a), dello stesso articolo, nella versione originaria, potevano essere soggette all'imposta sui conferimenti, tra l'altro, «l'aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante incorporazione di utili, riserve o provvigioni» (5). Gli artt. 5 e 6 determinano la base imponibile, mentre l'art. 7, relativo alle aliquote applicabili, nella versione originariamente vigente disponeva quanto segue:
«1. (...)
a) l'aliquota dell'imposta sui conferimenti non può superare il 2% né essere inferiore all'1%;
b) tale aliquota è ridotta del 50% almeno quando una o più società di capitali conferiscono la totalità dei loro patrimoni, o uno o più rami della loro attività, ad una o più società di capitali in via di creazione o già esistenti.
(...)
4) Quando uno Stato membro fa uso della facoltà di cui all'art. 4, paragrafo 2, l'imposta sui conferimenti può essere ridotta».
Hanno fatto seguito:
a) la direttiva 73/80/CEE (6), il cui art. 1 ha fissato all'1% l'aliquota dell'imposta sui conferimenti di cui all'art. 7 della direttiva 69/335, e il cui art. 2 ha fissato dallo 0 allo 0,50% l'aliquota ridotta prevista dall'art. 7, n. 1, lett. b) della stessa direttiva, in entrambi i casi a partire dal 1_ gennaio 1976;
b) la direttiva 85/303, il cui art. 1, n. 2, ha sostituito l'art. 7 della direttiva 69/335 nel modo che segue:
«1) Gli Stati membri esentano dall'imposta sui conferimenti le operazioni diverse da quelle di cui all'art. 9 e che, alla data del 1_ luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad un'aliquota pari o inferiore allo 0,50% (...).
2) Gli Stati membri possono esentare dall'imposta sui conferimenti o assoggettare ad un'unica aliquota non superiore all'1% le operazioni diverse da quelle di cui al paragrafo 1.
3) (...)».
Infine, la direttiva 69/335 prevede all'art. 9 che:
«Talune categorie di operazioni o di società di capitali possono essere oggetto di esenzioni, riduzioni o maggiorazioni delle aliquote per motivi di equità fiscale o di ordine sociale ovvero per permettere ad uno Stato membro di far fronte a situazioni particolari. Lo Stato membro che intende adottare una siffatta misura si rivolge alla Commissione in tempo utile e ai fini dell'applicazione dell'art. 102 del Trattato»
mentre all'art. 10 dispone quanto segue:
«Oltre all'imposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto concerne le società, associazioni o persone giuridiche che perseguono scopi di lucro, nessuna altra imposizione, sotto qualsiasi forma: a) per le operazioni previste all'art. 4; b) per i conferimenti, prestiti o prestazioni, effettuati nel quadro delle operazioni previste all'art. 4; c) per l'immatricolazione o per qualsiasi altra formalità preliminare all'esercizio di un'attività, alla quale una società, associazione o persona giuridica che persegue scopi di lucro può essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica».
IV - Osservazioni preliminari
11 Riferendomi ai fatti di cui alla causa C-252/94, ho già segnalato (v. supra, paragrafo 7) che il tribunal de grande instance di Quimper ha ritenuto necessario, per dirimere la controversia dinanzi a lui pendente sulla legittimità della riscossione dell'imposta di registro per l'anno 1991, sollevare una questione pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 7 della direttiva 69/335; tuttavia, contemporaneamente, ha dichiarato che, per quanto riguardava la riscossione della stessa imposta per gli anni 1987 e 1989, l'azione della SFM era prescritta.
12 Per confutare l'eccezione di prescrizione sollevata dall'amministrazione tributaria, la SFM si è richiamata dinanzi al tribunal de grande instance alla sentenza della Corte 25 luglio 1991, causa C-208/90, Emmott (7). Con tale sentenza la Corte ha dichiarato (v., in particolare, punto 23) che, qualora uno Stato membro, in violazione di un suo obbligo in tal senso, non abbia trasposto nel proprio ordinamento interno le disposizioni di una direttiva, detto Stato «fino al momento della trasposizione corretta della direttiva (...) non può eccepire la tardività di un'azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo ai fini della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni della direttiva e (che) un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a decorrere solo da tale momento». Orbene, nelle osservazioni scritte presentate alla Corte la SFM deduce che la decisione del giudice nazionale in merito alla tardività della domanda di restituzione dell'imposta versata negli anni 1987 e 1989 è in contrasto con la giurisprudenza Emmott, e chiede alla Corte di precisare, nel risolvere la questione pregiudiziale del tribunal de grande instance di Quimper, che il termine di prescrizione dell'azione di restituzione dell'imposta indebitamente versata decorre soltanto dalla corretta trasposizione della direttiva 69/335 nell'ordinamento interno.
13 E' evidente che la Corte non può occuparsi di questo profilo della questione.
L'art. 177 del Trattato ripartisce le competenze nell'ambito del procedimento pregiudiziale in modo che il giudice a quo sia l'unico competente a determinare l'oggetto delle questioni pregiudiziali che intende sollevare. La Corte non può quindi, su domanda di una delle parti nella causa principale, esaminare una questione che non le sia stata sottoposta dal giudice nazionale o ampliare l'oggetto della questione sollevata (8). Ciò vale ovviamente a maggior ragione allorché, come nella fattispecie, una delle parti nella causa a qua chiede alla Corte di esaminare una questione sollevata dinanzi al giudice nazionale, con riferimento alla quale quest'ultimo ha rifiutato, pur tacitamente, di sollevare una questione pregiudiziale (9).
14 La domanda della SFM non può d'altronde essere presa in considerazione anche per un'altra ragione, ancor più decisiva: come la Corte ha dichiarato, essa non è competente a conoscere del rinvio pregiudiziale qualora, al momento in cui viene effettuato, il procedimento dinanzi al giudice a quo sia ormai concluso (10). Nel caso di specie, l'azione promossa dalla SFM continua ad essere pendente dinanzi al tribunal de grande instance di Quimper, ma soltanto per la parte vertente sulla restituzione dell'imposta versata nel 1991. Per la parte invece relativa alla restituzione dell'imposta versata negli anni 1987 e 1989, non vi è più una causa pendente dinanzi al giudice nazionale, atteso che, sul punto, l'azione della SFM è stata dichiarata irricevibile perché prescritta. Tuttavia, il problema sollevato dalla SFM (se cioè il termine previsto dal diritto nazionale per promuovere un'azione di restituzione di un'imposta indebitamente versata cominci a decorrere prima della corretta trasposizione della direttiva nell'ordinamento interno) riguarda esclusivamente quella parte della controversia con riferimento alla quale il procedimento dinanzi al giudice di rinvio si è già concluso e, di conseguenza, la Corte non è competente a conoscere della questione. Mi si consenta infine di aggiungere, anche se pare ovvio, che l'art. 177 del Trattato, il quale non instaura tra la Corte di giustizia e il giudice nazionale un rapporto gerarchico bensì un rapporto di collaborazione, non consente certamente alla Corte di controllare, come organo gerarchicamente superiore, la correttezza, dal punto di vista del diritto comunitario, delle motivazioni che hanno indotto il tribunal de grande instance di Quimper a respingere parzialmente la domanda della SFM per intervenuta prescrizione (11).
V - Sulle questioni pregiudiziali
15 Fatta salva la diversa formulazione, le questioni pregiudiziali sollevate dal tribunal de grande instance di Dax e dal tribunal de grande instance di Quimper sollevano esattamente lo stesso problema: se, alla luce di quanto disposto dall'art. 7 della direttiva 69/335, come sostituito dalla direttiva 85/303, uno Stato membro possa riscuotere un'imposta proporzionale dell'1,20% sulle operazioni descritte nelle due ordinanze di rinvio e definite dai due giudici a quibus come «operazioni di fusione di società».
16 Tanto le società Bautiaa e SFM quanto la Commissione propongono di risolvere la questione in senso negativo. Il governo francese sostiene invece che, all'epoca di cui trattasi, la riscossione dell'imposta controversa era ammissibile, in quanto la stessa, nell'ambito del regime fiscale francese, assolveva una funzione particolare, cui la Francia si era richiamata in fase di elaborazione della direttiva 69/335 per ottenere un regime di eccezione in favore di tale imposta.
17 Per affrontare la questione, ritengo necessario esaminare anzitutto il carattere dell'imposta su cui vertono le questioni pregiudiziali sotto il profilo delle norme della direttiva 69/335 (v. infra, sub A). Esaminerò poi i due argomenti dedotti dal governo francese, vale a dire se il carattere dell'imposta di cui trattasi nell'ambito del regime istituito con la direttiva 69/335 possa essere influenzato dall'eventuale particolarità della sua natura o della sua funzione nell'ambito del regime fiscale francese (v. infra, sub B) e se esista, sotto l'impero della citata direttiva, un regime speciale per quanto riguarda l'imposta in oggetto (v. infra, sub c).
A - La natura dell'imposta controversa alla luce della direttiva 69/335
18 Come la Corte ha sottolineato fin dalla sua prima pronuncia pregiudiziale sull'interpretazione delle norme della direttiva 69/335 (12), dal preambolo della stessa emergono chiaramente gli scopi perseguiti dal legislatore comunitario con la sua emanazione: per promuovere la libera circolazione dei capitali, considerata presupposto essenziale della creazione di una unione economica avente caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, occorreva abolire le discriminazioni, le disparità e le doppie imposizioni derivanti dall'applicazione da parte degli Stati membri di imposte indirette sulla raccolta di capitali. A tal fine è stata ritenuta necessaria, da una parte, l'abolizione dell'imposta di bollo sui titoli, dall'altra, la sostituzione dell'imposta riscossa dagli Stati membri sui conferimenti di capitali in società con un'imposta da versarsi una sola volta nel mercato comune, che fosse di pari livello in tutti gli Stati membri. E' stata quindi introdotta un'imposta unica sui conferimenti in società, armonizzata non solo per quanto riguarda la sua struttura ma anche con riferimento alle aliquote.
19 Ho già detto (v. supra, III) che l'art. 4 della direttiva 69/335 elenca le operazioni soggette all'imposta armonizzata sui conferimenti (n. 1) e le operazioni che gli Stati membri possono gravare dell'imposta (n. 2), mentre l'art. 7, sulla cui interpretazione si interrogano i giudici a quibus, riguarda le aliquote dell'imposta armonizzata.
20 L'art. 7, n. 1, lett. a), come originariamente vigente, disponeva che l'aliquota dell'imposta sui conferimenti non poteva superare il 2%, né essere inferiore all'1%. La lett. b) dello stesso paragrafo prevedeva tuttavia che l'aliquota fosse «ridotta del 50% almeno», tra l'altro, quando una o più società di capitali conferiscono la totalità dei loro patrimoni ad una o più società di capitali già esistenti, purché [v. lett. b), secondo comma, primo trattino], in via di principio, tali conferimenti siano remunerati esclusivamente mediante attribuzione di quote sociali. Pertanto, dal 1_ gennaio 1972 (data entro la quale, ai sensi dell'art. 13 della direttiva, occorreva mettere in vigore le disposizioni necessarie per la sua attuazione) gli Stati membri avevano la facoltà vuoi di esentare dall'imposta sui conferimenti le operazioni di cui alla citata lett. b), vuoi di introdurre, espressamente per tali operazioni, un'aliquota ridotta, non superiore al 50% dell'aliquota comune armonizzata. Successivamente, l'art. 2 della direttiva 73/80 ha disposto che, dal 1_ gennaio 1976, gli Stati membri potevano esentare le citate operazioni dall'imposta sui conferimenti, applicando loro un'aliquota dello 0%, oppure sottoporle ad un'imposta sui conferimenti non superiore allo 0,50%. Infine, l'art. 1, n. 2, della direttiva 85/303, ha sostituito l'art. 7 della direttiva 69/335 con una disposizione secondo la quale (n. 1) gli Stati membri - fatto salvo quanto disposto dall'art. 9 della direttiva 69/335 - esentano dall'imposta sui conferimenti le operazioni che, alla data del 1_ luglio 1984, erano esentate o assoggettate ad un'aliquota pari o inferiore a 0,50%. E' stato così portato a compimento il progressivo sgravio delle operazioni cui faceva riferimento l'art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva 69/335, come originariamente vigente: se, ai sensi della direttiva 73/80, le operazioni di cui trattasi, già dal 1_ gennaio 1976, dovevano essere esentate dall'imposta sui conferimenti oppure soggiacervi ma ad un'aliquota pari o inferiore allo 0,50%, esse sono obbligatoriamente esentate dal 1_ gennaio 1986, data limite per l'introduzione da parte degli Stati membri delle disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 85/303 (13).
21 Non serbo dubbi sul fatto che un'operazione avente le caratteristiche di quella descritta nell'ordinanza di rinvio del tribunal de grande instance di Dax come fatto generatore dell'imposta versata dalla Bautiaa debba essere annoverata tra le operazioni cui si riferiva l'art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva, nella versione originaria. Stando a quanto esposto nell'ordinanza di rinvio, l'operazione è consistita infatti nel conferimento, da parte della SNMTP, del suo intero patrimonio attivo alla società Bautiaa, verso corrispettivo (a quanto pare esclusivo) dell'attribuzione di azioni di quest'ultima società (14). Sebbene il tribunal de grande instance di Quimper non fornisca analoghi elementi sulla natura delle operazioni la cui tassazione ha indotto la SFM ad esperire l'azione dinanzi ad esso ora pendente, ritengo assodato - soprattutto in considerazione del fatto che nel descrivere tali operazioni la relativa ordinanza di rinvio ha utilizzato la stessa espressione di diritto nazionale («operazioni di fusione») cui ha fatto ricorso il tribunal de grande instance di Dax per descrivere le operazioni per le quali è stata tassata la Bautiaa - che le operazioni effettuate dalla SFM presentino le medesime caratteristiche (15).
22 Alla luce di queste circostanze, si giunge inevitabilmente alla conclusione che un'imposta proporzionale gravante, come quella controversa, su operazioni analoghe a quelle la cui tassazione è attualmente controversa dinanzi ai giudici a quibus, vale a dire su operazioni consistenti nel conferimento da parte di una società di capitali del suo intero patrimonio ad altra società di capitali verso un corrispettivo consistente esclusivamente in quote sociali , costituisce un'imposta sui conferimenti la cui imposizione o il cui mantenimento è, dopo il 1_ gennaio 1986, incompatibile con la direttiva 69/335, e segnatamente con il suo art. 7, n. 1, come sostituito dalla direttiva 85/303 (16) (17).
B - La rilevanza dell'eventuale particolarità della natura o della funzione dell'imposta controversa nell'ambito del regime fiscale nazionale
23 Il governo francese, ai fini della qualificazione giuridica dell'imposta di cui trattasi (cui, rilevo, allude nelle osservazioni scritte come all'«imposta sui conferimenti»), comincia col sottolineare il carattere particolare che l'imposta de qua rivestiva nel regime fiscale francese.
24 Per una compiuta esposizione dell'analisi del governo francese, è necessario confrontare quanto esso spiega nelle osservazioni scritte presentate alla Corte con quanto sostenuto dall'amministrazione tributaria dinanzi al tribunal de grande instance di Dax, come emerge dalla relativa ordinanza di rinvio. In base a tali dati, la posizione del governo francese può essere sintetizzata come segue: l'art. 816-I-2_ del CGI, ai sensi del quale sono state tassate le operazioni descritte nelle ordinanze di rinvio, ha assoggettato le fusioni di società ad un'imposta proporzionale dell'1,20%. Le dette operazioni comportavano scioglimento della società assorbita e trasferimento del suo intero patrimonio alla società assorbente. Il trasferimento, nell'ambito di queste operazioni, di beni patrimoniali alla società assorbente è soggetto, secondo il governo francese, all'imposta fissa prevista dall'art. 816-I-1_ del CGI.
25 Un'operazione di fusione implica tuttavia, sempre dal punto di vista del governo francese, anche l'incorporazione delle riserve della società assorbita nel capitale sociale di quella assorbente o negli elementi ad esso equiparati. Per questo motivo, le operazioni di fusione erano soggette in Francia all'imposta proporzionale prevista dall'art. 812-I-1_ del CGI per l'incorporazione di riserve; semplicemente, in luogo dell'aliquota del 3% prevista da tale norma, alle operazioni di fusione si applicava, ai sensi dell'art. 816-I-2_ del CGI, un'aliquota dell'1,20%.
26 Queste imposizioni fiscali assolvevano d'altronde, secondo il governo francese, la seguente funzione particolare: l'incorporazione di riserve è intesa in diritto francese come un atto comprendente in realtà due fasi: la distribuzione delle riserve agli azionisti e l'immediato conferimento alla società, da parte di questi ultimi, delle riserve distribuite. Ciò avviene anche allorché l'incorporazione di riserve avviene nell'ambito di una fusione di società; le riserve della società assorbita sono distribuite ai suoi azionisti, che le conferiscono immediatamente alla società assorbente. Tuttavia, la normativa fiscale francese non assoggetta ad imposta la distribuzione di azioni effettuata a titolo di incorporazione di riserve o di fusione di società, sebbene tale distribuzione dissimuli, per le ragioni esposte, una distribuzione di riserve. Il corrispondente reddito dei soci è soggetto ad imposta al momento dell'eventuale successiva distribuzione a questi delle riserve incorporate. Ciò considerato, l'imposta proporzionale che grava sulle incorporazioni di riserve e sulle fusioni di società (rispettivamente all'aliquota del 3 e dell'1,20%) costituisce, secondo il governo francese, un sostituto dell'imposta, non riscossa, sulla distribuzione di riserve effettuata nelle condizioni sopra descritte.
27 Ciò che a mio parere occorre trattenere della complessa analisi di cui sopra è che, secondo quanto esposto dal governo francese, l'imposta di cui trattasi, come viene intesa nell'ambito del regime fiscale francese: a) gravava su operazioni (fusioni di società) implicanti incorporazione di riserve e b) sostituiva l'imposta dalla quale era esentata la distribuzione di riserve dissimulata dalle operazioni di cui sopra.
28 Per valutare la rilevanza di tali elementi ai fini della qualificazione giuridica dell'imposta controversa alla luce della direttiva 69/335, occorre sottolineare anzitutto che l'art. 4 della direttiva determina le operazioni soggette o che possono essere assoggettate dagli Stati membri all'imposta armonizzata sui conferimenti in modo oggettivo ed uniforme per tutti gli Stati membri, senza far riferimento alle eventuali peculiarità dei diversi diritti nazionali o alla struttura dei regimi fiscali nazionali. Allo stesso modo, l'art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva, nella versione originaria, elencava le operazioni soggette al regime speciale di aliquote ridotte ivi previsto. Dunque, per accertare se, considerate le operazioni sulle quali viene riscossa un'imposta in uno Stato membro, quest'ultima costituisca o meno un'«imposta sui conferimenti» ai sensi della direttiva 69/335, e se tale imposta rientri nel regime di aliquote comune o in quello particolare previsto dalla direttiva, si debbono prendere in considerazione solo ed esclusivamente dati ermeneutici tratti dalla lettera della direttiva, dal sistema generale delle sue disposizioni nonché dalle finalità che essa persegue (18).
29 La particolare funzione che, secondo il governo francese, l'imposta controversa assolveva in quanto sostituto di un'altra imposizione fiscale dalla quale il diritto nazionale esenta le operazioni di cui trattasi non rientra ovviamente in tali criteri ermeneutici. Si è già detto (v. supra, paragrafo 18) che l'adozione di un'imposta sui conferimenti armonizzata nella struttura e nelle aliquote mirava ad eliminare gli ostacoli frapposti alla libera circolazione dei capitali dall'imposizione, da parte degli Stati membri, di svariate imposte indirette sulla raccolta di capitali. Qualora, sotto il vigore della direttiva 69/335, gli Stati membri avessero la possibilità, richiamandosi (come fa in questa sede il governo francese - v. punto 5 delle sue osservazioni) «alla logica e alla coerenza» del regime fiscale nazionale, di sottoporre le operazioni di raccolta di capitali ad imposizioni fiscali in deroga a quanto previsto dalla direttiva in merito alla struttura e alle aliquote dell'imposta sui conferimenti armonizzata, ne risulterebbero completamente sovvertite «la logica e la coerenza» del sistema introdotto dalla direttiva, rendendo così impossibile il conseguimento degli obiettivi dell'armonizzazione (19).
30 Per questo, le ragioni richiamate dal governo francese in merito alla natura delle operazioni soggette all'imposta controversa non possono incidere sulla qualificazione giuridica della stessa, se non ove siano conformi alla lettera, all'economia generale e alle finalità della direttiva. Il governo francese infatti, affermando che nel diritto francese le citate operazioni sono sostanzialmente incorporazioni di riserve, giunge necessariamente alla conclusione che l'imposta riscossa sulle stesse operazioni è quella prevista dall'art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva 69/335, ai sensi del quale gli Stati membri possono sottoporre all'imposta sui conferimenti, tra l'altro, l'aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante l'incorporazione di riserve. Anche se il governo francese non illustra le ulteriori conseguenze di tale qualificazione, esse sono evidenti: se l'imposta controversa è l'imposta sui conferimenti che la Francia aveva il diritto di applicare in forza del citato art. 4, n. 2, lett. a), allora essa non era soggetta obbligatoriamente allo speciale regime di aliquote ridotte previsto dall'art. 7, n. 1, lett. b) della direttiva 69/335 per l'imposta sui conferimenti riscossa sulle operazioni ivi descritte e, di conseguenza, non era obbligatoria la sua abolizione dal 1_ gennaio 1986; essa era semplicemente soggetta al regime di aliquote ridotte che, ai sensi dell'art. 7, n. 2, della citata direttiva, come originariamente vigente, lo Stato membro interessato poteva introdurre con riferimento alle operazioni che aveva assoggettato all'imposta sui conferimenti avvalendosi della facoltà di cui all'art. 4, n. 2, della direttiva stessa.
31 Va osservato immediatamente che, se si accogliesse la qualificazione dell'imposta di cui trattasi proposta dal governo francese, ne conseguirebbe certo che la Francia non aveva l'obbligo di abolirla dopo il 1_ gennaio 1986, ma ciò non basterebbe a giustificare il mantenimento della relativa aliquota all'1,20%, atteso che, ai sensi dell'art. 7, n. 2, della direttiva 69/335, come sostituito dalla direttiva 85/303, dopo tale data gli stati Membri non potevano mantenere, per quanto riguarda le operazioni diverse da quelle di cui al n. 1 dello stesso articolo, un'aliquota superiore all'1%. A prescindere da ciò, comunque, la qualificazione dell'imposta delineata dal governo francese nella fattispecie dev'essere disattesa. Infatti, l'impostazione del diritto francese, illustrata dal governo francese, secondo la quale le operazioni soggette all'imposta de qua (conferimento dell'intero patrimonio della società A alla società B verso il corrispettivo di quote sociali di quest'ultima) implicano un'altra operazione (l'incorporazione delle riserve della società A nel capitale sociale della società B), la quale costituisce l'elemento determinante per la qualificazione dell'imposta cui essa è soggetta, rimane priva di rilevanza ai fini della qualificazione dell'imposta nell'ambito della direttiva 69/335, in quanto quest'ultima ha reso le operazioni consistenti nel conferimento dell'intero patrimonio di una società ad un'altra società e, per sineddoche, l'imposta su di esse gravanti, oggetto di una norma speciale: quella dell'art. 7, n. 1, lett. b), come originariamente vigente (e, di conseguenza, dell'art. 7, n. 1, il quale, come ormai sostituito con la direttiva 85/303, presuppone la versione precedente della norma), che perseguiva, mediante l'introduzione di un regime favorevole di aliquote fiscali, il conseguimento di scopi particolari, vale a dire la rimozione degli ostacoli di indole tributaria che si frappongono ai trasferimenti di elementi di attivo tra società, in modo da favorire la riorganizzazione delle imprese (20). Pertanto, le questioni connesse all'aliquota dell'imposta sui conferimenti riscossa sulle citate operazioni sono disciplinate in via esclusiva da questa norma speciale (21), la cui esistenza, unitamente alla necessità della più ampia realizzazione possibile dei suoi obiettivi, conduce ad escludere che tali operazioni, sotto l'influenza di concezioni di diritto nazionale in ordine alla loro vera natura, siano disciplinate da altre norme della direttiva.
C - La riconducibilità dell'imposta controversa ad un regime eccezionale, derogatorio rispetto alle disposizioni della direttiva 69/335
32 Come ho già detto (v. supra, paragrafo 16), il governo francese deduce l'esistenza, per quanto riguarda l'imposta di cui trattasi, di un regime eccezionale, che sarebbe stato ottenuto dalla Francia in fase di elaborazione della direttiva 69/335, richiamandosi alla natura particolare dell'imposta e alla funzione speciale che essa assolve nell'ambito del regime fiscale francese. L'unico elemento addotto nelle osservazioni scritte del governo francese è un documento del Consiglio datato 6 marzo 1969, avente ad oggetto l'avanzamento dei lavori preparatori sulle proposte poi sfociate nella direttiva 69/335. Il documento è indirizzato al Comitato dei rappresentanti permanenti, chiamato a decidere, tra l'altro, sulla sorte di talune dichiarazioni espresse nel corso dei lavori preparatori della direttiva. Il Comitato dei rappresentanti permanenti doveva decidere, in particolare, se confermare l'accordo delle delegazioni degli Stati membri su tali dichiarazioni e se invitare il Consiglio ad iscrivere le dette dichiarazioni nel verbale della seduta nel corso della quale la direttiva sarebbe stata approvata. Le dichiarazioni sono riportate nell'allegato al documento, alla cui pag. 4 si legge tra l'altro, con riferimento all'art. 9 del testo della direttiva in elaborazione, quanto segue:
«Le delegazioni rilevano (...) che questo articolo (cioè l'art. 9 della direttiva) consente alla Francia di applicare alle operazioni di cui all'art. 4, n. 2, lett. a), aliquote diverse da quelle previste dall'art. 7, n. 4» (22).
33 Non si può inferire da questo documento che l'imposta di cui trattasi appartenga ad un regime particolare, derogatorio rispetto a quanto disposto dalla direttiva 69/335, per più di una ragione.
34 Si rilevi anzitutto che il governo francese non precisa neppure se la citata dichiarazione sia stata infine inclusa nei verbali della relativa seduta del Consiglio. Agli atti non v'è documento che suffraghi tale conclusione, mentre la Commissione ha riferito in udienza che le ricerche condotte in proposito sono state infruttuose.
35 A parte ciò, occorre ricordare che, come si evince dalla costante giurisprudenza della Corte (23), le dichiarazioni iscritte nei verbali delle sedute del Consiglio (che si tratti di dichiarazioni di tale organo ovvero di dichiarazioni unilaterali degli Stati membri), sono prive di valore giuridico se non corrispondono al significato delle relative norme di diritto derivato, come risultante dal loro tenore letterale, tenuto conto anche del contesto normativo nel quale si iscrivono. Di conseguenza, anche ammettendo che una dichiarazione analoga a quella contenuta nel documento cui si riferisce il governo francese sia stata infine inserita nei verbali della seduta del Consiglio nel corso della quale la direttiva è stata adottata, la detta dichiarazione non potrebbe comunque essere presa in considerazione se non in quanto conforme al tenore letterale delle norme della direttiva 69/335; la dichiarazione de qua non potrebbe pertanto costituire il fondamento di una deroga a tali norme.
36 Dati questi limiti, il solo significato che nella fattispecie si potrebbe attribuire alla dichiarazione di cui trattasi è che la Francia aveva la possibilità, osservando la procedura di cui all'art. 9 della direttiva, di mantenere o di introdurre, con riferimento alle operazioni elencate all'art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva, aliquote dell'imposta sui conferimenti superiori a quelle previste dall'art. 7, n. 1, della direttiva (24). Non è invece assolutamente accettabile l'argomento del governo francese secondo il quale la citata dichiarazione sarebbe sufficiente a giustificare la tassazione del conferimento da parte di una determinata società della totalità del suo patrimonio ad un'altra società, in deroga al disposto dell'art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva: in primo luogo, in quanto - per le ragioni esposte innanzi (v. supra, sub A e B) - quest'ultima operazione non può, nel sistema della direttiva 69/335, essere considerata una delle operazioni menzionate dall'art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva e alle quali fa riferimento la citata dichiarazione; in secondo luogo perché, in ogni caso, né il governo francese sostiene né si può altrimenti desumere dagli atti che la Francia abbia assoggettato tali operazioni all'imposta di cui trattasi dopo aver seguito il procedimento di cui all'art. 9 della direttiva, dalla cui osservanza non bastava ad esimerla, come già detto, la dichiarazione alla quale si è richiamata.
37 Il governo francese ha fatto ampio riferimento, per la prima volta nel corso della trattazione orale, a taluni altri documenti, non allegati agli atti, che a suo parere confermano il fatto che l'imposta de qua rientra in un regime eccezionale.
38 A prescindere dall'ammissibilità del riferimento a tali documenti per la prima volta in sede di trattazione orale, non vedo come il loro contenuto, illustrato in udienza, possa influire sulla causa. Non mi occuperò del primo - in ordine cronologico - di questi documenti, indicato in udienza come parere motivato, datato 22 giugno 1972, e inviato dalla Commissione alla Francia a causa della mancata trasposizione delle norme della direttiva 69/335 entro il termine prescritto; come il rappresentante del governo francese ha ammesso, si è fatto riferimento a tale atto solo a titolo di completezza. Stando al secondo documento, del 30 novembre 1972, sembra che la Commissione avesse manifestato dubbi, tra l'altro, sulla compatibilità con la direttiva del mantenimento dell'aliquota all'1,20%. La Francia aveva risposto sviluppando la tesi dell'esistenza di un regime particolare per quanto riguarda la detta imposta; ha fatto seguito un'altra lettera della Commissione datata 27 luglio 1973 in cui, sempre secondo quanto emerso durante la trattazione orale, la Commissione, pur mantenendo le altre osservazioni e obiezioni in merito a diversi altri aspetti della normativa tributaria francese, non ha più accennato all'aliquota dell'imposta controversa. Il governo francese ritiene che questi ultimi elementi costituiscano un'«approvazione tacita», da parte della Commissione, del regime particolare cui esso si richiama, derogatorio rispetto alla direttiva 69/335. Questo argomento dev'essere disatteso. Qualora, come nella fattispecie, uno Stato membro non abbia osservato, nell'emanare o nel mantenere norme che derogano alla direttiva 69/335, il procedimento previsto dall'art. 9 della direttiva, non è ammissibile che un certo comportamento della Commissione basti, di per sé, a rendere tali norme compatibili con il sistema della direttiva (25).
VI - L'efficacia nel tempo della pronuncia pregiudiziale della Corte sulle questioni sollevate
39 Nel corso della trattazione orale il governo francese ha chiesto alla Corte, in subordine, di limitare l'efficacia nel tempo dell'emananda sentenza, nel caso in cui intendesse dichiarare che l'introduzione o il mantenimento, dopo il 1_ gennaio 1986, di imposizioni fiscali aventi le caratteristiche di quella cui si riferiscono le questioni pregiudiziali è in contrasto con le disposizioni della direttiva 69/335, come vigenti all'epoca di cui trattasi (26).
40 Per giurisprudenza costante, l'interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla Corte nell'esercizio della competenza ad essa attribuita dall'art. 177 del Trattato chiarisce e precisa il significato e la portata della norma quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti prima della sentenza interpretativa, se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che consentono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all'applicazione di detta norma (27).
41 Deroghe a questo principio sono ammissibili solo in casi assolutamente eccezionali, in cui la Corte ritenga che l'osservanza del principio confligga con il principio, connaturato all'ordinamento comunitario, della certezza del diritto. Nell'accertare se tale principio imponga una limitazione dell'efficacia nel tempo di una sentenza interpretativa, la Corte verifica: a) se vi sia il pericolo di gravi ripercussioni economiche, dovute in particolare all'elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente, e b) se i singoli e le autorità nazionali siano stati indotti ad un comportamento non conforme al diritto comunitario in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza in merito alla portata delle disposizioni comunitarie interpretata dalla Corte; particolare rilevanza assume, ai fini di tale giudizio, l'eventuale constatazione che a creare o a fomentare tale incertezza ha contribuito il comportamento di altri Stati membri o della Commissione (28).
42 Il governo francese sostiene anzitutto che la limitazione dell'efficacia nel tempo si impone nella fattispecie proprio in considerazione del fatto che il comportamento degli altri Stati membri e della Commissione ha creato una «obiettiva e rilevante incertezza» sull'eventuale riconducibilità dell'imposta controversa ad un regime eccezionale, in deroga alle disposizioni della direttiva 69/335. Come risulta dal complesso delle osservazioni orali del governo francese, questa incertezza deriva a suo parere, in primo luogo, dalla dichiarazione delle delegazioni degli Stati membri illustrata in allegato al documento 6 marzo 1969, richiamato nelle sue osservazioni scritte, e in secondo luogo dal fatto che la Commissione ha sì eccepito l'incompatibilità dell'imposta controversa con la direttiva 69/335 nella sua lettera del novembre 1972, ma in seguito alla risposta della Francia a tale lettera ha poi taciuto fino all'agosto del 1992, allorché ha risollevato la questione con una nuova lettera.
43 Come sottolinea lo stesso governo francese al punto 5 delle sue osservazioni scritte, «il mantenimento dell'imposta sui conferimenti nel caso di fusioni non corrisponde esattamente al tenore letterale dell'art. 7, n. 1, della direttiva 69/335». Né si può ritenere che l'art. 9 della direttiva fornisca il fondamento logico per un'interpretazione secondo la quale sarebbe possibile assoggettare talune imposizioni fiscali ad un regime eccezionale, derogatorio rispetto alla direttiva, senza osservare il procedimento previsto da tale articolo. D'altronde, atteso che, secondo una giurisprudenza sorta negli anni '70 e da allora costantemente ribadita (29), il contenuto e gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni comunitarie sono determinati anzitutto dal loro tenore letterale, talché il loro vigore e la portata del loro ambito d'applicazione non possono essere subordinati a limitazioni provenienti da riserve o da dichiarazioni espresse nel corso dei relativi lavori preparatori, la dichiarazione richiamata dal governo francese non può essere considerata elemento atto a ingenerare il ragionavole convincimento di aver ottenuto, malgrado il tenore della direttiva 69/335 nella sua versione definitiva, un regime particolare per l'imposta controversa. Alla luce di queste considerazioni, il silenzio della Commissione tra il 1972 e il 1992 non soltanto non bastava ad esimere la Repubblica francese dagli obblighi che le incombevano in forza della direttiva 69/335 (v. supra, paragrafo 38), ma non bastava nemmeno a creare, di per sé, «un'obiettiva e rilevante incertezza» sul contenuto e sulla portata di tali obblighi (30).
44 Il governo francese deduce infine, per delimitare l'efficacia nel tempo dell'emananda pronuncia pregiudiziale, le gravi ripercussioni finanziarie che avrebbe per la Francia la dichiarazione di incompatibilità con la direttiva 69/335 dell'imposizione o del mantenimento, da parte di uno Stato membro, di un'imposta avente caratteristiche analoghe a quella versata dalle società Bautiaa e SFM. Secondo quanto emerso in udienza, gli importi versati tra il 1972 e il 1993 a titolo di imposta sulle «operazioni di fusione» ammontano a 4,5 miliardi di FF; a tali importi si dovrebbero poi aggiungere i 4,3 miliardi di FF versati nello stesso periodo a titolo di imposta sui conferimenti riscossa sull'incorporazione di riserve sociali, dato che, sempre secondo il governo francese, la legittimità della riscossione di questi ultimi importi dipende dalla soluzione che la Corte darà alle questioni pregiudiziali sollevate.
45 Questo argomento non può essere accolto. Infatti, a prescindere dalla possibilità o meno di prendere in considerazione, nell'ambito del presente procedimento, importi versati per tributi diversi da quelli che hanno dato luogo alle liti attualmente pendenti dinanzi ai giudici di rinvio, a prescindere dal fatto che in udienza non è stata precisata l'esatta entità delle somme riscosse dopo il 1_ gennaio 1986, che costituisce, come già detto, la data rilevante nella fattispecie, e a prescindere infine dal fatto che, secondo la giurisprudenza consolidata in materia di limitazione dell'efficacia nel tempo delle sentenze interpretative della Corte (31), tale limitazione non riguarda coloro che hanno già esperito rimedi amministrativi o giudiziari, cosicché non si potrebbe in ogni caso prendere in considerazione la parte dell'importo sopra citato, pari a circa 2 miliardi di FF, che, come ha riferito il governo francese in udienza, è già stato oggetto di ricorsi giudiziari o amministrativi, la Corte ha comunque avuto modo di sottolineare di recente, con la sentenza Roders (32), che le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare ad un governo dall'illegittimità di un tributo non giustificano, di per sé, la limitazione dell'efficacia di una sentenza della Corte. Nella stessa sentenza (punto 48) la Corte ha sottolineato che, se così non fosse, «le violazioni di maggiore gravità sarebbero trattate più favorevolmente, dal momento che sono queste che possono comportare implicazioni finanziarie di maggior rilevanza per gli Stati membri», aggiungendo che «inoltre, limitare gli effetti di una sentenza basandosi soltanto su considerazioni di questa natura porterebbe ad una sostanziale riduzione della tutela giurisdizionale dei diritti che i contribuenti traggono dalla normativa fiscale comunitaria».
46 Alla luce di quanto sopra, non si può a mio parere ritenere sussistenti nella fattispecie quelle circostanze eccezionali che giustificherebbero una deroga al principio che informa la disciplina dell'efficacia nel tempo delle pronunce pregiudiziali interpretative della Corte. Pertanto, l'efficacia nel tempo della sentenza che risolverà le questioni pregiudiziali sollevate dal tribunal de grande instance di Dax e dal tribunal de grande instance di Quimper non deve pertanto, nel caso di specie, essere limitata.
VII - Conclusione
Alla luce di quanto sin qui esposto, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal tribunal de grande instance di Dax e dal tribunal de grande instance di Quimper nel modo seguente:
«L'adozione o il mantenimento da parte di uno Stato membro, dopo il 1_ gennaio 1986, di un'imposta proporzionale, riscossa sul conferimento da parte di una società di capitali della totalità del suo patrimonio ad un'altra società di capitali, verso un corrispettivo consistente esclusivamente nell'attribuzione di quote sociali di quest'ultima, è incompatibile con l'art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, come sostituito dall'art. 1, n. 2, della direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE».
(1) - GU L 249, pag. 25.
(2) - Secondo l'ordinanza di rinvio, l'importo versato ammonta a 22 183 FF. La Bautiaa fa invece riferimento, nelle osservazioni scritte presentate alla Corte, all'importo di 22 583 FF
(3) - Direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE, che modifica la direttiva 69/335/CEE concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 156, pag. 23).
(4) - L'ordinanza di rinvio indica come data di adozione del provvedimento il 18 maggio 1992. Nelle osservazioni presentate alla Corte, la Bautiaa indica quest'ultima come data di notifica del provvedimento, che sarebbe stato emanato il 27 aprile 1992.
(5) - L'art. 1, n. 1, della direttiva 85/303 ha disposto che tale operazione, nonché le altre ivi elencate, «possono continuare ad essere assoggettate all'imposta sui conferimenti se, alla data del 1_ luglio 1984, l'aliquota ad esse applicabile era dell'1%».
(6) - Direttiva del Consiglio 9 aprile 1973, 73/80/CEE, che fissa le aliquote comuni dell'imposta sui conferimenti (GU L 103, pag. 15).
(7) - Racc. pag. I-4269. Sull'esatta portata della soluzione adottata dalla Core nella citata sentenza, v. le sentenze successive 27 ottobre 1993, causa C-338/91, Steenhorst-Neerings (Racc. pag. I-5475) e 6 dicembre 1994, causa C-410/92, Johnson (Racc. pag. I-5483).
(8) - V. sentenze 9 dicembre 1965, causa 44/65, Hessische Knappschaft (Racc. pag. 951); 15 giugno 1972, causa 5/72, Grassi (Racc. pag. 443, punto 4); 15 luglio 1982, causa 270/81, Felicitas (Racc. pag. 2771, punto 9); 3 ottobre 1985, causa 311/84, CBEM (Racc. pag. 3261, punto 10); 14 novembre 1985, causa 299/84, Neumann (Racc. pag. 3663, punti 11 e 12); 5 ottobre 1988, causa 247/86, Alsatel (Racc. pag. 5987, punti 7 e 8); 9 gennaio 1990, causa C-337/88, SAFA (Racc. pag. I-1, punto 20); 11 ottobre 1990, causa C-196/89, Nespoli e Crippa (Racc. pag. I-3647, punto 23); 24 marzo 1992, causa C-381/89, Syndesmos Melon tis Eleftheras Evangelikis Ekklisias e a. (Racc. pag. I-2111, punti 18 e 19); 12 novembre 1992, cause riunite C-134/91 e C-135/91, Kerafina - Keramische- und Finanzholding e Vioktimatiki (Racc. pag. I-5699, punto 16); 2 giugno 1994, causa C-30/93, AC-ATEL Electronics Vertriebs (Racc. pag. I-2305, punti 18 e 19). V. anche sentenza 21 maggio 1987, causa 97/85, Deutsche Lebensmittelwerke/Commissione (Racc. pag. 2265, punto 12).
(9) - V. sentenze Alsatel, punto 8, e AC-ATEL Electronics Vetriebs, punto 19, citate alla nota precedente.
(10) - V. sentenze 21 aprile 1988, causa 388/85, Pardini (Racc. pag. 2041, punto 11); 4 ottobre 1991, causa C-159/90, Society for the Protection of Unborn Children Ireland (Racc. pag. I-4685, punto 12).
(11) - V. sentenza 12 giugno 1980, causa 1/80, FNROM (Racc. pag. 1937, punti 5 e 6), nonché l'ordinanza della Corte 17 dicembre 1986, causa 276/86, Belkacem/Germania (Racc. pag. 3975). Da notare che, come si evince dagli atti e come è stato confermato anche in udienza, avverso la decisione del tribunal de grande instance di Quimper, nella parte in cui ha respinto la sua domanda, la SFM ha proposto ricorso dinanzi alla Cour de cassation. Con lettera 2 marzo 1995, il tribunal de grande instance di Quimper ha tuttavia comunicato alla Corte che, a suo parere, non v'era ragione di sospendere il procedimento pregiudiziale ormai avviato.
(12) - Sentenza 27 giugno 1979, causa 161/78, Conradsen (Racc. pag. 2221, punto 11). V; anche sentenze 12 novembre 1987, causa 112/86, Amro Aandelen Fonds, (Racc. pag. 4453, punto 7) e 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, Ponente Carni e Cispadana Costruzioni (Racc. pag. I-1915, punti 19 e 20).
(13) - V., in proposito, anche la sentenza 13 ottobre 1992, causa C-50/91, Commerz-Credit-Bank (Racc. pag. I-5225, punto 10).
(14) - L'imposta armonizzata sui conferimenti riguarda, ricordo, i conferimenti a società di capitali, come definite all'art. 3 della direttiva 69/335. Pertanto, anche la norma di favore di cui all'art. 7 , n. 1, lett. b), della direttiva, come originariamente vigente, si riferiva ovviamente al conferimento della totalità del patrimonio di una società di capitali ad una società di capitali. La natura di società di capitali della SNMTP e della Bautiaa, ai fini della direttiva, non è messa in dubbio nell'ordinanza di rinvio. Rilevo ad abundantiam che la SNMTP è indicata come «société à responsabilité limitée», mentre la Bautiaa come «société anonyme», ed entrambe queste forme societarie di diritto francese sono espressamente qualificate come società di capitali dall'art. 3, n. 1, lett. a), primo e terzo trattino, della direttiva.
(15) - La SFM è indicata come «société anonyme». Considerata l'espressa previsione della direttiva 69/335 ricordata nella nota precedente, essa è pertanto una società di capitali ai sensi della direttiva. Non si evince invece dall'ordinanza di rinvio che fossero società di capitali quelle che sono state assorbite dalla SFM. Comunque, né l'ordinanza di rinvio né le osservazioni scritte presentate alla Corte mettono in dubbio che le operazioni di cui trattasi rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva 69/335 a causa della natura delle società menzionate.
(16) - Il fatto che i giudici di rinvio utilizzino, nel descrivere le operazioni soggette all'imposta, un'espressione («operazioni di fusione») - come correttamente sottolinea la Commissione - assolutamente estranea alla direttiva, è a mio parere privo di rilevanza. Ciò che importa nella fattispecie è che le operazioni di cui trattasi abbiano le stesse caratteristiche sostanziali delle operazioni di cui all'art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva, come originariamente vigente. Non è tuttavia superfluo sottolineare che le direttive successive alla 69/335 attinenti alla fusione di società utilizzano, per definire quest'ultima nozione, elementi (trasferimento dell'intero patrimonio di una società A ad una società B mediante attribuzione di azioni della società B agli azionisti della società A), che ricorrono anche nella citata disposizione della direttiva 69/335: v. art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 ottobre 1978, 78/855/CEE, relativa alle fusioni delle società per azioni (GU L 295, pag. 36), e art. 2, lett. a), primo trattino, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo e agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1).
(17) - Ricordo che la sottoposizione delle operazioni di cui all'art. 7, n. 1, lett. b), della direttiva 69/335, ad altre imposizioni, sotto qualsiasi forma, diverse dall'imposta sui conferimenti, è vietata dall'art. 10 della direttiva. Deroghe a quest'ultima norma sono ammissibili solo con riguardo alle imposte elencate dall'art. 12, n. 1, della stessa direttiva. Tale elenco è, come dichiarato dalla Corte, tassativo [v. sentenze Ponente Carni e Cispadana Costruzioni, citata alla nota 12 (punto 24) e 2 febbraio 1988, causa 36/86, Dansk Sparinvest (Racc. pag. 409, punto 9)].
(18) - V., sull'interpretazione di altre norme della direttiva 69/335, sentenze Conradsen, citata alla nota 12, punto 12, nonché Felicitas, citata alla nota 8, punto 14. V. altresì, sull'interpretazione delle norme di altre direttive di armonizzazione delle legislazioni fiscali, sentenze 1_ febbraio 1977, causa 51/76, Nederlandse Ondernemingen (Racc. pag. 113, punti 10 e 11); 5 febbraio 1981, causa 154/80, Cooeperatieve Aardappelenbewaarplaats (Racc. pag. 445, punto 9); 27 novembre 1985, causa 295/84, Rousseau Wilmot (Racc. pag. 3759, punto 14); 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88, Wisselink e a; ((Racc. pag. 2671, punto 10). V. infine anche sentenze 29 aprile 1982, causa 17/81, Pabst e Richarz (Racc. pag. 1331, punto 18) e 18 gennaio 1984, causa 327/82, Ekro(Racc. pag. 107, punto 11).
(19) - V. sentenza Ponente carni e Cispadana Costruzioni, citata alla nota 12, punto 30.
(20) - V. sentenza Commerz-Credit-Bank, citata alla nota 13, punto 11, nonché sentenza 13 dicembre 1991, causa C-164/90, Muwi Bouwgroep (Racc. pag. I-6049, punti 22 e 23). L'art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva 69/335, cui fa riferimento il governo francese, riguarda invece l'aumento del capitale sociale proveniente da risorse proprie della società (v. sentenza Dansk Sparinvest, citata alla nota 17, punto 13, nonché il paragrafo 21 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Muwi Bouwgroep, appena citata).
(21) - V. sentenza Muwi Bouwgroep, citata alla nota precedente (in partic. punto 24) secondo la quale l'operazione che costituisce oggetto di una disposizione specifica della direttiva 69/335 non può essere contemporaneamente disciplinata da un'altra norma della stessa direttiva.
(22) - Secondo il governo francese, il n. 4 dell'art. 7 del testo cui fa riferimento la dichiarazione corrispondeva al n. 1 dello stesso articolo nella versione definitiva della direttiva.
(23) - V. sentenze 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen (Racc. pag. I-745, punto 18); 23 febbraio 1988, causa 429/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 843, punto 9); 15 aprile 1986, causa 237/84, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1247, punto 17); 30 gennaio 1985, causa 143/83, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 427, punti 12 e 13); 18 febbraio 1970, causa 38/69, Commissione/Italia (Racc. pag. 48, punto 12).
(24) - Ricordo che secondo il governo francese il n. 4 dell'art. 7 del testo cui si riferisce la dichiarazione in oggetto corrispondeva al n. 1 dello stesso articolo nel testo definitivo.
(25) - V. sentenza 27 maggio 1981, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo (Racc. pag. 1413). Secondo questa sentenza (punto 17) «la Commissione non può, nelle prese di posizione e nei pareri che sia portata ad emettere ai sensi dell'art. 169, dispensare uno Stato membro dal rispetto degli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato. Assicurazioni in tal senso non possono, in particolare, avere l'effetto di impedire agli amministrati di far valere in sede giurisdizionale, contro atti legislativi o amministrativi di uno Stato membro che siano incompatibili con il diritto comunitario, diritti loro attribuiti dal Trattato».
(26) - Sottolineo che, come risulta dala giurisprudenza, la domanda di limitare nel tempo gli effetti di una sentenza pregiudiziale della Corte può essere sollevata anche nel corso della trattazione orale: v., in particolare, sentenza 14 settembre 1995, cause riunite C-485/93 e C-486/93, Simitzis (non ancora pubblicata, punto 29). V. altresì sentenze 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889, puto 40) e 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (Racc. pag. I-2217, punto 20).
(27) - V. sentenze 27 marzo 1980, cause 61/79, Denkavit Italiana (Racc. pag. 1205, punto 16) e 66/79, Salumi (Racc. pag. 1237, punto 9). V. altresì sentenze 10 luglio 1980, cause 811/79, Ariete (Racc. pag. 2545, punto 6) e 826/79, MIRECO (Racc .pag. 2559, punto 7), nonché sentenze 13 dicembre 1983, causa 222/82, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 4083, punto 38); 2 febbraio 1988, causa 309/85, Barra (racc. pag. 355, punto 11); 5 ottobre 1988, causa 210/87, Padovani e a. (Racc. pag. 6177, punto 12); 14 dicembre 1988, causa 269/87, Ventura (racc. pag. 6411, punto 15); 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz (non ancora pubblicata, punto 39).
(28) - V. sentenze 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne II (Racc. pag. 455, punti 69 e segg.); 11 marzo 1981, causa 69/80, Worringham e Humphreys (Racc. pag. 767, punti 29 e segg.); Essevi e Salengo, citata alla nota 25, punti 30 e segg.; 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot (Racc. pag. 379, punti 28 e segg.); Barber, citata alla nota 26, punti 40 e segg.; Dansk Denkavit e Poulsen Trading, citata alla nota 26, punti 20 e segg.; 16 luglio 1992, causa C-163/90, Legros e a. (Racc. pag. I-4625, punti 28 e segg.); 11 agosto 1995, cause riunite da C-367/93 a C-377/93, Roders e a. (non ancora pubblicata, punti 41 e segg.); Simitzis, citata alla nota 26, punti 29 e segg.; 19 ottobre 1995, causa C-137/94, Richardson (non ancora pubblicata, punti 32 e segg.).
(29) - V. supra, nota 23.
(30) - Vero è che si rinvengono nella giurisprudenza casi in cui l'inerzia della Commissione nel promuovere un'azione d'inadempimento nei confronti di Stati membri o nel dar seguito ad un procedimento eventualmente avviato è stata presa in considerazione, insieme ad altri elementi (peculiarità del contesto normativo, comportamento degli altri Stati membri), per verificare se sussistesse una «obiettiva e rilevante incertezza» sul significato di una determinata norma comunitaria (v. sentenze Defrenne II, punti 72 e 73, e Legros e a., punti 31 e 32, citate alla nota 28). Tuttavia, non è legittimo giungere alla conclusione che la semplice omissione della Commissione nel promuovere o nel dar seguito all'azione di inadempimento o, più in generale, nel segnalare ad uno Stato membro l'esistenza di una situazione contraria al diritto comunitario sia sufficiente a determinare una «obiettiva e rilevante incertezza», in mancanza di altri elementi (riconducibili, ad es., alla formulazione ellittica della relativa norma comunitaria o ad atti concreti della Commissione), idonei ad ingenerare o a rafforzare una tale incertezza [v., in questo senso, sentenza Richardson, citata alla nota 28, punto 35; v. altresì sentenza 14 luglio 1993, causa C-56/90, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4109, punto 15)].
(31) - V., sull'efficacia nel tempo delle sentenze della Corte vertenti sulla validità della normativa comunitaria, la sentenza 26 aprile 1994, causa C-228/92, Roquette Frères (Racc. pag. I-1445, punto 25), nonché la giurisprudenza ivi citata.
(32) - Sentenza 11 agosto 1995, citata alla nota 28. V. altresì sentenze Richardson, citata nella stessa nota, punto 37, e Dansk Denkavit e Poulsen Trading, citata alla nota 26.