61994C0039

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 14 dicembre 1995. - Syndicat français de l'Express international (SFEI) e altri contro La Poste e altri. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Paris - Francia. - Aiuti di Stato - Competenza dei giudici nazionali in caso di ricorso parallelo alla Commissione - Nozione di aiuto di Stato - Effetti della violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato CE. - Causa C-39/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-03547


Conclusioni dell avvocato generale


++++

1 Il Tribunal de commerce di Parigi chiede nel presente procedimento una pronuncia pregiudiziale della Corte su una serie di questioni riguardanti, in particolare, i poteri dei giudici nazionali nelle cause proposte dai concorrenti di un'impresa che si sostiene abbia ricevuto un aiuto statale non notificato. Le questioni sono sorte nell'ambito di una causa proposta dal Syndicat français de l'Express international (in prosieguo: lo «SFEI») e da una serie di imprese di corriere espresso contro l'amministrazione francese delle poste (in prosieguo: la «Poste»).

In fatto

2 La Poste, organismo di diritto pubblico, oltre alle funzioni istituzionali per le quali ha un monopolio, svolge talune attività aperte alle imprese commerciali. Nel 1985, la Sofipost (società attraverso la quale la Poste detiene le sue varie controllate) costituì, insieme alla Société de transport aérien transrégional (in prosieguo: la «TAT»), la Société française de messagerie internationale (in prosieguo: la «SFMI»), per fornire un servizio di corriere espresso. La Sofipost e la TAT detenevano rispettivamente il 66% e il 34% della SFMI. Quest'ultima svolgeva la propria attività sotto il marchio «Chronopost»

3 Nel 1992 la struttura dell'attività venne modificata. La Sofipost e la TAT fondarono una nuova società, la Chronopost SA, detenendone ancora il 66% e il 34% rispettivamente. La Chronopost SA rilevò le attività interne della SFMI. L'attività della SFMI venne trasformata in un'attività comune internazionale di corriere espresso gestita dalle poste francese, tedesca, olandese, canadese e svedese, insieme all'impresa australiana TNT. La SFMI divenne una controllata al 100% della GD Express Worldwide France, che era a sua volta controllata al 100% dalla GD Express Worldwide NV. Quest'ultima è controllata in parti uguali dalla TNT e dalla GD Net BV, una società posseduta dalle varie poste nazionali. La Sofipost possiede il 25% delle azioni della GD Net BV. La Poste quindi possiede ora, attraverso la Sofipost, il 66% dell'attività di corriere espresso nazionale gestita dalla Chronopost SA e indirettamente il 12,5% dell'attività di corriere espresso internazionale gestita dalla SFMI (25% x 50% x 100% x 100%).

4 Nella nuova struttura, la Chronopost SA agisce come prestatore di servizi e agente della SFMI raccogliendo e distribuendo in Francia pacchi spediti attraverso la rete della GD Express Worldwide. In applicazione di un accordo concluso all'epoca della costituzione della GD Express Worldwide, la Chronopost non poteva fare concorrenza alla SFMI e ne era l'agente esclusivo fino al 1º gennaio 1995; inoltre, la Poste concedeva fino a quella data alla SFMI (e quindi, praticamente, alla Chronopost SA) l'accesso esclusivo alla rete postale.

5 Il 21 dicembre 1990 lo SFEI, un'associazione di imprese fornitrici di servizi di corriere espresso, presentò alla Commissione una denuncia contro lo Stato francese, basata sull'art. 92 del Trattato. Negli incontri che ne seguirono tra i suoi rappresentanti e la Commissione, venne sollevata anche la questione dell'eventuale violazione dell'art. 86 da parte della Poste nella sua qualità di impresa. Il 10 marzo 1992 la Commissione inviò allo SFEI due lettere, annunciando la propria intenzione di chiudere le inchieste in materia di aiuto di Stato e di art. 86.

6 Con ricorso 16 maggio 1992, lo SFEI e tre imprese di corriere espresso chiesero al Tribunale di primo grado l'annullamento della lettera relativa all'inchiesta in materia di art. 86. Il ricorso fu dichiarato irricevibile con ordinanza del Tribunale di primo grado 30 novembre 1992, con la motivazione, tra l'altro, che la lettera della Commissione non aveva effetti giuridici. I ricorrenti si appellarono allora alla Corte di giustizia che, con sentenza 16 giugno 1994 (1), annullò la decisione del Tribunale di primo grado e rinviò la causa allo stesso. In seguito, la Commissione revocò la lettera e il Tribunale di primo grado, con ordinanza 3 ottobre 1994, dichiarò cessata la materia del contendere. La Commissione adottò poi un'ulteriore decisione 30 dicembre 1994 che chiudeva l'inchiesta in materia di art. 86 e che è ora oggetto della causa T-77/95, pendente dinanzi al Tribunale di primo grado.

7 Con ricorso alla Corte di giustizia presentato il 16 maggio 1992, lo SFEI e le stesse tre imprese chiesero l'annullamento della decisione che chiudeva l'inchiesta in materia di aiuti di Stato. A seguito della revoca da parte della Commissione di quella lettera nel luglio 1992, la Corte, con ordinanza 18 novembre 1992 nella causa C-222/92, dichiarò cessata la materia del contendere e condannò la convenuta alle spese. La Commissione non ha ancora preso posizione in materia.

8 La presente domanda di pronuncia pregiudiziale viene da un'azione intentata dinanzi al Tribunal de commerce di Parigi il 16 giugno 1993 dallo SFEI e altri contro la Poste, la Sofipost, la SFMI, la TAT Express e la Chronopost. Gli attori chiedono al giudice nazionale di dichiarare:

- che l'assistenza logistica e commerciale concessa dalla Poste alla SFMI ed alla Chronopost senza valido corrispettivo costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato;

- che un siffatto aiuto di Stato è illecito in quanto non previamente notificato alla Commissione si sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato;

- che le convenute sono incorse in atti di concorrenza sleale;

- che la Poste, la Sofipost, la SFMI e la Chronopost hanno commesso sfruttamento abusivo di posizione dominante ai sensi dell'art. 86 del Trattato;

- che le convenute hanno violato il principio di parità delle condizioni nell'ambito della concorrenza;

e di:

- ingiungere alla Poste l'immediata revoca degli aiuti di Stato illegittimamente concessi alla SFMI e alla Chronopost (a pena, in difetto, di una sanzione pari a 250 000 FF per ogni giorno di ritardo);

- di ordinare alla SFMI l'integrale restituzione alla Poste degli aiuti di Stato illegittimamente percepiti dalla loro concessione in poi, pari alla somma di 2 139 000 000 FF per il periodo intercorrente tra il 1986 e il 1991;

- di pagare alle attrici un risarcimento di 216 000 000 FF.

9 Le convenute sostengono, tra l'altro, che il giudice debba dichiararsi incompetente a favore della Commissione o, in alternativa, del giudice amministrativo francese.

10 L'ordinanza di rinvio non espone il contesto di fatto dell'allegazione fatta dallo SFEI, secondo la quale la Poste avrebbe concesso illecitamente un aiuto alla SFMI e alla Chronopost. Nelle sue osservazioni scritte, lo SFEI così riassume la pretesa assistenza logistica:

«Contro un corrispettivo anormalmente basso, la SFMI ha l'uso della rete postale, comprendente un personale di 300 000 unità, 73 000 giri di recapito giornalieri, 16 835 immobili, 50 000 veicoli, 300 vagoni ferroviari e 22 aerei;

la SFMI gode di una procedura di sdoganamento privilegiata;

la SFMI gode di condizioni di pagamento straordinariamente favorevoli concesse dalla Poste».

La pretesa assistenza commerciale consiste nel fatto che:

«la SFMI gode dell'accesso alla clientela e dell'avviamento della Poste;

la SFMI fruisce di campagne promozionali e pubblicitarie lanciate dalla Poste».

11 Con lettera 13 luglio 1993, la Corte ha chiesto alla Commissione di spiegare perché dalla revoca della decisione nel luglio 1992 non era stata in grado di adottare una posizione sulla qualità di aiuto di Stato dell'assistenza logistica e commerciale fornita dalla Poste alla SFMI e alla Chronopost. La Commissione ha risposto con lettera 29 agosto 1995 che le denuncianti avevano basato la propria posizione essenzialmente su una ricerca svolta da loro consulenti. La Commissione dubitava di alcuni dei presupposti sui quali si fondava l'accertamento dell'esistenza e la quantificazione del supposto aiuto sotto forma di assistenza logistica; inoltre, la autorità francesi avevano confutato taluni fatti allegati, in particolare quelli relativi alla procedura di sdoganamento privilegiata. La Commissione aveva anche seri dubbi sulle accuse di aiuto sotto forma di assistenza commerciale.

Le questioni proposte dal giudice nazionale

12 Prima di pronunciarsi sulla propria competenza a conoscere della causa o di passare all'esame dei fatti, il giudice nazionale ha deciso di proporre alla Corte, per una pronuncia pregiudiziale, le seguenti questioni:

«1) Se misure adottate da uno Stato membro consistenti, in particolare, nel sovvenzionare, tramite il ministero dell'Economia e delle Finanze e il ministero delle Poste e Telecomunicazioni dello Stato medesimo, una società di spedizioni espresse, fornendole assistenza logistica e commerciale e rinunciando ad esigere un normale compenso a titolo di corrispettivo di tali prestazioni tecniche, commerciali o finanziarie, debbano essere considerate quali aiuti di Stato che falsino o minaccino di falsare la concorrenza ed incidano sugli scambi tra gli Stati membri ai sensi dell'art. 92 del Trattato.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se la ripetizione delle sovvenzioni già corrisposte in violazione del divieto sancito dall'ultima frase dell'art. 93, n. 3, del Trattato non costituisca, oltre all'immediata sospensione dell'erogazione degli aiuti stessi, il solo mezzo atto a garantire l'efficacia di un siffatto divieto.

3) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se un'impresa che benefici della concessione di tali aiuti sia soggetta all'obbligo, in base al diritto comunitario, e in particolare al principio della prevalenza di quest'ultimo, di dar prova di diligenza verificando, segnatamente, prima di ricevere gli aiuti di cui trattasi, la regolarità del procedimento relativo alla loro concessione con riguardo all'art. 93, n. 3, del Trattato.

4) In caso di soluzione affermativa della terza questione, se il danno subito dalle imprese concorrenti dell'impresa beneficiaria di tali aiuti per il fatto che quest'ultima è venuta meno al proprio obbligo di diligenza, debba essere risarcito, secondo le norme nazionali vigenti, al fine di porre rimedio alla violazione delle disposizioni di diritto comunitario di cui trattasi.

5) Se, sulla base delle norme di diritto comunitario pertinenti, un giudice nazionale, dinanzi al quale sia stata proposta una domanda diretta ad ottenere, sul piano civile e conformemente alla legge nazionale, i provvedimenti conseguenziali alla declaratoria di illegittimità di una misura statale posta in essere in violazione della procedura di controllo preliminare di cui all'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato, sia obbligato a dichiararsi incompetente qualora la Commissione sia stata adita per mezzo di una denuncia diretta a far dichiarare l'incompatibilità con il mercato comune della misura contestata, anche nel caso in cui la Commissione non abbia emanato la propria decisione finale e non si sia pronunciata sulla questione se le misure contestate costituiscano o meno aiuti di Stato.

6) Alternativamente, se, nella stessa fattispecie, il giudice nazionale che si sia dichiarato competente sia nondimeno obbligato a sospendere il procedimento in attesa di una decisione della Commissione sulla questione se le misure contestate costituiscano aiuti di Stato.

7) Se, nella fattispecie descritta ai precedenti punti 5 e 6, rilevi il fatto che la Commissione non si sia ancora pronunciata, pur essendo stata adita da più di due anni, e che l'attore abbia peraltro provato dinanzi al giudice nazionale la sussistenza di motivi di urgenza al fine di far cessare le conseguenze dannose derivantigli dalla violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato.

8) Se, al contrario, in presenza di circostanze quali quelle descritte ai precedenti numeri 5-7, non possa dedursi dai termini della sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C-354/90 (in particolare, dal punto 14 della motivazione) che il giudice nazionale, dichiarandosi competente e pronunciandosi sulla domanda dinanzi ad esso proposta sulla base dell'art. 93, n. 3, ultima frase, adempia unicamente, in attesa della decisione finale della Commissione, al proprio compito di tutela giurisdizionale dei diritti degli amministrati dinanzi ad una violazione da parte delle autorità statali del divieto posto dall'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato».

13 L'ordinanza di rinvio è stata confermata in secondo grado da un'ordinanza 24 maggio 1994 del presidente di sezione della Cour d'appel di Parigi.

Le regole del Trattato in materia di aiuti di Stato e il ruolo dei giudici nazionali

14 Può essere d'aiuto, prima di occuparci delle questioni proposte dal giudice nazionale, riassumere le regole del Trattato in materia di aiuti di Stato e i ruoli rispettivi della Commissione e dei giudici nazionali nel garantire il rispetto di tali regole.

15 L'art. 92, n. 1, del Trattato dispone:

«Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

16 L'art. 92, nn. 2 e 3, elenca una serie di categorie di aiuti compatibili o che possono essere dichiarati compatibili con il mercato comune.

17 A norma dell'art. 93, il compito di garantire il rispetto dell'art. 92 compete principalmente alla Commissione. Questa ha competenza esclusiva, soggetta al sindacato della Corte, per determinare se un aiuto è compatibile con il mercato comune (2). L'art. 93, nn. 1 e 2, riguarda gli aiuti esistenti. L'art. 93, n. 1, impone alla Commissione di procedere «all'esame permanente dei regimi di aiuti» esistenti negli Stati membri. A norma dell'art. 93, n. 2, la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, può, se ritenga che l'aiuto sia incompatibile con il mercato comune, adottare una decisione che imponga allo Stato interessato di abolirlo o modificarlo entro un dato termine. Se lo Stato non si conforma alla decisione della Commissione, questa può adire direttamente la Corte.

18 L'art. 93, n. 3, istituisce un sistema per disciplinare i progetti di nuovi aiuti o di modifica di aiuti esistenti. Essa dispone:

«Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o a modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell'articolo 92, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».

19 Il divieto di dare esecuzione agli aiuti vale quindi per il periodo in cui la Commissione compie l'esame preliminare dell'aiuto e, se la Commissione decide di iniziare la procedura di cui all'art. 93, n. 2, fino a che non perviene a una decisione finale. La Corte ha dichiarato che, per analogia con gli artt. 173 e 175 del Trattato, l'esame preliminare deve essere compiuto entro il termine di due mesi. Se la Commissione non risponde entro tale termine, lo Stato membro interessato può attuare il progetto, dopo averne dato avviso alla Commissione. L'aiuto viene quindi considerato un aiuto esistente, soggetto ad esame ai sensi dell'art. 93, nn. 1 e 2 (3).

20 L'art. 94 autorizza il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, a stabilire i regolamenti utili ai fini dell'applicazione degli artt. 92 e 93, e in particolare a fissare le condizioni per l'applicazione dell'art. 93, n. 3, e le categorie di aiuti dispensate da tale procedura.

21 La regola fondamentale che qualifica un determinato aiuto incompatibile con il mercato comune nell'art. 92, n. 1, non ha effetto diretto automatico negli ordinamenti nazionali. Nella sentenza Capolongo (4), la Corte ha dichiarato:

«(...) l'art. 92, n. 1, produce effetti nell'ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in guisa da poter esser fatto valere dinanzi ai giudici nazionali, qualora si sia concretato in atti di carattere generale, ai sensi dell'art. 94, ovvero in decisioni, nei casi particolari contemplati dall'art. 93, n. 2».

22 Il ruolo primario dei giudici nazionali nel campo degli aiuti di Stato sorge invece dall'efficacia diretta del divieto di mettere in atto provvedimenti di aiuto prima che la Commissione abbia adottato una decisione finale, posto dall'art. 93, n. 3, ultima frase. Nella sentenza FNCE (5) la Corte ha dichiarato:

«(...) la validità degli atti che hanno ad oggetto l'attuazione delle misure di aiuto è inficiata sull'inosservanza, da parte delle autorità nazionali, dell'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato. I giudici nazionali debbono assicurare ai cittadini comunitari, i quali siano in grado di far valere tale inosservanza, che ne saranno tratte tutte le conseguenze collegate a questo fatto dal loro diritto interno, sia per quanto concerne la validità degli atti che comportano l'attuazione delle misure di aiuto, sia per quanto attiene al recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale norma o di eventuali misure provvisorie».

23 Nella stessa sentenza (6), la Corte ha così riassunto i ruoli rispettivi della Commissione e dei giudici nazionali:

«(...) il ruolo centrale ed esclusivo riservato dagli artt. 92 e 93 del Trattato alla Commissione, ai fini dell'accertamento di un'eventuale incompatibilità di un aiuto con il mercato comune, è sostanzialmente diverso da quello che spetta ai giudici nazionali in ordine alla salvaguardia dei diritti che spettano alle parti in considerazione dell'effetto diretto del divieto sancito nell'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato. Mentre la Commissione è chiamata ad esaminare la compatibilità dell'aiuto progettato con il mercato comune, anche nel caso in cui lo Stato membro trascuri il divieto di attuare i progetti d'aiuto, il giudici nazionali, dal canto loro, non fanno altro che salvaguardare, fino al momento del giudizio finale da parte della Commissione, i diritti delle parti di fronte a un'eventuale inosservanza, da parte delle autorità statali, del divieto sancito nell'art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato. Nel momento in cui i detti giudici adottano una decisione a tal proposito, essi non per questo si pronunciano sulla compatibilità delle misure di aiuto con il mercato comune essendo tale valutazione finale di competenza della Commissione, sotto il controllo della Corte di giustizia».

Sull'ammissibilità

24 Nelle sue osservazioni scritte, la TAT sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice nazionale è inammissibile per quattro motivi: incompetenza del giudice a quo, assenza di qualsiasi descrizione del contesto di fatto e di diritto della domanda, violazione del principio del contraddittorio e sviamento di procedura. Le posizioni della TAT sono state sviluppate ulteriormente in udienza dall'avvocato della SFMI. Le loro tesi possono essere riassunte come segue.

25 In primo luogo, in Francia sono i tribunali amministrativi e non quelli commerciali a essere competenti a sindacare la legittimità di atti amministrativi per mezzo dei quali viene erogato l'aiuto. Inoltre, questi ultimi non hanno il potere di ordinare alcun rimborso dell'aiuto o di condannare lo Stato a risarcire dei danni. Poiché il Tribunal de commerce è manifestamente incompetente, le questioni proposte non sono necessarie per la soluzione della controversia.

26 In secondo luogo, il giudice a quo non specifica la natura dell'assistenza logistica e commerciale fornita dalla Poste alla SFMI. Inoltre, il livello anormalmente basso del corrispettivo di tale assistenza è un semplice postulato. E' stato perciò impossibile presentare osservazioni sul punto. Richiamandosi alla sentenza Telemarsicabruzzo (7) essi sostengono che le informazioni fornite nelle osservazioni scritte presentate alla Corte non possono supplire alla mancata esposizione da parte del giudice nazionale del contesto di fatto e di diritto delle sue questioni nel provvedimento di rinvio.

27 In terzo luogo, il giudice nazionale ha sentito le parti solo sulle questioni di competenza e ha riservato la soluzione di taluni punti in fatto. Se la Corte si pronunciasse sulla domanda, lo farebbe sulla base di affermazioni false e in violazione del diritto delle convenute al contraddittorio.

28 In quarto luogo, il procedimento di rinvio pregiudiziale viene sviato allo scopo di superare l'ostacolo consistente nel ritardo della Commissione nell'adottare una decisione. Infatti, la prima questione non chiede solo se le misure in questione costituiscano aiuto, ma anche se siano incompatibili con il mercato comune, un punto di competenza esclusiva della Commissione. L'iter corretto vorrebbe che le attrici ricorressero contro la Commissione in carenza o per annullamento del rifiuto di iniziare la procedura di consultazione ai sensi dell'art. 93, n. 2.

29 Il governo francese si limita a contestare l'ammissibilità della prima questione proposta dal Tribunal de commerce. Esso sostiene che il giudice a quo non espone le considerazioni di fatto o di diritto che lo hanno portato alla conclusione che la SFMI e la Chronopost hanno ottenuto vantaggi per un corrispettivo anormalmente basso. Secondo il governo francese, l'inammissibilità è particolarmente chiara date le questioni di fatto estremamente complesse che sono state sollevate.

30 A mio parere, le questioni del giudice nazionale vanno ritenute ammissibili. In primo luogo, per quanto riguarda la tesi della TAT e della SFMI che il Tribunal de commerce non sarebbe il foro competente per procedimenti relativi ad atti amministrativi di concessione di aiuti e la sua incompetenza renderebbe superfluo il rinvio pregiudiziale, non compete alla Corte verificare se i giudici a quo siano competenti, a norma del diritto nazionale, a conoscere del procedimento che ha dato origine al rinvio e a concedere il provvedimento richiesto. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza nella causa Balocchi (8), ove si sosteneva l'inammissibilità del rinvio perché il giudice nazionale non era competente in materia fiscale,

«(...) non le spetta accertare se il provvedimento con cui è stata adita sia stato adottato in modo conforme alle norme nazionali di organizzazione giudiziaria e di procedura.

La Corte deve quindi attenersi al provvedimento di rinvio emesso da un giudice di uno Stato membro, fintantoché esso non sia stato revocato a seguito dell'esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale».

31 Pertanto, qualsiasi questione inerente alla competenza di un giudice a quo a norma del diritto nazionale riguarda l'ordinamento nazionale. Si può notare che nel presente caso l'impugnazione dell'ordinanza del giudice a quo proposta dalla Poste e dalla Sofipost è stata respinta.

32 In ogni caso, emerge dall'ordinanza di rinvio che il principale argomento della Poste e della Sofipost era che il Tribunal de commerce avrebbe dovuto dichiararsi incompetente a favore della Commissione. Mi sembra quindi che il giudice nazionale abbia fondatamente ritenuto una pronuncia pregiudiziale necessaria per la soluzione di questo punto.

33 Per quanto riguarda il secondo argomento della TAT e della SFMI, è vero che l'ordinanza di rinvio fornisce poche spiegazioni quanto al contesto di fatto della causa. In particolare, essa non spiega la struttura del gruppo cui appartiene la SFMI o la natura della presunta assistenza logistica e commerciale fornita dalla Poste.

34 Anche se è utile che i giudici nazionali forniscano nel provvedimento di rinvio una breve descrizione del contesto in cui si collocano le loro questioni, la prassi della Corte è stata di rispondere alle questioni anche in mancanza di tale descrizione, ove sia stato possibile farlo sulla base delle informazioni offerte dal fascicolo di causa e delle osservazioni presentate alla Corte (9). Tuttavia, in un certo numero di recenti cause, in particolare Telemarsicabruzzo (10), Banchero (11), Monin Automobiles (12), La Pyramide (13) e Saddik (14), la Corte ha rifiutato di rispondere alle questioni in relazione alle quali riteneva che i punti di diritto comunitario sui quali le si chiedeva di pronunciarsi non erano definiti in modo sufficiente a permetterle di fornire al giudice nazionale una risposta utile. In tali casi, la Corte ha sottolineato la necessità che, soprattutto nei casi che comportano punti di fatto e di diritto complessi, come il diritto della concorrenza, il giudice nazionale definisca il contesto di fatto e di diritto delle questioni, o, quanto meno, illustri le ipotesi di fatto sulle quali dette questioni si fondano. La Corte ha altresì sottolineato il proprio compito di garantire che coloro che hanno diritto di presentare osservazioni scritte, che vengono stese sulla base del solo provvedimento di rinvio, abbiano la possibilità di manifestare il proprio punto di vista sulle questioni proposte alla Corte (15).

35 Nel presente caso, l'ordinanza di rinvio espone in modo dettagliato le domande delle parti nella causa principale, in particolare il provvedimento richiesto dalle attrici e le argomentazioni delle convenute in ordine alla competenza del giudice nazionale. Mi pare che tali elementi bastino per consentire ai soggetti che presentano osservazioni di adottare una posizione sulle questioni dalla seconda alla nona e alla Corte di fornire al giudice nazionale una risposta utile. Ritengo quindi che faccia bene il governo francese a restringere alla prima questione le sue riserve in punto di ammissibilità.

36 Per quanto riguarda la prima questione, ritengo importante tenere a mente il suo scopo. L'obiettivo principale del giudice nazionale, nella fase attuale del procedimento, è di verificare la procedibilità della causa nonostante la materia sia stata sottoposta alla Commissione, e chiedere lumi sui provvedimenti da adottare in caso di accertamento dell'illegittima concessione dell'aiuto. Con la prima questione, il giudice nazionale, prima di iniziare l'esame dei fatti, chiede solo di dichiarare se - punto fondamentale - la fornitura da parte dello Stato di assistenza commerciale e logistica, nella situazione descritta, costituisca un aiuto. Egli non chiede lumi sui più particolari punti di diritto in cui potrà imbattersi esaminando i fatti. Come spiegherò oltre, ritengo possibile fornire al giudice nazionale le chiarificazioni che chiede in questa fase, senza entrare nel merito dei punti sui quali i soggetti di questo procedimento non hanno avuto la possibilità di esprimersi.

37 Anche il terzo argomento della TAT e della SFMI è infondato. Anche se può essere vantaggioso, secondo le circostanze, che i fatti della causa siano accertati e le questioni di diritto nazionale siano risolte al momento del rinvio alla Corte, compete in ultima analisi al giudice nazionale decidere, in base a considerazioni di economia e di utilità processuali, in quale fase del procedimento occorra una pronunzia pregiudiziale della Corte (16). Ad ogni modo, la decisione del giudice nazionale di chiedere una pronuncia pregiudiziale appare fondata, come già visto, alla luce delle eccezioni d'incompetenza sollevate dalle convenute.

38 Al contrario di quanto sostenuto dalla TAT e dalla SFMI, il fatto che un giudice nazionale basi le sue questioni su determinate ipotesi di fatto non ancora provate non viola il diritto delle parti al contraddittorio. Un giudice nazionale può infatti decidere di chiedere una pronuncia pregiudiziale in una fase iniziale del procedimento per essere messo in condizione di riconoscere i punti di fatto rilevanti.

39 Anche il quarto argomento sull'ammissibilità è infondato. Il giudice nazionale non chiede alla Corte di usurpare il ruolo della Commissione con una pronuncia sulla compatibilità delle misure in questione con il mercato comune. Il suo fine è sapere se le misure possano costituire un aiuto ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato, che avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione in forza dell'art. 93, n. 3. Come spiegherò oltre, il compito del giudice nazionale di fare osservare il divieto di mettere in esecuzione aiuti non autorizzati presuppone che questi possa pronunciarsi sull'esistenza di una aiuto soggetto a notifica. L'esistenza di un eventuale diritto di agire contro la Commissione non preclude un procedimento dinanzi ai giudici nazionali basato sull'art. 93, n. 3, ultima frase. Una simile conclusione sarebbe incompatibile con l'efficacia diretta di tale disposizione. Peraltro, i mezzi di tutela disponibili dinanzi ai giudici nazionali possono anche essere più estesi ed incisivi di quelli contro la Commissione.

Nel merito

40 Poiché le questioni dalla quinta all'ottava riguardano la competenza del giudice nazionale e la possibilità per esso di procedere in pendenza dell'inchiesta della Commissione, pare opportuno esaminarle prima delle prime quattro questioni, che riguardano la nozione di aiuto e i provvedimenti da emettere in caso di violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase.

Le questioni dalla quinta all'ottava

41 Con tali questioni si chiede se un giudice nazionale adito con un'azione basata sull'art. 93, n. 3, debba declinare la propria competenza per il fatto che è stato presentato un reclamo alla Commissione (quinta questione) o debba sospendere il procedimento fino alla decisione della Commissione sul carattere di aiuto di Stato o meno delle misure (sesta questione). Il Tribunal de commerce chiede altresì se faccia alcuna differenza il fatto che la Commissione ha esaminato il reclamo per più di un anno e l'attore ha provato l'urgenza della questione (sesta questione). Esso chiede infine se, dichiarandosi competente e pronunciandosi secondo domanda, non adempia semplicemente al compito di tutelare i diritti dei singoli contro l'inosservanza dell'art. 93, n. 3, da parte dello Stato in attesa della decisione finale della Commissione, compito che la Corte gli ha assegnato nella sentenza FNCE (ottava questione). Conviene esaminare tali questioni congiuntamente.

42 Lo SFEI, i governi francese e spagnolo e la Commissione argomentano che, anche quando la Commissione sia stata investita della questione, il giudice nazionale è competente a conoscere e giudicare in un'azione fondata sulla violazione dell'art. 93, n. 3.

43 La TAT argomenta che il giudice nazionale dovrebbe dichiararsi incompetente quando la Commissione sia stata investita della questione, ma debba ancora decidere se le misure in esame costituiscano aiuto di Stato, perché altrimenti la sua decisione potrebbe essere in conflitto con quella della Commissione. Se in seguito la Commissione decidesse che le misure non costituivano aiuto di Stato, il procedimento nazionale per la ripetizione dell'aiuto ai sensi dell'art. 93, n. 3, resterebbe privo di fondamento giuridico. La TAT sostiene che, invece, il giudice nazionale dovrebbe essere tenuto a sospendere il procedimento in attesa della decisione della Commissione sul punto se le misure in esame costituiscano aiuto di Stato. Infine, essa sostiene che, se le misure costituissero un aiuto, andrebbero considerante un aiuto esistente, per via del tempo straordinariamente lungo impiegato dalla Commissione per pervenire a una decisione.

44 Come ho già spiegato, nel caso che venga concesso un aiuto in violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase, il compito dei giudici nazionali è quello di tutelare i diritti dei singoli in attesa della decisione finale della Commissione. E' evidente che per svolgere tale compito essi devono essere in grado di decidere se le misure in esame costituiscano aiuti concessi in violazione di detta norma e, in caso affermativo, emettere i provvedimenti del caso. La Corte ha quindi ritenuto che la competenza della Commissione in materia di aiuti di Stato non impedisce a un giudice nazionale di essere investito della questione e di interpretare e applicare il concetto di aiuto di cui all'art. 92 per stabilire se determinate misure avrebbero dovuto essere notificate alla Commissione (17). Inoltre, il fatto che la Commissione abbia iniziato un'inchiesta ex art. 93, n. 3, o il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, non incide sull'eseguibilità immediata del divieto di erogare l'aiuto (18).

45 La TAT osserva che la condivisione tra i giudici nazionali e la Commissione della competenza a interpretare e applicare il concetto di aiuto può condurre a decisioni in conflitto tra loro. Vi sarebbe in particolare il rischio che un giudice nazionale emani provvedimenti in un procedimento fondato sull'art. 93, n. 3, ultima frase, per misure che poi la Commissione ritenga non costitutive di aiuto.

46 Come osservato dal governo francese, un problema analogo si verifica nell'ambito dell'art. 85 del Trattato. L'art. 85, n. 1, rende incompatibili con il mercato comune taluni accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concertate. In forza dell'art. 85, n. 2, tali accordi sono ipso jure nulli. L'art. 85, n. 3, stabilisce che le disposizioni possono essere dichiarate inapplicabili a taluni accordi, decisioni o pratiche concordate. La Commissione ha competenza esclusiva per adottare decisioni in applicazione dell'art. 85, n. 3 (19), e la esercita in taluni casi concedendo esenzioni in blocco a determinate categorie di accordi o pratiche concertate. Essa condivide comunque con i giudici nazionali la competenza ad applicare l'art. 85, nn. 1 e 2 (20).

47 Nel caso Delimitis (21) si chiedeva alla Corte se il giudice nazionale fosse competente ad applicare l'art. 85 nel caso di un accordo che non fruiva di un regolamento di esenzione. La Corte ritenne che, se le condizioni di applicazione dell'art. 85, n. 1, con tutta evidenza non ricorrono, il giudice nazionale può statuire sull'accordo in lite. Altrettanto vale, per converso, allorché non vi è dubbio che l'accordo è incompatibile con l'art. 85, n. 1, e, tenuto conto dei regolamenti di esenzione e delle precedenti decisioni della Commissione, l'accordo non può costituire oggetto di una decisione di esenzione ai sensi dell'art. 85, n. 3.

48 La Corte ha osservato che una decisione che esenta un accordo ex art. 85, n. 3, poteva essere adottata solo per un accordo che fosse stato notificato o che non richiedesse di esserlo. In assenza di tali presupposti, e qualora il giudice nazionale ritenga che, alla luce delle regole e della prassi della Commissione, l'accordo potrebbe ricevere un'esenzione, questi potrebbe sospendere il procedimento o adottare provvedimenti provvisori. Lo stesso varrebbe quando vi fosse pericolo di decisioni contrastanti nell'ambito dell'applicazione degli artt. 85, n. 1, e 86. La Corte ha aggiunto che, entro i limiti del diritto processuale nazionale applicabile e salvo l'art. 214 del Trattato, il giudice nazionale aveva la possibilità di chiedere alla Commissione informazioni sullo stato di qualsiasi procedimento pendente e sulla probabilità che essa emetta una decisione ufficiale sull'accordo ai sensi del regolamento n. 17 (22). Il giudice nazionale potrebbe anche, alle stesse condizioni, contattare la Commissione, qualora l'applicazione degli artt. 85, n. 1, o 86, desse luogo a difficoltà particolari, per ricevere le informazioni economiche e giuridiche che la Commissione può fornirgli. In relazione a ciò, la Corte si riferiva all'obbligo della Commissione di cooperare con le autorità giudiziarie degli Stati membri, in forza dell'art. 5 del Trattato.

49 L'analogia non è completa perché nell'ambito degli aiuti di Stato un giudice nazionale non può statuire sulla legittimità dell'aiuto ma solo della sua attuazione. All'interno di tali limiti, tuttavia, esiste l'esigenza di evitare decisioni di diritto contrastanti e il conseguente pregiudizio per la certezza del diritto. Mi pare quindi che la sentenza Delimitis fornisca un indirizzo sui passi che i giudici nazionali possono seguire quando sono chiamati a pronunciarsi sull'esistenza di aiuti notificabili.

50 Come indicato dalla Corte nella sentenza Delimitis nel contesto dell'art. 85, n. 1, il giudice nazionale dovrebbe pronunciarsi quando ritenga che le misure in questione costituiscano chiaramente aiuto ai sensi dell'art. 92, n. 1. Lo stesso vale quando ritenga che le misure chiaramente non costituiscono aiuto.

51 Quando rimanesse in dubbio sulla questione, secondo me, nel rispetto del diritto processuale nazionale applicabile e salvo l'art. 214 del Trattato, il giudice nazionale potrebbe chiedere alla Commissione informazioni sullo stato di qualsiasi procedimento da essa iniziato (23). Alle stesse condizioni, il giudice nazionale può anche chiedere alla Commissione i chiarimenti che la Commissione è in grado di fornire sulle questioni di fatto e di diritto. Si potrebbe osservare che la Commissione, nella comunicazione 23 novembre 1995 (24), ha apertamente invitato i giudici nazionali a prendere contatto con essa ove l'applicazione dell'art. 93, n. 3, desse luogo a difficoltà, e ha spiegato che tipo di assistenza essa può fornire. I giudici nazionali hanno naturalmente anche la possibilità di chiedere una pronuncia pregiudiziale della Corte sui punti di diritto che essi possono avere bisogno di risolvere per decidere sull'esistenza dell'aiuto.

52 Quando sia verosimile un certo ritardo prima della decisione finale, il giudice nazionale deve vedere se, per tutelare gli interessi delle parti in attesa della decisione definitiva, occorra emanare provvedimenti provvisori quali la sospensione dell'erogazione dell'aiuto, a norma del diritto processuale nazionale.

53 E' vero che, per quanto il giudice nazionale possa intraprendere dei passi per minimizzarne il rischio, permane una possibilità di conflitto tra decisioni. Tali difficoltà però sorgerebbero solo se la Commissione dovesse decidere che la misura non era un aiuto mentre il giudice ha considerato che lo era con un grado di chiarezza sufficiente per ordinarne la restituzione. A mio parere, la possibilità di un tale conflitto non impedisce ai giudici nazionali di svolgere il loro ruolo essenziale di garantire l'osservanza del Trattato.

54 Infine non ritengo, al contrario di quanto ritiene la TAT, che un ritardo della Commissione nel completamento della sua inchiesta preliminare possa trasformare degli aiuti nuovi concessi illegalmente in aiuti esistenti che possono essere aboliti solo per il futuro. Come ho già spiegato, nella sentenza Lorenz (25), la Corte ha dichiarato che quando uno Stato membro notifica alla Commissione un progetto di misure, questa deve decidere entro un termine di due mesi se instaurare un procedimento ex art. 93, n. 2. Se manca di definire la propria posizione entro tale termine, lo Stato membro può dare esecuzione all'aiuto, previa notificazione di tale intenzione. La pronuncia della Corte si basava sulla necessità di tenere conto degli interessi degli Stati membri coinvolti a essere informati rapidamente della situazione giuridica. Mi pare tuttavia che uno Stato membro che non è certo se le misure che progetta di introdurre costituiscano un aiuto ai sensi dell'art. 92, n. 1, possa tutelare i suoi interessi notificando la proposta alla Commissione, e obbligandola quindi a definire la propria posizione entro il termine di due mesi.

55 Passiamo alle questioni dalla prima alla quarta.

La prima questione

56 Con tale questione, il giudice nazionale chiede se la concessione da parte di uno Stato membro, attraverso un organismo pubblico, di sussidi a un corriere espresso sotto forma di assistenza logistica e commerciale senza chiedere la normale remunerazione dei suoi servizi costituisca un aiuto che falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide sul commercio tra gli Stati membri ai sensi dell'art. 92 del Trattato.

57 Sembrano esservi pochi dubbi che la fornitura di assistenza commerciale e logistica in tali circostanze possa costituire un aiuto ai sensi dell'art. 92, n. 1. L'art. 92, n. 1, riguarda gli aiuti concessi dagli Stati membri ovvero mediante risorse statali «sotto qualsiasi forma». Il suo scopo è quello di evitare che sugli scambi fra Stati membri incidano eventuali vantaggi concessi dalle pubbliche autorità i quali, sotto varie forme, alterino o minaccino di alterare la concorrenza favorendo determinate imprese o prodotti (26). Come la Corte ha dichiarato, nel contesto del Trattato CECA, nella sentenza De Gezamenlijke Steenkolemijnen in Limburg/Alta Autorità (27):

«Il concetto di aiuto è (...) più comprensivo di quello di sovvenzione dato che esso vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti».

58 La Corte ha adottato la stessa ampia interpretazione nel contesto dell'art. 92 del Trattato CE (28). Così, ad esempio, nella causa Van der Kooy e a./Commissione (29), la Corte ha deciso che stabilire una tariffa preferenziale di una fonte energetica applicabile a una determinata categoria di imprese poteva costituire un aiuto. Ciò si verificherebbe ove:

«(...) lo Stato, o l'ente che esso controlla non applica la tariffa come un operatore economico ordinario, bensì se ne serve per far fruire i consumatori di energia nello stesso modo di determinate imprese alle quali concede un aiuto, di un vantaggio pecuniario rinunciando all'utile che potrebbe normalmente trarne» (30).

59 Essa ha aggiunto che la tariffa preferenziale non costituirebbe un aiuto ove:

«(...) fosse dimostrato che la tariffa (...), nel contesto del mercato di cui trattasi, è obiettivamente giustificata da motivi economici, quali la necessità di lottare contro la concorrenza su questo mercato di altre fonti di energia, il cui prezzo sia competitivo rispetto a quello della fonte di energia considerata» (31).

60 Il punto decisivo è se l'impresa in questione riceva un vantaggio che non avrebbe ricevuto nel normale ordine degli eventi (32). Tale principio è forse illustrato al meglio nella giurisprudenza della Corte sul conferimento di capitale alle imprese da parte dello Stato. Nella sentenza Belgio/Commissione (33), la Corte ha accettato il test applicato dalla Commissione in tale settore, ossia se l'impresa sarebbe stata in grado di ottenere le somme sui mercati dei capitali privati. Perché gli investimenti da parte delle pubbliche autorità non vadano considerati aiuti, il comportamento dell'investitore pubblico deve essere almeno paragonabile a quello di una holding privata che persegue una politica strutturale, globale o settoriale, guidato dalla prospettiva di una redditività a più lungo termine (34).

61 Applicando tali principi al presente caso, ritengo che la fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un organismo pubblico a un'impresa nella quale detiene una partecipazione diretta o indiretta a condizioni finanziarie più favorevoli di quelle che l'impresa potrebbe ottenere da un investitore commerciale paragonabile costituisca un aiuto ai fini dell'art. 92, n. 1. Infatti, in mancanza di una giustificazione commerciale, il vantaggio ricevuto dall'impresa è un sussidio finanziato con entrate pubbliche, a prescindere dal fatto che tali entrate derivino da altre attività dell'organismo pubblico o da altri fondi pubblici. Mi sembra che, per decidere se esista un sussidio, sia necessario vedere se un investitore commerciale si accontenterebbe dell'entità della prestazione ricevuta in cambio dell'assistenza, tenendo conto di fattori quali il costo dell'assistenza fornita, l'entità del suo investimento nell'impresa e la sua redditività, l'importanza dell'attività dell'impresa per il gruppo nel suo insieme, la situazione del mercato di cui trattasi e il periodo per il quale viene fornita l'assistenza. Pertanto, come osserva il governo francese, decidere se nel presente caso vi sia un aiuto comporta accertamenti estremamente complessi di ordine economico e finanziario.

62 Appare chiaro che, se, nelle circostanze del presente caso, dovesse accertarsi che le misure costituiscono un aiuto, falserebbero o minaccerebbero di falsare la concorrenza favorendo talune imprese ai sensi dell'art. 92, n. 1. Esse influenzerebbero anche gli scambi tra Stati membri. Come la Corte ha stabilito nella sentenza Philip Morris/Commissione (35):

«Allorché un aiuto finanziario concesso dallo Stato rafforza la posizione di un'impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall'aiuto».

63 Nel presente caso, il supposto aiuto avrebbe rafforzato la posizione della SFMI nel mercato dei corrieri espressi internazionali a svantaggio dei suoi concorrenti.

La seconda questione

64 Con la seconda questione, il giudice nazionale chiede se la ripetizione dell'aiuto già pagato in violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase, oltre alla sospensione immediata del pagamento dell'aiuto, non costituisca il solo mezzo a garanzia dell'efficacia di un tale divieto.

65 Questo punto è oggetto di pareri discordi. Lo SFEI, richiamandosi alla sentenza FNCE (36), sostiene che, eccetto in casi eccezionali quali l'impossibilità assoluta, il giudice nazionale deve ristabilire la posizione di concorrenza ordinando la restituzione dell'aiuto, con gli interessi. Ordinare solo la sospensione del pagamento avrebbe effetti per il futuro e non basterebbe a dissuadere gli Stati membri dal dare esecuzione a un aiuto senza notificarlo preventivamente.

66 La TAT sostiene che la Corte, nella sentenza FNCE, ha solo previsto il rimborso dell'aiuto come uno dei vari mezzi per garantire l'efficacia del divieto sancito all'art. 93, n. 3, ultima frase. Essa osserva che andrebbe contro gli interessi della certezza del diritto il rimborso di un sostegno finanziario che la Commissione decidesse non costituire aiuto. Essa aggiunge che, per tutelare i diritti dei concorrenti, al giudice nazionale basta ordinare misure provvisorie in attesa della decisione della Commissione, se ritiene che i provvedimenti di aiuto sono apparentemente illegali. I diritti dei concorrenti sono altresì tutelati dalla loro facoltà di iniziare un'azione per danni contro lo Stato. Richiamandosi alla sentenza Francia/Commissione (37), la TAT osserva che la Commissione non è tenuta a ordinare il recupero dell'aiuto, e ne ha facoltà solo dopo avere emanato la decisione definitiva sull'esistenza e la legalità dell'aiuto. Sarebbe illogico preservare i diritti degli Stati membri nei confronti della Commissione consentendo ai giudici nazionali di ignorare le garanzie procedurali previste dal diritto comunitario.

67 Il governo francese osserva che le conseguenze che derivano dalla violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase, dipendono dalla natura del procedimento e dal giudice dinanzi al quale esso è instaurato. In procedimenti basati sull'eccesso di potere, un giudice amministrativo francese può annullare il provvedimento contestato ma non può ordinare espressamente il recupero dell'aiuto, benché l'annullamento del provvedimento comporti in linea di principio l'obbligo di restituire l'aiuto. Un giudice civile o commerciale potrebbe ordinare varie misure, compresa la sospensione del pagamento e il recupero di tutto o parte dell'aiuto. Il governo francese ritiene che il giudice nazionale debba adottare la misura più adatta alle circostanze. I giudici nazionali sono tenuti a ordinare il recupero solo se è questa l'unica misura in grado di ripristinare la situazione concorrenziale. Esso aggiunge che la stessa Commissione non è tenuta a ordinare il recupero dell'aiuto che ha giudicato incompatibile con il mercato comune.

68 Il governo spagnolo suggerisce che l'obbligo di notifica ex art. 93, n. 3, possa dar luogo a misure provvisorie, la più grave delle quali sarebbe la sospensione del pagamento dell'aiuto; il recupero dell'aiuto non potrebbe essere ordinato fino a quando non fosse dimostrato che la misura costituiva di aiuto è incompatibile con il mercato comune. Esigere il recupero dell'aiuto prima che sia stato dichiarato incompatibile con il mercato comune equivarrebbe a applicare l'art. 93, n. 2, prima che si siano verificate le condizioni ivi previste. Inoltre, poiché il recupero di un aiuto non è una conseguenza necessaria dell'accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune, a fortiori esso non può costituire la conseguenza di una violazione del procedimento prima di un esame del merito. I provvedimenti adottati dai giudici nazionali in tali circostanze non devono pregiudicare l'esito dell'esame successivo, cosa che avverrebbe qualora venisse ordinato il recupero. Il governo tedesco condivide il punto di vista di quello spagnolo.

69 La Commissione si richiama alla sentenza FNCE per sostenere la tesi che i giudici nazionali hanno il potere di ordinare il recupero di un aiuto erogato in violazione dell'art. 93, n. 3. La Commissione, richiamandosi alla sentenza Factortame I (38), sostiene inoltre che i giudici nazionali hanno anche il potere di ordinare, con provvedimento provvisorio, la sospensione del pagamento dell'aiuto.

70 Mi sembra chiaro, dalla sentenza FNCE, che l'accertamento che l'aiuto è stato concesso in violazione dell'art. 93, n. 3, ultima frase, debba condurre in linea di principio al suo recupero conformemente alla procedura prevista dal diritto nazionale. In quella sentenza, la Corte ha dichiarato che i giudici nazionali devono assicurare ai singoli che invocano l'inosservanza di quella disposizione «che ne saranno tratte tutte le conseguenze collegate a questo fatto dal loro diritto interno, sia per quanto concerne la validità degli atti che comportano l'attuazione delle misure di aiuto, sia per quanto attiene al recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale norma o di eventuali misure provvisorie» (39). La Corte ha aggiunto che il fatto di aver dichiarato nelle sentenze Francia/Commissione (40) e Belgio/Commissione (41), che la Commissione non poteva dichiarare un aiuto illegale per il solo motivo che non le era stato notificato, e senza esaminarne la compatibilità con il mercato comune, non influiva sugli obblighi che incombono ai giudici nazionali e che derivano dall'effetto diretto dell'art. 93, n. 3, ultima frase (42). Essa ha dichiarato che una successiva decisione della Commissione che dichiarasse l'aiuto compatibile con il mercato comune non potrebbe avere l'effetto di sanare ex post gli atti di attuazione invalidi per omessa notifica; la Corte ha argomentato che qualsiasi altra interpretazione condurrebbe a indurre lo Stato membro interessato a violare il divieto di cui all'art. 93, n. 3, e svuoterebbe quest'ultimo della sua efficacia (43).

71 L'opinione dei governi spagnolo e tedesco, secondo cui nei procedimenti ex art. 93, n. 3, ultima frase, i giudici nazionali non possono fare di più di ordinare la sospensione del pagamento degli aiuti, è chiaramente in contrasto con tale pronuncia. I provvedimenti che danno esecuzione a un aiuto nel periodo precedente all'adozione della decisione definitiva da parte della Commissione, sono illegittimi e tali rimangono per quanto riguarda detto periodo, anche se la Commissione accerta che l'aiuto è compatibile con il mercato comune. Una decisione del genere autorizza l'attuazione dell'aiuto con effetto solo per l'avvenire, e ciò facendo, può imporre delle condizioni che ne modificano gli effetti. Al contrario di quanto ritiene il governo spagnolo, il ruolo di un giudice nazionale in azioni fondate sull'art. 93, n. 3, ultima frase, va al di là di quello di un giudice dei provvedimenti d'urgenza; egli è tenuto a garantire, con la pronuncia definitiva in tali procedimenti, un rimedio permanente contro gli effetti dell'illegittima attuazione dei provvedimenti di aiuto. Così facendo, egli non pregiudica in alcun modo la decisione finale della Commissione sulla legalità dell'aiuto.

72 L'opinione secondo cui l'accertamento dell'illegalità di un aiuto debba comportare di norma la sua restituzione è conforme alla prassi della Commissione di esigere il recupero quando stabilisce che un aiuto è illegale. Ordinando il recupero, il giudice nazionale assume un ruolo complementare alla Commissione tutelando i diritti dei concorrenti in attesa della decisione della Commissione. Quando un concorrente intraprende tempestivamente un'azione dinanzi a un giudice nazionale, il recupero dell'aiuto può essere ancora possibile, in casi in cui non lo sarebbe più al momento dell'adozione della decisione della Commissione.

73 Cionondimeno, la Corte ha dichiarato che possono esservi casi eccezionali nei quali non sarebbe opportuno ordinare il recupero dell'aiuto. Nella sentenza RSV/Commissione (44), il beneficiario di un aiuto non notificato aveva in seguito impugnato, ai sensi dell'art. 173 del Trattato, la decisione della Commissione che ordinava il recupero. La Corte ha dichiarato che un ritardo ingiustificato di 26 mesi da parte della Commissione nell'emanare la sua decisione sulla legalità dell'aiuto conferiva al suo beneficiario un interesse legittimo che impediva alla Commissione di esigere che le autorità dei Paesi Bassi ne ordinassero il rimborso.

74 Nella sentenza Commissione/Germania (45), la Corte ha dichiarato che in taluni casi può spettare al giudice nazionale valutare l'esistenza di circostanze eccezionali ostative alla ripetizione dell'aiuto. In quel caso, la Corte ha osservato che un'impresa beneficiaria di un aiuto può fare legittimo affidamento sulla sua regolarità solamente qualora esso sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall'art. 93, n. 3; un operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi che la procedura di cui all'art. 93, n. 3, sia stata rispettata. Uno Stato membro non potrebbe quindi basarsi sul legittimo affidamento dei beneficiari per giustificare la mancata adozione di iniziative volte all'esecuzione di una decisione della Commissione che gli impone di ripetere l'aiuto. Tuttavia, la Corte ha aggiunto, è possibile:

«(...) per il beneficiario di un aiuto illegittimamente concesso (...) invocare circostanze eccezionali sulle quali egli abbia potuto fondare il proprio affidamento nella natura regolare dell'aiuto e (...) opporsi, conseguentemente, alla sua ripetizione. In tale ipotesi spetta al giudice nazionale eventualmente adito valutare, se necessario dopo aver proposto alla Corte delle questioni pregiudiziali di interpretazione, le circostanze del caso di specie» (46).

75 Mi sembra che il giudice nazionale abbia un compito analogo nelle azioni fondate sull'art. 93, n. 3, ultima frase. Spetta ai giudici nazionali stabilire se un operatore economico diligente avrebbe dovuto rendersi conto che le misure di cui trattasi costituivano un aiuto che poteva essere concesso solo nel rispetto del procedimento stabilito dall'art. 93, n. 3.

76 La questione sembra dubbia nel presente caso. In primo luogo, le misure in questione non sono tali da costituire con tutta evidenza un aiuto; se lo costituiscono dipende dal fatto che la Poste abbia ricevuto o meno una remunerazione adeguata per i suoi servizi, un punto la cui verifica può essere stata, per la SFMI, difficile, se non impossibile. In secondo luogo, la Commissione ha deciso, dopo avere compiuto la sua indagine preliminare, di non approfondire la questione; inoltre, dalla riapertura dell'indagine, essa ha mancato di pervenire a una decisione per un periodo di oltre tre anni. In tali circostanze, se il giudice nazionale dovesse decidere che le misure costituiscono un aiuto, potrebbe a mio parere avere ragione di ritenere inopportuno ordinare la ripetizione dell'aiuto.

77 Infine, può notarsi che in taluni casi la ripetizione di un aiuto già concesso può non essere una risposta del tutto adeguata all'inosservanza del divieto di cui all'art. 93, n. 3, ultima frase, in particolare quando l'aiuto abbia provocato ai concorrenti una perdita di profitti e di quote di mercato. Ad ogni modo, la ripetizione di un aiuto non è, per usare le parole della seconda questione del giudice nazionale, il solo mezzo atto a garantire l'efficacia di tale divieto. Come suggerisce la Commissione, lo Stato può anche essere citato per danni, a prescindere da qualsiasi obbligo di ripetere l'aiuto, dinanzi al giudice nazionale sulla base del diritto comunitario, ad iniziativa dei concorrenti che hanno sopportato perdite o danni in dipendenza di atti che danno illegittimamente esecuzione a un aiuto. Tale questione non è stata però sollevata nel presente procedimento.

La terza e la quarta questione

78 Con tali questioni, il giudice nazionale chiede se, per l'obbligo di diligenza, il beneficiario dell'aiuto debba verificare la correttezza del procedimento con il quale l'aiuto è concesso (terza questione) e se, non facendolo, diventi civilmente responsabile verso i concorrenti (quarta questione).

79 Solo lo SFEI sostiene una soluzione positiva per entrambe le questioni, esponendo argomenti fondati sull'efficacia diretta e sul primato del diritto comunitario, l'effetto utile dell'art. 93, n. 3, la giurisprudenza in tema di legittimo affidamento e la praticità della soluzione che propone. La TAT, i governi francese e spagnolo e la Commissione respingono tutti l'idea che il diritto comunitario imponga al beneficiario dell'aiuto un obbligo di diligenza atto a coinvolgere la sua responsabilità extracontrattuale. La Commissione tuttavia ritiene che la presunzione che il beneficiario conosca l'illegittimità degli aiuti può far sorgere, per via del principio del pari trattamento delle domande fondate sul diritto comunitario, una responsabilità ai sensi delle norme nazionali in materia. Il governo spagnolo ritiene altresì che possa essere ammissibile un'azione contro il beneficiario basata sulle norme nazionali in tema di responsabilità, una volta che siano stati dimostrati l'incompatibilità dell'aiuto con il mercato comune e l'obbligo di restituirlo.

80 Contro il punto di vista dello SFEI, l'attuale giurisprudenza della Corte non impone ai beneficiari di un aiuto l'obbligo di risarcire perdite e danni sostenuti dai concorrenti a causa dell'illegittima erogazione. Come già osservato, essa afferma solo che non ci si può opporre alla ripetizione dell'aiuto adducendo il legittimo affidamento del beneficiario (47).

81 Lo SFEI sostiene la propria tesi richiamando le parole dell'avvocato generale Darmon, al paragrafo 19 delle sue conclusioni nella causa Commissione/Germania (48). Ivi, l'avvocato generale, ribadendo la tesi espressa in conclusioni precedenti (49), osservava di aver «ritenuto di poter desumere dallo spirito della giurisprudenza della Corte in materia di affidamento legittimo l'obbligo per ogni impresa che benefici di un aiuto statale di accertarsi se quest'ultimo sia stato previamente comunicato alla Commissione». Mi sembra però che tale osservazione vada letta nel contesto in cui venne formulata, ossia in risposta all'affermazione della Germania che la ripetizione dell'aiuto in questione era impossibile per via del legittimo affidamento del beneficiario riconosciuto dal diritto nazionale.

82 Inoltre, non credo che la Corte debba ampliare la sua giurisprudenza fino a conferire ai concorrenti un diritto al risarcimento contro il beneficiario dell'aiuto. Come osserva il governo francese, l'art. 93 prevede un procedimento che la Commissione e gli Stati membri devono seguire. E' a questi ultimi che incombe l'obbligo di notificare l'aiuto alla Commissione. Non condivido nemmeno la tesi dello SFEI secondo la quale tale via d'azione sarebbe necessaria per garantire l'efficacia del divieto sancito dall'art. 93, n. 3. Le varie azioni enunciate sopra, tra le quali, ove idoneo, un ordine di ripetizione ed eventualmente una condanna dello Stato membro al risarcimento del danno, sono in grado di dare una risposta efficace a una trasgressione di quel divieto.

83 Per contro, l'esigenza di garantire l'efficacia del divieto spiega l'attuale giurisprudenza. Gli artt. 92 e 93 rimarrebbero privi di effetto se uno Stato membro potesse addurre il legittimo affidamento del beneficiario dell'aiuto per giustificare la mancata adozione dei provvedimenti necessari per ottenerne la restituzione. Come la Corte ha osservato nella sentenza Commissione/Germania (50), «ammettere tale possibilità significherebbe, infatti, privare di pratica efficacia le norme di cui agli artt. 92 e 93 del Trattato, in quanto le autorità nazionali potrebbero far valere in tal modo il proprio illegittimo comportamento, al fine di vanificare l'efficacia delle decisioni emanate dalla Commissione in virtù di tali disposizioni del Trattato». Non si può, con lo stesso ragionamento, sostenere un'azione per danni contro il beneficiario dell'aiuto.

84 Infine, per quanto concerne l'osservazione della Commissione, contenuta nelle sue osservazioni scritte, che il giudice nazionale deve rispettare il principio del pari trattamento delle pretese fondate sul diritto comunitario, mi sembra che tale principio possa trovare applicazione solo nella misura in cui in diritto nazionale il semplice fatto di ricevere un pagamento illegittimo possa dare luogo a responsabilità verso terzi. Come la Corte ha costantemente affermato, le norme nazionali non debbono discriminare tra pretese basate sul diritto nazionale e analoghe pretese nascenti dal diritto comunitario.

Conclusioni

85 Ritengo pertanto che le questioni proposte dal Tribunal de commerce di Parigi vadano risolte come segue:

«1) In circostanze come quelle di cui alla causa principale, la fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di uno Stato membro attraverso un organismo pubblico a un'impresa di corriere espresso, nella quale l'organismo detiene una partecipazione diretta o indiretta, a condizioni finanziarie più favorevoli di quelle che l'impresa potrebbe ottenere da un investitore commerciale paragonabile, costituisce un aiuto che falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri ai fini dell'art. 92, n. 1.

2) Un giudice nazionale è competente a conoscere di un'azione fondata sull'art. 93, n. 3, ultima frase, nonostante la materia sia stata sottoposta alla Commissione. In tali circostanze, egli può chiedere alla Commissione informazioni sullo stato del suo procedimento e chiedere i chiarimenti che la Commissione è in grado di fornire sulle altre questioni di fatto e di diritto. Egli deve anche valutare se sia opportuno emanare provvedimenti provvisori a norma del diritto processuale nazionale applicabile per tutelare i diritti delle parti nelle more del giudizio.

3) Quando un giudice nazionale competente accerti che uno Stato membro ha concesso un aiuto in violazione del divieto di cui all'art. 93, n. 3, ultima frase, deve ordinarne la ripetizione a norma del diritto processuale nazionale applicabile. Il giudice deve tuttavia valutare se ricorrano circostanze eccezionali che facciano sorgere in capo al beneficiario un legittimo affidamento che impedisca la ripetizione dell'aiuto.

4) Anche se il diritto comunitario può prevedere la responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro o di un organismo pubblico che accorda aiuti illegittimamente, esso non obbliga il beneficiario di tali aiuti a risarcire le perdite o i danni sostenuti dai concorrenti a causa dell'illegittima concessione dell'aiuto stesso, a meno che in diritto nazionale il fatto di ricevere un pagamento illegittimo possa dare luogo a responsabilità extracontrattuale verso terzi».

(1) - Causa C-39/93 P, SFEI e a./Commissione (Racc. pag. I-2681).

(2) - Sentenze 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike e Weinlig (Racc. pag. 595, punto 9), 21 novembre 1991, causa C-354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon, detta «sentenza FNCE» (Racc. pag. I-5505, punto 14).

(3) - Sentenza 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz (Racc. pag. 1471, punti 4 e 5).

(4) - Sentenza 19 giugno 1973, causa 77/72 (Racc. pag. 611, punto 6).

(5) - Citata alla nota 2, punto 12.

(6) - Citata alla nota 2, punto 14.

(7) - Sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite C-320/90, C-321/90 e C-322/90 (Racc. pag. I-393).

(8) - Sentenza 20 ottobre 1993, causa C-10/92 (Racc. pag. I-5105, punti 16 e 17). V. anche sentenza 14 gennaio 1982, causa 65/81, Reina (Racc. pag. 33, punti 7 e 8).

(9) - V., ad esempio, sentenza 3 marzo 1994, causa C-316/93, Vaneetveld (Racc. pag. I-763, in particolare il punto 14).

(10) - Citata alla nota 7.

(11) - Ordinanza 19 marzo 1993, causa C-157/92 (Racc. pag. I-1085).

(12) - Ordinanza 26 aprile 1993, causa C-386/92 (Racc. pag. I-2049).

(13) - Ordinanza 9 agosto 1994, causa C-378/93 (Racc. pag. I-3999).

(14) - Ordinanza 23 marzo 1995, causa C-458/93 (Racc. pag. I-511).

(15) - Ordinanza Saddik, citata alla nota 14, punti 12 e 13.

(16) - V. sentenza 10 marzo 1981, cause riunite 36/80 e 71/80, Irish Creamery Milk Suppliers Association (Racc. pag. 735, punti 6-8).

(17) - V. sentenza Steinike e Weinlig, citata alla nota 2, punto 14. V. anche sentenza 30 novembre 1993, causa C-189/91, Kirsammer-Hack (Racc. pag. I-6185, punto 14).

(18) - V. sentenza Lorenz, citata alla nota 3, punto 8. V. anche sentenza FNCE, citata alla nota 2, in particolare i punti 10 e 11.

(19) - V. art. 9, n. 1, del regolamento n. 17 del Consiglio 6 febbraio 1962, che dà attuazione agli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (GU 1962, n. 13, pag. 204).

(20) - Sentenza 30 gennaio 1974, causa 127/73, BRT (Racc. pag. 51).

(21) - Sentenza 28 febbraio 1991, causa C-234/89 (Racc. pag. I-935, punti 43-55).

(22) - Citato alla nota 19.

(23) - V. anche le conclusioni dell'avvocato generale Lenz nella causa C-44/93, sentenza 9 agosto 1994, Namur-Les assurances du crédit (Racc. pag. I-3829, paragrafi 103-104).

(24) - Comunicazione 95/C 312/07 relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione in materia di aiuti di Stato (GU C 312, pag. 8).

(25) - Citata alla nota 3.

(26) - Sentenza 2 luglio 1974, Italia/Commissione, causa 173/73 (Racc. pag. 709, punto 26).

(27) - Sentenza 23 febbraio 1961, causa 30/59 (Racc. pag. 1, punto 39).

(28) - V., ad esempio, sentenza 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España (Racc. pag. I-877, punto 13).

(29) - Sentenza 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85 (Racc. pag. 219).

(30) - V. punto 28 della sentenza.

(31) - V. punto 30 della sentenza.

(32) - V. le conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella causa 84/82, sentenza 20 marzo 1984, Germania/Commissione (Racc. pag. 1451, in particolare pag. 1501), le conclusioni dell'avvocato generale Lenz nella causa 234/84, sentenza 10 luglio 1986, Belgio/Commissione (Racc. pag. 2263, in particolare pag. 2269), e le mie conclusioni nelle cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, sentenza 14 settembre 1994, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-4103, paragrafo 28).

(33) - Citata alla nota 32.

(34) - Sentenza 21 marzo 1991, causa C-305/89, Italia/Commissione (Racc. pag. I-1603, punto 20).

(35) - Sentenza 17 settembre 1980, causa 730/79 (Racc. pag. 2671, punto 11).

(36) - Citata alla nota 2.

(37) - Sentenza 14 febbraio 1990, causa C-301/87 (Racc. pag. I-307, punto 22).

(38) - Sentenza 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame e a. (Racc. pag. I-2433).

(39) - Citata alla nota 2, punto 12.

(40) - Citata alla nota 37.

(41) - Sentenza 21 marzo 1990, causa C-142/87 (Racc. pag. I-959).

(42) - Sentenza FNCE, citata alla nota 2, punto 13.

(43) - Ibidem, punto 16.

(44) - Sentenza 24 novembre 1987, causa 223/85 (Racc. pag. 4617).

(45) - Sentenza 20 settembre 1990, causa C-5/89 (Racc. pag. I-3437, punto 14).

(46) - Ibidem, punto 16.

(47) - V. sentenza 20 settembre 1990, Commissione/Germania, citata alla nota 45.

(48) - Citata alla nota 45.

(49) - Sentenza 2 febbraio 1989, causa 94/87, Commissione/Germania (Racc. pag. 175, paragrafi 14-18 delle conclusioni).

(50) - Citata alla nota 45, punto 17.