Parole chiave
Massima

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1. Politica sociale ° Parità di trattamento tra uomini e donne in materia previdenziale ° Ambito di applicazione ratione personae della direttiva 79/7 ° Popolazione attiva ai sensi dell' art. 2 della direttiva ° Persone che occupano un impiego caratterizzato da un limitato orario e da una ridotta retribuzione ° Inclusione

(Direttiva del Consiglio 79/7/CEE, art. 2)

2. Politica sociale ° Parità di trattamento tra uomini e donne in materia previdenziale ° Direttiva 79/7 ° Normativa nazionale che esclude dal regime legale di assicurazione vecchiaia e malattia e dall' obbligo contributivo relativo all' assicurazione contro la disoccupazione gli impieghi minori e quelli di breve durata ° Normativa che interessa principalmente le donne ° Giustificazione oggettiva ° Ammissibilità

(Direttiva del Consiglio 79/7, art. 4, n. 1)

Massima

1. La direttiva 79/7, relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, va interpretata nel senso che le persone che occupano impieghi definiti minori, perché con orario normale inferiore alle quindici ore settimanali e con retribuzione non superiore a un settimo della retribuzione mensile media, o impieghi di breve durata, che per loro natura, o in base a previa pattuizione contrattuale, sono abitualmente limitati a un orario normale inferiore a diciotto ore settimanali, fanno parte della popolazione attiva ai sensi dell' art. 2 della direttiva e rientrano quindi nel suo ambito di applicazione.

Il fatto che una persona tragga dalla propria attività professionale solo un reddito limitato, che non le consente di provvedere alle proprie necessità, non può infatti, per il diritto comunitario, privare l' interessato della qualifica di lavoratore, né escluderlo dalla popolazione attiva.

2. L' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7, relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, dev' essere interpretato nel senso che una normativa nazionale, che escluda dai regimi legali di assicurazione malattia e vecchiaia le attività lavorative subordinate prestate per un orario settimanale normale inferiore alle quindici ore e per una retribuzione non superiore al settimo della base mensile di riferimento, come pure una normativa nazionale, che escluda le attività lavorative subordinate che per loro natura, o in base a previa pattuizione contrattuale, sono abitualmente limitate a un orario normale inferiore a diciotto ore settimanali dall' obbligo contributivo relativo al regime legale dell' assicurazione contro la disoccupazione, non costituiscono una discriminazione basata sul sesso, anche se interessano un numero notevolmente maggiore di donne che di uomini, allorché il legislatore nazionale ha potuto ragionevolmente ritenerle necessarie al raggiungimento di un obiettivo di politica sociale estraneo a qualsiasi discriminazione basata sul sesso.

Ciò si verifica quando l' esclusione di tali impieghi dall' assicurazione obbligatoria risponda a un principio strutturale di un regime previdenziale contributivo, sia l' unico modo di far fronte a una domanda sociale per tali impieghi e sia intesa a evitare un aumento del lavoro irregolare e dei comportamenti elusivi della legislazione previdenziale.