61993J0128

SENTENZA DELLA CORTE DEL 28 SETTEMBRE 1994. - GEERTRUIDA CATHARINA FISSCHER CONTRO VOORHUIS HENGELO BV E STICHTING BEDRIJFSPENSIOENFONDS VOOR DE DETAILHANDEL. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: KANTONGERECHT UTRECHT - PAESI BASSI. - PARITA DI RETRIBUZIONI FRA LAVORATORI DI SESSO MASCHILE E DI SESSO FEMMINILE - DIRITTO DI ISCRIZIONE A UN REGIME PENSIONISTICO AZIENDALE - LIMITAZIONE NEL TEMPO DEGLI EFFETTI DELLA SENTENZA C-262/88, BARBER. - CAUSA C-128/93.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-04583
edizione speciale svedese pagina I-00127
edizione speciale finlandese pagina I-00129


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Retribuzione ° Nozione ° Diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale ° Inclusione ° Esclusione delle donne coniugate dal diritto di iscrizione ° Inammissibilità

(Trattato CEE, art. 119)

Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Art. 119 del Trattato ° Applicabilità al diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale ° Accertamento nella sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84 ° Limitazione nel tempo degli effetti ° Mancanza ° Possibilità di esigere in via retroattiva il rispetto della parità di trattamento successivamente al riconoscimento dell' efficacia diretta dell' art. 119, operato dalla Corte in data 8 aprile 1976 ° Obbligo di versare i contributi riguardanti il periodo di iscrizione di cui trattasi ° Applicazione delle norme nazionali riguardanti i termini per il ricorso ° Presupposti

(Trattato CEE, art. 119)

2. Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Retribuzione ° Nozione ° Prestazioni fornite da un regime pensionistico aziendale ° Inclusione ° Regime gestito da amministratori autonomi ° Irrilevanza ° Possibilità per il lavoratore discriminato di chiedere il riconoscimento dei propri diritti nei confronti degli amministratori

(Trattato CEE, art. 119)

3. Politica sociale ° Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile ° Parità di retribuzione ° Protocollo n. 2 sull' art. 119, allegato al Trattato sull' Unione europea ° Ambito di applicazione ° Diritto di iscrizione a un regime aziendale di previdenza sociale ° Esclusione

(Trattato CE, protocollo n. 2 sull' art. 119)

Massima


1. Il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale, le cui regole non sono state poste direttamente con legge, ma costituiscono il risultato di una concertazione tra parti sociali, dato che i pubblici poteri, su domanda delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro considerate rappresentative, si sono limitati a dichiarare il regime obbligatorio per l' intero settore professionale, rientra nella nozione di retribuzione ai sensi dell' art. 119 del Trattato, con la conseguenza di essere soggetto al divieto di discriminazione in considerazione del sesso, enunciato da detto articolo.

Ne consegue che un regime pensionistico aziendale il quale, escludendo l' iscrizione delle donne coniugate, opera una discriminazione direttamente fondata sul sesso contravviene all' art. 119 del Trattato.

2. La limitazione nel tempo degli effetti della sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber, concerne solo i tipi di discriminazione che i datori di lavoro e i regimi pensionistici hanno potuto ragionevolmente ritenere tollerati in base alle eccezioni transitorie previste dal diritto comunitario, applicabili in materia di pensioni aziendali. Non rientra in tale ambito la discriminazione in materia di iscrizione a un regime pensionistico aziendale, l' inammissibilità della quale ai sensi dell' art. 119 del Trattato è stata affermata nella sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka, la quale di per sé non prevede alcuna limitazione dei suoi effetti nel tempo. In mancanza di una limitazione del genere, l' efficacia diretta dell' art. 119 può essere richiamata allo scopo di esigere in via retroattiva il rispetto della parità di trattamento per quanto concerne il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale, e ciò successivamente all' 8 aprile 1976, data della sentenza nella causa 43/75, Defrenne, la quale ha sancito per la prima volta l' efficacia diretta del suddetto articolo.

Tuttavia, il fatto che un lavoratore possa reclamare l' iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale non consente allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d' iscrizione di cui trattasi.

Le norme nazionali riguardanti i termini per il ricorso di diritto interno sono opponibili ai lavoratori che chiedono il riconoscimento del loro diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale, a condizione che esse non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale e che non rendano in pratica impossibile l' esercizio del diritto comunitario.

3. Gli amministratori di un regime pensionistico aziendale, per quanto estranei al rapporto di lavoro, sono chiamati a fornire prestazioni le quali costituiscono retribuzione ai sensi dell' art. 119 e sono conseguentemente tenuti, al pari del datore di lavoro, al rispetto delle norme di detto articolo, utilizzando tutti gli strumenti di loro competenza per garantire in materia il rispetto del principio della parità di trattamento, principio che gli iscritti devono poter invocare nei loro confronti.

L' efficacia pratica dell' art. 119 verrebbe infatti considerevolmente ridotta e si lederebbe in modo serio la tutela giuridica che un' uguaglianza effettiva esige qualora un lavoratore potesse pretendere il rispetto di tale norma solo dal datore di lavoro, e non dagli amministratori del regime espressamente incaricati di dare esecuzione agli obblighi gravanti su quest' ultimo.

4. Il protocollo n. 2 sull' art. 119 del Trattato, allegato al Trattato sull' Unione europea, concerne tutte le prestazioni fornite da un regime aziendale di previdenza sociale, ma non il diritto di iscrizione a detto regime.

La materia dell' iscrizione resta pertanto regolata dalla sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka, secondo la quale un' impresa che, senza una giustificazione obiettiva ed estranea a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, introduca una disparità di trattamento tra uomini e donne escludendo una categoria di dipendenti da un regime pensionistico d' impresa viola l' art. 119 del Trattato.

Parti


Nel procedimento C-128/93,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Kantongerecht di Utrecht (Paesi Bassi), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Geertruida Catharina Fisscher

e

1) Voorhuis Hengelo BV,

2) Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Detailhandel,

domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 119 del Trattato CEE in merito al diritto di iscrizione ai regimi pensionistici aziendali, alla sentenza della Corte 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889), nonché al protocollo n. 2 sull' art. 119 del Trattato che istituisce la Comunità europea, allegato al Trattato sull' Unione europea 7 febbraio 1992,

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini (relatore), J.C. Moitinho de Almeida, M. Diez de Velasco e D.A.O. Edward, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, R. Joliet, F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn e J.L. Murray, giudici,

avvocato generale: W. Van Gerven

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la signora Fisscher, dall' avv. T.P.J. de Graaf, del foro di Utrecht;

° per la Voorhuis Hengelo BV e la Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Detailhandel, dall' avv. O.W. Brouwer, del foro di Amsterdam;

° per il governo tedesco, dai signori E. Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale dell' Economia, e C.-D. Quassowski, Regierungsdirektor presso il medesimo ministero, in qualità di agenti;

° per il governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità d' agente, assistito dall' avv. N. Paines, barrister;

° per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora K. Banks e dal signor B.J. Drijber, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti;

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della signora Fisscher, rappresentata dall' avv. M. Greebe, del foro di Utrecht, della Voorhuis Hengelo BV e della Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Detailhandel, rappresentati dagli avv.ti O.W. Brouwer e F.P. Louis, del foro di Bruxelles, del governo tedesco, del governo del Regno Unito e della Commissione all' udienza del 26 aprile 1994,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 7 giugno 1994,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 18 marzo 1993, pervenuta alla Corte il 26 marzo successivo, il Kantongerecht di Utrecht ha sollevato, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, alcune questioni pregiudiziali sull' interpretazione dell' art. 119 del medesimo Trattato, in merito al diritto di iscrizione ai regimi pensionistici aziendali, alla sentenza della Corte 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889, in prosieguo: la "sentenza Barber"), nonché al protocollo n. 2 sull' art. 119 del Trattato che istituisce la Comunità europea, allegato al Trattato sull' Unione europea 7 febbraio 1992 (in prosieguo: il "protocollo n. 2").

2 Dette questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia tra la signora Fisscher, da un lato, e la Voorhuis Hengelo BV e la Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Detailhandel, dall' altro, in merito all' iscrizione della prima al regime pensionistico aziendale.

3 La signora Fisscher ha prestato servizio presso la Voorhuis Hengelo BV (in prosieguo: la "Voorhuis") dal 1 gennaio 1978 al 10 aprile 1992, lavorando 30 ore a settimana.

4 I lavoratori della Voorhuis sono iscritti al regime pensionistico aziendale della Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Detailhandel. Fino al 31 dicembre 1990, tuttavia, la signora Fisscher non è stata ammessa al regime, per il fatto che il regolamento di quest' ultimo ne escludeva le donne coniugate.

5 Il 1 gennaio 1991 detto regime è stato esteso alle donne coniugate di modo che la signora Fisscher ha potuto iscriversi ad esso, con decorrenza 1 gennaio 1988.

6 La signora Fisscher ha allora impugnato il precedente regolamento, sostenendo la sua incompatibilità con l' art. 119 del Trattato. Essa riteneva infatti che a partire dall' 8 aprile 1976, data della sentenza Defrenne (causa 43/75, Racc. pag. 455) in cui la Corte ha riconosciuto per la prima volta l' efficacia diretta dell' art. 119, a detto regime avrebbero dovuto essere ammesse anche le donne coniugate. Essa ha pertanto reclamato il riconoscimento della sua iscrizione al regime con effetti retroattivi a partire dal 1 gennaio 1978, data della sua entrata in servizio.

7 Adito dalla signora Fisscher, il Kantongerecht di Utrecht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se rientri nel diritto alla (parità di) retribuzione, come sancito dall' art. 119 del Trattato CEE, anche il diritto di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale come quello di specie, imposta dall' autorità dei pubblici poteri.

2) Se, in caso di soluzione affermativa della precedente questione, la limitazione nel tempo che la Corte ha posto nella causa Barber per una disciplina pensionistica come quella sulla quale verteva la sentenza Barber [' contracted out schemes' (regimi di deroga convenzionale)] valga anche per un diritto di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale come quello di cui trattasi nella fattispecie, dal quale l' attrice era stata esclusa, in quanto coniugata.

3) Nei casi in cui il regime pensionistico applicato in un' impresa sia imposto per legge, se l' ente esecutore e gestore del regime [il Bedrijfspensioenfonds (ente previdenziale competente)] sia tenuto ad applicare il principio della parità di trattamento sancito dall' art. 119 del Trattato CEE e se il lavoratore che risulta pregiudicato dall' inosservanza di detta norma possa agire direttamente contro l' ente pensionistico, come se si trattasse del datore di lavoro.

A chiarimento di questo punto può essere utile aggiungere che il Kantongerecht non è competente a pronunciarsi in materia di responsabilità delittuale o quasi delittuale, poiché un' azione di tale importanza esula dalla sua sfera di competenza. Nel presente procedimento è quindi importante accertare se l' attrice possa agire contro l' ente pensionistico (convenuto n. 2) in base al suo contratto di lavoro.

4) Qualora l' attrice, in forza dell' art. 119 del Trattato CEE, abbia diritto di iscriversi al regime pensionistico aziendale da una data anteriore al 1 gennaio 1991, se ciò implichi che essa non è tenuta a versare i contributi che avrebbe dovuto versare qualora fosse stata ammessa prima al regime pensionistico.

5) Se abbia rilevanza il fatto che l' attrice non ha reagito prima per ottenere il riconoscimento dei diritti che ora rivendica.

6) Se il protocollo sull' art. 119 del Trattato CEE, allegato al Trattato di Maastricht (il 'protocollo Barber' ), e l' articolo transitorio III del disegno di legge n. 20890 (il disegno di legge recante modifica di questo articolo), inteso a dare attuazione alla quarta direttiva, abbiano conseguenze per la pronuncia nella causa presente, instaurata dinanzi al Kantongerecht mediante atto di citazione notificato il 16 luglio 1992".

Sulla prima questione

8 Con la prima questione il giudice nazionale vuol sapere se il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale rientri nell' ambito di applicazione dell' art. 119 del Trattato e pertanto se valga per esso il divieto di discriminazione enunciato da tale articolo.

9 Al riguardo occorre ricordare che nella sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka (Racc. pag. 1607), la Corte ha già affermato che un regime pensionistico, anche se adottato conformemente alle disposizioni stabilite dalla legislazione nazionale, in quanto tragga origine da un accordo stipulato tra i lavoratori o i loro rappresentanti e in quanto i pubblici poteri non intervengano nel suo finanziamento, non costituisce un regime di previdenza sociale direttamente disciplinato dalla legge ed esula, per questo motivo, dalla sfera di applicazione dell' art. 119; le prestazioni corrisposte ai dipendenti in base a detto regime costituiscono un vantaggio pagato dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell' impiego di quest' ultimo, ai sensi dell' art. 119, secondo comma (punti 20 e 22).

10 Detti principi hanno trovato conferma nella sentenza Barber in merito ai regimi pensionistici aziendali "di deroga convenzionale" di diritto britannico e nella sentenza 6 ottobre 1993, causa C-109/91, Ten Oever (Racc. pag. I-4879).

11 In quest' ultima sentenza la Corte ha affermato l' applicabilità dell' art. 119 a prestazioni dovute in forza di un regime aziendale di diritto olandese analogo a quello che costituisce oggetto della presente controversia, sottolineando in particolare il fatto che le regole del regime non sono state poste direttamente con legge, ma costituiscono il risultato di una concertazione tra parti sociali, dato che i pubblici poteri, su domanda delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro considerate rappresentative, si sono limitati a dichiarare il regime obbligatorio per l' intero settore professionale (punto 10).

12 Dalla citata sentenza Bilka discende inoltre che rientrano nell' ambito d' applicazione dell' art. 119 non solo il diritto alle prestazioni fornite da un regime pensionistico aziendale, ma anche il diritto ad essere iscritto a detto regime.

13 Tale decisione è motivata in base alla considerazione che se, come discende dalla sentenza 31 marzo 1981, causa 96/80, Jenkins (Racc. pag. 911), una prassi salariale consistente nel corrispondere per il lavoro ad orario ridotto una retribuzione oraria inferiore a quella corrisposta per il lavoro a tempo pieno può, in certi casi, concretizzare una discriminazione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, la stessa conclusione vale per il rifiuto del beneficio di una pensione d' impresa opposto ai lavoratori ad orario ridotto. Infatti, poiché detta pensione rientra nella nozione di retribuzione ai sensi dell' art. 119, secondo comma, la retribuzione complessiva corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore a tempo pieno è superiore, a parità di ore lavorative, a quella versata ai lavoratori ad orario ridotto (punto 27).

14 Ne discende che un regime pensionistico aziendale che esclude l' iscrizione delle donne coniugate comporta una discriminazione direttamente fondata sul sesso, contraria all' art. 119 del Trattato.

15 Alla luce delle suesposte considerazioni si deve risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale rientra nell' ambito d' applicazione dell' art. 119 del Trattato e pertanto vale per esso il divieto di discriminazione enunciato da tale articolo.

Sulla seconda questione

16 Con la seconda questione il giudice nazionale vuol sapere se la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber si applichi anche al diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale, quale quello oggetto della controversia principale.

17 Per risolvere detta questione occorre ricordare il contesto in cui è stata decisa la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber.

18 Conformemente a una consolidata giurisprudenza, in base alla quale la Corte può decidere, in via eccezionale, in applicazione di un principio generale di certezza del diritto inerente all' ordinamento giuridico comunitario, tenuto conto dei gravi inconvenienti che la sua sentenza potrebbe provocare per il passato nei rapporti giuridici costituiti secondo buona fede, di limitare la possibilità degli interessati di avvalersi di una disposizione, da essa interpretata, allo scopo di rimettere in discussione detti rapporti giuridici (v. sentenza Defrenne, già citata), la Corte si è soffermata a verificare l' esistenza dei due criteri essenziali perché possa essere disposta una limitazione del genere, vale a dire la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti.

19 Per quanto concerne il criterio della buona fede, essa ha accertato innanzi tutto (punto 42) che l' art. 9, lett. a), della direttiva del Consiglio 24 luglio 1986, 86/378/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale (GU L 225, pag. 40), prevedeva la possibilità di differire l' attuazione obbligatoria del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la fissazione del limite di età per la concessione delle pensioni di vecchiaia, sul modello dell' eccezione di cui all' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).

20 La Corte ha poi ritenuto che, alla luce di queste disposizioni, gli Stati membri e i settori interessati avevano potuto ragionevolmente ritenere che l' art. 119 non si applicasse a pensioni erogate da regimi di deroga convenzionale e che in materia continuassero a essere ammesse eccezioni al principio di parità tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile (punto 43).

21 Occorre osservare al riguardo che, nella sentenza 14 dicembre 1993, causa C-110/91, Moroni (Racc. pag. I-6591), la Corte, nel ricordare e ribadire i principi enunciati nelle sentenze Defrenne, Bilka e Barber, sopra citate, ha rilevato che quest' ultima esaminava per la prima volta la questione riguardante la valutazione, ai sensi dell' art. 119, della disparità di trattamento derivante dalla fissazione, in base al sesso, di limiti differenti per l' età pensionabile (punto 16).

22 Per quanto concerne il criterio dei gravi inconvenienti, nella sentenza Barber la Corte ha peraltro ritenuto che, qualora i lavoratori di sesso maschile interessati avessero potuto, sull' esempio del signor Barber, chiedere il riconoscimento con effetti retroattivi del diritto alla parità di trattamento nei casi di discriminazione, che era stato possibile sino ad allora ritenere ammessi in base alle eccezioni di cui alla citata direttiva 86/378, l' equilibrio finanziario di numerosi regimi pensionistici avrebbe rischiato di essere retroattivamente sconvolto (punto 44).

23 Ciò posto, la Corte ha deciso che l' efficacia diretta dell' art. 119 del Trattato può essere fatta valere al fine di esigere la parità di trattamento in materia di pensioni aziendali solo per le prestazioni dovute sulla base di periodi lavorativi posteriori al 17 maggio 1990, ad eccezione dei lavoratori o dei loro aventi diritto che, prima di questa data, hanno esperito un' azione giurisdizionale o proposto un ricorso equivalente a norma del diritto nazionale applicabile (sentenza Barber, punto 45, con le precisazioni di cui alla sentenza Ten Oever, già citata).

24 Da quanto precede discende, in particolare, che la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber concerne solo i tipi di discriminazione che i datori di lavoro e i regimi pensionistici hanno potuto ragionevolmente ritenere tollerate in base alle eccezioni transitorie previste dal diritto comunitario, applicabili in materia di pensioni aziendali.

25 Orbene, è giocoforza constatare che, per quanto concerne il diritto di iscrizione ai regimi aziendali, nessun elemento consente di ritenere che gli ambienti professionali interessati siano potuti incorrere in errori in merito all' applicabilità dell' art. 119.

26 Dopo la succitata sentenza Bilka è infatti evidente che una simile violazione del principio di uguaglianza nel riconoscimento del suddetto diritto rientra nell' ambito dell' art. 119.

27 Per di più, poiché la sentenza Bilka non ha previsto alcuna limitazione dei suoi effetti nel tempo, l' efficacia diretta dell' art. 119 può essere richiamata allo scopo di esigere in via retroattiva il rispetto della parità di trattamento per quanto concerne il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale, e ciò successivamente all' 8 aprile 1976, data della già citata sentenza Defrenne, la quale ha sancito per la prima volta l' efficacia diretta del suddetto articolo.

28 Occorre pertanto risolvere la seconda questione nel senso che la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber non si applica al diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale.

Sulla terza questione

29 Con la terza questione il giudice nazionale vuol sapere se gli amministratori del regime pensionistico aziendale siano tenuti, al pari del datore di lavoro, a rispettare le disposizioni dell' art. 119 del Trattato e se il lavoratore discriminato possa chiedere il riconoscimento dei propri diritti direttamente nei confronti di detti amministratori.

30 Al riguardo occorre ricordare che nella sentenza Barber la Corte, dopo aver accertato che le pensioni versate da regimi aziendali di deroga convenzionale rientrano nella sfera d' applicazione dell' art. 119, ha ritenuto valida detta conclusione anche nel caso in cui il regime sia costituito sotto forma di trust e gestito da trustee che godono di una formale autonomia nei confronti del datore di lavoro, giacché all' art. 119 sono considerati parimenti i vantaggi pagati dal datore di lavoro in modo indiretto (punti 28 e 29).

31 Dato che gli amministratori di un regime pensionistico, per quanto estranei al rapporto di lavoro, sono chiamati a fornire prestazioni che costituiscono retribuzione ai sensi dell' art. 119, essi sono tenuti al rispetto di detta disposizione, utilizzando tutti gli strumenti di loro competenza per garantire in materia il rispetto del principio della parità di trattamento, principio che gli iscritti devono poter invocare nei loro confronti. L' efficacia pratica dell' art. 119 verrebbe considerevolmente ridotta e si lederebbe in modo serio la tutela giuridica che un' uguaglianza effettiva esige qualora un lavoratore potesse pretendere il rispetto di tale norma solo nei confronti del datore di lavoro, ad eccezione degli amministratori del regime espressamente incaricati di dare esecuzione agli obblighi gravanti su quest' ultimo.

32 Occorre pertanto risolvere la terza questione nel senso che gli amministratori di un regime pensionistico aziendale sono tenuti, al pari del datore di lavoro, a rispettare le disposizioni dell' art. 119 del Trattato e che il lavoratore discriminato può chiedere il riconoscimento dei propri diritti direttamente nei confronti di tali amministratori.

Sulla quarta questione

33 Con la quarta questione si vuol sapere se il fatto che un lavoratore possa reclamare l' iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale consenta allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d' iscrizione di cui trattasi.

34 Basti constatare al riguardo che, per quanto concerne il diritto d' iscrizione a un regime aziendale, l' art. 119 impone che il lavoratore non subisca una discriminazione fondata sul sesso non venendo ammesso a un tale regime.

35 Ciò significa che, nel caso in cui l' interessato abbia subito una discriminazione del genere, il ristabilimento della parità di trattamento deve porre di nuovo il lavoratore discriminato in una situazione identica a quella dei lavoratori dell' altro sesso.

36 Conseguentemente il suddetto lavoratore non può pretendere, in particolare sul piano finanziario, un trattamento più favorevole di quello di cui avrebbe goduto se fosse stato regolarmente iscritto.

37 Occorre pertanto risolvere la quarta questione nel senso che il fatto che un lavoratore possa reclamare l' iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale non consente allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d' iscrizione di cui trattasi.

Sulla quinta questione

38 Con la quinta questione il giudice nazionale vuol sapere in sostanza se le norme nazionali riguardanti i termini per il ricorso di diritto interno siano opponibili ai lavoratori che chiedono il riconoscimento del loro diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale.

39 E' sufficiente ricordare al riguardo che, in base a una giurisprudenza consolidata, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria le norme nazionali concernenti i termini d' impugnazione sono applicabili anche alle azioni fondate sul diritto comunitario, a condizione che esse non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale e che non rendano in pratica impossibile l' esercizio del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, punti 5 e 6).

40 Occorre pertanto risolvere la quinta questione nel senso che le norme nazionali riguardanti i termini per il ricorso di diritto interno sono opponibili ai lavoratori che chiedono il riconoscimento del loro diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale, a condizione che esse non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale e che non rendano in pratica impossibile l' esercizio del diritto comunitario.

Sulla sesta questione

41 Con la sesta questione il giudice nazionale vuol sapere quale incidenza possa avere, nel contesto della presente controversia, il disegno di legge nazionale inteso a dare attuazione alla già citata direttiva 86/378, da un lato, e al protocollo n. 2, dall' altro.

42 Per quanto concerne il disegno di legge nazionale basti ricordare che, in base a una giurisprudenza consolidata, nell' ambito del procedimento di cui all' art. 177 del Trattato la Corte non è competente ad interpretare il diritto interno e a valutarne gli effetti (v., in particolare, sentenza 3 febbraio 1977, causa 52/76, Benedetti/Munari, Racc. pag. 163, punto 25).

43 Per quanto concerne il protocollo n. 2, il quale, ai sensi dell' art. 239 del Trattato, costituisce parte integrante di quest' ultimo, esso è formulato nel modo seguente:

"Ai fini dell' applicazione dell' articolo 119 del Trattato, le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezion fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un' azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile".

44 Dagli atti e dal contraddittorio svoltosi dinanzi alla Corte discende che il problema da risolvere è in sostanza se tale protocollo miri soltanto a precisare la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber, avente le caratteristiche dianzi ricordate, oppure se esso abbia una portata più ampia.

45 Secondo la Voorhuis, la Stichting Bedrijfspensioenfonds voor de Detailhandel e il governo del Regno Unito, l' ampio tenore letterale del protocollo indica che quest' ultimo si applica a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso che possa verificarsi nell' ambito dei regimi pensionistici aziendali, ivi comprese quelle concernenti il diritto d' iscrizione a questi ultimi.

46 La ricorrente nella causa principale, il governo tedesco e la Commissione sostengono al contrario che, ad onta dei termini generalissimi nei quali esso è formulato, il protocollo dev' essere letto in connessione con la sentenza Barber e non può avere una portata più ampia della limitazione nel tempo degli effetti di quest' ultima.

47 Occorre constatare al riguardo che, per la genericità dei suoi termini, il citato protocollo è applicabile alle prestazioni fornite da un regime pensionistico aziendale.

48 Detta constatazione comporta tuttavia un temperamento. Essa concerne le prestazioni, le sole del resto menzionate dal protocollo n. 2, e non il diritto d' iscrizione a un regime aziendale di previdenza sociale.

49 Il protocollo presenta infatti una connessione evidente con la già citata sentenza Barber, poiché esso fa riferimento alla stessa data del 17 maggio 1990. Detta sentenza condanna una forma di discriminazione tra uomini e donne, la quale deriva da un requisito di età che varia a seconda del sesso per ottenere una pensione di vecchiaia in seguito a un licenziamento per motivi economici. La sentenza Barber, la quale a partire dalla sua data ° vale a dire dal 17 maggio 1990 ° limita gli effetti dell' interpretazione dell' art. 119 del Trattato da essa fornita, è stata oggetto di interpretazioni divergenti. Tali divergenze sono state superate nella citata sentenza Ten Oever, la quale è anteriore all' entrata in vigore del Trattato sull' Unione europea. In sostanza il protocollo n. 2 ha accolto, estendendola a tutte le prestazioni fornite da un regime aziendale di previdenza sociale e incorporandola nel Trattato, la stessa interpretazione data alla sentenza Barber dalla sentenza Ten Oever, ma, sempre come la sentenza Barber, non ha affrontato né pertanto disciplinato il problema dei requisiti per l' iscrizione a detti regimi aziendali.

50 La materia dell' iscrizione resta pertanto regolata dalla citata sentenza Bilka, che constata la violazione dell' art. 119 del Trattato da parte di un' impresa la quale, senza una giustificazione oggettiva ed estranea a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, introduca una disparità di trattamento tra uomini e donne escludendo una categoria di dipendenti da un regime pensionistico d' impresa. E' opportuno ricordare che la sentenza Bilka non limita del resto nel tempo gli effetti dell' interpretazione da essa fornita dell' art. 119 del Trattato.

51 Occorre pertanto risolvere la sesta questione nel senso che il protocollo n. 2 non ha alcuna incidenza sul diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale, il quale resta regolato dalla sentenza Bilka.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

52 Le spese sostenute dai governi tedesco e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Kantongerecht di Utrecht con sentenza 18 marzo 1993, dichiara:

1) Il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale rientra nell' ambito d' applicazione dell' art. 119 del Trattato CEE e pertanto vale per esso il divieto di discriminazione enunciato da tale articolo.

2) La limitazione nel tempo degli effetti della sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber, non si applica al diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale.

3) Gli amministratori di un regime pensionistico aziendale sono tenuti, al pari del datore di lavoro, a rispettare le disposizioni dell' art. 119 del Trattato e il lavoratore discriminato può chiedere il riconoscimento dei propri diritti direttamente nei confronti di tali amministratori.

4) Il fatto che un lavoratore possa reclamare l' iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale non consente allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d' iscrizione di cui trattasi.

5) Le norme nazionali riguardanti i termini per il ricorso di diritto interno sono opponibili ai lavoratori che chiedono il riconoscimento del loro diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale, a condizione che esse non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale e che non rendano in pratica impossibile l' esercizio del diritto comunitario.

6) Il protocollo n. 2 sull' art. 119 del Trattato che istituisce la Comunità europea, allegato al Trattato sull' Unione europea, non ha alcuna incidenza sul diritto d' iscrizione a un regime pensionistico aziendale, il quale resta regolato dalla sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka.