SENTENZA DELLA CORTE DEL 17 MAGGIO 1994. - REPUBBLICA FRANCESE CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - ART. 100 A, N. 4. - CAUSA C-41/93.
raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-01829
edizione speciale svedese pagina I-00129
edizione speciale finlandese pagina I-00165
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
1. Ravvicinamento delle legislazioni ° Misure intese alla realizzazione del mercato unico ° Discipline nazionali derogatorie ° Controllo ad opera della Commissione ° Procedimento
(Trattato CEE, artt. 8 A e 100 A)
2. Atti delle istituzioni ° Motivazione ° Obbligo ° Portata ° Decisione fondata sull' art. 100 A, n. 4, del Trattato, che conferma una disciplina nazionale che deroga ad una misura di armonizzazione
(Trattato CEE, artt. 100 A, n. 4, e 190; decisione della Commissione 2 dicembre 1992)
1. Nell' ambito del sistema istituito dagli artt. 8 A e 100 A del Trattato per il ravvicinamento delle normative degli Stati membri ai fini dell' instaurazione e del funzionamento del mercato interno, anche se l' art. 100 A, n. 4, consente ad uno Stato membro, ove siano soddisfatte le condizioni in esso enunciate, di applicare una normativa che deroghi ad una misura di armonizzazione adottata secondo il procedimento previsto al n. 1, una tale facoltà, costituendo una deroga ad una misura comune che persegue la realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali del Trattato, vale a dire l' eliminazione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione delle merci fra gli Stati membri, è assoggettata, in forza del predetto n. 4, al controllo della Commissione e della Corte.
Ne consegue che lo Stato membro che intenda continuare ad applicare, dopo la scadenza del termine di attuazione o dopo l' entrata in vigore di una misura di armonizzazione prevista dall' art. 100 A, n. 1, una disciplina nazionale derogatoria, è tenuto a notificarla alla Commissione. Quest' ultima deve assicurarsi che ricorrano tutte le condizioni che consentono ad uno Stato membro di valersi della facoltà di deroga prevista all' art. 100 A, n. 4, verificando, in particolare, se le disposizioni in questione siano giustificate da esigenze preminenti, menzionate al primo comma dello stesso articolo, e non costituiscano né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata nel commercio tra Stati membri.
Poiché le misure relative al ravvicinamento delle normative degli Stati membri atte ad ostacolare gli scambi intracomunitari verrebbero rese inoperanti se gli Stati membri conservassero la facoltà di applicare unilateralmente una disciplina nazionale derogatoria, uno Stato membro è autorizzato ad applicare le disposizioni nazionali notificate solo dopo aver ottenuto una decisione di conferma da parte della Commissione.
2. L' obbligo della motivazione sancito dall' art. 190 del Trattato implica che tutti gli atti considerati contengano un' esposizione dei motivi che hanno indotto l' istituzione ad emanarli, in modo che la Corte possa esercitare il proprio controllo e che sia gli Stati membri sia i cittadini interessati siano posti in grado di conoscere le condizioni nelle quali le istituzioni comunitarie hanno fatto applicazione del Trattato.
Nell' adottare la sua decisione 2 dicembre 1992, fondata sull' art. 100 A, n. 4, del Trattato, di conferma della disciplina tedesca relativa al divieto del pentaclorofenolo, la Commissione si è limitata a richiamare in termini generali il contenuto e lo scopo della normativa tedesca e a dichiarare che essa è compatibile con l' art. 100 A, n. 4, senza puntualizzare i motivi di fatto e di diritto per i quali, a suo giudizio, le condizioni poste dalla norma in parola dovevano nel loro complesso reputarsi soddisfatte nel caso di specie, sicché la decisione impugnata disattende l' obbligo della motivazione prescritto dall' art. 190 e va annullata per violazione delle forme sostanziali.
Nella causa C-41/93,
Repubblica francese, rappresentata dalle signore Edwige Belliard, vicedirettore presso la direzione degli affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e Catherine de Salins, consigliere degli affari esteri presso lo stesso ministero, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' ambasciata di Francia, 9, boulevard du Prince Henri,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalle signore Denise Sorasio, consigliere giuridico, e Virginia Melgar, funzionario nazionale messo a disposizione del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
sostenuta da
Repubblica federale di Germania, rappresentata dai signori Ernst Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale dell' Economia, e Roberto Hayder, Regierungsdirektor presso lo stesso ministero, in qualità di agenti, Bundesministerium fuer Wirtschaft, Villemombler Str. 76, D-W-5300 Bonn,
e
Regno di Danimarca, rappresentato dal signor Joergen Molde, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' ambasciata di Danimarca, 4, boulevard Royal,
intervenienti,
avente ad oggetto il ricorso diretto all' annullamento della decisione della Commissione 2 dicembre 1992, fondata sull' art. 100 A, n. 4, del Trattato CEE, che conferma la disciplina tedesca relativa al divieto del pentaclorofenolo (GU C 334, pag. 8),
LA CORTE,
composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida e M. Diez de Velasco, presidenti di sezione, R. Joliet, F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn (relatore) e J.L. Murray, giudici,
avvocato generale: G. Tesauro
cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale
vista la relazione d' udienza,
sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 7 dicembre 1993, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dal signor Jean-Louis Dewost, direttore generale del servizio giuridico, e dalla signora Virginia Melgar, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 26 gennaio 1994,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 9 febbraio 1993, la Repubblica francese ha proposto, ai sensi dell' art. 173, primo comma, del Trattato CEE, un ricorso diretto all' annullamento della decisione della Commissione 2 dicembre 1992, fondata sull' art. 100 A, n. 4, dello stesso Trattato, che conferma la disciplina tedesca relativa al divieto del pentaclorofenolo (GU C 334, pag. 8).
2 Il pentaclorofenolo (in prosieguo: il "PCP") è una sostanza chimica impiegata come agente nel trattamento del legno, nell' impregnazione dei tessuti industriali e nella sterilizzazione dei pavimenti, come battericida nella concia delle pelli e nell' industria della pasta di legno e come molluschicida nel trattamento delle acque industriali. Il PCP è tossico per l' uomo se assunto oralmente, per via respiratoria o per contatto sull' epidermide; esso è inoltre molto tossico per l' ambiente acquatico. Il suo impiego è assoggettato a varie restrizioni in oltre trenta paesi.
3 Nel 1987, conformemente alla direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d' informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 109, pag. 8), la Repubblica federale di Germania notificava alla Commissione un progetto di norma inteso a limitare allo 0,5% il tenore in PCP dei preparati destinati al trattamento del legno.
4 In risposta a tale notifica, la Commissione segnalava che essa stava predisponendo un progetto di direttiva in questa materia e chiedeva al governo tedesco di ritardare di dodici mesi l' adozione della disciplina in questione.
5 Il 20 aprile 1988 la Commissione presentava una proposta di direttiva del Consiglio recante nona modifica della direttiva 76/769/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (GU C 117, pag. 14). Questa proposta limitava allo 0,1% in massa il tenore in PCP delle sostanze e dei preparati immessi sul mercato, prevedendo deroghe in tre casi tassativamente enumerati.
6 Il 12 dicembre 1989 la Repubblica federale di Germania adottava la Pentachlorphenolverbotsverordnung (decreto relativo al divieto di impiego del pentaclorofenolo, Bundesgesetzblatt, 1989, I, pag. 2235), entrata in vigore il 23 dicembre 1989.
7 In forza dell' art. 1, n. 1, di questo decreto, il medesimo si applica al pentaclorofenolo, al pentaclorofenolato di sodio nonché agli altri sali e composti di pentaclorofenolo, ai preparati contenenti complessivamente oltre lo 0,01% di queste sostanze e ai prodotti che, per effetto del loro trattamento con i suddetti preparati, contengano queste sostanze in concentrazione superiore a 5 mg/kg (ppm).
8 A norma dell' art. 2, n. 1, dello stesso decreto, è fatto divieto di fabbricare, mettere in commercio o utilizzare a fini commerciali o industriali, nello svolgimento di qualsiasi attività economica o negli ambienti di lavoro, le sostanze di cui all' art. 1, n. 1. Le deroghe a questo divieto riguardano unicamente la fabbricazione e l' impiego del PCP e dei suoi composti usati nella sintesi di altre sostanze che si presentino come prodotto derivato o siano esclusivamente destinate alla ricerca o alla sperimentazione scientifica, qualora sia garantito lo smaltimento senza rischi dei rifiuti e siano state adottate misure di sicurezza sufficienti a proteggere i lavoratori e l' ambiente. Le deroghe in parola sono assoggettate ad autorizzazione amministrativa.
9 Il 21 marzo 1991 il Consiglio adottava, alla stregua dell' art. 100 A del Trattato, la direttiva 91/173/CEE, recante nona modifica della direttiva 76/769/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (GU L 85, pag. 34, in prosieguo: la "direttiva 91/173"). Tra le sostanze pericolose menzionate da questa direttiva figura il PCP. Quattro governi, tra cui il governo tedesco, votavano contro l' adozione della direttiva.
10 L' art. 1 della direttiva 91/173 modifica l' allegato I della direttiva 76/769/CEE (GU L 262, pag. 201), aggiungendovi un punto 23 ai termini del quale il PCP, i suoi sali e i suoi esteri non sono ammessi in concentrazione pari o superiore allo 0,1% in massa nelle sostanze e nei preparati immessi sul mercato. Sono previste delle deroghe, in sostanza, per i prodotti e i preparati destinati ad essere utilizzati nel trattamento del legno, nell' impregnazione di fibre e tessuti pesanti, come agenti di sintesi e/o di trasformazione in processi industriali nonché in trattamenti specifici di edifici facenti parte del patrimonio culturale degli Stati. Secondo la stessa disposizione tali deroghe vengono riesaminate in funzione dell' evoluzione delle conoscenze e delle tecniche entro un termine massimo di tre anni a decorrere dall' attuazione della direttiva.
11 In forza dell' art. 2 della direttiva 91/173, gli Stati membri comunicano alla Commissione al più tardi il 31 dicembre 1991 il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla direttiva medesima e mettono in vigore, entro il 1 luglio 1992, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarvisi.
12 Il 2 agosto 1991 la Repubblica federale di Germania notificava alla Commissione la propria decisione, fondata sull' art. 100 A, n. 4, del Trattato, di continuare ad applicare le proprie norme nazionali in materia di PCP, in luogo della direttiva 91/173. Tale comunicazione veniva trasmessa agli altri Stati membri per conoscenza. Il 10 febbraio 1992 la Francia trasmetteva alla Commissione le proprie osservazioni in merito alla disciplina tedesca.
13 Il 2 dicembre 1992 la Commissione adottava la decisione impugnata, con la quale confermava la disciplina normativa tedesca. La decisione veniva notificata a tutti gli Stati membri.
14 A sostegno del proprio ricorso la Repubblica francese argomenta, in primo luogo, che la Commissione ha erroneamente confermato la disciplina normativa tedesca notificatale ed è conseguentemente incorsa nella violazione dell' art. 100 A, n. 4, del Trattato.
15 Da un lato, le informazioni trasmesse dalle autorità tedesche non dimostrerebbero affatto che le misure intese a limitare l' impiego del PCP fossero giustificate da preminenti esigenze menzionate nell' art. 36 del Trattato CEE, o inerenti alla tutela dei lavoratori o dell' ambiente, né che queste misure fossero in rapporto di proporzionalità rispetto agli ostacoli agli scambi che potevano scaturirne.
16 Dall' altro, il mantenimento in vigore in uno Stato membro di disposizioni più restrittive rispetto a quelle dettate dalle direttive adottate dal Consiglio potrebbe giustificarsi, sotto il profilo dell' art. 100 A, n. 4, soltanto in considerazione di circostanze peculiari di questo Stato, le quali non sussisterebbero nel caso di specie.
17 In secondo luogo, il governo francese assume che con la sua decisione la Commissione ha trasgredito l' art. 190 del Trattato CEE, in quanto non ha dimostrato adeguatamente che le condizioni alle quali l' art. 100 A, n. 4, subordina la conferma di siffatte misure fossero soddisfatte.
18 Preliminarmente all' esame di questi mezzi, occorre analizzare il procedimento che ha condotto all' adozione della controversa decisione, ricollocandola all' interno del sistema del Trattato e precisandone obiettivi e modalità.
19 Al riguardo, si deve anzitutto rilevare che, tra le finalità perseguite dalla Comunità, di cui è menzione agli artt. 2 e 3 del Trattato CEE, figura la creazione di un mercato comune. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l' instaurazione del mercato comune mira a rimuovere tutti gli ostacoli frapposti agli scambi intracomunitari in vista dell' integrazione dei mercati nazionali in un mercato unico nel quale siano realizzate condizioni il più possibile analoghe a quelle di un vero e proprio mercato interno.
20 L' art. 8 A del Trattato CEE (art. 7 A del Trattato CE) prevede che il mercato interno venga instaurato gradualmente con misure adottate dalla Comunità in conformità dello stesso articolo e delle altre disposizioni ivi menzionate, tra le quali figura l' art. 100 A.
21 In deroga all' art. 100 e salvo che il Trattato non disponga diversamente, le disposizioni dell' art. 100 A si applicano per la realizzazione degli obiettivi di cui all' art. 8 A.
22 Questi obiettivi sono attuati, alla stregua dell' art. 100 A, n. 1, con misure tra le quali rientrano le direttive emanate dal Consiglio secondo il procedimento in esso previsto e che hanno ad oggetto l' eliminazione degli ostacoli agli scambi derivanti dalle disparità esistenti tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri.
23 Entro questo sistema, l' art. 100 A, n. 4, consente tuttavia ad uno Stato membro, ove siano soddisfatte le condizioni da esso fatte valere, di applicare una normativa che deroga ad una misura di armonizzazione adottata secondo il procedimento previsto al n. 1.
24 Questa facoltà, in quanto costituisce una deroga ad una misura comune che persegue la realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali del Trattato, vale a dire l' eliminazione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione delle merci fra gli Stati membri, è assoggettata, in forza dell' art. 100 A, n. 4, al controllo esercitato dalla Commissione e dalla Corte di giustizia.
25 E' alla luce di queste considerazioni che occorre prendere in esame il procedimento in base al quale la Commissione deve controllare e, se del caso, confermare le norme nazionali che le sono notificate da uno Stato membro.
26 Anzitutto, lo Stato membro che, come nel caso in esame, intenda continuare ad applicare, dopo la scadenza del termine di attuazione o dopo l' entrata in vigore di una misura di armonizzazione prevista dall' art. 100 A, n. 1, una disciplina nazionale derogatoria è tenuto a notificare quest' ultima alla Commissione.
27 La Commissione deve quindi assicurarsi che ricorrano tutte le condizioni che consentono ad uno Stato membro di valersi della facoltà di deroga prevista all' art. 100 A, n. 4. In particolare, essa deve verificare se le disposizioni in questione siano giustificate da esigenze preminenti, menzionate al primo comma dell' art. 100 A, n. 4, e non costituiscano né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata nel commercio tra Stati membri.
28 Il procedimento previsto in questa disposizione mira a garantire che nessuno Stato membro possa applicare una disciplina nazionale che deroghi alle regole oggetto di armonizzazione senza esservi stata autorizzata dalla Commissione.
29 Invero, le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri atte ad ostacolare gli scambi intracomunitari verrebbero rese inoperanti se gli Stati membri conservassero la facoltà di applicare unilateralmente una disciplina nazionale derogatoria.
30 Pertanto, uno Stato membro è autorizzato ad applicare le disposizioni nazionali notificate solo dopo aver ottenuto una decisione di conferma da parte della Commissione.
31 Occorre poi esaminare, in primo luogo, se la decisione della Commissione 2 dicembre 1992 soddisfi le prescrizioni dell' art. 190 del Trattato.
32 Sul punto, la Commissione fa rilevare che essa ha soddisfatto tali prescrizioni accertando, nella sua decisione, che la disciplina tedesca perseguiva l' obiettivo della tutela della salute e dell' ambiente, due giustificazioni menzionate rispettivamente nell' art. 36 e nell' art. 100 A, n. 4, del Trattato. In particolare, prosegue la Commissione, essa ha sottolineato come la disciplina normativa tedesca mirasse a proteggere i cittadini contro i rischi di tumori connessi alle diossine.
33 Questo argomento non può essere accolto.
34 Secondo una giurisprudenza costante, l' obbligo di motivazione sancito dall' art. 190 implica che tutti gli atti considerati contengano un' esposizione dei motivi che hanno indotto l' istituzione ad emanarli, in modo che la Corte possa esercitare il proprio controllo e che sia gli Stati membri sia i cittadini interessati siano posti in grado di conoscere le condizioni nelle quali le istituzioni comunitarie hanno fatto applicazione del Trattato.
35 Nel caso in esame questi presupposti non sono soddisfatti. Dopo aver succintamente descritto, nei primi tre commi, il contenuto e l' obiettivo dell' art. 100 A, n. 4, la seconda parte della decisione 2 dicembre 1992, recante il titolo "Valutazione", si limita, nel quarto comma, a richiamare il contenuto della disciplina tedesca e i pericoli del PCP per affermare, nel successivo capoverso, che il limite fissato da questa disciplina è più elevato e che tale margine di sicurezza è giustificato dalle esigenze menzionate nell' art. 100 A, n. 4. Indi, dopo un richiamo nei commi sesto e settimo, all' obbligo di procedere, dopo tre anni, al riesame della direttiva 91/173, la decisione constata, nell' ottavo comma, che la disciplina tedesca ostacola il commercio. Infine, nel nono comma, la Commissione conclude che il regolamento tedesco è conforme alle prescrizioni dell' art. 100 A, n. 4, secondo comma.
36 E' pertanto evidente che la Commissione si è limitata a richiamare in termini generali il contenuto e lo scopo della disciplina normativa tedesca e a dichiarare che essa è compatibile con l' art. 100 A, n. 4, senza puntualizzare i motivi di fatto e di diritto per i quali, a suo giudizio, le condizioni poste dall' art. 100 A, n. 4, dovevano nel loro complesso reputarsi soddisfatte nel caso di specie.
37 Conseguentemente si deve constatare che la decisione impugnata disattende l' obbligo di motivazione prescritto dall' art. 190 del Trattato e va annullata per violazione delle forme sostanziali, senza che sia necessario esaminare gli altri mezzi dedotti dalla ricorrente.
Sulle spese
38 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La convenuta è rimasta soccombente e va quindi condannata alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
dichiara e statuisce:
1) La decisione della Commissione 2 dicembre 1992, che conferma la disciplina tedesca in tema di divieto del pentaclorofenolo, è annullata.
2) La Commissione è condannata alle spese.