Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 4 maggio 1995. - HENGST IMPORT BV CONTRO ANNA MARIA CAMPESE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: ARRONDISSEMENTSRECHTBANK ZWOLLE - PAESI BASSI. - CONVENZIONE DI BRUXELLES - ART. 27, PUNTO 2) - NOZIONE DI DOMANDA GIUDIZIALE O ATTO EQUIVALENTE. - CAUSA C-474/93.
raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-02113
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1 La presente controversia riguarda l'interpretazione dell'art. 27, punto 2), della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «Convenzione»), così come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione della Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1). La questione sottoposta alla Corte è se un «decreto ingiuntivo» - un'ingiunzione pronunciata al termine di un procedimento sommario in diritto italiano - possa essere eseguito in un altro Stato contraente, in virtù della Convenzione di Bruxelles.
2 Il quesito proposto dall'Arrondissementsrechtbank di Zwolle è così formulato:
«Se il "decreto ingiuntivo" di cui al libro quarto del codice di procedura civile italiano (articoli 633-656) debba essere considerato, da solo o unitamente al ricorso introduttivo, come una "domanda giudiziale od un atto equivalente", ai sensi degli articoli 27, inizio e punto 2), 46, inizio e punto 2), o 20, secondo comma, della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale».
I fatti
3 La signora Campese, residente in Italia, consegnava (una partita di) scarpe alla società Hengst BV (in prosieguo: la «Hengst»), con sede nei Paesi Bassi. La signora Campese sostiene che la Hengst aveva saldato le fatture solo parzialmente. Il 28 marzo 1989, ella domandava al Tribunale di Trani, Italia, in virtù dell'art. 638 del codice di procedura civile italiano (in prosieguo: il «CPC»), di emettere un «decreto ingiuntivo», con l'ingiunzione alla Hengst di pagarle la somma di 11 214 875 LIT, maggiorate degli interessi legali e delle spese. Il 1_ aprile 1989, il presidente del Tribunale di Trani emetteva un'ingiunzione di pagamento, ai sensi dell'art. 641 CPC. Il 23 maggio 1989 il decreto ingiuntivo, con il ricorso introduttivo dell'istanza dinanzi al Tribunale di Trani, veniva comunicata alla Hengst, conformemente all'art. 643 CPC, nel modo prescritto dall'art. 15 della Convenzione dell'Aia del 15 novembre 1965 relativa alla comunicazione e alla notificazione all'estero degli atti giudiziari e stragiudiziali in materia civile e commerciale (2). In base all'art. 641 CPC, la Hengst aveva a disposizione un termine di 20 giorni per pagare la somma indicata nell'ingiunzione o per fare opposizione dinanzi al Tribunale di Trani. Essa non ha fatto né l'una né l'altra cosa. Il 31 luglio 1989, il presidente del Tribunale di Trani dichiarava l'esecutorietà del decreto, conformemente all'art. 647 CPC; il cancelliere del Tribunale opponeva tale dichiarazione sul decreto il 27 settembre 1989. La signora Campese proponeva un'istanza al presidente dell'Arrondissementsrechtbank di Zwolle, per ottenere l'esecuzione dell'ingiunzione contro la Hengst nei Paesi Bassi, ai sensi dell'art. 32 della Convenzione di Bruxelles. L'esecuzione veniva autorizzata il 20 novembre 1990. La Hengst proponeva un ricorso contro tale decisione dinanzi all'Arrondissementsrechtbank di Zwolle, che sottoponeva alla Corte il quesito sopra riportato.
Il «decreto ingiuntivo»
4 Il procedimento che permette di ottenere un «decreto ingiuntivo» è un procedimento rapido, semplice, su domanda non comunicata alla controparte, con il quale il creditore può ottenere un titolo esecutivo nei confronti di un debitore. Il creditore domanda al giudice, con il supporto di documenti giustificativi, di rendere un'ingiunzione di pagamento della somma dovuta o di consegna della cosa determinata (art. 633 CPC). Ove siano presenti tutte le condizioni dell'art. 633, il giudice ingiunge all'altra parte di pagare la somma reclamata o di consegnare la cosa entro un termine di 20 giorni (art. 641). Questo termine può essere ridotto fino a cinque giorni, se l'istante allega giusti motivi, oppure aumentato fino a trenta. Secondo l'art. 643 CPC, una copia del decreto, unitamente a una copia del ricorso, è notificata all'intimato, che può quindi fare opposizione fino alla scadenza del termine fissato conformemente all'art. 641. L'art. 643, terzo comma, dispone che la duplice notificazione, del decreto e del ricorso, determina la pendenza della lite: solamente a partire da questa duplice notificazione l'intimato è messo al corrente del fatto che è stato intentato un procedimento nei suoi confronti. In principio, il decreto non è di per sé esecutivo prima dello scadere del termine fissato e fino a che il giudice non ne abbia dichiarato l'esecutorietà ma il ricorrente può domandarne l'esecuzione provvisoria se il credito è fondato su un assegno bancario o un titolo commerciale, o in altri casi determinati (art. 642). Il giudice, se l'intimato non fa opposizione al decreto entro il termine prescritto, o se ritiene l'opposizione non fondata, su richiesta orale o scritta del ricorrente, dichiarare l'esecutorietà del decreto. Il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione quando risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del decreto (art. 647, primo comma, in fine). Secondo l'art. 650, l'intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se può dimostrare di non averne avuta conoscenza per ragioni attinenti all'irregolarità della notificazione o equivalenti a un caso di forza maggiore. Se l'intimato fa opposizione, il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito (art. 645, secondo comma). Infine, si osserva che, ai sensi dell'art. 633, terzo comma, l'ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione all'intimato deve avvenire fuori del territorio della Repubblica italiana o dei territori soggetti alla sovranità italiana.
La disposizione pertinente della Convenzione di Bruxelles
5 Il quesito del giudice a quo verte essenzialmente sull'interpretazione dell'art. 27, punto 2), della Convenzione di Bruxelles, ai sensi del quale:
«Le decisioni non sono riconosciute:
(...)
2) Se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace regolarmente ed in tempo utile perché questi possa presentare le proprie difese».
La questione sollevata dinanzi alla Corte è diretta a sapere se, in applicazione dell'art. 27, punto 2), il giudice a quo debba rifiutare di riconoscere il «decreto ingiuntivo» ottenuto dalla signora Campese. A tale effetto, il giudice a quo ha bisogno di sapere se il «decreto ingiuntivo» costituisce, da solo o unitamente al ricorso introduttivo dell'istanza, «domanda giudiziale» ai sensi dell'art. 27, punto 2).
6 Il quesito sottoposto fa egualmente menzione dell'art. 20, secondo comma, e dell'art. 46, punto 2, della Convenzione, nei quali compare la stessa espressione. Questi articoli non sono, tuttavia, direttamente pertinenti. L'art. 20 si rivolge al primo giudice adito nello Stato in cui la decisione è pronunciata, mentre l'art. 46, punto 2), concerne l'obbligo, per la parte che invoca il riconoscimento o chiede l'esecuzione di una decisione contumaciale, di produrre un documento comprovante che la domanda giudiziale è stata notificata o comunicata. La controversia dinanzi al giudice a quo non sembra concernere la questione se la signora Campese ha prodotto una prova di questo genere. Ci concentreremo, di conseguenza, sull'interpretazione dell'art. 27, punto 2).
Analisi giuridica
7 Siamo del parere che, per comunicazione o notificazione della «domanda giudiziale» prevista all'art. 27, punto 2), bisogna intendere la comunicazione o notificazione del «decreto ingiuntivo» unitamente al ricorso, così come previsto dall'art. 643 CPC. L'art. 27, punto 2), della Convenzione ha per scopo, essenzialmente, garantire il rispetto dei diritti della difesa. La Corte ha statuito, nella sentenza Denilauler (3):
«L'insieme delle disposizioni della Convenzione, tanto quelle del titolo II, relative alla competenza, quanto quelle del titolo III, relative al riconoscimento e all'esecuzione, esprimono l'intenzione di aver cura che, nell'ambito degli obiettivi della Convenzione stessa, i procedimenti conducenti all'adozione di misure giurisdizionali si svolgano nel rispetto dei diritti della difesa. La Convenzione, nel titolo III, si mostra molto liberale quanto al riconoscimento e all'esecuzione, proprio a motivo delle garanzie assicurate al convenuto nel procedimento di origine».
Il punto da stabilire è dunque se il convenuto abbia avuto o meno la possibilità di difendersi (4). La Corte ha infatti statuito, successivamente:
«Alla luce di queste considerazioni appare chiaramente che la Convenzione si riferisce essenzialmente alle decisioni giurisdizionali che, prima del momento in cui il loro riconoscimento e la loro esecuzione vengono richiesti in uno Stato diverso da quello d'origine, sono state precedute o avrebbero potuto essere precedute, in detto Stato d'origine, secondo modalità diverse, da un'istruzione contraddittoria» (il corsivo è nostro) (5).
8 Un esame delle disposizioni del codice di procedura civile italiano mostra che il «decreto ingiuntivo» poteva effettivamente essere «oggetto di un'istruzione contraddittoria». La Hengst avrebbe potuto proporre opposizione al decreto dinanzi al Tribunale di Trani, ai sensi dell'art. 645 CPC. In tal caso, essa avrebbe trasformato il procedimento, ai sensi dell'art. 645, secondo comma, in un giudizio contenzioso ordinario.
9 Oltre alla possibilità, accordata all'intimato, di fare opposizione al «decreto ingiuntivo» entro un termine fissato (normalmente) in 20 giorni, il diritto italiano contiene altre garanzie procedurali destinate ad assicurare il rispetto dei diritti della difesa. Come detto in precedenza, l'art. 650 CPC prevede la possibilità per l'intimato, in date circostanze, di fare opposizione dopo la scadenza del termine. L'art. 647 CPC fa obbligo al giudice di ordinare il rinnovo della notificazione del decreto ingiuntivo e del ricorso, quando risulta, o appare probabile, che l'intimato non ne abbia avuto conoscenza.
10 Nella sentenza Klomps (6), la Corte era chiamata a decidere se un'ingiunzione di pagamento di natura similare («Zahlungsbefehl» (7)), prevista dal diritto tedesco, costituisse «domanda giudiziale» ai sensi dell'art. 27, punto 2), della Convenzione. Dalle conclusioni dell'avvocato generale Reischl (8) risulta che il procedimento oggetto di questa causa era di natura similare a quello del codice di procedura civile italiano, sopra descritto. In virtù del procedimento tedesco, un creditore poteva proporre un ricorso, che non veniva comunicato all'altra parte, dinanzi a un funzionario di giustizia, il quale, a seguito di un esame sommario della domanda, rilasciava un'ingiunzione di pagamento. L'ingiunzione veniva in seguito notificata al debitore, che poteva disporre di un termine di tre giorni per fare opposizione. Questo termine era stato portato, successivamente, a quattordici giorni. L'opposizione all'ingiunzione trasformava il giudizio in procedimento contenzioso ordinario. Tuttavia, ove non si fosse formato alcun contraddittorio il creditore poteva richiedere un'autorizzazione all'esecuzione, nei confronti della quale era ugualmente possibile proporre opposizione.
11 Nella sentenza Klomps, la Corte non ha avuto difficoltà a interpretare l'ingiunzione di pagamento («Zahlungsbefehl») del diritto tedesco come «domanda giudiziale» nel senso dell'art. 27, punto 2), dichiarando:
«Ne consegue che un atto, quale il decreto ingiuntivo (Zahlungsbefehl) del diritto tedesco, la cui notifica al convenuto consente all'attore, qualora non sia stata fatta opposizione, di ottenere un provvedimento esecutivo a norma della Convenzione, va notificato regolarmente ed in tempo utile perché il convenuto possa presentare le proprie difese e, quindi, che tale atto si deve ritenere compreso nella nozione di "domanda giudiziale" di cui all'art. 27, punto 2)».
12 Rimane da esaminare un punto sollevato dal giudica a quo, che è stabilire se il «decreto ingiuntivo» dev'essere considerato esso solo, oppure congiuntamente al ricorso, come «domanda giudiziale». Poiché, ai sensi dell'art. 643 CPC, il «decreto ingiuntivo» e il ricorso devono essere entrambi notificati all'intimato, riteniamo che sia la riunione di questi due documenti a costituire «domanda giudiziale» ai sensi dell'art. 27, punto 2). Infatti, come prevede il terzo comma dell'art. 643 CPC, la duplice notificazione di questi documenti determina la pendenza della lite. Il governo italiano ha osservato, nelle sue osservazioni, che il giudice che pronuncia l'ingiunzione deve verificare la regolarità della notificazione prima di dichiarare l'esecutorietà del decreto ingiuntivo. Se uno dei due documenti manchi, il giudice deve, conformemente all'art. 647 CPC, ordinare il rinnovo della notificazione.
13 Prima di concludere, affronteremo un punto sollevato dalla Commissione, sebbene non ci sembri influire sulla soluzione che ci appare opportuna in relazione al quesito posto. La Commissione ha sollevato la questione se il «decreto ingiuntivo» emesso nella presente controversia ricada nell'ambito della nozione utilizzata all'art. 27, punto 2), poiché è stato notificato a un convenuto residente fuori Italia. L'art. 633 CPC prevede che il giudice italiano non può pronunciare l'ingiunzione se la notificazione deve avvenire fuori Italia. La Commissione conclude che solo un «decreto ingiuntivo» notificato a un convenuto residente in Italia costituisce, con il ricorso, «domanda giudiziale» ai sensi dell'art. 27, punto 2).
14 Non siamo d'accordo su questo punto. L'art. 27, punto 2), ha per obiettivo principale che la domanda giudiziale od un atto equivalente sia stato comunicato o notificato al convenuto regolarmente e in tempo utile, affinché possa difendersi. Questa disposizione è volta a garantire che giudizio resi in contumacia, in circostanze nelle quali il convenuto non ha avuto la possibilità di difendersi, non possano beneficiare della normativa semplificata, relativa al riconoscimento e all'esecuzione, enunciata al titolo III della Convenzione. Che il giudice italiano abbia emesso a torto o a ragione il decreto ingiuntivo è altra questione.
15 La risposta al quesito proposta dalla Commissione avrebbe ad effetto di consentire al giudice olandese di rifiutare l'esecuzione (o il riconoscimento) dell'ingiunzione italiana a motivo di un'eventuale irregolarità di diritto italiano. Il giudice olandese sarebbe così condotto ad esaminare se il giudice italiano, secondo il proprio diritto, potesse o meno pronunciare l'ingiunzione. L'art. 29 della Convenzione fa divieto al giudice dello Stato richiesto di procedere a tale esame.
16 E' vero che, nella sentenza Pendy Plastic (9), la Corte ha ritenuto che il controllo della regolarità della notifica della domanda giudiziale sia stato affidato tanto al giudice dello Stato d'origine, quanto al giudice dello Stato richiesto. Tuttavia, l'esame al quale può procedere l'ultimo giudice è limitato, a nostro parere, alla questione se la notificazione sia stata regolarmente effettuata, in modo da mettere il convenuto in grado di difendersi. Questa interpretazione è conforme all'obiettivo fondamentale dell'art. 27, punto 2), che è assicurare il rispetto dei diritti del convenuto (10).
Conclusione
17 Riteniamo, di conseguenza, che si debba rispondere al quesito posto dall'Arrondissementsrechtbank di Zwolle nel modo seguente:
«L'art. 27, punto 2), della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, così come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione della Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dev'essere interpretato nel senso che il termine "domanda giudiziale" comprende ogni documento, qual'è l'ingiunzione denominata "decreto ingiuntivo" in diritto italiano unitamente al ricorso introduttivo, la cui comunicazione o notificazione autorizzi il ricorrente, in forza del diritto dello Stato sul cui territorio la decisione è stata pronunciata, ad ottenere, in mancanza di opposizione del convenuto, una decisione che può essere riconosciuta ed eseguita in virtù delle disposizioni della Convenzione».
(1) - GU 1978, L 304, pag. 1 e pag. 77, testo modificato.
(2) - L'art. 15, primo comma, è così formulato:<"NOTE", Font = F2, Top Margin = 0.000 inches, Left Margin = 0.721 inches, Tab Origin = Column>«
(3) - Sentenza 20 maggio 1980, causa 125/79 (Racc. pag. 1553, punto 13).
(4) - V. anche sentenza 12 novembre 1992, causa C-123/91, Minalmet (Racc. pag. I-5661, punto 18).
(5) - V. nota 3.
(6) - Sentenza 16 giugno 1984, causa 166/80 (Racc. pag. 1593).
(7) - Attualmente conosciuto con il termine «Mahnbescheid».
(8) - Racc. 1981, pagg. 1593, 1615 e 1616.
(9) - Sentenza 15 luglio 1982, causa 222/81 (Racc. pag. 2723, punto 13).
(10) - Sentenza 3 luglio 1990, causa C-305/88, Lancray (Racc. pag. I-2725, punto 28).