CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
CARL OTTO LENZ
presentate il 19 gennaio 1995 ( *1 )
A — Introduzione
1. |
La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landessozialgericht dello Schleswig-Holstein è intesa a determinare la legge applicabile ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408 ( 1 ), relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, e del regolamento che fissa le modalità di applicazione [regolamento (CEE) n. 574/72] ( 2 ). |
2. |
Alla base della controversia nella causa principale stanno i fatti seguenti: le parti nel procedimento principale — la Calle Grenzshop Andresen GmbH & Co. KG, ricorrente, e l'Allgemeine Ortskrankenkasse per il distretto Schleswig-Flensburg, convenuta — sono in lite circa l'obbligo della ricorrente di versare al sistema previdenziale tedesco i contributi per i propri dipendenti, tra gli altri l'interveniente n. 3, il signor W. La convenuta esigeva contributi alla previdenza sociale, per conto di quest'ultima, per un importo di 74627,23 DM per il periodo dal 1o aprile 1982 al 31 agosto 1987. |
3. |
La ricorrente gestisce nella Repubblica federale di Germania nei pressi della frontiera tedesco-danese un esercizio per il commercio al minuto, che fa parte di una catena di distribuzione. Là essa si avvale prevalentemente di personale danese residente in Danimarca, segnatamente l'interveniente n. 3. Il rapporto di lavoro di quest'ultimo è caratterizzato dal fatto che è impiegato nell'azienda stabilita in Germania come direttore e inoltre svolge per conto del suo datore di lavoro attività lavorative per circa dieci ore alla settimana in Danimarca. Per risolvere le questioni pregiudiziali occorre muovere dall'assunto che l'oggetto della sua attività in Danimarca consiste nel partecipare all'elaborazione della strategia dell'impresa nel centro decisionale della stessa, più precisamente nello svolgere funzioni di coordinamento e di controllo. La definizione legale di tale rapporto di lavoro è necessaria al fine di determinare la legislazione applicabile ai sensi del regolamento n. 1408/71. Trattasi inoltre di accertare se, per effetto del rilascio di un certificato emesso sul modulo E101, possa determinarsi la legislazione applicabile in modo vincolante. |
4. |
Il giudice a quo sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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5. |
La ricorrente nella causa principale, la Bundesversicherungsanstalt für Angestellte quale interveniente nella causa principale (in prosieguo: la «BfA»), il governo tedesco, il governo italiano e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. Inoltre il governo del Regno Unito ha presentato osservazioni scritte nel corso della fase orale. |
B — Valutazione
6. |
L'art. 13, n. 1, del regolamento n. 1408/71 detta il principio secondo cui le persone alle quali è applicabile il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un solo Stato membro. Deroghe a tale norma sono ammesse solo entro stretti limiti ( 3 ) che manifestamente sono del tutto irrilevanti nel presente caso. Il titolo II del regolamento determina quale sia la legislazione applicabile ad una persona rientrante nel campo di applicazione dello stesso regolamento. Dall'art. 13, n. 2, emerge che la legislazione normalmente applicabile è quella del luogo dell'attività professionale ( 4 ). Norme speciali sono previste negli artt. 14-17. Tra queste l'art. 14 contiene norme applicabili a persone ( 5 ) che esercitano un'attività subordinata. Poiché l'interveniente n. 3 occupa un posto come lavoratore subordinato presso la ricorrente, la soluzione della questione intesa a determinare la legislazione applicabile va cercata nell'ambito della norma in parola. |
7. |
Le prime tre questioni dell'ordinanza di rinvio pregiudiziale sono volte ad accertare se sia applicabile l'art. 14, n. 1, lett. a), o l'art. 14, n. 2, lett. b), punto i). |
8. |
L'art. 14, n. 1, regola il caso del distacco. L'art. 14, n. 1, lett. a), recita: «La persona che esercita un'attività subordinata nel territorio di uno Stato membro presso un'impresa dalla quale dipende normalmente ed è distaccata da questa impresa nel territorio di un altro Stato membro per svolgervi un lavoro per conto della medesima, rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro, a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i dodici mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un'altra persona giunta al termine del suo periodo di distacco». |
9. |
Secondo la lett. b) di tale disposizione, il periodo di distacco limitato a dodici mesi può essere prolungato, con l'accordo dell'autorità competente, per un periodo massimo di dodici mesi, se la durata del lavoro da effettuare si prolunga per circostanze imprevedibili oltre la durata prevista in un primo tempo. |
10. |
L'art. 14, n. 2, disciplina la situazione delle persone che di norma esercitano un'attività subordinata nel territorio di due o più Stati membri. Le disposizioni della lett. a), relative alle persone che fanno parte del personale viaggiante o navigante di talune imprese di trasporto, non sono manifestamente applicabili nel caso di specie. Invece la lett. b) recita: «la persona che non rientra nei casi previsti alla lettera a) è soggetta:
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Sulla prima questione
11. |
È pacifico tra le parti che non sussiste alcun distacco nel senso dell'art. 14, n. 1, lett. a), ma che, per quanto riguarda il rapporto di lavoro dell'interveniente n. 3, trattasi dell'ipotesi di una normale attività subordinata in due Stati membri nel senso dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i). |
12. |
Contro l'ipotesi del distacco si avanzano i seguenti argomenti: La BfA fa valere che l'eccezione contemplata dall'art. 14, n. 1, lett. a), è limitata a dodici mesi e non può essere applicata ad un lavoratore che, già al servizio dell'impresa per la quale egli esercita la propria attività principale in uno Stato membro, svolga pure un'attività complementare senza limitazione di durata in un altro Stato membro. Diversa sarebbe la conclusione qualora gli impegni professionali in Danimarca non si configurassero come parte integrante e stabile dell'attività principale e fosse fin dall'inizio incerto se e quando il lavoratore dovesse effettuare un lavoro in Danimarca per il suo datore di lavoro stabilito in Germania. |
13. |
Anche il governo tedesco sottolinea la limitazione temporale del distacco. Il fatto che l'interveniente n. 3 abbia svolto le sue attività in Danimarca regolarmente e stabilmente per molti anni osta chiaramente all'ipotesi del distacco. |
14. |
U governo italiano ritiene che non vi sia distacco, poiché a tal fine si richiede che l'attività prestata dal lavoratore sia esercitata integralmente in uno Stato membro diverso da quello del datore di lavoro. Da tale considerazione occorre prendere le mosse se si tiene conto del fatto che la deroga è connessa al presupposto che la durata prevedibile dell'attività lavorativa non vada oltre i dodici mesi; a suo parere quindi, siffatta condizione ha un senso soltanto qualora si riferisca all'ipotesi di un'attività continuativa in un altro Stato membro, poiché essa costituisce proprio un'eccezione al principio secondo cui va applicato il diritto dello Stato membro ove il lavoratore presta normalmente (cioè in modo continuativo) la sua attività. |
15. |
Secondo la Commissione, l'applicabilità dell'art. 14, n. 1, lett. a), presuppone che, nel caso di specie, la legislazione tedesca sia in linea di principio applicabile e che ciò valga anche per gli eventuali periodi di distacco. Infatti la disposizione relativa al distacco costituisce una normativa eccezionale, diretta esclusivamente ad impedire che un lavoratore, il quale venga distaccato in un altro Stato membro per effettuare lavori di breve durata, sia soggetto alla locale legislazione sulla previdenza sociale. Si tratta tuttavia di sapere se sia applicabile la legislazione tedesca; occorre quindi esaminare se intervenga o meno una normativa speciale, come quella dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i). |
16. |
Secondo il parere della Commissione l'idea del distacco va esclusa se il lavoratore ha esercitato sin dall'inizio la sua attività sia in Germania sia in Danimarca. Non si tratta di accertare se un distacco sia sufficiente al fine di accettare l'esistenza di un'attività professionale in due Stati membri. Se esiste un'attività lavorativa in più Stati membri, si è in presenza di un caso particolare che non è proprio quello del distacco, tanto più che le conseguenze risultano diverse, a seconda delle disposizioni che vanno applicate: rispettivamente l'art. 14, n. 2, oppure l'art. 13, n. 2, lett. a), in combinato disposto con l'art. 14, n. 1, lett. a). |
17. |
Secondo l'art. 14, n. 2, in linea di principio un distacco è concepibile anche nel caso di un'attività in più Stati, a condizione che il distacco abbia luogo in un terzo Stato che non sia né l'uno né l'altro Stato ove l'attività è di norma esercitata. A conforto della sua argomentazione la Commissione segnala la priorità dell'art. 14, n. 2, in rapporto all'art. 13, n. 2, combinato eventualmente con l'art. 14, n. 1. |
18. |
Come la Commissione constata a giusto titolo, la questione relativa al distacco è preceduta in linea di principio dalla questione della legislazione applicabile. Solo in seguito alla determinazione della legislazione applicabile va esaminato se tale legislazione continui ad essere valida eccezionalmente in occasione di un'attività in un altro Stato membro, limitata nel tempo e derivante dal rapporto di lavoro in essere. Reputo quindi problematico verificare la sussistenza delle caratteristiche astratte di un distacco al fine di trarne eventualmente una conclusione in materia di legislazione applicabile. |
19. |
Non sembra però che i criteri oggettivi di un distacco siano soddisfatti nel presente caso. Le funzioni svolte in Danimarca dal-l'interveniente n. 3 non sono di natura passeggera. Infatti occorre partire dalla circostanza che determinate attività venivano già svolte in Danimarca da molti anni. Si deve presupporre che le funzioni che l'interveniente in parola deve svolgere in Danimarca derivino dalla sua posizione in seno all'impresa. Non è pertanto soddisfatto il requisito della limitazione a dodici mesi della prevedibile durata del lavoro in un altro Stato membro. |
20. |
Si deve aderire inoltre alla posizione del governo italiano quando segnala che un'attività in due Stati membri non corrisponde alla fattispecie del distacco. Senza decidere sul punto se, nell'ipotesi di un'attività in due Stati membri, non si possa in alcun caso ammettere l'esistenza di un distacco, occorre tuttavia prendere le mosse dal fatto che la tipica manifestazione del distacco si configura attraverso il trasferimento, a causa del rapporto di lavoro in essere, dell'attività professionale in un altro Stato membro per un periodo di tempo limitato. |
21. |
Se applicate alla medesima situazione, la fattispecie del distacco, secondo l'art. 14, n. 1, lett. a), e quella di un'attività in due Stati membri, di cui all'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), si escludono a vicenda. Diviene con ciò evidente che le due disposizioni rinviano, quanto ai rispettivi effetti giuridici, a normative differenti. |
22. |
Come soluzione alla prima questione vorrei concludere che non sussistono le condizioni di un distacco. |
Sulla seconda questione
23. |
Con la seconda questione il giudice a quo intende accertare se siano adempiute le condizioni dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i). Si può desumere dalla questione che il giudice procedente nutre dubbi quanto all'applicabilità della disposizione, poiché la persona interessata dipende esclusivamente da un'impresa stabilita in Germania. Tale giudice auspica che venga chiarito se un'attività in due Stati membri nel senso di tale disposizione presupponga anche due rapporti di lavoro indipendenti l'uno dall'altro. |
24. |
Per la Commissione è irrilevante, ai fini dell'applicabilità dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), che l'attività venga svolta per conto di diverse imprese. Il tenore della disposizione non lo richiede. Essa prevede una sola alternativa rispetto all'ipotesi di base. Tale alternativa consiste nell'ipotesi che il lavoratore dipenda da più imprese o da più datori di lavoro. La congiunzione «o» dimostra che non si tratta di elementi da aggiungere all'attività di un lavoratore in due Stati membri perché sia applicabile la disposizione in parola. |
25. |
La Commissione fa rinvio inoltre all'art. 14, n. 2, lett. b), punto ii), che regola il caso particolare di un lavoratore il quale svolge la propria attività in due o più Stati, ma risiede in un terzo Stato ove non si dedica ad alcuna attività lavorativa. Essa rileva che in tal caso il regolamento prevede che «la competenza spetta allo Stato, ove /'impresa o il datore di lavoro ha la propria sede». Il regolamento parte quindi dal presupposto che l'ipotesi normale è addirittura quella in cui un lavoratore svolge un'attività in due Stati membri, ma per un solo e identico datore di lavoro. |
26. |
A mio avviso gli argomenti letterali avanzati dalla Commissione sono convincenti. L'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), disciplina due alternative di cui la prima prevede che: «La persona (...) è soggetta (...) alla legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiede, se esercita parte della sua attività in tale territorio» e la seconda concerne l'ipotesi che «essa dipende da più imprese o da più datori di lavoro aventi la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di diversi Stati membri». |
27. |
Vorrei segnalare in via complementare che, anche nei casi disciplinati dall'art. 14, n. 2, lett. a), e n. 3, del medesimo articolo, si partirà sempre dal principio che il lavoratore, benché svolga la sua attività professionale in più di uno Stato membro, dipende da una sola impresa. Concordo quindi con la Commissione nella misura in cui essa ritiene di individuare una regola secondo cui nell'ipotesi normale un lavoratore dipende da un solo datore di lavoro. Pertanto, secondo il mio parere, il fatto che una persona svolga la propria attività per una sola, impresa in più Stati membri non è contrario all'applicabilità dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), prima alternativa. |
28. |
Sia il governo tedesco sia la BfA si sono espressi sulle caratteristiche di un'attività svolta nel territorio di uno Stato, «di norma» e «in parte» e discusso in pari tempo la questione se debba esigersi una dimensione minima dell'attività professionale al fine di rispondere alle caratteristiche in parola. |
29. |
Secondo il governo tedesco, un'attività è normale solo quando essa sia rilevante per la sua durata e la sua importanza sul piano economico. Applicando quanto precede al caso concreto, ciò significa che il lavoratore deve essere occupato nello Stato ove risiede per circa un quarto del normale orario di lavoro. |
30. |
Secondo il punto di vista della BfA, l'espressione «in parte» deve considerarsi come descrittiva di una situazione di fatto e non della dimensione necessaria per la parte dell'attività professionale svolta nell'altro Stato membro. Tuttavia — come ammette l'interveniente — il lavoro non dev'essere, quanto alla sua importanza, talmente subalterno ed irrilevante da poter essere considerato non idoneo a produrre gli effetti giuridici derivanti dall'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), vale a dire il cambiamento della legislazione applicabile. Come esempio di un lavoro a tal punto subalterno ed accessorio essa cita il caso di un lavoratore incaricato di imbucare la corrispondenza dell'impresa in una cassetta delle lettere nella sede della medesima in un altro Stato membro. Determinante è solo il fatto se il lavoratore in questione lavori effettivamente in due Stati membri. Viceversa, sono elementi privi di importanza, il modo in cui l'impresa rileva l'orario di lavoro nel suo complesso e quale unità produttiva e in quale divisa paga il lavoratore. |
31. |
Durante la fase orale il rappresentante dell'impresa ricorrente ha ritenuto che la determinazione del volume minimo dell'attività non può dipendere dalle ore di lavoro effettuate. Essa va ricondotta piuttosto alla rilevanza della prestazione lavorativa. Egli riconosce tuttavia che un'attività totalmente subordinata ed accessoria non è idonea a soddisfare le condizioni enunciate all'art. 14, n. 2, lett. b), punto i). Nel presente caso, l'attività svolta in Danimarca dall'interveniente in parola nella sua qualità di direttore alle vendite consisteva nel partecipare all'elaborazione della strategia dell'impresa nel centro decisionale della medesima ed è quindi di considerevole importanza. |
32. |
L'entità e l'importanza di un lavoro non vanno necessariamente determinate in termini di ore di lavoro ( 6 ). Tale constatazione si applica alle funzioni di direzione quali quelle che manifestamente incombono nel caso di specie all'interveniente n. 3, ma è del pari applicabile ad altre sfere di attività. Ritengo che ci si dovrebbe orientare verso il criterio dell'effettiva prestazione di lavoro nello Stato di residenza del lavoratore ( 7 ). Non dovrebbe tenersi conto, in tale occasione, di attività del tutto insignificanti, al fine di impedire eventuali manipolazioni. Non dovrebbero peraltro essere formulati criteri relativi alla dimensione minima dell'attività, in primo luogo perché ciò non è richiesto dal testo del regolamento e, in secondo luogo, per non rendere più difficile l'utilizzazione pratica della legislazione applicabile. |
33. |
La questione del giudice a quo va risolta come segue: la persona che dipende esclusivamente da un'impresa con sede in Germania e svolge regolarmente, nell'ambito del suo rapporto di lavoro, parte della sua attività (per più ore alla settimana) nel territorio del Regno di Danimarca esercita di norma un'attività subordinata nel territorio di due Stati membri ai sensi dell'art. 14, n. 2. |
Sulla terza questione
34. |
Infine, il giudice nazionale emette riserve circa l'applicabilità dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i). Con la sua terza questione, esso intende accertare se la nozione di “attività” ai sensi dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), comprenda la nozione di “dipendenza” ai sensi della stessa disposizione ( 8 ). Nella motivazione della domanda di decisione pregiudiziale il giudice rinvia all'art. 12 bis, n. 2, lett. a), del regolamento n. 574/72, ove figurano ugualmente entrambe le nozioni. Tale articolo così recita: «Se, conformemente all'articolo 14, paragrafo 2, lettera b), punto i) o all'articolo 14 bis, paragrafo 2, prima frase, la persona che svolge normalmente un'attività subordinata o autonoma nel territorio di due o più Stati membri e che svolge parte della sua attività nello Stato membro nel cui territorio risiede è soggetta alla legislazione di detto Stato membro, l'istituzione designata dall'autorità competente dello stesso rilascia all'interessato un certificato (...)». |
35. |
I dubbi relativi alla corrispondenza tra le due nozioni in parola dipendono dalla circostanza — segnalata dalla BfA — che, secondo la terminologia del diritto sociale tedesco, il concetto di «attività» (Tätigkeit) definisce generalmente soltanto l'attività autonoma. Peraltro l'art. 12 bis, n. 2, lett. a), del regolamento n. 574/72 contribuisce alla confusione, nella misura in cui esso si riferisce sia all'art. 14, n. 2, del regolamento n. 1408/71, che riguarda un'attività subordinata in almeno due Stati membri, sia all'art. 14 bis, n. 2, del regolamento n. 1408/71, concernente un'attività autonoma in almeno due Stati membri. |
36. |
La chiara distinzione tra le nozioni del regolamento, rispettivamente «attività subordinata» nell'art. 14 e «attività autonoma» nell'art. 14 bis, milita a favore della tesi che il termine «attività» nel senso dell'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), si riferisce al rapporto di lavoro tipico di un'attività subordinata. Il caso particolare della concomitanza in capo ad una stessa persona di attività subordinata e di attività autonoma è regolato dall'art. 14 ter del regolamento n. 1408/71. Penso quindi che sia la nozione di «dipendenza» sia quella di «attività» riguardano, nel contesto dell'art. 14, l'esercizio di un'attività subordinata. |
37. |
La questione sollevata dal giudice nazionale va pertanto risolta nel senso che c'è corrispondenza tra il contenuto delle rispettive nozioni di «attività» e «dipendenza» nel senso dell'art. 14. |
Sulla quarta questione, lett. a)
38. |
Tanto l'accordo regna tra le parti circa la soluzione delle questioni 1-3 tanto le stesse sono in conflitto per la soluzione della quarta questione. |
39. |
Secondo il giudice procedente, la questione relativa all'efficacia vincolante del modulo E101 ha una portata decisiva, giacché essa trae spunto dal principio che, se non fossero soddisfatte le condizioni previste all'art. 14, n. 2, lett. b), punto i), la legislazione danese potrebbe nondimeno essere applicabile a causa del modulo. |
40. |
La ricorrente ritiene che il modulo E 101 debba avere efficacia vincolante. Ciò si evince dal senso del regolamento n. 574/72 e dall'obiettivo che esso persegue. Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 14 del regolamento n. 1408/71, occorre un certificato dell'autorità del paese di origine, a contrario esso deve vincolare lo Stato confinante. Tale approccio è imposto dal reciproco riconoscimento degli atti amministrativi. |
41. |
Per la ricorrente l'efficacia vincolante dev'essere anche retroattiva. Nella stragrande maggioranza dei casi la necessità di un certificato si rivela soltanto a posteriori. Il modulo E 101 fornisce la prova che esiste in un determinato Stato la previdenza sociale. Ciò dev'essere riconosciuto dall'altro Stato. Se il rilascio del certificato è stato ottenuto all'occorrenza in esito ad una tormentata procedura, il contenuto dello stesso non potrebbe essere rimesso tanto facilmente in discussione. |
42. |
La BfA afferma che l'ordinamento giuridico applicabile al caso di specie va determinato conformemente agli artt. 13-17 del regolamento n. 1408/71 e che il modulo in questione può solo confermare il risultato conseguito per tale via. La BfA segnala l'esigenza di una spedita consegna del modulo ( 9 ), il che osta alla verifica di tutte le informazioni fornite dal richiedente, mentre ciò sarebbe invece necessario se il certificato in parola dovesse avere un'efficacia vincolante. Qualora il certificato fosse rilasciato in base ad elementi non pertinenti, lo stesso non dovrebbe ostare alla corretta applicazione degli artt. 13-16 del regolamento. |
43. |
Circa la problematica della retroattività, secondo la BfA è assolutamente possibile emettere il certificato a posteriori senza per questo limitarne l'efficacia. |
44. |
Il governo tedesco ritiene che il certificato abbia efficacia non costitutiva ma dichiarativa. Esso istituisce una presunzione che può essere confutata. Lo «Stato competente» può esaminare esso stesso la situazione giuridica. Ciò vale particolarmente per le attestazioni rilasciate da un ente non competente. Il fatto di essere vincolato ad attestazioni non corrispondenti alla situazione giuridica avrebbe come conseguenza di non applicare il diritto nella maniera esatta. |
45. |
Secondo il governo italiano il modulo E101 è provvisto di efficacia vincolante. Infatti, grazie a tale modulo, l'autorità dello Stato membro la cui legislazione è applicabile al dipendente certifica che un determinato lavoratore — nelle diverse ipotesi contemplate dagli artt. 14 e seguenti — è assoggettato a quella specifica legislazione. Detta certificazione ha volore legale nei confronti dei soggetti ai quali è rilasciata ed è, pertanto, anche idonea a vincolare l'ente di un altro Stato membro. Dall'efficacia di accertamento della certificazione deriva anche la sua portata retroattiva. Ciò è confermato dalla pratica invalsa nei rapporti fra gli Stati membri. |
46. |
Il Regno Unito si è pronunciato soltanto nell'ambito della fase orale, ove però ha preso posizione in modo esaustivo sulla questione dell'efficacia giuridica del modulo E 101. La rappresentante del governo britannico ha esaminato i possibili diversi effetti giuridici per giungere a definire come segue il modulo E 101. Esso contiene una dichiarazione relativa alla condizione legale della persona alla quale lo stesso si riferisce ed è valido sino all'eventuale annullamento da parte dell'autorità del rilascio. La legislazione applicabile è determinata solo in base agli artt. 14-17 del regolamento n. 1408/71. Detto modulo attesta il punto di vista di uno Stato membro sull'interpretazione del regolamento. Se il modulo non è stato compilato in modo esatto, dev'essere annullato. Un'eventuale divergenza di opinioni circa la competenza delle autorità dei diversi Stati membri dovrebbe essere appianata dalla commissione amministrativa. Si dovrebbe infine attribuire un'efficacia retroattiva al modulo E 101, fintantoché questo non sia stato annullato. |
47. |
Infine la Commissione parte altresì dal principio che l'ordinamento giuridico applicabile è disciplinato dal testo del regolamento. Solo tramite un confronto con le circostanze di fatto è possibile stabilire se si sono realmente osservate le disposizioni del regolamento e per assumere tale prova, può farsi ricorso a tutti gli abituali mezzi probatori. Secondo la Commissione, il regolamento non conferisce ai moduli alcun particolare valore probatorio. La Corte ha dichiarato ( 10 ) che l'impiego di un modulo non toglie ad altri documenti giustificativi la loro efficacia probatoria. Pertanto, qualora se ne presentino le circostanze, il contenuto del modulo stesso può essere infirmato. |
48. |
La Commissione non manca tuttavia di segnalare che dal suo punto di vista nel caso di specie ha agito l'autorità competente e che l'attestazione corrisponde alla situazione giuridica effettiva. |
49. |
Il giudice a quo ha lasciato intendere che per esso la questione dell'efficacia vincolante del modulo E 101 è appunto rilevante ai fini della decisione, in quanto può sussistere una discrepanza tra la situazione giuridica effettiva — così com'è vista dallo stesso giudice — ed il contenuto del modulo. Sulla base delle considerazioni sviluppate più sopra, la situazione giuridica effettiva sembra corrispondere a quella attestata nel modulo E 101, nei limiti in cui la legislazione dichiarata applicabile sia quella danese. Pertanto, nella causa principale, non dovrebbe essere trattata la questione se un modulo E 101 possa prevalere sulla situazione giuridica effettiva. Tuttavia, poiché non spetta alla Corte pronunciarsi in merito alla causa principale, va comunque risolta la quarta questione pregiudiziale. |
50. |
Per valutare gli effetti giuridici del modulo E 101 occorre innanzi tutto partire dal fatto che esso viene compilato in forza del regolamento n. 1408/71, regolamento che, notoriamente, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri ( 11 ). Applicati ad una stessa fattispecie, gli effetti giuridici dovrebbero essere i medesimi per un determinato lavoratore, a prescindere dal fatto che la situazione in essere sia valutata dall'autorità competente dell'uno o dell'altro Stato membro ( 12 ). Nella pratica possono tuttavia manifestarsi divergenze di diversa origine. |
51. |
Ad esempio, un errore di diritto in un'attestazione può dipendere dal fatto che ad agire sia un organismo non competente. Peraltro, la valutazione giuridica può avere luogo in base a circostanze di fatto non pertinenti e, infine, anche gli effetti giuridici possono essere falsati ad opera di una valutazione giuridica erronea. |
52. |
Manifestamente il giudice nazionale prende le mosse dall'ipotesi che il modulo E 101 prodotto nell'ambito della causa principale promani da un organismo non competente. Una valutazione siffatta suscita perplessità sul piano giuridico, come a giusto titolo ha sottolineato la Commissione. |
53. |
Secondo l'art. 12 bis del regolamento di applicazione n. 574/72, l'ente designato dall'autorità competente dello Stato membro rilascia un certificato relativo alla legislazione applicabile ( 13 ). Il paragrafo 10 dell'art. 4 del regolamento n. 574/72 rinvia all'allegato 10 del regolamento stesso il quale indica «le istituzioni o gli organismi designati dalle autorità competenti, in particolare ai sensi delle disposizioni seguenti: a) (...); b) regolamento di applicazione: (...) articolo 12 bis, (...)». L'allegato 10 recita alla lettera «B. Danimarca», punto 1: «Per l'applicazione (...) dell'articolo 12 bis (...) del regolamento d'applicazione: Socialministeriet (Ministero degli affari sociali), København» ( 14 ). Tale designazione è in vigore dal 1 o luglio 1989 ( 15 ) e comporta una modifica nella misura in cui originariamente era stato designato lo «Sikringsstyrelsen (Ufficio nazionale di sicurezza sociale), København» ( 16 ). |
54. |
Le esitazioni sul punto quale sia l'organismo competente di un altro Stato membro possono derivare dal fatto che nel testo del regolamento si parla dell'«istituzione» ( 17 ) designata, il che sembra essere in contrasto con la designazione di un'altra autorità. La formulazione dell'art. 4, n. 10, è invece più ampia ( 18 ), cosicché la designazione del Socialministeriet non dà luogo ad alcuna contraddizione col testo del regolamento. Alla confusione sul punto quale sia attualmente l'«organismo competente» ha certamente contribuito la modifica della designazione per effetto del regolamento n. 2195/91 ( 19 ). |
55. |
Spetta al giudice nazionale valutare in maniera definitiva, nell'ambito della causa che è chiamato a decidere, se il modulo è stato rilasciato dall'organismo competente. Per procedere nel mio esame, assumo tuttavia che, secondo quanto risulta dagli atti di causa, il modulo stabilito dal Socialministeriet sia stato rilasciato dall'organismo competente. |
56. |
Al fine di valutare gli effetti giuridici del modulo E 101, va presa in considerazione dapprima l'ipotesi ordinaria, cioè quella del modulo rilasciato sulla base di informazioni corrette. La Corte non ha avuto sinora l'occasione di pronunciarsi sugli effetti giuridici del modulo E 101. Nella causa Knoeller ( 20 ), citata nel corso del procedimento, si trattava solo di stabilire se il modulo E 26 (oggi E 205) ragguagli esaurientemente in ordine a una situazione determinata oppure se il contenuto possa essere integrato con informazioni supplementari da parte dell'organismo competente, senza dover rilasciare un nuovo modulo. La sentenza nella causa Knoeller non può tuttavia pregiudicare la soluzione della questione sollevata nel presente caso, poiché il modulo E 26 è destinato a fornire la prova di una situazione fondamentalmente diversa rispetto a quella contemplata dal modulo E 101 ( 21 ). Inoltre nella causa Knoeller non si tratta di stabilire se l'autorità di uno Stato membro sia vincolata alle indicazioni di cui al modulo E 26, ma soltanto del punto se e, all'occorrenza, in quale forma possano integrarsi le informazioni rilevate nel modulo stesso. |
57. |
La differenza tra il modulo E 26, che era oggetto della causa Knoeller, e il modulo E 101 dimostra che una risposta astratta alla questione degli effetti giuridici dei moduli si rivela impossibile. Esiste un gran numero di moduli siffatti ( 22 ) destinati a facilitare il trattamento amministrativo delle situazioni transfrontaliere. Soltanto una affermazione contenuta nella sentenza Knoeller quanto al valore giuridico del modulo E 26 potrebbe valere, tuttavia, allo stesso modo per tutti i moduli. Tale disposizione prevede che gli articoli in questione del regolamento come le decisioni prese dalla commissione amministrativa per quanto concerne il modulo di cui trattasi vanno interpretati alla luce degli artt. 48-51 del Trattato CEE, che costituiscono il fondamento, lo sfondo e il limite dei regolamenti adottati in materia previdenziale. «Gli articoli summenzionati mirano in effetti a favorire la libera circolazione dei lavoratori all'interno del mercato comune consentendo loro, fra l'altro, di far valere i diritti derivanti dai periodi di attività lavorativa compiuti in Stati membri diversi. Il valore giuridico del modulo E 26 va quindi valutato in maniera da non mettere a repentaglio l'effetto utile degli articoli suddetti e dei regolamenti riguardanti i diritti dei lavoratori migranti in materia previdenziale» ( 23 ). |
58. |
Al fine di valutare il modulo E 101, occorre quindi prendere concretamente in considerazione quali elementi di fatto il modulo stesso sia diretto a provare ( 24 ). Il modulo è intitolato nel modo seguente: «Certificato relativo alla legislazione applicabile Reg. 1408/71: art. 14.1. a; 14.2. b; 14 bis 1. a.; 14 bis 2; 14 ¿¿s 4; 14 ter. 1; 14 ter 2; 14 ter 4; 14 quater 1. a; art. 17 Reg. 574/72: art. 11.1; 11 bis 1; 12 bis 2. a; 12 bis 5. e; 12 bis 7. a». Il modulo è suddiviso in cinque riquadri. Il primo contiene indicazioni sulla persona del lavoratore subordinato o autonomo. Il secondo designa il datore di lavoro. Il terzo prevede indicazioni circa i periodi in cui la persona interessata — ed eventualmente presso chi — sarà occupato ovvero svolgerà un'attività autonoma. Nel quarto vanno indicate la legislazione applicabile e le disposizioni pertinenti del regolamento n. 1408/71. Il quinto designa l'istituzione dello Stato membro alla cui legislazione è soggetto il lavoratore predetto; tale istituzione deve apparire come quella che rilascia il modulo. |
59. |
In conclusione, per mezzo del modulo E101, l'autorità competente di uno Stato membro designa la legislazione applicabile. Né più né meno. Il rilascio del modulo E 101 attesta la valutazione giuridica del fatto concreto. Procedendo al rilascio del modulo E 101, l'autorità competente considera che la legislazione applicabile è quella del paese di appartenenza dell'autorità medesima. |
60. |
Il modulo E 101 è inteso ad evitare, in casi ben determinati ( 25 ), che si producano conflitti di competenza sia positivi sia negativi. Rientra nella natura delle cose che attività temporanee in un altro Stato membro nonché rapporti di lavoro atipici causati da prestazioni di lavoro in più di uno Stato membro sollevino problemi circa la legislazione applicabile. Per regolare tali situazioni di conflitto le autorità competenti degli Stati membri coinvolti possono, ai sensi dell'art. 17 del regolamento n. 1408/71, accordarsi nell'interesse delle persone in questione, su deroghe agli artt. 13-16 ( 26 ).& Se in tali casi non venisse riconosciuta efficacia vincolante alla dichiarazione dell'autorità competente sulla legislazione applicabile, dichiarazione di norma equivalente ad un obbligo volontario di quest'ultima, il modulo E 101 sarebbe del tutto inutile. |
61. |
Se la dichiarazione dell'autorità competente di uno Stato membro potesse essere rimessa in discussione senza alcuna formalità dall'autorità competente di un altro Stato membro, verrebbe meno il fine stesso della formale assunzione di prova tramite una dichiarazione vincolante, relativa alla legislazione applicabile. Si metterebbe inoltre in pericolo uno dei principi basilari del regolamento n. 1408/71, cioè l'applicabilità della legislazione di un solo Stato membro ( 27 ). Se la dichiarazione contenuta nel modulo E 101 non è riconosciuta dall'autorità di un altro Stato membro, ciò può solo significare che l'organismo il quale formula un tale giudizio sul modulo considera applicabile una legislazione diversa da quella ivi designata, il che rischia appunto di condurre ad una doppia assicurazione con tutte le relative conseguenze. Un tale risultato è però contrario all'art. 13, n. 1, del regolamento n. 1408/71 e quindi anche agli obiettivi perseguiti dagli artt. 48-51 del Trattato CE. |
62. |
Ritengo pertanto che il modulo E 101 rilasciato in condizioni regolari vincoli le autorità di un altro Stato membro quanto agli effetti giuridici attestati dal medesimo. |
63. |
Vanno invece considerati in modo diverso i casi in cui il modulo E 101 è stato rilasciato sulla base di elementi oggettivamente non corrispondenti alla realtà. Nel corso del procedimento si è richiamato a più riprese il caso in cui il modulo E101 potrebbe essere ottenuto in modo fraudolento; esso non potrebbe quindi prevalere sulle disposizioni del regolamento n. 1408/71. |
64. |
È certamente vero che un modulo stabilito per facilitare l'amministrazione dei mezzi probatori non può creare diritti. Tuttavia esso crea una parvenza di legalità e costituisce prima facie una prova. La sua efficacia non può andare oltre. A mio parere si deve poter annullare un'attestazione materialmente erronea con i normali mezzi probatori previsti dalle norme di procedura degli Stati membri. Qualora l'annullamento abbia buon esito, la persona indicata nell'attestazione deve essere esclusa dal regime di previdenza sociale dello Stato che ha emesso l'attestazione, affinché essa possa essere inclusa in quello dello Stato competente. |
65. |
Per quanto riguarda il parere emesso dal Regno Unito nell'ambito del procedimento, cioè che si dovrebbe considerare il certificato vincolante sino al suo annullamento da parte dell'autorità di rilascio, condivido tale punto di vista nella misura in cui l'efficacia probatoria del modulo E 101 non può essere eliminata senza l'intervento della suddetta autorità. A mio parere non è determinante la circostanza se l'autorità che ha rilasciato detto modulo lo annulli in modo formale ovvero proceda informalmente a integrazioni ( 28 ) o modificazioni. Comunque, ai fini dell'osservanza della finalità perseguita con il modulo E101, l'attestazione con efficacia vincolante, rilasciata dall'organismo competente di uno Stato membro, non può essere a mio giudizio posta in non cale nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro. Fintantoché lo Stato di rilascio non esclude dal proprio regime di previdenza sociale la persona tenuta ad iscriversi al medesimo, quest'ultima non può essere presa in considerazione dallo Stato competente, poiché ciò equivarrebbe ad assoggettarla a due regimi di previdenza sociale e pertanto sarebbe contrario all'obiettivo perseguito dall'art. 13, n. 1, del regolamento n. 1408/71 e dagli artt. 48-51 del Trattato CE sulla libera circolazione dei lavoratori. |
66. |
In caso di rifiuto, da parte dello Stato che ha effettuato il rilascio, di annullare l'attestazione, lo Stato competente può deferire la questione alla commissione amministrativa. Se anche tale passo resta infruttuoso, può essere presentato un ricorso per inadempimento ex artt. 169 e 170 del Trattato CE, vale a dire lo Stato competente può all'occorrenza far valere esso stesso il suo diritto. |
67. |
Quindi la questione n. 4, lett. a), del giudice nazionale va risolta nel modo seguente: per quanto attiene agli effetti giuridici attestati, l'ente competente di uno Stato membro è vincolato al certificato stabilito sul modulo E 101 conformemente all'art. 12 bis del regolamento di applicazione n. 574/72. Si può contestare la veridicità del certificato con tutti i mezzi probatori previsti dalle norme di procedura degli Stati membri; il valore probatorio di quest'ultimo non può essere escluso senza l'intervento dell'autorità di rilascio ed eventualmente della Corte. |
Sulla quarta questione, lett. b)
68. |
Va esaminata da ultimo la quarta questione, lett. b), relativa alla possibile efficacia retroattiva del certificato. La dichiarazione dell'organismo competente circa l'applicabilità della legislazione di uno Stato membro vale di norma per periodi determinati. Non si può rilasciare una dichiarazione sulla legislazione applicabile ai sensi del regolamento n. 1408/71 senza alcuna indicazione dei periodi di attività. I periodi in questione sono parte integrante degli effetti giuridici attestati dal modulo E101 e partecipano quindi della sua efficacia vincolante. Nei limiti in cui siffatti periodi appartengono al passato, il modulo E 101 è provvisto di efficacia retroattiva. |
C — Conclusione
69. |
Alla luce delle considerazioni precedenti propongo di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:
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( *1 ) Lingua originale: il tedesco.
( 1 ) Nella versione coordinata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 (GU L 230, pag. 8).
( 2 ) Nella versione coordinata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983 (GU L 230, pag. 86).
( 3 ) V. il combinato disposto dell'art. 14 quater con l'allegato VII del regolamento.
( 4 ) L'art. 13, n. 2, lctt. a), recita: «La persona che esercita un'attività subordinata nel territorio di uno Stato membro c soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l'impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro».
( 5 ) «Persone diverse dai marittimi», come ivi recita.
( 6 ) Nell'ambito del giudizio sul collegamento tra un'attività ed il territorio soggetto alla sovranità di uno Stato, la Corte ha dichiarato: «L'indagine non deve limitarsi alla durata dei vari periodi di occupazione, ma va estesa alla natura dell'attività di cui trattasi» (sentenza 12 luglio 1973, causa 13/73, Hakenberg, Race. pag. 935, punto 20).
( 7 ) Nella causa C-2/89 (sentenza 3 maggio 1990, Kits van Heijningen, Race. pag. I-1755) la Corte ha ritenuto una prestazione lavorativa di due ore due volte alla settimana sufficiente per essere considerata come un'attività subordinata, con la conseguente applicabilità del regolamento (CEE) n. 1408/71.
( 8 ) Nota priva di oggetto nella versione italiana.
( 9 ) Per distacchi di durata non superiore a tre mesi anche il datore di lavoro può rilasciare il certificato, in forza della decisione n. 148 della commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, ai sensi dell'art. 80 del regolamento n. 1408/71 (GU L 22 del 30.1.1993, pag. 124).
( 10 ) Sentenza 11 marzo 1982, causa 93/81, Knoeller (Race. pag. 951).
( 11 ) V. art. 189, n.2, del Trattato CE.
( 12 ) Nella sentenza pronunciata nella causa Luijtenla Corte ha dichiarato: «Infatti le disposizioni di questo titolo II [del regolamento (CEE) n. 1408/71] costituiscono un sistema di norme di conflitto il cui carattere completo ha l'effetto di sottrarre al legislatore di ciascuno Stato membro il potere di determinare la portata e le condizioni di applicazione della propria normativa nazionale, ratione personae et ratione foci» (sentenza 10 luglio 1986, causa 60/85, Luijten, Race, pag. 2365, punto 14).
( 13 ) Sui contenuto della disposizione v. il paragrafo n. 34 più sopra.
( 14 ) V. versione coordinata del regolamento di applicazione n. 574/72 (GU C 325 del 10.12.1992, pag. 96, in particolare pag. 191).
( 15 ) V. regolamento (CEE) n. 2195/91 del 25 giugno 1991, recante modifica dei regolamenti nn. 1408/71 e 574/72 (GU L 206, pag. 2, in particolare pag. 12).
( 16 ) V. regolamento n. 574/72 nella versione del regolamento n. 2001/83, già citato, pag. 196.
( 17 ) V. art. 12 bis del regolamento n. 574/72.
( 18 ) Vi si parla di «istituzioni o organismi».
( 19 ) V. citazione alla nota 15.
( 20 ) V. sentenza Knoeller, citata.
( 21 ) H modulo E 26 fornisce la prova di periodi di assicurazione compiuti, mentre il modulo E101 designa la legislazione applicabile.
( 22 ) V. decisione n. 130 della commissione amministrativa delle Comunità europee per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti del 17 ottobre 1985 che fissa i modelli di formulari necessari all'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio (E 001; E 101-127; E 201-215; E 301-303; E 401-411) (GU L 192 del 15.7.1986, pag. 1
( 23 ) V. punto 9 della sentenza Knoeller, citata.
( 24 ) Un esemplare del modulo è allegato alle presenti conclu-sioni.
( 25 ) V. ¡1 titolo del modulo E 101.
( 26 ) V. anche art. 14 bis, n. 4, secondo cui le autorita competenti possono^ determinare di comune accordo la legislazione applicabile.
( 27 ) V. art. 13, n. 1, del regolamento n. 1408/71. V. anche sentenza della Corte nella causa Perenboom, dove la Corte precisa che l'art. 13, n. 1, esclude «qualsiasi possibilità di applicare congiuntamente, per uno stesso periodo, varie legislazioni nazionali» (sentenza 5 maggio 1977, causa 102/76, Perenboom, Race. pag. 815, punto 11).
( 28 ) V. sentenza Knoeller, citata.