61993C0316

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 27 gennaio 1994. - NICOLE VANEETVELD CONTRO SA LE FOYER E SA LE FOYER CONTRO FEDERATION DES MUTUALITES SOCIALISTES ET SYNDICALES DE LA PROVINCE DE LIEGE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNAL DE COMMERCE DE HUY - BELGIO. - ASSICURAZIONE - DIRETTIVA - TERMINE DI ATTUAZIONE - EFFICACIA DIRETTA. - CAUSA C-316/93.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-00763


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Il 2 maggio 1988 la signora Nicole Vaneetveld veniva ferita in un incidente stradale; essa viaggiava su un' automobile guidata dal marito, il signor Jean Dubois.

2. Inizialmente, la compagnia di assicurazioni del signor Dubois, Le Foyer SA, riconosceva la propria responsabilità patrimoniale. Essa rifondeva una parte dei danni subiti dalla signora Vaneetveld e rimborsava una parte delle sue spese mediche che erano state prese a carico dal fondo di previdenza sociale dell' interessata, la Fédération des mutualités socialistes et syndicales de la province de Liège (la "FMSS"). Successivamente però Le Foyer SA, avendo saputo che all' epoca dell' incidente la signora Vaneetveld era separata dal marito ma non divorziata, rifiutava di riconoscere ogni responsabilità. Essa prendeva tale posizione in base al tenore della polizza di assicurazione del signor Dubois e in base al fatto che la legge belga in vigore al momento dell' incidente consentiva l' esclusione del coniuge della persona assicurata.

3. La signora Vaneetveld intentava, dinanzi al Tribunal de commerce di Huy, un' azione contro Le Foyer SA, che reclama da lei, in via riconvenzionale, la restituzione delle somme già pagate. Le Foyer SA intentava altresì, dinanzi allo stesso giudice, un' azione contro la FMSS per il recupero delle somme pagate.

4. Il Tribunal de commerce, ritenendo che le due controversie, che esso aveva riunito, potessero essere disciplinate dalla normativa comunitaria vigente in materia, ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se le disposizioni dell' art. 5 della seconda direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, siano direttamente applicabili nell' ordinamento giuridico interno belga.

2) In caso di risposta affermativa, se tali disposizioni abbiano fatto sorgere a favore dei singoli diritti soggettivi che i giudici nazionali siano tenuti a tutelare.

3) In particolare, se tali diritti siano sorti a decorrere dalla data di entrata in vigore della direttiva o a decorrere dalla data del 31 dicembre 1987, scadenza imposta agli Stati membri per procedere alla modifica delle rispettive normative nazionali, ovvero a decorrere dalla data del 31 dicembre 1988, ai sensi dell' art. 5, n. 2, della direttiva medesima".

5. L' ordinanza di rinvio è inusuale, nel senso che non fornisce alcuna indicazione in ordine ai fatti di causa; dopo alcuni punti di carattere formale essa riporta semplicemente le questioni soprammenzionate. Il governo francese sostiene che l' ordinanza di rinvio è per questo motivo irricevibile. Esso fa riferimento all' ordinanza della Corte nella causa Monin (1) in cui la Corte ha ricordato che l' esigenza di giungere ad un' interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale presuppone che il giudice stesso definisca il contesto di fatto e di diritto delle questioni sollevate o quanto meno spieghi le ipotesi di fatto su cui esse sono basate (punto 6).

6. E' certamente utile, in linea di massima, il fatto che un' ordinanza di rinvio pregiudiziale esponga, sia pure succintamente, i fatti rilevanti, così che la questione o le questioni sollevate possano essere comprese nel loro contesto. Se ciò non avviene, la Corte può, è vero, essere in grado di esaminare le questioni nel loro contesto sulla base del fascicolo di causa del giudice nazionale e alla luce delle osservazioni delle parti, e ciò non di rado si verifica. Tuttavia, gli Stati membri e le istituzioni comunitarie, che debbono presentare osservazioni scritte in contrasto con le parti, sono posti in situazione di svantaggio dato che possono non essere in grado di distinguere, e quindi di risolvere, i reali problemi sollevati dalla controversia. La Corte di giustizia, a sua volta, può essere privata del beneficio delle loro osservazioni.

7. Evidenziando i vantaggi derivanti dal fatto di spiegare il contesto nella stessa ordinanza di rinvio, dovrei forse sottolineare nel contempo i vantaggi di una spiegazione così succinta. Un' ordinanza di rinvio pregiudiziale dovrebbe essere limitata a quanto è essenziale per consentire una soluzione utile alle questioni pregiudiziali proposte. Cito questo aspetto perché, mentre in alcuni casi un' ordinanza di rinvio contiene solo le questioni, in altri casi il giudice nazionale fornisce più informazioni di quanto sia necessario. Talora alla Corte di giustizia viene inviata una sentenza prolissa, il cui contenuto non è tutto rilevante; tale decisione giudiziaria può rendere oscuri i problemi anziché chiarirli. Talora un' ordinanza di rinvio è accompagnata da annessi o allegati, e non è chiaro quale di essi sia eventualmente rilevante. Tali prassi possono provocare difficoltà perché non è certo quali siano i documenti da inviare agli Stati membri e alle istituzioni per metterli in condizione di presentare le loro osservazioni. Inoltre, tutte le domande di pronuncia pregiudiziale debbono essere tradotte, non appena pervenute alla Corte, in tutte le altre lingue ufficiali della Comunità, attualmente nove in tutto. In questo modo possono essere provocati ritardi e molto lavoro non necessario.

8. Anche se tali difficoltà sono eccezionali, può valer la pena di ricordare che la cosa più utile è che il giudice nazionale esponga succintamente il contesto in cui le questioni sono sorte, in particolare ogni fatto rilevante che sia stato accertato e ogni disposizione di legge nazionale che venga in rilievo.

9. Anche in assenza di tali informazioni può ancora essere possibile per la Corte di giustizia fornire soluzioni utili al giudice nazionale e questa è stata la prassi che la Corte di giustizia ha seguito, anziché rifiutare di risolvere le questioni pregiudiziali. Fin dall' inizio la Corte di giustizia ha affermato che il procedimento ex art. 177 è diretto a stabilire una forma di cooperazione fra giudici in cui dev' essere evitato ogni formalismo (2). Talune cause recenti, in particolare la Meilicke (3), la Telemarsicabruzzo (4), la Banchero (5) e la Monin (6), nelle quali la Corte di giustizia non ha risposto alle questioni pregiudiziali proposte, non costituiscono a mio parere una deviazione da tale indirizzo fondamentale. Nella causa Monin, a cui fa riferimento il governo francese, la Corte di giustizia ha ritenuto che fossero necessarie ulteriori informazioni per fornire soluzioni che fossero utili al giudice nazionale. (Lo stesso è avvenuto nella causa Banchero, in cui il giudice nazionale ha poi proposto una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale (7)). L' utilità della soluzione è a mio parere un criterio importante e nella presente causa, come si vedrà, può essere fornita una soluzione utile. Inoltre, nella causa Monin le questioni sollevate erano estremamente generiche e di ampia portata, di guisa che era particolarmente difficile da individuare la loro possibile rilevanza in relazione al procedimento nazionale. Per giunta, la Corte di giustizia ha messo in rilievo nella causa Monin, come aveva fatto nelle cause Telemarsicabruzzo e Banchero, che l' esigenza di una definizione, da parte del giudice nazionale, del contesto di fatto e di diritto delle questioni pregiudiziali era particolarmente importante in taluni campi, come quello della concorrenza, che sono caratterizzati da situazioni di fatto e di diritto complesse. Ancora una volta ciò non avviene nel caso di specie. Per quanto riguarda la causa Meilicke, essa era una causa in cui dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risultava che le questioni stesse potevano essere puramente ipotetiche. Non vi è alcuna traccia di una situazione del genere nella presente controversia.

10. Inoltre, nella presente causa, i fatti quali risultano dagli atti e dalle osservazioni scritte sono chiari, il problema è chiaro, e non vi è alcun dubbio che la soluzione delle questioni proposte sarà di aiuto al giudice nazionale. Pertanto, nella presente controversia non sarebbe opportuno né rifiutare di risolvere le questioni proposte, come nelle cause Meilicke e Telemarsicabruzzo, né respingere la domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto inammissibile, come nelle cause Banchero e Monin. Non ne consegue, come risulterà chiaro, che tutte le questioni sollevate nella causa in esame debbano essere necessariamente risolte.

11. Di conseguenza, passo ad esaminare le questioni proposte.

12. L' art. 3, n. 1, della prima direttiva in materia, la direttiva del Consiglio 24 aprile 1972, 72/166/CEE (8), impone a ciascuno Stato membro di garantire che la responsabilità civile relativa alla circolazione degli autoveicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un' assicurazione. L' art. 1, n. 1, della seconda direttiva, la direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE (9), dispone che tale assicurazione "copre obbligatoriamente i danni alle cose e i danni alle persone".

13. La seconda direttiva del Consiglio è diretta a garantire che ai membri della famiglia dell' assicurato, del conducente o di qualsiasi altro responsabile venga accordata una protezione analoga a quella degli altri terzi, comunque per quanto riguarda i danni alle persone (v. il nono punto della motivazione). Di conseguenza, l' art. 3 dispone:

"I membri della famiglia dell' assicurato, del conducente o di qualsiasi altra persona la cui responsabilità civile sia sorta a causa di un sinistro e sia coperta dall' assicurazione di cui all' articolo 1, paragrafo 1, non possono essere esclusi, a motivo del legame di parentela, dal beneficio dell' assicurazione per quanto riguarda i danni alle persone".

L' art. 5 recita:

"1. Gli Stati membri modificano le loro disposizioni nazionali per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1987. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2. Le disposizioni così modificate sono applicate entro il 31 dicembre 1988.

(...)".

14. La legge belga ha dato attuazione alla seconda direttiva del Consiglio solo con la legge 21 novembre 1989 (10). Tale legge ha abrogato la normativa precedente, cioè la legge 1 luglio 1956 (11) che consentiva di escludere il coniuge e taluni congiunti del conducente nonché dell' assicurato dall' ambito di applicazione dell' assicurazione.

15. Risulta chiaramente dalla giurisprudenza della Corte che le norme di una direttiva che non siano state recepite da uno Stato membro possono prendere effetto solo alla fine del periodo stabilito dalla direttiva per l' attuazione (12). Nella presente controversia, benché gli Stati membri fossero tenuti a modificare le loro normative per conformarsi alle disposizioni della direttiva entro il 31 dicembre 1987, la direttiva fissava al 31 dicembre 1988 la data a partire dalla quale la normativa così modificata doveva essere applicata. Ne consegue che le disposizioni della direttiva non possono avere alcuna efficacia in relazione ad un incidente avvenuto il 2 maggio 1988.

16. Pertanto non è strettamente necessario che la Corte risolva la questione se le disposizioni della direttiva possano produrre quella che viene comunemente designata come efficacia diretta "orizzontale", ossia se esse possano imporre obblighi a persone giuridiche di diritto privato o a singoli, di guisa che, ad esempio, in assenza di attuazione alla scadenza del periodo prescritto, una società di assicurazione possa essere considerata responsabile dinanzi ai giudici nazionali. Tale questione è sollevata, anche se non esplicitamente, dall' ordinanza di rinvio, ma la soluzione non sarà a mio parere utile al giudice nazionale. Dato che nelle circostanze del caso di specie la direttiva è assolutamente priva di efficacia diretta, essa non può evidentemente avere alcuna efficacia diretta orizzontale. Così, anche se il problema è sollevato dalle questioni proposte dal giudice nazionale, non penso che sia opportuno che la Corte lo tratti. Ancora, il sistema dell' art. 177 risponde alla preoccupazione di fornire soluzioni che siano utili al giudice nazionale. Proprio come può talora richiedere la soluzione di una questione che non è stata direttamente sollevata dal giudice nazionale (13), esso può talora giustificare la mancata soluzione di una questione che sia stata proposta. Ciò può avvenire particolarmente qualora, come nel caso in esame, la questione sollevi problemi di notevole importanza per l' ordinamento giuridico comunitario. Potrebbe sembrare sproporzionato che la Corte affrontasse tali problemi in una causa in cui non è necessario decidere la questione.

17. Tuttavia, nella pratica, la Corte ha spesso evitato di esaminare la pertinenza delle questioni sottopostele, anzi risolvendole anche ove non fosse chiaro come la soluzione avrebbe influito sulla decisione della causa principale (14). Nel caso in cui si debba ritenere che nella fattispecie vada seguito tale orientamento, esaminerò come la questione debba essere affrontata qualora si consideri necessaria una sua soluzione.

18. Sia la Commissione che Le Foyer SA, nelle rispettive osservazioni scritte, sostengono che, se fosse necessario esaminare la questione dell' efficacia diretta orizzontale, sarebbe sufficiente, come soluzione, rinviare alla precedente giurisprudenza della Corte secondo cui le direttive possono avere efficacia diretta solo nei confronti dello Stato o di un' emanazione dello Stato (efficacia diretta "verticale") (15). Non condivido tale tesi. E' ben noto che tale giurisprudenza ha dato luogo ad anomalie, e in un' altra causa pendente dinanzi alla Corte, cioè la causa Faccini Dori (16), la Corte è stata espressamente invitata a riesaminare la materia. Esaminerò il problema in maniera relativamente sintetica, tenendo presente che esso è stato molto discusso in dottrina ed è stato pienamente trattato nella causa Faccini Dori.

19. Solo nel 1986, nella causa Marshall (che può essere ora indicata come Marshall I), la Corte si è espressa in ordine all' efficacia diretta orizzontale delle direttive, affermando che "la direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e (...) una disposizione di una direttiva non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso" (17). In tale controversia, tuttavia, la Corte ha dichiarato che la signorina Marshall poteva far valere la direttiva di cui trattasi nei confronti della controparte, la Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority (Teaching), che poteva essere considerata come un organo dello Stato e che era irrilevante il fatto che tale organo agisse in qualità di datore di lavoro privato o di pubblica autorità. Stranamente quindi la Corte ha deciso la questione in una causa in cui non era necessario farlo: la Corte avrebbe potuto semplicemente constatare che la resistente era un organo dello Stato, lasciando impregiudicata la questione se le direttive potessero essere fatte valere nei confronti di persone giuridiche di diritto privato.

20. Nel decidere la questione, la Corte si è richiamata - e si è richiamata esclusivamente - alla lettera dell' art. 189 del Trattato. Com' è ben noto, e per buoni motivi, tale richiamo alla lettera del Trattato non è stato in generale decisivo nella sua interpretazione da parte della Corte. Inoltre l' argomento basato su tale lettera, pur avendo un certo peso, non è del tutto convincente. Ai sensi dell' art. 189, la direttiva "vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere (...)". Prescindendo completamente dal fatto che l' art. 189 non esclude espressamente la possibilità di obblighi derivati che sorgano per soggetti diversi dagli Stati membri, si può rilevare che, sulla base di un siffatto argomento testuale, sarebbe stato del tutto impossibile sostenere che l' art. 119 del Trattato, ad esempio, imponeva obblighi ai datori di lavoro privati, come la Corte ha dichiarato fin dal 1976 (18). Inoltre, se una direttiva può imporre obblighi solo a Stati membri, non è affatto facile giustificare il fatto di imporre obblighi ad un organo quale la Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority (Teaching). Il ben noto tentativo di dare un fondamento logico al fatto di attribuire efficacia diretta ad una direttiva così come avviene nei confronti di uno Stato membro, e cioè che ad uno Stato membro non dovrebbe essere consentito di avvalersi della mancata attuazione da parte sua di una direttiva, è singolarmente fuori luogo in riferimento ad un organo del genere, che non ha alcuna responsabilità per tale omissione.

21. In ogni caso, una volta riconosciuto da parte della Corte che le direttive avevano una tale portata, è divenuto difficile giustificare distinzioni, ad esempio, tra datori di lavoro del settore pubblico e datori di lavoro del settore privato. Inoltre, una volta riconosciuta l' efficacia diretta, anche se in misura limitata, non possono più essere sostenuti alcuni dei generali argomenti di principio addotti contro il fatto di attribuire efficacia diretta orizzontale alle direttive, come, ad esempio, l' argomento secondo il quale, a norma dell' art. 189 del Trattato, le direttive lasciano alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi.

22. Diventa altresì difficile, a mio parere, sostenere una distinzione sotto questo profilo tra le direttive - che sono dopo tutto la principale, e spesso l' unica, forma di normativa comunitaria prevista per molti settori del Trattato - e altri atti vincolanti di diritto comunitario, ossia trattati, regolamenti e decisioni che possono tutti, com' è riconosciuto, imporre obblighi ai singoli.

23. Analogamente, se si dovesse negare l' efficacia diretta delle direttive per mancanza, da parte loro, di una sufficiente base democratica - il ruolo del Parlamento europeo nell' adozione delle direttive è stato al principio infatti assai limitato ed è stato accresciuto solo gradualmente - sarebbe ancora difficile comprendere perché tale argomento dovrebbe applicarsi solo alle direttive e non ad altri atti comunitari, quali i regolamenti, in cui il ruolo del Parlamento è stato identico. Inoltre, non può essere obiettato, contro l' efficacia diretta orizzontale, che i provvedimenti non sono stati attuati da un parlamento nazionale democraticamente eletto, dato che le direttive di cui trattasi non lasciano ex hypothesi alcuna discrezionalità all' organo legislativo nazionale.

24. Parimenti, a mio parere, non è possibile trarre argomento dall' assenza nel Trattato di un obbligo di pubblicazione delle direttive (19). Tale lacuna, colmata dal Trattato sull' Unione europea (20), può essere spiegata col ruolo limitato previsto per le direttive nel Trattato originale, ed è di modesto significato data l' invariabile prassi di pubblicare nella Gazzetta ufficiale tutte le direttive a carattere legislativo di questo genere, inviate a tutti gli Stati membri. Non vi è dubbio che se una particolare direttiva non fosse stata pubblicata, la mancata pubblicazione potrebbe averle impedito, così come ogni altro provvedimento, di produrre effetti giuridici (21)

25. Le considerazioni svolte in precedenza non fanno venir meno a mio parere le notevoli differenze che ancora rimangono tra direttive e regolamenti. Nella causa Marshall I la Corte ha, a mio modo di vedere, giustamente evitato di utilizzare l' argomento (menzionato nelle conclusioni dell' avvocato generale Slynn) secondo cui il fatto di rendere le direttive direttamente applicabili nei confronti dei singoli farebbe venir meno la distinzione tra direttive e regolamenti. Il fatto di riconoscere che perfino le disposizioni di una direttiva possono essere direttamente fatte valere, nel caso eccezionale in cui non siano state correttamente recepite, non incide in alcun modo sull' obbligo degli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti necessari alla loro attuazione; mentre i regolamenti, essendo direttamente applicabili, non richiedono normalmente alcuna attuazione. Inoltre, una direttiva, come si è visto, produrrà effetti giuridici solo dopo la scadenza del periodo da essa stabilito per la sua attuazione. I regolamenti e le direttive resteranno strumenti distinti, appropriati in situazioni diverse e che raggiungono i loro obiettivi con mezzi diversi, anche se è riconosciuto che in taluni casi una direttiva che non è stata correttamente recepita può imporre obblighi a talune persone giuridiche di diritto privato.

26. Oltre 30 anni fa, nella causa Van Gend en Loos (22), la Corte di giustizia ha riconosciuto il carattere specifico del diritto comunitario come un sistema di diritto che non poteva essere ridotto ad un accordo tra Stati così come spesso era avvenuto nel diritto internazionale tradizionale. Dopo l' evoluzione dell' ordinamento giuridico comunitario avvenuta da allora, può essere necessario riconoscere che in taluni casi direttive che non sono state correttamente recepite possono attribuire diritti a singoli persino contro persone giuridiche di diritto privato. Forse sotto tale profilo si può rinvenire un particolare contrasto tra l' ordinamento giuridico comunitario e l' ordinamento giuridico internazionale.

27. E' una notoria debolezza del diritto internazionale il fatto che un trattato non possa essere fatto valere dinanzi ai giudici di uno Stato che ne sia parte contraente, anche se le disposizioni del Trattato siano di per sé idonee ad essere applicate dai giudici. Tale increscioso risultato può prodursi specialmente nei così detti Stati "dualisti" che non riconoscono alcun principio costituzionale che dia efficacia giuridica interna a trattati da cui essi siano vincolati in base al diritto internazionale. Così può spesso avvenire, in un contratto internazionale tra privati, che una delle parti, volendo che il contratto sia disciplinato da un particolare trattato, provveda ad accertarsi che il trattato sia stato ratificato dallo Stato della controparte scoprendo però, quando sorge una controversia, che il trattato non forma parte del diritto interno di tale Stato e non sarà applicato dai giudici dello Stato stesso.

28. E' inaccettabile che la debolezza del diritto internazionale debba essere riprodotta nell' ordinamento giuridico comunitario. Come spesso avviene con un trattato, la direttiva è vincolante nei confronti dello Stato per quanto riguarda il risultato da raggiungere ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi. Tuttavia, il ruolo delle direttive nel Trattato CEE si è sviluppato, come conseguenza dell' attività legislativa del Consiglio, in maniera tale da rendere ormai inadeguata la formulazione dell' art. 189 del Trattato. Malgrado la formulazione del terzo comma di tale articolo, è ormai improprio dire che le direttive sono vincolanti solo "per quanto riguarda il risultato da raggiungere". La "competenza in merito alla forma e ai mezzi" lasciata agli Stati membri è spesso illusoria dato che la discrezionalità degli Stati membri nell' attuazione delle direttive è gravemente limitata dal carattere dettagliato ed esauriente di gran parte della normativa attualmente adottata dal Consiglio in forma di direttive. Molte delle disposizioni contenute nelle direttive sono di conseguenza adatte a produrre effetti diretti.

29. Vi sono buoni motivi di principio per attribuire efficacia diretta alle direttive senza alcuna distinzione basata sullo status del convenuto. Ciò sarebbe coerente con l' esigenza di garantire l' efficacia del diritto comunitario e la sua uniforme applicazione in tutti gli Stati membri. Ciò sarebbe coerente, in particolare, con il recente accento posto dalla giurisprudenza della Corte sul preminente compito dei giudici nazionali di fornire rimedi efficaci per la tutela dei diritti nella Comunità (23). Forse perché la recente giurisprudenza della Corte rende necessario un nuovo modo di considerare le direttive, l' orientamento della dottrina è stato rivolto, di recente, a sostenere l' attribuzione di un' efficacia diretta alle direttive (24). Per quanto riguarda l' argomento basato sull' esigenza di un' uniforme applicazione del diritto comunitario, la sua fondatezza è evidente; è però necessario garantire che la normativa comunitaria sia applicata in maniera uniforme non solo tra Stati membri ma anche all' interno degli Stati membri. Naturalmente si verificheranno distorsioni, sia tra gli Stati membri che al loro interno, qualora le direttive siano direttamente applicabili, ad esempio, contro datori di lavoro o fornitori di merci o servizi nel settore pubblico, ma non nel settore privato. Non è una soluzione quella di affermare che tali distorsioni saranno eliminate qualora la direttiva sia correttamente attuata (25); quella che è stata considerata è una situazione in cui la direttiva non è stata correttamente attuata.

30. La possibilità per il singolo, in base alla sentenza Francovich (26), di reclamare un risarcimento danni nei confronti dello Stato membro in cui una direttiva non sia stata correttamente attuata non è, a mio parere, un surrogato adeguato rispetto all' efficacia diretta della direttiva. Ciò comporterebbe spesso la necessità per l' attore di avviare due serie distinte di azioni giudiziarie, contemporaneamente o in successione, l' una contro il singolo convenuto e l' altra contro le pubbliche autorità, e sarebbe difficilmente compatibile con l' esigenza di una tutela giurisdizionale efficace.

31. Non si può obiettare, a mio parere, che il fatto di imporre obblighi ai singoli pregiudichi la certezza del diritto. Al contrario, l' aspetto forse più importante della giurisprudenza esistente su questo punto è quello di aver provocato incertezza (27). Essa ha portato, in primo luogo, ad un' interpretazione molto ampia della nozione di Stato membro di modo che le direttive possono essere fatte valere persino contro imprese commerciali in cui sia presente un particolare elemento di partecipazione o di controllo da parte dello Stato (28), a prescindere dal fatto che tali imprese non abbiano alcuna responsabilità nell' inadempimento da parte degli Stati membri e a prescindere dal fatto che esse possano trovarsi in diretta concorrenza con imprese del settore privato contro le quali le stesse direttive non possono essere fatte valere. Essa ha inoltre condotto ad una notevole incertezza in ordine alla portata della normativa nazionale, in considerazione dell' obbligo imposto ai giudici nazionali di estendere fino all' estremo i termini della legge nazionale in maniera tale da dare effetto a direttive che non siano state correttamente attuate (29). Inoltre, qualora la normativa nazionale sia interpretata estensivamente così da dare attuazione ad una direttiva, il risultato potrebbe ben essere quello di imporre ai singoli obblighi che essi non avrebbero in assenza della direttiva. Così, direttive che non sono state correttamente attuate possono già far sorgere obblighi per i singoli. Su questo sfondo, non sembra una valida obiezione quella di sostenere che il fatto di far valere le direttive direttamente nei confronti dei singoli pregiudicherebbe la certezza del diritto. Al contrario, potrebbe anzi contribuire ad una maggiore certezza del diritto e ad una maggiore coerenza del sistema il fatto che in determinati casi le disposizioni di una direttiva fossero considerate direttamente applicabili nei confronti dei singoli.

32. Poiché la giurisprudenza esistente impone già in realtà ai giudici nazionali di applicare le direttive nei confronti dei singoli, interpretando tutte le disposizioni di diritto nazionale, siano esse state adottate o no per attuare una direttiva e siano esse anteriori o successive alla direttiva stessa, così da dare attuazione alle disposizioni delle direttive, non sarebbe una deviazione radicale dalla situazione di diritto esistente, sotto il profilo delle sue conseguenze pratiche, il fatto di attribuire efficacia diretta orizzontale a delle direttive: tale efficacia diretta si verificherebbe solo in caso di impossibilità di interpretare qualche disposizione di diritto nazionale. Le conseguenze di tale deviazione potrebbero comunque, se necessario, essere attenuate limitando l' efficacia nel tempo della nuova disciplina della Corte, per motivi analoghi a quelli scelti dalla Corte nella sentenza Defrenne II (30), così da escludere o restringere la sua applicazione retroattiva.

33. Esistono naturalmente casi in cui sarà chiaro che una direttiva non attuata da uno Stato membro non imporrà obblighi ai singoli. Così, una direttiva non può di per sé dar luogo a responsabilità penale (31). Una direttiva non dovrebbe forse essere neppure interpretata nel senso di imporre obblighi ai singoli qualora ciò attribuisca diritti allo Stato inadempiente.

34. In generale, tuttavia, mi sembra che direttive il cui vero e proprio obiettivo sia quello di attribuire diritti e di imporre obblighi ai singoli debbano essere direttamente applicabili su domanda dell' attore a meno che ciò non urti contro legittime aspettative del convenuto.

35. Anche se tale proposta di carattere generale non fosse accettata, un caso come quello in esame, in caso di scadenza del termine previsto per l' applicazione dei provvedimenti di attuazione, fornirebbe solidi argomenti per procedere all' applicazione diretta delle direttive. La materia dell' assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto è caratterizzata da un ovvio interesse pubblico a che i singoli possano fare assegnamento su un efficace sistema di assicurazioni che operi in maniera uniforme attraverso la Comunità. Per giunta, le compagnie di assicurazione auto sono, per effetto degli obblighi di legge relativi alla loro situazione finanziaria, grosse società abituate ad operare in un ambito estesamente disciplinato in cui la libertà contrattuale è stata drasticamente ridotta in considerazione del preminente interesse pubblico a garantire che tutti i conduttori e tutti gli autoveicoli siano adeguatamente assicurati per la responsabilità civile nei confronti dei terzi. Si può certamente presumere che tali società conoscano bene gli obblighi che le direttive della Comunità intendono manifestamente imporre loro. Ci si chiede se sia allora tollerabile che esse eludano la loro responsabilità in base al fatto che un singolo Stato membro abbia omesso di dare attuazione alla direttiva di cui trattasi. Così come appunto la Corte ha riconosciuto che uno Stato membro non può avvalersi del proprio inadempimento, mi sembra chiaro che una compagnia di assicurazioni, in tali casi, non debba poter ricavare un vantaggio dall' inadempimento di uno Stato membro.

36. Per i motivi di cui sopra, se fosse stato necessario dare una soluzione alla questione avrei sostenuto che le disposizioni in esame attribuiscono ai singoli diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare, anche contro soggetti che non siano emanazioni dello Stato. Ripeto, tuttavia, che nella fattispecie non è a mio parere necessario risolvere la questione.

Conclusione

37. A mio modo di vedere è pertanto sufficiente dare la seguente soluzione alle questioni proposte dal giudice nazionale:

"Prima della data del 31 dicembre 1988, stabilita dall' art. 5, n. 2, della seconda direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, le disposizioni della direttiva stessa non facevano sorgere in capo ai singoli diritti soggettivi che i giudici nazionali fossero tenuti a tutelare".

(*) Lingua originale: l' inglese.

(1) - Causa C-386/92, Monin Automobiles (Racc. 1993, pag. I-2049).

(2) - Causa 16/65, Schwarze/Einfuhr- und Vorratsstelle Getreide (Racc. 1965, pag. 909, in particolare pag. 922).

(3) - Causa C-83/91, Meilicke (Racc. 1992, pag. I-4871).

(4) - Cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a. (Racc. 1993, pag. I-393).

(5) - Causa C-157/92, Banchero (Racc. 1993, pag. I-1085).

(6) - Supra, nota 1.

(7) - Registrata come causa C-387/93.

(8) - GU 1972, L 103, pag. 1.

(9) - GU 1984, L 8, pag. 17.

(10) - Legge belga del 21 novembre 1989 relativa all' assicurazione obbligatoria della responsabilità civile in materia di autoveicoli, Moniteur belge, 8.12.1989.

(11) - Legge belga del 1 luglio 1956 relativa all' assicurazione obbligatoria della responsabilità civile in materia di autoveicoli, Moniteur belge, 15.7.1956.

(12) - V. causa 148/78, Ratti (Racc. 1979, pag. 1629).

(13) - V., ad esempio, causa 157/84, Frascogna/Caisse des dépôts et consignations (Racc. 1985, pag. 1739).

(14) - V., ad esempio, cause riunite 98/85, 162/85 e 258/85, Bertini/Regione Lazio (Racc. 1986, pag. 1885, punto 8); cause riunite da 2/82 a 4/82, Delhaize Frères/Stato belga (Racc. 1983, pag. 2973, punto 9).

(15) - V., in particolare, causa 152/84, Marshall/Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority ( Marshall I ; Racc. 1986, pag. 723).

(16) - Causa C-91/92.

(17) - Marshall I, citata nella precedente nota 15 (punto 48).

(18) - Causa 43/75, Defrenne/Sabena (Racc. 1976, pag. 455, punti 39 e 40).

(19) - V., ad esempio, Pescatore: L' effet des directives communautaires, une tentative de démythification , Dalloz, 1980, capitolo XX.

(20) - V. art. 191, nn. 1 e 2, del Trattato CEE così come modificato dal Trattato sull' Unione europea.

(21) - V. causa 98/78, Racke/Hauptzollamt Mainz (Racc. 1979, pag. 69, punto 15).

(22) - Causa 26/62, Van Gend en Loos/Amministrazione olandese delle imposte (Racc. 1963, pag. 1).

(23) - V., ad esempio, causa C-213/89, Factortame (Racc. 1990, pag. I-2433), e causa C-271/91, Marshall II, sentenza 2 agosto 1993.

(24) - V., ad esempio, Manin: L' invocabilité des directives: quelques interrogations , Revue Trimestrielle de Droit Européen, 1990, pag. 669; Emmert: Horizontale Drittwirkung von Richtlinien? Lieber ein Ende mit Schrecken als ein Schrecken ohne Ende! , Europaeisches Wirtschafts- und Steuerrecht, 1992, pag. 56; Boch e Lane: European Community Law in national Courts: a continuing contradiction , Leiden Journal of International Law, 1992, pag. 171; Van Gerven: The horizontal effect of directive provisions revisited - the reality of catchwords , Institute of European Public Law, University of Hull (1993); Emmert e Pereira de Azevedo: L' effet horizontal des directives. La jurisprudence de la CJCE: un bateau ivre? , Revue Trimestrielle de Droit européen, 1993, pag. 503; Mangas Martín: El derecho comunitario europeo y su aplicación judicial, Rodríguez Iglesias e Liñán Nogueras (ed.), 1993, pagg. 77-79.

(25) - V. sentenza Marshall I, punto 51.

(26) - Cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. 1991, pag. I-5357).

(27) - V. le conclusioni dell' avvocato generale Van Gerven del 26 gennaio 1993 nella causa C-271/91, Marshall II, supra, nota 23, punto 12, nonché gli autori citati nella precedente nota 24.

(28) - V. causa C-188/89, Foster/British Gas (Racc. 1990, pag. I-3313).

(29) - V., ad esempio, causa C-106/89, Marleasing (Racc. 1990, pag. I-4135).

(30) - Supra, nota 18.

(31) - V. causa 80/86, Kolpinghuis Nijmegen (Racc. 1987, pag. 3969); v., anche le mie conclusioni nelle cause riunite C-206/88 e C-207/88, Vessoso e Zanetti (Racc. 1990, pag. I-1461, punti 24 e 25).