CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

MARCO DARMON

presentate il 14 luglio 1994 ( *1 )

1. 

Con ordinanza 1o marzo 1993, la House of Lords vi chiede di pronunciarvi in via pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 1 ) (in prosieguo: la «Convenzione»), nel contesto del delicato problema della localizzazione del fatto dannoso in materia di diffamazione a mezzo stampa.

2. 

I fatti relativi alla causa principale, sui quali non è necessario dilungarsi, possono essere così riepilogati. La signorina Shevill, domiciliata in Gran Bretagna, come pure tre società con sedi in vari Stati contraenti, hanno ritenuto essere state diffamate da un articolo apparso nel giornale France-Soir, il quale avrebbe ventilato la loro partecipazione a una rete di traffici di stupefacenti. Esse citavano in giudizio, dinanzi alla High Court of England and Wales, in data 17 ottobre 1989, la società Presse Alliance SA, editrice di France-Soir, per chiedere la riparazione del pregiudizio che avrebbero subito in Francia, in altri Stati, come pure in Inghilterra e nel Galles. La loro domanda è stata mantenuta, nonostante l'inserzione, in una edizione successiva, di una precisazione volta a riparare il pregiudizio arrecato alla loro reputazione. La Presse Alliance SA ha contestato la competenza del giudice adito deducendo l'assenza di fatto dannoso. Le attrici nella causa principale, nel corso del procedimento, hanno limitato la loro domanda di risarcimento ai soli danni sopravvenuti in Inghilterra e nel Paese del Galles.

3. 

L'eccezione di incompetenza veniva respinta in primo grado ed in appello e la House of Lords, adita con un «appeal», ha ritenuto necessario interpellarvi in via pregiudiziale.

4. 

Prima di entrare nel merito delle questioni pregiudiziali, occorre accertare se un'azione intesa a riparare la lesione alla reputazione e/o all'onore di una persona in conseguenza di un articolo apparso in un giornale rientri nella materia dei delitti ai sensi dell'art. 5, punto 3.

5. 

Ricordo che questa disposizione, in deroga alla regola generale di cui all'art. 2 della Convenzione, la quale attribuisce la competenza ai giudici dello Stato del domicilio del convenuto, prevede, alternativamente,«in materia di delitti o quasi delitti» una competenza speciale a favore del «giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto».

6. 

Fatta salva l'importante eccezione di cui alla sentenza Tessili/Dunlop ( 2 ), nella quale avete ritenuto che «il luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita» ai sensi dell'art. 5, punto 1, doveva essere determinato con riferimento alla normativa nazionale applicabile all'obbligazione a base della domanda, voi considerate che i concetti contenuti nella Convenzione debbono, di norma, essere interpretati in maniera autonoma.

7. 

Nella sentenza Kalfelis ( 3 ), avete definito il concetto di «materia di delitto o quasi delitto» come comprensivo di

«(...) qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricollega alla materia contrattuale di cui all'art. 5, n. 1» ( 4 ).

8. 

Per quanto di portata molto ampia, avete tenuto a limitare il campo di applicazione di detto concetto alle azioni di responsabilità, con esclusione di quelle che, come l'azione pauliana del diritto francese, non mirano

«(...) a far condannare il debitore al risarcimento dei danni causati al creditore con l'atto fraudolento, ma ad eliminare, nei confronti del creditore stesso, gli effetti dell'atto dispositivo compiuto dal debitore» ( 5 ).

9. 

In quanto destinata a riparare il pregiudizio causato da un comportamento illecito, l'azione per diffamazione rientra nella sfera di applicazione dell'art. 5, punto 3. Tale è, del resto, l'opinione della dottrina dominante ( 6 ).

10. 

La diffamazione è stata, del resto, oggetto di un divieto solenne nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il cui art. 12 così dispone:

«Nessuno deve essere oggetto di arbitrarie ingerenze nella propria vita privata, famiglia, abitazione o corrispondenza, né di attentati al suo onore e alla sua reputazione. Ogni persona ha diritto alla tutela della legge avverso siffatte ingerenze con siffatti attentati».

11. 

Per quanto la protezione avverso «siffatti attentati» costituisca un principio fondamentale riconosciuto, tra le normative degli Stati contraenti esistono notevoli differenze. Per limitarmi a citare la normativa francese e inglese, mentre la prima richiede l'intenzione di nuocere quale elemento costitutivo del delitto stesso, il quale viene meno qualora sia accertata la buona fede, la seconda considera l'infrazione (indicata con la denominazione «libel») commessa allorché lo scritto viene considerato dal jury come diffamatorio, senza che il soggetto leso debba dimostrare la effettività del pregiudizio subito e senza che venga presa in considerazione la buona fede. La situazione, per contro, si presenta invertita per quanto riguarda la violazione della vita privata, la cui tutela, nel diritto francese, è particolarmente efficace. Come scritto dal professor Badinter:

«(...) con il riconoscimento del diritto soggettivo al rispetto della vita privata, ogni attentato viene ad essere condannabile in quanto tale, senza che l'interessato debba dimostrare il pregiudizio specifico che avrebbe subito» ( 7 ).

12. 

Questa differenza nei confronti della protezione della vittima, confrontata con la diversità delle leggi applicabili in funzione delle norme di conflitto del foro adito, diversità dovuta al fatto che viene messa in discussione, e talvolta abbandonata, la norma tradizionale della lex loci delicti commissi, sta a dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che la rivendicazione della competenza di un foro per preferenza rispetto a quella di un altro non è materia del tutto neutra ( 8 ).

13. 

Occorre pertanto analizzare le sette questioni pregiudiziali sottopostevi, le quali possono essere raggruppate sotto tre rubriche, rispettivamente, relative alla localizzazione del fatto dannoso (questione 1), e all'eventuale delimitazione della competenza di ciascun giudice sotto la cui giurisdizione è sopravvenuto il danno, nel caso che siano consentiti una pluralità di fori competenti (questione 3), mentre la terza è dedicata al concetto di danno, ai tipi di prova e alle conseguenze che potrebbero derivare da una pluralità di giudici competenti (questioni 2, 4, 5, 6 e 7).

I — Localizzazione del fatto dannoso

14.

Come scritto dalla signora Gaudemet-Tallon:

«I termini utilizzati dall'art. 5, punto 3, implicano delle difficoltà interpretative in tre tipi di ipotesi: quando vi è dissociazione nello spazio tra il luogo del fatto generatore del danno e il luogo ove il danno è sopravvenuto, quando l'attore sia vittima di un danno riflesso e, infine, quando il luogo del sopravvenire del danno sia difficile a localizzarsi» ( 9 ).

15.

La prima di dette ipotesi è stata da voi esaminata nella sentenza Mines de potasse d'Alsace ( 10 ), la seconda nella sentenza Dumez France e Tracoba ( 11 ) e la terza è quella di cui alla presente causa ( 12 ).

16.

La fattispecie che ha dato luogo alla sentenza Mines de potasse d'Alsace riguardava un inquinamento transfrontaliero, del quale era ritenuta responsabile un'impresa stabilita in Francia, a danno di un orticoltore domiciliato nei Paesi Bassi. Il giudice dei Paesi Bassi, adito della controversia e dinanzi al quale l'impresa aveva sollevato l'eccezione di incompetenza, vi aveva chiesto se la nozione di «luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto» doveva intendersi nel senso che indica sia il luogo in cui il danno è sopravvenuto sia quello in cui si è consumato l'atto all'origine del danno.

17.

Nell'analizzare il fondamento delle competenze speciali indicate nell'art. 5, voi avete rilevato che:

«questa possibilità di opzione è stata ammessa in considerazione del fatto che esiste, in certi casi ben determinati, un collegamento particolarmente stretto fra una data controversia e il giudice che può essere adito, circostanza rilevante, ai fini dell'economia processuale» ( 13 ).

18.

Pertanto senza che sia presa in specifica considerazione la necessità di una protezione della vittima, voi avete ritenuto che la nozione di «luogo ove il fatto dannoso è avvenuto» doveva allo stesso tempo abbracciare

«(...) tanto [il] luogo ove è insorto il danno, quanto [il] luogo ove si è verificato l'evento generatore dello stesso» ( 14 ).

19.

Nella sentenza Dumez ( 15 ), avete avuto l'occasione di ricordare che la regola di competenza di cui all'art. 5, punto 3, sottintende l'esigenza di un rapporto di prossimità tra la controversia e il giudice adito, vale a dire l'esigenza di una buona amministrazione della giustizia.

20.

Voi avete così considerato che

«La norma di competenza giurisdizionale di cui all'art. 5, punto 3, della Convenzione 27 settembre 1968 (...) non può essere interpretata nel senso che autorizzi chi agisce per il risarcimento di un danno che asserisce essere la conseguenza del pregiudizio subito da altre persone, vittime dirette del fatto dannoso, a citare l'autore di questo fatto dinanzi ai giudici del luogo dove egli stesso ha constatato il danno del proprio patrimonio» ( 16 ).

21.

In queste cause avete pertanto sviluppato una nozione autonoma di «luogo ove il fatto dannoso è avvenuto», contrastante con la posizione da voi assunta nella sentenza Tessili/Dunlop ( 17 ) con riferimento al concetto di luogo di esecuzione dell'obbligazione, posizione ripresa nella vostra recente decisione Custom Made Commercial ( 18 ), nella quale, nel contesto dell'art. 5, punto 1, avete affermato:

«(...) il luogo di adempimento dell'obbligazione (...) [che sta a fondamento della domanda] va determinato conformemente al diritto sostanziale disciplinante l'obbligazione controversa secondo le norme di conflitto del giudice adito (...)» ( 19 ).

22.

Nelle conclusioni relative alla sentenza Mines de potasse d'Alsace, l'avvocato Capotorti si era pronunciato, in termini sempre di attualità, a favore di una definizione autonoma della nozione di «luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto».

23.

La dottrina dominante approva del resto un siffatto orientamento destinato a prevenire i conflitti positivi o quelli, più preoccupanti, negativi di competenza.

24.

I governi britannico e tedesco ritengono tuttavia che la questione dell'unicità o della pluralità di fatti dannosi dipende dal diritto nazionale di ciascuno Stato contraente. La Commissione e i governi francese e spagnolo propongono, per contro, una definizione comunitaria'sia del luogo del fatto generatore sia di quello del danno.

25.

Quest'ultima soluzione pare rispondere all'obiettivo della Convenzione, che è quello di ripartire le controversie tra i giudici degli Stati contraenti in modo coerente e, quindi, secondo un criterio autonomo e si inserisce nella logica delle vostre sentenze Mines de potasse d'Alsace e Dumez.

26.

La prima di dette sentenze ha avuto come risultato, in taluni Stati contraenti, la creazione di un nuovo titolo di competenza. Per contro, la seconda sentenza ha escluso qualsiasi competenza fondata sul pregiudizio indirettamente subito da una vittima.

27.

Sarebbe quantomeno paradossale che l'effettiva applicazione dell'art. 5, punto 3, sia compromessa, qualora la localizzazione del delitto, e di conseguenza il foro competente, vari da uno Stato contraente all'altro.

28.

Certamente, la diversità delle soluzioni che emerge da uno studio comparato dei diritti degli Stati contraenti complica in modo singolare la scelta da operare, ma ciò non può costituire un ostacolo dirimente.

29.

Cerco di abbozzare una comparazione, poiché, come avete fatto presente, l'interpretazione della formulazione dell'art. 5, punto 3, in questo settore deve altresì

«(...) evitare uno sconvolgimento delle soluzioni messe a punto nell'ambito dei vari ordinamenti nazionali, tenuto conto del fatto che l'unificazione va ricercata, in conformità dell'art. 5, 3o della Convenzione, nel senso di istituzionalizzare soluzioni già acquisite, in linea di principio, in quasi tutti gli Stati interessati» ( 20 ).

30.

Nel diritto tedesco, sono competenti, allo stesso tempo, i giudici del luogo di edizione e quelli del luogo di diffusione, a condizione che, in quest'ultima ipotesi, la diffusione sia stata effettuata dall'editore o sia dallo stesso prevedibile ( 21 ). Ogni tribunale, quale che sia il fondamento della sua competenza, può, nell'ordinamento giuridico nazionale, riparare il danno nella sua interezza. Questa soluzione dovrebbe altresì prevalere, secondo una certa dottrina, nell'ordinamento giuridico internazionale, anche se, a nostra conoscenza, non esiste alcuna decisione in tal senso.

31.

Così, secondo i signori Geimer e Schütze ( 22 ),

«Die konkurrierende Zuständigkeit am Handlungs- wie am Erfolgsort eröffnet eine Klagemöglichkeit für den gesamten Schaden, wo immer er auch entstanden ist, nicht nur für den im Hoheitsgebiet des Gerichtsstaates entstandenen Schaden» ( 23 ).

32.

Tale è anche la posizione del signor Kropholler ( 24 )

«So besteht bei der durch ein Druckerzeugnis verübten unerlaubten Handlung eine internationale Zuständigkeit nicht nur am Ort der Herstellung, sondern auch an den unter Umständen sehr zahlreichen Orten, an denen es bestimmungsgemäß verbreitet wird» ( 25 ).

33.

Nel diritto belga, i giudici sembrano voler riconoscere la loro competenza, quando in detto Stato si è realizzato un elemento costitutivo del reato (diffusione, pubblicazione), senza che su questi due fondamenti sia pertanto riconosciuta la competenza cumulativa dei fori aditi. La dottrina considera in generale che il fatto che sia stato adito uno qualsiasi dei fori deve consentire la riparazione dei danni cagionati nel suo complesso, quale che ne sia il fondamento ( 26 ).

34.

Nel diritto francese in materia di reato transfrontaliero a mezzo stampa, vengono sviluppate soluzioni nel contesto della violazione della vita privata. L'art. 46, terzo comma, del nuovo codice di procedura civile permette all'attore di adire sia il giudice del domicilio del convenuto sia quello del luogo dove si è prodotto l'evento causale sia, infine, quello del luogo nel quale il danno è stato subito. La scelta tra questi due ultimi luoghi è stata intesa come ricollegantesi da un lato al giudice del luogo di edizione, e dall'altro ai giudici dei luoghi di diffusione. Mentre il primo giudice è competente per conoscere della integralità del danno, quale che sia il luogo nel quale esso è sopravvenuto, i secondi possono risarcire solo il danno sopravvenuto nel luogo soggetto alla loro giurisdizione ( 27 ). Una certa parte della dottrina, come avrò modo di vedere, ha criticato detta giurisprudenza.

35.

Nel diritto lussemburghese, l'art. 37 del codice di procedura civile dispone che «in materia di risarcimento del danno prodotto da un delitto o quasi-delitto, l'azione potrà essere intentata, a scelta dell'attore, sia dinanzi al giudice del luogo del convenuto, sia dinanzi al giudice del luogo in cui il fatto dannoso si è prodotto». La nozione di «luogo in cui il fatto dannoso è avvenuto» non è stata precisata dalla giurisprudenza, ma la dottrina dominante, rifacendosi alle decisioni dei giudici francesi, ritiene che

«(...) è consentito che, in materia di violazione della vita privata a mezzo stampa, i giudici del paese del luogo di diffusione siano competenti a conoscere della riparazione del pregiudizio che ivi si è prodotto, accanto ai giudici del paese di edizione (...)» ( 28 ).

36.

I diritti spagnolo ( 29 ) e italiano ( 30 ) attribuiscono competenza solo ai tribunah del luogo di stampa e di prima diffusione ai fini della riparazione di qualsiasi danno, quale che sia il luogo nel quale esso sia sopravvenuto. Vi è quindi l'indicazione di un foro centralizzatore.

37.

Il criterio assunto dall'Inghilterra e dall'Irlanda per determinare il foro competente è la comunicazione a un terzo di un testo considerato dalla vittima lesivo della sua reputazione. Per contro, se, per quanto riguarda il diritto inglese, non ho potuto riscontrare decisioni in merito alla portata della competenza qualora il danno sia stato subito in più Stati, da una sentenza della Supreme Court d'Irlande emerge che «the extent of publication» costituisce un elemento pertinente ai fini del calcolo dell'importo del risarcimento richiesto ( 31 ).

38.

In Portogallo il problema della competenza in materia di diffamazione a mezzo stampa è stato risolto principalmente nel contesto del diritto penale. Mentre in alcune sentenze viene indicato il luogo di spedizione di una lettera diffamatoria ( 32 ), in altre, per contro, viene data la preferenza a quello del suo ricevimento ( 33 ).

39.

Nei Paesi Bassi, infine, la competenza viene attribuita unicamente al foro del domicilio del convenuto o, in mancanza, di residenza. Se non vi è né domicilio né residenza in detto Stato, viene assunto il foro dell'attore.

40.

La disparità delle soluzioni adottate dagli ordinamenti giuridici nazionali negli Stati membri traduce la difficoltà di localizzare il fatto dannoso qualora quest'ultimo sia di natura immateriale. La signora Gaudemet-Tallon sottolinea altresì, giustamente, che

«La giurisprudenza Mines de potasse d'Alsace non è di facile applicazione qualora la localizzazione sia del fatto generatore sia del danno subito si prestino a controversie» ( 34 ).

41.

Tuttavia, al di là di dette divergenze, si deve constatare la comparsa del binomio edizione o stampa/diffusione o comunicazione, anche se taluni diritti prendono in considerazione uno di questi due criteri di collegamento con esclusione dell'altro, e altri, invece, riconoscono una competenza alternativa dei fori così designati.

42.

Una parte della dottrina ha messo in dubbio la pertinenza di questi criteri di collegamento insistendo, almeno nel campo dei danni immateriali, sull'importanza del domicilio della vittima considerato come luogo in cui è sopravvenuto il danno. La signora Gaudemet-Tallon considera a questo proposito che la nozione di diffusione comprende allo stesso tempo l'evento causale e il pregiudizio, di modo che, se l'edizione costituisce la causa «prima», la causa «seconda» è la diffusione. Così, ai fini della scelta della competenza, il luogo del domicilio della vittima dovrebbe essere considerato quello in cui il pregiudizio si è verificato ( 35 ).

43.

Secondo il signor Bourel,

«(...) la classificazione operata da questo autore del fatto stesso della diffusione nella categoria “atto generatore” forza alquanto la realtà» ( 36 ).

Egli prosegue:

«L'espressione “evento causale” sostituita a quella di “atto generatore” mette del resto senz'altro ben in evidenza la difficoltà che vi è di operare qui la distinzione tra il fatto che è all'origine del danno e il danno stesso. Essa manifesta, tramite il concetto di causalità così inserito nel dibattito, lo stretto legame che esiste tra uno e l'altro elemento costitutivo della responsabilità civile e le difficoltà di dissociarli per quanto riguarda il loro collegamento nello spazio. Se la diffusione è l'ultimo atto causale, esso è, in quanto tale, quello grazie al quale si afferma e si concretizza il pregiudizio» ( 37 ).

44.

In definitiva questo autore si dichiara egli stesso partigiano di una attribuzione di competenza al domicilio della vittima «(...) inteso (...) in quanto luogo di realizzazione del delitto considerato nel suo complesso», ritenendo che né l'edizione, né la diffusione sono conferenti nei confronti della competenza giurisdizionale, essendo essi «neutri, non classificabili e pertanto inutilizzabili» ( 38 )

45.

Tuttavia, sancire questo foro finirebbe con il conferire competenza al forum actoris, nei confronti del quale voi avete più volte ricordato lo sfavore della Convenzione. Così nella vostra sentenza Dumez, avete tenuto a precisare che

«(...) la Convenzione ha manifestato il proprio sfavore nei confronti della competenza dei giudici dello Stato del domicilio dell'attore scartando, nell'art. 3, secondo comma, l'applicazione di disposizioni nazionali che prevedono siffatti fori di competenza nei confronti dei convenuti domiciliati sul territorio di uno Stato contraente» ( 39 ).

46.

Questo foro non sembra del resto rispondere particolarmente all'esigenza della buona amministrazione della giustizia da voi ricordata in più sentenze ( 40 ), anche se, effettivamente, esso consente di centralizzare la procedura, possibilità del resto che già offre il foro del domicilio del convenuto. In particolar modo pertinente è l'esempio fornito dal governo britannico di un attore italiano domiciliato in Inghilterra, Stato nel quale egli è totalmente sconosciuto ( 41 ). Un giornale italiano che non è diffuso in Inghilterra lede il suo onore. Se si ammettesse la competenza del foro del domicilio dell'attore, egli potrebbe adire i giudici inglesi senza alcuna considerazione per la buona amministrazione della giustizia.

47.

Osservo, per terminare, che nessun ordinamento giuridico di uno Stato contraente ha accettato detto foro.

48.

Si deve pertanto, in questa fase, incentrare la nostra riflessione sulla separazione nello spazio dei due criteri di competenza, in relazione alla localizzazione del danno, quello del suo sopravvenire e quello dell'evento che ne è all'origine.

49.

Questa dissociazione ab initio era incontestabile nelle cause Mines de potasse d'Alsace. Voi avete, del resto, tenuto a ricordarlo in questi termini nella sentenza Dumez:

«(...) la (...) sentenza 30 novembre 1976 (...) è stata pronunciata con riferimento ad una situazione in cui il danno — nel caso di specie i danni cagionati alle culture nei Paesi Bassi — si è realizzato a una certa distanza dal luogo dell'evento causale — nel caso di specie uno scarico di rifiuti salini nel Reno da parte di un'impresa avente sede in Francia — ma per effetto diretto dell'agente causale, cioè i rifiuti salini nel loro spostamento materiale» ( 42 ).

50.

Nella presente causa, la Commissione come pure i governi spagnolo e francese concordano nel considerare che il fatto generatore si produce nel luogo di pubblicazione del periodico incriminato, poiché i danni sono sopravvenuti in ciascuno degli Stati contraenti all'interno dei quali la reputazione di una persona viene compromessa dalla diffusione volontaria dello scritto. Il governo britannico ritiene, per quanto lo riguarda, che il luogo di comunicazione ai terzi costituisce, allo stesso tempo, il fatto generatore e il danno.

51.

Se ci si riferisce semplicemente alla sentenza Mines de potasse d'Alsace, si nota che voi avete sottolineato l'importanza dei criteri di competenza costituiti dal «fatto generatore del danno» e dal «luogo in cui danno si è concretato» ( 43 ) in una causa nella quale un fatto generatore aveva provocato un danno.

52.

Nella presente fattispecie ci troviamo in una situazione più complessa, nella quale un fatto generatore comporta più danni. Infatti il pregiudizio si concretizza nel luogo dell'ultimo elemento costitutivo del delitto, cioè in materia di delira a mezzo stampa o per radiodiffusione, in ciascuno Stato nel quale 10 scritto viene diffuso o l'emissione ricevuta. 11 fatto causale direttamente all'origine di questo danno si trova oggettivamente localizzato nel luogo della pubblicazione dello scritto o dell'emissione del programma.

53.

La lesione alla reputazione e/o all'onore sopravviene, infatti, nei diversi luoghi di divulgazione a terzi di una notizia diffamatoria. Il danno viene pertanto in essere allorquando una siffatta «informazione» viene portata a conoscenza del pubblico, fermo restando che la pubblicazione del giornale incriminato ne costituisce lo strumento di trasmissione. Vi è pertanto senz'altro una separata localizzazione del fatto causale e del danno.

54.

La sistematizzazione della giurisprudenza Mines de potasse d'Alsace presenta, in materia di delitti transfrontalieri a mezzo stampa, l'inconveniente di suscitare una molteplicità di fori competenti, di modo che una certa parte della dottrina ha proposto l'adozione di criteri specifici.

55.

Così, secondo Lasok e Stone ( 44 ),

«(...) si ritiene che la sentenza Bier non precluda l'eventuale adozione di disposizioni specifiche per particolari pregiudizi; ad esempio una disposizione per cui, ai fini della diffamazione mediante una sola pubblicazione, il luogo in considerazione è quello della pubblicazione a un terzo» ( 45 ).

56.

Il Kaye ( 46 ) ritiene dal canto suo che

«(...) si considera che nel contesto dell'art. 5, punto 3, quando una affermazione diffamatoria viene pronunciata, scritta, trasmessa o diffusa nello Stato A, pubblicata nello Stato B e arreca danni alla reputazione nello Stato C (dove la notizia è pervenuta naturalmente per l'ampiezza della diffusione della pubblicazione), è l'atto del convenuto nello Stato A che deve ritenersi il fatto causale del danno e, di conseguenza, il fatto dannoso ai fini dell'art. 5, punto 3 (...)» ( 47 ).

57.

Questo approccio consente certamente di evitare la proliferazione dei fori competenti, il che costituisce uno degli obiettivi della Convenzione. Tuttavia, oltre al fatto che il principio di prossimità non può giustificare che sia accordata preferenza al tribunale sia del fatto generatore, sia del danno, ritengo, come affermato nelle conclusioni di cui alla sentenza Dumez, che l'esclusione di uno dei criteri di collegamento in talune materie e dell'altro criterio in altre potrebbe rimettere in discussione la coerenza della vostra giurisprudenza ( 48 ).

58.

In tal modo, l'attore potrà adire, a sua scelta, il foro del convenuto, quello del fatto generatore, come pure quello o quelli in cui è sopravvenuto il danno.

59.

Si pone subito la questione circa la portata della competenza di detti giudici, in particolare di quelli nella cui giurisdizione uno scritto assertivamente diffamatorio è stato diffuso.

II — Portata della competenza del foro del danno

60.

Pertanto, oltre al tribunale del domicilio del convenuto, è competente per tutti i danni sopravvenuti, qualora questi trovino la loro fonte nell'atto illecito, il tribunale del luogo ove si è verificato il fatto generatore. Per contro, il tribunale sotto la cui giurisdizione è sopravvenuto un danno è competente per il risarcimento della integralità dei danni, compresi quelli sopravvenuti in altri Stati?

61.

Ho ricordato la posizione dei signori Geimer e Schütze come pure quella del signor Kropholler, i quali ritengono che il giudice del luogo del danno deve poter conoscere l'integralità del danno sopravvenuto non solo nel suo territorio ma pure sul territorio di altri Stati contraenti ( 49 ). Quest'ultimo autore non manca tuttavia di segnalare il rischio del «forum shopping», inerente a un siffatto approccio.

62.

Per contro, in un articolo che ha suscitato molta attenzione, il signor Lagarde ( 50 ) ha considerato che

«Dal momento che un atto ha comportato danni contemporaneamente in più paesi, il tribunale del luogo di quest'atto (nella specie il tribunale del luogo di edizione) è portato a conoscere l'insieme dei danni, ovunque ubicati, provocati da detto atto, poiché ciascuno dei detti danni si ricollega per intero a detto ano. Al contrario, il tribunale di uno dei luoghi in cui il danno si è realizzato può avere competenza solo per conoscere le conseguenze dannose dell'atto nel paese dove ha sede, poiché i danni causati in un altro paese non si ricollegano a detto tribunale, né tramite il luogo di realizzazione, né tramite quello dell'atto illecito» ( 51 ).

63.

Questa posizione è stata sostenuta dal signor Droz ( 52 ) come pure dai signori Gothot e Holleaux ( 53 ). Il signor Huet ( 54 ) in una nota alla sentenza Mines de potasse d'Alsace ha altresì ritenuto che, nell'ipotesi in cui un fatto illecito ha provocato danni multipli in luoghi diversi,

«l'attore dovrà pertanto adire tutti i tribunali nel cui territorio di competenza è intervenuto un danno (...)» ( 55 ).

64.

Questa analisi è condivisa dalla maggior parte dei tribunali francesi, i quali non si riconoscono competenti per la riparazione del pregiudizio sopravvenuto in altri Stati contraenti qualora l'atto illecito sia stato commesso in uno di questi ultimi ( 56 ).

65.

Se la soluzione auspicata dagli autori tedeschi ha l'innegabile merito di evitare il proliferare dei fori competenti, essa sembra innanzitutto animata dalla preoccupazione di proteggere la vittima, la quale non sarebbe così costretta, per ottenere la riparazione dell'integralità del pregiudizio subito, ad adire ciascuno dei giudici degli Stati contraenti nel cui territorio è sopravvenuto un danno.

66.

Ma, occorre ancora ricordarlo, il tribunale del fatto generatore come pure quello del domicilio del convenuto costituiscono già due fori centralizzatoli la cui competenza non potrebbe costituire oggetto di una limitazione.

67.

Inoltre, specie in questa materia, dove la vittima avrebbe, in pratica, la possibilità di adire uno qualsiasi dei giudici di tutti gli Stati contraenti ( 57 ), questa soluzione pare essere in contraddizione con lo spirito della Convenzione, che non è certamente quello di favorire il «forum shopping» bensì quello di organizzare la ripartizione delle competenze speciali. Chi non vede che in questo modo la vittima sceglierebbe il foro dinanzi al quale il suo pregiudizio sarebbe, a suo parere, meglio riparato?

68.

Orbene, dalla vostra giurisprudenza emerge in primo luogo che

«(...) le “competenze speciali” elencate agli artt. 5 e 6 della Convenzione costituiscono deroghe al principio della competenza del giudice dello Stato in cui è domiciliato il convenuto, che vanno interpretate restrittivamente» ( 58 ).

69.

In secondo luogo, una siffatta soluzione favorirebbe la proliferazione di fori concorrenti. Orbene, ricordo che nella vostra sentenza Effer ( 59 ) voi avete sottolineato che

«(...) la Convenzione contempla un complesso di norme che mirano ad evitare il moltiplicarsi, in materia civile e commerciale, delle cause parallele in due o più Stati membri, e che consentono, nell'interesse della certezza del diritto e delle parti, di determinare il giudice nazionale territorialmente più qualificato a conoscere della lite» ( 60 )

70.

Ma, soprattutto, non mi pare assolutamente che essa si iscriva nella linea della vostra giurisprudenza Mines de potasse d'Alsace. Infatti, il tribunale del fatto generatore è titolare di una competenza per l'insieme dei danni scaturiti dall'atto illecito. Esso costituisce così, accanto a quello del domicilio del convenuto, un punto di ancoraggio solido per l'insieme dei danni. Per contro, in una situazione come quella di cui alla presente fattispecie, la competenza del giudice del luogo dove si è verificato il danno riposa esclusivamente sull'idea di

«(...) un collegamento particolarmente stretto fra una data controversia e il giudice che può essere adito, circostanza rilevante ai fini dell'economia processuale» ( 61 ).

71.

Così, il tribunale del luogo di uno dei danni non può conoscere dell'azione di riparazione dei danni sopravvenuti in altri Stati contraenti, nella misura in cui non vi è più in questo caso un rapporto di prossimità tra il foro e la controversia.

72.

Il principale inconveniente di questa limitazione di competenza risiede, non dimentichiamolo, nella moltiplicazione dei fori competenti e, di conseguenza, nel rischio di contrasti — ma non di inconciliabilità — di decisioni pronunciate dai giudici aditi ( 62 ). Essa, per contro, è conforme a numerosi obiettivi della Convenzione, come da voi rilevato.

73.

In primo luogo, il tribunale del luogo del danno è quello maggiormente in grado di valutare la lesione alla reputazione della vittima nell'ambito della sua competenza, e di determinare la portata del pregiudizio.

74.

In secondo luogo, l'adozione di un siffatto criterio evita l'apparizione di fori concorrenti ( 63 ). Infatti, in tal caso, ciascuno di essi ha competenza solo nei confronti dei danni sopravvenuti entro l'ambito di sua competenza.

75.

In terzo luogo, l'obiettivo di tutela giuridica implica una prevedibilità delle norme di competenza, alla quale voi avete fatto riferimento nelle vostre sentenze Handte ( 64 ) e Custom Made Commercial ( 65 ). Il convenuto sarà in grado di conoscere esattamente, in funzione del luogo di diffusione dei giornali, il giudice alla cui giurisdizione rischia di essere assoggettato e i mezzi di difesa di cui potrà avvalersi, tenuto conto della legge applicabile.

76.

Infine, l'interpretazione restrittiva delle norme di competenza speciale richiede, qui più che in qualsiasi altra materia, la soluzione che vi suggerisco. Si deve a questo proposito ricordare che, nella sentenza Kalfelis, avete affermato

«(...) che il giudice competente a norma dell'art. 5, n. 3, a conoscere del punto di una domanda che si fonda su una base costituita da illecito non è competente a conoscere gli altri punti della stessa domanda che si fondano su fatti o atti diversi dall'illecito» ( 66 ).

77.

Vi avevo proposto, per quanto mi riguarda, che una domanda fondata contemporaneamente sulla responsabilità ex delicto, sulla responsabilità contrattuale e sull'arricchimento senza causa fosse disciplinata esclusivamente dalle norme previste in materia contrattuale dall'art. 5, punto 1, tenuto conto della necessità di razionalizzare la competenza e di centralizzare la procedura dinanzi ad un foro unico ( 67 ).

78.

Questa determinazione deriverebbe tanto dai fondamenti della domanda che trova la sua fonte principale nell'inesecuzione di obbligazioni contrattuali quanto da una migliore conoscenza, da parte del giudice del contratto, del contesto e dell'insieme delle implicazioni contenziose dello stesso ( 68 ).

79.

La mia posizione nella presente causa non è assolutamente in contrasto con quella che ho appena ricordato. L'esistenza di un giudice unico del contratto avrebbe consentito, nell'ipotesi Kalfelis, una centralizzazione obiettiva senza rischio di «forum shopping». Qui, per contro, questo rischio sarebbe notevole se, per ovviare all'inconveniente della molteplicità dei fori, uno di questi potesse essere scelto dall'attore per ottenere — per ragioni di strategia giudiziaria di procedura e di merito — la riparazione del danno assertivamente subito sul territorio di più Stati contraenti. Una volta ancora, la centralizzazione può già operarsi presso il tribunale del domicilio del convenuto o in quello del fatto generatore. Non si può pretendere che essa possa, per di più, essere sempre ottenuta in forza di una competenza speciale, cioè, lo ripeto, di carattere restrittivo.

80.

Così, per riprendere l'espressione del signor Huet, si è senz'altro in presenza di «atomizzazione della competenza internazionale» ( 69 ). Egli ha, di conseguenza proposto, in un recente articolo ( 70 ), di estendere la vostra giurisprudenza Shenavai ( 71 ) ai casi di delitti transfrontalieri in materia di violazione della vita privata.

81.

Ricordo che voi avete considerato, in detta sentenza, che, se la controversia verte su più obbligazioni derivanti da un medesimo contratto,

«(...) il giudice adito, per determinare la propria competenza, si orienterà sul principio secondo il quale l'accessorio segue il principale; in altre parole, sarà l'obbligazione principale, fra le varie questioni, quella che determinerà la competenza» ( 72 ).

82.

Secondo il signor Huet,

«Trasposto in materia di delitti, e in particolare alle violazioni della vita privata derivanti dalla diffusione di media in più paesi, il principio “l'accessorio segue il principale” consentirebbe alla vittima di danni multipli (localizzati nei diversi luoghi di diffusione) di intentare un'azione unica dinanzi al tribunale del luogo ove è sopravvenuto il principale dei suoi pregiudizi (questo danno “principale” non è necessariamente intervenuto nel paese ove la rivista viene edita)» ( 73 ).

83.

Cosi, senza proporre la soppressione del criterio tradizionale del «locus delicti commissi», questa dottrina cerca di correggere gli effetti in situazioni nelle quali la sua applicazione automatica sarebbe tale da comportare un frazionamento delle competenze tra più fori.

84.

Quand'anche questo approccio possa essere interessante, ritengo, per quanto mi riguarda, che, fatta salva la verifica da parte del giudice della sua competenza ratione materiae ( 74 ), la Convenzione non ha voluto legare la competenza del giudice alla valutazione del merito della controversia; essa è fondata su una concezione obiettiva e non personale del rapporto di vicinanza, il quale non può variare in funzione della specificità di questa o di quella causa. La determinazione del «principal dommage» può essere delicata se non addirittura impossibile da operare nel caso di celebrità di fama internazionale, in particular modo quando esse non hanno alcun legame né di nazionalità né di residenza con la Comunità.

85.

Per contro, la localizzazione obiettiva dell'obbligo contrattuale principale, per quanto talvolta delicata, si impone nella maggioranza dei casi.

86.

Questo approccio era stato del resto suggerito nella sentenza Mines de potasse d'Alsace da taluni intervenienti ed era stato scartato dall'avvocato generale M. Capotorti nei seguenti termini:

«L'accoglimento di un criterio di “most significant connection” sarebbe anche difficilmente conciliabile con l'intento della Convenzione di consentire un'agevole determinazione del foro competente in base a criteri chiari, precisi, forniti di un sufficiente grado di obiettività e, pertanto, tali da poter essere uniformemente applicati in tutti gli Stati aderenti alla Convenzione. A questo riguardo non potrebbe dare sufficienti garanzie un criterio che, come quello sopra considerato, non si presta bene ad essere precisato in astratto e che fa piuttosto affidamento su una valutazione discrezionale del giudice» ( 75 ).

87.

Sembra del resto che noi ci troviamo qui «al margine» della materia civile, di modo che la consacrazione, entro certi limiti, del concetto di territorialità mi appare preferibile.

88.

È del resto questo concetto che ha indotto i redattori della convenzione sul brevetto comunitario a inserire l'art. 69, n. 2, a norma del quale:

«Le azioni per contraffazione del brevetto comunitario possono anche essere proposte dinanzi alle autorità giudiziarie di uno Stato contraente in cui sia stato compiuto un atto di contraffazione. L'autorità giudiziaria adita è competente soltanto per gli atti di contraffazione compiuti nel territorio di detto Stato contraente».

III — Nozione di danno, requisiti della prova e conseguenze dell'ammissione di una pluralità di fori

89.

Con la seconda, quarta e quinta questione, il giudice a quo vi interpella sull'esistenza di un danno qualora la legge applicabile al delitto (legge inglese, nella specie) non richieda che colui che si ritiene vittima di una diffamazione dimostri, da un lato, di essere conosciuto da determinati lettori e dall'altro di aver subito un pregiudizio effettivo, che, come ho rilevato, è assertivo.

90.

Ho già ricordato il carattere autonomo della nozione di «materia di delitto o quasi delitto» da voi sviluppata nella sentenza Kalfelis. Dal momento che un attentato alla reputazione di un'altra persona costituisce un «fatto dannoso» secondo l'accezione dell'art. 5, punto 3, e che detta disposizione ha un'ampia sfera di applicazione, deve considerarsi rientrante nella sua sfera di applicazione ogni azione intesa a ottenere il risarcimento di un danno derivante dalla violazione di un obbligo di legge, diverso da obblighi scaturenti da una violazione contrattuale tra le parti ( 76 ).

91.

È tuttavia necessario andare oltre questa definizione molto generale e specificare gli elementi costitutivi del danno? Tale è la questione sollevata dalla House of Lords.

92.

Né la Commissione né gli Stati intervenienti hanno sostenuto che, per l'applicazione uniforme della Convenzione, occorreva unificare il diritto sostanziale della responsabilità ex delieto.

93.

Questo è anche il mio parere, dal momento che l'obiettivo della Convenzione è quello di operare una coerente distribuzione di competenze tra gli Stati contraenti e non uniformare la normativa relativa al merito del diritto.

94.

Questa è altresì la posizione della dottrina dominante, e in particolare del Prof. Kaye, secondo il quale:

«(...) nell'ambito dei tentativi per sviluppare un concetto uniforme della Convenzione non si deve effettuare alcun tentativo per stabilire se fatti specifici debbono considerarsi ragioni di responsabilità o no, dal momento che non è compito della Corte europea, nel tracciare una tale definizione, definire se il pregiudizio o ogni altra forma di responsabilità deve esistere in una particolare situazione di fatto ma deve sempre farsi riferimento al diritto nazionale al fine di esaminare le caratteristiche della responsabilità, se responsabilità c'è, il che avviene nel corso dei procedimenti dinanzi ai giudici nazionali (...)» ( 77 ).

95.

Spetta pertanto al giudice nazionale e a lui soltanto determinare, conformemente alla legge applicabile al delitto, le circostanze nelle quali un danno interviene.

96.

Altrettanto vale per quanto riguarda le norme processuali applicabili. Sarà a questo riguardo sufficiente ricordare la vostra sentenza Kongress Agentur Hagen ( 78 ):

«(...) l'oggetto della Convenzione non è quello di unificare le norme processuali, bensì di ripartire le competenze giurisdizionali ai fini della soluzione delle controversie in materia civile e commerciale nell'ambito delle relazioni intracomunitarie nonché di facilitare l'esecuzione delle decisioni giudiziarie. Si deve, quindi, distinguere nettamente la competenza dalle condizioni di ammissibilità della domanda» ( 79 ).

— B —

97.

Con la sesta questione, la House of Lords vi chiede se la sua decisione di dichiararsi competente debba essere subordinata all'assenza del rischio che il giudice di un altro Stato membro contraente, ugualmente competente, possa emettere una diversa decisione.

98.

Come ho già avuto modo di dire, ogni giudice di uno Stato contraente nel quale è sopravvenuto un danno è competente solo per la parte del danno localizzato nel territorio soggetto alla sua competenza, di modo che due tribunali, aditi, in seguito ad un medesimo evento causale, con una domanda di riparazione del danno, non hanno alcuna competenza concorrente.

99.

L'art. 22, relativo al diniego di competenza per connessione, poiché esige come condizione l'esistenza di un siffatto tipo di competenza è, pertanto, inapplicabile. La signora Gaudemet-Tallon scrive del resto a questo proposito:

«Se si ammette che il giudice del luogo dove si è realizzato un pregiudizio non sia competente in merito all'altro pregiudizio, sorto dal medesimo fatto generatore, ma sopravvenuto in un altro Stato contraente, l'art. 22 non è di applicazione» ( 80 ).

100.

Non si ha pertanto rischio di inconciliabilità di decisioni ai sensi dell'art. 27, punto 3, della Convenzione, nel caso in cui taluni giudici accogliessero la domanda di risarcimento e altri, al contrario, respingessero la domanda della vittima?

101.

Non lo ritengo, nella misura in cui la condizione di inconciliabilità, da voi sviluppata nella sentenza Hoffmann ( 81 ), non fosse soddisfatta. Voi avete infatti deciso che

«per stabilire se vi sia inconciliabilità (...), occorre ricercare se le decisioni controverse producano effetti giuridici che si escludono reciprocamente» ( 82 )

102.

In questa sentenza voi avete constatato che una decisione che condanna il marito a versare alimenti al coniuge era inconciliabile con una decisione di un altro Stato contraente che aveva pronunciato il divorzio. Non ci troviamo di fronte ad una siffatta ipotesi e, se le decisioni pronunciate possono essere considerate contraddittorie, esse non sarebbero, per contro, inconciliabili.

103.

Il riconoscimento della propria competenza da parte del tribunale del luogo dove è sopravvenuto il danno non può essere messo in discussione in ragione di un rischio di contrasto tra la decisione che egli dovrà pronunciare e quella promanante da un altro giudice di un altro Stato contraente competente per la riparazione del danno sopravvenuto nel territorio soggetto alla sua competenza.

— C —

104.

Passo infine ad esaminare la settima questione, relativa alle modalità di prova richieste all'attore e che consentono al giudice a quo di accertarsi della sua competenza con riferimento all'art. 5, punto 3.

105.

L'influenza del merito della causa circa la determinazione della competenza è già stata oggetto, da parte vostra, di una valutazione nella causa che ha dato luogo alla sentenza Effer ( 83 ), la quale verteva sull'art. 5, punto 1, e nella quale l'attore contestava l'esistenza di relazioni contrattuali.

106.

Nelle sue conclusioni, l'avvocato generale Reischl aveva considerato che

«Se si ammettesse che, di fronte ad un contrasto sull'esistenza del rapporto contrattuale, si debba escludere automaticamente la competenza, a norma dell'art. 5, n. 1, della Convenzione, la semplice contestazione da parte del convenuto avrebbe come risultato quello di privare di qualsiasi efficacia la suddetta disposizione nonché quella di cui all'art. 5, n. 3 — competenza in materia di delitti o quasi delitti — dato che normalmente la tesi del convenuto consiste nel contestare l'esistenza dell'illecito» ( 84 ).

107.

Voi aveste a giudicare che

«(...) la competenza del giudice nazionale a decidere delle questioni concernenti un contratto include quella a valutare l'esistenza degli elementi costitutivi del contratto stesso, essendo tale valutazione indispensabile al giudice nazionale adito per verificare la propria competenza ai sensi della Convenzione»

e che

«(...) l'osservanza degli scopi e dello spirito della Convenzione esige che la disposizione sopra menzionata venga interpretata in modo da consentire al giudice che deve dirimere una lite derivante da un contratto di verificare, anche d'ufficio, i presupposti essenziali della propria competenza, in base a fatti concludenti e pertinenti forniti dalla parte interessata, che provino l'esistenza o l'inesistenza del contratto» ( 85 ).

108.

Così la contestazione dell'esistenza di un contratto non è tale da far sparire la scelta di competenza di cui all'art. 5, punto 1, anche se, onde assicurarsi della propria competenza, il giudice è indotto a esaminare questioni di merito.

109.

Si tratta dell'applicazione della regola tradizionale secondo la quale ogni giudice è giudice della propria competenza.

110.

Una medesima soluzione s'impone allorché, adito dall'attore sulla base dell'art. 5, punto 3, il giudice deve decidere su una eccezione di incompetenza sollevata dal convenuto che eccepisce l'inesistenza del delitto. Per statuire su questa eccezione il giudice dovrà verificare, sulla base degli elementi forniti dall'attore, se il convenuto abbia o no commesso un atto che potrebbe eventualmente impegnare la sua responsabilità e dal quale sarebbe derivato un danno nell'ambito soggetto alla sua giurisdizione.

111.

Concludo pertanto affinché voi decidiate:

«In materia di diffamazione a mezzo stampa diffusa in più paesi contraenti, l'art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale dev'essere interpretato nel senso che l'attore può adire sia il tribunale del luogo di stampa, competente per risarcire l'integralità del danno che si ricollega all'atto illecito, sia i giudici dei luoghi di diffusione, competenti nei confronti dei soli danni sopravvenuti nell'ambito soggetto alla loro competenza secondo la legge applicabile al reato.

Il rischio di contrasto di decisioni che può derivare alla molteplicità di fori competenti non può avere conseguenze sulla competenza di uno qualsiasi dei giudici aditi in ragione del danno.

La contestazione da parte del convenuto dell'esistenza degli elementi costitutivi del reato asserito dall'attore non può essere sufficiente per togliere al giudice nazionale la competenza derivantegli dall'art. 5, punto 3».


( *1 ) Lingua originale: il francese.

( 1 ) Nella versione modificata dalla convenzione di adesione 25 ottobre 1982 (GU L 388, pag. 1).

( 2 ) Sentenza 6 ottobre 1976, causa 12/76 (Racc. pag. 1473).

( 3 ) Sentenza 27 settembre 1988, causa 189/87 (Racc. pag. 5565).

( 4 ) Punto 17.

( 5 ) Sentenza 26 marzo 1992, causa C-261/90, Reichert II (Racc. pag. I-2149, punto 19).

( 6 ) V. a questo proposito, Gaudemet-Tallon, H.: Les conventions de Bruxelles et de Lugano, LGDJ, 1993, n. 193; Droz, G.: Compétence judiciaire et effets des jugements dans le marché commun, Dalloz, 1972, n. 77; Bourel P.: «Du rattachement de quelques délits spéciaux en droit intcnational privé», Recueil des Cours, Académie de droit international de La Haye, 1989, II, volume 214 della collezione, pag. 251 e seguenti; Kaye, P.: Civil Jurisdiction and Enforcement of Foreign Judgments, Professional Books, 1987, pag. 561; Lasok et Stone: Conflict of Laws in the European Community, Professional Books, 1987, pag. 232.

( 7 ) «Le droit au respect de la vie privée», Semaine juridique, 1968, n. 2136, punto 24. V. altresì la sentenza della Cour d'appel di Parigi 27 febbraio 1967 (Brigitte Bardot), la quale non fa in alcun modo riferimento al concetto di colpa (Recueil Dalloz Sirey, 1967, pag. 450).

( 8 ) V. a questo proposito il corso del professor Bourel, op. cit., pag. 324 e seguenti.

( 9 ) Op. cit., n. 189.

( 10 ) Sentenza 30 novembre 1976, causa 21/76 (Racc. pag. 1735).

( 11 ) Sentenza 11 gennaio 1990, causa C-220/88 (Racc. pag. I-49).

( 12 ) Detta questione è pure al centro della causa Marinari (causa C-364/93), nella quale pronuncerò prossimamente le mie conclusioni.

( 13 ) Punto 11.

( 14 ) Dispositivo.

( 15 ) Causa C-220/88, già citata.

( 16 ) Dispositivo.

( 17 ) Causa 12/76, già citata.

( 18 ) Sentenza 29 giugno 1994, causa C-288/92, Racc. pag. I-2913.

( 19 ) Punto 29.

( 20 ) Causa 21/76, già citata, punto 23.

( 21 ) Bundesgerichtshof, 3 maggio 1977, Neue Juristische Wochenschrift, 1977, pag. 1590; Oberlandesgericht München, 17 ottobre 1986, Entscheidungen der Oberlandesgerichte in Zivilsachen, 1987, pag. 216.

( 22 ) Internationale Urteilsanerkennung, Band I, 1, Halbband, C. H. Beck'sche Verlagsbuchhandlung, München, 1983, pag. 631.

( 23 ) Traduzione libera: «La competenza concorrente del luogo del fatto generatore e del luogo della realizzazione del danno conferisce la possibilità di citare in giudizio per la totalità del danno quale che sia il luogo ove esso si è prodotto e non solo per il danno sopravvenuto sul territorio nazionale del tribunale».

( 24 ) Europäisches Zivilprozeßrecht, Verlag Recht und Wirtschaft GmbH, Heidelberg, 1991, pag. 103, punto 45.

( 25 ) Traduzione libera: «Nel caso di atti illeciti realizzati a mezzo stampa, esiste una competenza intemazionale per la totalità del danno non soltanto nel luogo di produzione, ma altresì in tutti i luoghi di diffusione».

( 26 ) Erauw, T.: De Onrechtmatige daad in het internationaal privaatrecht, Antwerpen, Maarten Kluwer, 1982, pag. 194-197.

( 27 ) Sentenze del Tribunal de grande instance di Parigi 29 settembre 1982 (Romy Schneider), 27 aprile 1983 (Caroline di Monaco) e 20 febbraio 1992 (Vincent Lindon); sentenza della Cour d'appel di Parigi 19 marzo 1984 (Caroline di Monaco).

( 28 ) Schockweiler, F.: Les conflits de lois et les conflits de juridictions en droit international privé luxembourgeois, Ministère de la justice, Luxembourg, 1987, n. 858.

( 29 ) V. le ordinanze del Tribunal Supremo del 20 novembre 1980[Repertorio Aranzadi de jurisprudencia (RAJ) del 1980, n. 4524], del 7 luglio 1983 (RAJ, 1983, n. 4112) e del 28 settembre 1992 (RAJ, 1992, n. 7385).

( 30 ) V. sentenza 28 luglio 1990 della Corte di cassazione, in Cassazione penale, 1992, pag. 644.

( 31 ) Sentenza Barrett v Independent Newspapers (1986) ILRM 601.

( 32 ) Sentenze del Supremo Tribunal de Justiça 18 aprile 1990, in Actualidade Jurídica, n. 8, pag. 2; del Tribunal da Relação de Coimbra, 8 gennaio 1963, in Castelo Branco Galvão, Direito e Processo Penal, Coimbra, 1982, pag. 32.

( 33 ) Sentenze del Tribunal da Relação di Lisbona, 11 febbraio 1955 e 17 febbraio 1965, in Castelo Branco Galvão, op. cit., pag. 32.

( 34 ) Punto 193.

( 35 ) Revue critique de droit international privé, 1983, pag. 674. V. altresì, Heinrichs, J.: Die Bestimmung der Gerichtlichen Zuständigkeit nach dem Begehungsort im nationalen und internationalen Zivilprozeßrecht, 1984, pag. 188-201; Schwiegel-Klein, E.: Persönlichkeitsrechtverletzungen durch Massenmedien im Internationalen Privatrecht, 1983, pag. 68-82.

( 36 ) «Du rattachement de quelques délits spéciaux», op. cit. pag. 356.

( 37 ) Ibidem.

( 38 ) Pag. 357.

( 39 ) Punto 16. V. altresì il punto 17 della sentenza 19 gennaio 1993, causa C-89/91, Shearson Lehman Hutton (Racc. pag. I-139).

( 40 ) Mi riferisco, in particolare, alle vostre sentenze Tessili/Dunlop (punto 13), Mines de potasse d'Alsace (punto 11), 15 gennaio 1987, causa 266/85, Shenavai (Racc. pag. 239, punto 6), e Dumez (punto 17).

( 41 ) Osservazioni scritte, punto 20.

( 42 ) Punto 12.

( 43 ) Punto 15.

( 44 ) Conflict of Laws in the European Community, op. cit.

( 45 ) Pag. 232.

( 46 ) Civil Jurisdiction and Enforcement of Foreign Judgments, op. cit.

( 47 ) Pag. 580.

( 48 ) Punto 11.

( 49 ) V., supra, punti 30-32.

( 50 ) Revue critique de droit international privé, 1974, pag. 700.

( 51 ) Pag. 704.

( 52 ) Recueil Dalloz Sirey, 1977, pagg. 614-615.

( 53 ) La convention de Bruxelles du 27 septembre 1968-Compétence judiciaire et effets des jugements dans la CEE, Jupiter, 1985, punto 88, pag. 49.

( 54 ) Journal du droit international, 1977, pag. 728.

( 55 ) Pag. 733. In un articolo più recente, questo autore ritiene che, allo scopo di concentrare le cause, la giurisprudenza Shenavai potrebbe essere estesa alla materia dei delitti, di modo che il tribunale del luogo del danno principale sia competente per riparare il pregiudizio subito nei vari paesi contraenti, nella sua integralità (Journal du droit international, 1994, pagg. 169-170).

( 56 ) V. le varie decisioni sopra citate, nota 27.

( 57 ) Infatti, è innegabile che un giornale, pubblicato in uno Stato contraente, sia diffuso praticamente in tutti gli altri Stati.

( 58 ) Sentenza 27 settembre 1988, Kalfelis, già citata, punto 19. V. altresì, in tal senso, sentenza 17 giugno 1992, causa C-26/91, Handte (Racc. pag. I-3967, punto 14).

( 59 ) Sentenza 4 marzo 1982, causa 38/81 (Racc. pag. 825).

( 60 ) Punto 6.

( 61 ) Sentenza 21/76, già citata, punto 11.

( 62 ) Rimando, sull'assenza di inconciliabilità di decisioni ai sensi dell'art. 27, punto 3, della Convenzione, ai paragrafi 97 e seguenti.

( 63 ) V. il punto 6 della citata sentenza 38/81.

( 64 ) Sentenza 17 giugno 1992, causa C-26/91 (Racc. pag. I-3967).

( 65 ) Sentenza C-288/92, già citata.

( 66 ) Punto 19.

( 67 ) Ho mantenuto ferma questa analisi nelle mie conclusioni nella sentenza Shearson Lehman Hutton (causa C-89/91, già citata), come pure nelle conclusioni 8 giugno 1994 nella causa C-318/93, Brenner e Noller (sentenza 15 settembre 1994, Racc. pag. I-4275; detta causa era in fase di delibera al momento della redazione delle presenti conclusioni. Ndt).

( 68 ) V. punti 27 e 28 delle conclusioni pronunciate nella sentenza Kalfelis.

( 69 ) Journal du droit international, 1977, pagg. 728, 732.

( 70 ) Journal du droit international, 1994, pag. 169.

( 71 ) Sentenza 15 gennaio 1987, causa 266/85 (Racc. pag. 239).

( 72 ) Punto 19.

( 73 ) V. referenze supra, nota 70, pag. 171.

( 74 ) V. infra, paragrafi 104 e seguenti.

( 75 ) Pag. 1754.

( 76 ) V. altresì, in tal senso, la nota 1 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs in calce alla sentenza Handte.

( 77 ) Op. cit., pag. 564.

( 78 ) Sentenza 15 maggio 1990, causa C-365/88 (Racc. pag. I-1845).

( 79 ) Punto 17.

( 80 ) Punto 197. V. altresì in tal senso, Gothot e Holleaux, op. cit. punto 226.

( 81 ) Sentenza 4 febbraio 1988, causa 145/86 (Racc. pag. 645).

( 82 ) Punto 22.

( 83 ) Causa 38/81, già citata.

( 84 ) Pag. 838.

( 85 ) Punto 7.