61993C0007

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 27 aprile 1994. - BESTUUR VAN HET ALGEMEEN BURGERLIJK PENSIOENFONDS CONTRO G. A. BEUNE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: CENTRALE RAAD VAN BEROEP - PAESI BASSI. - PARITA DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE - DIRETTIVA 79/7/CEE - DIRETTIVA 86/378/CEE - ART. 119 DEL TRATTATO CEE. - CAUSA C-7/93.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-04471


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Questa causa ripropone ancora una volta l' intricata materia dell' applicazione del principio di uguaglianza tra uomini e donne. Il Centrale Raad van Beroep sottopone alla Corte alcune questioni vertenti sulla portata esatta della normativa comunitaria in relazione ai diritti pensionistici dei pubblici dipendenti olandesi. Le questioni sollevate sono sorte nell' ambito di una controversia tra un dipendente pubblico in pensione (il signor Beune) e l' Algemeen Burgerlijk Pensioenfonds (in prosieguo: l' "ABP"), l' ente olandese competente per l' erogazione delle pensioni ai pubblici dipendenti e responsabile della gestione dei relativi fondi. Il signor Beune, che è coniugato, sostiene di essere vittima di una discriminazione fondata sul sesso in quanto la pensione che gli viene corrisposta dall' ABP è inferiore a quella erogata alle dipendenti pubbliche coniugate, in base alle modalità stabilite dalla legislazione olandese per il cumulo delle pensioni dei dipendenti pubblici con la pensione previdenziale di base spettante a tutti i residenti olandesi ai sensi della legge sul regime generale delle pensioni di vecchiaia (l' Algemene Ouderdomswet, in prosieguo: l' "AOW").

La normativa vigente nei Paesi Bassi e le questioni sottoposte alla Corte

2. Comincerò col descrivere il regime della pensione previdenziale di base (corrisposta ai sensi dell' AOW), poiché è qui l' origine della controversia sottoposta alla Corte. Tale pensione, che definirò ai nostri fini come "pensione AOW" o pensione di base, spetta a tutti i residenti olandesi (e, in alcuni casi, anche ai non residenti che hanno prestato un' attività lavorativa nei Paesi Bassi). Il trattamento pensionistico viene stabilito in base ad un reddito considerato corrispondente al minimo sociale, poiché l' obiettivo del regime è quello di tutelare tutti i residenti più anziani da situazioni di indigenza. La pensione può essere richiesta al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età e viene calcolata in riferimento ad un' anzianità contributiva massima di 50 anni.

3. L' AOW opera una distinzione tra i soggetti coniugati e quelli non coniugati. In passato, era prevista anche un' ulteriore distinzione tra gli uomini sposati e le donne sposate. Infatti, fino al 1 aprile 1985, non spettava, in via diretta, alcuna pensione di base alla donna coniugata, la quale fruiva presumibilmente della pensione percepita dal marito al compimento del sessantacinquesimo anno di età e che gli veniva corrisposta nella misura del 100% del minimo sociale. I soggetti non coniugati percepivano invece solo il 70% del minimo sociale.

4. Dal 1 aprile 1985 tale discriminazione a danno delle donne coniugate è stata abrogata in conformità alle disposizioni della direttiva del Consiglio 76/7/CEE relativa alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale (1). A decorrere da quella data, gli uomini e le donne coniugati percepiscono il 50% del minimo sociale (2). Le spettanze pensionistiche dei soggetti non coniugati sono rimaste immutate e corrispondono al 70% del minimo sociale.

5. In aggiunta alla pensione AOW, ai dipendenti pubblici spetta un trattamento pensionistico specifico a norma della legge sul regime generale delle pensioni nel settore pubblico (l' Algemene Burgerlijke Pensioenwet, in prosieguo: l' "ABPW"). Ai sensi di questa normativa, il diritto alla pensione non è limitato ai dipendenti pubblici stricto sensu, ma è esteso ad altre categorie di soggetti come i dipendenti degli istituti di insegnamento privato che ricevono finanziamenti pubblici; in breve, la disciplina dell' ABPW sembra applicarsi alla maggior parte dei soggetti che in un modo o nell' altro rientrano nella pubblica amministrazione dei Paesi Bassi. Il trattamento pensionistico ABPW è calcolato in base a due criteri: l' anzianità di servizio nella pubblica amministrazione e la retribuzione del dipendente negli ultimi due anni di attività lavorativa. Il trattamento pensionistico massimo, spettante dopo 40 anni di servizio nella pubblica amministrazione, corrisponde al 70% dell' ultimo salario o stipendio.

6. La pensione viene erogata dall' ABP, appellante nella causa principale. Come ho già ricordato, l' ABP è un ente pubblico che gestisce i fondi utilizzati per il pagamento delle pensioni. Benché il regime pensionistico sia disciplinato per via legislativa, l' ABP dispone di un notevole margine di autonomia rispetto alle autorità di governo. In effetti, la pensione ABPW non si differenzia di molto dai regimi pensionistici convenzionali dei lavoratori del settore privato così come sono disciplinati nei Paesi Bassi, i quali vengono gestiti da fondi previdenziali privati operanti nell' ambito di un sistema generale istituito dalla legge. Illustrerò alcune delle caratteristiche del sistema previsto dall' ABPW quando passerò ad esaminare le questioni sollevate dal Centrale Raad van Beroep.

7. Nel caso di specie i problemi nascono dal cumulo della pensione ABPW con la pensione AOW. Poiché la pensione ABPW viene calcolata ad un livello relativamente elevato (con un massimale pari al 70% dell' ultimo salario o stipendio percepito), il legislatore olandese non ha ritenuto equo che i dipendenti pubblici potessero fruire del cumulo completo dei due tipi di pensione. Negli anni 50 vennero adottati provvedimenti intesi a limitare il cumulo. Venne stabilito che, in quanto la pensione AOW comprendeva periodi di anzianità lavorativa maturati nella pubblica amministrazione, doveva essere "incorporata" ("ingebouwd") nella pensione ABPW, il che equivaleva ad affermare che l' ammontare della pensione AOW veniva in realtà dedotto dalla seconda.

8. Tuttavia, a quell' epoca la situazione delle donne coniugate rese problematica l' applicazione delle disposizioni sull' incorporamento, poiché questi soggetti non non erano direttamente titolari di una pensione AOW, ma fruivano indirettamente della pensione corrisposta ai rispettivi mariti. Il legislatore olandese considerò, per motivi di equità, che non si potesse procedere all' incorporamento integrale di tale pensione in quanto essa non veniva effettivamente percepita dalle donne coniugate. Si giunse così ad una soluzione di compromesso nell' ambito della quale la pensione AOW, percepita dal marito di una dipendente pubblica, era incorporata solo parzialmente nella pensione ABPW spettante a quest' ultima. La parte soggetta ad incorporamento corrispondeva alla pensione AOW spettante ad un uomo o ad una donna non coniugati, vale a dire al 70% del minimo sociale. Di conseguenza, la detrazione operata in virtù della regola dell' incorporamento sulla pensione ABPW di una donna sposata ammontava al 70% della detrazione che sarebbe stata effettuata nel caso si trattasse di un lavoratore del sesso opposto.

9. Nel 1985, in seguito alle modifiche apportate all' AOW al fine di eliminare la discriminazione a danno delle donne coniugate, si ripropose il problema dell' incorporamento della pensione AOW per le donne coniugate pubblici dipendenti. Come ho già ricordato, dal 1 aprile 1985, a tutti i soggetti coniugati spetta il 50% del minimo sociale. Dopo un' iniziale soluzione transitoria, il legislatore olandese ha dettato la nuova disciplina in materia di incorporamento, che è entrata in vigore il 1 gennaio 1986. L' applicazione delle nuove regole non pone alcun problema per i periodi di attività lavorativa successivi a quella data. Per quanto riguarda le pensioni ABPW, relative a questi ultimi periodi, non vi è più alcuna differenza di trattamento tra uomini e donne coniugati, così come non sussistono differenze nel loro trattamento pensionistico AOW. Tuttavia, per i periodi di attività lavorativa precedenti, è stato mantenuto il vecchio sistema di incorporamento che prevedeva una detrazione minore per le donne coniugate: il legislatore olandese avrebbe infatti inteso tutelare in tal modo le aspettative delle lavoratrici coniugate che avevano prestato servizio nella pubblica amministrazione prima del 1986. In base a questa disciplina, pertanto, una donna coniugata che ha lavorato nel settore pubblico anteriormente al 1 gennaio 1986 e che viene collocata a riposo dopo quella stessa data continua a fruire della regola secondo la quale l' incorporamento della pensione AOW è calcolato sulla pensione AOW corrisposta ai soggetti non coniugati (il 70% del minimo sociale), anziché sulla pensione AOW percepita dal marito (il 100% del minimo sociale), per i periodi di attività lavorativa prestata come pubblico dipendente prima del 1986; e questo, a prescindere dal fatto che essa percepisca ora una pensione AOW integrale, esattamente equivalente a quella corrisposta ad un uomo sposato. Ciò sostanzia la disparità di trattamento contestata nella fattispecie. I pubblici dipendenti coniugati di sesso maschile, che hanno prestato servizio anteriormente al 1 gennaio 1986, sono assoggettati ad un incorporamento della pensione AOW pari al 100% per questi periodi di attività lavorativa, mentre alle dipendenti pubbliche coniugate viene applicato un incorporamento del 70%.

10. Il signor Beune, appellato nella causa principale, è stato collocato a riposo nel 1988 dopo aver lavorato tutta la vita nel pubblico impiego. Egli percepisce una pensione ABPW, alla quale si applica la vecchia disciplina in materia di incorporamento. Egli è soggetto al massimo livello di incorporamento, avendo lavorato per 40 anni nella pubblica amministrazione prima del 1986 e risultando assicurato secondo il regime previsto dall' AOW per gli stessi anni. L' incorporamento ° vale a dire la detrazione effettuata dalla sua pensione ABPW ° ammonta a 16 286,59 HFL all' anno. Se si trattasse di una donna coniugata, la stessa detrazione ammonterebbe invece a soli 11 300 HFL l' anno. Il signor Beune, ritenendo di essere vittima di una discriminazione fondata sul sesso, ha adito l' Ambtenarengerecht (Tribunale dei pubblici dipendenti) dell' Aia, che ha accolto il suo ricorso in base alle disposizioni della direttiva 79/7 (3). L' ABP ha interposto appello dinanzi al Centrale Raad van Beroep, il quale ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se per regime legale che assicura una protezione contro il rischio di vecchiaia ai sensi dell' art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 79/77/CEE si debba intendere anche un regime legale di pensione previsto a favore (sopratutto) dei dipendenti pubblici come quello istituito dall' ABPW (...).

2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1), se il principio della parità di trattamento sancito dall' art. 4, n. 1, della detta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta ad un regime diverso di cumulo della pensione del regime generale [AOW (Algemene Ouderdomswet) Legge olandese relativa al regime generale delle pensioni di vecchiaia] con la pensione di dipendente pubblico per gli (ex) dipendenti pubblici coniugati di sesso maschile, da un lato, e per gli (ex) dipendenti pubblici coniugati di sesso femminile, dall' altro.

3) In caso di soluzione affermativa delle questioni sub 1) e sub 2), se, in mancanza di norme di diritto nazionale atte a porre rimedio a tale disparità di trattamento, l' ex dipendente pubblico coniugato di sesso maschile possa far appello alle disposizioni della direttiva 79/7/CEE per esigere che, per quanto riguarda il suo diritto ad una pensione di dipendente pubblico, sia trattato allo stesso modo di un dipendente pubblico di sesso femminile il quale si trovi per il resto nella sua stessa situazione.

4) Se il principio della parità di trattamento di cui alla questione sub 3) implichi che, a decorrere dal 23 dicembre 1984, venga rimossa la disparità nei diritti alla pensione fra dipendenti pubblici coniugati di sesso maschile e quelli coniugati di sesso femminile, sulla quale verte il presente procedimento, anche qualora il diritto alla pensione sia basato su periodi (vale a dire, il periodo di servizio come dipendente pubblico) anteriori a detta data.

Se, a questo proposito, rilevi inoltre un aspetto non considerato nelle sentenze 11 luglio 1991, cause riunite C-87/90, C-88/90 e C-89/90, Verholen e a., 8 marzo 1988, causa 80/87, Dik e a., e 24 giugno 1987, causa 384/85, Borrie Clarke, vale a dire il fatto che nel sistema pensionistico dell' ABPW il finanziamento avviene mediante copertura di capitali.

In caso di soluzione negativa della questione sub 1), il Centrale Raad van Beroep chiede alla Corte di giustizia, tralasciando le questioni da sub 2) a sub 4), di risolvere le seguenti questioni:

5) Se con la nozione di retribuzione di cui all' art. 119 del Trattato CEE si debba intendere anche una pensione di vecchiaia prevista (soprattutto) a favore di dipendenti pubblici, come quella contemplata dall' ABPW olandese.

6) In caso di soluzione affermativa della questione sub 5), e qualora si debba ritenere che l' esistenza di una disciplina diversa per l' applicazione agli (ex) pubblici dipendenti coniugati di sesso maschile e agli (ex) dipendenti pubblici coniugati di sesso femminile del cumulo della pensione generale (AOW) con la pensione di pubblico dipendente sia incompatibile con il principio della parità di retribuzione per i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile enunciato dall' art. 119 del Trattato, se un dipendente pubblico di sesso maschile possa far valere tale principio per chiedere per quanto riguarda le sue spettanze pensionistiche il medesimo trattamento previsto per i pubblici dipendenti coniugati, di sesso femminile.

7) Se nel diritto comunitario sussistano criteri che consentano, in caso di soluzioni affermative alle questioni sub 5) e sub 6), di limitare gli effetti della violazione di una norma comunitaria, sia per quanto riguarda la data dalla quale si possa far valere la parità di trattamento, sia per quanto attiene ai periodi durante i quali è maturato il diritto alla pensione. Se per la soluzione di tale questione sia rilevante il fatto che il regime pensionistico di cui trattasi sia finanziato mediante capitalizzazione (' kapitaaldekking' )."

11. In sostanza, le questioni sollevate dal Centrale Raad van Beroep sono le seguenti:

"1) In relazione al principio della parità di trattamento, quali norme di diritto comunitario (se ve ne sono) si applichino alle pensioni percepite dai dipendenti pubblici, come quelle erogate ai sensi dell' ABPW, se l' art. 119 o la direttiva 79/7/CEE.

2) Se le norme in materia di incorporamento, come quelle applicate nel caso di specie, siano da considerarsi incompatibili con le disposizioni del diritto comunitario.

3) In caso di soluzione affermativa, se si possano far valere le norme comunitarie per garantire la parità di trattamento tra i pubblici dipendenti coniugati, come il signor Beune, e le pubbliche dipendenti coniugate. Se vi sia o possa esservi una limitazione temporale all' efficacia di tali norme".

Contesto normativo comunitario

12. Nel caso in esame viene posta per la prima volta la questione se un regime pensionistico legale dei pubblici dipendenti, che presenta prima facie numerose analogie con un regime convenzionale privato, rientri nella nozione di "retribuzione" ai sensi dell' art. 119 del Trattato CEE. Si ripropone quindi, ancora una volta, l' annoso problema di come applicare ai regimi pensionistici convenzionali le disposizioni in materia di parità di trattamento. Nella sentenza Bilka, la Corte ha già avuto modo di chiarire che le pensioni erogate nell' ambito di un regime convenzionale rientrano, a determinate condizioni, nella nozione di retribuzione ai sensi dell' art. 119 (4). Tale rilievo ha trovato riscontro nella sentenza Barber, in cui la Corte ha stabilito che i regimi pensionistici professionali privati di "deroga convenzionale" (contracted-out), quali quelli esistenti nel Regno Unito, rientrano nella sfera di applicazione dell' art. 119 e che, di conseguenza, è vietato prevedere differenziazioni in ordine all' età pensionabile (5). Tuttavia, la Corte ha altresì ritenuto, in base a considerazioni tassative di certezza del diritto, di dover limitare l' efficacia nel tempo della sentenza pronunciata (6). Essa ha stabilito che l' efficacia diretta dell' art. 119 del Trattato non può essere fatta valere per chiedere il riconoscimento del diritto alla pensione con effetto da una data anteriore a quella della sentenza (17 maggio 1990), salvo da coloro che, prima di tale data, abbiano esperito un' azione giurisdizionale o proposto un ricorso equivalente. Questo punto non è stato pienamente sviluppato nella sentenza e la Corte si è trovata successivamente a dover risolvere una serie di questioni sollevate in merito alla corretta interpretazione da dare al limite suddetto. Essa ha recentemente dichiarato, nella sentenza Ten Oever, che la limitazione di efficacia della sentenza Barber va applicata anche al regime pensionistico integrativo considerato in quella sede, stabilendo inoltre che tale limitazione esclude (salvo il caso di coloro che abbiano già proposto un ricorso) tutte le prestazioni pensionistiche dovute per periodi lavorativi antecedenti alla sentenza Barber (7).

13. L' impatto della sentenza Barber è stato tale che essa è stata oggetto di esame persino nel corso delle conferenze intergovernative che hanno preceduto la firma del Trattato sull' Unione europea. Con l' entrata in vigore di tale Trattato, è stato allegato al Trattato CE un nuovo protocollo che così dispone:

"Ai fini dell' applicazione dell' art. 119 del Trattato, le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezion fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un' azione giurdiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile".

Il testo aggiunto all' art. 119 è entrato in vigore il 1 novembre 1993.

14. Per maggiore completezza, va citato il protocollo sulla politica sociale, anch' esso ora allegato al Trattato CE in virtù del Trattato sull' Unione europea e cui è a sua volta allegato un "Accordo sulla politica sociale concluso tra gli Stati membri della Comunità europea ad eccezione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord". L' art. 6 dell' accordo suddetto, che riproduce ampiamente, ai nn. 1 e 2, il testo dell' art. 119 del Trattato CEE, introduce una disposizione nuova al n. 3:

"Il presente articolo non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici intesi a facilitare l' esercizio di un' attività professionale da parte delle donne ovvero a evitare o compensare svantaggi nella loro carriera professionale".

Tuttavia, questa disposizione non è stata richiamata nel caso di specie.

15. Accanto alle disposizioni del Trattato sopra menzionate, dev' essere citata anche la direttiva 79/7, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (8). Ai sensi del suo art. 3, n. 1, la direttiva si applica (tra l' altro) ai regimi legali che assicurano una protezione contro la vecchiaia, comprendendo così chiaramente le prestazioni pensionistiche. L' art. 4, n. 1, della direttiva vieta, nel suo ambito di applicazione, "qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso (...) per quanto riguarda (...) il calcolo delle prestazioni (...)". Il termine per il recepimento della direttiva era fissato al 23 dicembre 1984 e va ricordato che secondo una giurisprudenza costante della Corte "uno Stato membro non può lasciar sussistere, dopo il 22 dicembre 1984, disparità di trattamento dovute al fatto che le condizioni prescritte per l' acquisto del diritto alla prestazione risalgano a un periodo precedente" (9). La Corte ha altresì chiarito che il divieto di discriminazione sancito dall' art. 4, n. 1, può essere fatto valere da parte dei singoli dinanzi ai giudici nazionali per opporsi all' applicazione di qualsiasi norma nazionale non conforme a detta disposizione (10).

16. Infine, ritengo utile menzionare la direttiva del Consiglio 86/378/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale (11), benché non sia stata richiamata dal Centrale Raad van Beroep, probabilmente per il fatto che il termine per l' attuazione di tale direttiva è scaduto soltanto il 1 gennaio 1993. Mentre la direttiva 79/7 disciplina i regimi previdenziali legali, la direttiva 86/378 fa riferimento ai cosiddetti "regimi professionali di sicurezza sociale". A prima vista l' uso congiunto dei termini "professionale", apparentemente nel senso di "convenzionale", e di "sicurezza sociale" può apparire sorprendente, ma i regimi pensionistici convenzionali costituiscono un chiaro esempio del tipo di regimi disciplinati dalla direttiva 86/378. I regimi professionali di sicurezza sociale sono così definiti dalla direttiva:

"i regimi non regolati dalla direttiva 79/7/CEE aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, salariati o indipendenti, riuniti nell' ambito di un' impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o a sostituirsi ad esse, a seconda che l' affiliazione a detti regimi sia obbligatoria o facoltativa" (12).

Tali regimi comprendono, come nella direttiva 79/7, i regimi che assicurano una protezione contro la vecchiaia, ovvero i regimi pensionistici (13). Sono vietate, anche in questo caso, tutte le discriminazioni fondate sul sesso, comprese le discriminazioni in materia di calcolo delle prestazioni. Gli Stati membri erano tenuti a prendere le misure necessarie affinché le disposizioni dei regimi convenzionali contrastanti col principio della parità di trattamento fossero modificate entro il 1 gennaio 1993 (14). E' prevista però una deroga a tale prescrizione per i diritti e gli obblighi relativi ad un periodo di affiliazione ad un regime convenzionale anteriore alla revisione di tale regime (15). Tale eccezione non è prevista dalla direttiva 79/7, ma essa potrebbe assumere rilievo in relazione al regime considerato nel caso di specie e ritornerò pertanto su questo punto in seguito.

17. Questo è, in breve, il contesto normativo comunitario. Esaminerò anzitutto quale di queste disposizioni o normative si applichi al problema dell' incorporamento della pensione AOW nella pensione ABPW: l' art. 119 del Trattato, o una delle direttive, o forse il loro combinato disposto? Valuterò successivamente se ricorra nel caso di specie una violazione del divieto di discriminazione. In caso affermativo, infine, sarà necessario domandarsi se il signor Beune possa far valere le norme vigenti in materia e se via sia un limite temporale all' efficacia di dette norme.

Disposizioni vigenti

18. La prima questione da esaminare è se l' art. 119 del Trattato si applichi ad un trattamento pensionistico come quello previsto dall' ABPW. Nella sentenza Moroni, la Corte ha stabilito che, nel valutare il rapporto tra la direttiva 86/378 e l' art. 119, il primo punto da chiarire è se ricorra una violazione delle prescrizioni dell' art. 119 e, nel caso venga accertata siffatta violazione, se non vi sia la necessità di esaminare la compatibilità del regime considerato con la direttiva, le cui disposizioni non possono in ogni caso limitare la portata delle prescrizioni dell' art. 119 (16). Questo stesso ragionamento va applicato evidentemente anche al rapporto tra la direttiva 79/7 e l' art. 119.

19. La giurisprudenza della Corte ha chiarito quali regimi previdenziali rientrino nella nozione di "retribuzione" ai sensi dell' art. 119 e quali invece esulino da questo ambito. Già nella prima sentenza Defrenne, la Corte ha stabilito che:

"In linea di principio, i vantaggi aventi il carattere di prestazioni previdenziali non sono quindi estranei alla nozione di retribuzione. Questa ultima tuttavia, così com' è definita all' art. 119, non può essere estesa ai regimi o alle prestazioni previdenziali, in ispecie alle pensioni di vecchiaia, direttamente disciplinate dalla legge, al di fuori di qualsiasi concertazione nell' ambito dell' impresa o della categoria professionale interessata, e obbligatorie per categorie generali di lavoratori.

Detti regimi, infatti, permettono ai lavoratori di fruire di un sistema legale al cui finanziamento i lavoratori, i datori di lavoro ed eventualmente la pubblica amministrazione contribuiscono non tanto in funzione del rapporto di lavoro, quanto in base a considerazioni di politica sociale" (17).

20. Mentre nella causa Defrenne I il regime pensionistico considerato era quello classico, di tipo generale, disciplinato dalle autorità statali, nelle cause Bilka e Barber la controversia verteva sulla questione se un regime pensionistico convenzionale privato potesse essere interpretato alla stregua di un vantaggio attribuito ad un lavoratore. Nella sentenza Bilka, la Corte ha tenuto conto del fatto che il regime pensionistico considerato, benché istituito in conformità alla normativa tedesca in materia, traeva origine da un accordo stipulato tra la società e i suoi dipendenti, integrando le prestazioni previdenziali generali dovute in base alla legislazione nazionale con prestazioni finanziate interamente dal datore di lavoro. La Corte ha altresì osservato che l' origine contrattuale ° anziché legale ° del regime controverso era confermata dal fatto che detto regime costituiva parte integrante dei contratti di lavoro (18). Alla luce di queste considerazioni, la Corte è giunta alla conclusione che il regime considerato rientrava nella sfera di applicazione dell' art. 119.

21. Nella sentenza Barber, la Corte ha seguito una linea di ragionamento analoga. Essa ha sottolineato che i regimi professionali privati di deroga convenzionale, di cui si trattava, erano il risultato di una concertazione tra le parti sociali di una decisione unilaterale del datore di lavoro e che il loro finanziamento era interamente a carico del datore di lavoro o contemporaneamente di quest' ultimo e dei lavoratori senza alcuna partecipazione della pubblica amministrazione. E' stato osservato in secondo luogo che quei regimi non erano obbligatori per categorie generali di lavoratori, ma riguardavano soltanto i lavoratori di talune imprese, di modo che l' iscrizione a detti regimi risultava necessariamente dal rapporto di lavoro instaurato. Tali regimi inoltre, benché istituiti in conformità di una normativa nazionale, erano disciplinati da norme proprie. In terzo luogo, la circostanza che i contributi e le prestazioni si sostituivano in parte a quelli del regime legale generale non era tale da escludere l' applicazione dell' art. 119 poiché ° ad avviso della Corte ° la funzione economica dei regimi controversi era analoga a quella dei regimi integrativi esistenti in taluni Stati membri (come il regime considerato nella causa Bilka) (19).

22. Dal complesso della giurisprudenza sopra menzionata possiamo trarre ed elencare i vari elementi che sono stati, di volta in volta, considerati per risolvere la questione in esame nel caso di specie:

1) E' stato attribuito un peso rilevante alla misura dell' intervento legislativo nella disciplina dei regimi di cui trattasi. La circostanza che i regimi convenzionali privati operino in un ambito delimitato dalla legge non osta all' applicazione dell' art. 119, a condizione che detti regimi siano disciplinati da norme proprie. Le prestazioni previdenziali direttamente disciplinate dalla legge esulano dalla sfera di applicazione dell' art. 119.

2) Un elemento determinante a favore dell' applicabilità dell' art. 119 a un regime pensionistico è l' esistenza di un accordo o di una concertazione tra le parti sociali all' interno dell' impresa o del settore considerato oppure di una decisione unilaterale del datore di lavoro. Il carattere consensuale del regime è confermato, ad esempio, dal fatto che esso è considerato parte integrante dei contratti di lavoro.

3) Anche le modalità di finanziamento del regime sono state ritenute determinanti. La circostanza che un regime sia integralmente finanziato dal datore di lavoro, o contemporaneamente dal datore di lavoro e dai lavoratori, costituisce un argomento a favore dell' applicazione dell' art. 119. Al contrario, la presenza di un contributo della pubblica amministrazione sta ad indicare che il regime rientra in un' azione di politica sociale.

4) I regimi applicabili a categorie generali di lavoratori non rientrano nella sfera di applicazione dell' art. 119. La nozione di "categoria generale di lavoratori" tuttavia richiede un maggiore approfondimento e dovremo analizzarla in seguito.

5) L' art. 119 si applica ai regimi destinati ad integrare le prestazioni previdenziali erogate in conformità ad una normativa nazionale.

23. Non tutti questi criteri sono facilmente applicabili alla pensione ABPW ora in discussione. L' elemento meno controverso di tale regime è il suo carattere integrativo. La pensione ABPW integra la pensione AOW, che è la pensione previdenziale di base, finanziata dallo Stato ed essa non sembra discostarsi, sotto questo profilo, dai regimi privati convenzionali esistenti nei Paesi Bassi e che si applicano ai vari settori del mondo del lavoro diversi dal pubblico impiego. Va detto però che le pensioni AOW e ABPW non sono interamente cumulabili, poiché le norme sull' incorporamento prevedono che venga effettuata una detrazione dalla pensione ABPW. Tuttavia, alla luce del fatto che nella sentenza Barber la Corte ha stabilito che i regimi di deroga convenzionale, che si sostituiscono interamente ad un regime legale (20), non sono per ciò stesso estranei al concetto di retribuzione, possiamo ritenere che tale circostanza sia irrilevante.

24. E' difficile stabilire invece se i pubblici dipendenti che fruiscono della pensione ABPW costituiscano una "categoria generale di lavoratori", in quanto la Corte non ha delimitato con chiarezza questa nozione. Tale definizione potrebbe riferirsi alle categorie individuate da taluni regimi previdenziali legali, come ad esempio gli operai e gli impiegati, i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, in contrapposizione ai lavoratori occupati, ad esempio, in un settore specifico e che non possono considerarsi come una categoria generale. Nella sentenza Barber, la Corte ha infatti puntualizzato che i regimi

"(...) non sono obbligatoriamente applicabili a categorie generali di lavoratori. Anzi, essi riguardano soltanto i lavoratori di talune imprese di modo che l' affiliazione a detti regimi risulta necessariamente dal rapporto di lavoro con un determinato datore di lavoro" (21).

Seppure l' amministrazione pubblica non sia evidentemente un' impresa, essa può considerarsi come un datore di lavoro unico. Per di più, l' iscrizione al regime pensionistico previsto dall' ABPW risulta necessariamente dal rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione o dall' impiego nel settore pubblico.

25. Gli altri criteri ° vale a dire il fondamento legale del regime, il suo carattere negoziale e le modalità di finanziamento previste ° pongono i problemi maggiori. Tali difficoltà nascono dal fatto che il regime si applica ai pubblici dipendenti, impiegati nella pubblica amministrazione, la quale si trova così ad essere contestualmente datore di lavoro e motore della politica sociale, compresa la previdenza sociale. Dobbiamo pertanto individuare in quale di queste due vesti agisca l' autorità statale nell' ambito del regime pensionistico dell' ABPW.

26. Si potrebbe ritenere prima facie che l' origine legale della pensione ABPW escluda di poterla far rientrare nella nozione di retribuzione. Non si tratta, come nelle cause Barber e Bilka, di un regime convenzionale privato che opera all' interno di un settore complessivamente disciplinato dalla legge. L' ammontare delle prestazioni pensionistiche erogate ai pubblici dipendenti è infatti direttamente determinato dalla legge. Dubito, tuttavia, che questo possa costituire un criterio in qualche modo determinante. Come ha ricordato l' ABP nelle osservazioni presentate, tutti i benefici spettanti nei Paesi Bassi ai pubblici dipendenti sono direttamente determinati per legge. Possiamo forse dedurne che il principio della parità di trattamento, enunciato dall' art. 119, non si applichi al pubblico impiego olandese, o a tutto il pubblico impiego in generale? Non è questo l' orientamento espresso dalla Corte. Già nella sentenza Defrenne II essa ha sostenuto che l' art. 119 si applica in caso di:

"(...) diversa retribuzione di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile per lo stesso lavoro, svolto nella stessa azienda o ufficio, privato o pubblico" (22).

27. Va detto inoltre che in alcuni Stati membri, come i Paesi Bassi, la retribuzione dei pubblici dipendenti (ivi comprese le spettanze pensionistiche) è stabilita dalla legge, mentre questo non accade in altri Stati, come nel caso del Regno Unito. Anche questa circostanza mi induce a ritenere che l' origine normativa della remunerazione considerata non debba costituire il criterio determinante nel senso della non applicabilità dell' art. 119. La scelta di stabilire per legge la posizione retributiva dei dipendenti pubblici dipende dal tipo di organizzazione data alla pubblica amministrazione in ciascuno degli Stati membri. L' art. 109 della Costituzione olandese dispone che la posizione giuridica dei pubblici dipendenti dev' essere determinata mediante una legge. Che la remunerazione spettante ai pubblici dipendenti olandesi rientri nella nozione di retribuzione ai sensi dell' art. 119 è un fatto che trova conferma nella sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Liefting (23).

28. Per quanto riguarda le spettanze pensionistiche dei pubblici dipendenti, l' elemento determinante sembrerebbe quindi trovarsi, non tanto nell' origine normativa di tali diritti, ma nel fatto se, all' atto della loro determinazione, l' autorità statale agisca in quanto responsabile della formulazione della politica sociale generale dello Stato o nella sua veste di datore di lavoro. In questo senso si è espresso anche l' avvocato generale Slynn che, nella causa Liefting, riferendosi ai regimi pensionistici dei pubblici dipendenti olandesi, affermò:

"Il fatto che il regime è imposto dalla legge non costituisce, a parer mio, il criterio definitivo. La legge può servire a diversi fini. Se definisce diritti ed obbligazioni relativi ad un determinato regime previdenziale per tutti i lavoratori, o per categorie di lavoratori che non possono sotto alcun aspetto considerarsi 'impiegati dallo' Stato, essa si fonda indubbiamente su 'considerazioni di politica sociale' piuttosto che su un rapporto di impiego. D' altro canto, se con lo stesso mezzo, cioè la legge, si disciplinano le situazioni del personale 'impiegato dallo' Stato, tali norme possono essere l' espressione di una politica sociale o possono anche scaturire dal rapporto di lavoro e disciplinarlo. E' vero che quest' ultimo può contemporaneamente anche riflettere la concezione dello Stato in fatto di politica sociale, ma questo fattore a mio giudizio non può privare le norme della loro caratteristica essenziale, cioè di regolatrici del rapporto di lavoro. In caso contrario, i pubblici dipendenti non potrebbero far affidamento sul principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro, principio sancito dall' art. 119, e non mi pare vi sia nulla in questo articolo o nella giurisprudenza della Corte che giustifichi questo risultato. Il nocciolo della questione è perciò se lo Stato agisca essenzialmente come datore di lavoro" (24).

29. A mio parere, l' autorità statale ha agito effettivamente come un datore di lavoro in relazione alle pensioni ABPW. Un elemento indicativo ne è la concertazione o la contrattazione collettiva che caratterizza sia le modalità di determinazione della pensione ABPW sia la gestione dei relativi fondi. Come risulta chiaramente dalle risposte ad uno dei quesiti posti dalla Corte ° circa lo status dell' ABP e le modalità del suo finanziamento ° l' ABP è un ente pubblico che dispone di un' ampia autonomia rispetto alle autorità governative centrali, con un consiglio di amministrazione costituito su base paritetica nel quale sono equamente rappresentati i datori di lavoro e i dipendenti. L' ABP afferma per di più che, sebbene le spettanze pensionistiche dei dipendenti pubblici siano stabilite dalla legge, esse non possono essere modificate se non in seguito ad un accordo tra le parti sociali e che tali diritti costituiscono parte integrante delle condizioni generali di lavoro. L' ambito e gli effetti di tale concertazione sono oggetto di contestazione da parte del signor Beune. Mi sembra tuttavia che, anche in mancanza di una concertazione, le spettanze pensionistiche rientrino comunque nella nozione di retribuzione sempre che lo Stato, pur determinandole unilateralmente, agisca nella sua veste di datore di lavoro.

30. Un' altra indicazione per stabilire che lo Stato agisce in qualità di datore di lavoro potrebbe essere il livello delle prestazioni pensionistiche erogate. Nel caso della pensione ABPW, l' importo massimo che un pubblico dipendente può percepire, al termine di un' intera carriera nella pubblica amministrazione, corrisponde al 70% del salario o dello stipendio ricevuto negli ultimi due anni di occupazione prima della cessazione del rapporto. Si tratta, a mio parere, di un generoso proseguimento della retribuzione, anziché di un trattamento pensionistico che assicuri un livello di previdenza sociale minima. Come ho già ricordato, i dipendenti pubblici fruiscono anche della pensione AOW, che rientra indiscutibilmente in quest' ultima categoria di prestazioni. La normativa controversa, relativa al sistema di incorporamento, è stata adottata proprio per evitare che, con il cumulo della pensione AOW e della pensione ABPW, il dipendente pubblico arrivasse a percepire una pensione in alcuni casi più elevata dell' ultimo compenso o stipendio ricevuti.

31. Vanno considerate, in ultimo, anche le modalità di finanziamento di una pensione ABPW. Da quanto risulta dalla dettagliatissima esposizione presentata dall' ABP in risposta al quesito formulato dalla Corte, tale finanziamento avviene essenzialmente mediante i contributi versati dai vari datori di lavoro che operano nell' ambito della pubblica amministrazione, i quali impiegano personale che rientra nella sfera di applicazione dell' ABPW. La contribuzione è disciplinata per legge e ammonta ad una percentuale determinata dello stipendio o salario corrisposto, percentuale che è oggetto di un periodico adeguamento in quanto l' ABP opera in base al principio della capitalizzazione e deve pertanto disporre soltanto dei fondi sufficienti all' erogazione delle pensioni, senza eccedere il livello necessario. Una parte dei contributi viene detratta dal salario o dallo stipendio percepito dai dipendenti pubblici.

32. Mi sembra utile sottolineare anche la notevole autonomia finanziaria di cui dispone l' ABP. I contributi versati all' ABP dai vari datori di lavoro che operano nell' ambito della pubblica amministrazione vengono stanziati nei bilanci dei relativi enti, come spese relative alle retribuzioni, e i prestiti concessi dall' ABP allo Stato olandese sono calcolati nel debito pubblico.

33. In conclusione, non vi può essere alcun dubbio a mio parere che la pensione ABPW è erogata dall' autorità statale nella sua veste di datore di lavoro e non rientra nell' ambito di una politica sociale generale. La pensione ABPW integra la pensione previdenziale di base, in modo del tutto analogo a quanto avviene nei Paesi Bassi con i regimi pensionistici convenzionali: viene erogata in virtù di un rapporto di lavoro; è prevista una concertazione in relazione al livello delle prestazioni; infine, il regime pensionistico è finanziato dallo Stato nella sua veste di datore di lavoro. Di conseguenza, le norme che prevedono l' incorporamento della pensione AOW nella pensione ABPW devono conformarsi al principio della parità di trattamento sancito dall' art. 119 del Trattato CE.

34. Prima di passare ad un altro argomento, vorrei pormi la domanda se sia corretta l' impostazione seguita finora, che consiste nell' esaminare uno ad uno i vari criteri precedentemente elencati, o se, a questo punto, non sia preferibile scegliere un' impostazione più immediata e diretta. Un' impostazione siffatta, applicata alla soluzione richiesta nella presente causa, potrebbe rivelarsi utile in relazione ad altre categorie di pensioni o di regimi pensionistici e potrebbe contribuire alla certezza del diritto in questa materia complessa e i cui risvolti economici sono particolarmente rilevanti.

35. Ritengo che i vari criteri sinora analizzati fossero di grande utilità nella fase in cui si presentavano o si intravedevano le prime difficoltà nell' individuare e classificare le diverse categorie di regimi pensionistici. E' senz' altro per questa ragione che nelle sentenze sinora pronunciate è stata attribuita un' importanza diversa ad ognuno di tali fattori. A questo punto però, non credo sia più necessario tener conto di ciascuno di essi. Nella causa in esame, peraltro, alcuni elementi appaiono del tutto irrilevanti. La circostanza, ad esempio, che la disciplina del regime pensionistico sia contenuta in una norma statale e che i contributi del datore di lavoro provengano da fondi pubblici non ha alcun rilievo nel caso di specie poiché si tratta di una mera conseguenza del fatto che i lavoratori considerati sono impiegati dallo Stato.

36. Allo stesso modo, l' elemento determinante mi sembra il fatto che il datore di lavoro finanzi le prestazioni in funzione di un rapporto di lavoro, a prescindere dall' esistenza di un obbligo in tal senso sancito dalla legge. Ho già espresso la considerazione che l' elemento della concertazione non mi sembra essenziale nel caso di specie. E' vero che la Corte ha sottolineato la differenza esistente tra i regimi di origine normativa e i regimi di origine contrattuale, non soltanto nella stessa sentenza Defrenne I (25), ma anche di recente nella sentenza Ten Oever (26). Tuttavia, come ha osservato il Regno Unito, benché nella causa Ten Oever la Corte abbia attribuito importanza al fatto che l' adozione del regime controverso era stata preceduta da una contrattazione collettiva, questa stessa circostanza non era stata considerata determinante in altre cause. Nella causa Rinner-Kuehn (27), ad esempio, la medesima circostanza non era stata ritenuta determinante in relazione alle prestazioni controverse e neppure in relazione all' indennità di licenziamento oggetto della stessa causa Barber (28). D' altra parte, se l' esistenza di una precedente contrattazione collettiva dovesse essere assunta a criterio per l' applicabilità dell' art. 119, potrebbero sorgere problemi di difficile soluzione circa il livello di contrattazione collettiva necessaria perché possa essere applicato l' art. 119 e, soprattutto, circa il riscontro del livello effettivo di contrattazione collettiva esistente.

37. La questione del finanziamento del regime dà luogo a considerazioni analoghe. Anche in questo caso non appare necessario esaminare dettagliatamente l' esatto meccanismo di finanziamento del fondo. Come risulta chiaramente dalla sentenza Barber, le prestazioni erogate nell' ambito di un rapporto di lavoro rientrano nella nozione di retribuzione, sia che vengano versate direttamente dal datore di lavoro sia che provengano da un altro soggetto, come nel caso del trust indipendente inglese, o da un fondo autonomo. Nel caso di specie, la presenza di un fondo autonomo rende l' intera situazione per certi versi analoga a quella della causa Barber, come ha osservato il governo olandese. Ma che si tratti o meno di fondi autonomi, le prestazioni erogate sono comunque da considerarsi alla stregua di una retribuzione percepita dal lavoratore.

38. A mio parere l' elemento davvero determinante risiede quindi nel fatto che il diritto del lavoratore alla pensione sorge da un rapporto di lavoro e può essere considerato come una parte della sua retribuzione, ancorché differita. Questa mi sembra in sostanza la ratio dell' applicazione dell' art. 119 ed è il fondamento delle sentenze Bilka e Barber.

39. La scelta di un criterio così immediato presenta alcuni vantaggi: si evitano le distinzioni che verrebbero altrimenti poste in modo arbitrario tra le diverse categorie di regimi convenzionali; ci consente di ravvicinare i regimi convenzionali esistenti nel settore pubblico e in quello privato, il che appare alquanto opportuno in una fase in cui il confine tra i due settori è sempre meno nitido; ed infine previene ogni possibile incertezza del diritto ed il sorgere di nuove controversie. Benché l' ampliamento della sfera di applicazione dell' art. 119 ad una categoria più vasta di regimi pensionistici convenzionali possa avere serie conseguenze economiche, il rischio che ne deriva appare minore dopo la scadenza del termine per l' attuazione della direttiva 86/378 e alla luce degli eventuali limiti temporali all' ammissibilità delle domande fondate sull' art. 119.

40. Se effettivamente si applica l' art. 119, come da me sostenuto, ne consegue forse che le direttive 79/7 e 86/378 sono ipso facto irrilevanti nella fattispecie? Questa non è un' affermazione che possa farsi sic et simpliciter. E' indubbio, come ho già ricordato (29), che le disposizioni delle direttive suddette non possono limitare la portata dell' art. 119 del Trattato. Tuttavia, non si può escludere in linea di principio che esse prevedano obblighi aggiuntivi a carico degli Stati membri, in relazione alla parità di trattamento, che potrebbero applicarsi alle pensioni ABPW e alle norme sull' incorporamento. Peraltro, l' efficacia nel tempo delle direttive potrebbe essere diversa da quella dell' art. 119: mi riferisco, com' è ovvio, alla limitazione temporale sancita dalla Corte nella sentenza Barber, sulla quale intendo ritornare in seguito (30).

41. Quanto alla direttiva 79/7, si potrebbe considerare, in linea teorica, che alcuni regimi previdenziali ° ed in particolare proprio un regime come quello della pensione ABPW che ha un' origine normativa ma che si applica soltanto ai dipendenti pubblici in funzione del loro rapporto di lavoro ° rientrino nella sfera di applicazione sia delle disposizioni della detta direttiva sia dell' art. 119. Come ho già ricordato, la direttiva si applica, ai sensi del suo art. 3, n. 1, ai "regimi legali".

42. Ho qualche perplessità, tuttavia, di fronte ad un simile cumulo di norme. Da una parte, non sembra che il Consiglio abbia avuto l' intento, nell' adottare la direttiva, di includere i regimi previdenziali già disciplinati dall' art. 119. Dall' altra, poiché la Corte ha interpretato in senso estensivo la nozione di "retribuzione" di cui all' art. 119, ricomprendendo in essa anche alcuni regimi previdenziali, il rapporto tra tale norma e le disposizioni delle direttive 79/7 e 86/378 tende a far sorgere difficili questioni di ordine giuridico. Sembrerebbe perciò più opportuno sostenere che, per quanto riguarda i regimi previdenziali disciplinati dall' art. 119, la direttiva 79/7 è per definizione inapplicabile. Questa tesi sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte citata in precedenza (31), in merito al nesso tra le prestazioni previdenziali e le disposizioni dell' art. 119, che si propone di operare una chiara distinzione tra i regimi generali di previdenza sociale ed i regimi che operano nel contesto di un rapporto di lavoro. Ritengo pertanto che la direttiva 79/7 debba considerarsi applicabile soltanto ai regimi generali di previdenza sociale istituiti "non tanto in funzione del rapporto di lavoro, quanto in base a considerazioni di politica sociale" (32).

43. E' difficile tuttavia sostenere una tesi del genere per quanto riguarda il rapporto tra l' art. 119 e la direttiva 86/378, in relazione ai regimi previdenziali convenzionali. Nel preambolo, la direttiva richiama espressamente l' art. 119; essa si applica inoltre soltanto ai regimi non disciplinati dalla direttiva 79/7 e si riferisce specificamente al rapporto di lavoro (33). Per di più, i regimi pensionistici convenzionali, che nelle sentenze Bilka, Barber e in tutte le cause successive la Corte ha fatto rientrare nella sfera di applicazione dell' art. 119, sono perfettamente compatibili con le disposizioni della direttiva 86/378; invero, la Corte ha ammesso, nella stessa sentenza Barber, che tale direttiva potrebbe applicarsi ai regimi considerati (34). Sarebbe pertanto errato sostenere che le disposizioni dell' art. 119 e della direttiva 86/378 si escludono reciprocamente.

44. Peraltro, non sembra esservi alcuna ragione perché un regime come quello della pensione ABPW non debba essere soggetto alle disposizioni della direttiva 86/378. Si ricordi che la direttiva si applica ai regimi "non regolati dalla direttiva 79/7/CEE", il che corrisponde, a mio parere, al caso della pensione ABPW. Si può ragionevolmente sostenere che tale pensione, pur avendo un' origine normativa, è un regime che ha

"(...) lo scopo di fornire ai lavoratori, salariati o indipendenti, riuniti nell' ambito di un' impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o a sostituirsi ad esse (...)" (35).

Lo Stato non è, ovviamente, un' impresa, né può la pubblica amministrazione considerarsi come un ramo economico, ma potrebbe senza alcun dubbio essere definito come un settore professionale o interprofessionale. In tal modo, il regime di cui trattasi potrebbe considerarsi come destinato ad integrare il regime previdenziale dell' AOW.

45. Procederò pertanto ad esaminare se le disposizioni della direttiva 86/378 contengano obblighi aggiuntivi a carico degli Stati membri, oltre a quelli sanciti dall' art. 119, in relazione ad un regime pensionistico come quello previsto dall' ABPW.

Divieto di discriminazione

46. La questione relativa ad un' eventuale violazione del divieto di discriminazione enunciato dall' art. 119 da parte delle norme sull' incorporamento non ci tratterrà a lungo. Come ha affermato la Corte nella sentenza Defrenne II,

"Fra le discriminazioni dirette, che si possono accertare con l' ausilio dei soli criteri indicati dall' art. 119, vanno annoverate in ispecie quelle che traggono origine da disposizioni di natura legislativa (...) che possono essere poste in luce mediante un esame puramente giuridico" (36).

Tale conclusione va applicata senza alcun dubbio alla discriminazione tra un uomo coniugato e una donna anch' essa coniugata, che trae origine da disposizioni normative differenti sull' incorporamento della pensione AOW nella pensione ABPW per i periodi di impiego nella pubblica amministrazione anteriori al 1 gennaio 1986. Il fatto che soltanto i soggetti coniugati siano vittime di un trattamento diverso fondato sul sesso non può, evidentemente, infirmare tale considerazione.

47. La Commissione solleva un interrogativo sull' eventuale esistenza di una giustificazione per una siffatta differenza di trattamento, richiamando la giurisprudenza della Corte sulla giustificazione delle discriminazioni indirette. La Corte ha già chiarito nella sentenza Bilka, in relazione ad una disparità di trattamento tra lavoratori a orario ridotto e lavoratori a tempo pieno, laddove la categoria dei lavoratori a orario ridotto era composta in gran parte da donne, che il divieto di discriminazione si applica, a meno che la diversità di trattamento non sia "basata su fattori obiettivamente giustificati ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso" (37). Secondo la Commissione, una giustificazione dovrebbe cercarsi anche nei casi di discriminazione diretta. Questa tesi è contestata dal Regno Unito.

48. Non mi sembra tuttavia necessario che la Corte accerti se la tesi della Commissione sia fondata nel caso di specie. Per quanto riguarda le norme sull' incorporamento applicabili alle pensioni ABPW, non vedo alcuna possibile giustificazione che non sia connessa ad una discriminazione. Il mantenimento della precedente normativa sull' incorporamento per le prestazioni pensionistiche relative a periodi di attività lavorativa anteriori al 1 gennaio 1986 sembrerebbe derivare dall' intento del legislatore olandese di tutelare i "diritti quesiti" delle dipendenti coniugate della pubblica amministrazione (38). Ciò non può a mio parere giustificare la discriminazione, giacché si arriverebbe in tal modo a giustificare tutti i casi di discriminazione relativi a prestazioni pensionistiche dovute per periodi di attività lavorativa precedenti l' eliminazione della discriminazione. Inoltre, il legislatore olandese poteva indubbiamente, già nel 1985, evitare ogni discriminazione senza ledere i "diritti quesiti" delle donne coniugate: bastava concedere le stesse prestazioni agli uomini coniugati.

49. L' ABP potrebbe contestare quest' ultimo argomento sostenendo di non disporre delle risorse necessarie ad aumentare le prestazioni erogate agli uomini coniugati, dal momento che esso opera col principio della capitalizzazione. Va detto tuttavia che neppure in base a considerazioni di bilancio si possono giustificare le discriminazioni. Come ha recentemente dichiarato la Corte nella sentenza Roks:

" (...) ammettere che considerazioni di bilancio possano giustificare una differenza di trattamento tra uomini e donne (...) comporterebbe che l' applicazione e la portata di una norma tanto fondamentale del diritto comunitario quale quella della parità tra uomini e donne possano variare, nel tempo e nello spazio, a seconda dello stato delle finanze pubbliche degli Stati membri" (39).

Qualora l' ABP obiettasse che il suo bilancio è separato da quello dello Stato, si potrebbe ribattere che, rispondendo ai quesiti posti dalla Corte, l' ABP ha dichiarato di essere integralmente finanziato mediante i contributi versati dai datori di lavoro, con una sola eccezione: i fondi trasferiti dallo Stato per compensare i costi derivanti dall' eliminazione della discriminazione tra i vedovi e le vedove.

50. Poiché ritengo che la discriminazione di cui trattasi rientri manifestamente tra quelle vietate dall' art. 119, non mi sembra necessario accertare se la direttiva 86/378 preveda casi di discriminazione indiretta non tutelati dall' art. 119. E' evidente che avrei seguito lo stesso ragionamento qualora fossi giunto alla conclusione che un regime pensionistico come quello istituito dall' ABPW fosse disciplinato, anziché dall' art. 119 del Trattato, dalle disposizioni della direttiva 79/7.

Eventuali limitazioni nel tempo

51. Essendo giunto alla conclusione che la pensione ABPW dev' essere considerata alla stregua di una pensione convenzionale, direttamente disciplinata dall' art. 119 del Trattato, passerò ora ad esaminare la questione di un' eventuale limitazione nel tempo dell' efficacia della sentenza che pronuncerete nel caso di specie. Nella causa Barber, che aveva ad oggetto una differenza nell' età di collocamento a riposo prevista nell' ambito di regimi pensionistici di deroga convenzionale ("contracted-out"), la Corte ha analizzato la questione nel modo seguente. Essa ha anzitutto sottolineato i gravi inconvenienti che la sentenza potrebbe causare, ricordando successivamente che l' art. 7, n. 1, della direttiva 79/7 ha autorizzato gli Stati membri a differire l' attuazione obbligatoria del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la fissazione del limite di età per la concessione delle pensioni di vecchiaia e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni; essa ha inoltre osservato che questa eccezione è stata ripresa nell' art. 9, lett. a), della direttiva 86/378, che, come dichiarato dalla Corte stessa, "può essere applicata a regimi di deroga convenzionale come quello di cui trattasi nella causa principale". Secondo la Corte, alla luce di queste disposizioni, gli Stati membri ed i settori interessati hanno potuto ragionevolmente ritenere che l' art. 119 non si applicasse alle pensioni erogate da regimi di deroga convenzionale e che in materia continuassero ad essere ammesse eccezioni al principio di parità tra lavoratori e lavoratrici. La Corte ha ritenuto che, stando così le cose, "considerazioni tassative di certezza del diritto ostano alla rimessa in discussione di rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato dal momento che in tal caso l' equilibrio finanziario di numerosi regimi pensionistici di deroga convenzionale rischierebbe di essere retroattivamente sconvolto" (40). La Corte ha quindi dichiarato che "l' efficacia diretta dell' art. 119 del Trattato non può essere fatta valere per chiedere il riconoscimento del diritto alla pensione con effetto da una data precedente a quella della presente sentenza, ad eccezione dei lavoratori o dei loro aventi diritto che, prima di questa data, hanno esperito un' azione giurisdizionale o proposto un ricorso equivalente a norma del diritto nazionale". Nelle sentenze pronunciate fino ad oggi, successivamente alla sentenza Barber, la Corte ha esteso la medesima limitazione di efficacia nel tempo anche ad altri regimi pensionistici, precisando la portata di tale limitazione nel senso che essa esclude il diritto ad ogni rivendicazione relativa ai periodi lavorativi precedenti la data della sentenza Barber (vale a dire il 17 maggio 1990), salvo per coloro che hanno esperito un' azione prima di quella data (v. sentenze Ten Oever, Neath e Moroni) (41).

52. Non vi è alcun dubbio che, qualora la limitazione suddetta si applichi anche alla pensione ABPW, non si potrà far valere l' art. 119 per tutelarsi contro una discriminazione derivante dalle norme sull' incorporamento, poiché tale discriminazione sorge esclusivamente in relazione a prestazioni pensionistiche dovute per periodi lavorativi precedenti il 1 gennaio 1986. Tuttavia, nel caso del signor Beune, questo punto appare irrilevante, poiché egli rientra nella categoria dei "lavoratori o dei loro aventi diritto che prima [della data della sentenza] hanno esperito un' azione giurisdizionale o proposto un ricorso equivalente a norma del diritto nazionale" (42). Infatti, benché la data esatta alla quale è stata proposta l' azione giurisdizionale non sia menzionata nell' ordinanza di rinvio, risulta che l' Ambtenarengerecht dell' Aia si è pronunciato il 28 febbraio 1990, vale a dire tre mesi circa prima della sentenza Barber. Ciò significa che il Beune può chiedere il riconoscimento del medesimo trattamento pensionistico erogato alle dipendenti pubbliche coniugate, con una riduzione inferiore della pensione AOW, anche qualora dovesse essere applicata la limitazione sancita nella sentenza Barber.

53. La Commissione ha tuttavia osservato in udienza che, qualora la domanda di riconoscimento dei diritti pensionistici dovesse ritenersi fondata sull' art. 119, tale riconoscimento andrebbe limitato alle prestazioni dovute per i periodi lavorativi successivi alla data della sentenza Defrenne II (8 aprile 1976), nella quale la Corte si è pronunciata per la prima volta a favore dell' efficacia diretta dell' art. 119, limitando contemporaneamente l' efficacia nel tempo di detta sentenza (43). Mi sembra più opportuno analizzare questo argomento in una fase successiva della presente esposizione.

54. Benché la rivendicazione del signor Beune non sembri soggetta alla limitazione di cui alla sentenza Barber, le parti della causa principale, così come i governi dei Paesi Bassi e del Regno Unito nonché la Commissione hanno lungamente discusso il problema dell' applicazione della limitazione Barber alla pensione ABPW e dell' eventuale portata di tale limitazione. Tale questione è stata esplicitamente sollevata, in termini generali, dal Centrale Raad van Beroep. Non vi è dubbio, infatti, che la questione rimane determinante per tutti coloro che si trovano nella stessa situazione del Beune, ma non hanno esperito un' azione giurisdizionale prima del 17 maggio 1990. Mi sembra pertanto opportuno esaminare questo punto.

55. Va detto che la limitazione Barber è enunciata in termini tali da lasciar presupporre una sua applicabilità generale. La Corte ha dichiarato che:

"L' efficacia diretta dell' art. 119 non può essere fatta valere per chiedere il riconoscimento del diritto alla pensione, con effetto da una data precedente a quella della presente sentenza (...)",

ad eccezione di coloro che hanno già esperito un' azione giurisdizionale (44). La giurisprudenza della Corte relativa al periodo post Barber, che ha chiarito l' ambito di tale limitazione, ha una portata parimenti generale (45). Sembrerebbe pertanto che la stessa limitazione si applichi alla pensione ABPW proprio in quanto essa si configura alla stregua di una pensione convenzionale soggetta alle prescrizioni dell' art. 119.

56. Tuttavia, la Commissione esprime qualche perplessità in merito all' applicazione della limitazione Barber al caso di specie. A suo parere, non sussistono nella fattispecie i fattori che hanno giustificato la limitazione temporale stabilita nella sentenza Barber e nella giurisprudenza successiva in materia. Si ricorderà che in tali cause la Corte ha considerato che le deroghe previste nelle direttive 79/7 e 86/378 in relazione all' età pensionabile e alle prestazioni di reversibilità potevano aver indotto i fondi pensionistici a ritenere che non si applicasse il principio della parità di trattamento. Invero, tali eccezioni sono del tutto irrilevanti nel caso di specie.

57. L' elemento essenziale, tuttavia, sta nel punto se il governo olandese potesse ritenere, prima della data della sentenza Barber, che la pensione ABPW rientrasse nella sfera di applicazione dell' art. 119 del Trattato. A mio parere, la risposta da dare su tal punto dev' essere negativa. In primo luogo, è stato soltanto con la sentenza Barber che l' ambito di applicazione dell' art. 119 in relazione ai regimi pensionistici convenzionali è stato pienamente delimitato. Ritengo che il governo olandese potesse ragionevolmente presumere, nel 1985, quando sono state modificate le norme relative all' incorporamento della pensione AOW, che la pensione ABPW non fosse soggetta né al divieto delle discriminazioni sancito dall' art. 119 né alle medesime prescrizioni contenute nella direttiva 79/7. Va sottolineato, come è stato affermato nel corso dell' udienza, che a quel tempo non vi era alcuna giurisprudenza in materia di applicazione dell' art. 119 ai regimi pensionistici convenzionali. Mancava altresì ogni riferimento giurisprudenziale sull' interpretazione da dare alla direttiva 79/7 e, in particolare, al divieto di ogni discriminazione nel calcolo delle prestazioni dal 23 dicembre 1984, anche in relazione agli effetti di normative precedenti. L' art. 3, n. 3, della direttiva 79/7 lasciava intendere, inoltre, che l' attuazione del principio della parità di trattamento nei regimi convenzionali sarebbe stata oggetto di un' ulteriore disciplina legislativa (46). Invero, nel 1986 è stata pronunciata la sentenza Bilka, ma poco dopo quella pronuncia il Consiglio ha emanato la direttiva 86/378, la quale prevede, all' art. 8, n. 2, un' eccezione che sembra applicarsi alle disposizioni dell' ABPW in materia di incorporamento (47). E' del tutto evidente, peraltro, che in seguito alla sentenza Barber, con la limitazione temporale introdotta, il governo olandese poteva ancora una volta presumere che non fosse necessario modificare la normativa vigente, in quanto il divieto di discriminazione viene riferito solo ai periodi lavorativi anteriori alla data della sentenza, soprattutto alla luce dell' estensione data dalla Corte alla limitazione di efficacia nel tempo della sua sentenza.

58. Concludo pertanto che ricorrono, anche nel caso di specie, le considerazioni tassative di certezza del diritto che impongono la previsione di una limitazione di efficacia nel tempo. Si potrebbe senz' altro sostenere che, poiché tali considerazioni non sono fondate sui medesimi elementi emersi nella causa Barber, dovrebbe essere prevista una limitazione temporale ex novo, basata sulla data della sentenza che sarà pronunciata nella presente causa. Non mi pare, tuttavia, che questa tesi vada accolta, per ovvie ragioni di linearità e chiarezza, né tantomeno che si tratti di un orientamento coerente con la giurisprudenza della Corte. Nella sentenza Ten Oever, infatti, la limitazione temporale non era fondata sulle stesse considerazioni emerse nella sentenza Barber, in quanto, diversamente da quest' ultima, la causa Ten Oever verteva sulle prestazioni di reversibilità anziché su una differenza nell' età del collocamento a riposo (48). Ciononostante, la Corte ha deciso di applicare la medesima limitazione della sentenza Barber, senza far alcun riferimento ad una giustificazione specifica (49). In ogni caso, non vi è alcun elemento nella giurisprudenza successiva alla sentenza Barber che suggerisca che la limitazione temporale si applichi esclusivamente alle discriminazioni derivanti da differenze nell' età pensionabile o nelle prestazioni ai superstiti.

59. Ai fini pratici, la soluzione data a questa questione non ha alcun effetto sulla discriminazione di cui si discute nella presente causa in relazione ai periodi lavorativi considerati, in quanto essi sono tutti riferiti ad un periodo anteriore al 17 maggio 1990 (sentenza Barber) e alla data della sentenza che sarà pronunciata in questa causa (ma essa potrà incidere sulle azioni proposte tra queste due date). Tuttavia, mi sembra auspicabile considerare quali sarebbero le conseguenze, rispetto ad altre situazioni relative ai regimi pensionistici convenzionali, dell' introduzione di una nuova limitazione temporale in ogni causa in cui emergessero giustificazioni diverse rispetto a quelle considerate nella sentenza Barber e nella giurisprudenza successiva. Ne conseguirebbe, paradossalmente, che in tutti questi casi, la parità di trattamento sarebbe obbligatoria solo per i periodi lavorativi successivi alle date di queste future pronunce. Mi sembra questo un rinvio davvero eccessivo dell' attuazione del principio della parità di trattamento.

60. Poiché, a mio parere, si deve concludere nel senso dell' applicabilità della limitazione temporale di cui alla sentenza Barber, non vi è necessità di esaminare gli effetti del protocollo sull' art. 119, allegato al Trattato CE per effetto del Trattato sull' Unione europea. Come ho già ricordato (50), il protocollo dispone, in termini generali, che le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione ai sensi dell' art. 119 se e in quanto possano essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990 (data della sentenza Barber). Secondo l' avvocato generale Van Gerven, questa disposizione va interpretata come una mera "dichiarazione intesa a chiarire il significato congiunto dell' art. 119 e della giurisprudenza della Corte" (51). Questa è invero la posizione maggiormente conforme all' "acquis communautaire", che il Trattato sull' Unione europea intende mantenere e sviluppare (52). In ogni caso, come ho già osservato, non vi è necessità di valutare gli effetti del protocollo in questa sede, in primo luogo, poiché il signor Beune ha proposto un' azione giurisdizionale prima della data della sentenza Barber e poiché, comunque, questa stessa limitazione temporale si applica, a mio parere, alla pensione ABPW che è parte della retribuzione dei pubblici dipendenti olandesi ai sensi dell' art. 119.

61. Passerò ora ad esaminare se la direttiva 86/378 aggiunga qualche elemento alla questione dell' efficacia nel tempo del divieto di discriminazioni. Questo punto non è rilevante per il signor Beune, ma potrebbe esserlo per altri pubblici dipendenti olandesi che non hanno ancora esperito un' azione giurisdizionale e che sono pertanto, a mio parere, soggetti alla limitazione temporale sancita nella sentenza Barber, il che comporta, in sostanza, che essi non possono far valere l' art. 119 a tutela di una discriminazione derivante dalle disposizioni sull' incorporamento. Il termine di recepimento della direttiva è scaduto il 1 gennaio 1993. E' forse lecito affermare che, da quella data ° com' è stato per la direttiva 79/7 (53) °, è vietata ogni discriminazione nel calcolo delle prestazioni, anche se riferita a periodi lavorativi precedenti il 1 gennaio 1986? La risposta da dare a questo quesito, almeno per quanto riguarda la pensione ABPW, dipende in gran parte dall' interpretazione dell' art. 8, n. 2, della direttiva 86/378, già citato, il quale dispone che:

"La presente direttiva non osta al fatto che i diritti e gli obblighi relativi a un periodo di affiliazione a un regime professionale anteriore alla revisione di tale regime rimangano disciplinati dalle disposizioni del regime in vigore nel corso di tale periodo".

Questa eccezione si applica senza alcun dubbio alle disposizioni dell' ABPW relative all' incorporamento: la modifica di tali disposizioni, effettuata al fine di garantire la parità di trattamento, non si estende alle spettanze dovute per i precedenti periodi di contributivi; tali diritti rimangono soggetti alla normativa precedente.

62. La Commissione sostiene, tuttavia, che l' eccezione di cui trattasi non si applica alle disposizioni dell' ABPW sull' incorporamento per i periodi di occupazione precedenti il 1 gennaio 1986, in quanto esse sarebbero state modificate prima dell' adozione della direttiva 86/378. Non sono di questo parere. Si giungerebbe così ad affermare che, qualora uno Stato membro avesse modificato le proprie disposizioni legislative in conformità al principio della parità di trattamento prima dell' adozione della detta direttiva, esso non potrebbe far valere l' eccezione prevista, mentre gli Stati membri, che avessero attuato il principio della parità di trattamento soltanto quando la direttiva lo ha imposto, sarebbero legittimati a far valere le eccezioni per i diritti e gli obblighi relativi a periodi lavorativi precedenti. Non è questa, a mio avviso, la giusta interpretazione da dare. Per di più, non risulta in alcun modo dal testo della direttiva che la revisione cui fa riferimento l' art. 8, n. 2, sia necessariamente una modifica apportata per l' attuazione della direttiva stessa. Non si può non ricordare la regola generale secondo la quale, qualora la legislazione di uno Stato membro sia conforme alle disposizioni di una direttiva già prima della sua adozione, non sarà necessaria alcuna attività legislativa da parte di detto Stato (54). Questa è esattamente, a mio avviso, la posizione dei Paesi Bassi in relazione all' eccezione prevista dall' art. 8, n. 2 per quanto riguarda le disposizioni dell' ABPW sull' incorporamento.

63. Concludo pertanto che, in quanto la direttiva 86/378 si applichi anche al regime pensionistico istituito dall' ABPW, l' eccezione di cui all' art. 8, n. 2, osta a che una discriminazione relativa a periodi lavorativi precedenti il 1 gennaio 1986 (unici periodi controversi in relazione a tale regime) venga contestata da pubblici dipendenti coniugati di sesso maschile, in base alle disposizioni della direttiva, qualora si tratti di prestazioni pensionistiche erogate dopo il 1 gennaio 1993. Ne consegue che la discriminazione derivante dalle disposizioni olandesi di cui trattasi non può essere fatta valere sulla base della direttiva 86/378.

64. La questione successiva è se, qualora la Corte dichiari che il regime pensionistico ABPW non è soggetto all' art. 119, ma alla direttiva 79/7, debba essere applicata una limitazione temporale. L' ABP ed il governo olandese sostengono che, poiché l' ABP è fondato sul sistema della capitalizzazione, la Corte dovrebbe pronunciarsi, al fine di garantire la certezza del diritto, nel senso che il divieto di discriminazioni può essere fatto valere soltanto in relazione a prestazioni pensionistiche corrispondenti a periodi contributivi successivi al termine per il recepimento della direttiva, vale a dire il 23 dicembre 1984. Si tratterebbe, a loro avviso, non già di una limitazione temporale dell' efficacia della sentenza che la Corte pronuncerà nella presente causa, ma di un' interpretazione generale della sfera di applicazione della direttiva 79/7. Un' interpretazione del genere, tuttavia, sarebbe incompatibile con la giurisprudenza esistente e già consolidata, secondo la quale la direttiva 79/7 vieta ogni discriminazione nel calcolo delle prestazioni, anche in relazione agli effetti di una normativa precedente (55). L' elemento della capitalizzazione può indubbiamente giustificare un simile orientamento, ma esso non mi trova, però, concorde. Ne conseguirebbe che, per il futuro, dovremmo operare una distinzione, in deroga alla giurisprudenza esistente, tra i regimi previdenziali basati sulla capitalizzazione e quelli invece che non lo sono. Per la prima categoria, l' applicazione del principio della parità di trattamento in base alla direttiva 79/7 andrebbe rinviata per le prestazioni dovute per i periodi lavorativi precedenti il 23 dicembre 1984. Un altro elemento di incertezza verrebbe ad aggiungersi quanto all' ambito della normativa comunitaria sulla parità di trattamento. Sorgerebbero inoltre questioni intricate in merito alla valutazione di quali regimi pensionistici soddisfino questo nuovo criterio e quali invece non vi si conformino.

65. L' elemento più convincente della tesi sostenuta dall' ABP e dal governo olandese sembrerebbe risiedere, tuttavia, nel fatto che essi non potevano prevedere che la direttiva 79/7 si applicasse anche al regime ABPW e che considerazioni tassative di certezza del diritto potrebbero giustificare la previsione di una nuova limitazione temporale, cioè che, sebbene la direttiva garantisca il diritto alla parità di trattamento per i periodi lavorativi precedenti, questo diritto può essere fatto valere, in relazione ad un regime come quello della pensione ABPW, soltanto da coloro che hanno già proposto un' azione giurisdizionale. Questa tesi trova conforto nella circostanza che, nel 1985, quando il legislatore olandese ha modificato le disposizioni sull' incorporamento, il rapporto tra il diritto comunitario vigente in materia e il regime pensionistico controverso non era, come ho ricordato (56), affatto chiaro. Queste considerazioni conservano tutta la loro validità, a prescindere dal modo in cui la Corte qualificherà il regime pensionistico. La certezza del diritto sembrerebbe pertanto, ancora una volta, messa in discussione. Questa considerazione, insieme alle conseguenze di ordine economico che un' applicazione pienamente retroattiva del principio della parità di trattamento potrebbe avere nei confronti dell' ABP, potrebbe giustificare la previsione di una nuova limitazione temporale.

66. Ritorno infine alla questione se una rivendicazione, come quella avanzata dal signor Beune, possa considerarsi limitata, come sostiene la Commissione, alla parte della pensione corrispondente ai periodi lavorativi successivi alla data della sentenza Defrenne II (8 aprile 1976). Questa tesi può sembrare prima facie sorprendente, poiché la discriminazione cui si oppone il Beune ha avuto inizio solo nel 1988, quando egli ha cominciato a percepire la sua pensione. Eppure, a mio parere, la tesi sostenuta dalla Commissione è fondata. Il fondamento stesso della rivendicazione del Beune, a norma dell' art. 119, sta nel fatto che la sua pensione è una retribuzione differita nel tempo e che, diversamente dalla causa Barber, la sua rivendicazione si basa su periodi specifici della sua attività lavorativa. Non è logico, a mio parere, che le rivendicazioni relative ad una retribuzione differita possano illimitatamente riferirsi a periodi passati (forse, persino ad una data precedente l' entrata in vigore del Trattato), laddove invece le rivendicazioni relative ad una retribuzione non differita sono state limitate alla data della sentenza che ha dichiarato l' efficacia diretta dell' art. 119. Non vi è dubbio che le possibili conseguenze economiche prese in considerazione dalla Corte nella sentenza Defrenne II siano meno serie nel caso di specie. Peraltro, questa limitazione temporale introduce una distinzione tra le rivendicazioni in materia pensionistica che si basano direttamente sui periodi contributivi e le altre rivendicazioni in fatto di pensioni, fondate su elementi diversi, il che potrebbe rappresentare una complicazione poco auspicabile. Cionondimeno, a mio parere, il fatto stesso di far rientrare un regime pensionistico nella sfera di applicazione dell' art. 119 impone, a rigor di logica, che le rivendicazioni basate su specifici periodi lavorativi vengano limitate nel tempo, negli stessi termini previsti per le altre rivendicazioni in materia di parità di retribuzione.

Conclusione

67. Concludo pertanto che le questioni sollevate dal giudice nazionale debbano essere risolte nel modo seguente, applicando la formula generale ° che, come ho illustrato in precedenza, risulterà utile per la soluzione di altri casi ° secondo la quale le prestazioni corrisposte ai sensi di un regime pensionistico diverso da un regime previdenziale generale rientrano nella nozione di retribuzione ogniqualvolta il diritto del lavoratore a tali prestazioni derivi da un rapporto di lavoro:

"1) Le prestazioni corrisposte nell' ambito di un regime pensionistico destinato a dipendenti e lavoratori del pubblico impiego rientrano nella nozione di retribuzione ai sensi dell' art. 119 del Trattato CEE, a condizione che il diritto del lavoratore a tali prestazioni derivi dal suo rapporto di lavoro.

2) L' efficacia diretta dell' art. 119 del Trattato non può essere fatta valere per chiedere il riconoscimento del diritto alle dette prestazioni in relazione a periodi di attività lavorativa precedenti la data della sentenza Barber (17 maggio 1990), ad eccezione dei lavoratori o dei loro aventi causa che, prima di quella data, abbiano esperito un' azione giurisdizionale o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale vigente.

3) Qualora tale rivendicazione si riferisca a periodi di attività lavorativa precedenti la data della sentenza Barber, l' efficacia diretta dell' art. 119 non può essere fatta valere per le prestazioni relative a periodi di attività lavorativa precedenti la data della sentenza Defrenne II (8 aprile 1976)".

(*) Lingua originale: l' inglese.

(1) - GU L 6 del 12.8.1986, pag. 24.

(2) - E' altresì previsto che nel caso di un soggetto sposato, il cui coniuge non abbia raggiunto il sessantacinquesimo anno di età, la pensione erogata corrisponde al 70% del minimo sociale e che tutti i soggetti cui spetti la pensione prevista dall' AOW percepiscono una quota integrativa pari al massimo al 30% del minimo sociale qualora il coniuge abbia meno di sessantacinque anni. Tali prestazioni non appaiono comunque rilevanti nel caso di specie.

(3) - Citata alla nota 1.

(4) - V. sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka/Weber von Hartz (Racc. pag. 1607).

(5) - V. sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889).

(6) - Ibidem, punti 40-45.

(7) - V. sentenza 6 ottobre 1993, causa C-109/91, Ten Oever (Racc. pag. I-4879, punti 15-20).

(8) - Citata sopra, nota 1.

(9) - V. sentenze 24 giugno 1987, causa 384/85, Borrie Clarke/Chief Adjudication Officer (Racc. pag. 2865, punto 10), 8 marzo 1988, causa 80/87, Dik/College van Burgemeester en Wethouders (Racc. pag. 1601, punto 9), e 11 luglio 1991, cause riunite C-87/90, C-88/90 e C-89/90, Verholen e a. (Racc. pag. 3757, punti 28 e 29).

(10) - V. sentenza 24 giugno 1987, citata alla nota 9, punto 11, ulteriormente confermata dalla sentenza 24 febbraio 1994, causa C-343/92, Roks e a. (Racc. pag. I-571, punto 18).

(11) - GU L 225 del 12.8.1986, pag. 40.

(12) - Art. 2, n. 1.

(13) - Art. 4.

(14) - Art. 8, n. 1.

(15) - Art. 8, n. 2.

(16) - V. sentenza 14 dicembre 1993, causa C-110/91, Moroni (Racc. pag. I-6591, punti 22-24).

(17) - V. sentenza 25 maggio 1971, causa 80/70, Defrenne/Belgio (Racc. pag. 445, punti 7 e 8).

(18) - V. sentenza 13 maggio 1986, causa Bilka, citata alla nota 4, punti 20 e 21.

(19) - V. sentenza 17 maggio 1990, causa Barber, citata sopra alla nota 5, punti 25-27. V. anche sentenza 17 febbraio 1993, causa C-173/91, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-673).

(20) - V. causa Barber, citata alla nota 5, punti 27 e 28.

(21) - Ibidem, punto 26.

(22) - V. sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne/Sabena (Racc. pag. 455, punto 22; il corsivo è mio).

(23) - V. sentenza 18 settembre 1984, causa 23/83, Liefting/Academisch Ziekenhuis bij Universiteit van Amsterdam (Racc. pag. 3225).

(24) - Causa 23/83, citata alla nota 23, pag. 3244.

(25) - Causa 43/75, già citata alla nota 22.

(26) - Causa C-109/91, già citata alla nota 7.

(27) - V. sentenza 13 luglio 1989, causa 171/88, Rinner-Kuehn/FWW Spezial-Gebaeudereinigung (Racc. pag. 2743).

(28) - Causa C-262/88, già citata alla nota 5.

(29) - V. paragrafo 18.

(30) - V. paragrafi 51 e segg.

(31) - V. paragrafi 19 e segg.

(32) - V. nota 17.

(33) - V. art. 2, n. 1, già citato, paragrafo 16.

(34) - V. infra, paragrafo 51.

(35) - V. art. 2, n. 1, della direttiva 86/378.

(36) - Causa 43/75, già citata alla nota 22, punto 21.

(37) - Causa 170/84, già citata alla nota 4, punto 30.

(38) - V. sopra, paragrafo 9.

(39) - Causa C-343/92, già citata alla nota 10, punto 36.

(40) - Causa C-262/88, Barber, già citata alla nota 5, punto 44.

(41) - V. causa C-109/91, Ten Oever, già citata alla nota 7; causa C-110/91, Moroni, già citata alla nota 16, e sentenza 22 dicembre 1993, causa C-152/91, Neath.

(42) - Causa C-262-88, Barber, già citata alla nota 5, punto 45.

(43) - V. causa 43/75, già citata alla nota 22.

(44) - V. sopra, paragrafo 51.

(45) - Ibidem.

(46) - V., ad esempio, cause riunite C-87/90, C-88/90 e C-89/90, Verholen e a., già citate alla nota 9.

(47) - V. sopra, paragrafo 16 e paragrafi 51 e segg.

(48) - Causa C-109/91, già citata alla nota 7. Va detto che la differenza tra la causa Barber e la causa Ten Oever è comunque più limitata rispetto alla differenza riscontrabile tra la causa Barber e il caso di specie, poiché la discriminazione riguardava, nei primi due casi, le eccezioni previste dalle direttive 79/7 e 86/378.

(49) - Su questo punto la Corte non ha seguito l' opinione espressa dall' avvocato generale Van Gerven nelle sue conclusioni, secondo il quale doveva essere introdotta una limitazione temporale ex novo, basata sulla data di quella sentenza (v. paragrafo 51 delle conclusioni).

(50) - V. paragrafo 13.

(51) - Conclusioni presentate il 28 aprile 1993 nella causa Ten Oever, citata alla nota 7, paragrafo 23.

(52) - Art. B del TUE. Tuttavia, a norma dell' art. L del medesimo Trattato, la Corte non esercita alcuna competenza rispetto a tale disposizione.

(53) - V. sopra, paragrafo 15.

(54) - V., per un confronto, sentenza 25 maggio 1985, causa 29/84, Commissione/Germania (Racc. pag. 1661, punto 23).

(55) - V. paragrafo 15.

(56) - V. sopra, paragrafo 57.