Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'8 luglio 1999. - Montecatini SpA contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Regolamento interno della Commissione - Procedimento d'adozione di una decisione da parte del collegio dei membri della Commissione - Norme in materia di concorrenza applicabili alle imprese - Nozioni di accordo e di pratica concordata - Prescrizione - Ammenda. - Causa C-235/92 P.
raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-04539
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1 Procedura - Intervento - Ricevibilità - Riesame dopo un'ordinanza precedente che ammette la ricevibilità
(Statuto CE della Corte di giustizia, art. 37, secondo comma)
2 Atti delle istituzioni - Presunzione di validità - Atto inesistente - Nozione
[Trattato CE, art. 189 (divenuto art. 249 CE)]
3 Procedura - Istanza di provvedimenti istruttori - Proposizione dopo la chiusura della fase orale - Domanda di riapertura della fase orale - Presupposti di ricevibilità
(Regolamento di procedura del Tribunale, art. 62)
4 Procedura - Fase orale - Riapertura - Obbligo di sollevare d'ufficio motivi attinenti alla regolarità del procedimento di adozione della decisione impugnata - Insussistenza
(Regolamento di procedura del Tribunale, art. 62)
5 Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Competenza della Corte - Provvedimenti istruttori - Esclusione
(Statuto CE della Corte di giustizia, art. 54, primo comma; regolamento di procedura della Corte, art. 113, n. 2)
6 Concorrenza - Intese - Pratica concordata - Nozione - Oggetto anticoncorrenziale - Assenza di effetti anticoncorrenziali sul mercato - Irrilevanza
[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]
7 Diritto comunitario - Principi - Diritti fondamentali - Libertà d'espressione - Libertà di associazione
[Trattato sull'Unione europea, art. F, n. 2 (divenuto, in seguito a modifica, art. 6, n. 2, UE)]
8 Concorrenza - Intese - Divieto - Giustificazione - Stato di necessità - Perdita economica - Esclusione
[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]
9 Concorrenza - Intese - Accordo avente ad oggetto di restringere la concorrenza - Oggetto anticoncorrenziale - Uso dell'espressione «scopo anticoncorrenziale» nella versione italiana - Sinonimia
[Trattato CE, art. 85 (divenuto art. 81, CE)]
10 Diritto comunitario - Principi - Diritti fondamentali - Presunzione d'innocenza - Procedimento in materia di concorrenza - Applicabilità
11 Concorrenza - Procedimento amministrativo - Prescrizione in materia di azioni - Dies a quo - Infrazione continuata - Giorno in cui l'infrazione ha avuto fine
[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE); regolamento (CEE) del Consiglio n. 2988/74]
1 Il fatto che la Corte, con precedente ordinanza, abbia ammesso l'intervento di una persona a sostegno delle conclusioni di una parte non osta a che si proceda ad un nuovo esame della ricevibilità del suo intervento.
2 Gli atti delle istituzioni comunitarie godono, in linea di principio, di una presunzione di legittimità e producono pertanto effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, fintantoché non saranno annullati o revocati.
Tuttavia, in deroga a questo principio, gli atti viziati da un'irregolarità la cui gravità sia così evidente che non può essere tollerata dall'ordinamento giuridico comunitario non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, neppure provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. Tale deroga mira a salvaguardare l'equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legalità.
La gravità delle conseguenze che si ricollegano all'accertamento dell'inesistenza di un atto delle istituzioni comunitarie esige che, per ragioni di certezza del diritto, l'inesistenza venga accertata soltanto in casi del tutto estremi.
3 L'istanza di provvedimenti istruttori presentata dopo la chiusura della fase orale può essere accolta soltanto se riguarda fatti che possono esercitare un'influenza decisiva sull'esito della controversia e che l'interessato non aveva potuto far valere prima della chiusura della fase orale. La stessa soluzione si impone riguardo alla domanda di riapertura della fase orale. E' vero che, ai sensi dell'art. 62 del regolamento di procedura del Tribunale, tale giudice dispone, in questo ambito, di un potere discrezionale. Tuttavia, il Tribunale è tenuto ad accogliere una tale domanda solo se la parte interessata si basa su fatti idonei ad esercitare un'influenza decisiva che essa non era stata in grado di far valere prima della chiusura della fase orale.
4 Il Tribunale non è tenuto a disporre la riapertura della fase orale in base ad un supposto obbligo di sollevare d'ufficio motivi attinenti alla regolarità della procedura di adozione di una decisione della Commissione. Infatti, un tale obbligo di sollevare d'ufficio motivi di ordine pubblico può eventualmente sussistere solo in funzione degli elementi di fatto versati agli atti.
5 Esula dall'ambito dell'impugnazione, limitato alle questioni di diritto, l'istanza di una parte alla Corte affinché disponga provvedimenti istruttori volti a determinare le circostanze in cui la Commissione ha adottato la decisione oggetto della sentenza impugnata.
Infatti, da un lato, misure d'istruzione condurrebbero necessariamente la Corte a pronunciarsi su questioni di fatto e modificherebbero l'oggetto della lite sottoposta al Tribunale, in violazione delle disposizioni dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte.
Dall'altro, il ricorso ha ad oggetto solo la sentenza impugnata ed è solamente nel caso in cui questa fosse annullata che, ai sensi dell'art. 54, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quest'ultima potrebbe pronunciarsi essa stessa sulla controversia e quindi conoscere di eventuali vizi della decisione impugnata dinanzi al Tribunale.
6 Una pratica concordata rientra nell'ambito dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), anche in assenza di effetti anticoncorrenziali sul mercato.
Da una parte, risulta dalla lettera stessa della detta norma che, come nel caso degli accordi tra imprese e delle decisioni di associazioni di imprese, le pratiche concordate sono vietate, a prescindere dai loro effetti, allorché hanno un oggetto anticoncorrenziale. D'altra parte, benché la nozione stessa di pratica concordata presupponga un comportamento delle imprese partecipanti sul mercato, essa non implica necessariamente che tale comportamento produca l'effetto concreto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza.
7 La libertà di espressione e quella di riunione pacifica e di associazione, rispettivamente sancite, tra l'altro, dagli artt. 10 e 11 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, fanno parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo e dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea (divenuto, in seguito a modifica, art. 6, n. 2, UE), sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.
8 Sebbene non si possa escludere che lo stato di necessità autorizzi una condotta la quale, in mancanza, violerebbe l'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), tale stato di necessità non può in alcun caso risultare dalla semplice esigenza di evitare una perdita economica.
9 Non è accoglibile la tesi secondo la quale il Tribunale, utilizzando l'espressione «scopo anticoncorrenziale» nel testo italiano della decisione, avrebbe introdotto un terzo presupposto per l'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE). Infatti l'espressione «scopo anticoncorrenziale», usata come sinonimo di «oggetto anticoncorrenziale», appare conforme alla nozione di oggetto di cui all'art. 85, n. 1, come risulta dal raffronto delle diverse versioni linguistiche di tale norma, in particolare delle versioni danese («formål»), tedesca («bezwecken»), finlandese («tarkoituksena»), irlandese («gcuspóir»), olandese («strekken»), portoghese («objectivo») e svedese («syfte»).
10 Il principio della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall'art. 6, n. 2, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo nonché dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.
Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d'innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende.
11 Sebbene la nozione di infrazione continuata abbia un contenuto leggermente diverso negli ordinamenti giuridici dei vari Stati membri, essa comporta in ogni caso una pluralità di comportamenti illeciti, o di atti di esecuzione di un'unica infrazione, unificati da un elemento soggettivo comune.
Pertanto, correttamente il Tribunale ha ritenuto che attività che rientravano in sistemi di riunioni periodiche, di fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quote e perseguivano un unico obiettivo costituissero un'infrazione continuata alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), cosicché il termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 1 del regolamento n. 2988/74, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore della concorrenza, poteva cominciare a decorrere soltanto dal giorno in cui l'infrazione aveva avuto fine.
Nel procedimento C-235/92 P,
Montecatini SpA, già Montedison SpA, poi Montepolimeri SpA, poi Montedipe SpA, con sede in Milano, con gli avv.ti G. Aghina e G. Celona, del foro di Milano, e P.A.M. Ferrari, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. G. Margue, 20, rue Philippe II,
ricorrente,
sostenuta da
DSM NV, con sede in Heerlen (Paesi Bassi), con l'avv. I.G.F. Cath, del foro dell'Aia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'avv. L. Dupong, 14 A, rue des Bains,
interveniente in sede d'impugnazione,
avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Prima Sezione) il 10 marzo 1992 nella causa T-14/89, Montedipe/Commissione (Racc. pag. II-1155), procedimento in cui l'altra parte è: Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor G. Marenco, consigliere giuridico principale, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg, convenuta in primo grado,
LA CORTE
(Sesta Sezione),
composta dai signori P.J.G. Kapteyn, presidente di sezione, G. Hirsch, G.F. Mancini (relatore), J.L. Murray e H. Ragnemalm, giudici,
avvocato generale: G. Cosmas
cancellieri: H. von Holstein, cancelliere aggiunto, e signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale
vista la relazione d'udienza,
sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 12 marzo 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 15 luglio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 22 maggio 1992, la Montecatini SpA (già Montedison SpA, poi Montepolimeri SpA, poi Montedipe SpA; in prosieguo: la «Monte») ha proposto, ai sensi dell'art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, un ricorso contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il 10 marzo 1992 nella causa T-14/89, Montedipe/Commissione (Racc. pag. II-1155; in prosieguo: la «sentenza impugnata»).
Fatti e procedimento dinanzi al Tribunale
2 I fatti all'origine della controversia, quali risultano dalla sentenza impugnata, sono i seguenti.
3 Diverse imprese operanti nell'industria europea dei prodotti petrolchimici hanno proposto dinanzi al Tribunale un ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'articolo 85 del Trattato CEE (IV/31.149 - Polipropilene) (GU L 230, pag. 1; in prosieguo: la «decisione polipropilene»).
4 Secondo quanto constatato dalla Commissione, e successivamente confermato dal Tribunale, il mercato del polipropilene era rifornito, prima del 1977, da dieci produttori, di cui quattro [la Monte, la Hoechst AG, la Imperial Chemical Industries plc (in prosieguo: l'«ICI») e la Shell International Chemical Company Ltd (in prosieguo: la «Shell»), in prosieguo: le «quattro grandi»] rappresentavano insieme il 64% del mercato. A seguito della scadenza dei brevetti di controllo detenuti dalla Monte, nuovi produttori si sono affacciati sul mercato nel 1977, dando luogo ad un incremento sostanziale della capacità produttiva reale alla quale tuttavia non ha fatto riscontro un corrispondente aumento della domanda. Ciò ha avuto come conseguenza un'utilizzazione delle capacità di produzione compresa tra il 60% nel 1977 e il 90% nel 1983. Ciascuno dei produttori allora stabiliti nella Comunità vendeva in tutti o quasi tutti gli Stati membri.
5 La Monte era una delle imprese che rifornivano il mercato nel 1977. Era il principale produttore di polipropilene e, di conseguenza, una delle quattro grandi. La sua posizione sul mercato dell'Europa occidentale si situava all'incirca tra il 14,2 e il 15%. Nel 1983, dopo aver ripreso l'attività dell'Enichem Anic SpA, deteneva il 18% del mercato del polipropilene nell'Europa occidentale.
6 In seguito ad accertamenti effettuati simultaneamente presso diverse imprese del settore, la Commissione ha indirizzato a numerosi produttori di polipropilene richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204). Dal punto 6 della sentenza impugnata risulta che le informazioni raccolte hanno indotto la Commissione a concludere che tra il 1977 e il 1983 i produttori interessati, contravvenendo all'art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE), avevano, con una serie di iniziative in materia di prezzi, fissato regolarmente prezzi-obiettivo ed avevano elaborato un sistema di controllo annuale delle vendite allo scopo di ripartirsi il mercato disponibile sulla base di quantitativi o di percentuali concordati. Ciò ha condotto la Commissione ad avviare il procedimento previsto dall'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 e ad inviare una comunicazione scritta degli addebiti a numerose imprese, tra cui la Monte.
7 A conclusione del procedimento la Commissione ha adottato la decisione polipropilene, in cui ha constatato che la Monte aveva violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando con altre imprese, per quanto la riguardava all'incirca dalla metà del 1977 sino almeno al novembre 1983, ad un accordo e ad una pratica concordata risalenti alla metà del 1977, in base ai quali i produttori fornitori di polipropilene nel territorio del mercato comune:
- si tenevano in contatto reciproco e si incontravano periodicamente (dall'inizio del 1981, due volte al mese) in una serie di riunioni segrete per discutere e definire le proprie politiche commerciali;
- stabilivano periodicamente prezzi «obiettivo» (o minimi) per la vendita del prodotto in ciascuno Stato membro della Comunità;
- concordavano vari provvedimenti intesi a facilitare l'attuazione di tali prezzi-obiettivo, compresi (a titolo principale) riduzioni temporanee della produzione, lo scambio di informazioni particolareggiate sulle proprie forniture, l'organizzazione di riunioni locali e, dagli ultimi mesi del 1982, un sistema di «direzione contabile» volto ad applicare gli aumenti di prezzi a singoli clienti;
- aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di detti obiettivi;
- si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore un obiettivo o una quota di vendite annue (1979, 1980 e almeno parte del 1983) o, in mancanza di un accordo definitivo riguardante l'intero anno, chiedendo ai produttori di limitare le proprie vendite di ciascun mese prendendo come base un periodo precedente (1981 e 1982) (art. 1 della decisione polipropilene).
8 La Commissione ha ingiunto inoltre alle varie imprese interessate di porre immediatamente fine alle infrazioni e di astenersi per il futuro da qualsiasi accordo o pratica concordata che potesse avere oggetto od effetto identico o analogo. Essa ha ingiunto loro altresì di porre fine a qualunque sistema di scambio d'informazioni normalmente coperte dal segreto commerciale, nonché di fare in modo che ogni sistema di scambio di informazioni generali (quale il sistema Fides) fosse gestito in modo tale da escludere ogni informazione che consentisse di individuare il comportamento dei singoli produttori (art. 2 della decisione polipropilene).
9 Alla Monte è stata inflitta un'ammenda di 11 000 000 di ECU, pari a LIT 16 187 490 000 (art. 3 della decisione polipropilene).
10 Il 6 agosto 1986 la Monte ha proposto un ricorso d'annullamento avverso tale decisione dinanzi alla Corte. La fase scritta si è svolta interamente davanti alla Corte. Con ordinanza 15 novembre 1989 la causa è stata rinviata al Tribunale ai sensi della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 319, pag. 1).
11 Dinanzi al Tribunale la Monte ha concluso chiedendo l'annullamento della decisione polipropilene nella parte che la riguardava, in via subordinata, il suo annullamento nella parte in cui le veniva irrogata l'ammenda, in via di ulteriore subordine, il suo annullamento nella parte in cui le veniva irrogata un'ammenda di 11 000 000 di ECU e la riduzione dell'ammenda ad un ammontare simbolico o comunque equo, che tenesse conto quanto meno della prescrizione, e in ogni caso la condanna della Commissione alle spese, alla totale rifusione delle spese sostenute per la procedura amministrativa nonché al risarcimento di tutti i danni conseguenti all'esecuzione della decisione polipropilene o alla prestazione di garanzie sostitutive dell'esecuzione, ivi compresi gli interessi e la rivalutazione delle somme versate a titolo di esecuzione o in corrispettivo delle garanzie.
12 La Commissione ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese.
13 Con lettera depositata alla cancelleria del Tribunale il 6 marzo 1992, la Monte ha chiesto al Tribunale di riaprire la fase orale e di disporre provvedimenti istruttori a causa delle dichiarazioni rese dalla Commissione nel corso della conferenza stampa tenutasi il 28 febbraio 1992, dopo la sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, da T-84/89 a T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II-315; in prosieguo: la «sentenza PVC del Tribunale»).
La sentenza impugnata
Sull'accertamento dell'infrazione: Ricostruzione dei fatti
L'accordo sui prezzi base
14 Ai punti 68 e 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha rilevato che il testo della nota del dipendente della Hercules, cui la Commissione aveva fatto riferimento per dimostrare l'esistenza di un accordo sui prezzi base, era chiaro e privo di ambiguità e che la Monte non aveva prodotto alcun dato idoneo ad infirmarne il valore probatorio.
15 Secondo il punto 70, il fatto che non sia stato possibile spuntare i prezzi base convenuti non può far dubitare dell'adesione della Monte all'accordo sui prezzi base poiché, anche dandolo per provato, questo fatto tenderebbe tutt'al più a dimostrare che i prezzi base non sono stati applicati e non che essi non sono stati concordati. Al punto 71 il Tribunale ha ritenuto che i prezzi base non differissero, per natura, dai prezzi obiettivo fissati successivamente dai produttori di polipropilene.
16 Il Tribunale ne ha concluso, al punto 72, che la Commissione aveva sufficientemente provato come verso la metà del 1977 si fosse prodotto un concorso di volontà tra vari produttori, tra cui la Monte, riguardante la fissazione di prezzi base.
Il sistema delle riunioni periodiche
17 Al punto 82 il Tribunale ha rilevato che la Monte non negava la sua partecipazione alle riunioni regolari tra produttori di polipropilene e che, pertanto, si doveva ritenere che essa avesse partecipato a tutte le riunioni che, secondo la decisione, avevano avuto luogo. Al punto 83 il Tribunale ha considerato che giustamente la Commissione aveva ritenuto, in base agli elementi forniti dall'ICI nella risposta alla richiesta di informazioni, confermati dai resoconti di varie riunioni, che queste ultime avessero segnatamente lo scopo di fissare obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendita.
18 Al punto 84 il Tribunale ha altresì rilevato che il contenuto dei resoconti delle riunioni provenienti dall'ICI era confermato da vari documenti - come un certo numero di tabelle contenenti dati numerici relativi ai volumi delle vendite di vari produttori e come alcune istruzioni in materia di prezzi corrispondenti ai prezzi obiettivo menzionati nei suddetti resoconti - nonché, globalmente, dalle risposte dei vari produttori alla richiesta di informazioni della Commissione. Di conseguenza, stando al punto 85, ben poteva la Commissione ritenere che i resoconti delle riunioni rinvenuti presso l'ICI rispecchiassero abbastanza obiettivamente il contenuto delle riunioni. Al punto 86 il Tribunale ha ritenuto che, in tali circostanze, spettasse alla Monte fornire una diversa spiegazione del contenuto delle riunioni cui aveva partecipato, producendo elementi precisi in proposito, ma ha constatato che essa non aveva prodotto, né si era offerta di produrre, elementi del genere.
19 Secondo il punto 88 della sentenza impugnata, altrettanto giustamente la Commissione ha dedotto dalla risposta dell'ICI relativa alla periodicità delle riunioni di «dirigenti» e di «esperti», nonché dall'identità della natura e dello scopo delle riunioni, che queste si inserivano in un sistema di riunioni periodiche.
20 Per quanto riguarda il ruolo particolare svolto dalle «quattro grandi» nel sistema delle riunioni, il Tribunale ha rilevato, al punto 89, che la Monte non contestava che, alle date indicate dalla Commissione, avessero avuto luogo riunioni tra le dette imprese. Secondo il punto 90, a partire dal dicembre 1982 tali riunioni si erano tenute alla vigilia delle riunioni di «dirigenti» allo scopo di determinare le azioni che le quattro grandi avrebbero potuto promuovere insieme per giungere a un aumento dei prezzi, come dimostra la nota di un dipendente dell'ICI attinente al contenuto di una riunione preliminare del 19 maggio 1983 cui avevano partecipato le quattro grandi.
21 Al punto 91 il Tribunale ne ha concluso che la Commissione aveva sufficientemente provato che la Monte aveva partecipato regolarmente alle riunioni periodiche di produttori di polipropilene tra la fine del 1977 e il settembre 1983, che tali riunioni, sino all'agosto 1982, erano state presiedute da funzionari della Monte, che esse avevano come scopo, in particolare, la fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendita e che avevano carattere sistematico.
Le iniziative in materia di prezzi
22 Al punto 128 il Tribunale ha rilevato che i resoconti delle riunioni periodiche di produttori di polipropilene mostravano come i produttori che vi avevano partecipato avessero concordato in quella sede le iniziative in materia di prezzi menzionate nella decisione polipropilene. Secondo il punto 129, poiché la sua partecipazione alle dette riunioni era sufficientemente comprovata, la Monte non poteva sostenere, senza addurre indizi atti a corroborare questo assunto, di non aver aderito alle iniziative in materia di prezzi che erano state decise, organizzate e controllate in quella sede.
23 Al punto 131 il Tribunale ha dichiarato che l'argomento della Monte secondo il quale essa non avrebbe tenuto conto dei risultati delle riunioni per determinare il suo comportamento sul mercato in materia di prezzi non poteva essere considerato indizio atto a corroborare l'affermazione secondo la quale essa non aveva sottoscritto le iniziative in materia di prezzi concordate nel corso delle riunioni, ma tendeva tutt'al più a dimostrare che essa non aveva attuato il risultato delle riunioni. Al punto 132 il Tribunale ha rilevato che, in ogni caso, la Monte non poteva avvalersi della natura meramente interna delle sue istruzioni in materia di prezzi, poiché, anche se meramente interne in quanto rivolte agli uffici vendite dalla sede centrale, tali istruzioni erano state nondimeno inviate al fine di essere eseguite e, quindi, di produrre direttamente o indirettamente effetti esterni, il che le privava della loro natura interna.
24 Per quanto riguarda il contesto economico nel quale si sono inserite le iniziative in materia di prezzi, il Tribunale ha osservato, al punto 133, che esso non consentiva di spiegare la concordanza reciproca delle relative istruzioni impartite ai diversi produttori e la loro concordanza con i prezzi obiettivo fissati nel corso delle riunioni dei produttori. Secondo il punto 134, nemmeno l'identità di costrizioni gravanti sui produttori in merito a taluni fattori produttivi consentiva di spiegare la quasi simultaneità delle istruzioni in materia di prezzi della Monte e di quelle degli altri produttori.
25 Inoltre, secondo il punto 135, non si può parlare di una qualsiasi forma di «price leadership» di un produttore una volta che la Commissione abbia sufficientemente provato che questo produttore ha partecipato insieme ad altri a un accordo riguardante i prezzi. Al punto 136 il Tribunale ha aggiunto che la Commissione giustamente aveva dedotto dalla risposta dell'ICI alla richiesta di informazioni che tali iniziative si inserivano in un sistema di fissazione di obiettivi in materia di prezzi.
26 Il Tribunale ne ha concluso, al punto 137, che la Commissione aveva sufficientemente provato che la Monte faceva parte dei produttori fra i quali si erano verificati concorsi di volontà vertenti sulle iniziative in materia di prezzi menzionate nella decisione polipropilene, che tali iniziative si inserivano in un sistema e che avevano prodotto effetti sino al novembre 1983.
Le misure destinate ad agevolare l'attuazione delle iniziative in materia di prezzi
27 Al punto 143 il Tribunale ha considerato che la decisione polipropilene doveva essere interpretata nel senso che essa addebitava a ciascun produttore di avere, in momenti diversi, in occasione delle riunioni, adottato con gli altri produttori un insieme di misure dirette a creare condizioni favorevoli ad un aumento dei prezzi, segnatamente riducendo artificiosamente l'offerta di polipropilene, insieme la cui esecuzione era stata ripartita di comune accordo fra i vari produttori in funzione della loro situazione specifica. Al punto 144 il Tribunale ha constatato che, partecipando alle riunioni durante le quali il predetto insieme di misure era stato adottato, la Monte vi aveva aderito, poiché non aveva prodotto nessun indizio atto a dimostrare il contrario.
28 Per quanto riguarda la «leadership contabile», il Tribunale ha rilevato, al punto 145, come dai resoconti delle riunioni del 2 settembre 1982, del 2 dicembre 1982 e della primavera 1983, alle quali aveva partecipato la Monte, si ricavasse che in quelle sedi i produttori presenti avevano aderito a tale sistema. Secondo il punto 146, lo studio prodotto dalla Monte, in ragione del suo carattere eccessivamente limitato, non consentiva di dimostrare che essa non aveva rivestito il ruolo di «leader contabile» nei confronti dei clienti per i quali era stata designata come tale.
29 Ai punti 147 e 148 il Tribunale ha constatato che l'attuazione, quanto meno parziale, di tale sistema era attestata dal resoconto della riunione del 3 maggio 1983 e da quello di un'altra riunione della primavera del 1983, nonché dalla risposta dell'ICI alla richiesta di informazioni. Il Tribunale ha rilevato peraltro, al punto 149, che la Monte non contestava specificamente di aver partecipato alla decisione di adottare altre misure volte a facilitare l'attuazione delle iniziative in materia di prezzi.
30 Al punto 150 il Tribunale ne ha concluso che la Commissione aveva sufficientemente provato che la Monte figurava tra i produttori di polipropilene fra i quali si erano prodotti concorsi di volontà vertenti sulle misure destinate ad agevolare l'attuazione delle iniziative in materia di prezzi menzionate nella decisione polipropilene.
Gli obiettivi in termini di quantitativi e le quote
31 Il Tribunale ha anzitutto rammentato, al punto 175, che la Monte aveva partecipato sin dall'inizio alle riunioni periodiche di produttori di polipropilene durante le quali si erano svolte discussioni relative ai quantitativi di vendita dei vari produttori ed erano state scambiate informazioni a questo proposito. Al punto 176 ha rilevato che, parallelamente a tale partecipazione, il nome della Monte figurava in varie tabelle rinvenute presso produttori di polipropilene, il contenuto delle quali indicava chiaramente che erano destinate a definire obiettivi in materia di quantitativi di vendita. La Commissione poteva quindi a buon diritto considerare che il contenuto di tali tabelle, necessariamente realizzate sulla base di informazioni provenienti dai produttori e non in base alle statistiche del sistema Fides, nella parte in cui riguardava la Monte era stato fornito dalla stessa nell'ambito delle riunioni. Per quanto riguarda l'asserita falsità di tali informazioni, il Tribunale ha osservato, al punto 177, da una parte, che essa era smentita dalla menzione, in una delle tabelle, di un raffronto tra i dati forniti da taluni produttori e le cifre del sistema Fides. Dall'altra, secondo il Tribunale, l'eventuale falsità delle informazioni tendeva a confermare che esse dovevano servire all'adozione di una decisione a seguito di trattative aventi lo scopo di conciliare interessi individualmente contrari, ma globalmente convergenti. Al punto 178 il Tribunale ha rilevato che la terminologia usata nelle tabelle relative agli anni 1979 e 1980 consentiva di concludere che vi erano stati concorsi di volontà fra i produttori.
32 Per quanto riguarda più in particolare il 1979, al punto 179 il Tribunale ha rilevato che il resoconto della riunione 26 e 27 settembre 1979 come pure la tabella intitolata «Producer's Sales to West Europe», reperita presso l'ICI, dimostravano che il regime inizialmente previsto per il 1979 doveva essere reso più rigoroso negli ultimi tre mesi di quell'anno.
33 Al punto 180 il Tribunale ha rilevato che la fissazione per il 1980 di quantitativi di vendita per l'intero anno risultava dalla tabella datata 26 febbraio 1980, reperita presso l'Atochem SA, nonché dal resoconto delle riunioni del gennaio 1981; a tal proposito, ha rilevato che, se le cifre risultanti da tali due fonti erano diverse, ciò era dovuto al fatto che le previsioni dei produttori avevano dovuto subire una riduzione. Al punto 181 ha aggiunto che, secondo il resoconto delle riunioni del gennaio 1981, la Monte aveva fornito i suoi dati di vendita per il 1980 allo scopo di raffrontarli con i volumi di vendita definiti e accettati per il 1980.
34 Ai punti 182-187 il Tribunale ha rilevato che per il 1981 si faceva carico ai produttori di aver partecipato alle trattative dirette ad un accordo in materia di quote, di aver indicato le loro «aspirazioni» e di aver convenuto, come misura temporanea, di ridurre, nel periodo febbraio-marzo 1981, le loro vendite mensili
a 1/12 dell'85% dell'«obiettivo» concordato per il 1980, di essersi assegnati per il resto dell'anno la stessa quota teorica dell'anno precedente, di aver reso note ogni mese, durante le riunioni, le rispettive vendite e, infine, di aver controllato se le loro vendite rispettassero le quote teoriche assegnate. Secondo il Tribunale l'esistenza di tali trattative e la comunicazione delle «aspirazioni» erano attestate da vari elementi di prova, come tabelle e una nota interna dell'ICI; l'adozione di misure temporanee per il periodo febbraio-marzo 1981 risultava dal resoconto delle riunioni del gennaio 1981; il fatto che i produttori si fossero assegnati per il resto dell'anno la stessa quota teorica dell'anno precedente ed avessero controllato, scambiandosi mensilmente i dati relativi alle vendite, il rispetto di tale quota, era provato dalla combinazione di una tabella datata 20 dicembre 1981, di una tabella senza data intitolata «Scarti per società» trovata presso l'ICI e di una tabella senza data, del pari rinvenuta presso l'ICI; la partecipazione della Monte a queste varie attività, secondo il Tribunale, risultava sia dalla sua presenza alle riunioni nelle quali si erano svolte le azioni di cui trattasi sia dalla menzione del suo nome nei vari documenti citati.
35 Ai punti 188-192 il Tribunale ha osservato che, per quanto riguarda il 1982, si rimproverava ai produttori di aver partecipato alle trattative miranti ad un accordo in materia di quote, di aver espresso le proprie «aspirazioni» in materia di quantitativi, di aver comunicato, in mancanza di un accordo definitivo, i dati relativi alle vendite mensili durante il primo semestre, confrontandoli con la percentuale realizzata nell'anno precedente, e di essersi adoperati, durante il secondo semestre, per limitare le loro vendite mensili alla percentuale del mercato globale ottenuta nel primo semestre di tale anno. Secondo il Tribunale l'esistenza di tali trattative e la comunicazione delle «aspirazioni» erano attestate da un documento intitolato «Scheme for discussions "quota system 1982"», da una nota dell'ICI intitolata «Polipropilene 1982, Guidelines», da una tabella datata 17 febbraio 1982 e da una tabella redatta in italiano che costituiva una proposta complessa; le misure adottate per il primo semestre risultavano dal resoconto della riunione del 13 maggio 1982 e dalle dichiarazioni della Monte che vi compaiono; l'attuazione di tali misure era attestata dai resoconti delle riunioni del 9 giugno, del 20 e 21 luglio e del 20 agosto 1982; le misure prese per il secondo semestre erano provate dal resoconto della riunione del 6 ottobre 1982 e il loro mantenimento era confermato dal resoconto della riunione del 2 dicembre 1982.
36 Al punto 193 il Tribunale ha rilevato altresì che, per quanto riguardava gli anni 1981 e 1982, la Commissione aveva giustamente desunto dal reciproco controllo, nel corso delle riunioni periodiche, dell'attuazione di un sistema di limitazione delle vendite mensili con riferimento ad un periodo precedente che tale sistema era stato adottato dai partecipanti alle riunioni.
37 Per l'anno 1983 il Tribunale ha constatato, ai punti 194-200, che dai documenti prodotti dalla Commissione risultava che alla fine del 1982 e all'inizio del 1983 i produttori di polipropilene avevano discusso di un sistema di quote relativo al 1983, che la Monte aveva partecipato alle riunioni in cui avevano avuto luogo tali discussioni, che essa aveva fornito in quella sede dati relativi alle sue vendite e che nella tabella 2 allegata al resoconto della riunione del 2 dicembre 1982 figurava, a fianco della quota indicata in corrispondenza del suo nome, la menzione «accettabile», cosicché la Monte aveva partecipato alle trattative intese all'istituzione di un sistema di quote per il 1983. Secondo il Tribunale, la Commissione giustamente ha desunto dal testo combinato del resoconto della riunione del 1_ giugno 1983 e di quello di una riunione interna del gruppo Shell del 17 marzo 1983, confermati da altri due documenti recanti la cifra dell'11% come quota di mercato per la Shell, che tali trattative avevano condotto all'istituzione di un sistema del genere. Inoltre, secondo il Tribunale, il fatto che le vendite della Monte non fossero state sempre corrispondenti alle quote assegnatele non era pertinente, poiché la decisione della Commissione non si basava sull'applicazione effettiva da parte della Monte del sistema di quote sul mercato per dimostrare la sua partecipazione a tale sistema. Il Tribunale ha aggiunto che, data l'identità degli scopi delle varie misure di limitazione dei quantitativi di vendita - vale a dire la riduzione della pressione esercitata sui prezzi dall'offerta esuberante -, giustamente la Commissione aveva concluso che tali misure si inserivano in un sistema di quote.
38 Il Tribunale ne ha concluso, al punto 201, che la Commissione aveva sufficientemente provato che la Monte faceva parte dei produttori di polipropilene fra i quali si erano prodotti concorsi di volontà vertenti sugli obiettivi di quantitativi di vendita per gli anni 1979, 1980 e la prima metà del 1983 e sulla limitazione delle loro vendite mensili, con riferimento ad un periodo precedente, per il 1981 e 1982, menzionati nella decisione polipropilene e che si inserivano in un sistema di quote.
Sull'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato
La qualificazione giuridica
39 Ai punti 228 e 229 della sentenza impugnata il Tribunale ha osservato che la Commissione aveva qualificato ciascun elemento di fatto, in via principale, come accordo o, in subordine, come pratica concordata ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Al punto 230, riferendosi alle sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione (Racc. pag. 661), e 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione (Racc. pag. 3125), il Tribunale ha rilevato che, perché sussista un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo. La Commissione pertanto poteva qualificare come accordi i concorsi di volontà tra la Monte e gli altri produttori, vertenti su prezzi base nel 1977, su iniziative in materia di prezzi, su misure volte a facilitare l'attuazione delle iniziative in materia di prezzi, su obiettivi in materia di quantitativi di vendita per il 1979, 1980 e per la prima metà del 1983, nonché su misure di limitazione delle vendite mensili con riferimento a un periodo precedente per il 1981 e 1982. Inoltre il Tribunale ha indicato, al punto 231, che la Commissione, avendo sufficientemente provato che gli effetti delle iniziative in materia di prezzi si erano prodotti fino al novembre 1983, giustamente aveva considerato che l'infrazione si fosse protratta almeno fino al novembre 1983. In proposito, facendo riferimento alla sentenza della Corte 3 luglio 1985, causa 243/83, Binon (Racc. pag. 2015), il Tribunale ha osservato che l'art. 85 del Trattato si applica anche agli accordi che non sono più in vigore, ma continuano a produrre effetti oltre la data dell'estinzione ufficiale.
40 Per definire la nozione di pratica concordata, il Tribunale, al punto 232, si è richiamato alla sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione (Racc. pag. 1663). Quanto al caso di specie, al punto 233 esso ha osservato che la Monte aveva partecipato a riunioni aventi ad oggetto la fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendita e comportanti scambi di informazioni fra imprese concorrenti a questo proposito e che aveva quindi preso parte ad una concertazione avente lo scopo di influire sul comportamento dei produttori sul mercato e di rivelare il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato. Al punto 234 il Tribunale ha aggiunto che la Monte non aveva soltanto perseguito lo scopo di eliminare anticipatamente l'incertezza quanto al comportamento futuro dei suoi concorrenti, ma aveva dovuto necessariamente tener conto, direttamente o indirettamente, delle informazioni ottenute nel corso delle dette riunioni per definire la condotta che essa intendeva seguire sul mercato. Del pari, secondo il Tribunale, i suoi concorrenti, per definire la condotta che intendevano seguire sul mercato, avevano dovuto necessariamente tener conto, direttamente o indirettamente, delle informazioni loro rivelate dalla Monte circa il comportamento che questa aveva deciso, o prevedeva, di tenere sul mercato. Al punto 235 il Tribunale ha concluso che la Commissione, considerato il loro scopo, aveva giustamente qualificato in subordine come pratiche concordate ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato le riunioni periodiche alle quali la Monte aveva partecipato tra la fine del 1977 e il settembre 1983.
41 In merito all'esistenza di un'infrazione unica, qualificata all'art. 1 della decisione polipropilene come «accordo e pratica concordata», dopo aver ricordato, al punto 236, che le varie pratiche concordate e i vari accordi si inserivano nel caso di specie, data l'identità dei loro scopi, in sistemi di riunioni periodiche, di fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quote, il Tribunale ha sottolineato, al punto 237, che tali sistemi facevano parte, a loro volta, di una serie di iniziative delle imprese di cui trattasi miranti ad un unico scopo economico, quello di falsare il normale andamento dei prezzi sul mercato del polipropilene. Secondo il Tribunale sarebbe quindi artificioso frazionare tale comportamento continuato, caratterizzato da un'unica finalità, ravvisandovi più infrazioni distinte. Infatti, la Monte aveva partecipato per anni ad un insieme integrato di sistemi costituenti un'infrazione unica che si era gradualmente concretata sia attraverso accordi sia attraverso pratiche concordate illeciti.
42 Al punto 238 il Tribunale ha rilevato pertanto che la Commissione poteva qualificare tale infrazione unica come «accordo e pratica concordata», in quanto essa era composta ad un tempo di elementi che andavano qualificati «accordi» e di elementi da qualificare «pratiche concordate». A giudizio del Tribunale, di fronte ad un'infrazione complessa, la duplice qualifica attribuita dalla Commissione nell'art. 1 della decisione polipropilene doveva essere intesa non come una qualifica che richiedeva simultaneamente e cumulativamente la prova che ciascuno di tali elementi di fatto possedeva gli elementi costitutivi di un accordo e di una pratica concordata, ma nel senso che essa designava un insieme complesso di elementi di fatto, taluni dei quali erano stati qualificati accordi ed altri pratiche concordate ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, il quale non prevede qualificazioni specifiche per questo tipo di infrazione complessa.
L'effetto restrittivo sulla concorrenza
43 Quanto all'argomento della Monte volto a dimostrare che la sua partecipazione alle riunioni periodiche di produttori di polipropilene non aveva effetto anticoncorrenziale, il Tribunale ha ricordato, al punto 246, che in ogni caso queste riunioni avevano avuto lo scopo di restringere la concorrenza all'interno del mercato comune, segnatamente mediante la fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendita e che, di conseguenza, la sua partecipazione a tali riunioni non era priva di oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.
Il pregiudizio per il commercio fra Stati membri
44 Al punto 253 il Tribunale ha osservato che, alla luce dell'art. 85, n. 1, del Trattato, la Commissione non aveva l'obbligo di dimostrare che la partecipazione della ricorrente a un accordo e a una pratica concordata avesse avuto un effetto sensibile sugli scambi fra Stati membri, ma soltanto che gli accordi e le pratiche concordate potessero pregiudicare il commercio fra Stati membri. A questo proposito, e con riferimento alla sentenza Van Landewyck e a./Commissione, già citata, il Tribunale ha constatato che le restrizioni della concorrenza rilevate nel caso di specie potevano sviare i flussi commerciali dall'orientamento che avrebbero altrimenti avuto. Il Tribunale ha quindi concluso, al punto 254, che la Commissione aveva provato sufficientemente che l'infrazione alla quale la Monte aveva partecipato poteva pregiudicare il commercio fra Stati membri e che non era necessario che essa dimostrasse che la partecipazione individuale della Monte avesse pregiudicato gli scambi fra Stati membri.
Le esimenti
45 Per quanto riguarda gli argomenti della Monte secondo i quali la Commissione avrebbe dovuto esaminare il contenuto degli accordi con riguardo alla situazione economica nella quale essi si inscrivevano e, in ogni caso, applicare la «rule of reason», il Tribunale ha ricordato, al punto 264, che la Commissione aveva sufficientemente dimostrato come gli accordi e le pratiche concordate avessero uno scopo anticoncorrenziale ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Pertanto, secondo il Tribunale, la rilevanza della questione se essi avessero prodotto effetti anticoncorrenziali si limitava alla valutazione dell'ammontare dell'ammenda. Al punto 265 il Tribunale ha sottolineato che il carattere manifesto dell'infrazione ostava comunque all'applicazione di una «rule of reason», ammesso che una regola del genere trovi applicazione nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza, poiché si trattava, in tale ipotesi, di un'infrazione «per se» delle norme sulla concorrenza.
46 Al punto 271 il Tribunale ha rilevato che la Monte non poteva sostenere che gli accordi che essa aveva concluso e le pratiche concordate alle quali aveva partecipato avrebbero dovuto beneficiare dell'applicazione dell'art. 85, n. 3, del Trattato. Infatti, in forza dell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 17, la Monte avrebbe dovuto anzitutto notificare gli accordi e le pratiche concordate alla Commissione per potersi valere dell'art. 85, n. 3, del Trattato, cosa che non aveva fatto. Secondo il punto 272, la Monte non poteva quindi asserire di essere vittima di una discriminazione rispetto ad imprese i cui accordi fossero stati esentati in forza della detta disposizione.
47 Poiché la Monte aveva affermato che i provvedimenti adottati dai produttori avevano avuto effetti straordinariamente benefici, a prezzo di gravissime perdite per i produttori, il Tribunale ha rilevato, ai punti 279 e 280, che, anche ammettendo che una tale evoluzione positiva del mercato avesse avuto luogo e che avesse una qualsiasi rilevanza nella fattispecie, la Monte non aveva comunque dimostrato che la detta evoluzione fosse dovuta agli accordi che essa aveva concluso e alle pratiche concordate alle quali aveva partecipato. A parere del Tribunale, l'argomento della Monte secondo il quale i produttori già presenti sul mercato avrebbero potuto ostacolare l'ingresso dei nuovi arrivati sul mercato anziché canalizzarlo trascurava il fatto che i nuovi arrivati erano imprese di grandi dimensioni, che potevano permettersi di subire perdite, anche ingenti, per vari anni al fine di penetrare nel mercato del polipropilene.
48 Ai punti 286 e 287 il Tribunale ha constatato che il principio della ripartizione dei sacrifici, di comune accordo, tra le imprese, invocato dalla Monte in considerazione di uno stato di necessità, contrastava con la concorrenza che l'art. 85 del Trattato ha lo scopo di tutelare. Pertanto, secondo il Tribunale, non spettava alle imprese attuare tale principio senza riferirne all'autorità comunitaria competente e senza rispettare le procedure a tal fine previste.
49 Ai punti 295 e 296 il Tribunale ha dichiarato che la vendita sotto costo può costituire una forma di concorrenza sleale se mira a rafforzare la posizione concorrenziale di un'impresa a scapito dei suoi concorrenti, ma non qualora la vendita a un prezzo inferiore al prezzo di costo sia causata dal gioco della domanda e dell'offerta, come avveniva nella fattispecie. Di conseguenza, secondo il Tribunale, i partecipanti a un'intesa diretta a far passare i prezzi da un livello inferiore al prezzo di costo a un prezzo uguale o superiore a quest'ultimo non possono sostenere, per giustificare il loro comportamento, che tale intesa miri a far cessare una concorrenza sleale.
50 Al punto 301 il Tribunale ha considerato che il paragone fatto dalla Monte con le associazioni di produttori e/o di consumatori di materie prime, che avrebbero stabilizzato i mercati, era del tutto infondato, giacché gli accordi in questione costituivano discipline pubbliche di mercato, che non erano paragonabili agli accordi conclusi nella fattispecie dai produttori di polipropilene.
51 Il Tribunale ha dichiarato, ai punti 310 e 311, che gli obblighi ai quali la Monte sosteneva di essere stata soggetta in forza di un accordo sindacale per la conservazione dell'occupazione, nonché della dichiarazione dello stato di crisi che le aveva permesso di fruire degli aiuti connessi all'applicazione della legge 12 agosto 1977, n. 675, e che le avrebbero impedito di procedere ai licenziamenti che aveva progettato erano tutti sorti più di tre anni dopo la conclusione dell'accordo sui prezzi di base ed erano stati accettati dalla Monte per fruire dei vantaggi connessi agli impegni che essa si era assunta. Di conseguenza, stando al punto 312, essa non poteva sostenere che i suoi obblighi l'avessero posta in una situazione che rendeva inevitabile la sua partecipazione ad accordi e a pratiche concordate contrastanti con l'art. 85 del Trattato. Infine, al punto 313, il Tribunale ha dichiarato irricevibile l'argomento dedotto dalla Monte nella replica e relativo al ricatto che le «brigate rosse» avrebbero esercitato nei suoi confronti, in quanto motivo nuovo ai sensi degli artt. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale e 42, n. 2, di quello della Corte.
Sull'importo dell'ammenda
La prescrizione
52 Al punto 330 il Tribunale ha rilevato che, ai sensi dell'art. 1, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), la prescrizione quinquennale del potere della Commissione di infliggere ammende comincia a decorrere, per le infrazioni permanenti o continuate, solo dal giorno in cui l'infrazione è cessata. Risulta dai punti 331 e 332 che, nella fattispecie, la Monte ha partecipato ininterrottamente a un'infrazione unica e continuata a partire dalla conclusione dell'accordo sui prezzi base, verso la metà del 1977, fino al novembre 1983, e non può pertanto avvalersi della prescrizione delle ammende.
La durata dell'infrazione
53 Al punto 336 il Tribunale ha ricordato che, secondo i suoi accertamenti, la Commissione aveva correttamente valutato il periodo durante il quale la Monte aveva infranto l'art. 85, n. 1, del Trattato.
La gravità dell'infrazione
54 Il Tribunale ha constatato, al punto 346, che, secondo la giurisprudenza della Corte, per valutare la gravità di un'infrazione al fine di determinare l'entità dell'ammenda, la Commissione deve tener conto non solo delle circostanze particolari della fattispecie, ma anche del contesto in cui si colloca l'infrazione e deve curare che la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità; è altresì lecito alla Commissione tener conto del fatto che infrazioni di un determinato tipo, di cui è stata stabilita l'illegalità, sono ancora relativamente frequenti dati i vantaggi che talune imprese interessate possono trarne e, pertanto, era lecito alla Commissione inasprire le ammende per rafforzarne l'effetto dissuasivo; il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non poteva quindi impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò era necessario a garantire l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (sentenza 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825).
55 Alla luce di queste considerazioni il Tribunale ha osservato, al punto 347, che giustamente la Commissione aveva qualificato come infrazione particolarmente grave e manifesta la fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendite nonché l'adozione di misure destinate ad agevolare l'attuazione degli obiettivi in materia di prezzi.
56 Ai punti 351-355 il Tribunale ha rilevato che, per determinare l'importo dell'ammenda, la Commissione aveva, da un lato, definito i criteri per la fissazione del livello generale delle ammende inflitte alle imprese destinatarie della decisione polipropilene (punto 108 della stessa), criteri che giustificano ampiamente il livello generale delle ammende inflitte, e, dall'altro, aveva definito i criteri pertinenti e sufficienti per l'equa ponderazione delle ammende inflitte a ciascuna impresa (punto 109 della decisione). Per quanto riguarda quest'ultima categoria di criteri, considerati pertinenti e sufficienti, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione avesse sufficientemente specificato, nei confronti della Monte, la presa in considerazione dei criteri relativi al ruolo di ciascuna impresa negli accordi collusivi e alla durata della sua partecipazione e che non avesse applicato in maniera iniqua i criteri relativi alle rispettive forniture dei vari produttori di polipropilene nella Comunità e al loro fatturato globale.
57 Ai punti 361-363 il Tribunale ha rilevato che la Commissione aveva correttamente accertato il ruolo svolto dalla Monte e che giustamente si era basata su tale ruolo nel calcolare l'ammenda. Inoltre, secondo il Tribunale, i fatti accertati attestavano con la loro intrinseca gravità - in particolare la fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendita - che la Monte non aveva agito per imprudenza né per negligenza, ma intenzionalmente. In proposito, il Tribunale ha rilevato che le imprese implicate detenevano la quasi totalità del mercato di cui trattasi e che era dunque manifesto che l'infrazione da esse congiuntamente commessa aveva potuto restringere la concorrenza.
58 Il Tribunale ha rilevato, al punto 369, che la Commissione aveva fatto una distinzione fra due tipi di effetti: da un lato, le istruzioni in materia di prezzi impartite dai produttori ai rispettivi uffici vendite; dall'altro, l'evoluzione dei prezzi fatturati ai singoli clienti. Secondo il punto 370, il primo tipo di effetti era stato sufficientemente comprovato dalla Commissione sulla base delle numerose istruzioni sui prezzi impartite dai vari produttori. Per quanto riguarda il secondo tipo di effetti, al punto 371 il Tribunale ha rilevato che dalla decisione polipropilene risultava che la Commissione aveva tenuto conto, per mitigare l'entità delle sanzioni, del fatto che in generale le iniziative in materia di prezzi non avevano conseguito appieno il loro obiettivo e che non esistevano misure coattive per assicurare l'osservanza delle quote o di altre decisioni. Ai punti 372 e 373 il Tribunale ha concluso che la Commissione aveva giustamente preso interamente in considerazione il primo tipo di effetti e tenuto conto della limitatezza del secondo tipo di effetti, in una misura che la Monte non aveva dimostrato essere stata insufficiente, che la motivazione della decisione della Commissione ne giustificava il dispositivo e che non vi era alcun indizio che consentisse di affermare che la Commissione aveva basato la decisione polipropilene sulla presa in considerazione di effetti più estesi di quelli menzionati nella motivazione della detta decisione, contrariamente a quanto affermerebbe la Monte. Non potrebbe quindi parlarsi di sviamento di potere.
59 Al punto 379 il Tribunale ha rilevato che la Commissione aveva tenuto conto del fatto che per un lungo periodo le imprese avevano subito perdite sostanziali nelle loro operazioni relative al settore del polipropilene, il che attestava che essa aveva tenuto conto anche delle sfavorevoli condizioni economiche del settore allo scopo di determinare il livello generale delle ammende. Al punto 380 ha aggiunto che il limite massimo del 10% del volume d'affari fissato dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 trovava applicazione in qualunque circostanza.
60 Ai punti 385 e 386 il Tribunale ha ricordato che i vari fatti invocati dalla Monte come esimenti, attinenti in particolare al contesto politico e sociale nazionale o agli effetti benefici dell'intesa, non erano tali da far venir meno l'illegalità del suo comportamento, non potendo la partecipazione a un'intesa illegale costituire un mezzo di legittima difesa. Secondo il Tribunale, la Commissione avrebbe potuto eventualmente tener conto di tali fatti come circostanze attenuanti nella fase della determinazione dell'ammenda, senza tuttavia esservi obbligata. A questo proposito, e nei limiti in cui la ricorrente faceva appello all'esercizio da parte del Tribunale della sua competenza anche di merito, quest'ultimo ha ricordato che i criteri menzionati nel punto 108 della decisione polipropilene giustificavano ampiamente il livello generale delle ammende, considerato segnatamente il carattere particolarmente manifesto dell'infrazione commessa.
61 In conclusione, al punto 388 il Tribunale ha dichiarato che l'ammenda inflitta alla Monte era adeguata alla durata e alla gravità dell'accertata violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza. Secondo il Tribunale, siccome la decisione polipropilene non era inficiata da alcuna illegittimità o da alcun elemento di colpa, la responsabilità della Commissione non poteva sorgere.
Sulla riapertura della fase orale
62 Pronunciandosi sulla domanda di riapertura della fase orale menzionata al punto 389 della sentenza impugnata, il Tribunale, dopo aver sentito nuovamente l'avvocato generale, ha dichiarato, al punto 390, che non vi era motivo di disporre, ai sensi dell'art. 62 del suo regolamento di procedura, la riapertura della fase orale o di assumere i mezzi istruttori chiesti dalla Monte.
63 Al punto 391, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:
«Si deve rilevare che la sentenza pronunciata nelle cause suddette (sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, da T-84/89 a T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e a./Commissione, Racc. pag. II-315) non giustifica di per sé la riapertura della fase orale nella causa presente. Infatti, il Tribunale osserva che un atto notificato e pubblicato deve presumersi valido. Tocca pertanto a colui che fa valere il difetto di validità formale o l'inesistenza di un atto fornire al Tribunale ragioni che lo inducano a non tener conto dell'apparenza di validità dell'atto formalmente notificato e pubblicato. Nella fattispecie le ricorrenti nella presente causa non hanno fornito alcun indizio che possa far pensare che l'atto notificato e pubblicato non fosse stato approvato o adottato collegialmente dai membri della Commissione. In particolare, diversamente che nelle cause PVC (sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, da T-84/89 a T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, già citata, punti 32 e segg. della motivazione), le ricorrenti non hanno fornito, nella fattispecie, alcun indizio che mostri che il principio dell'intangibilità dell'atto adottato sia stato violato da una modifica del testo della decisione dopo la riunione del collegio dei commissari nel corso della quale questa è stata adottata».
64 Il Tribunale ha respinto il ricorso e ha condannato la Monte alle spese.
La domanda di revocazione e l'ordinanza del Tribunale
65 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l'11 giugno 1992 la Monte ha proposto, ai sensi degli artt. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia e 125 del regolamento di procedura del Tribunale, un ricorso per la revocazione della sentenza impugnata.
66 Con ordinanza 4 novembre 1992, causa T-14/89 Rev., Montecatini/Commissione (Racc. pag. II-2409), il Tribunale ha dichiarato la domanda di revocazione irricevibile.
Il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado
67 Nel suo ricorso la Monte conclude che la Corte voglia:
- in via preliminare, dichiarare ricevibile il ricorso;
- in via principale, annullare in toto la sentenza impugnata, rinviando la causa ad un'altra Sezione del Tribunale di primo grado per nuovo esame dei fatti là dove l'esame è stato omesso e applicazione dei giusti principi di diritto là dove i principi sono stati violati;
- in via subordinata, annullare parzialmente la sentenza impugnata, rinviando come sopra;
- in ogni caso, condannare la Commissione alle spese del doppio grado.
68 Con ordinanza della Corte 30 settembre 1992, la società DSM NV (in prosieguo: la «DSM») è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Monte. La DSM conclude che la Corte voglia:
- annullare la sentenza impugnata;
- dichiarare inesistente o annullare la decisione polipropilene;
- dichiarare inesistente o annullare la decisione polipropilene con riferimento a tutti i suoi destinatari, o quanto meno con riferimento alla DSM, indipendentemente dal fatto che i destinatari della decisione polipropilene abbiano impugnato o meno la sentenza o che i loro ricorsi siano stati o meno respinti;
- in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale perché quest'ultimo giudichi se la decisione polipropilene sia o meno inesistente o se debba essere annullata;
- in ogni caso, condannare la Commissione alle spese, tanto del procedimento dinanzi alla Corte quanto del procedimento dinanzi al Tribunale, comprese quelle sostenute dalla DSM per l'intervento.
69 La Commissione conclude che la Corte voglia:
- respingere in toto l'impugnazione;
- confermare il rigetto del ricorso dinanzi al Tribunale;
- condannare la Monte alle spese del giudizio in entrambi i gradi;
- respingere l'intervento in toto in quanto irricevibile;
- in subordine, dichiarare irricevibili le conclusioni dell'intervento intese a che la Corte dichiari inesistente o annulli la decisione polipropilene con riferimento a tutti i suoi destinatari, o quanto meno con riferimento alla DSM, indipendentemente dal fatto che i destinatari della decisione abbiano o meno impugnato la sentenza o che il loro ricorso sia stato o meno respinto, respingendo il resto dell'intervento in quanto infondato;
- in ulteriore subordine, respingere l'intervento in quanto infondato;
- in ogni caso, condannare la DSM alle spese dell'intervento.
70 A sostegno del suo ricorso la Monte deduce cinque motivi vertenti sulla violazione del diritto comunitario, ai sensi dell'art. 51, primo comma, dello Statuto CE della Corte, attinenti, in primo luogo, all'omessa verifica d'ufficio dell'esistenza della decisione polipropilene; in secondo luogo, alla violazione dell'art. 85 del Trattato; in terzo luogo, all'accertamento dei fatti; in quarto luogo, alla violazione delle norme applicabili in materia di prescrizione e, in quinto luogo e in subordine, alla determinazione dell'importo dell'ammenda.
71 Su domanda della Commissione e in assenza di obiezioni da parte della Monte, il procedimento è stato sospeso con decisione del presidente della Corte 27 luglio 1992 fino al 15 settembre 1994 allo scopo di esaminare le conseguenze da trarre dalla sentenza 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I-2555; in prosieguo la «sentenza PVC della Corte»), resa a seguito del ricorso presentato contro la sentenza PVC del Tribunale.
Sulla ricevibilità dell'intervento
72 La Commissione ritiene che l'istanza di intervento della DSM debba essere dichiarata irricevibile. Infatti, la DSM avrebbe spiegato che, in quanto interveniente, essa aveva interesse a far annullare la sentenza impugnata relativamente alla Monte. Secondo la Commissione, l'annullamento non andrebbe a vantaggio di tutti i destinatari individuali di una decisione, ma solamente di quelli che hanno presentato un ricorso in questo senso; questa sarebbe appunto una delle differenze tra l'annullamento di un atto e la sua inesistenza. Il mancato riconoscimento di tale distinzione equivarrebbe a privare di ogni perentorietà i termini entro i quali i ricorsi di annullamento devono essere presentati. La DSM non potrebbe quindi avvalersi di un eventuale annullamento poiché essa non avrebbe impugnato davanti alla Corte la sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-8/89, DSM/Commissione (Racc. pag. II-1833), che la riguardava. Con il suo intervento, la DSM cercherebbe pertanto solo di sottrarsi ad un termine di decadenza.
73 L'ordinanza 30 settembre 1992, citata, che ha autorizzato l'intervento della DSM, sarebbe stata resa in un momento in cui la Corte non si era ancora pronunciata sulla questione dell'annullamento o dell'inesistenza nella sua sentenza PVC. Secondo la Commissione, dopo tale sentenza, i vizi invocati, pur supponendoli fondati, potrebbero portare solamente all'annullamento della decisione polipropilene e non a dichiararne l'inesistenza. In tali condizioni, verrebbe meno l'interesse della DSM ad intervenire.
74 D'altra parte, la Commissione si oppone in particolare alla ricevibilità della conclusione della DSM secondo cui la sentenza della Corte dovrebbe contenere disposizioni che dichiarino inesistente o annullino la decisione polipropilene nei confronti di tutti i destinatari, o almeno nei confronti della DSM, indipendentemente dal fatto che questi abbiano presentato un ricorso contro la sentenza che li riguarda o che il loro ricorso sia stato respinto. Tale conclusione sarebbe irricevibile, dal momento che la DSM cercherebbe di introdurre una questione riguardante essa soltanto, mentre essa potrebbe accettare la controversia solo nello stato in cui si trova. In forza dell'art. 37, quarto comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, l'interveniente potrebbe solo aderire alle conclusioni di un'altra parte, senza presentare le sue. Tale punto delle conclusioni della DSM confermerebbe che la sua intenzione è quella di utilizzare l'intervento per sottrarsi alla scadenza del termine fissato per proporre un ricorso contro la sentenza DSM/Commissione, citata, che la riguarda.
75 Riguardo all'eccezione di irricevibilità sollevata contro l'intervento in toto, occorre rilevare, in via preliminare, che l'ordinanza 30 settembre 1992 con la quale la Corte ha accolto l'istanza di intervento della DSM a sostegno delle conclusioni della Monte non osta ad un nuovo esame della ricevibilità del suo intervento (v., in tal senso, sentenza 29 ottobre 1980, causa 138/79, Roquette Frères/Consiglio, Racc. pag. 3333).
76 In tale contesto, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 37, secondo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, il diritto di intervenire in una controversia sottoposta alla Corte spetta ad ogni persona che dimostri di avere un interesse alla soluzione della controversia. Ai sensi del quarto comma di tale disposizione, le conclusioni dell'istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto l'adesione alle conclusioni di una delle parti.
77 Orbene, le conclusioni presentate dalla Monte nel suo ricorso contro la sentenza del Tribunale hanno, in particolare, lo scopo di ottenere l'annullamento della sentenza impugnata in quanto il Tribunale non avrebbe riconosciuto inesistente la decisione polipropilene. Dal punto 49 della sentenza PVC della Corte emerge che, in deroga alla presunzione di legittimità di cui godono gli atti delle istituzioni, gli atti viziati da un'irregolarità la cui gravità sia così evidente che non può essere tollerata dall'ordinamento giuridico comunitario non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, nemmeno provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti.
78 Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l'interesse della DSM non è venuto meno a seguito della sentenza con cui la Corte ha annullato la sentenza PVC del Tribunale e ha dichiarato che i vizi rilevati da quest'ultimo non erano tali da comportare l'inesistenza della decisione impugnata nelle cause PVC. Infatti, la sentenza PVC della Corte non riguardava l'inesistenza della decisione polipropilene e non ha dunque eliminato l'interesse della DSM all'accertamento di detta inesistenza.
79 Quanto all'eccezione sollevata dalla Commissione nei confronti del capo delle conclusioni nel quale la DSM chiede alla Corte di dichiarare inesistente o annullare la decisione polipropilene per tutti i suoi destinatari, o quanto meno per la DSM, occorre riconoscere che tale capo della domanda riguarda specificamente la DSM e non aderisce alle conclusioni della Monte. Pertanto non soddisfa le condizioni di cui all'art. 37, quarto comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, e deve essere dichiarato irricevibile.
Sui motivi dedotti a sostegno del ricorso
80 A sostegno del suo ricorso la Monte deduce in primo luogo, facendo riferimento ai punti 389-391 della sentenza impugnata, che, nei limiti in cui ha omesso di verificare l'esistenza della decisione polipropilene, il Tribunale ha violato i principi che reggono l'onere della prova ed è venuto meno al suo obbligo di procedere d'ufficio alle verifiche necessarie. In secondo luogo, con riferimento ai punti 57-202 e 203-315 della sentenza impugnata la Monte fa valere che, in sede di accertamento dei fatti sottoposti alla sua valutazione e di controllo dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato a tali fatti, il Tribunale ha violato il detto art. 85 del Trattato. In terzo luogo, ancora con riferimento ai punti 57-202, summenzionati, la ricorrente afferma che, nell'accertare i fatti sottoposti alla sua valutazione, il Tribunale ha contravvenuto ai principi vigenti in materia di prova e di valutazione della responsabilità individuale dei partecipanti all'infrazione. In quarto luogo, richiamandosi ai punti 236 e 237, nonché 328-337 della sentenza impugnata, la Monte deduce che il Tribunale ha violato le norme vigenti in materia di prescrizione. In quinto luogo e in subordine, la Monte sostiene che, negandole la riduzione dell'ammenda che le era stata inflitta, il Tribunale ha contravvenuto alle regole riguardanti la determinazione dell'importo dell'ammenda.
Sulla mancata dichiarazione di inesistenza della decisione polipropilene o sul mancato annullamento per violazione di forme sostanziali
81 Con il primo motivo la Monte contesta al Tribunale di aver violato i principi in materia di onere della prova, nonché il principio secondo il quale il giudice dovrebbe controllare d'ufficio l'esistenza dell'atto impugnato, disapplicando ogni atto illegittimo. La Monte sottolinea che, a seguito della causa PVC dinanzi al Tribunale e delle dichiarazioni del portavoce della Commissione, riprese dalla stampa, era divenuto chiaro che, al momento della firma e quindi dell'adozione della decisione polipropilene, taluni testi non esistevano materialmente e che fra i testi pronti al momento della firma e quelli notificati esistevano divergenze anche rilevanti, dovute agli interventi degli uffici della Commissione dopo l'adozione dell'atto. Ciò sarebbe tanto più grave allorché si tratta, come nel caso di specie, di una decisione che irroga un'ammenda.
82 Inoltre, nel caso di specie, la Monte avrebbe motivo di credere che la decisione polipropilene non sia stata adottata il 26 aprile 1986 nella sua versione italiana. Questo vizio determinerebbe l'inesistenza della detta decisione, che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare d'ufficio, conformemente a un principio indiscusso negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Sarebbero parificate all'inesistenza tutte le forme più gravi di nullità, che sarebbero imprescrittibili e la cui dichiarazione produrrebbe effetti ex tunc.
83 La Monte sostiene che la Commissione stessa avrebbe riconosciuto l'identità delle due cause PVC e polipropilene allorché aveva chiesto che la presente causa fosse sospesa fino alla pronuncia della sentenza PVC della Corte. Allorché la Commissione afferma che i vizi che, in conformità ai principi enunciati in tale sentenza, determinano la nullità e non l'inesistenza della decisione avrebbero dovuto essere dedotti con il ricorso in primo grado, essa dimenticherebbe che, nella sentenza PVC, la Corte ha dichiarato la nullità della decisione della Commissione senza che tale vizio avesse formato oggetto di specifica censura. Orbene, anche se si trattasse di inesistenza e non di nullità, la Corte, nella sentenza PVC, avrebbe ritenuto che ciò non modificasse in nulla il suo potere di procedere all'annullamento della decisione.
84 L'inesistenza non rappresenterebbe una categoria a se stante dei vizi dell'atto amministrativo, bensì solo una particolare specie in seno alla categoria della nullità. Gli atti affetti da vizi assai rilevanti sarebbero considerati inesistenti solo in limiti assai ristretti e in casi estremi (v. conclusioni dell'avvocato generale Trabucchi con riferimento alla sentenza 21 febbraio 1974, cause riunite 15/73-33/73, 52/73, 53/73, 57/73-109/73, 116/73, 117/63, 123/73, 132/73 e 135/73-137/73, Kortner e a./Consiglio e a., Racc. pag. 177). Nel caso di specie, non occorrerebbe invocare una constatazione d'ufficio del vizio di nullità, in quanto tale vizio sarebbe stato invocato nel ricorso in primo grado, benché sotto il titolo di inesistenza.
85 Nel caso di specie, come nelle cause PVC, vi sarebbero seri indizi del fatto che il testo della decisione in lingua italiana è stato redatto dopo l'adozione della decisione e che, prima della notifica alla Monte, la decisione è stata oggetto di modifiche. Il Tribunale avrebbe pertanto dovuto, così come dovrebbe oggi la Corte, chiedere alla Commissione di produrre il testo originale della sua decisione.
86 La DSM afferma che nuovi sviluppi si sono avuti in altre cause dinanzi al Tribunale. Tali elementi confermerebbero che spetta alla Commissione provare di aver rispettato le norme procedurali essenziali che essa stessa si è data e che, per chiarire tale punto, il Tribunale deve, d'ufficio o su istanza di parte, disporre provvedimenti istruttori per verificare le prove documentali pertinenti. Nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze 29 giugno 1995 (causa T-30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1775, e causa T-36/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1847; in prosieguo: le «cause carbonato di sodio»), la Commissione avrebbe fatto valere che l'integrazione della memoria di replica depositata dall'ICI in tali cause, dopo la sentenza PVC del Tribunale, non conteneva alcuna prova quanto alla violazione da parte della Commissione del suo regolamento interno e che la richiesta di provvedimenti istruttori presentata dall'ICI costituiva un motivo nuovo. Il Tribunale avrebbe nondimeno interrogato la Commissione e l'ICI riguardo alle conseguenze da trarre dalla sentenza PVC della Corte ed avrebbe domandato alla Commissione se, tenuto conto del punto 32 della sentenza PVC della Corte, essa era in grado di produrre gli estratti del processo verbale e i testi autenticati delle decisioni contestate. In una fase successiva del procedimento, la Commissione avrebbe alla fine ammesso che i documenti prodotti come autenticati lo erano stati solo dopo la richiesta di produzione da parte del Tribunale.
87 Secondo la DSM, anche nelle cause dette del «polietilene a bassa densità» (sentenza 6 aprile 1995, cause riunite T-80/89, T-81/89, T-83/89, T-87/89, T-88/89, T-90/89, T-93/89, T-95/89, T-97/89, T-99/89, T-100/89, T-101/89, T-103/89, T-105/89, T-107/89 e T-112/89, BASF e a./Commissione, Racc. pag. II-729; in prosieguo: le «cause PEBD»), il Tribunale avrebbe ordinato alla Commissione di produrre una versione certificata conforme della decisione controversa. La Commissione avrebbe ammesso che nessuna autenticazione aveva avuto luogo in occasione della riunione per l'adozione di detta decisione da parte del collegio dei commissari. La DSM rileva, pertanto, che la procedura di autenticazione degli atti della Commissione deve essere stata istituita dopo il mese di marzo 1992. Ne conseguirebbe che la decisione polipropilene sarebbe affetta dallo stesso vizio di mancata autenticazione.
88 La DSM aggiunge che il Tribunale nelle sentenze 27 ottobre 1994, causa T-34/92, Fiatagri e New Holland Ford/Commissione (Racc. pag. II-905, punti 24-27), e causa T-35/92, Deere/Commissione (Racc. pag. II-957, punti 28-31), ha argomentato in modo analogo a quanto fatto nelle cause polipropilene quando ha respinto i motivi delle ricorrenti a causa della mancanza del benché minimo indizio capace di mettere in dubbio la presunzione di validità della decisione che esse contestavano. Nella sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione (Racc. pag. II-441), l'argomento della ricorrente sarebbe stato respinto poiché la decisione era stata adottata e notificata conformemente al regolamento interno della Commissione. In nessuna di queste cause il Tribunale avrebbe respinto l'argomento delle ricorrenti relativo all'irregolare adozione dell'atto impugnato per il mancato rispetto delle norme di procedura.
89 Le sole eccezioni riguarderebbero le ordinanze 26 marzo 1992, causa T-4/89 Rev., BASF/Commissione (Racc. pag. II-1591), e 4 novembre 1992, causa T-8/89 Rev., DSM/Commissione (Racc. pag. II-2399); tuttavia, anche in queste cause le ricorrenti non avrebbero fatto valere la sentenza PVC del Tribunale come fatto nuovo, bensì altri fatti. Nella sentenza 15 dicembre 1994, causa C-195/91 P, Bayer/Commissione (Racc. pag. I-5619), la Corte avrebbe respinto l'argomento della violazione da parte della Commissione del proprio regolamento di procedura, poiché non era stato validamente dedotto dinanzi al Tribunale. Invece, nel procedimento polipropilene, lo stesso motivo sarebbe stato dedotto dinanzi al Tribunale e sarebbe stato respinto a causa della mancanza di indizi sufficienti.
90 La DSM ritiene che la difesa della Commissione nella presente causa sia basata su argomenti procedurali privi di pertinenza, alla luce del contenuto della sentenza impugnata che, sostanzialmente, riguarda la questione dell'onere della prova. Secondo la DSM, se, nelle cause polipropilene, la Commissione non fornisce essa stessa le prove riguardo alla regolarità delle procedure da seguire, è perché essa non è in grado di provare di aver rispettato il proprio regolamento interno.
91 La Commissione afferma che, a seguito della sentenza PVC della Corte, la censura mossa dalla Monte risulta superata dagli eventi. Anche ammettendo che l'inesistenza debba essere rilevata d'ufficio, risulterebbe da tale sentenza che la Monte avrebbe potuto tutt'al più invocare i pretesi difetti di procedura ai soli fini dell'annullamento della decisione polipropilene. Orbene, i motivi d'annullamento dovrebbero essere invocati nel ricorso di primo grado, il che non sarebbe stato fatto.
92 La Commissione sottolinea che, anche se si ritenesse che la domanda di dichiarazione dell'inesistenza include quella di nullità, la critica sollevata dalla Monte nel ricorso, secondo la quale il Tribunale avrebbe dovuto agire d'ufficio, si attaglia al caso dell'inesistenza, non a quello della nullità. Aggiunge che il procedimento nelle cause polipropilene non ha fatto emergere elementi di fatto analoghi a quelli emersi nel corso delle cause PVC.
93 Quanto agli argomenti della DSM, la Commissione indica che essi contengono un vizio insanabile, poiché non tengono conto delle differenze tra le cause PVC e la presente causa e si fondano su un'erronea comprensione della sentenza PVC della Corte.
94 D'altronde, la Commissione insiste nel ritenere che, nelle cause carbonato di sodio, le ricorrenti non avessero fornito indizi sufficienti a giustificare la richiesta di documenti rivolta dal Tribunale alla Commissione. In ogni caso, sia in dette cause che nelle cause PEBD, anch'esse fatte valere dalla DSM, il Tribunale si sarebbe pronunciato riguardo alle circostanze particolari del caso di specie di cui era stato investito. Nel procedimento polipropilene, asserite imperfezioni della decisione polipropilene avrebbero potuto essere segnalate fin dal 1986, ma nessuno lo avrebbe fatto.
95 Se il Tribunale nelle sentenze Fiatagri e New Holland Ford/Commissione e Deere/Commissione, citate, ha respinto gli argomenti delle ricorrenti, formulati tempestivamente, per il fatto che non erano assistiti da prove, la stessa soluzione si imporrebbe, a fortiori, nella presente causa, nella quale gli argomenti relativi alle irregolarità formali della decisione polipropilene sono stati formulati tardivamente e senza prove.
96 Per quanto riguarda, in primo luogo, i presupposti per l'inesistenza di un atto, occorre ricordare che, come risulta in particolare dai punti 48-50 della sentenza PVC della Corte, gli atti delle istituzioni comunitarie godono, in linea di principio, di una presunzione di legittimità e producono pertanto effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, fintantoché non siano annullati o revocati.
97 Tuttavia, in deroga a questo principio, gli atti viziati da un'irregolarità la cui gravità sia così evidente che non può essere tollerata dall'ordinamento giuridico comunitario non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, neppure provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. Tale deroga mira a salvaguardare l'equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legalità.
98 La gravità delle conseguenze che si ricollegano all'accertamento dell'inesistenza di un atto delle istituzioni comunitarie esige che, per ragioni di certezza del diritto, l'inesistenza venga constatata soltanto in casi del tutto estremi.
99 Orbene, analogamente alle cause PVC, considerate singolarmente o anche nell'insieme, le asserite irregolarità sollevate dalla Monte, che riguardano il procedimento di adozione della decisione polipropilene, non risultano così manifestamente gravi da far sì che la predetta decisione debba considerarsi giuridicamente inesistente.
100 Pertanto, per quanto riguarda i presupposti per l'inesistenza di un atto, il Tribunale non ha violato il diritto comunitario.
101 In secondo luogo, per quanto riguarda il diniego, da parte del Tribunale, di accertare l'esistenza di vizi attinenti all'adozione e alla notifica della decisione polipropilene tali da determinarne l'annullamento, è sufficiente rilevare che tale motivo è stato sollevato per la prima volta nella domanda di riapertura del procedimento e di misure istruttorie. Di conseguenza, la questione se il Tribunale fosse tenuto ad esaminarlo si confonde con quella se tale giudice dovesse accogliere la detta domanda.
102 A tale proposito, e nei limiti in cui la domanda verte su provvedimenti istruttori, risulta dalla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenze 16 giugno 1971, causa 77/70, Prelle/Commissione, Racc. pag. 561, punto 7, e 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 53) che, presentata dopo la chiusura della fase orale, un'istanza del genere può essere accolta soltanto se riguarda fatti che possono esercitare un'influenza decisiva sulla soluzione della controversia e che l'interessato non aveva potuto far valere prima della chiusura della fase orale.
103 La stessa soluzione si impone riguardo alla domanda di riapertura della fase orale. E' vero che, ai sensi dell'art. 62 del regolamento di procedura del Tribunale, tale giudice dispone, in questo ambito, di un potere discrezionale. Tuttavia, il Tribunale è tenuto ad accogliere una tale domanda solo se la parte interessata si basa su fatti idonei ad esercitare un'influenza decisiva che essa non era stata in grado di far valere prima della chiusura della fase orale.
104 Nel caso di specie, la domanda di riapertura della fase orale e di provvedimenti istruttori presentata dinanzi al Tribunale si basava su dichiarazioni rese in occasione di una conferenza stampa tenutasi dopo la pronuncia della sentenza del Tribunale.
105 A questo proposito, occorre constatare, da un lato, che indicazioni di carattere generale relative ad una asserita pratica della Commissione e risultanti da una sentenza resa in altre cause o da dichiarazioni fatte in occasione di altri procedimenti non potevano essere considerate, in quanto tali, come decisive per la soluzione della controversia di cui il Tribunale era investito.
106 D'altra parte, occorre osservare che la ricorrente era in grado di fornire al Tribunale, già con l'atto introduttivo, almeno un minimo di elementi idonei ad accreditare la rilevanza dei provvedimenti istruttori o d'organizzazione del procedimento ai fini dell'istanza, allo scopo di provare che la decisione polipropilene era stata adottata in violazione del regime linguistico vigente o modificata dopo la sua adozione da parte del collegio dei membri della Commissione, o che gli originali mancavano, come hanno fatto talune delle ricorrenti nelle cause PVC (v., in questo senso, sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punti 93 e 94).
107 Occorre aggiungere che il Tribunale non era tenuto a disporre la riapertura della fase orale in base ad un supposto obbligo di sollevare d'ufficio motivi attinenti alla regolarità della procedura di adozione della decisione polipropilene. Infatti, un tale obbligo di sollevare d'ufficio motivi di ordine pubblico può eventualmente sussistere solo in funzione degli elementi di fatto versati agli atti.
108 Il Tribunale non è pertanto incorso in alcun errore di diritto rifiutando di riaprire la fase orale e di disporre provvedimenti di organizzazione del procedimento e di istruzione.
109 In terzo e ultimo luogo, nei limiti in cui la ricorrente richiede alla Corte di disporre provvedimenti istruttori diretti a determinare le condizioni in cui la Commissione ha adottato la decisione polipropilene, è sufficiente rilevare che misure di questo tipo esulano dall'ambito dell'impugnazione, che deve limitarsi alle questioni di diritto.
110 Infatti, da un lato, misure d'istruzione condurrebbero necessariamente la Corte a pronunciarsi su questioni di fatto e modificherebbero l'oggetto della lite sottoposta al Tribunale, in violazione delle disposizioni dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte.
111 Dall'altro, il ricorso ha ad oggetto solo la sentenza impugnata ed è solamente nel caso in cui questa fosse annullata che, ai sensi dell'art. 54, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, quest'ultima potrebbe pronunciarsi essa stessa sulla controversia. Ne consegue che, fintantoché la sentenza impugnata non è annullata, la Corte non è competente a conoscere di eventuali vizi della decisione polipropilene.
112 Risulta da quanto sopra che il primo motivo dev'essere respinto.
Sulla violazione dell'art. 85 del Trattato
113 Con il secondo motivo, la Monte contesta al Tribunale di aver violato l'art. 85 del Trattato tanto rispetto al suo tenore letterale quanto nell'interpretazione che ne hanno data la Commissione e la Corte.
Le distorsioni di concorrenza
114 Con la prima parte di questo motivo la Monte allega che il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione le distorsioni di concorrenza provocate da elementi estranei alle imprese, in particolare dal contesto economico. La Monte avrebbe dedotto, sin dal ricorso in primo grado, che verso la fine degli anni '70 il mercato era caratterizzato da una situazione di sovraccapacità, aggravata dalla triplicazione del prezzo del petrolio ad opera del cartello dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (in prosieguo: l'«OPEC»), cui la Commissione non avrebbe mai tentato di opporsi. Le gravi distorsioni del mercato del polipropilene sarebbero dovute non alle riunioni dei produttori, bensì ai prezzi imposti dall'OPEC e proverrebbero dunque da elementi estranei alla condotta delle imprese. La Monte fa riferimento in proposito alla citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione, nonché alle conclusioni dell'avvocato generale Mayras su tale sentenza.
115 Contrariamente a quanto asserirebbe la Commissione, il principio enunciato nella citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione non sarebbe stato superato dalla giurisprudenza successiva, in particolare dalla sentenza Van Landewyck e a./Commissione, citata, o dalla sentenza 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82, 241/82, 242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione (Racc. pag. 3831).
116 A fronte del suo obbligo di considerare il contesto economico, il Tribunale si sarebbe limitato a tener conto, con riferimento al contesto economico, della circostanza, menzionata al punto 257 della sentenza impugnata, che tutti i produttori producevano in perdita, trascurando le ragioni, l'entità e la durata di tale periodo negativo, dovuto ai fattori citati. Il Tribunale non avrebbe peraltro minimamente considerato l'esistenza di istruzioni formali impartite dal governo italiano di mantenere i contatti fra le imprese italiane e fra queste e le multinazionali, né la maggiore forza contrattuale degli utilizzatori di polipropilene, né l'obbligo giuridico e morale di ridurre le perdite che incombeva alle imprese interessate.
117 Dinanzi a queste serie di circostanze, ciascuna delle quali sarebbe stata di per sé sufficiente per un'interpretazione totalmente diversa della condotta della Monte, il Tribunale si sarebbe limitato a ricordare, al punto 264, che la Commissione aveva sufficientemente dimostrato che gli accordi e le pratiche concordate accertati avevano uno scopo anticoncorrenziale. Orbene, secondo la Monte nessun accordo e nessuna pratica concordata sarebbero mai stati accertati, in quanto la Commissione avrebbe unicamente provato l'esistenza di riunioni. Pertanto, soltanto ignorando tutte le circostanze di fatto il Tribunale avrebbe potuto ratificare la valutazione dei fatti supposti dalla Commissione. In questo modo, esso avrebbe violato il principio riaffermato dalla Corte nella sentenza 2 marzo 1994, causa C-53/92 P, Hilti/Commissione (Racc. pag. I-667), secondo il quale, quando il ragionamento della Commissione si fondi su una supposizione, al ricorrente che nega la sussistenza della violazione è sufficiente provare circostanze che mettano i fatti accertati dalla Commissione in una luce diversa e permettano quindi di spiegarli in modo alternativo a quello fatto proprio dalla Commissione.
118 La Commissione replica che nessuna norma o nessun principio generale autorizza le imprese a violare l'art. 85 del Trattato come reazione all'attività anticoncorrenziale di terzi. Secondo la citata sentenza Suiker Unie e a./Commissione, la Commissione avrebbe dovuto tenere conto degli effetti della normativa di uno Stato membro, mentre l'attività dell'OPEC non formerebbe oggetto di una tale normativa. La stessa sentenza sarebbe peraltro superata sul punto dalle citate sentenze Van Landewyck e a./Commissione e Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, in cui la Corte avrebbe esaminato se la normativa nazionale escludesse in pratica ogni possibilità di concorrenza. Orbene, l'aumento del prezzo del petrolio non avrebbe di per sé escluso la concorrenza tra i produttori di polipropilene, che sarebbe invece stata ridotta dalle intese constatate dalla Commissione e dal Tribunale. In ogni caso, gli inviti provenienti dall'amministrazione italiana e la difficoltà di raggiungere in pratica gli obiettivi di prezzo perseguiti dall'intesa non varrebbero a rendere scusabile la violazione dell'art. 85 del Trattato.
119 In primo luogo, occorre ricordare che, ai sensi degli artt. 168 A del Trattato CE (divenuto art. 225 CE) e 51, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, un'impugnazione può essere basata solo su motivi relativi alla violazione di regole di diritto, ad esclusione di ogni valutazione dei fatti. La valutazione, da parte del Tribunale, degli elementi di prova addotti dinanzi ad esso non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte, salvo il caso di snaturamento di questi elementi (v., in particolare, sentenza Hilti/Commissione, citata, punti 10 e 42).
120 Ne deriva che, nei limiti in cui riguardasse la valutazione fatta dal Tribunale degli elementi di prova sottopostigli, tale censura non può essere esaminata in sede d'impugnazione.
121 In secondo luogo, per quanto riguarda la contestazione mossa dalla Monte al Tribunale di non aver tenuto conto del contesto economico per valutare gli effetti dell'infrazione, occorre rilevare che il Tribunale, avendo ritenuto che la Commissione avesse sufficientemente provato che gli accordi e le pratiche concordate accertati avevano un oggetto anticoncorrenziale, ha potuto correttamente ritenere che non fosse necessario esaminare se tali accordi e tali pratiche avessero avuto effetti sulle condizioni di concorrenza.
122 Risulta infatti da una giurisprudenza costante che, ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo ove risulti che esso ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza (sentenza 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pag. 458, in particolare pag. 520; v. altresì in questo senso sentenze 11 gennaio 1990, causa C-277/87, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, Racc. pag. I-45, e 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punti 14 e 15).
123 Analogamente, una pratica concordata rientra nell'ambito dell'art. 85, n. 1, del Trattato, anche in assenza di effetti anticoncorrenziali sul mercato.
124 Risulta anzitutto dalla lettera stessa della detta norma che, come nel caso degli accordi tra imprese e delle decisioni di associazioni di imprese, le pratiche concordate sono vietate, a prescindere dai loro effetti, allorché hanno un oggetto anticoncorrenziale.
125 Inoltre, benché la nozione stessa di pratica concordata presupponga un comportamento delle imprese partecipanti sul mercato, essa non implica necessariamente che tale comportamento produca l'effetto concreto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza.
126 Infine, l'interpretazione accolta non è incompatibile con il carattere restrittivo del divieto contenuto nell'art. 85, n. 1, del Trattato (v. sentenza 29 febbraio 1968, causa 24/67, Parke Davis, Racc. pag. 81, in particolare pag. 99), giacché, lungi dall'estenderne il campo di applicazione, essa corrisponde al senso letterale dei termini utilizzati nella detta norma.
127 In terzo luogo, nei limiti in cui la censura mossa dalla Monte tende a dimostrare che, a causa di circostanze estranee alla condotta delle imprese implicate, gli accordi e le pratiche concordate su cui verte la decisione polipropilene non potevano avere alcun oggetto anticoncorrenziale, occorre rilevare che le allegazioni della Monte, quand'anche fossero fondate, non sono atte a provare che il contesto economico escludesse ogni possibilità di concorrenza efficace (v., in tal senso, le citate sentenze Van Landewyck e a./Commissione, punto 153, e Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, punti 24-29).
128 In quarto luogo, per quanto riguarda la censura mossa dalla Monte al Tribunale di aver trascurato gli inviti indirizzatile dal governo italiano, senza che occorra verificare se una pressione irresistibile esercitata dalle autorità di uno Stato membro sia idonea a escludere la responsabilità di un'impresa in ordine alla violazione del diritto comunitario della concorrenza, è sufficiente rilevare che la Monte non ha nemmeno asserito di aver subito una pressione del genere e di essere stata dunque costretta a partecipare ad un'intesa con gli altri produttori di polipropilene. Il presente argomento non è quindi atto ad escludere la responsabilità della Monte quanto alle violazioni accertate dell'art. 85, n. 1, del Trattato.
129 Ne consegue che la prima parte di tale motivo dev'essere respinta.
La «rule of reason»
130 Con la seconda parte di questo motivo la Monte deduce che, al punto 265 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente negato l'applicazione del principio della «rule of reason» per il solo motivo che l'infrazione sarebbe stata manifesta. Tanto la dottrina quanto il Parlamento europeo avrebbero criticato l'atteggiamento della Commissione consistente nel considerare la tutela della concorrenza in termini puramente formali, non illuminati dalla ratio cui le norme comunitarie sono ispirate. In proposito, la Corte avrebbe sempre sostenuto che non si può attuare alcuna tutela della concorrenza prescindendo dal contesto economico e normativo nonché dagli effetti delle pretese infrazioni.
131 Secondo la Monte, la Commissione sosterrebbe che il principio della «rule of reason» è proprio dell'ordinamento degli Stati Uniti d'America e sembrerebbe limitare tale principio all'obbligo che il giudice avrebbe di effettuare un'analisi al fine di valutare se, eventualmente, i vantaggi arrecati alla concorrenza non siano superiori ai danni. Secondo la Monte, da una parte, non si vede perché, per applicare la legge in modo ragionevole anziché dissennato, occorrerebbe prendere a prestito un principio del diritto nordamericano. Dall'altra, occorrerebbe anzitutto ricercare la ratio legis della norma da applicare e poi stabilire se i comportamenti siano o meno contrari a tale norma. A tal fine, sarebbe indispensabile valutare il contesto nel quale tali comportamenti sono stati adottati. Nel caso di specie, supporre che le riunioni avessero scopi anticoncorrenziali, lungi dal costituire un accertamento di fatto, sarebbe privo di qualunque razionalità e verosimiglianza. Né sarebbe possibile stabilire un bilancio tra i danni causati e i vantaggi apportati alla concorrenza, in quanto non si potrebbe qualificare come atto lesivo per la concorrenza una proposta di prezzo un po' più vicino al costo di produzione, allorché l'acquirente è in grado di rifiutare tale proposta, minacciando di scegliersi un altro fornitore.
132 La Commissione ricorda che, all'argomento della Monte secondo il quale per interpretare l'art. 85 del Trattato occorrerebbe applicare la «rule of reason», il Tribunale ha risposto che la Commissione aveva sufficientemente dimostrato come l'intesa avesse un oggetto anticoncorrenziale ai sensi della stessa disposizione. Giustamente il Tribunale avrebbe aggiunto che, ammesso che tale principio debba applicarsi nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza, la Commissione avrebbe comunque potuto esimersi da un'analisi dell'effetto sulla concorrenza, in quanto non vi sarebbe alcun dubbio che un'intesa sulla fissazione dei prezzi, sulla limitazione della produzione e sulla ripartizione dei mercati costituisca un'infrazione «per se». In altre parole, data la natura estremamente dannosa di un'infrazione del genere per la concorrenza, non occorrerebbe chiedersi se vi siano circostanze positive atte a controbilanciare gli effetti negativi. In ogni caso, la Commissione sottolinea che, in Europa come negli Stati Uniti d'America, le intese orizzontali sui prezzi sono vietate anche quando le imprese producono in perdita. In tal caso, le intese frenerebbero la necessaria ristrutturazione dell'offerta con la sparizione delle imprese marginali e il consolidamento di quelle più redditizie.
133 In proposito è sufficiente rilevare che, anche ammettendo che la «rule of reason» svolga un ruolo nell'ambito dell'art. 85, n. 1, del Trattato, essa non può in alcun caso escludere l'applicazione di tale norma nel caso di un'intesa che ha coinvolto produttori che detenevano la quasi totalità del mercato comunitario e concernente obiettivi di prezzo, la limitazione della produzione e la ripartizione del mercato. Il Tribunale non ha quindi commesso alcun errore di diritto nel dichiarare che il carattere manifesto dell'infrazione ostava in ogni caso all'applicazione della «rule of reason».
134 Pertanto, la seconda parte di tale motivo dev'essere anch'essa respinta.
La presunzione di illegittimità delle riunioni fra produttori
135 Con la terza parte di tale motivo la Monte afferma che il Tribunale a torto ha ritenuto, ai punti 82 e 91 della sentenza impugnata, che per un imprenditore sia di per sé delittuoso partecipare a riunioni fra membri della stessa categoria. In spregio ai diritti di riunione, di libertà di opinione, di discussione e di associazione, il Tribunale avrebbe così creato un'arbitraria presunzione di illegittimità delle riunioni tra produttori, che peraltro non sono mai state segrete.
136 Secondo la Commissione, con tale censura la Monte procede ad una lettura erronea della sentenza impugnata e contrastante con quanto risulta dalla stessa sentenza. La censura sarebbe quindi irricevibile o, quanto meno, manifestamente infondata. Sarebbe chiaro che il Tribunale ricollega la violazione delle regole di concorrenza non alla semplice partecipazione a riunioni, ma anche allo scopo di queste ultime, consistente nella fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quantitativi di vendita.
137 Occorre ricordare in proposito che la libertà di espressione e quella di riunione pacifica e di associazione, rispettivamente sancite, tra l'altro, dagli artt. 10 e 11 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), fanno parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo e dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea (divenuto, in seguito a modifica, art. 6, n. 2, UE), sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario (v., in tal senso, sentenza Bosman, citata, punto 79).
138 Tuttavia, risulta espressamente dal punto 91 della sentenza impugnata, cui la Monte ha fatto riferimento, che le riunioni periodiche dei produttori di polipropilene non sono state giudicate contrarie all'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto tali, bensì in quanto aventi un oggetto anticoncorrenziale. Tale oggetto, peraltro, è stato accertato dal Tribunale sulla scorta delle prove indicate ai punti 83-90 della sentenza impugnata e non sul fondamento di una presunzione.
139 Ne consegue che nemmeno la terza parte di tale motivo può essere accolta.
L'arbitraria presunzione di un nesso di causalità
140 Con la quarta parte del presente motivo la Monte deduce che il Tribunale ha arbitrariamente presunto, ai punti 132-134 della sentenza impugnata, che esistesse un nesso di causalità tra due avvenimenti successivi. Perché la tesi della Commissione avesse un senso, sarebbe stato necessario che alle riunioni avesse fatto seguito un comportamento delle imprese diverso da quello che esse avrebbero presumibilmente tenuto senza quelle riunioni. Nel caso di specie, il comportamento delle imprese non avrebbe avuto alcuna alternativa, in quanto tutti i produttori avevano subito pesanti e sostanziali perdite finanziarie, che essi dovevano necessariamente ridurre. Il comportamento censurato corrisponderebbe dunque a un dovere imperativo da parte delle imprese, tanto sul piano economico e giuridico quanto su quello etico. Allorché dei naufraghi nuotano tutti verso la terra in vista, ciò non sarebbe il frutto di un accordo, bensì l'espressione di un istinto naturale di sopravvivenza. Le norme sulla concorrenza sarebbero volte a conservare alle imprese la libertà di scelta in relazione alle coazioni esterne e non rispetto alle necessità derivanti dalla funzione stessa dell'impresa, in primo luogo quella di produrre utili.
141 La Commissione rileva che, secondo la Monte, le riunioni dovevano avere un oggetto diverso da quello di creare impegni reciproci. Questo motivo sarebbe irricevibile, in quanto tenterebbe di rimettere in discussione l'accertamento dei fatti. Esso sarebbe in ogni caso infondato, in quanto il Tribunale avrebbe ritenuto, come la Commissione, che le riunioni avessero lo scopo di fissare prezzi e quote di mercato, fondando la propria conclusione su prove documentali.
142 Si deve osservare che, nei limiti in cui tale motivo mira a rimettere in discussione la valutazione effettuata dal Tribunale al punto 133 della sentenza impugnata, secondo la quale il contesto economico non consente di spiegare la concordanza reciproca delle istruzioni in materia di prezzi impartite dai diversi produttori e la loro concordanza con i prezzi obiettivo fissati nel corso delle riunioni dei produttori, esso verte sulla valutazione dei mezzi di prova sottoposti al Tribunale e non può essere esaminato dalla Corte in sede di impugnazione.
143 Quanto alla critica della Monte secondo la quale la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto di uno stato di necessità tale da imporre alle imprese destinatarie della decisione polipropilene di adottare il comportamento che viene loro contestato, giova rilevare che, sebbene non si possa escludere che lo stato di necessità autorizzi una condotta la quale, in mancanza, violerebbe l'art. 85, n. 1, del Trattato, tale stato di necessità non può in alcun caso risultare dalla semplice esigenza di evitare una perdita economica.
144 Pertanto, la quarta parte di tale motivo va anch'essa disattesa.
La motivazione idonea a giustificare il comportamento
145 Con la quinta parte di tale motivo la Monte sottolinea, con riferimento ai punti 232 e 233 della sentenza impugnata, che il Tribunale ha violato il principio secondo il quale, nel dubbio fra due possibili motivazioni di un comportamento, si deve adottare quella idonea a giustificare il comportamento stesso. Se un comportamento parallelo può avere una giustificazione diversa dalla concertazione, il giudice non potrebbe presumere che esso sia causato da un accordo anticoncorrenziale piuttosto che da un'altra causa. La Monte fa riferimento alla sentenza della Corte 13 luglio 1989, causa 395/87, Tournier (Racc. pag. 2521). Nel caso di specie, sarebbe normale che le iniziative delle imprese abbiano avuto luogo con una certa simultaneità, trattandosi della prassi del mercato, il quale riguardava una materia semilavorata, destinata ad utilizzatori industriali. Si sarebbe trattato, cioè, di una clientela che doveva programmare le forniture necessarie e operare le sue scelte di acquisto con notevole anticipo. In mercati del genere sarebbe prassi che i prezzi vengano annunciati dalle imprese con frequenza periodica e per una durata prestabilita. La Monte osserva che il fatto che, dopo l'annuncio di una modifica di prezzo, tutti gli altri produttori nei giorni seguenti indichino i loro prezzi risponde alle esigenze degli utilizzatori e alla prassi del settore. Sarebbe altresì prassi corrente che una o più delle imprese maggiori fungano da «price-leaders», precedendo le altre nella fissazione dei prezzi. Ciò eliminerebbe qualsiasi sospetto di concertazione. Per quanto riguarda l'entità dei tentati aumenti, essa sarebbe stata resa più o meno omogenea dall'esigenza di aderire alla realtà del mercato.
146 Secondo la Commissione, malgrado il riferimento ai punti 232 e 233, la violazione allegata non può avere ad oggetto alcun punto della sentenza, in quanto né la Commissione né il Tribunale hanno mai nutrito dubbi sull'interpretazione dei comportamenti della Monte. Questo motivo sarebbe pertanto irricevibile, in quanto totalmente estraneo alla sentenza impugnata. In proposito, la Commissione fa riferimento alla sentenza della Corte 22 dicembre 1993, causa C-354/92 P, Eppe/Commissione (Racc. pag. I-7027), nonché alle ordinanze della Corte 26 aprile 1993, causa C-244/92 P, Kupka-Floridi/CES (Racc. pag. I-2041), e 7 marzo 1994, causa C-338/93, De Hoe/Commissione (Racc. pag. I-819), da cui risulterebbe che, in conformità all'art. 51 dello Statuto CE della Corte di giustizia e all'art. 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte, un motivo di impugnazione deve sviluppare un'argomentazione giuridica che critichi in maniera specifica un aspetto preciso della sentenza di primo grado. Non corrisponderebbe a questa esigenza un motivo che si limitasse a ripetere gli argomenti presentati dinanzi al Tribunale, senza svolgere argomenti giuridici a sostegno delle conclusioni dell'impugnazione. Ciò equivarrebbe infatti ad una semplice richiesta di riesame del ricorso presentato al Tribunale, che esulerebbe dalla competenza della Corte e andrebbe respinta come manifestamente irricevibile ai sensi dell'art. 119 del regolamento di procedura della Corte. Rientrerebbe in questa categoria il semplice rinvio ai motivi e agli argomenti presentati davanti al Tribunale o la semplice affermazione che il Tribunale avrebbe dovuto giudicare diversamente.
147 In proposito occorre rilevare, da una parte, che la giurisprudenza invocata dalla Monte riguarda la situazione in cui, in presenza di un parallelismo di comportamento tra diverse imprese sul mercato, si tratta di determinare se tale fenomeno sia l'effetto di una concertazione tra le dette imprese o se possa spiegarsi altrimenti. Essa non è quindi pertinente nella fattispecie, giacché la Commissione ha sufficientemente provato, secondo gli accertamenti del Tribunale, l'esistenza di una concertazione avente oggetto anticoncorrenziale.
148 D'altro canto, giustamente il Tribunale ha ritenuto, al punto 135 della sentenza impugnata, che non si potrebbe parlare di una qualsiasi forma di «price leadership» di un produttore, una volta che questi abbia partecipato insieme ad altri a un accordo riguardante i prezzi.
149 Da quanto precede risulta che la quinta parte del presente motivo dev'essere anch'essa respinta.
Il dovere di leale comportamento fra le imprese costrette a produrre in perdita
150 Con la sesta parte di questo motivo la Monte contesta il rigetto, da parte del Tribunale, dell'argomento secondo il quale il dovere di comportamento leale imponeva alle imprese di tentare di ridurre le loro perdite e di non praticare un «predatory pricing». La tesi esposta al punto 295 della sentenza impugnata, secondo la quale la vendita sottocosto costituisce una forma di concorrenza sleale unicamente quando mira a rafforzare la posizione concorrenziale di un'impresa a scapito dei suoi concorrenti, e non quando risulta dal gioco della domanda e dell'offerta, non troverebbe applicazione nel caso di specie. Ciò di cui le imprese si accusavano fra loro era di vendere ancora più sottocosto di quanto non fosse necessario, per conquistare clienti e costringere i concorrenti ad abbandonare il mercato. I tentativi di aumentare i prezzi sarebbero stati volti a ridurre le perdite e ad evitare la soluzione, altamente illecita, del «predatory pricing». La Monte non avrebbe mai sostenuto l'esistenza di un'intesa, nemmeno avente unicamente lo scopo di non farsi concorrenza sleale. Al contrario, essa avrebbe sempre sostenuto come un comportamento determinato dal contesto economico non fosse né potesse essere frutto di concertazioni, essendo esso l'unica condotta giuridicamente ed economicamente obbligata.
151 Secondo la Commissione, la Monte avrebbe sostenuto dinanzi al Tribunale che un accordo tra imprese volto a non praticare prezzi sottocosto, trattandosi di un accordo mirante a escludere una forma di concorrenza sleale, non sarebbe contrario all'art. 85 del Trattato. Certo, questa tesi sarebbe stata formulata in modo ambiguo, ma non si potrebbe comunque negare che essa sia stata sostenuta e che il Tribunale vi abbia risposto al punto 295 della sentenza. Nel ricorso la Monte si limiterebbe a contestare al Tribunale di aver preso in considerazione un certo contenuto dell'intesa piuttosto che un altro, affermando che le imprese vendevano ancor più sottocosto del necessario e che, pertanto, esse si erano accordate per vendere ad un livello meno basso, sia pure sempre sottocosto. Questo argomento sarebbe irricevibile in quanto, in primo luogo, tenderebbe a rimettere in questione l'accertamento dei fatti e, in secondo luogo, tenderebbe a modificare l'oggetto della lite dinanzi al Tribunale, in violazione dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte. Infatti, dinanzi al Tribunale la Monte non avrebbe parlato di vendita ancor più sottocosto del necessario. Questo motivo sarebbe in ogni caso infondato, in quanto il Tribunale giustamente avrebbe ritenuto che l'unica vendita sottocosto qualificabile come concorrenza sleale è quella praticata da un'impresa che occupi una posizione dominante al fine di eliminare la concorrenza restante sul mercato.
152 In proposito è sufficiente osservare che tale censura, vertendo sulla circostanza che le imprese interessate vendevano a un livello ancor più basso di quello risultante dal gioco dell'offerta e della domanda, dev'essere dichiarata irricevibile per il duplice motivo che essa mira a contestare le valutazioni di fatto del Tribunale e che costituisce un motivo nuovo, che modifica l'oggetto della lite dinanzi al Tribunale, in violazione dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte.
L'applicazione discriminatoria dell'art. 85 del Trattato ad esclusivo vantaggio degli utilizzatori
153 Con la settima parte di tale motivo la Monte osserva, riferendosi ai punti 132 e 237 della sentenza impugnata, che il Tribunale ha fatto un'applicazione discriminatoria dell'art. 85 del Trattato esclusivamente a vantaggio degli utilizzatori, mentre i produttori si trovavano stretti in una morsa tra i fornitori di petrolio, in abuso di posizione dominante, e i clienti, dotati di forza contrattuale preponderante. In proposito, essa contesta che il fatto di annunciare un lieve aumento dei prezzi a chi, avendo in mano il mercato, sa già di poter rifiutare quell'aumento, costituisca una grave distorsione della concorrenza. Si avrebbe in tal caso una tutela della concorrenza volta a salvaguardare solo gli interessi delle industrie utilizzatrici a discapito delle altre. Una lettura siffatta dell'art. 85 del Trattato sarebbe incompatibile con l'art. 2 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 2 CE), che attribuirebbe alla Comunità il compito di promuovere uno sviluppo armonioso delle attività economiche, un'espansione continua ed equilibrata e una stabilità accresciuta. Sarebbe infatti contrario a qualsiasi ratio legis considerare come un normale incontro della domanda e dell'offerta sul mercato la situazione esistente a seguito dell'aumento del prezzo del petrolio, allorché le ripercussioni avrebbero colpito soltanto i produttori di polipropilene. Sarebbe inoltre in contrasto con l'art. 2 del Trattato impedire ad un settore di reagire contro lo strapotere di un altro.
154 La Commissione osserva nel merito che, se la genericità del motivo non è una ragione sufficiente per dichiararlo irricevibile, l'art. 85 del Trattato si applica nei confronti delle imprese che concludono intese restrittive della concorrenza e che, ove si tratti di intese sulla vendita, gli acquirenti ne trarranno profitto. La Commissione non vede in che cosa consisterebbe la discriminazione. In ogni caso, correttamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la situazione di «mercato del compratore» non esonera dall'obbligo di rispettare il divieto di cui all'art. 85 del Trattato.
155 In proposito è sufficiente rilevare, da un lato, come fa giustamente la Commissione, che una decisione vertente su intese restrittive della concorrenza concluse da venditori potrà avvantaggiare gli acquirenti senza che ciò determini una qualunque forma di discriminazione. Dall'altro, l'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato a intese del genere non è esclusa per il solo fatto che gli acquirenti si trovino in una situazione favorevole sul mercato.
156 Pertanto, nemmeno la settima parte di tale motivo può essere accolta.
L'omessa considerazione della realtà economica
157 Con l'ottava parte di tale motivo, la Monte sostiene, facendo riferimento ai punti 143, 199 e 200 della sentenza impugnata, che il Tribunale, nel muovere l'accusa di «riduzione artificiosa dell'offerta» e di «instaurazione di un sistema di quote» non ha preso in considerazione la realtà economica. Ricorda che le imprese lavoravano al 60% della loro capacità e in perdita, e che vendere di più era possibile solo aumentando le proprie perdite. I produttori avrebbero dovuto accettare le condizioni imposte dagli acquirenti. L'esistenza di un sistema di quote, nel caso di specie, sarebbe non soltanto un illecito indimostrato, ma anche un illecito impossibile da attuarsi, in quanto la limitazione della propria quota di vendita sarebbe possibile soltanto in una situazione in cui l'impresa è libera di scegliere il proprio livello di produzione. Orbene, tale situazione non potrebbe attuarsi quando l'aumento di quota significherebbe aumentare le perdite riducendo ulteriormente il prezzo, mentre ridurre la propria quota non significherebbe aumentare il prezzo, ma solo aumentare le perdite derivanti dalla ridotta utilizzazione degli impianti.
158 La Commissione osserva che la Monte solleva, in sostanza, le stesse obiezioni già esposte con riferimento alla quarta parte di questo motivo. Da una parte, tali allegazioni sarebbero irricevibili, in quanto volte a rimettere in questione l'accertamento dei fatti. Dall'altra, esse sarebbero infondate, in quanto la partecipazione della Monte all'intesa si fonderebbe su prove documentali.
159 Si deve rilevare che questa parte del secondo motivo si fonda, sostanzialmente, sulle stesse censure esaminate nell'ambito della prima e della quarta parte. Pertanto, dev'essere respinta per identità di motivi.
L'introduzione di nuove figure di illecito: il concorso di volontà e lo scopo anticoncorrenziale
160 Con la nona parte di questo motivo, la Monte fa riferimento ai punti 150, 201, 230 e 264 della sentenza impugnata per affermare che, riprendendo la tesi della Commissione, il Tribunale ha introdotto nuove figure di illecito, in particolare il «concorso di volontà» e lo «scopo anticoncorrenziale». Quanto al primo, esso sarebbe privo di qualsiasi rilevanza quando non sia il frutto di un accordo o di una concertazione. Quanto allo «scopo anticoncorrenziale», la Monte ritiene che questa possibilità finirebbe col punire una condotta di per sé lecita, che non ha conseguito alcun effetto proibito, ma che forse si proponeva obiettivi «anticoncorrenziali». Ciò equivarrebbe a punire le mere intenzioni. Non avendo constatato l'esistenza né di un oggetto né di un effetto anticoncorrenziale, il Tribunale avrebbe introdotto un terzo requisito agli effetti dell'art. 85 del Trattato, vale a dire lo scopo anticoncorrenziale.
161 Secondo la Commissione, per «concorso di volontà» il Tribunale intendeva designare l'elemento fondamentale che permette di stabilire l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85 del Trattato. Quanto allo «scopo anticoncorrenziale», il testo italiano della sentenza impugnata utilizzerebbe un termine alternativo («scopo») per riferirsi all'oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. «Scopo» sarebbe quindi l'equivalente di «oggetto». Questo motivo sarebbe pertanto infondato.
162 Per quanto riguarda, in primo luogo, il «concorso di volontà», occorre osservare che, come risulta chiaramente dalla sentenza impugnata, tale espressione è stata usata per descrivere un comportamento atto ad essere qualificato giuridicamente come accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Orbene, secondo la costante giurisprudenza della Corte, rammentata al punto 230 della sentenza impugnata, un accordo del genere risulta dall'espressione della comune volontà, da parte delle imprese interessate, di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., in particolare, le citate sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, punto 112, e Van Landewyck e a./Commissione, punto 86). Pertanto il Tribunale, lungi dal creare nuove figure di illecito, a ragion veduta ha utilizzato l'espressione «concorso di volontà» per designare un comportamento qualificabile come accordo.
163 In secondo luogo, per quanto riguarda l'espressione «scopo anticoncorrenziale», essa è stata impiegata, al punto 264 della sentenza impugnata, come sinonimo di «oggetto anticoncorrenziale», il che appare conforme alla nozione di oggetto di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato, come risulta dal raffronto delle diverse versioni linguistiche di tale norma, in particolare delle versioni danese («formål»), tedesca («bezwecken»), finlandese («tarkoituksena»), irlandese («gcuspóir»), olandese («strekken»), portoghese («objectivo») e svedese («syfte»).
164 Anche questa censura dev'essere pertanto respinta.
L'erronea attribuzione di un carattere di segretezza a dati divulgati dalla stampa specializzata
165 Con la decima parte di questo motivo, la Monte contesta al Tribunale di avere, ai punti 175-177 della sentenza impugnata, erroneamente attribuito un carattere di segretezza a dati, quali quelli attinenti alla produzione, comunemente divulgati dalla stampa specializzata. Chiunque avrebbe potuto attingere a tali «segreti». La Commissione avrebbe dovuto provare che i dati erano stati informalmente raccolti prima di qualsiasi loro divulgazione a mezzo stampa e spiegare che la conoscenza di quei dati aveva avuto effetti distorsivi della concorrenza, cosa che essa avrebbe omesso di fare.
166 La Commissione sottolinea che questo motivo è irricevibile sotto diversi profili. Non sarebbe dato capire a quali dati la Monte faccia allusione né a quale parte della sentenza si indirizzi la sua censura, atteso che la menzione dei punti 175-177 sarebbe a tal fine insufficiente. Inoltre, questo motivo tenderebbe a sollevare questioni di fatto, che non sembrerebbero peraltro essere state sollevate dinanzi al Tribunale. La Monte tenderebbe quindi a modificare l'oggetto della lite, in violazione dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte.
167 Atteso che tale censura verte sulla valutazione dei fatti effettuata dal Tribunale, va dichiarata irricevibile.
Il pregiudizio per gli scambi
168 Nell'ambito dell'undicesima parte di questo motivo, la Monte osserva, con riferimento ai punti 253 e 254 della sentenza impugnata, che non si è avuto alcun pregiudizio per gli scambi, dato che un'impresa non poteva fare altro, pur di rimanere sul mercato, che continuare a vendere per sei anni in perdita. Se la Monte avesse cessato la sua attività, le correnti di scambio di sarebbero modificate, ma senza alcuna utilità.
169 Secondo la Commissione questa parte del motivo non contiene alcuna argomentazione tendente a criticare il ragionamento del Tribunale. Essa equivarrebbe ad affermare che il Tribunale avrebbe dovuto giudicare diversamente. Questo motivo pertanto, in conformità alla citata sentenza Eppe/Commissione, nonché alle citate ordinanze Kupka-Floridi/CES e De Hoe/Commissione, sarebbe irricevibile.
170 Si deve rilevare in proposito che questa censura si fonda su un'erronea comprensione della nozione di pregiudizio per il commercio fra gli Stati membri. Conformemente alla giurisprudenza costante, vi è tale pregiudizio allorché, in base ad un insieme di elementi di fatto o di diritto, l'intesa constatata consente di prevedere con sufficiente grado di probabilità che essa sia atta a incidere direttamente o indirettamente, effettivamente o potenzialmente, sui flussi commerciali fra Stati membri (v. in tal senso, in particolare, sentenza 10 luglio 1980, causa 99/79, Lancôme, Racc. pag. 2511, punto 23).
171 Ne consegue che il Tribunale non è incorso in errore di diritto, cosicché quest'ultima censura va anch'essa respinta. Occorre pertanto respingere in toto il secondo motivo.
Sulle violazioni del diritto comunitario in sede di accertamento dei fatti sottoposti alla valutazione del Tribunale
172 Con il terzo motivo la Monte, riferendosi ai punti 82, 86, 89, 129, 144, 146 e 149 della sentenza impugnata, deduce che in sede di accertamento dei fatti il Tribunale ha invertito l'onere della prova, ha violato i principi di presunzione d'innocenza e di personalità della colpa, ha attribuito alla Monte confessioni e ammissioni inesistenti, ha affermato senza prove che i produttori avevano sottoscritto un piano comune e ha erroneamente respinto l'argomento che includeva il terrorismo delle «brigate rosse» tra i fattori di condizionamento della sua condotta.
173 A torto il Tribunale avrebbe affermato che la Monte non aveva contestato la sua partecipazione alle riunioni periodiche di produttori e che si doveva dunque ritenere che essa avesse partecipato a tutte le riunioni. Parimenti a torto il Tribunale avrebbe aggiunto che spettava alla Monte l'onere di fornire un'altra spiegazione del contenuto delle riunioni cui aveva partecipato. Esso avrebbe in tal modo invertito l'onere della prova e introdotto una presunzione di colpa, atteso che la partecipazione a una riunione costituirebbe per il Tribunale un'adesione a tutte le iniziative che si suppone vi siano state prese. Spetterebbe dunque all'incolpato fornire la prova della propria innocenza. In proposito la Monte osserva inoltre che, secondo un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici civili, il giudice non può utilizzare una presunta confessione estraendone solo gli elementi favorevoli all'accusa. Sarebbe illegittimo limitarsi al riconoscimento dell'esistenza di tali riunioni attribuendo loro un contenuto che la Monte ha sempre negato. La Monte avrebbe, al contrario, dimostrato che per quanto la riguarda il preteso sistema dell'«account leadership» non aveva funzionato per molti dei suoi pretesi clienti preferenziali, senza che la Commissione abbia dimostrato che tale sistema era stato applicato nei confronti di altri clienti. La Monte ricorda di aver inoltre fornito la prova che l'andamento dei suoi prezzi era stato del tutto autonomo sia rispetto ai prezzi del proprio listino, sia rispetto ai prezzi obiettivo allegati, sia rispetto ai prezzi indicati dalla stampa specializzata. Aggiunge che il Tribunale le contesta di non aver prodotto i verbali delle riunioni redatti dai membri del suo personale, senza possedere alcun elemento per affermarne l'esistenza.
174 Secondo la Commissione, una volta accertata la partecipazione della Monte alle riunioni, e disponendo dei resoconti delle riunioni rinvenuti presso l'ICI, spettava alla Monte fornire una diversa spiegazione del contenuto delle riunioni. Si tratterebbe dell'applicazione di elementari regole sull'onere della prova. Quanto ai resoconti del personale della Monte, la Commissione rileva che il Tribunale non ha affermato la loro esistenza, ma li ha menzionati quali esempio di elementi che la Monte avrebbe potuto dedurre per giustificare la sua partecipazione alle riunioni. La Commissione constata inoltre che la Monte sembra voler affermare di non aver partecipato ad alcuna intesa, nemmeno lecita, sebbene tale partecipazione risulti da prove documentali. Per quanto riguarda il sistema di «account leadership», il Tribunale avrebbe correttamente accertato la partecipazione della Monte sulla base delle prove documentali disponibili. Secondo la Commissione, la Monte dimentica che la conclusione del Tribunale verte sull'esistenza dell'accordo, non sulla sua attuazione, e che per giungere a tale conclusione il Tribunale ha preso in considerazione un certo numero di prove. Aggiunge che l'eventuale fallimento dell'accordo sul piano pratico non sarebbe stato comunque sufficiente a neutralizzare le altre prove della sua esistenza. Questo motivo sarebbe pertanto infondato.
175 In proposito, occorre anzitutto riconoscere che il principio della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall'art. 6, n. 2, della CEDU, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, rammentata al punto 137 della presente sentenza e peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo nonché dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.
176 Occorre ammettere altresì che, considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d'innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v., in tal senso, in particolare, Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenze 21 febbraio 1984, Öztürk, serie A n. 73, e 25 agosto 1987, Lutz, serie A n. 123-A).
177 Quanto alla fondatezza delle censure formulate dalla Monte, si deve rilevare, in primo luogo, che essa non ha contestato dinanzi al Tribunale di aver preso parte alle riunioni menzionate nella decisione polipropilene, bensì ha sostenuto che tali riunioni non avevano la natura e la portata descritte in tale decisione.
178 Ciò considerato, correttamente il Tribunale ha potuto ritenere, senza snaturare le dichiarazioni della Monte, che essa non contestava l'effettività della sua partecipazione alle riunioni di cui trattasi.
179 In secondo luogo, giova rammentare che, in caso di controversia sulla sussistenza di un'infrazione alle norme di concorrenza, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare l'esistenza dei fatti che integrano l'infrazione (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, citata, punto 58).
180 Orbene, contrariamente alle allegazioni della Monte, il Tribunale non si è affatto fondato su presunzioni per accertare il carattere anticoncorrenziale delle riunioni di cui trattasi, attingendo invece agli elementi di prova indicati ai punti 83-85 della sentenza impugnata. La sua valutazione di tali elementi non può essere rimessa in discussione in sede d'impugnazione.
181 Atteso che, secondo gli accertamenti del Tribunale, la Commissione era stata in grado di dimostrare la partecipazione della Monte a riunioni tra imprese aventi carattere manifestamente anticoncorrenziale, il Tribunale giustamente ha ritenuto che spettasse alla Monte fornire un'altra spiegazione del contenuto di tali riunioni. Ne consegue che il Tribunale non ha operato alcuna indebita inversione dell'onere della prova, né ha infranto la presunzione d'innocenza.
182 In proposito, come correttamente rileva la Commissione, la menzione delle note redatte dai membri del personale della Monte nel corso delle riunioni, che si rinviene al punto 86 della sentenza impugnata, va intesa come un semplice esempio degli elementi di prova che la Monte avrebbe potuto dedurre per suffragare le sue tesi in merito alla natura e all'oggetto delle riunioni, cosicché il Tribunale non ha avanzato alcuna presunzione in merito all'esistenza di tali note.
183 In terzo luogo, nei limiti in cui la Monte intende contestare gli accertamenti di cui ai punti 145-148 della sentenza impugnata, attinenti alla sua partecipazione al sistema di «account ledearship» e all'attuazione, quanto meno parziale, di tale sistema, la sua censura verte sulla valutazione, da parte del Tribunale, dei mezzi di prova dinanzi ad esso dedotti e non può pertanto essere esaminata in sede di impugnazione.
184 In quarto luogo, giustamente il Tribunale ha ritenuto che l'argomento vertente sul ricatto che le «brigate rosse» avrebbero esercitato sulla Monte fosse irricevibile in forza dell'art. 42, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, in quanto motivo nuovo dedotto per la prima volta in sede di replica. Il Tribunale ha infatti constatato che tale motivo si fondava su un elemento di fatto manifestatosi non nel corso della procedura, bensì fin dal 1981, vale a dire ben prima del suo inizio.
Sulla prescrizione
185 Secondo la Monte, che fa riferimento ai punti 236, 237 e 336 della sentenza, il Tribunale ha violato l'art. 1, n. 1, del regolamento n. 2988/74, in materia di prescrizione, nonché l'onere della prova sulla continuità del comportamento, rilevante agli effetti della prescrizione. Come avrebbe ammesso il giudice Vesterdorf, designato come avvocato generale dinanzi al Tribunale, non vi sarebbero prove circa la continuità del comportamento fra il 1977 e il 1983. Ciò comporterebbe la prescrizione del periodo di cinque anni anteriore alla messa in mora. Questa prescrizione non potrebbe considerarsi interrotta da atti rivolti ad altre imprese, non essendo dimostrata fra di loro una comunanza nell'illecito. Tale comunanza non potrebbe consistere in una mera partecipazione alle riunioni.
186 Nella replica la Monte aggiunge che, in forza del detto regolamento, il Tribunale avrebbe dovuto, per respingere l'eccezione di prescrizione, fondare la sua motivazione sulla continuità dell'infrazione e sulla partecipazione della Monte a tale continuità. Alla luce della sentenza impugnata, il solo elemento comune a tutti i comportamenti incriminati preso in considerazione dal Tribunale sarebbe quello di mirare ad un unico scopo economico, quello di falsare il normale andamento dei prezzi sul mercato del polipropilene, che, a sua volta, costituirebbe un comportamento continuato. Di conseguenza, l'unico elemento unificatore della condotta sarebbe, per il Tribunale, quello di «falsare il normale andamento dei prezzi». La Monte osserva che un mercato avente le caratteristiche già descritte non può essere qualificato come «normale» cosicché i tentativi di ridurre le perdite non potevano costituire l'unico disegno unificatore dei comportamenti delle imprese. Inoltre, il Tribunale non avrebbe addotto alcun elemento idoneo a far considerare il comportamento della Monte come continuo o continuato. Infine, il Tribunale avrebbe dovuto precisare a quante riunioni la Monte avrebbe partecipato, e in che periodo; in mancanza di tali precisazioni, l'applicazione della prescrizione prevista per le infrazioni multilaterali continue o continuate resterebbe del tutto immotivata.
187 La Commissione ritiene che questo motivo sia irricevibile per diverse ragioni. In primo luogo, sarebbe impossibile comprendere il ragionamento della Monte e la critica mossa alla sentenza impugnata. Mentre il Tribunale avrebbe qualificato i fatti come un'unica infrazione mettendo in evidenza il legame fra i vari comportamenti delle imprese, nel titolo del motivo si parlerebbe di violazione dell'onere della prova della continuità del comportamento, poi si farebbe rinvio alle conclusioni dell'avvocato generale, per escludere infine che atti rivolti ad altre imprese possano interrompere la prescrizione. La Commissione ricorda in proposito che un'argomentazione per rinvio non è ammissibile. D'altra parte, in quanto il motivo fosse vertente sulla qualificazione dei fatti come infrazione unica, si tratterebbe di una questione di fatto, che esulerebbe dalla competenza della Corte in sede di impugnazione.
188 Secondo la Commissione, la Monte ha dedotto, per la prima volta in sede di replica che, per escludere la prescrizione, il Tribunale si sarebbe avvalso della nozione di «comportamento continuato». La Commissione si rimette al prudente apprezzamento della Corte per quanto riguarda la ricevibilità di tali argomenti.
189 In proposito occorre rilevare anzitutto che, contrariamente alle allegazioni della Monte, al punto 202 della sentenza impugnata il Tribunale ha ritenuto che la Commissione avesse sufficientemente provato l'intera ricostruzione dei fatti da essa compiuta nei confronti della Monte nell'atto impugnato. Non risulta dalla sentenza impugnata che i vari comportamenti imputati alla Monte abbiano subito, in un qualunque momento, un'interruzione.
190 Orbene, non spetta alla Corte, quando statuisce in sede d'impugnazione, verificare la fondatezza di tale valutazione di fatto.
191 Il Tribunale ha poi rilevato, ai punti 230, 231 e 235 della sentenza impugnata, che la Monte aveva partecipato ad attività qualificate come accordi e pratiche concordate per il periodo compreso tra il 1977 e il settembre 1983 e che hanno prodotto i loro effetti, nel caso degli accordi, fino al novembre 1983. Ha ritenuto, ai punti 236 e 237, che tali accordi e pratiche concordate si inserissero, data l'identità dei loro scopi, in sistemi di riunioni periodiche, di fissazione di obiettivi in materia di prezzi e di quote, sistemi che a loro volta facevano parte di una serie di iniziative delle imprese di cui trattasi miranti ad un unico scopo economico, quello di falsare l'andamento dei prezzi. Ha ritenuto che sarebbe stato artificioso frazionare tale comportamento continuato, caratterizzato da un'unica finalità, ravvisandovi più infrazioni distinte, laddove si trattava al contrario di un'infrazione unica gradualmente concretatasi sia attraverso accordi sia attraverso pratiche concordate.
192 La sola contestazione sollevata in proposito dalla Monte consiste nel sostenere che lo scopo economico comune a tutti gli sforzi delle imprese implicate, che il Tribunale descrive come consistente nel «falsare il normale andamento dei prezzi», era privo di oggetto nel caso del mercato del polipropilene, che non poteva essere considerato normale.
193 Questa censura non può essere accolta, dal momento che l'espressione «normale andamento dei prezzi» va intesa nel senso che indica l'evoluzione che i prezzi avrebbero avuto in assenza dei comportamenti anticoncorrenziali imputati alle imprese. La circostanza che il mercato del polipropilene dell'epoca versasse in una situazione di squilibrio non qualificabile come normale è pertanto irrilevante.
194 Infine, al punto 331 il Tribunale ha dichiarato che la Monte aveva partecipato a un'infrazione unica e continuata a partire dalla conclusione dell'accordo sui prezzi base, verso la metà del 1977, sino al novembre 1983.
195 A tal proposito è sufficiente rilevare che, sebbene la nozione di infrazione continuata abbia un contenuto leggermente diverso negli ordinamenti giuridici dei vari Stati membri, essa comporta in ogni caso una pluralità di comportamenti illeciti, o di atti di esecuzione di un'unica infrazione, unificati da un elemento soggettivo comune.
196 Pertanto, correttamente il Tribunale ha ritenuto che attività che avevano carattere sistematico e perseguivano un unico obiettivo costituissero un'infrazione continuata alle disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato, cosicché il termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 1 del regolamento n. 2988/74 poteva cominciare a decorrere soltanto dal giorno in cui l'infrazione aveva avuto fine, giorno che, stando agli accertamenti del Tribunale, si colloca nel novembre 1983.
197 In queste condizioni, senza che occorra esaminare le censure attinenti agli atti interruttivi della prescrizione, si deve concludere che il Tribunale, nel ritenere che la Monte non potesse far valere la prescrizione delle ammende, non è incorso in alcun errore di diritto.
198 Il quarto motivo dev'essere pertanto anch'esso respinto.
Sulla determinazione dell'ammenda
199 Con il quinto motivo, dedotto in subordine, la Monte contesta al Tribunale, alla luce dei punti 70, 374, 379 e 385 della sentenza impugnata, di non aver motivato il preteso riconoscimento di circostanze esimenti da parte della Commissione nel calcolo dell'ammenda, di aver operato un'iniqua equiparazione fra intesa o pratica non notificata e comportamenti illeciti al massimo grado e di non aver motivato il rifiuto di concederle una sostanziale riduzione dell'ammenda. Un'infrazione che non ha avuto effetti sul mercato sarebbe certamente meno grave di una che ne abbia prodotti. L'ammenda avrebbe, oltre che una funzione dissuasiva, anche la funzione di ristabilire una situazione di concorrenza equilibrata, infliggendo all'impresa responsabile di una violazione un sacrificio finanziario proporzionato, tra l'altro, ai benefici che detta impresa ha ricavato dalla propria condotta illecita. Secondo la Monte ne consegue che, nei casi in cui l'accertamento dell'infrazione non è suffragato dalla prova della concreta applicazione delle presunte intese né da dati che dimostrino il beneficio che dalle stesse hanno ricavato le imprese responsabili, il calcolo dell'ammenda deve essere particolarmente prudente, giacché assolve esclusivamente ad una funzione dissuasiva. A torto il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione questi elementi nel valutare la congruità dell'ammenda.
200 La Monte osserva inoltre che è difficile comprendere come il Tribunale abbia potuto valutare la congruità dell'ammenda senza risolvere il problema, logicamente preliminare, della gravità della violazione dell'art. 85 del Trattato. Quanto alla valutazione degli effetti restrittivi di un'intesa, la Commissione avrebbe dovuto tener conto della particolare situazione del mercato, dominato dagli acquirenti. Essa sarebbe peraltro tenuta a valutare il contributo specifico di ogni impresa al prodursi di tali effetti quando prende in esame la possibilità di infliggere un'ammenda e deve calcolarne l'importo. Poiché l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 è una norma a carattere sanzionatorio, la sua applicazione non potrebbe prescindere da un rigoroso accertamento della responsabilità individuale del soggetto sanzionato.
201 Accogliendo l'argomento della Commissione, secondo il quale non occorreva ricercare se le presunte intese potessero o meno fruire dell'esenzione ai sensi dell'art. 81, n. 3, CE, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che tale valutazione era in ogni caso necessaria quanto meno per stabilire il livello dell'ammenda. Non si potrebbe infatti sanzionare nella stessa maniera un'intesa meritevole, nella sostanza, di esenzione e una comunque non esentabile. Il Tribunale avrebbe dovuto rilevare questo difetto di motivazione nella decisione polipropilene.
202 Il Tribunale non parrebbe nemmeno aver preso in considerazione integralmente il motivo vertente sull'intenzionalità della violazione. In proposito, la Monte sottolinea che l'elemento soggettivo dell'infrazione è una condizione indispensabile per poter infliggere l'ammenda e non soltanto una circostanza aggravante come ritiene la Commissione. Il Tribunale non avrebbe esaminato tale aspetto del motivo di ricorso relativo all'intenzionalità dell'infrazione. Dopo aver concluso che la Monte aveva agito intenzionalmente, il Tribunale avrebbe ancora dovuto valutare se tale elemento potesse essere utilizzato come circostanza aggravante idonea a far elevare l'importo della sanzione. Secondo la Monte, l'accertamento dell'intenzionalità dell'infrazione è un elemento di grande rilevanza per la valutazione della gravità intrinseca della violazione e, quindi, dell'entità della sanzione pecuniaria. La mancata presa in considerazione da parte del Tribunale di questo aspetto costituirebbe pertanto un difetto di motivazione della sentenza.
203 La Commissione sottolinea anzitutto che i punti cui fa riferimento la Monte non sono veramente pertinenti, mentre nessun argomento è stato sviluppato in ordine ai punti 365-374, in cui il Tribunale ha preso minuziosamente in considerazione la problematica degli effetti. Grande importanza avrebbe inoltre il punto 386 che, anche alla luce del punto 385 (il solo indicato dalla Monte), dimostrerebbe come il Tribunale abbia approvato tanto l'elenco delle circostanze prese in considerazione dalla Commissione, ivi compresa la circostanza attenuante per cui in generale le iniziative in materia di prezzi non avevano conseguito appieno il loro obiettivo, quanto il livello dell'ammenda deciso ponderando tali circostanze.
204 Inoltre, al punto 254, il Tribunale avrebbe ritenuto che, per dimostrare l'esistenza del pregiudizio al commercio fra Stati membri, occorreva prendere in considerazione gli effetti dell'intesa e non quelli dovuti alla partecipazione all'intesa di ciascuna impresa. In proposito, la Commissione osserva che si tratta di accertare se è presente uno dei requisiti dell'infrazione. Per contro, questo ragionamento da parte del Tribunale non proverebbe affatto che la responsabilità individuale dell'impresa ai fini della determinazione dell'ammenda non sia stata presa correttamente in considerazione.
205 Infine, quanto agli argomenti vertenti sull'omessa presa in considerazione della possibilità di ottenere una decisione di esenzione dell'intesa ai sensi dell'art. 81, n. 3, CE, nonché sulla mancata valutazione della possibilità che l'intenzionalità dell'infrazione costituisse una circostanza aggravante, la Commissione deduce che essi non sono stati sollevati dinanzi al Tribunale e che sono pertanto irricevibili in forza dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte. In ogni caso, il Tribunale avrebbe ripetutamente sottolineato la particolare gravità dell'infrazione, per cui il problema dell'esentabilità sostanziale non si poneva.
206 In primo luogo, giova ricordare che, come risulta espressamente dai punti 369, 371 e 372 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che giustamente la Commissione avesse tenuto conto della limitatezza degli effetti dell'infrazione sull'evoluzione dei prezzi fatturati ai vari clienti. La contestazione sollevata dalla Monte in proposito è quindi infondata.
207 In secondo luogo, risulta effettivamente da una giurisprudenza consolidata che, qualora un'infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse (v., in tal senso, sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata, punto 623). Ciononostante, al punto 361 della sentenza impugnata il Tribunale ha osservato che la Commissione aveva correttamente accertato il ruolo svolto dalla Monte nell'infrazione e che si era giustamente basata su tale ruolo nel calcolare l'ammenda da infliggerle. Non si può dunque far carico al Tribunale di aver commesso un errore di diritto al riguardo.
208 In terzo luogo, la censura vertente sull'omessa verifica del fatto che l'intesa potesse essere esentata ai sensi dell'art. 81, n. 3, CE, è irricevibile in quanto motivo nuovo, che modifica l'oggetto della lite dinanzi al Tribunale, in violazione dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte.
209 In quarto e ultimo luogo, emerge dal punto 362 della sentenza impugnata che, secondo il Tribunale, i fatti accertati attestano, tramite la loro intrinseca gravità, che la Monte non aveva agito per imprudenza né per negligenza, bensì intenzionalmente. E' quindi manifesto che, pronunciandosi sull'ammenda inflitta alla Monte, il Tribunale ha preso in considerazione l'elemento intenzionale dell'infrazione in quanto circostanza aggravante, cosicché la critica sollevata dalla Monte è priva di fondamento.
210 Ne consegue che il quinto motivo va anch'esso respinto.
211 Atteso che nessuno dei motivi dedotti dalla Monte è stato accolto, il ricorso dev'essere integralmente respinto.
Sulle spese
212 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento d'impugnazione in forza dell'art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Monte è rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese. La DSM sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
(Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Montecatini SpA è condannata alle spese.
3) La DSM NV sopporterà le proprie spese.