61992C0379

Conclusioni dell'avvocato generale Lenz dell'11 maggio 1994. - PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DI MATTEO PERALTA. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: PRETURA CIRCONDARIALE DI RAVENNA - ITALIA. - ARTT. 3, LETT. F), 7, 30, 48, 52, 59, 62, 84 E 130 R DEL TRATTATO CEE. - CAUSA C-379/92.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-03453
edizione speciale svedese pagina I-00015
edizione speciale finlandese pagina I-00015


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

A ° Introduzione

1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda questioni relative alla compatibilità con il diritto comunitario di disposizioni nazionali che hanno ad oggetto la tutela dell' ambiente nel settore della navigazione marittima.

2. Tali questioni sono state sollevate dal Pretore di Ravenna nell' ambito di un procedimento penale a carico del cittadino italiano Matteo Peralta. Il signor Peralta è comandante di una motocisterna, l' Acrux, specificamente attrezzata per il trasporto delle sostanze chimiche, che batte bandiera italiana ed è di proprietà della società armatoriale Diego Calì & Figli, con sede in Genova (Italia). In tale qualità al signor Peralta viene addebitato di aver scaricato in mare ripetutamente acque utilizzate per il lavaggio delle cisterne, riempite in precedenza di soda caustica. Dagli atti risulta che ciò è avvenuto mentre la nave si trovava al di fuori delle acque territoriali, e precisamente in una zona compresa tra le 12 e le 24 miglia dalle linee di base italiane.

3. Un tale comportamento è perseguibile in base agli artt. 16, 17 e 20 della legge italiana 31 dicembre 1982, n. 979, recante disposizioni per la difesa del mare. L' art. 16 contiene al n. 1, tra l' altro, un divieto valido per tutte le navi di versare in mare nell' ambito delle acque territoriali e delle acque marittime interne le sostanze di cui all' allegato A di tale legge (tra cui anche la soda caustica). Il n. 2 prevede che questo divieto vale per le navi battenti bandiera italiana anche al di fuori delle acque territoriali. Per le sanzioni applicabili l' art. 17 rinvia agli articoli successivi.

4. Ai sensi dell' art. 20, n. 1, se il comandante di una nave battente bandiera italiana (ed anche il proprietario o l' armatore della nave, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso) viola le disposizioni dell' art. 16, è punito con l' arresto da due mesi a due anni o con l' ammenda da 500 000 LIT a 10 milioni di LIT; se il fatto è avvenuto per colpa, le suddette pene sono ridotte alla metà. Questa norma vale in base al n. 2 anche per i comandanti di navi battenti altre bandiere.

5. Il capitano di una nave, che sia condannato in base all' art. 20, n. 1, si vede, in forza del n. 3 di questa disposizione, sospendere il titolo professionale ai sensi dell' art. 1083 del codice della navigazione, se è cittadino italiano. Detta norma prevede che la sospensione di un titolo professionale marittimo priva la persona condannata del diritto di esercitare qualsiasi funzione o servizio per i quali è richiesto tale titolo durante un periodo che può oscillare tra i quindici giorni e i due anni.

6. Per poter rispettare un divieto di scarico così congegnato si deve, ad esempio dopo una pulizia delle cisterne, come quella di cui trattasi nella presente causa, far ricorso ad altri metodi di scarico. Il signor Peralta al riguardo ha fatto riferimento nelle sue osservazioni a determinati impianti nei quali verrebbero trattati i liquidi prima della loro rimozione (1). Questi impianti sarebbero poi disponibili solo in determinati porti italiani, e non in porti di altri paesi, in ogni caso per quanto riguarda acque di pulizia delle cisterne del tipo di cui è causa. Le acque di lavaggio dovrebbero essere conservate a bordo in particolari contenitori finché non vengano scaricate da parte delle navi stesse o da parte di navi più piccole nei menzionati impianti.

7. Dinanzi al giudice nazionale il signor Peralta ha contestato il fatto che le menzionate disposizioni italiane trovassero applicazione nel suo caso ed ha chiesto di sottoporre alla Corte di giustizia le questioni di cui trattasi. Da tali questioni nonché dalle osservazioni delle parti, che hanno fornito chiarimenti, risulta quanto è alla base delle censure ch' egli ha sollevato nei confronti delle disposizioni italiane. Egli sostiene in particolare che il comportamento che gli è stato addebitato non era di per sé vietato dalle disposizioni della Convenzione Internazionale del 1973 per la prevenzione dell' inquinamento da parte delle navi nella formulazione del Protocollo del 1978 a tale convenzione (2) (in prosieguo: la "convenzione Marpol"), se solo determinate condizioni erano rispettate. A tale circostanza il signor Peralta aggiunge poi che nei porti di altri paesi impianti del tipo sopra descritto non erano disponibili.

8. Sulla convenzione Marpol va rilevato che essa, in conformità a una raccomandazione del Consiglio (3), è stata sottoscritta da quasi tutti gli Stati membri (4), tra cui l' Italia. La Comunità in quanto tale non è parte contraente di tale convenzione. Ai sensi dell' art. 3, n. 1, essa si applica tra l' altro a navi che sono autorizzate a battere bandiera di una delle parti contraenti. In conformità all' obiettivo indicato nel preambolo, cioè di eliminare o limitare l' inquinamento dell' ambiente marino con petrolio e altre sostanze dannose mediante disposizioni valide in tutto il mondo, essa pone una serie di divieti e limitazioni per lo scarico di tali sostanze. Violazioni di quanto sopra sono assoggettate all' art. 4 della convenzione, che stabilisce quanto segue:

"1) Ogni violazione alle disposizioni della presente convenzione è punita dalla legge dell' autorità da cui dipende la nave in questione, qualunque sia il luogo in cui avviene l' infrazione. Se l' autorità è informata di una tale infrazione ed è convinta che esistono prove sufficienti per permetterle di iniziare dei procedimenti per la presunta infrazione, essa inizia tali procedimenti il più presto possibile in conformità delle proprie leggi.

2) Ogni violazione alle disposizioni della presente convenzione commessa sotto la giurisdizione di una parte della convenzione è punita dalle leggi di tale parte. Ogniqualvolta abbia luogo una tale infrazione, la parte deve:

a) iniziare dei procedimenti conformemente alle proprie leggi, o

b) fornire all' autorità da cui dipende la nave le prove che possono essere in suo possesso per dimostrare che è avvenuta un' infrazione.

3) Quando sono fornite all' autorità (5) da cui dipende la nave delle informazioni o delle prove relative ad un' infrazione della convenzione da parte di una nave, tale autorità informa al più presto lo Stato che ha fornito le informazioni o le prove nonché l' organizzazione delle misure adottate.

4) Le sanzioni previste dalle leggi delle parti in applicazione del presente articolo devono essere, per il loro rigore, di natura tale da scoraggiare gli eventuali trasgressori e di un' identica severità, qualunque sia il luogo in cui è stata commessa l' infrazione".

9. Per le condizioni alle quali le acque di lavaggio delle cisterne del tipo di cui trattasi possono essere scaricate in mare vale (poiché si tratta di sostanze diverse dal petrolio) l' allegato II della convenzione Marpol.

10. La norma 3, n. 1, dell' allegato II suddivide le sostanze liquide nocive in quattro categorie indicate con le lettere dalla A alla D, classificate in ordine alfabetico di decrescente nocività. Secondo informazioni fornite dalla Commissione la soda caustica all' epoca dei fatti di cui è causa era classificata nella categoria C (tuttavia successivamente è stata classificata nella categoria D). Le sostanze della categoria C vengono definite nella norma 3, n. 1, lett. c), nel modo seguente:

"Sostanze liquide nocive che, se scaricate in mare a seguito delle operazioni di pulizia delle cisterne o dello scarico della zavorra, presentano un minor rischio sia per le risorse marine sia per la salute umana o causano danno minore alle attrattive dei luoghi e alle legittime utilizzazioni del mare e richiedono perciò delle speciali condizioni operative".

11. Relativamente a tale categoria di sostanze la norma 5, n. 3, dell' allegato II stabilisce quanto segue:

"E' vietato lo scarico in mare delle sostanze della categoria C, definite dalla norma 3, n. 1, capoverso c), del presente allegato, delle sostanze che sono provvisoriamente classificate in tale categoria nonché delle acque di zavorra, delle acque di lavaggio delle cisterne o degli altri residui o miscele che contengano tali sostanze, a meno che non siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) che la nave stia procedendo in rotta ad una velocità di almeno 7 nodi per le navi a propulsione autonoma e di almeno 4 nodi per tutte le altre navi;

b) che i procedimenti e le sistemazioni per lo scarico siano approvati dalle autorità. Essi sono basati sulle norme elaborate dall' Organizzazione (6) ed assicurano che la concentrazione e il tasso di scarico dell' effluente sono tali che la concentrazione della sostanza nella scia a poppavia della nave non superi dieci parti per milione;

c) che la quantità massima di carico che viene scaricata da ogni cisterna e dal suo sistema di tubazioni non superi la quantità massima approvata secondo i procedimenti di cui al capoverso b) del presente paragrafo, la quale in ogni caso non deve superare la maggiore delle quantità seguenti: 3 metri cubi o 1/1000 della capacità della cisterna in metri cubi;

d) che lo scarico avvenga sotto la linea di galleggiamento, tenendo conto della posizione delle prese di acqua di mare; e

e) che lo scarico avvenga ad una distanza di non meno di 12 miglia marine dalla terra più vicina ed in acque profonde almeno 25 metri".

12. Per le cosiddette zone particolari, valgono per quanto riguarda le sostanze della categoria C le condizioni specifiche ° più restrittive ° di cui alla norma 5, n. 9. Come zone particolari ai sensi dell' allegato II si considerano tuttavia solo la zona del Mar Baltico e quella del Mar Nero (norma 1, n. 7).

13. Fonti giuridiche interstatali diverse dalla convenzione Marpol, che possono essere prese in considerazione come criterio per il comportamento del signor Peralta, non sembra sussistano, comprese le disposizioni del diritto comunitario.

14. Al riguardo si deve sapere che nella normativa sulla protezione del mare contro l' inquinamento sono indicati due tipi di inquinamento distinti, anche se strettamente collegati tra di loro: da un lato, l' inquinamento operato dalle navi, che segue al "rigetto", dall' altro, il cosiddetto "scarico", che costituisce in effetti uno scarico di rifiuti nel mare (7). La convenzione Marpol si occupa, come risulta dall' art. 1, n. 1, della situazione per prima indicata. L' art. 2, n. 3, lett. b), sub 1, chiarisce che l' espressione "rigetto" non comprende lo scarico secondo il significato della convenzione sulla prevenzione dell' inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti o altre materie, adottata a Londra il 29 novembre 1972. Per contro lo scarico ai sensi della convenzione da ultimo menzionata non comprende lo scarico in mare di rifiuti o di altre sostanze, che sono collegati alla normale attività delle navi o che da essa derivano [art. 3, n. 1, lett. b), sub i), della convenzione di Londra]. Ciò comporta che, se si applica la convenzione Marpol, la relativa situazione non può ricadere contemporaneamente nell' ambito della convenzione di Londra.

15. Per quanto riguarda il diritto comunitario, bisogna far riferimento innanzi tutto alla convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo, conclusa con la decisione del Consiglio 25 luglio 1977 (8), ed al protocollo sulla prevenzione dell' inquinamento del Mare Mediterraneo dovuto allo scarico di rifiuti da parte di navi e di aeromobili. Anche questi testi sono basati sulla soprammenzionata distinzione tra rigetto e scarico. Il protocollo disciplina lo scarico di diverse categorie di sostanze in base alla definizione di tale nozione tratta dalla convenzione di Londra. La Commissione su domanda della Corte ha confermato che le disposizioni del protocollo non si applicano alla presente fattispecie. Per quanto riguarda il rigetto ai sensi della convenzione Marpol, la convenzione conclusa dalla Comunità si limita nell' art. 6 a una clausola di contenuto generale, senza tuttavia fissare criteri indipendenti dalla convenzione Marpol.

16. Inoltre bisogna ricordare la direttiva 76/464/CEE concernente l' inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell' ambiente idrico della Comunità (9). Questa direttiva, che si applica alle acque interne superficiali, alle acque marine territoriali, alle acque interne del litorale e alle acque sotterranee, non vale tuttavia né per lo scarico da parte di navi nelle acque marine territoriali né per l' immissione di rifiuti da parte di navi nelle acque marine territoriali.

17. Infine, il Consiglio ha adottato una decisione per l' istituzione di un sistema comunitario di informazione in materia di controllo e di riduzione dell' inquinamento causato da spandimenti in mare di idrocarburi e di altre sostanze pericolose (10). Neanche questa decisione contiene criteri che possano essere rilevanti per il comportamento del signor Peralta di cui trattasi nella causa principale.

18. A seguito di questa situazione di fatto e di diritto la Pretura Circondariale di Ravenna ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se le norme di cui agli artt. 16 e 20 della l. 979/82 costituiscano restrizioni ai sensi degli artt. 7, 48, 52, 59 del Trattato e come tali siano vietate dal successivo art. 62, non apparendo giustificate da obiettive ragioni di tutela degli interessi pubblici dello Stato in questione.

2) Se, allo stato attuale dell' evoluzione del diritto comunitario, sia compatibile, alla luce della normativa comunitaria richiamata al quesito sub 1, una normativa nazionale quale quella in questione che prescriva, in ragione della loro nazionalità, un trattamento anche penalmente sanzionato che, per identici comportamenti, non è previsto per gli altri soggetti dell' ordinamento comunitario. E se tale normativa penale, comportante, fra l' altro, per il comandante della nave l' automatica ed obbligatoria sanzione di natura accessoria della temporanea sospensione dall' esercizio della sua attività professionale e di lavoro, sia compatibile con il principio di proporzionalità garantito dall' ordinamento comunitario.

3) Se, allo stato attuale dell' evoluzione del diritto comunitario, la cosidetta 'riserva penale' degli Stati possa incidere sulle libertà fondamentali garantite dal Trattato, quali la libera circolazione delle merci e delle persone ed, in particolare, se le norme di cui agli artt. 16 e 20 l. 979/82 costituiscano ostacolo all' esercizio di tale libertà.

4) Se i principi che l' ordinamento comunitario tutela in materia ambientale, e in particolare il principio di prevenzione di cui all' art. 130 R e seguenti del Trattato, facciano ostacolo ad una normativa di uno Stato membro che, imponendo alle navi nazionali un divieto assoluto di scaricare nelle acque marine extraterritoriali idrocarburi e sostanze nocive, ha però come effetto, nella pratica, di obbligare tali navi ad avvalersi di un sistema alternativo di scarico sotto ogni profilo inefficiente e comunque in contrasto con gli obblighi che tale Stato ha assunto in sede internazionale e oggetto di misure comunitarie per la loro attuazione.

5) Se i principi comunitari diretti a garantire che fra prestatori di servizi marittimi e porti della Comunità si sviluppi una concorrenza libera, ma leale e senza distorsioni artificiose, e che la domanda di servizi venga soddisfatta arrecando danni quanto più possibile limitati all' ambiente, e in particolare gli artt. 3 F e 84 del Trattato CEE, facciano ostacolo ad una normativa nazionale quale quella di cui agli artt. 16 (17) e 20 della legge n. 979/82 che, imponendo un divieto assoluto di scarico nelle acque marine extraterritoriali dei liquidi di lavaggio delle cisterne alle sole navi di bandiera nazionale, nonostante le stesse siano dotate dei costosissimi impianti di disinquinamento prescritti da convenzioni internazionali ratificate in ambito comunitario, abbia effetti distorsivi sulla concorrenza tra i porti marittimi e le compagnie di navigazione della Comunità.

6) Se l' art. 30 del Trattato sia compatibile con una normativa di uno Stato membro che, imponendo alle sole navi nazionali, pur dotate delle onerosissime tecnologie previste dalle convenzioni in materia, un divieto assoluto di scaricare nelle acque marine extranazionali idrocarburi e sostanze nocive, obbliga tali navi ad avvalersi di particolari tecnologie ed a utilizzare un sistema alternativo di scarico inefficiente, economicamente oneroso e, comunque, in contrasto con gli obblighi che tale Stato ha assunto in sede internazionale nonché oggetto di misure comunitarie per la loro attuazione; se, in particolare, le sanzioni penali in questione e gli oneri economici che vengono a gravare esclusivamente sul naviglio nazionale, in modo palesemente discriminatorio e del tutto irrazionale, siano configurabili come misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all' importazione; tali oneri, infatti, determinano costi supplementari, con conseguenze sul prezzo delle merci trasportate, oltre ad incidere sulle importazioni".

B ° Parere

Significato e portata delle questioni pregiudiziali

19. 1. Come la Commissione giustamente sostiene, il giudice nazionale chiede se il divieto di scarico imposto dal diritto italiano unitamente alla sanzione della sospensione del titolo professionale sia compatibile con le disposizioni ed i principi di diritto comunitario menzionati dallo stesso giudice nazionale.

20. Dubito che il Pretore di Ravenna volesse inoltre sollevare il problema se la sanzione della sospensione del titolo professionale in quanto tale sia compatibile con il diritto comunitario. La seconda questione, che ha di mira eventualmente questa problematica, è formulata in maniera abbastanza indeterminata. Comunque affronterò qui di seguito anche questa problematica, per essere sicuro che venga trattata nella sua interezza la questione cui si riferisce il rinvio pregiudiziale.

21. 2. Inoltre mi sembra opportuno precisare la portata delle questioni pregiudiziali in considerazione della situazione di fatto a noi nota.

22. Innanzi tutto il divieto di scarico di "idrocarburi", menzionato nella quarta questione, non ha rilevanza nel presente contesto, poiché la soda caustica non rientra in questa categoria di sostanze. Ciò ha in particolare come conseguenza che l' allegato I della convenzione Marpol non trova applicazione (ma piuttosto le disposizioni dell' allegato II indicate nell' introduzione di queste conclusioni). D' altra parte le questioni 1-3 nonostante la loro formulazione generica devono essere considerate nell' ambito della concreta violazione che, ratione loci, dovrebbe essere avvenuta in acque extraterritoriali, come risulta dal testo delle questioni 4-6 e da quanto indicato dal signor Peralta nelle sue osservazioni (11).

Ricevibilità del rinvio pregiudiziale

23. La ricevibilità del rinvio pregiudiziale non è messa in dubbio da nessuna parte. La Commissione fa semplicemente riferimento alla costante giurisprudenza secondo cui la Corte, in procedimenti ai sensi dell' art. 177, non è competente a statuire sulla compatibilità di una norma nazionale con il diritto comunitario, ma può fornire al giudice nazionale i criteri per l' interpretazione del diritto comunitario, che consentano a detto giudice di pronunciarsi sul problema giuridico di cui è investito (12).

24. Vorrei aggiungere che le questioni pregiudiziali a mio parere non possono essere dichiarate irricevibili neanche in ragione di una insufficiente motivazione dell' ordinanza di rinvio. In base alla vostra giurisprudenza Telemarsicabruzzo (13) la motivazione del rinvio deve soddisfare determinati requisiti minimi per consentire alla Corte un' interpretazione utile per il giudice nazionale. Nella fattispecie è possibile una tale interpretazione utile anche se il giudice nazionale nella motivazione dell' ordinanza di rinvio non ha illustrato esaurientemente le circostanze di fatto e di diritto del caso (14).

25. Le circostanze ° non molto complesse ° del comportamento che ha implicato conseguenze penali per il signor Peralta sono illustrate nell' ordinanza di rinvio. Esse richiedevano una verifica solo perché le asserite violazioni delle disposizioni italiane di tutela dell' ambiente sono avvenute nelle acque extraterritoriali. Per quanto riguarda la situazione di diritto, il giudice nazionale ha menzionato le pertinenti disposizioni del diritto italiano. Come si deduce dalla formulazione delle questioni, si tratta di una disciplina munita di sanzione penale, che "impone un divieto assoluto di scarico nelle acque marine extraterritoriali dei liquidi di lavaggio delle cisterne alle sole navi di bandiera nazionale" (15) e "comporta, fra l' altro, per il comandante della nave l' automatica ed obbligatoria sanzione di natura accessoria della temporanea sospensione dall' esercizio della sua attività professionale e di lavoro" (16).

26. Dalle questioni non risultano però le esatte conseguenze che derivano dal divieto di scarico per le navi battenti bandiera italiana (17). Al riguardo il signor Peralta nelle osservazioni scritte ci ha fornito dettagliate indicazioni. Può essere dubbio se queste indicazioni presentino una sufficiente connessione con quelle dell' ordinanza di rinvio, ma anche se così non fosse, ciò non potrebbe rendere irricevibile l' intero rinvio pregiudiziale. La restante situazione di fatto si può in effetti separare da questo aspetto e può essere esaminata in diritto anche indipendentemente da esso. L' eventuale assenza di collegamento delle indicazioni dell' imputato nella causa principale con quelle dell' ordinanza di rinvio comporterebbe perciò solo che esse non vengano prese in considerazione nell' esame delle questioni di questa ordinanza (18).

27. Il giudice nazionale non ha indicato neanche l' ambito giuridico internazionale. Esso si è piuttosto limitato a far riferimento a "convenzioni internazionali" ("in materia" o anche "ratificate in ambito comunitario") e a "obblighi" che lo Stato interessato ha assunto "in sede internazionale". Ritengo tuttavia che queste disposizioni, quando, come nella presente fattispecie, si tratta di una situazione di fatto sufficientemente limitata, possano essere determinate in maniera sufficientemente chiara dalla Corte, eventualmente con il sostegno degli Stati membri e della Commissione, cosicché al riguardo non sussistono motivi contro la ricevibilità del rinvio pregiudiziale (19).

28. Di conseguenza ritengo ricevibile il rinvio pregiudiziale.

Soluzione delle questioni pregiudiziali

29. I. Innanzi tutto bisogna esaminare se la convenzione Marpol rientri di per sé nel diritto comunitario e in detta qualità possa comportare l' inapplicabilità delle disposizioni nazionali controverse. Tale questione in conformità alle osservazioni della Commissione dev' essere risolta in senso negativo. Come ho già detto precedentemente, la Comunità non è parte contraente di questa convenzione (20). Quest' ultima potrebbe perciò essere parte del diritto comunitario solo se la competenza in virtù della quale gli Stati membri l' hanno sottoscritta fosse stata trasferita alla Comunità in base al Trattato (21). Come si deduce tuttavia dall' art. 130 R del Trattato nella formulazione dell' Atto unico (come anche nella formulazione di Maastricht), gli Stati membri rimangono competenti in materia ambientale, comunque e fintantoché la Comunità stessa non agisca in base al combinato disposto di questa disposizione e dell' art. 130 S (22).

30. La convenzione Marpol perciò non costituisce parte del diritto comunitario e non può quindi di per sé rappresentare un criterio per l' esame delle disposizioni nazionali.

31. II. Veniamo quindi alle altre disposizioni e principi del diritto comunitario di cui fa menzione il giudice nazionale. Al riguardo va rilevato che all' epoca dei fatti di cui è causa si applicava il Trattato CEE nella formulazione dell' Atto unico. Ove necessario farò riferimento per singoli punti al Trattato nella formulazione di Maastricht.

Sugli artt. 84 e 130 R del Trattato CEE

32. Queste disposizioni prevedono determinate condizioni per l' azione del Consiglio nel settore della navigazione marittima e aerea (art. 84, n. 2) nonché nel settore della tutela dell' ambiente (art. 130 R).

33. Esse non possono perciò in generale fornire alcun criterio per l' azione degli Stati membri in tali settori. Ciò vale anche per il principio di prevenzione ai sensi dell' art. 130 R del Trattato, al quale fa riferimento il giudice nazionale nella sua quarta questione. L' azione degli Stati membri non può in ogni caso essere criticata fin quando non ostacoli l' effetto utile del potere concesso al Consiglio, comprese le condizioni ivi previste, come quella del principio di prevenzione. Nella presente fattispecie nulla indica che si abbia a che fare con una tale situazione.

34. Più in generale bisogna ammettere che le disposizioni italiane non contengono alcuna intrusione nelle competenze riservate al Consiglio nel settore della navigazione marittima o dell' ambiente.

35. Di conseguenza bisogna ritenere che né l' art. 130 R né l' art. 84 del Trattato si oppongano all' applicazione delle disposizioni italiane controverse.

Sull' art. 3, lett. f), del Trattato CEE (23) (in connessione con gli artt. 85 e seguenti del Trattato CEE)

36. Ai sensi dell' art. 3, lett. f), del Trattato CEE l' azione della Comunità comporta la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune. Fondamento di questo sistema sono gli artt. 85 e seguenti del Trattato, i quali, come la Corte ha ripetutamente dichiarato, trovano applicazione anche nel settore dei trasporti (24).

37. L' azione degli Stati membri rientra tuttavia solo in casi precisamente determinati dalle norme di concorrenza del Trattato. Questi casi sono disciplinati negli artt. 90 e 92 del Trattato, i cui presupposti chiaramente non sussistono nella presente fattispecie.

38. D' altra parte, la Corte di giustizia ha riconosciuto determinati casi in cui le "regole applicabili alle imprese" di cui agli artt. 85 e 86, che in generale si applicano solo a queste stesse, in base all' art. 5 sono incompatibili con taluni provvedimenti degli Stati membri (25). Si tratta di quelle misure che possono eliminare l' efficacia pratica delle norme vigenti per le imprese (26). Un tale caso sussiste poi quando uno Stato membro prescrive, agevola o rafforza le conseguenze di un' intesa incompatibile con l' art. 85 o quando toglie alla propria disciplina il suo carattere statale trasferendo a privati operatori economici la responsabilità per decisioni che incidono sull' economia (27). Lo stesso vale ragionevolmente per l' azione degli Stati membri che può ostacolare l' effetto utile del divieto di abuso di una posizione dominante di cui all' art. 86 (28).

39. Nella presente fattispecie nulla fa pensare che sussista un comportamento anticoncorrenziale di imprese o anche solo una posizione dominante. E' perciò escluso che le disposizioni italiane possano rafforzare le conseguenze di circostanze di tale tipo.

40. Neanche ritengo che queste disposizioni prescrivano o agevolino pratiche anticoncorrenziali.

41. Infine non risulta nemmeno che le disposizioni italiane lascino a operatori economici privati la responsabilità per decisioni che incidono sull' economia.

42. Di conseguenza queste disposizioni non sono incompatibili con l' art. 3, lett. f), del Trattato CEE.

Sugli artt. 30 e seguenti del Trattato CEE

43. Per quanto riguarda la portata del rinvio pregiudiziale, bisogna tener conto accanto alla formulazione della sesta questione, che si basa sull' art. 30 del Trattato e sul divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all' importazione, anche di quella della terza questione. Ivi il Pretore di Ravenna fa riferimento in generale alla libertà fondamentale della circolazione delle merci, la quale comprende anche la garanzia fornita nell' art. 34 del Trattato, che va considerata quindi anch' essa come oggetto del rinvio pregiudiziale.

44. In effetti si potrebbe anche tentare di far rientrare la normativa italiana sia nel campo di applicazione dell' art. 30 sia in quello dell' art. 34.

45. Per quanto riguarda l' art. 30, in base alla nota formula Dassonville viene considerata come misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa, "[ogni] normativa commerciale che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari" (29). Non si potrebbe ritenere che il divieto imposto alle navi battenti bandiera italiana di scaricare determinate sostanze nelle acque extraterritoriali rincari le importazioni effettuate mediante queste navi e perciò in ogni caso ostacoli indirettamente il commercio intracomunitario?

46. Una questione analoga potrebbe porsi in relazione all' art. 34 del Trattato. A decorrere dalla sentenza Groenveld (30) la Corte intende per misure di effetto equivalente ai sensi di questa disposizione quei provvedimenti nazionali "che hanno per oggetto o per effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione e di costituire in tal modo una differenza di trattamento fra il commercio interno di uno Stato membro ed il suo commercio di esportazione, così da assicurare un vantaggio particolare alla produzione nazionale o al mercato interno dello Stato interessato, a detrimento della produzione o del commercio di altri Stati membri". Se così non dovesse essere, bisognerebbe chiedersi se l' aumento dei costi dell' esportazione causato eventualmente dalla disciplina italiana (laddove l' esportazione avviene mediante navi battenti bandiera italiana) debba essere considerato nel senso che "restringe specificamente le correnti di esportazione", poiché esso riguarda in ogni caso in primo luogo il commercio estero e meno il commercio interno.

47. Indipendentemente dalla questione della situazione di fatto relativa alle esatte conseguenze economiche che derivano dalla disciplina italiana, in particolare nel confronto fra trasporti in cabotaggio e trasporti fra Italia e altri Stati membri, ritengo che la normativa italiana non rientri negli artt. 30 e seguenti del Trattato, ma nella normativa comunitaria sulla libera prestazione dei servizi.

48. Si tratta cioè di una disciplina che nel settore della tutela dell' ambiente impone direttamente alle navi battenti bandiera italiana determinati obblighi, che queste devono rispettare nella loro attività di trasporto. Come tuttavia risulta indirettamente dall' art. 61, n. 1, del Trattato, attività di tale tipo, che per il resto corrispondono alla definizione dell' art. 60, n. 1, devono essere considerate come prestazioni di servizi (31). Disposizioni restrittive degli Stati membri nel campo di tali prestazioni di servizi hanno tuttavia effetti sul prezzo delle merci importate o esportate, poiché l' importazione o l' esportazione può avvenire solo con l' ausilio di un trasporto. Esaminare una tale disciplina sistematicamente sulla base delle disposizioni sulla libera circolazione delle merci sarebbe incompatibile con quanto disposto dagli artt. 59 e seguenti del Trattato. Ai sensi dell' art. 60, n. 1, sono considerate servizi le prestazioni che non rientrano nelle altre libertà fondamentali, alle quali in particolare appartiene la libera circolazione delle merci. Da ciò si deduce che uno stesso ostacolo a un' attività economica transfrontaliera non può di norma rientrare contemporaneamente nelle disposizioni sulla libera circolazione delle merci e in quelle sulla prestazione di servizi.

49. Questa affermazione è particolarmente importante nel settore dei trasporti. Per la libera prestazione dei servizi in questo settore valgono cioè, ai sensi dell' art. 61, le disposizioni del titolo relativo ai trasporti. Da ciò deriva che nel settore dei trasporti l' obiettivo dell' art. 59 del Trattato CEE di sopprimere le limitazioni alla libera prestazione dei servizi durante il periodo transitorio deve essere raggiunto nell' ambito della politica comune definita negli artt. 74 e 75 (32).

50. Se il Consiglio non ha ancora realizzato la libera prestazione dei servizi in un determinato settore dei trasporti, sarebbe incompatibile con lo spirito dell' art. 61 esaminare sulla base degli artt. 30 e seguenti una disciplina che assoggetta a determinati obblighi l' attività economica dei singoli in questo settore. Con una tale azione si sostituirebbe l' applicazione delle disposizioni sulla libera circolazione delle merci alla politica comune del Consiglio in materia di trasporti.

51. Per delimitare in simili casi i rispettivi campi di applicazione delle disposizioni sulla circolazione delle merci e di quelle sulla prestazione di servizi, propongo di riferire alle disposizioni sulla libera circolazione dei servizi le situazioni nelle quali l' ostacolo alla circolazione delle merci si presenta come un semplice riflesso dell' ostacolo alla prestazione di servizi (transfrontalieri).

52. Ciò vale anche nella presente fattispecie. Le eventuali limitazioni della libera circolazione delle merci che potrebbero sussistere a causa della normativa italiana non hanno portata più ampia di quella che potrebbe risultare da un' eventuale limitazione della prestazione di servizi in materia di trasporti.

53. La presente fattispecie non rientra perciò nel campo di applicazione degli artt. 30 e seguenti.

Sull' art. 48 del Trattato CEE

54. Nell' esaminare questo articolo, che come disposizione generale del Trattato si applica anche al settore della navigazione marittima (33), bisogna analizzare, come precedentemente indicato, sia il principio della condanna del capitano (per violazione del divieto di scarico) sia la circostanza che la sanzione della sospensione del titolo professionale è prevista solo per il caso in cui il capitano di cui trattasi sia cittadino italiano.

55. A mio parere l' art. 48 del Trattato non si applica da nessun punto di vista al presente caso, poiché questo, essendo il signor Peralta un lavoratore dipendente, è limitato al territorio di uno Stato membro e non ha alcun punto di contatto con una qualunque delle situazioni di fatto su cui si basa il diritto comunitario (34).

56. Il signor Peralta, poiché è cittadino italiano, potrebbe far valere nei confronti dello Stato italiano i diritti che spettano ai lavoratori dipendenti di altri Stati membri, solo qualora si trovasse, nei confronti dello Stato italiano, in una situazione equiparabile a quella di qualunque altro soggetto che beneficia di diritti e libertà garantiti dal Trattato (35). Le informazioni di cui dispongo non fanno tuttavia alcun riferimento a una tale situazione.

57. In effetti non è stato minimamente allegato che il signor Peralta abbia risieduto in un altro Stato membro e ancor meno, poi, che egli abbia ivi ottenuto il suo titolo professionale.

58. Inoltre si tratta nella presente fattispecie di una violazione che è eventualmente avvenuta su una nave battente bandiera italiana. In base alla convenzione sull' altomare del 1958 (36) (art. 5), le cui disposizioni corrispondono, come si sa (37), alle consuetudini del diritto internazionale, le navi possiedono la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere la bandiera; tale Stato deve esercitare il suo controllo sulle navi battenti la sua bandiera specialmente nelle questioni sociali. L' attività del signor Peralta sulla nave Acrux è perciò da considerarsi, ai fini dell' art. 48 del Trattato, come attività dipendente nello Stato la cui nazionalità tale nave possiede, indipendentemente da dove la nave si trovi (38).

59. E' esatto poi che la sospensione del titolo professionale prevista nella normativa italiana, quando viene inflitta da un tribunale, può costituire un ostacolo alla "migrazione" di un lavoratore come il signor Peralta: essa potrebbe, in base alle circostanze, impedirgli di esercitare l' attività alla quale tale titolo dà diritto (per la durata della sospensione) in un altro Stato membro. A tale considerazione si trova tuttavia risposta nella sentenza Moser, che riguardava un caso molto simile:

"la prospettiva, puramente ipotetica, di una carriera professionale in un altro Stato membro non presenta un nesso sufficiente con il diritto comunitario, tale da giustificare l' applicazione dell' art. 48 del Trattato" (39).

60. Un rapporto della disciplina penale col diritto comunitario potrebbe essere costruito, dal punto di vista di una possibile attività professionale in un altro Stato membro, tutt' al più con la considerazione che una tale attività verrebbe resa specificamente più difficile rispetto ad un' attività all' interno dello Stato (40). Ma neanche ciò si riscontra nella presente causa.

61. Infine, bisogna ancora considerare la circostanza che il titolo professionale può essere sospeso solo se si tratta di un capitano di cittadinanza italiana. Una tale "discriminazione alla rovescia" non modifica tuttavia in nulla il fatto che tale fattispecie non presenta alcun punto di riferimento con una qualsiasi delle situazioni di fatto su cui si basa il diritto comunitario (41).

62. Per tutti questi motivi si esclude una violazione dell' art. 48 del Trattato.

Sull' art. 52 del Trattato CEE

63. In base a questo articolo bisogna esaminare la situazione della ditta Calì come armatore della nave dalla quale è stata commessa l' asserita violazione. Anche all' art. 52 si applica il presupposto proprio dei diritti di libera circolazione del Trattato, secondo cui per la sua applicazione è necessario uno specifico elemento comunitario:

"Le disposizioni del Trattato CEE in materia di libertà di stabilimento (...) possono essere fatte valere solo da un cittadino di uno Stato membro della Comunità che intende stabilirsi sul territorio di un altro Stato membro o da un cittadino di questo stesso Stato che si trova in una situazione che presenta un elemento di collegamento con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario" (42).

64. Questo presupposto non è soddisfatto nella fattispecie. In base alle informazioni di cui dispongo la circostanza che la ditta Calì ha sede in Italia e ivi svolge la sua attività imprenditoriale (alle condizioni di cui è causa) non ha alcun riferimento a un' attività che sarebbe stata svolta prima da un suo stabilimento in un altro Stato membro. Inoltre non risulta come la normativa controversa potesse impedire alla ditta Calì di esercitare il suo diritto di stabilimento in un altro Stato membro (43).

65. Neanche l' art. 52 del Trattato trova perciò applicazione.

Sul principio della libera prestazione dei servizi

66. 1. Come ho già indicato precedentemente, l' art. 59 del Trattato, sul quale si basa il giudice nazionale, non trova applicazione, ai sensi dell' art. 61 del Trattato, come fondamento della libera prestazione dei servizi nel settore dei trasporti. In tale campo è compito della Comunità, nell' ambito della politica comune definita negli artt. 74 e 75, sopprimere le limitazioni alla libera prestazione dei servizi (44).

67. Per quanto riguarda la navigazione marittima, il Consiglio, sulla base dell' art. 84, n. 2, del Trattato, ha adottato il 22 dicembre 1986 il regolamento (CEE) n. 4055/86 che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (45). L' art. 1, n. 1, di questo regolamento prevede quanto segue:

"La libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi è applicabile ai cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi".

68. Questa disposizione determina non solo il campo di applicazione materiale della libera prestazione dei servizi istituita (trasporti tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi, come precisato nel n. 4 dello stesso articolo), ma rispecchia anche nella sua formulazione quasi letteralmente la caratteristica di tale libertà di cui all' art. 59, primo comma, del Trattato CEE, secondo cui essa compete ai cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione.

69. L' art. 8 del regolamento trasferisce nel campo di applicazione del regolamento il principio fissato nell' art. 60, secondo comma, del Trattato e stabilisce al riguardo:

"Fatte salve le disposizioni del Trattato relative al diritto di stabilimento, la persona che fornisce un servizio di trasporto marittimo può, per far ciò, svolgere temporaneamente la sua attività nello Stato membro in cui è prestato il servizio, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini".

70. Gli artt. 2-4 del regolamento contengono norme transitorie relative a "restrizioni nazionali unilaterali per il trasporto di determinate merci" nonché a "clausole in materia di ripartizione dei carichi" esistenti tra Stati membri e paesi terzi (46). Clausole di tale tipo possono essere concluse per il futuro solo alle condizioni di cui agli artt. 5 e 6. Per il resto il testo del regolamento non prevede alcuna limitazione della libera prestazione dei servizi garantita all' art. 1. In particolare, a prescindere dalle menzionate eccezioni, manca un termine di trasposizione, cosicché il principio della libera prestazione dei servizi trova applicazione dal 1 gennaio 1987, cioè il giorno successivo alla pubblicazione del regolamento (art. 12).

71. 2. In considerazione di queste disposizioni, per le prestazioni dei servizi di trasporto del tipo descritto nel regolamento vigeva durante il periodo rilevante per il presente caso (gennaio-marzo 1990) il principio della libera prestazione dei servizi. Per sapere se questo principio si opponga nella fattispecie all' applicazione delle disposizioni italiane controverse occorre in ogni caso stabilire se gli eventi in materia di trasporti che hanno determinato il comportamento addebitato al signor Peralta rientrino nel campo di applicazione materiale del regolamento (47). Ciò significa, per essere precisi, che non doveva trattarsi di trasporti in cabotaggio, visto che simili trasporti si presenterebbero come situazioni prettamente interne, in ogni caso estranee al regolamento n. 4055/86 (48). Solo il regolamento (CEE) 7 dicembre 1992, n. 3577, ha assoggettato questi trasporti alla libera prestazione dei servizi (49). Dagli atti non risulta con quali trasporti fosse collegato il comportamento addebitato al signor Peralta. Le polizze di carico che egli ha presentato in copia riguardano tra l' altro trasporti (di soda caustica) che l' Acrux ha effettuato tra i porti di due Stati membri. Queste polizze di carico sono state tuttavia redatte nel dicembre 1991 (50) oppure nel 1992 (51), cosicché i trasporti ivi indicati non hanno nulla a che fare con le censure fatte valere nella causa principale.

72. Stando così le cose, non mi sembra opportuno esaminare ulteriormente una violazione del principio della libera prestazione dei servizi. La Corte di giustizia deve tuttavia far presente al giudice nazionale che nel settore del trasporto merci tra Stati membri, come pure tra Stati membri e paesi terzi, dal 1 gennaio 1987 vige il principio della libera prestazione dei servizi. Essa deve anche far presente che incombe a tale giudice accertare se i trasporti che costituiscono oggetto della causa principale siano avvenuti tra Stati membri o tra Stati membri e paesi terzi e quindi rientrino nel campo di applicazione del regolamento.

73. 3. Qualora la Corte non dovesse seguire questa proposta, si dovrebbero esaminare le ulteriori condizioni da cui dipende se il principio della libera prestazione dei servizi si opponga all' applicazione delle disposizioni italiane.

74. Come abbiamo visto, l' art. 1, n. 1, del citato regolamento, sulla base dell' art. 59 del Trattato, richiede anche che il prestatore di servizi sia cittadino di uno Stato membro "stabilito in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi". Significa ciò che il principio della libera prestazione dei servizi rimane sistematicamente ° e perciò anche nella presente fattispecie ° disapplicato, qualora l' armatore della nave in qualità di prestatore di servizi ed il suo cliente in qualità di destinatario dei servizi siano stabiliti nello stesso Stato membro? Risolverei tale questione in senso negativo. Avendo il Consiglio ripreso nella formulazione degli artt. 1 e 8 la lettera degli artt. 59, primo comma, e 60, secondo comma, del Trattato, a mio parere esso ha indicato che i trasporti liberalizzati con il regolamento devono sottostare ad un regime che corrisponde a queste disposizioni del Trattato. L' applicazione delle disposizioni da ultimo menzionate non presuppone tuttavia necessariamente che prestatore e destinatario dei servizi siano stabiliti in Stati membri diversi. La Corte di giustizia ha dichiarato nelle cosiddette sentenze sulle guide turistiche del 26 febbraio 1991:

"L' art. 59 del Trattato, anche se si riferisce espressamente soltanto alla situazione di un prestatore stabilito in uno Stato membro diverso da quello del destinatario della prestazione, ha nondimeno lo scopo di eliminare le restrizioni alla libera prestazione di servizi da parte di persone non stabilite nello Stato sul cui territorio deve essere fornita la prestazione (v. sentenza 10 febbraio 1982, Transporoute, causa 76/81, punto 14 della motivazione, Racc. pag. 417). Solo nel caso in cui tutti gli elementi attinenti all' attività considerata sono confinati all' interno di un solo Stato membro, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi non trovano applicazione (sentenza 18 marzo 1980, Debauve, punto 9 della motivazione, causa 52/79, Racc. pag. 833).

Di conseguenza, le disposizioni dell' art. 59 si devono applicare in tutti i casi in cui un prestatore offre i propri servizi nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale egli è stabilito, qualunque sia il luogo in cui sono stabiliti i destinatari di detti servizi" (52).

75. In considerazione di questa giurisprudenza l' elemento comunitario richiesto sussiste nel campo di applicazione del regolamento n. 4055/86 se il trasporto marittimo di cui è causa comincia o si conclude in uno Stato membro diverso (B) da quello di stabilimento del prestatore di servizi (A), giacché in tal caso almeno una parte della prestazione di servizi viene fornita nello Stato membro (B). Quest' ultimo deve quindi osservare le disposizioni del regolamento n. 4055/86, indipendentemente dal fatto che l' armatore della nave sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello del suo cliente (53).

76. L' elemento comunitario così definito è perciò presente in tutte le spedizioni che avvengono da o verso porti di altri Stati membri. Manca invece nei trasporti che vengono effettuati tra lo Stato di stabilimento del prestatore di servizi ed un paese terzo.

77. Da ciò deriva per il giudice nazionale quanto segue: per accertare il richiesto elemento comunitario nei trasporti che hanno determinato il comportamento addebitato al signor Peralta è sufficiente "escludere" dai trasporti che rientrano nel campo di applicazione del regolamento quelli effettuati tra l' Italia e paesi terzi.

78. 4. Ove i suddetti trasporti fossero stati effettuati da o verso porti di altri Stati membri, occorrerebbe allora ulteriormente domandarsi se le disposizioni italiane costituiscano un' inammissibile limitazione della libera prestazione dei servizi garantita col regolamento n. 4055/86. Per risolvere tale questione, occorre esaminare le caratteristiche della disciplina controversa e gli effetti che ne derivano o possono derivarne.

79. a) Mi occupo solo brevemente della circostanza fatta valere dal signor Peralta, secondo cui il divieto totale, fissato dalla normativa italiana, di scaricare soda caustica in mare, non è previsto nelle disposizioni di altri Stati. Con riferimento all' art. 7 del Trattato CEE (art. 6 del Trattato CE) la Corte ha dichiarato che questa disposizione non riguarda le eventuali disparità di trattamento e le distorsioni che possono derivare, per le persone e imprese assoggettate alla giurisdizione della Comunità, dall' applicazione da parte di uno Stato membro di misure più rigorose di quelle applicate nello stesso settore da altri Stati membri (54). Queste considerazioni devono valere allo stesso modo per i divieti di discriminazione di cui all' art. 60, secondo comma, del Trattato CEE e all' art. 8 del regolamento n. 4055/86, poiché questi perseguono nel loro campo la stessa finalità della disciplina generale dell' art. 7 del Trattato CEE (55). Da ciò deriva che un prestatore di servizi non può far ricorso alla libera prestazione dei servizi per opporsi a disposizioni del suo Stato di stabilimento, solo perché queste sono più restrittive di quelle di altri Stati membri (nei quali sono eventualmente stabiliti operatori economici concorrenti).

80. b) Occorre poi occuparsi della circostanza che la disciplina italiana, quando si estende al di là delle acque territoriali italiane, impone il divieto di scarico di cui è causa solo a navi battenti bandiera italiana. A tale circostanza si fa riferimento in particolare nelle questioni 5 e 6 dell' ordinanza di rinvio.

Al riguardo bisogna ammettere che questa particolarità è determinata dai limiti della sovranità dello Stato italiano. Secondo concordanti informazioni dell' Italia e della Commissione, lo Stato italiano non dispone di una zona economica esclusiva ai sensi dell' art. 55 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. L' art. 211, nn. 5 e 6, di questa convenzione, che riguarda la competenza degli Stati costieri in campo di tutela dell' ambiente nella loro zona economica esclusiva, non trova perciò applicazione. Inoltre lo Stato italiano, come ci ha comunicato la Commissione, non ha adottato alcuna disposizione su una cosiddetta zona contigua (ai sensi dell' art. 24 della convenzione sul mare territoriale e sulla zona contigua oppure dell' art. 33 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare) (56). Le competenze degli Stati costieri nelle zone contigue non riguardano del resto il settore della tutela dell' ambiente. Perciò, quando il governo italiano limita alle navi battenti bandiera italiana il divieto di scarico al di fuori delle acque territoriali italiane, ciò non costituisce una disparità di trattamento: solo queste navi sono assoggettate, al di fuori di queste acque, ai sensi dell' art. 5 della convenzione sull' alto mare alla sovranità italiana. Già per questo motivo viene esclusa una violazione del divieto di cui all' art. 8 del regolamento n. 4055/86.

81. In secondo luogo si tratterebbe poi di una discriminazione alla rovescia, che in quanto tale non sarebbe sufficiente ad opporsi dal punto di vista di una libertà fondamentale a un' azione di uno Stato membro (nei confronti dei suoi propri cittadini) (57).

82. c) Poiché la disciplina italiana non rappresenta alcuna discriminazione vietata dal principio fondamentale della libera prestazione dei servizi, occorre ora esaminare se essa interferisca come disciplina non discriminatoria nella libera prestazione dei servizi da parte di persone nella situazione della ditta Calì.

83. aa) Per la soluzione di tale questione voglio innanzi tutto sottolineare che la giurisprudenza relativa a limitazioni non discriminatorie, che vengono create da uno Stato diverso da quello di stabilimento, non può essere applicata sic et simpliciter a casi del tipo di cui è causa. Questa giurisprudenza, che al più tardi a decorrere dalle sentenze Collectieve Antennevoorziening Gouda (58), Commissione/Paesi Bassi (59) e Saeger (60), cioè dal 25 luglio 1991, può essere considerata definitiva, assoggetta anche disposizioni non discriminatorie del tipo menzionato al "test" dell' art. 59. Si deve esaminare se le disposizioni controverse siano giustificate da esigenze imperative connesse all' interesse generale e se sia rispettato il principio di proporzionalità. Tuttavia questo "test" si riferisce specificamente alle disposizioni di uno Stato (quello in cui i servizi devono essere prestati) diverso dallo Stato di stabilimento, per cui le disposizioni dello Stato nel quale il servizio dev' essere prestato si pongono accanto a quelle dello Stato di stabilimento:

"In mancanza di armonizzazione delle norme in materia di servizi, e anche di un regime di equivalenza, la libertà garantita dal Trattato in questo settore può essere limitata (...) dall' applicazione di normative nazionali, concernenti chiunque sia stabilito sul territorio nazionale, ai prestatori stabiliti sul territorio di un altro Stato membro che già debbono soddisfare i requisiti della normativa di tale Stato" (61).

84. Una tale situazione, nella quale un prestatore di servizi contesta l' onere aggiuntivo impostogli dalle disposizioni dello Stato di prestazione di servizi (62), non sussiste tuttavia quando tale prestatore impugna le disposizioni del suo proprio Stato di stabilimento.

85. Questa analisi viene confermata da un confronto della giurisprudenza sull' art. 30 e di quella sull' art. 34.

86. Disposizioni dello Stato di importazione possono, secondo la giurisprudenza Dassonville (63) e Cassis de Dijon (64), essere incompatibili con l' art. 30 anche senza operare una discriminazione in base alla provenienza della merce, qualora ostacolino il commercio intracomunitario, senza essere giustificate da ragioni imperative di interesse generale. La sentenza Keck e Mithouard (65) sembra confermare che questa giurisprudenza (che è in un certo qual modo precorritrice delle menzionate sentenze 25 luglio 1991) si riferisce ad ostacoli che derivano dalle diverse discipline dello Stato di provenienza, da un lato, e dello Stato di importazione, dall' altro (66).

87. Poiché il menzionato problema di diverse disposizioni di due Stati membri non si pone in questo modo nell' esame di misure dello Stato di esportazione, la giurisprudenza ha interpretato l' art. 34 diversamente dall' art. 30, in particolare ai sensi della soprammenzionata formula della sentenza Groenveld (67). Il criterio decisivo è perciò che le misure di cui è causa rappresentino "specifiche limitazioni delle correnti di esportazione", cioè per così dire contengano una "discriminazione" tra il commercio interno e il commercio di esportazione.

88. Risulta che (nel caso della libera prestazione dei servizi) il controllo in base ai principi della sentenza 25 luglio 1991 presuppone che la limitazione abbia uno specifico riferimento al carattere transfrontaliero della prestazione di servizi: oggetto di tale controllo non sono gli oneri che derivano dalla disciplina (68), ma gli oneri che derivano dalla contemporanea esistenza di disposizioni di due Stati membri. In questa coesistenza di due categorie di disposizioni si rispecchia il carattere transfrontaliero della prestazione di servizi. Se disposizioni dello Stato di stabilimento si valutassero sistematicamente sulla base dei criteri di "esigenze imperative di interesse generale" e della proporzionalità vi si farebbero rientrare anche limitazioni senza specifico riferimento a prestazioni di servizi transfrontalieri, ma ciò oltrepasserebbe il senso della garanzia della libera prestazione dei servizi.

89. Se però la giurisprudenza di cui alle sentenze 25 luglio 1991 non può essere utilizzata per la soluzione del problema se la disciplina di cui è causa interferisca nella libera prestazione di servizi di persone nella situazione della ditta Calì, quale criterio è allora pertinente? La soluzione di tale questione deve essere fornita a mio parere in conformità alle considerazioni finora sviluppate: la limitazione deve contenere uno specifico riferimento ad un elemento transfrontaliero della prestazione di servizi di cui è causa. Tale è il caso quando essa ricollega a una prestazione di servizi, che contiene tale elemento, un trattamento meno favorevole di quello riservato a un' analoga prestazione di servizi, in cui tale elemento manca. Questa soluzione viene confermata da indizi concordanti che si deducono dalle sentenze Corsica Ferries (69) (relativa alla libera prestazione di servizi), Daily Mail (70) (relativa all' art. 52 del Trattato) nonché dalla giurisprudenza Groenveld. Essi indicano che, alla menzionata condizione, anche le misure di Stati, che si trovano, per così dire, "al di qua" del confine oltrepassato dal singolo, vengono confrontate con le libertà fondamentali.

90. Nella sentenza Corsica Ferries si trattava di una normativa francese che, nel caso di trasporti marittimi tra la Corsica e la terraferma francese, prevedeva imposte portuali di minore entità rispetto ai trasporti tra la Corsica e i porti di altri Stati. La ditta "Corsica Ferries France" ha impugnato questa disciplina. Certo, durante il periodo rilevante per la causa principale il regolamento n. 4055/86 non era ancora in vigore, cosicché una violazione dei principi della libera prestazione dei servizi non veniva presa in considerazione fin dall' inizio. Tuttavia la Corte di giustizia ha dichiarato quanto segue:

"La disciplina francese in causa nel procedimento principale può costituire una restrizione alla libera prestazione dei servizi all' interno della Comunità, ai sensi dell' art. 59, primo comma, del Trattato CEE, in quanto discriminatoria nei confronti del prestatore di servizi che effettua trasporti fra un porto sito nel territorio nazionale ed un porto di un altro Stato membro della Comunità, rispetto a chi effettua trasporti fra due porti situati nel territorio nazionale" (71).

91. Da questa citazione risulta che la Corte di giustizia sulla base del principio della libera prestazione dei servizi sottopone a controllo anche disposizioni dello Stato di stabilimento, quando esse ricollegano a una prestazione di servizi, che contiene un elemento transfrontaliero, un trattamento meno favorevole rispetto a una prestazione di servizi in cui tale elemento manca. Questa circostanza viene caratterizzata dalla nozione ° utilizzata in senso non tecnico ° della discriminazione.

92. Un' analoga considerazione si trae dalla sentenza Daily Mail. In tale sentenza relativamente agli artt. 52 e seguenti si dichiara:

"Sebbene queste norme, così come formulate, mirino in special modo ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato d' origine ostacoli lo stabilimento in altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione e corrispondente alla definizione dell' art. 58. Come ha giustamente osservato la Commissione, i diritti garantiti dall' art. 52 e seguenti sarebbero vanificati se lo Stato d' origine potesse vietare alle imprese di migrare per stabilirsi in altro Stato membro. Per le persone fisiche, il diritto di lasciare a tal fine il territorio nazionale è espressamente previsto dalla direttiva 73/148 (...)".

93. Come ho già chiarito la giurisprudenza relativa all' art. 34 si basa su un trattamento diverso delle esportazioni e del commercio interno. Anche qui viene confrontata un' operazione che contiene un elemento transfrontaliero con un' altra operazione in cui tale elemento manca.

94. Nella presente fattispecie l' elemento transfrontaliero dei trasporti che vengono effettuati da imprese di trasporti stabilite in Italia consisterebbe eventualmente nel fatto che questi trasporti avvengono da o verso porti di altri Stati membri. La disciplina controversa costituisce perciò una limitazione della libera prestazione dei servizi se ostacola l' esecuzione di trasporti da parte di tali operatori economici da e verso porti di altri Stati membri in maniera maggiore rispetto all' esecuzione di altri trasporti, in particolare interni.

95. bb) Nell' applicazione di questo criterio alla presente fattispecie bisogna innanzi tutto constatare che la normativa italiana controversa in base alla sua formulazione non opera una distinzione tra i vari tipi di trasporti. Tuttavia essa potrebbe avere effetti più onerosi per trasporti da o verso porti di altri Stati membri che per trasporti puramente interni. Dall' ordinanza di rinvio non risulta se tale sia il caso. Vi si menziona semplicemente il controverso divieto di scarico, ma non vi sono indicate le effettive conseguenze che ne risultano nel confronto tra trasporti interni e i soprammenzionati trasporti transfrontalieri.

96. In base alle osservazioni aggiuntive (72) che il signor Peralta ha presentato, non sembra affatto improbabile che la normativa italiana produca conseguenze di tale tipo. A tragitti da e verso porti di altri Stati membri potrebbero essere collegati, a causa dell' ordine di scaricare a terra con deviazioni e/o costi aggiuntivi (per piccole navi cisterna, che prendono l' acqua di lavaggio in mare), oneri che non esistono o che esistono solo in misura minore per i trasporti interni: in ogni caso in alcuni porti italiani sono a quanto pare disponibili impianti di scarico.

97. Al riguardo sorge innanzi tutto la questione se la Corte di giustizia possa inserire queste ulteriori osservazioni nella sua motivazione. Il divieto di scarico menzionato nell' ordinanza di rinvio significa necessariamente che le acque di lavaggio delle cisterne devono essere scaricate a terra. Quanto fatto presente dal ricorrente circa le condizioni di tale scarico non costituisce per contro una nuova situazione di fatto, ma è in stretta connessione con quanto indicato nell' ordinanza di rinvio (73). In particolare non è contraddittorio rispetto a quest' ultima (74). Inoltre, nella trattazione orale che la Corte ha tenuto in questa causa si poteva prendere posizione su tali osservazioni. Nell' interesse di una soluzione utile alle questioni sottoposte, la Corte (75) dovrebbe perciò, qualora non segua la proposta da me precedentemente formulata, tener conto nella sua decisione delle osservazioni del signor Peralta (76). L' accertamento dei fatti spetta naturalmente al giudice nazionale.

98. Su questo fondamento sorge l' ulteriore questione se sia sufficiente che la normativa crei un regime diverso per entrambi i tipi di prestazioni di servizi non in base alla sua formulazione, ma in base alle sue effettive conseguenze. Intendo risolvere positivamente tale questione sulla base della giurisprudenza relativa all' art. 34. In base a questa giurisprudenza è sufficiente che la misura controversa "determini" specifiche limitazioni delle correnti di esportazione (77). Non vedo perché nel presente contesto debba valere un diverso criterio. E' perciò sufficiente che l' onere proporzionalmente maggiore che grava sulla prestazione di servizi transfrontalieri costituisca una conseguenza effettiva della misura controversa, indipendentemente dalla sua formulazione.

99. Per ragioni di completezza va ancora detto che l' onere particolare sostenuto dal signor Peralta, che sorge per le navi battenti bandiera italiana, poiché esse in base alle disposizioni italiane non solo hanno un' attrezzatura per l' osservanza delle disposizioni Marpol, ma devono anche sostenere gli oneri derivanti dal divieto italiano di scarico, non è rilevante per questo criterio. Questa circostanza si riferisce solo alle disposizioni del diritto italiano e, per quanto io possa vedere, non ha alcun collegamento specifico con prestazioni di servizio transfrontaliere.

100. cc) Se la disciplina italiana alla luce del criterio finora sviluppato costituisce una limitazione della libera prestazione dei servizi, sorge allora l' ulteriore questione se essa sia sufficientemente giustificata. Come giustificazione vengono in considerazione, per quanto io vedo, solo motivi di tutela dell' ambiente.

101. Può lo Stato di stabilimento far riferimento, in un caso quale quello di specie, a motivi di tale tipo?

102. Nel caso di normative discriminatorie degli Stati ospitanti la Corte di giustizia ha dichiarato che esse sono compatibili con il diritto comunitario solo "se possono rientrare in una deroga espressamente contemplata, come l' art. 56 del Trattato" (78). Per contro altre limitazioni, che derivano dall' applicazione delle disposizioni dello Stato ospitante ai prestatori di servizi, possono inoltre essere giustificate da esigenze imperative connesse all' interesse generale (79).

103. In un caso quale quello della presente fattispecie deve valere a mio parere il regime da ultimo menzionato. Se cioè la prestazione di servizi transfrontalieri verso altri Stati membri venisse colpita dalle disposizioni italiane in maniera più grave della semplice prestazione interna, ciò dipenderebbe dalle diversità nelle disposizioni degli Stati membri. Questa particolarità dovrebbe infatti essere attribuita alla circostanza che, come sostiene il signor Peralta, nei porti di altri Stati membri non sono disponibili impianti per lo scarico di determinate sostanze. Ad un tale tipo di conflitto è orientato il criterio delle esigenze imperative connesse all' interesse generale. Esso deve perciò trovare applicazione anche nella presente fattispecie.

104. Della questione posso occuparmi brevemente. La tutela dell' ambiente è riconosciuta nell' ambito della circolazione delle merci come esigenza imperativa connessa all' interesse generale (80). Non può tuttavia essere diversamente nel settore della libera prestazione dei servizi (81).

105. Se tale motivo giustifichi la normativa italiana dipende dal criterio della proporzionalità. La normativa deve perciò essere atta a garantire il conseguimento dello scopo con essa perseguito e non può eccedere quanto necessario a tal fine (82).

106. Nella presente fattispecie occorre considerare che l' Italia ha sottoscritto la convenzione Marpol, nella cui applicazione non si perverrebbe ad imporre un onere diverso ai trasporti interni e ai trasporti da e verso porti di altri Stati membri. La normativa italiana controversa mira ora a garantire una maggiore tutela dell' ambiente rispetto a questa convenzione.

107. Il giudice nazionale deve perciò innanzi tutto esaminare se con l' applicazione della normativa italiana l' ambiente venga tutelato meglio che con l' applicazione delle disposizioni della Marpol. Al riguardo bisogna rilevare che nel campo della tutela dell' ambiente vantaggi e rischi di diversi metodi di scarico possono essere controversi negli ambienti scientifici. Gli Stati membri hanno perciò nella valutazione di questi fatti un certo potere discrezionale.

108. Il governo italiano fa riferimento inoltre alla situazione particolare del Mare Mediterraneo che, essendo un bacino con scarso ricambio, necessita di una particolare protezione. Se la protezione del Mare Mediterraneo (o di bacini comparabili) fosse la sola finalità della misura, essa sarebbe in ogni caso da considerarsi sproporzionata in relazione agli altri bacini marini che non hanno la menzionata particolarità.

Sull' art. 7 del Trattato CEE

109. Poiché la disciplina di cui è causa non contiene alcuna discriminazione basata sulla nazionalità nel campo di applicazione dell' art. 48 del Trattato nonché della libera prestazione dei servizi, non può quindi neanche sussistere alcuna violazione dell' art. 7 (83). Non risultano altre violazioni del divieto, di cui all' art. 7, di operare una discriminazione basata sulla nazionalità in situazioni assoggettate al diritto comunitario.

Sul principio di proporzionalità

110. Questo principio è senz' altro parte dell' ordinamento giuridico comunitario (84), ma in tale qualità non può essere applicato a situazioni di fatto, che si collocano al di fuori di tale ordinamento giuridico (85). Indipendentemente dalle norme pertinenti sulla libera prestazione dei servizi, nel cui ambito ho esaminato il principio di proporzionalità, per quanto io possa vedere, alla presente fattispecie non si applica alcuna disposizione del diritto comunitario per la cui applicazione debba essere esaminato il principio di proporzionalità.

C ° Conclusione

111. Per tutti questi motivi propongo di risolvere le questioni sottoposte dalla Pretura Circondariale di Ravenna nel modo seguente:

"1) L' art. 3, lett. f), del Trattato CEE [art. 3, lett. g), del Trattato CE], l' art. 84 e l' art. 130 R di tale Trattato non si oppongono all' applicazione di una normativa nazionale che, con la minaccia di sanzioni penali, vieti di scaricare in mare sostanze dannose, anche al di fuori delle acque territoriali.

2) Gli artt. 48 e 52 del Trattato CEE non si applicano ad una situazione che non presenta alcun punto di contatto con una qualsiasi delle situazioni di fatto su cui si basa il diritto comunitario. In una tale situazione dette disposizioni non si oppongono perciò all' applicazione di una normativa del tipo descritto al punto 1.

3) Gli artt. 30 e seguenti del Trattato CEE non si applicano a situazioni, in cui disposizioni di uno Stato membro disciplinano le condizioni da osservare nell' attuazione di prestazioni di servizi, in particolare nel settore dei trasporti, qualora un eventuale ostacolo alla circolazione delle merci da parte di tali disposizioni si presenti come un semplice riflesso dell' ostacolo alla prestazione di servizi. In questo caso gli artt. 30 e seguenti del Trattato CEE non si oppongono ad una disciplina del tipo descritto al punto 1.

4) Nel settore della navigazione marittima tra Stati membri nonché tra Stati membri e paesi terzi il Consiglio, mediante il regolamento (CEE) n. 4055/86, ha introdotto con effetto dal 1 gennaio 1987 il principio della libera prestazione dei servizi ai sensi dell' art. 59 del Trattato CEE. Spetta al giudice nazionale esaminare se i trasporti che hanno dato luogo alle asserite violazioni di cui trattasi nella causa principale siano trasporti tra Stati membri o tra Stati membri e paesi terzi.

In subordine

Il principio della libera prestazione dei servizi posto nel regolamento (CEE) n. 4055/86 si oppone, in una situazione quale quella della presente fattispecie, all' applicazione di una disciplina del tipo di quella descritta al punto 1, qualora (dal giudice nazionale) venga accertato:

° che nel caso di trasporti da o verso porti di altri Stati membri essa produce effetti economicamente più onerosi che in caso di trasporti tra porti dello Stato membro in cui l' armatore della nave è stabilito,

° e che tale disciplina, in considerazione delle disposizioni di diritto internazionale privato vincolanti per lo Stato membro di cui trattasi, non è idonea o non è necessaria per raggiungere i fini perseguiti nel settore della tutela dell' ambiente.

5) L' art. 7 del Trattato CEE (art. 6 del Trattato CE) non si oppone all' applicazione di una disposizione nazionale del tipo di quella descritta al punto 1, qualora questa non determini alcuna discriminazione in base alla nazionalità nel campo di applicazione del diritto comunitario.

6) Il principio di proporzionalità del diritto comunitario non si oppone all' applicazione di una disciplina del tipo di quella descritta al punto 1 ad una situazione che non rientra nel diritto comunitario".

(*) Lingua originale: il tedesco.

(1) - Da una relazione su una proposta di modifica delle soprammenzionate disposizioni risulta che le acque di lavaggio trattate vengono scaricate in mare da impianti che si trovano a terra.

(2) - Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite, volumi 1340 e 1341, n. 22484.

(3) - Raccomandazione 26 giugno 1978, 78/584/CEE, relativa alla ratifica di convenzioni sulla sicurezza del trasporto marittimo (GU L 194, pag. 17).

(4) - Irlanda e Lussemburgo non hanno aderito alla Convenzione.

(5) - Ai sensi dell' art. 2, n. 5, della convenzione l' espressione autorità indica il governo dello Stato che esercita la propria sovranità sulla nave.

(6) - Ai sensi dell' art. 2, n. 7, della convenzione l' espressione Organizzazione indica l' Organizzazione intergovernativa consultiva della navigazione marittima.

(7) - Vedi Churchill/Lowe, The law of the sea, Manchester 1988, pag. 243. Vedi anche artt. 210 e 211 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, conclusa il 30 aprile 1982 a New York, sottoposta alle firme il 10 dicembre 1982 a Montego Bay, Giamaica (Terza conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare, documenti ufficiali, vol. XVII, 1984, documento A/62/122 e rettificativo, pagg. 157-231).

(8) - GU L 240, pag. 1.

(9) - Direttiva del Consiglio 4 maggio 1976 (GU L 129, pag. 23) con successive modifiche.

(10) - Decisione 6 marzo 1986, 86/85/CEE (GU L 77, pag. 33), modificata dalla decisione 16 giugno 1988, 88/346/CEE (GU L 158, pag. 32).

(11) - V. sopra, paragrafo 2.

(12) - V., ad esempio, sentenza 23 novembre 1989, causa C-150/88, Parfuemeriefabrik 4711/Provide (Racc. pag. 3891, punti 11 e 12).

(13) - Sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite C-320/90, C-321/90 e C-322/90, Telemarsicabruzzo e a./Circostel (Racc. pag. I-393); v. anche le ordinanze 19 marzo 1993, causa C-157/92, Banchero (Racc. pag. I-1085), e 26 aprile 1993, causa C-386/92, Monin Automobiles (Racc. pag. I-2049).

(14) - V. per un caso analogo, sentenza 3 marzo 1994, causa C-316/93, Vaneetveld (Racc. pag. I-763, punto 13). V. anche le mie conclusioni del 10 marzo 1994 nella causa 2/93, BVBA Exportslachterijen van Oordegem (Racc. pag. I-0000, paragrafo 10).

(15) - V. la formulazione della quinta questione.

(16) - V. la formulazione della seconda questione.

(17) - V. sopra, paragrafo 6.

(18) - Sentenza 5 ottobre 1988, causa 247/86, Alsatel (Racc. pag. 5987).

(19) - V. l' esempio della sentenza 24 novembre 1992, causa C-286/90: Pulsen e Diva Navigation (Racc. pag. I-6019).

(20) - V. sopra, paragrafo 8.

(21) - Sentenza 12 dicembre 1972, cause riunite da 21/72 a 24/72, International Fruit Company/Produktschap voor groenten en fruit (Racc. pag. 1219, punti 10-18); sentenza 16 marzo 1983, cause riunite da 267/81 a 269/81, Amministrazione delle finanze dello Stato/SPI e SAMI (Racc. pag. 801, punto 17).

(22) - V. parere 2/91 del 19 marzo 1993 (convenzione n. 170 dell' IAO; Racc. pag. I-1061, punto 9).

(23) - Corrispondente all' art. 3, lett. g), del Trattato nella formulazione di Maastricht.

(24) - Sentenza 30 aprile 1986, cause riunite 209/84, 210/84, 211/84, 212/84 e 213/84, Asjes (Racc. pag. 1425, punti 27-42); sentenza 17 novembre 1993, causa C-185/91, Reiff (Racc. pag. I-5801, punto 12).

(25) - Giurisprudenza costante, fermamente confermata per quanto concerne l' art. 85 in tre sentenze 17 novembre 1993: causa C-2/91, Meng (Racc. pag. I-5751, punto 14); causa C-185/91, Reiff (v. nota precedente, punto 14); causa C-245/91, Ohra Schadeverzekeringen (Racc. pag. I-5851, punto 10). Per quanto concerne l' art. 86, vedi, ad esempio, sentenza 24 gennaio 1991, causa C-339/89, Alsthom Atlantique (Racc. pag. I-107, punto 11).

(26) - V. le sentenze menzionate nella nota precedente.

(27) - V. punto 14 delle sentenze Meng e Reiff nonché il punto 12 della sentenza Ohra.

(28) - V. sentenza 16 novembre 1977, causa 13/77, INNO/ATAB (Racc. pag. 2115, punti 33 e 34); sentenza 14 luglio 1988, causa 254/87, Syndicat des libraires de Normandie/L' aigle distribution (Racc. pag. 4457, punto 14); sentenza 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e a./Zentrale zur Bekaempfung unlauteren Wettbewerbs (Racc. pag. 803, punto 52); sentenza 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hoefner e Elser (Racc. pag. I-1979, punti 26 e 27); sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT (Racc. pag. I-2925, punti 35-37).

(29) - Sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5).

(30) - Sentenza 8 novembre 1979, causa 15/79, Groenveld/Produktschap voor vee en flees (Racc. pag. 3409, punto 7).

(31) - V. anche sentenza 13 dicembre 1989, causa C-49/89, Corsica Ferries France/Direction générale des douanes françaises (Racc. pag. 4441, punto 7).

(32) - V. sentenze 30 aprile 1986, Asjes, già citata (Racc. pag. 1425, punto 37), e 13 dicembre 1989, Corsica Ferries (nota precedente, punto 11).

(33) - Sentenza 4 aprile 1974, causa 167/73, Commissione/Francia (Racc. pag. 359).

(34) - Sentenza 27 ottobre 1982, cause riunite 35/82 e 36/82, Morson e Jhanjan/Paesi Bassi (Racc. pag. 3723, punto 16); sentenza 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus/Land Baden-Wuerttemberg (Racc. pag. I-1663, punti 15 e 16); sentenza 28 gennaio 1992, causa C-332/90, Steen (Racc. pag. I-341).

(35) - Sentenza Kraus (nota precedente), punto 15.

(36) - Raccolta dei trattati delle Nazioni Unite, vol. 450, pagg. 11 e 169.

(37) - V. sentenza Poulsen (nota 19), punto 10.

(38) - V. anche sentenze 4 aprile 1974, Commissione/Francia, già citata (nota 33), e 1 dicembre 1993, causa C-37/93, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-6595).

(39) - Sentenza 28 giugno 1984, causa 180/83, Moser/Land Baden-Wuerttemberg (Racc. pag. 2539, punto 18).

(40) - V. sull' art. 52 del Trattato sentenza 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail (Racc. pag. 5483, punto 19).

(41) - Sentenza 15 gennaio 1986, causa 44/84, Hurd/Jones (Racc. pag. 29, punti 55 e 56).

(42) - Sentenza 25 giugno 1992, causa C-147/91, Ferrer Laderer (Racc. pag. I-4097, punto 7); v. anche, ad esempio, sentenza Kraus (già citata, nota 34), punto 15.

(43) - V. sopra, nota 40.

(44) - V. sopra, paragrafo 49.

(45) - GU L 378, pag. 1.

(46) - In base a queste disposizioni si chiarisce del resto l' art. 9 del regolamento, che è modellato sull' art. 65 del Trattato.

(47) - V. sopra, paragrafo 67.

(48) - Così sarebbe stato in ogni caso se la ditta Calì avesse effettuato questi trasporti su incarico di un cliente stabilito in Italia. Vedi però qui di seguito paragrafi 74-77.

(49) - Regolamento del Consiglio concernente l' applicazione del principio della libera prestazione dei servizi di trasporto marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo; GU L 364, pag. 7).

(50) - N. 38 del capo I dell' allegato alle osservazioni del signor Peralta: questo trasporto riguardava del resto un prodotto diverso dalla soda caustica.

(51) - V. capo I (nota precedente), nn. 34-37 e 112-120.

(52) - Punti 9 e 10 della sentenza 26 febbraio 1991, causa C-154/89, Commissione/Francia (Racc. pag. I-659), e causa C-198/89, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-727); punti 8 e 9 della sentenza 26 febbraio 1991, causa C-180/89, Commissione/Italia (Racc. pag. I-709).

(53) - Questo ragionamento è del resto compatibile anche con la premessa e le finalità del regolamento n. 4055/86. Dagli artt. 2-5 risulta che il regolamento era concepito innanzi tutto come una soluzione per discipline unilaterali o concordate con Stati terzi, che negli Stati membri interessati si risolvevano in una discriminazione di prestatori di servizi di altri Stati membri. Questa discriminazione riguardava in particolare la possibilità di spedire in determinati trasporti carichi verso altri Stati membri o da questi verso porti dello Stato membro interessato (v. gli esempi nel documento COM(85) 90 def., n. 35). Il regolamento non sarebbe tuttavia atto a svolgere questa funzione se fosse limitato ai casi in cui entrambe le parti della prestazione di servizi fossero stabilite in Stati membri diversi.

(54) - Sentenza 7 maggio 1992, causa riunite C-251/90 e C-252/90, Wood e Cowie (Racc. pag. I-2873, punto 19). V. sentenza 13 febbraio 1969, causa 14/68, Walt Wilhelm (Racc. pag. 1, punto 13).

(55) - V. sentenza 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1461, punto 12).

(56) - Raccolta delle convenzioni delle Nazioni Unite, vol. 516, pag. 205.

(57) - V. sopra, paragrafo 61.

(58) - Causa C-288/89 (Racc. pag. I-4007).

(59) - Causa C-353/89 (Racc. pag. I-4069).

(60) - Causa C-76/90 (Racc. pag. I-4221).

(61) - Punto 12 della sentenza Gouda e punto 16 della sentenza Commissione/Paesi Bassi. V. anche punto 12 della sentenza Saeger.

(62) - Una particolare categoria è costituita dalle disposizioni dello Stato di prestazione di servizi che si risolvono in un completo divieto di tale prestazione di servizi. Di essa tuttavia non è necessario occuparsi nel presente contesto.

(63) - V. nota 29.

(64) - Sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe/Bundesmonopolverwaltung fuer Branntwein (Racc. pag. 649).

(65) - Sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I-6097).

(66) - V. le conclusioni dell' avvocato generale Van Gerven del 16 marzo 1994, cause riunite C-401/92 e C-402/92, Tankstation 't Heukske (Racc. pag. I-0000, paragrafo 20).

(67) - V. sopra, paragrafo 46.

(68) - V. pure nota 62.

(69) - V. sopra, nota 31.

(70) - V. sopra, nota 40.

(71) - Punto 7 della sentenza Corsica Ferries.

(72) - V. sopra, paragrafo 6.

(73) - V. sopra, nota 18.

(74) - V. sentenza 16 marzo 1978, causa 104/77, Oehlschlaeger (Racc. pag. 791, punto 4); sentenza 29 aprile 1982, causa 17/81, Pabst e Richarz (Racc. pag. 1331, punto 12).

(75) - V. sentenza Ferrer Laderer (già citata, nota 42), punto 6.

(76) - V. sopra, paragrafo 72.

(77) - V. sopra, paragrafo 46.

(78) - V. sentenza Gouda, punto 11.

(79) - V. punto 13 della sentenza Gouda.

(80) - Sentenza 20 settembre 1988, causa C-302/86, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-4607, punti 8 e segg.).

(81) - V. anche sentenza 7 febbraio 1985, causa 240/83, Procuratore della Repubblica/ADBHU (Racc. pag. 531, punto 9).

(82) - V. punto 15 della sentenza Gouda.

(83) - V. sentenza 10 dicembre 1991, causa C-179/90, Merci convenzionali Porto di Genova (Racc. pag. I-5889, punto 11).

(84) - V. sentenza 11 luglio 1989, causa 265/87, Schraeder/Hauptzollamt Gronau (Racc. pag. 2237, punto 21).

(85) - Così la costante giurisprudenza su diritti fondamentali riconosciuti nel diritto comunitario (v. da ultimo sentenza 4 ottobre 1991, causa C-159/90, Society for the protection of unborn children Ireland, Racc. pag. I-4685, punto 31).