61992C0343

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon dell'8 dicembre 1993. - M. A. ROKS, CONIUGATA DE WEERD E ALTRI CONTRO BESTUUR VAN DE BEDRIJFSVERENIGING VOOR DE GEZONDHEID, GEESTELIJKE EN MAATSCHAPPELIJKE BELANGEN E ALTRI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: RAAD VAN BEROEP'S-HERTOGENBOSCH - PAESI BASSI. - PARITA TRA UOMINI E DONNE - PREVIDENZA SOCIALE - DIRETTIVA 79/7/CEE - EFFETTI DI UNA TRASPOSIZIONE TARDIVA SUI DIRITTI ACQUISITI IN FORZA DELLA DIRETTIVA. - CAUSA C-343/92.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-00571


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Il Raad van Beroep te 's-Hertogenbosch vi invita a precisare nuovamente (1) il tenore e la portata della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (in prosieguo: la "direttiva") (2).

2. Le quattro questioni sollevate (3) sono sorte nel corso di una controversia in cui sei persone contestano i provvedimenti di diverse associazioni professionali incaricate dell' applicazione della legge che istituisce un regime generale in materia di incapacità lavorativa (Algemene Arbeidsongeschiktheidswet, in prosieguo: l' "AAW"), le quali avevano negato ad alcune, e revocato ad altre, ogni diritto a prestazioni ai sensi delle nuove disposizioni dell' AAW, contenute nella legge 3 maggio 1989.

3. Benché la normativa di cui trattasi sia ben nota alla Corte, essendo stata oggetto di diversi procedimenti, è opportuno rammentarne brevemente l' evoluzione facendo rinvio, per una più ampia illustrazione, alla relazione d' udienza (4).

4. L' AAW, istituita con legge 11 dicembre 1975, conferiva ai residenti nei Paesi Bassi un diritto a prestazioni il cui importo dipendeva dal tasso di incapacità, senza prendere in considerazione né altri eventuali redditi del destinatario né la perdita di reddito subita; tuttavia, non potevano avervi diritto in ogni caso le donne coniugate.

5. Con legge 20 dicembre 1979, entrata in vigore retroattivamente il 1 gennaio 1978, è stata posta fine a tale esclusione. Per ogni assicurato, tuttavia, il diritto alla prestazione è stato subordinato - fatte salve talune categorie non interessate dalla presente causa - a quello che si è convenuto di chiamare il "requisito del reddito". La prestazione veniva pertanto concessa a chiunque dimostrasse di avere percepito, nel corso dell' anno precedente l' insorgere dell' incapacità lavorativa, un reddito non inferiore, all' origine, all' importo di 3 423,81 HFL.

6. Detto requisito era imposto nei confronti delle persone la cui incapacità fosse insorta a partire dal 1 gennaio 1979. Qualora essa fosse invece anteriore a tale data, la legge manteneva un regime specifico per le donne coniugate. Coloro la cui incapacità fosse anteriore al 1 ottobre 1975 non avevano alcun diritto alla prestazione, quand' anche soddisfacessero il requisito del reddito, e coloro la cui incapacità fosse insorta tra il 1 ottobre 1975 e il 1 gennaio 1979 potevano fruirne purché ricorresse il requisito del reddito, laddove gli uomini e le donne non coniugate nell' identica situazione continuavano a fruire automaticamente del diritto alla prestazione.

7. Fondandosi sull' art. 26 del patto internazionale sui diritti civili e politici del 19 dicembre 1966 (in prosieguo: il "patto internazionale") (5), il Centrale Raad van Beroep, con diverse sentenze datate 5 gennaio 1988, ha dichiarato che le donne coniugate, la cui incapacità lavorativa fosse anteriore al 1 gennaio 1979, dovevano anch' esse poter fruire di un diritto alla prestazione, senza dover soddisfare il requisito del reddito, e ciò anche qualora la loro incapacità fosse sorta prima del 1 ottobre 1975. Tale diritto veniva loro riconosciuto a decorrere dall' entrata in vigore delle disposizioni transitorie della citata legge 20 dicembre 1979.

8. Quest' ultima è stata abrogata con legge 3 maggio 1989, la quale dispone, all' art. III, che i soggetti la cui incapacità lavorativa è sorta prima del 1 gennaio 1979 e che presentano una domanda di prestazione ai sensi dell' AAW dopo il 3 maggio 1989 devono soddisfare il requisito del reddito e, all' art. IV, che la prestazione ai sensi dell' AAW viene revocata nei confronti delle persone la cui incapacità sia anteriore al 1 gennaio 1979, ove per queste non ricorra il requisito del reddito, che si applica indistintamente agli uomini e alle donne; una disposizione successiva ha fissato al 1 luglio 1991 la decorrenza di detta revoca.

9. Sono questi i due articoli su cui verte la presente causa.

10. Con sentenza 23 giugno 1992 (6), il Centrale Raad van Beroep ha dichiarato che l' importo del reddito richiesto (4 403,52 HFL all' anno nel 1988) costituiva una discriminazione indiretta nei riguardi delle donne, in contrasto tanto con l' art. 4, n. 1, della direttiva quanto con l' art. 26 del patto internazionale, e che poteva essere preso in considerazione, a tale fine, soltanto un "certo reddito", senza che ne fosse precisata la soglia.

11. Come risulta dall' ordinanza di rinvio, ad una delle ricorrenti è stata negata la concessione di una prestazione ai sensi dell' AAW in base all' art. III, in quanto la sua richiesta era stata presentata dopo il 3 maggio 1989 (7), mentre nei confronti delle altre ricorrenti la prestazione era stata revocata a decorrere dal 1 luglio 1991, poiché per le stesse non ricorreva il requisito del reddito.

12. Tanto il governo olandese quanto le associazioni professionali contestano la pertinenza delle questioni sollevate, in quanto le ricorrenti nella causa principale non rientrerebbero nell' ambito di applicazione ratione personae della direttiva, poiché non avevano lavorato oppure non disponevano di un reddito sufficiente nel corso dell' anno precedente l' insorgere della loro incapacità.

13. Questo argomento dev' essere disatteso. Come risulta, infatti, dagli accertamenti del Raad van Beroep, oltre al fatto che talune tra le ricorrenti effettivamente esercitavano un' attività lavorativa al momento dell' insorgere dell' incapacità, si chiede alla Corte di pronunciarsi anche sul requisito del reddito in quanto criterio discriminatorio.

14. Inoltre, la Corte ritiene generalmente che sia compito del giudice nazionale valutare la necessità di ottenere la soluzione delle questioni pregiudiziali proposte, e soltanto in casi del tutto eccezionali si è rifiutata di risolverle (8).

15. Analogamente, nella sentenza Enderby (9) la Corte ha dichiarato che

"(...) spetta soltanto al giudice nazionale adito, che si assume la responsabilità della decisione da emanare, la valutazione, alla luce delle peculiarità di ogni causa, tanto della necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini del decidere quanto della pertinenza delle questioni da sottoporre alla Corte (...)" (10),

concludendo che,

"Quando alla Corte viene sottoposta una questione interpretativa del diritto comunitario che non sia manifestamente priva di connessione con la sostanza o l' oggetto della controversia nella causa principale, essa è tenuta a risolverla, senza dover essa stessa accertare la validità di un' ipotesi che spetterà al giudice di rinvio verificare in seguito, ove ciò si riveli necessario" (11).

16. Le questioni pregiudiziali sollevate devono, pertanto, essere risolte.

I - Sulla prima questione pregiudiziale

17. Il giudice a quo chiede in sostanza se una norma che impone un requisito di reddito per ottenere una prestazione ai sensi dell' AAW nei confronti di persone la cui incapacità lavorativa sia anteriore al 1 gennaio 1979, qualora esse abbiano presentato domanda soltanto dopo il 3 maggio 1989, sia compatibile con l' art. 4, n. 1, della direttiva, nei limiti in cui la suddetta norma sopprime, essenzialmente nei confronti delle donne coniugate, un diritto acquisito a partire dal 23 dicembre 1984 in forza dell' efficacia diretta della direttiva.

18. Una norma come quella in esame non contiene, di per sé, alcuna discriminazione, in quanto il requisito del reddito sussiste tanto nei confronti degli uomini quanto nei confronti delle donne. La norma si limita, infatti, a determinare le condizioni cui è subordinata la concessione di una prestazione.

19. La disparità di trattamento si manifesta, per contro, esaminando gli effetti a monte nel tempo derivanti dal combinato disposto di questa norma e delle norme anteriori dell' AAW, da allora abrogate, le quali erogavano la prestazione per incapacità soltanto agli uomini e alle donne nubili, che non dovevano dimostrare alcun requisito di reddito.

20. Ne risultano pertanto sfavorite le donne coniugate che non abbiano presentato alcuna domanda prima del 3 maggio 1989, sapendo che la normativa nazionale le escludeva dal diritto alla prestazione ma ignorando la giurisprudenza del Centrale Raad van Beroep a partire dal 5 gennaio 1988.

21. Vero è che, come già detto, tale giudice aveva loro riconosciuto il diritto di cui trattasi, indipendentemente da ogni requisito di reddito. Tuttavia, non si può ritenere che un orientamento giurisprudenziale possa garantire una trasposizione corretta, qualora, come nel caso di specie, non vi sia una legge nazionale che riconosca il diritto alla prestazione. Una giurisprudenza del genere, benché possa ovviare alle carenze della legge nei confronti del diritto comunitario, non può peraltro porvi fine.

22. A questo punto si impone una precisazione. Benché il giudice di rinvio faccia riferimento alla "tardività della domanda", una disposizione come quella in discussione non può essere analizzata dal punto di vista dei termini processuali o amministrativi. La presente causa si distingue pertanto nettamente da quelle che hanno originato le sentenze della Corte Emmot (12) e Steenhorst-Neerings (13).

23. L' art. III della legge olandese non sembra infatti né imporre un termine entro il quale proporre la domanda dinanzi al giudice nazionale, termine la cui inosservanza dovrebbe essere sanzionata da una preclusione, né instaurare un limite temporale, a partire dalla domanda, per la concessione della prestazione.

24. Si tratta piuttosto, a quanto pare, di una disposizione sostanziale, di applicazione immediata, che modifica l' essenza stessa del diritto lasciando persistere una disparità per il periodo 23 dicembre 1984 - 3 maggio 1989, in base al fatto che non ricorre una condizione supplementare ormai richiesta nei confronti di tutti, cioè il requisito del reddito.

25. Sono appunto le donne coniugate a subirne gli effetti, in quanto prima dell' adozione di detta norma, esse erano o escluse o soggette al citato requisito, laddove gli uomini in posizione analoga fruivano automaticamente della prestazione per incapacità lavorativa.

26. Questo contesto ci ricorda la causa che ha dato luogo alla sentenza Johnson (14).

27. Rammentiamone brevemente i fatti. La normativa britannica subordinava

"(...) il diritto ad una prestazione al fatto di avere presentato una domanda per un' altra prestazione, che comportava una condizione discriminatoria nei confronti dei lavoratori di sesso femminile (...)" (15).

28. Detta norma impediva alla signora Johnson di ottenere la prestazione richiesta in quanto essa non aveva presentato domanda, sotto il vigore della normativa precedente, per una prestazione cui non aveva diritto.

29. La Corte ha dichiarato che sussistevano disposizioni discriminatorie nei confronti delle donne, incompatibili con il diritto comunitario, in quanto

"Richiedendo che queste donne avessero chiesto la NCIP per poter beneficiare dello SDA, il combinato disposto della section 165 A con il citato art. 20, n. 1, lascia sussistere tale discriminazione dal momento che la quasi totalità delle donne vittime della discriminazione costituita dal criterio dell' inidoneità alle faccende domestiche non può ormai pretendere il pagamento automatico dello SDA, mentre invece gli uomini che si trovino in situazioni analoghe possono beneficiare di questo automatismo. Questi ultimi, infatti, avevano diritto alla NCIP e hanno potuto pertanto ragionevolmente chiedere di beneficiarne, mentre le donne, sapendo di non averne diritto, non avevano motivo per presentare tale domanda" (16).

30. Vero è che la norma controversa nella causa Johnson manteneva una discriminazione per il futuro e a svantaggio delle donne per le quali il fatto generatore del diritto alla prestazione era anteriore alla data di entrata in vigore della nuova legge, laddove l' art. III della legge olandese non è volto a disciplinare le situazioni nuove bensì il periodo intercorso tra il giorno in cui la direttiva avrebbe dovuto essere trasposta nell' ordinamento giuridico interno e il 3 maggio 1989.

31. In questa stessa prospettiva, la sentenza Dik (17) è parimenti ricca di spunti. Qui, la norma controversa, a natura transitoria, impediva alle donne la cui disoccupazione fosse sopravvenuta prima del 23 dicembre 1984 di ottenere a tale titolo una prestazione, in quanto esse non avevano precedentemente presentato alcuna domanda per poter fruire di una prestazione dalla quale erano escluse.

32. La Corte ha ritenuto che la direttiva non ammettesse una disposizione di questo genere, in quanto le donne rimanevano soggette, dopo il 23 dicembre 1984, ad una condizione discriminatoria.

33. In merito all' efficacia nel tempo dei provvedimenti di esecuzione adottati tardivamente, la Corte ha dichiarato che

"(...) se i provvedimenti d' esecuzione nazionali sono adottati tardivamente, vale a dire dopo la scadenza del termine, l' entrata in vigore simultanea della direttiva 79/7 in tutti gli Stati membri è garantita dando a tali provvedimenti effetto retroattivo al 23 dicembre 1984" (18),

concludendo che

"(...) detti provvedimenti di esecuzione adottati tardivamente devono assolutamente rispettare i diritti che l' art. 4, n. 1, ha fatto sorgere a favore dei singoli, in uno Stato membro, a decorrere dalla scadenza del termine impartito agli Stati membri per conformarvisi (...)" (19).

34. Si evince pertanto dalla giurisprudenza della Corte che gli Stati membri non possono, mediante disposizioni transitorie, limitare ovvero ostacolare i diritti di cui le donne sono titolari in forza della diretta efficacia dell' art. 4, n. 1, a decorrere dalla data di trasposizione della direttiva.

35. Trattandosi nel caso di specie di una discriminazione diretta, il che corrisponde del resto all' opinione espressa dalla Commissione nel corso della fase orale, non v' è spazio per giustificazione alcuna, dato che, come la Corte ha dichiarato nella sentenza Borrie Clarke (20),

"(...) la direttiva non contempla alcuna deroga al principio della parità di trattamento, insito nell' art. 4, n. 1, della direttiva, per autorizzare la proroga degli effetti discriminatori di norme nazionali già in vigore" (21).

36. Va rilevato d' altronde che l' incidenza finanziaria di un' eventuale incompatibilità dovrebbe essere limitata, dato che soltanto mille donne circa sarebbero interessate e che, ai sensi dell' art. 25, n. 2, dell' AAW, il diritto alla prestazione per incapacità lavorativa avrebbe effetto al massimo un anno prima della data di presentazione della domanda.

37. Orbene, nella sentenza Steenhorst-Neerings (22), la Corte ha riconosciuto la compatibilità con la direttiva della norma che limita l' effetto retroattivo di una domanda presentata al fine di ottenere una prestazione per incapacità lavorativa (23).

38. Occorre pertanto concludere nel senso che una norma nazionale che subordini, per il passato, il diritto a prestazioni di donne coniugate ad una condizione che non era originariamente richiesta agli uomini che si trovavano nella stessa situazione, diritto sorto in forza dell' efficacia diretta dell' art. 4, n. 1, della direttiva, è incompatibile con quest' ultima disposizione.

II - Sulla seconda questione pregiudiziale

39. Vi si chiede se "(...) il principio comunitario di certezza del diritto o (...) un altro principio del diritto comunitario come quello della correttezza delle norme di attuazione" osti al fatto che le donne coniugate, oltre ad altre categorie di persone la cui incapacità lavorativa sia anteriore al 1 gennaio 1979 e per le quali deve quindi ricorrere la condizione del reddito, a partire dal 1 luglio 1991, si vedano revocata la prestazione ai sensi dell' AAW, in quanto non soddisfano detta condizione.

40. Un' osservazione preliminare. La questione riguarda unicamente l' eventuale revoca per il futuro della prestazione e non la discriminazione indiretta che potrebbe comportare il requisito di reddito, oggetto della terza questione.

41. Come giustamente sottolinea il governo olandese nelle sue osservazioni, la direttiva non mira affatto a disciplinare il funzionamento dei regimi previdenziali degli Stati membri né a fissare un livello minimo o massimo agli importi delle prestazioni erogate alle vittime di uno dei rischi elencati nella direttiva. Ai sensi del suo art. 1 essa è volta a garantire la "(...) graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all' art. 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale (...)".

42. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging (24),

"(...) lo scopo illustrato nell' art. 1 della direttiva 79/7 trova espressione concreta nell' art. 4, n. 1, della stessa, che vieta in materia di previdenza sociale qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente basata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda il campo di applicazione dei regimi di previdenza sociale e le condizioni di accesso a questi regimi" (25).

43. Pertanto, allo scadere del termine di trasposizione della direttiva, gli Stati membri devono garantire l' effettività del principio di parità di trattamento adottando, se del caso, provvedimenti nazionali estensivi, ovvero restrittivi, con riferimento ai fatti generatori e agli importi delle prestazioni.

44. Come scriveva l' avvocato generale Mancini nelle conclusioni presentate nella causa Teuling (26):

"Se un regime (...) è da ritenere obiettivamente giustificato e dunque non contrasta con il principio della parità di trattamento, la circostanza che esso abbia ridotto l' entità del beneficio precedentemente goduto da alcuni soggetti è irrilevante" (27).

45. In caso contrario, lo Stato membro potrebbe trovarsi nell' impossibilità di modificare la propria legislazione sociale al fine di conformarla al principio di parità di trattamento senza compromettere l' equilibrio dei propri regimi sociali e, a termine, il pagamento stesso delle prestazioni.

46. Nella sentenza Molenbroek (28) la Corte ha del pari ritenuto compatibile con la direttiva una norma nazionale, adottata il 1 aprile 1988, secondo la quale

"(...) indipendentemente dal sesso, l' attribuzione e l' importo di un supplemento di cui possono fruire gli aventi diritto ad una pensione e il cui coniuge a carico non ha ancora raggiunto l' età pensionabile dipendono dai soli redditi riscossi dal coniuge per un' anzianità lavorativa o in relazione a tale attività (...)" (29),

benché essa avesse come risultato di diminuire l' importo di un supplemento precedentemente erogato.

47. Occorre quindi concludere che l' art. 4, n. 1, della direttiva non osta alla revoca, per il futuro, di una prestazione sociale qualora essa si applichi indistintamente agli uomini e alle donne.

III - Sulla terza questione pregiudiziale

48. Secondo le affermazioni del giudice di rinvio, non contraddette dal governo olandese né dalle convenute nella causa principale, il requisito del reddito cui sono ormai soggette le persone la cui incapacità sia anteriore al 1 gennaio 1979 riguarda principalmente le donne, poiché 5 900 di loro non potrebbero fruire, a partire dal 1 luglio 1991, di una prestazione ai sensi dell' AAW, mentre, nello stesso periodo, ne sarebbero esclusi, per la stessa ragione, 1 800 uomini.

49. Orbene, come risulta dalla giurisprudenza costante della Corte, qualora una situazione sfavorisca un numero più elevato di donne che di uomini - o viceversa -, essa

"(...) deve essere considerata incompatibile con l' obiettivo perseguito dall' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7/CEE, a meno che la differenza di retribuzione tra le due categorie di lavoratori sia giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso (...)" (30),

e inoltre, secondo la citata sentenza Molenbroek,

"(...) ciò si verifica se i mezzi prescelti rispondono ad uno scopo necessario della politica sociale dello Stato membro cui appartiene la normativa di cui trattasi, sono idonei a raggiungere lo scopo da questa perseguito e sono necessari a tal fine (...)" (31).

50. Benché a tutt' oggi non sia mai stato chiesto alla Corte come possa giustificarsi una divergenza di trattamento in base al solo motivo dell' esistenza di vincoli di bilancio, risulta tuttavia dalla giurisprudenza della Corte, ed in particolare dalla sentenza Teuling (32), che essi sono stati presi in considerazione.

51. La signora Teuling-Worms aveva subito, in applicazione delle norme di una nuova legge, una riduzione dell' importo della pensione. Esso veniva calcolato non più in base al salario minimo di legge, bensì alla sua retribuzione precedente. La conseguente diminuzione della prestazione non era compensata da alcuna maggiorazione in quanto, prendendo in considerazione il reddito del coniuge, il reddito della coppia era superiore al minimo dei mezzi di sussistenza.

52. Alla luce dello scopo dei supplementi, la Corte ha contestato la compatibilità del sistema, in quanto

"(...) [la] garanzia, prestata dagli Stati membri ad aventi diritto i quali si troverebbero altrimenti in una situazione di indigenza, fa parte integrante della politica sociale degli Stati membri" (33)

e

"(...) il diritto comunitario non osta a che uno Stato membro, controllando le proprie spese previdenziali, tenga conto delle esigenze degli aventi diritto con un coniuge a carico o con un reddito molto basso, oppure con un figlio a carico, esigenze relativamente maggiori di quelle delle persone sole" (34).

53. Nella sentenza Commissione/Belgio (35) la Corte ha nuovamente fatto riferimento a detto controllo, necessario da parte dello Stato, delle spese previdenziali, dichiarando che

"(...) se, per le esigenze della sua politica sociale, uno Stato membro può escludere dal beneficio di una prestazione i lavoratori senza conviventi, esso può, a maggior ragione, ridurre, in considerazione della mancanza di persone a carico, l' indennità loro versata" (36).

54. Che io sappia, la Corte non ha mai dichiarato che, considerati isolatamente, i vincoli di bilancio siano sufficienti ad invertire la presunzione di incompatibilità. Ritengo comunque che essi possano giustificare, alla luce della natura del sistema instaurato, provvedimenti a prima vista discriminatori.

55. Inoltre, qualora una normativa abbia lo scopo di compensare la perdita di reddito subita da una persona appartenente alla popolazione attiva qualora sopravvenga una sua incapacità, lo Stato membro può, ove le risorse finanziarie destinate al pagamento delle corrispondenti prestazioni siano o rischino di divenire insufficienti, riservarne il beneficio a coloro il cui reddito da lavoro precedente il verificarsi del rischio dimostri che esercitavano un' attività lavorativa significativa.

56. Tuttavia, un requisito di reddito di questo genere non può essere fissato senza tener conto delle caratteristiche del mercato del lavoro e, in particolare, di talune modalità d' impiego della manodopera femminile, quali le attività a tempo parziale.

57. Spetta pertanto al giudice nazionale incaricato di applicare una normativa di questo tipo garantire, alla luce del criterio di proporzionalità, che - stabilendo un determinato importo - il requisito del reddito non finisca con l' operare una discriminazione fondata sul sesso.

58. Occorre pertanto dichiarare che l' art. 4, n. 1, della direttiva dev' essere interpretato nel senso che esso non osta all' applicazione di una normativa nazionale in materia di incapacità lavorativa la quale, senza distinzione di sesso, subordini l' erogazione di una prestazione sociale al requisito di aver percepito un reddito minimo nel corso dell' anno precedente l' insorgere dell' incapacità, anche qualora detta normativa abbia l' effetto di attribuire la prestazione ad un numero più elevato di uomini che di donne, ove essa sia giustificata da vincoli di bilancio e sia conforme alla natura del sistema di cui trattasi.

IV - Sulla quarta questione pregiudiziale

59. L' ultima questione verte sull' ambito d' applicazione ratione personae della direttiva. Essa può essere così riassunta: se l' inapplicabilità del diritto nazionale per incompatibilità con il diritto comunitario possa essere invocata solo dalle persone rientranti nell' ambito della direttiva, ovvero da chiunque, cioè da tutte le persone che rientrino nella sfera di applicazione della legge, pur non facendo parte della "popolazione attiva" ai sensi dell' art. 2 della direttiva stessa.

60. Interrogata in proposito nella causa che ha dato luogo alla sentenza Achterberg-te Riele e a. (37), la Corte ha evidenziato il doppio limite dell' ambito di applicazione della direttiva.

61. La Corte ha infatti dichiarato che

"La sfera d' applicazione ratione personae della direttiva è determinata dall' art. 2, in forza del quale questa si applica alla popolazione attiva, alle persone in cerca di lavoro, nonché ai lavoratori la cui attività è stata interrotta da uno dei rischi annoverati all' art. 3, n. 1, lett. a), (...)" (38),

talché,

"Pur se la direttiva si applica, secondo l' art. 3, n. 1, lett. a), ai regimi legali che assicurano una protezione contro la vecchiaia, (...) dal combinato disposto degli artt. 2 e 3 della direttiva si deduce cionondimeno che essa riguarda unicamente le persone che sono ancora occupate nel momento in cui possono far valere il diritto ad una pensione di vecchiaia o la cui attività era stata previamente interrotta da uno degli altri rischi annoverati all' art. 3, n. 1, lett. a)" (39),

concludendo che

"Da questa disamina risulta che la direttiva non si applica a persone che non sono mai state disponibili sul mercato del lavoro o che hanno cessato di esserlo per ragioni diverse dal verificarsi di uno dei rischi contemplati dalla direttiva" (40).

62. La Corte ha confermato detta interpretazione nella sentenza Verholen e a. (41), in cui ha dichiarato che la direttiva non poteva essere estesa ad una persona esclusa dal suo ambito di applicazione ratione personae, benché essa rientrasse in uno dei regimi legali elencati all' art. 3, n. 1.

63. Occorre dunque risolvere la questione nel senso che soltanto le persone che rientrano, in forza dell' art. 2, nell' ambito di applicazione della direttiva possono avvalersi di un' eventuale incompatibilità di una normativa nazionale con l' art. 4, n. 1, della direttiva stessa.

64. Invito pertanto la Corte a dichiarare che:

"1) L' art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, osta a che una normativa nazionale subordini, per il passato, l' erogazione alle donne coniugate di una prestazione sociale ad un requisito di reddito non imposto agli uomini che si trovino nella stessa situazione, prestazione che prima esse potevano ottenere, a partire dal 23 dicembre 1984, senza che dovesse ricorrere detta condizione, in forza della diretta efficacia della citata disposizione della direttiva.

2) Detta norma non osta alla revoca, per il futuro, di una prestazione sociale che si applichi indistintamente agli uomini e alle donne.

3) Essa dev' essere interpretata nel senso che non osta all' applicazione di una normativa nazionale in materia di incapacità lavorativa che, senza distinzione di sesso, subordini l' erogazione di una prestazione sociale alla condizione di aver percepito un reddito minimo nel corso dell' anno precedente l' insorgere dell' incapacità, anche qualora detta normativa abbia l' effetto di attribuire la prestazione ad un numero più elevato di uomini che di donne, ove essa sia giustificata da vincoli di bilancio e sia conforme alla natura del sistema di cui trattasi.

4) L' art. 2 della citata direttiva dev' essere interpretato nel senso che soltanto le persone ivi elencate possono avvalersi di un' eventuale incompatibilità di una normativa nazionale con il citato art. 4, n. 1".

(*) Lingua originale: il francese.

(1) - V. sentenze 27 ottobre 1993, causa C-337/91, Van Gemert-Derks, e causa C-338/91, Steenhorst-Neerings (Racc. pag. I-0000).

(2) - GU 1979, L 6, pag. 24.

(3) - Il loro testo compare nella relazione d' udienza: I - Antefatti e procedimento, punto 4.

(4) - I - Antefatti e procedimento, punto 2.

(5) - Raccolta dei trattati, vol. 999, pag. 171.

(6) - AAW 1991/463, Administratiefrechtelijke Beslissingen 1992, pag. 480.

(7) - Ad un' altra ricorrente è stata invece concessa, per errore, una prestazione ai sensi dell' AAW, nonostante che essa non soddisfacesse il requisito del reddito e che la sua domanda fosse stata presentata il 20 febbraio 1990.

(8) - Sentenza 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia (Racc. pag. 3045).

(9) - Sentenza 27 ottobre 1993, causa C-127/92 (Racc. pag. I-0000).

(10) - Punto 10.

(11) - Punto 12.

(12) - Sentenza 25 luglio 1991, causa C-208/90 (Racc. pag. I-4269).

(13) - Causa C-338/91, citata alla nota 1.

(14) - Sentenza 11 luglio 1991, causa C-31/90 (Racc. pag. I-3723). V. anche sentenza 24 giugno 1987, causa 384/85, Borrie Clarke (Racc. pag. 2865).

(15) - Punto 33.

(16) - Punto 31, il corsivo è mio.

(17) - Sentenza 8 marzo 1988, causa 80/87 (Racc. pag. 1601).

(18) - Punto 13.

(19) - Punto 14.

(20) - Causa 384/85, citata alla nota 14.

(21) - Punto 10.

(22) - Causa C-338/91, citata alla nota 1.

(23) - Punto 24 e dispositivo.

(24) - Sentenza 4 dicembre 1986, causa 71/85 (Racc. pag. 3855).

(25) - Punto 17.

(26) - Sentenza 11 giugno 1987, causa 30/85 (Racc. pag. 2497).

(27) - Paragrafo 6, seconda parte.

(28) - Sentenza 19 novembre 1992, causa C-226/91 (Racc. pag. I-5943).

(29) - Punto 20 e dispositivo.

(30) - Sentenza 13 dicembre 1989, causa C-102/88, Ruzius-Wilbrink (Racc. pag. 4311, punto 15). V. anche sentenze 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka (Racc. pag. 1607); 13 luglio 1989, causa 171/88, Rinner-Kuehn (Racc. pag. 2743), e 7 febbraio 1991, causa C-184/89, Nimz (Racc. pag. I-297).

(31) - Punto 13.

(32) - Causa 30/85, citata alla nota 26.

(33) - Punto 16.

(34) - Punto 22.

(35) - Sentenza 7 maggio 1991, causa C-229/89 (Racc. pag. I-2205).

(36) - Punto 25.

(37) - Sentenza 27 giugno 1989, cause riunite 48/88, 106/88 e 107/88 (Racc. pag. 1963).

(38) - Punto 9.

(39) - Punto 10.

(40) - Punto 11.

(41) - Sentenza 11 luglio 1991, cause riunite C-87/90, C-88/90 e C-89/90 (Racc. pag. I-3757, punto 20).