61991J0306

SENTENZA DELLA CORTE DEL 28 APRILE 1993. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ITALIANA. - DIRETTIVA 19 DICEMBRE 1972, 72/464/CEE - FISSAZIONE DEL PREZZO DEI TABACCHI LAVORATI. - CAUSA C-306/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-02133


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Disposizioni fiscali ° Armonizzazione delle legislazioni ° Imposte diverse dalle imposte sulla cifra d' affari gravanti sul consumo dei tabacchi lavorati ° Art. 5 della direttiva 72/464/CEE ° Portata ° Fissazione da parte dell' autorità pubblica del prezzo di vendita in violazione del principio della libera determinazione da parte dei fabbricanti e degli importatori ° Inammissibilità ° Legislazione nazionale ambigua alla luce di tale principio ° Incompatibilità con l' art. 5 della direttiva

(Direttiva del Consiglio 72/464/CEE, art. 5)

2. Ricorso per inadempimento ° Oggetto della controversia ° Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso ° Ampliamento successivo ° Inammissibilità

(Trattato CEE, art. 169)

Massima


1. L' art. 5, n. 1, della direttiva 72/464/CEE sancisce il principio della libera determinazione dei prezzi massimi di vendita al minuto dei tabacchi lavorati dai fabbricanti e dagli importatori. Fatta salva l' applicazione delle disposizioni nazionali relative al controllo del livello dei prezzi o al rispetto dei prezzi imposti, esso non autorizza gli Stati membri a fissare i prezzi di cui trattasi in violazione di tale principio generale.

Viene pertanto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della citata disposizione uno Stato membro che mantiene in vigore una normativa che non prevede espressamente e che non implica chiaramente l' obbligo dell' autorità amministrativa competente di rispettare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla direttiva, il principio della libera determinazione, da parte dei fabbricanti e degli importatori, dei prezzi massimi dei tabacchi importati in tale Stato.

2. Nell' ambito di un procedimento per inadempimento, la fase precontenziosa circoscrive la materia del contendere che, in seguito, non può più essere ampliata. Infatti, la facoltà dello Stato interessato di presentare le sue osservazioni costituisce una garanzia fondamentale voluta dal Trattato ed un presupposto sostanziale della ritualità del procedimento diretto all' accertamento di un inadempimento di uno Stato membro.

Parti


Nella causa C-306/91,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Enrico Traversa, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall' avv. Alberto Dal Ferro, del foro di Vicenza, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Nicola Annecchino, rappresentante del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal prof. Luigi Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Oscar Fiumara, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata d' Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, fissando, con decreti del ministro delle Finanze, i prezzi di vendita al minuto dei tabacchi manifatturati ad un livello che, anche a causa dei gravi ritardi nell' emanazione dei suddetti decreti, non coincide con quello richiesto dagli importatori o dai fabbricanti, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell' art. 30 del Trattato CEE e dell' art. 5 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall' imposta sulla cifra d' affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati (GU L 303, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente di sezione, facente funzione di presidente, M. Zuleeg e J.L. Murray, presidenti di sezione, G.F. Mancini, R. Joliet, F.A. Schockweiler, J.C. Moitinho de Almeida, F. Grévisse e D.A.O. Edward, giudici,

avvocato generale: C. Gulmann

cancelliere: H.A. Ruehl, amministratore principale

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali delle parti all' udienza del 20 gennaio 1993,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 10 marzo 1993,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 27 novembre 1991, la Commissione ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, fissando, con decreti del ministro delle Finanze, i prezzi di vendita al minuto dei tabacchi manifatturati ad un livello che, anche a causa dei gravi ritardi nell' emanazione dei suddetti decreti, non coincide con quello richiesto dagli importatori o dai fabbricanti, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell' art. 30 del Trattato CEE e dell' art. 5 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall' imposta sulla cifra d' affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati (GU L 303, pag. 1, in prosieguo: la "direttiva").

2 La vendita dei tabacchi lavorati nel territorio italiano è soggetta a monopolio fiscale. I prezzi di vendita al minuto dei tabacchi lavorati sono inseriti in una tariffa. L' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825 (GURI n. 182 del 22 luglio 1965), modificata dalla legge 7 marzo 1985, n. 76 (GURI n. 65 del 16 marzo 1985), dispone quanto segue:

"L' inserimento di ciascun prodotto soggetto a monopolio fiscale nelle tariffe (...) e le sue variazioni sono effettuati con decreto del ministro delle Finanze, in relazione ai prezzi richiesti dai fornitori per i generi importati, sentito in proposito il consiglio d' amministrazione dei monopoli di Stato, ed ai prezzi proposti dallo stesso consiglio d' amministrazione per i rimanenti".

3 La Commissione, ritenendo che sia il testo della norma succitata sia il modo in cui le autorità italiane applicavano la stessa fossero in contrasto con quanto prescritto dal diritto comunitario, in specie dall' art. 30 del Trattato e dalla direttiva, ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato, il ricorso in oggetto.

4 Dalle memorie della Commissione risulta che il ricorso riguarda solo le modalità della fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati importati in Italia e non concerne il sistema della fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati nazionali.

5 Per una più ampia illustrazione delle norme nazionali di cui trattasi, dello svolgimento del procedimento e dei mezzi ed argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

Sulla violazione della direttiva

6 Le censure della Commissione riguardano in primo luogo l' incompatibilità dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, con l' art. 5 della direttiva, relativo alla fissazione dei prezzi di vendita al minuto dei tabacchi lavorati, in secondo luogo la violazione del detto art. 5 risultante dalla prassi seguita dalle autorità italiane nell' applicazione della norma nazionale sopracitata e, infine, la violazione dell' art. 12, n. 2, della direttiva consistente nel fatto che le autorità italiane non avrebbero comunicato alla Commissione le disposizioni nazionali essenziali dirette a dare attuazione alla direttiva.

7 Queste tre censure saranno esaminate una dopo l' altra. Occorre però ricordare, in via preliminare, l' oggetto della direttiva e determinare gli obblighi che incombono agli Stati membri in materia di prezzi di vendita al minuto dei tabacchi lavorati.

8 La direttiva, emanata in base all' art. 99 del Trattato, fissa i principi generali dell' armonizzazione del regime fiscale dei tabacchi il quale, a causa delle sue caratteristiche, ha l' effetto di ostacolare la libera circolazione dei tabacchi e l' instaurazione di normali condizioni di concorrenza su tale mercato specifico.

9 L' art. 5 della direttiva così dispone nel n. 1: "I fabbricanti e gli importatori determinano liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti. Tale disposizione non può peraltro pregiudicare l' applicazione delle disposizioni nazionali relative al controllo del livello dei prezzi o al rispetto dei prezzi imposti".

10 Come risulta dalla sentenza della Corte 21 giugno 1983, causa 90/82, Commissione/Francia (Racc. pag. 2011, punti 22 e 23 della motivazione), l' espressione "controllo del livello dei prezzi" non può riguardare altro che le normative nazionali di carattere generale, destinate a frenare l' aumento dei prezzi. Quanto all' espressione "rispetto dei prezzi imposti", essa va intesa come riferentesi ad un prezzo che, una volta determinato dal fabbricante o dall' importatore e approvato dalle pubbliche autorità, si impone in quanto prezzo massimo e dev' essere rispettato come tale in tutte le fasi del circuito di distribuzione, fino alla vendita al consumatore (sentenza 16 novembre 1977, causa 13/77, Inno/ATAB, Racc. pag. 2115, punto 64 della motivazione). Con questa duplice riserva, la citata norma della direttiva non consente agli Stati membri di fissare i prezzi dei tabacchi lavorati in violazione del principio della libera determinazione dei prezzi da parte del fabbricante o dell' importatore (sentenza 7 maggio 1991, causa C-287/89, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-2233, punto 13 della motivazione).

11 Anche se l' art. 5, n. 2, della direttiva autorizza gli Stati membri a fissare un listino dei prezzi di vendita al minuto per gruppo di tabacchi lavorati, la sua portata è limitata. Esso ha il solo scopo di agevolare la riscossione dell' imposta di consumo e prescrive che ciascun listino sia sufficientemente ampio e diversificato per corrispondere effettivamente alla varietà dei prodotti comunitari. Salvi i leggeri adeguamenti resi necessari dal listino, la detta norma non deroga al principio generale, sopra ricordato, secondo cui il livello dei prezzi dei prodotti è fissato dai fabbricanti o dagli importatori.

Sull' incompatibilità dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, con l' art. 5 della direttiva

12 La Commissione sostiene che le citate disposizioni dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e, in particolare, i termini "in relazione ai" sono equivoci e lasciano intendere che il ministro delle Finanze goda di un potere discrezionale nel decidere sulle domande di inserimento o di modifica di prezzi nella tariffa presentate da fabbricanti o da importatori. L' esistenza di tale potere sarebbe contraria al principio stabilito dall' art. 5 della direttiva, secondo cui i prezzi sono fissati liberamente dai fabbricanti e dagli importatori. L' incompatibilità della citata norma nazionale con il diritto comunitario risulterebbe anche dall' intervento del consiglio d' amministrazione dei monopoli di Stato nell' ambito di una procedura consultiva che precede la decisione del ministro delle Finanze. Tale intervento non potrebbe essere giustificato né dalle esigenze del controllo generale dei prezzi, giacché il detto consiglio non ha alcuna competenza in materia, né dalla necessità di fornire un' assistenza tecnica al ministro ai fini dell' inserimento dei prodotti nella tariffa, giacché il parere dell' organo suddetto sarebbe prescritto anche per le semplici domande di aumento dei prezzi.

13 Il governo italiano ribatte che il testo dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, non è ambiguo e si limita ad esprimere, nel variegato e ricco lessico della lingua italiana, il necessario collegamento esistente fra il prezzo richiesto dal fabbricante o dall' importatore e l' inserimento dello stesso nella tariffa. Peraltro, la compatibilità della normativa italiana su questo punto col diritto comunitario sarebbe già stata accertata dalla Corte nella sentenza 7 giugno 1983, causa 78/82, Commissione/Italia (Racc. pag. 1955). Quanto all' intervento del consiglio d' amministrazione dei monopoli di Stato, esso riguarderebbe non i prezzi, ma i prodotti da inserire, in base alle loro caratteristiche, nella tariffa. La funzione esercitata dal detto consiglio sarebbe quindi puramente tecnica.

14 Secondo la costante giurisprudenza della Corte, i principi della certezza del diritto e della tutela dei privati esigono che, nelle materie disciplinate dal diritto comunitario, la normativa degli Stati membri abbia una formulazione non equivoca, sì da consentire agli interessati di conoscere i propri diritti e obblighi in modo chiaro e preciso ed ai giudici nazionali di garantirne l' osservanza (v., in tal senso, sentenza 21 giugno 1988, causa 257/86, Commissione/Italia, Racc. pag. 3249, punto 12 della motivazione).

15 Il citato art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, modificata, non risponde a tale requisito. Limitandosi a disporre che il ministro delle Finanze deve inserire i prodotti importati nella tariffa "in relazione ai" prezzi richiesti dai fornitori, la legge italiana non indica chiaramente la natura dei poteri del ministro in materia di fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati importati. Essa non precisa il potere discrezionale di cui dispone il ministro o la mancanza di tale potere, né l' ampiezza degli obblighi a lui incombenti. In particolare, essa non prevede l' obbligo del ministro di consentire ai fabbricanti o agli importatori di determinare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall' art. 5 della direttiva, i prezzi dei prodotti importati di cui essi chiedono l' inserimento nella tariffa.

16 Per sottolineare l' ambiguità inerente all' uso dei termini "in relazione ai", va rilevato che tali termini sono usati nell' art. 2 della detta legge italiana in relazione a due situazioni distinte. La prima è quella in cui il ministro si pronuncia sulla domanda riguardante prodotti importati i cui prezzi sono stati previamente determinati dal fabbricante o dall' importatore. La seconda, invece, è quella in cui il ministro fissa i prezzi dei prodotti nazionali che gli vengono semplicemente proposti dal consiglio d' amministrazione dei monopoli di Stato. In queste due situazioni i poteri del ministro sono diversi e l' esatto significato dei termini "in relazione ai" è tanto più difficile da definire in quanto, se l' interpretazione che il governo italiano dà dei poteri del ministro sui prezzi delle merci importate fosse accolta, le stesse parole avrebbero nella stessa frase due significati diversi.

17 L' imprecisione della normativa italiana è confermata dal fatto che nessuna disposizione della legge nazionale consente di determinare l' oggetto e gli scopi della consultazione ° che precede la decisione del ministro in merito ad una domanda riguardante prodotti importati ° del consiglio d' amministrazione dei monopoli di Stato, il quale è competente anche a proporre i prezzi dei prodotti nazionali. L' interpretazione del governo italiano, secondo cui i pareri emessi dal detto consiglio non vertono sui prezzi ed hanno natura squisitamente tecnica poiché riguardano solo l' inserimento dei prodotti nella tariffa in base alle loro caratteristiche, non trova alcun fondamento nella normativa vigente.

18 Infine, contrariamente a quanto sostiene il governo italiano, la Corte, nella menzionata sentenza 7 giugno 1983, Commissione/Italia, non ha accertato la conformità al diritto comunitario dell' intera normativa italiana relativa al modo di fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati. In quella sede la Corte si è limitata a rilevare che la fissazione, da parte della normativa italiana, di margini commerciali uniformi per la vendita al minuto dei tabacchi lavorati era conforme al diritto comunitario. La questione della compatibilità dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, modificata, con l' art. 5 della direttiva non è stata trattata nella detta sentenza. Quest' ultima, quindi, non può essere utilmente invocata dal convenuto a sostegno della sua argomentazione diretta al rigetto della censura.

19 Si deve pertanto dichiarare che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell' art. 5 della direttiva mantenendo in vigore una normativa che non prevede espressamente e che non implica chiaramente l' obbligo dell' autorità amministrativa competente di rispettare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla direttiva, il principio della libera determinazione, da parte dei fabbricanti e degli importatori, dei prezzi massimi dei tabacchi lavorati importati in Italia.

Sulle modalità dell' applicazione, da parte delle autorità italiane, dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825, e sulla loro compatibilità con l' art. 5 della direttiva

20 La Commissione, basandosi sulle denunce presentatele da talune associazioni di fabbricanti di tabacchi lavorati di altri Stati membri, fa carico alle autorità italiane di aver negato o di aver accordato con ritardo aumenti di prezzo richiesti da fabbricanti o importatori e di aver impiegato tempi lunghissimi per l' istruzione di talune domande di inserimento nella tariffa di prezzi di nuovi prodotti.

21 Il governo italiano eccepisce l' irricevibilità di tale censura deducendo che essa non è stata formulata con precisione nella fase precontenziosa.

22 Occorre ricordare la giurisprudenza della Corte (v. sentenza 28 marzo 1985, causa 274/83, Commissione/Italia, Racc. pag. 1077), secondo la quale, nell' ambito di un procedimento per inadempimento, la fase precontenziosa circoscrive la materia del contendere che, in seguito, non può più essere ampliata. Infatti, la facoltà dello Stato interessato di presentare le sue osservazioni costituisce una garanzia fondamentale voluta dal Trattato ed un presupposto sostanziale della ritualità del procedimento diretto all' accertamento di un inadempimento di uno Stato membro.

23 Nel caso di specie la Commissione si è limitata, nella fase precontenziosa, a censurare il contenuto dell' art. 2 della legge 13 luglio 1965, n. 825. L' esistenza di denunce è stata semplicemente richiamata a sostegno di tale censura ed i fatti che avevano dato origine alle denunce non risultavano costituire un addebito distinto, relativamente al quale il governo italiano fosse invitato a presentare specifiche osservazioni a sua difesa.

24 Alla luce di quanto sopra, la Commissione non può, senza ledere i diritti della difesa del governo italiano, ampliare il ricorso ricomprendendovi il modo in cui le autorità italiane hanno applicato l' art. 2 della legge italiana di cui trattasi nei confronti di taluni fabbricanti o importatori. Pertanto, la censura in esame è irricevibile.

Sulla violazione dell' art. 12, n. 2, della direttiva

25 La Commissione, nell' argomentazione a sostegno del ricorso, deduce che il governo italiano non le ha comunicato, contrariamente a quanto prescritto dall' art. 12, n. 2, della direttiva, le disposizioni nazionali essenziali dirette a dare attuazione alla direttiva.

26 Si deve rilevare d' ufficio l' irricevibilità di tale censura, che non è formulata nella lettera di diffida e che non è, peraltro, espressamente riprodotta nelle conclusioni del ricorso.

Sulla violazione dell' art. 30 del Trattato

27 La Commissione deduce infine la violazione dell' art. 30 del Trattato. A suo avviso, il fatto che le domande relative al prezzo dei tabacchi lavorati presentate dai fabbricanti o dai produttori siano state talvolta respinte o istruite con ritardo costituisce una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative all' importazione.

28 Anche quest' ultima censura dev' essere dichiarata irricevibile, non essendo stata formulata specificamente nel corso della fase precontenziosa.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

29 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La Repubblica italiana, essendo rimasta essenzialmente soccombente, dev' essere condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell' art. 5 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall' imposta sulla cifra d' affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati, mantenendo in vigore una normativa che non prevede espressamente e che non implica chiaramente l' obbligo dell' autorità amministrativa competente di rispettare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla direttiva, il principio della libera determinazione, da parte dei fabbricanti e degli importatori, dei prezzi massimi dei tabacchi lavorati importati in Italia.

2) Le altre conclusioni del ricorso sono respinte.

3) La Repubblica italiana è condannata alle spese.