61991J0070

SENTENZA DELLA CORTE DEL 7 MAGGIO 1992. - CONSIGLIO DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO ANITA BREMS. - DIPENDENTE - NOZIONE DI FIGLIO A CARICO - PERSONE EQUIPARABILI - FIGLIO DEL DIPENDENTE - ILLEGITTIMITA DELLE DISPOSIZIONI GENERALI DI ESECUZIONE. - CAUSA C-70/91 P.

raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-02973


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


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1. Dipendenti - Retribuzione - Assegni familiari - Assegno per figlio a carico - Equiparazione di una persona ad un figlio a carico - Art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto - Sfera d' applicazione

(Statuto del personale, art. 67; allegato VII, art. 2)

2. Dipendenti - Statuto - Disposizioni generali di esecuzione - Disposizioni di attuazione dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto - Illegittimità

(Statuto del personale, artt. 67 e 110; allegato VII, art. 2, n. 4)

Massima


1. Legittimamente il Tribunale ha ritenuto che l' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto - che consente all' autorità che ha il potere di nomina, in casi eccezionali, di equiparare ad un figlio a carico qualsiasi altra persona nei cui confronti il dipendente sia tenuto per legge a prestare gli alimenti ed il cui mantenimento gli imponga oneri gravosi - deve essere interpretato nel senso che non può essere escluso dalla sfera d' applicazione di tale disposizione, unicamente sulla base del suo status di figlio legittimo, naturale o adottivo del dipendente o del coniuge, il figlio che non risponda ai requisiti per la concessione dell' assegno per figlio a carico, indicati ai nn. 3 e 5 dell' articolo medesimo.

2. Gli artt. 3 e 7 della decisione del Consiglio che adotta disposizioni generali di esecuzione dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto, nella parte in cui fissano limiti di età minima e massima per la possibilità di equiparazione di una persona ad un figlio a carico, restringono la sfera d' applicazione della detta disposizione e privano l' autorità che ha il potere di nomina della possibilità di far uso del proprio potere discrezionale nei singoli casi concreti. Gli articoli medesimi si pongono in contrasto con le finalità della menzionata disposizione statutaria che consiste nel far fronte, in termini generali, alle situazioni in cui il dipendente non possa invocare il beneficio di cui ai nn. 3 e 5 dell' art. 2 dell' allegato VII, qualora debba assumere l' effettivo mantenimento di una persona che gli imponga oneri analoghi.

Di conseguenza il Tribunale ha correttamente dichiarato l' illegittimità degli artt. 3 e 7 della decisione del Consiglio.

Parti


Nel procedimento C-70/91 P,

Consiglio delle Comunità europee, rappresentato dai signori Arthur Alan Dashwood e Jorge Monteiro, rispettivamente direttore presso il servizio giuridico del Consiglio e membro del servizio medesimo, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Xavier Herlin, direttore aggiunto presso la Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

ricorrente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all' annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Terza Sezione) il 14 dicembre 1990 nella causa T-75/89, Brems contro Consiglio,

procedimento in cui l' altra parte è:

Anita Brems, dipendente del Consiglio delle Comunità europee, residente a Relegem (Belgio), rappresentata dell' avvocato Jean-Noël Louis, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la Fiduciaire Myson SARL, 1, rue Glesener, che chiede il rigetto totale del ricorso,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dai signori F.A. Schockweiler, presidente di sezione, G.F. Mancini, C.N. Kakouris, M. Díez de Velasco e J.L. Murray, giudici,

avvocato generale: M. Darmon

cancelliere: J.A. Pompe, cancelliere aggiunto

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 10 gennaio 1992,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 19 febbraio 1992,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 14 febbraio 1991, il Consiglio, ai sensi dell' art. 49 dello Statuto CEE e delle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, ha proposto ricorso avverso la sentenza 14 dicembre 1990, causa T-75/89, Brems/Consiglio (Racc. pag. II-899), con cui il Tribunale di primo grado ha accolto il ricorso proposto dalla signora Brems diretto all' annullamento della decisione dell' APN 29 novembre 1988 con la quale era stata rifiutata l' equiparazione del figlio ad un figlio a carico.

2 A sostegno del ricorso il Consiglio deduce i tre seguenti mezzi:

a) Con il primo mezzo, relativo all' erronea interpretazione da parte del Tribunale dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo "Statuto"), il Consiglio contesta al Tribunale di aver svolto il proprio ragionamento sulla base di un' interpretazione letterale della locuzione "qualsiasi altra persona", interpretazione che non tiene conto dell' economia generale e della ratio del detto art. 2 né del carattere eccezionale dell' equiparazione prevista al n. 4 della disposizione medesima. Al riguardo il Consiglio ritiene in particolare che, ove il legislatore comunitario avesse inteso prevedere una quarta ipotesi di concessione dell' assegno per figlio a carico, alle condizioni di cui all' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto, ciò sarebbe stato oggetto di espressa disposizione.

b) Con il secondo mezzo, basato sull' erronea applicazione del principio di non discriminazione, il Consiglio sostiene che non sussiste violazione del principio medesimo, atteso che le categorie di soggetti cui è stato riconosciuto lo status di persona equiparata ad un figlio a carico, ai sensi dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto per effetto di pronuncia della Corte o della decisione del Consiglio 15 marzo 1976 che adotta disposizioni generali di esecuzione dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto (in prosieguo: le "disposizioni generali di esecuzione"), risponderebbero agli stessi limiti di età fissati per i figli a carico dall' art. 2, n. 3.

c) Con il terzo mezzo, basato sull' erronea valutazione da parte del Tribunale delle disposizioni generali di esecuzione, il Consiglio asserisce che la sentenza del Tribunale ignora il fatto che lo scopo dell' imposizione di limiti di età massima e minima fissati dalle disposizioni generali di esecuzione non sarebbe solo quello di precisare il termine "qualsiasi altra persona", bensì anche di evidenziare il carattere eccezionale dell' equiparazione. Il limite stabilito scaturisce dalla valutazione compiuta dall' APN del Consiglio in ordine a quello che potrebbe essere considerato un caso eccezionale.

3 Per una più ampia illustrazione dei mezzi e degli argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione del giudice relatore. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

I - In ordine al primo mezzo

4 Si deve rilevare in proposito che dal sistema dell' art. 2 dell' allegato VII dello Statuto emerge che tale disposizione prevede due categorie di fattispecie in cui un dipendente può godere dell' assegno per figli a carico.

5 Infatti, i nn. 3 e 5 dell' art. 2 riguardano le ipotesi in cui il figlio del dipendente fa necessariamente sorgere il diritto all' assegno per figlio a carico, atteso che tali disposizioni si fondano sulla presunzione che il figlio ivi considerato, per la sua sola condizione di minore, di studente, di persona malata o inferma, sia effettivamente a carico del dipendente.

6 Il n. 4 dell' art. 2 prevede, invece, che qualsiasi altra persona nei cui confronti il dipendente sia tenuto per legge a prestare alimenti e il cui mantenimento imponga oneri gravosi possa essere equiparata eccezionalmente al figlio a carico con decisione speciale e motivata dell' APN, adottata in base a documenti probatori. Pertanto, la detta disposizione, da un lato, esige che il dipendente di cui trattasi provi la sussistenza dei due requisiti previsti dalla disposizione medesima e, dall' altro, lascia all' APN un certo margine di valutazione delle circostanze dedotte, nei singoli casi specifici, a sostegno della domanda di equiparazione.

7 Così, i nn. 3 e 5 dell' art. 2 non riguardano unicamente i casi in cui il dipendente può godere dell' assegno per figlio a carico. Il n. 4 dell' art. 2 mira, infatti, a garantire che una persona possa essere equiparata ad un figlio a carico in altre ipotesi in cui il dipendente debba far fronte al mantenimento effettivo della persona medesima che non sia né figlio minore, né figlio maggiorenne che riceva formazione scolastica o professionale, né figlio malato o infermo, ma che imponga al dipendente gli stessi oneri di mantenimento.

8 Conseguentemente, il n. 4 dell' art. 2 non può essere interpretato nel senso che sarebbero escluse dal beneficio dell' equiparazione le persone a carico del dipendente che si trovino in situazioni diverse da quelle previste ai nn. 3 e 5 della disposizione medesima.

9 Peraltro, l' assegno de quo, al pari dell' abbattimento fiscale per figlio a carico, risponde ad una finalità di ordine sociale (v. sentenza della Corte 27 novembre 1980, cause riunite 81/79, 82/79 e 146/79, Sorasio-Allo/Commissione, Racc. pag. 3557), giustificata in considerazione delle spese derivanti da esigenze attuali e certe, connesse con l' esistenza del figlio e del suo effettivo mantenimento.

10 Conseguentemente, il carattere eccezionale dell' equiparazione ad un figlio a carico costituisce il criterio che consente di accertare se, nel singolo caso specifico, i motivi di ordine sociale che sono alla base dell' equiparazione prevista all' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto giustifichino la concessione dell' assegno di cui trattasi. Tale carattere eccezionale non implica, invece, che il figlio del dipendente o del coniuge sia necessariamente escluso dalla sfera di applicazione del detto art. 2, n. 4.

11 Il Tribunale ha pertanto correttamente ritenuto, ai punti 24 e 25 della sentenza impugnata, che, atteso che la funzione dell' art. 2, n. 4, di cui si discute "è quella di permettere all' APN, in situazioni eccezionali, di prestare assistenza ai dipendenti che, per legge, devono accollarsi ingenti oneri finanziari", la "diversità di indole tra le competenze dell' APN contemplate, da un lato, ai nn. 3 e 5 dell' art. 2 dell' allegato e, dall' altro, al n. 4 dello stesso articolo, nonché la genericità dei termini usati in quest' ultima disposizione (...) consentono di ritenere che il legislatore comunitario non ha inteso escludere dalla sfera di applicazione dell' art. 2, n. 4, a motivo della sua sola qualifica di 'figlio legittimo, naturale o adottivo del funzionario o del suo coniuge' , ai sensi dell' art. 2, n. 2, il figlio che non possiede i requisiti per la concessione dell' assegno per figlio a carico fissati dai nn. 3 e 5".

12 Dalle considerazioni che precedono emerge che il primo mezzo non è fondato.

II - In ordine al secondo e terzo mezzo

13 Si deve anzitutto rilevare che, con il secondo e il terzo mezzo, il Consiglio fa sostanzialmente valere che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato le disposizioni generali di esecuzione e che, in particolare, avrebbe erroneamente affermato l' illegittimità degli artt. 3 e 7 delle disposizioni medesime nella parte in cui impongono limiti di età massima e minima per le persone equiparabili ad un figlio a carico.

14 Ciò premesso, i due mezzi vanno esaminati unitamente.

15 Al fine di poter valutare la fondatezza dei due detti mezzi, si deve rilevare che l' imposizione, negli artt. 3 e 7 delle disposizioni generali di esecuzione, di limiti di età massima e minima per persone equiparabili ad un figlio a carico determinano l' effetto di escludere dalla sfera di applicazione dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto tutte le persone comprese nei limiti di età fissati dalle dette disposizioni, anche laddove si tratti di una persona nei confronti della quale il dipendente abbia obblighi alimentari imposti per legge e il cui mantenimento imponga oneri gravosi ai sensi del n. 4 dell' articolo medesimo.

16 In tal modo, l' effetto degli artt. 3 e 7 delle disposizioni generali di esecuzione è non solo quello di restringere la sfera di applicazione di una disposizione dello Statuto, bensì anche quello di privare l' APN della possibilità di far uso del proprio potere discrezionale in ogni singolo caso concreto, conformemente a quanto previsto dalla disposizione stessa.

17 Inoltre, i detti articoli delle disposizioni generali di esecuzione si pongono in contrasto con le finalità dell' art. 2, n. 4, dell' allegato VII dello Statuto, che consiste nel far fronte, in termini generali, alle situazioni in cui il dipendente non possa invocare il beneficio di cui ai nn. 3 e 5 dell' articolo medesimo, quando gravi su di lui il mantenimento effettivo di una persona che gli impone oneri analoghi.

18 Dalle considerazioni che precedono emerge che la declaratoria di illegittimità degli artt. 3 e 7 delle disposizioni generali di esecuzione di cui all' impugnata sentenza del Tribunale non è in contrasto con il diritto comunitario.

19 Il secondo e il terzo mezzo sono, quindi, parimenti infondati.

20 In considerazione dell' infondatezza di tutti i mezzi dedotti dal Consiglio, il ricorso dev' essere interamente respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

21 A norma dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. Il Consiglio è rimasto soccombente e va quindi condannato alle spese del presente grado di giudizio.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) Il ricorrente è condannato alle spese.