61991C0314

Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 13 gennaio 1993. - BEATE WEBER CONTRO PARLAMENTO EUROPEO. - DEPUTATO DEL PARLAMENTO EUROPEO - INDENNITA TRANSITORIA - CESSAZIONE DEL MANDATO IN CORSO DI LEGISLATURA. - CAUSA C-314/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-01093


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. La presente causa, che oppone la signora Beate Weber al Parlamento europeo, riguarda la regolamentazione relativa all' indennità transitoria di fine mandato per i deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la "regolamentazione") (1). La signora Beate Weber è stata deputata presso il Parlamento europeo dal 1979, ed è stata rieletta per l' ultima volta nel 1989. A partire dal 14 dicembre 1990 ha lasciato il Parlamento per divenire "Oberbuergermeister" (primo sindaco) della città di Heidelberg. Il Parlamento le ha negato un' indennità transitoria in base alla suddetta regolamentazione. La signora Beate Weber chiede oggi alla Corte l' annullamento di questa decisione di diniego e la condanna del Parlamento al pagamento dell' indennità (2) nonché alle spese.

Per una completa esposizione dei fatti e dell' ambito normativo della lite, rinvio alla relazione d' udienza.

La questione della ricevibilità

2. Prima di esaminare il merito della causa, esaminerò la questione della ricevibilità del ricorso. Il Parlamento fa valere che il ricorso è irricevibile in quanto l' atto impugnato riguarda l' organizzazione interna dei lavori parlamentari e non produce effetti giuridici nei confronti di terzi. A questo proposito, il Parlamento fa riferimento alla sentenza Les Verts/Parlamento (3), la quale ammetterebbe soltanto i ricorsi proposti contro atti del Parlamento destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, coi quali, secondo il Parlamento, s' intendono unicamente persone estranee all' istituzione. Poiché la decisione controversa riguarda il rapporto giuridico intercorrente fra il Parlamento e i suoi membri, il ricorso proposto dalla signora Beate Weber dinanzi alla Corte sarebbe irricevibile. Non penso di aderire a questa tesi.

3. La predetta sentenza Les Verts/Parlamento parte dall' idea e dal principio di base secondo cui "la Comunità economica europea è una comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla Carta costituzionale di base costituita dal Trattato" (4). Il Trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di procedimenti inteso ad affidare alla Corte di giustizia il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni (5). Ciò significa che un ricorso dinanzi alla Corte è consentito contro tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni che producono effetti giuridici (6).

4. Nelle ordinanze Gruppo delle destre europee/Parlamento e Blot e Front national/Parlamento la Corte ha affermato che gli atti che riguardano soltanto l' organizzazione interna dei lavori del Parlamento non potevano costituire oggetto di un ricorso per annullamento (7). Si tratta nella specie di atti che non producono effetti giuridici, oppure non hanno effetti giuridici che all' interno del Parlamento per quanto attiene ai suoi lavori. Quest' ultima situazione costituisce quindi un' eccezione al principio secondo cui un ricorso dinanzi alla Corte è consentito contro tutti gli atti delle istituzioni comunitarie che producono effetti giuridici. Tale eccezione si collega alla competenza in materia di organizzazione interna riconosciuta al Parlamento europeo dagli artt. 25, primo comma, del Trattato CECA, 142, primo comma, del Trattato CEE e 112, primo comma, del Trattato Euratom. Si tratta tuttavia di un' eccezione molto limitata. Per essere escluso dal controllo di legittimità della Corte un atto del Parlamento deve soddisfare tre condizioni cumulative: dev' essere stato adottato nell' ambito dell' organizzazione interna dei lavori del Parlamento, non deve produrre effetti giuridici che all' interno del Parlamento per quanto concerne i suoi lavori e dev' essere soggetto a procedimenti di verifica stabiliti dal suo regolamento (8).

5. Esaminiamo ora in concreto il ricorso della signora Beate Weber: è evidente che la regolamentazione esaminata e la decisione controversa del Parlamento producono effetti giuridici, in particolare nei confronti della signora Beate Weber (9). Inoltre, la decisione non riguarda l' organizzazione interna dei lavori del Parlamento. Una regolamentazione finanziaria a favore dei deputati che lasciano la loro funzione non ha infatti un nesso diretto con l' organizzazione del Parlamento o con i suoi lavori. Concludo pertanto a favore della ricevibilità del ricorso.

6. Per essere esauriente, aggiungerò che per risolvere la questione della ricevibilità non ho utilizzato il criterio relativo ai "terzi". Secondo il Parlamento, la sentenza Les Verts/Parlamento consente soltanto i ricorsi proposti contro gli atti del Parlamento destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi, coi quali s' intendono unicamente persone estranee all' istituzione. Non penso che questa sentenza possa essere interpretata in questo senso. Detta sentenza è basata sul principio secondo cui è consentito un ricorso diretto contro tutti gli atti che producono effetti giuridici. Ciò vale in particolare per gli atti che producono effetti giuridici nei confronti di persone estranee all' istituzione, come nella sentenza Les Verts/Parlamento, ma non esclusivamente per questa categoria. Il criterio di "terzi" non è quindi un presupposto necessario della ricevibilità. Del resto, in pronunce successive questo criterio è stato utilizzato unicamente nelle cause nelle quali si è deciso per la ricevibilità del ricorso (10). Nelle cause nelle quali il ricorso è stato dichiarato irricevibile, vale a dire Gruppo delle destre europee/Parlamento, e Blot e Front national/Parlamento, l' irricevibilità non dipendeva dalla terzietà o meno del ricorrente, ma dalla constatazione che gli atti impugnati riguardavano l' organizzazione interna dei lavori del Parlamento (11).

La questione dell' interpretazione

7. Esaminiamo ora il merito della causa. La signora Beate Weber e il Parlamento europeo non sono d' accordo sull' interpretazione che dev' essere data alla regolamentazione quale essa è stata approvata dall' Ufficio di presidenza del Parlamento il 18 maggio 1988. La discussione verte sull' applicabilità della regolamentazione a situazioni quali quella della signora Beate Weber, nelle quali un membro lascia il Parlamento nel corso del mandato di cinque anni per dedicarsi ad altre attività. Secondo il Parlamento europeo, la regolamentazione si applica soltanto alla fine del mandato parlamentare, con la scadenza del periodo di cinque anni, vale a dire in caso di non rielezione. Secondo la signora Beate Weber, la regolamentazione si applica indistintamente ogni volta che il deputato lascia il Parlamento.

8. Ai termini dell' art. 1 della regolamentazione, i deputati che ne fanno domanda hanno diritto ad un' indennità transitoria, a partire dalla fine del loro mandato. In tedesco, la lingua processuale nella specie, i termini usati sono "nach dem Erloeschen ihres Mandats". La lite verte quindi sull' interpretazione del termine "Erloeschen" figurante in detta disposizione.

La regolamentazione non contiene una definizione o una descrizione più precisa di tale espressione, né fa riferimento ad altre disposizioni del diritto comunitario. In mancanza di una siffatta definizione, occorre interpretare l' espressione di cui trattasi tenendo conto del contesto generale nel quale essa è usata e conformemente al suo senso abituale nel linguaggio corrente (12).

9. Comincerò a stabilire che cosa s' intenda per senso abituale. Si tratta di stabilire se il termine "Erloeschen" (usato per un mandato) sia un termine generale, neutro, o se esso implichi una nozione di scadenza, vale a dire di fine passiva, automatica, non imputabile ad una iniziativa o ad una scelta del mandatario. Nel controricorso presentato alla Corte il Parlamento afferma che il termine "Erloeschen" può applicarsi soltanto ad una fine passiva, automatica (la fine del periodo di cinque anni), in opposizione al termine più neutro "Beendigung". In realtà, questo argomento non convince. Il termine "Erloeschen" mi sembra che si colleghi tanto a termini neutri quali "Beendigung" o "Ende", quanto ad un termine esclusivamente passivo come "Ablauf" (13).

L' opposizione effettuata dal Parlamento col termine "Beendigung" non convince di certo, se si tiene presente la versione olandese della regolamentazione che usa proprio il termine corrispondente "beëindiging" (e non, ad esempio, "afloop"). Orbene, secondo la costante giurisprudenza della Corte, un testo redatto in varie lingue dev' essere interpretato alla luce delle versioni formulate in tutte le lingue (14). Del resto, dal raffronto con le altre versioni emerge che la formulazione neutra, generale, è usata non soltanto in olandese ma anche in francese ("à partir de la fin de leur mandat"), in inglese ("from the end of their term of office"; "end of service" nel titolo della regolamentazione), in italiano ("a partire dal termine del loro mandato"; "fine" nel titolo) e in spagnolo ("a partir del fin de su mandato"). Le versioni francese e italiana sono particolarmente importanti in quanto dagli atti prodotti dal Parlamento risulta che la regolamentazione è stata adottata dall' Ufficio di presidenza nella versione francese, in base ad un precedente progetto redatto in italiano.

Ne consegue, a mio avviso, che la formulazione usata nella regolamentazione non offre alcun sostegno a favore dell' interpretazione restrittiva difesa dal Parlamento europeo, ma va invece a favore del significato generale cui fa riferimento la signora Beate Weber. Esaminiamo ora se l' interpretazione del Parlamento possa comunque essere accolta in base al contesto generale della regolamentazione. A questo proposito, esaminerò nell' ordine l' obiettivo perseguito dalla regolamentazione e il contesto nel quale figura la disposizione.

10. La regolamentazione contiene poche indicazioni quanto all' obiettivo da essa perseguito; quanto meno essa non contiene elementi che consentano di risolvere il problema interpretativo di cui ci occupiamo. Nella regolamentazione non figura un preambolo; inoltre, né il titolo né i vari articoli contengono elementi diversi da quanto possa risultare dal termine "indennità transitoria".

Secondo il Parlamento europeo, la regolamentazione mira a garantire la sicurezza dei mezzi di sussistenza per i deputati non rieletti. Orbene, non vi è un problema di sicurezza dei mezzi di sussistenza quando il deputato lascia il mandato per esercitare un' altra attività. Secondo la signora Beate Weber, per contro, l' indennità deve coprire le spese sorte ogni volta che il deputato lascia il Parlamento e si orienta verso un' altra attività. Entrambe le due interpretazioni sono plausibili ed entrambe ugualmente compatibili con i termini della regolamentazione.

Neanche la genesi del testo di cui trattasi offre una soluzione definitiva. Fra i documenti che il Parlamento ha inviato alla Corte soltanto alcuni precedono l' approvazione della regolamentazione da parte dell' Ufficio di presidenza avvenuta il 18 maggio 1988 (15). Questi atti non contengono indicazioni utili diverse da quelle espressioni che sono state riprese nella stessa regolamentazione.

In risposta al quesito della Corte al riguardo, il Parlamento ha confermato che esso si era in particolare ispirato, per redigere la regolamentazione di cui trattasi, alle regolamentazioni vigenti nei Parlamenti degli Stati membri. Il Parlamento non ha però potuto fornire alcun documento preparatorio al riguardo. Esso ha presentato infatti due note interne successive che raffrontano fra loro le regolamentazioni nazionali. Queste note non possono fornirci alcun elemento atto a sostenere l' attuale interpretazione del Parlamento. Sarebbe piuttosto vero il contrario: dalle note risulta che, in alcuni paesi, vale a dire nei Paesi Bassi e nella Repubblica federale di Germania, l' indennità transitoria è ridotta se l' ex deputato riscuote altri redditi. Ammetto a contrario che negli altri cinque paesi in cui vi è un' indennità transitoria non si applica la riduzione. Nei primi due paesi certamente, e forse anche negli altri, sembra quindi che, in linea di principio, l' indennità transitoria sia attribuita, pur se talvolta con un importo ridotto, anche ai deputati che lasciano il Parlamento per svolgere un' altra attività.

11. Per quanto riguarda il contesto della regolamentazione nel suo insieme, la signora Beate Weber fa riferimento agli artt. 1 e 2 della regolamentazione. Questi articoli mostrano che si tiene conto anche dei mandati incompleti, vale a dire dei mandati inferiori a cinque anni. Il Parlamento replica che la regolamentazione può certamente essere applicata a mandati incompleti iniziati in corso di legislatura, ma non a mandati che terminano nel corso della legislatura stessa. Il Parlamento non ha però fornito alcun elemento a sostegno di tale interpretazione. Gli articoli citati, benché riguardino il caso di un mandato inferiore a cinque anni, non effettuano una distinzione simile a quella sostenuta dal Parlamento. Non posso quindi aderire a tale interpretazione.

Il Parlamento si riferisce inoltre all' art. 2, seconda frase, della regolamentazione. Ai sensi di questa disposizione, "il diritto all' indennità provvisoria decade se l' ex deputato riceve un mandato retribuito presso una delle istituzioni delle Comunità, se è eletto presso il suo Parlamento nazionale, o in caso di suo decesso". Secondo il Parlamento, questo elenco è esemplificativo e costituisce espressione del principio generale secondo il quale non si attribuisce un' indennità al deputato che lasci il Parlamento per svolgere un' altra funzione. Non posso aderire neanche a questa interpretazione. Nulla mostra che l' elenco citato è esaustivo. Se si fosse considerata un' esclusione più generale sarebbe stato possibile formularla chiaramente.

12. Infine, esaminerò anche l' argomento del Parlamento secondo il quale il suo Ufficio di presidenza ha emesso il 12 dicembre 1990 un' interpretazione vincolante della regolamentazione, con la conseguenza che la signora Beate Weber non avrebbe diritto all' indennità transitoria.

La regolamentazione è stata adottata nella sua versione iniziale dal Parlamento europeo il 18 maggio 1988. Naturalmente, l' Ufficio di presidenza è competente a modificare tale regolamentazione, come ha fatto il 24 giugno 1992, vale a dire in un momento che non è più rilevante per la presente causa (16). La decisione 12 dicembre 1990 è però di natura del tutto diversa. I documenti inviati dal Parlamento alla Corte, più precisamente gli estratti dei verbali del collegio dei questori 18 ottobre e 8 novembre 1990, evidenziano che è stata esaminata, in particolare, la questione se la regolamentazione 18 maggio 1988 si applichi anche ai deputati che lascino volontariamente il Parlamento in corso di legislatura. A seguito di questo esame di casi concreti, l' Ufficio di presidenza del Parlamento ha dichiarato il 12 dicembre 1990 (due giorni prima del giorno in cui la signora Beate Weber ha lasciato il Parlamento) che l' indennità transitoria doveva essere considerata un' indennità di fine legislatura, ma che il collegio dei questori avrebbe esaminato comunque caso per caso le domande sufficientemente motivate prima di farne relazione all' Ufficio di presidenza (17).

Nel controricorso il Parlamento europeo afferma che la suddetta interpretazione formulata dal suo Ufficio di presidenza costituisce un' interpretazione autentica, di conseguenza vincolante, in quanto essa proviene dall' organo che ha adottato la regolamentazione. Quest' argomento non mi convince affatto. La tecnica dell' "interpretazione autentica" dei testi normativi è una tecnica che va utilizzata con prudenza poiché essa implica il riconoscimento di un effetto retroattivo al testo "nuovamente" interpretato. Tale retroattività, che deroga al modo normale di legiferare ed è in contrasto col principio della certezza del diritto, può, secondo me, essere applicata soltanto in modo del tutto eccezionale e deve essere corredata della necessaria motivazione. Essa non può, come avviene nella specie, essere imposta incidentalmente, in occasione dell' applicazione a fattispecie concrete della regolamentazione vigente. Inoltre, l' interpretazione adottata dall' Ufficio di presidenza il 12 dicembre 1990 è in contrasto col principio della certezza del diritto anche quanto ad un altro aspetto. Infatti, dopo aver in un primo momento stabilito, in linea di principio, che la regolamentazione si applica soltanto alla fine del mandato al termine della legislatura, l' interpretazione adottata autorizza in seguito deroghe individuali senza stabilire i criteri che saranno applicati in materia. Mi sembra difficile conciliare tale interpretazione col principio della certezza del diritto, a proposito del quale la Corte ha affermato che esso costituisce, quando si tratta di una regolamentazione comportante conseguenze finanziarie, un principio vincolante (18). Nella causa di cui ci occupiamo ciò significa che gli interessati devono essere in grado di prevedere con certezza in quali casi essi possono essere esclusi o meno dal beneficio di un vantaggio finanziario quale l' indennità transitoria.

13. Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che i termini della regolamentazione non forniscano una soluzione definitiva per la questione se i deputati che lascino volontariamente il Parlamento europeo in corso di legislatura siano esclusi dal beneficio dell' indennità transitoria. Neanche l' obiettivo e la genesi della regolamentazione, o il contesto nel quale figura la disposizione consentono di concludere per siffatta esclusione. A mio avviso, l' interpretazione adottata dall' Ufficio di presidenza del Parlamento il 12 dicembre 1990 non può essere considerata vincolante, poiché essa non è conforme al principio della certezza del diritto.

14. Di conseguenza, suggerisco alla Corte di dichiarare ricevibile il ricorso della signora Beate Weber, di annullare la decisione di diniego del Parlamento 2 ottobre 1991 e di condannare il Parlamento europeo alle spese.

(*) Lingua originale: l' olandese.

(1) - Approvata dall' Ufficio di presidenza del Parlamento europeo il 18 maggio 1988 (PE 121 917/BUR/rév.II).

(2) - Come il procuratore della signora Beate Weber ha ammesso all' udienza, questa seconda domanda è irricevibile. In forza dell' art. 176 del Trattato CEE, l' istituzione da cui emana l' atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l' esecuzione della sentenza della Corte di giustizia importa. La Corte non può, senza travalicare la propria competenza, rivolgere ingiunzioni alle istituzioni comunitarie ai fini dell' esecuzione delle proprie sentenze . Sentenza 20 giugno 1985, causa 141/84, De Compte/Parlamento (Racc. pag. 1951, punto 22 della motivazione).

(3) - Sentenza 23 aprile 1986, causa 294/83 (Racc. pag. 1339).

(4) - Sentenza Les Verts/Parlamento, punto 23 della motivazione.

(5) - Sentenza Les Verts/Parlamento, punto 23 della motivazione; ripresa nella sentenza 22 ottobre 1987, Foto-Frost, causa 314/85 (Racc. pag. 4199, punto 16 della motivazione), e nell' ordinanza 13 luglio 1990, causa C-2/88 Imm., Zwartveld e a. (Racc. pag. I-3365, punto 16 della motivazione).

(6) - Sentenza Les Verts/Parlamento, precitata alla nota 3, punto 24 della motivazione, con rinvio alla sentenza 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (AETS), causa 22/70 (Racc. pag. 263, punto 42 della motivazione); sentenza 27 settembre 1988, Parlamento/Consiglio, causa 302/87 (Racc. pag. 5615, punto 20 della motivazione). Uso la formula che producono effetti giuridici della sentenza da ultimo citata, invece dell' espressione miranti a produrre effetti giuridici della sentenza citata per prima, onde evitare di dare eventualmente l' impressione che la questione se un atto produca effetti giuridici dipende dalla volontà dell' autore dell' atto. La natura creatrice di diritto dipende dalla natura e dalla portata complessive dell' atto.

(7) - Ordinanze 4 giugno 1986, causa 78/85 (Racc. pag. 1753, punto 11 della motivazione) e 22 maggio 1990, causa C-68/90 (Racc. pag. I-2101, punto 12 della motivazione).

(8) - Riprendo dette tre condizioni dalla risoluzione del Parlamento europeo 9 ottobre 1986, avente ad oggetto il ruolo del Parlamento europeo nell' ambito dei ricorsi per annullamento proposti dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee in base all' art. 173 del Trattato CEE (GU C 283, pag. 85). Conformandomi alla formulazione delle ordinanze Gruppo delle destre europee/Parlamento e Blot e Front national/Parlamento, già citate alla nota 7, sostituisco, per motivi di chiarezza, all' espressione organizzazione interna l' espressione organizzazione interna dei lavori .

(9) - E' indubbio che la decisione riguarda la signora Beate Weber ai sensi dell' art. 173, secondo comma, del Trattato CEE.

(10) - Sentenza 3 luglio 1986, causa 34/86, Consiglio/Parlamento (Racc. pag. 2155, punti 5 e 6 della motivazione); ordinanza 16 ottobre 1986, procedimento 221/86 R, Gruppo delle destre europee e partito Front national /Parlamento (Racc. pag. 2969, punto 19 della motivazione).

(11) - Ordinanze già citate alla nota 7, punto 11 della motivazione, e, rispettivamente, punti 11 e 12 della motivazione.

(12) - Sentenza 27 gennaio 1988, causa 349/85, Danimarca/Commissione (Racc. pag. 169, punto 9 della motivazione).

(13) - Il procuratore della signora Beate Weber ha osservato all' udienza che il termine Erloeschen è usato anche nell' art. 7 del regolamento del Parlamento europeo e che anche la cessazione volontaria vi è menzionata esplicitamente come forma di Erloeschen .

(14) - Sentenza 7 luglio 1988, causa 55/87, Moksel (Racc. pag. 3845, punto 15 della motivazione).

(15) - Si tratta degli estratti dei verbali del collegio dei questori 21-22 marzo 1988 e 26 aprile 1988 e del progetto in lingua italiana (PE 117.147/QUEST).

(16) - Da dette modifiche risulta comunque che l' indennità transitoria è dovuta anche al deputato che si dimetta dal suo mandato di propria iniziativa, purché abbia esercitato il suo mandato per almeno tre anni. Si precisa che vengono detratti i redditi provenienti da una funzione pubblica o comunitaria.

(17) - Dal verbale del collegio dei questori 8 novembre 1990 risulta che il collegio era a favore del versamento di un' indennità transitoria al deputato che avesse cessato volontariamente il suo mandato. Sembra che la decisione dell' Ufficio di presidenza 12 dicembre 1990 riguardi questo caso quando essa fa menzione di un esame individuale.

(18) - Sentenza 15 dicembre 1987, causa 325/85, Irlanda/Commissione (Racc. pag. 5041). Il punto 18 della sentenza è così redatto: In secondo luogo, come la Corte ha affermato in diverse occasioni, la normativa comunitaria dev' essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. Questa necessità di certezza del diritto s' impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie, al fine di consentire agli interessati di riconoscere con esattezza l' estensione degli obblighi che essa impone .