CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

WALTER VAN GERVEN

presentate il 15 ottobre 1992 ( *1 )

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. 

Il Finanzgericht di Amburgo (in prosieguo: il «giudice a quo») vi ha sottoposto alcune questioni relative all'interpretazione e all'applicazione della convenzione relativa ad un regime comune di transito, conclusa il 20 maggio 1987 tra la Comunità e i paesi EFTA (in prosieguo: la «convenzione») ( 1 ). Le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Deutsche Shell Aktiengesellschaft (in prosieguo: la «Shell»), ricorrente nella causa principale, e lo Hauptzollamt Hamburg-Harburg (in prosieguo: lo «Hauptzollamt»).

Contesto

2.

La convenzione stabilisce misure per il trasporto di merci in transito tra la Comunità ed i paesi EFTA nonché tra i vari paesi EFTA e a tal fine introduce un regime comune di transito indipendentemente dal tipo e dall'origine delle merci (v. art. 1, n. 1, della convenzione) ( 2 ). Tale regime è stato istituito sul modello del regime di transito comunitario di cui al regolamento (CEE) n. 222/77 ( 3 ). La convenzione è stata approvata con decisione del Consiglio 15 giugno 1987 ( 4 ).

L'art. 11 della convenzione contiene le disposizioni che disciplinano l'identificazione delle merci in transito, la quale è effettuata, di regola, mediante suggellamento (art. 11, n. 1). L'ufficio di partenza può tuttavia rinunciare al suggellamento quando, tenuto conto di altre eventuali misure di identificazione, la descrizione delle merci nella dichiarazione Ti o T2 o nei documenti complementari permette la loro identificazione (art. 11, n. 4). Tale causa di deroga corrisponde a quella valida in materia di transito comunitario ( 5 ).

A norma dell'art. 63, dell'appendice II, della convenzione le autorità doganali di ogni paese possono autorizzare taluni speditori a non presentare all'ufficio di partenza le merci e la relativa dichiarazione di transito. Per ottenere la qualifica di «speditore autorizzato» lo speditore deve soddisfare varie condizioni; in particolare, la tenuta di scritture le quali consentano alle autorità doganali di controllare le operazioni (art. 64 dell'appendice II). Nell'autorizzazione debbono essere stabilite, tra l'altro, le misure d'identificazione da adottare. A tal fine, le autorità doganali possono stabilire che i mezzi di trasporto o i colli siano muniti di suggelli di modello speciale, ammessi dalle autorità doganali e apposti dallo speditore autorizzato [art. 65, lett. d) dell'appendice II].

3.

In conformità con la convenzione, è stato istituito un comitato congiunto, incaricato della gestione e della corretta applicazione della convenzione. Esso è composto da rappresentanti di tutte le parti contraenti — per la Comunità vi è presente la Commissione — e decide di comune accordo, ossia all'unanimità. Esso formula raccomandazioni utili all'applicazione della convenzione e può adottare, mediante decisione, una serie di modifiche determinate ovvero di misure (artt. 14 e 15 della convenzione).

In occasione della sua prima riunione annuale del 21 gennaio 1988, il comitato congiunto ha adottato una serie di accordi amministrativi («arrangements administratifs», «Verwaltungsabsprachen», «administrative arrangements»), che sono contenuti nel documento XXI/1367/87 — EFTA 2. Dal verbale della riunione risulta che si tratta di una serie di testi, elaborati da esperti CEE-EFTA, che devono essere applicati in sede di esecuzione della convenzione ( 6 ). Il capitolo III, intitolato «Formalità all'ufficio di partenza», punto C, «Misure di identificazione», contiene un accordo di base, riportato per intero nella relazione d'udienza, in cui il comitato congiunto dichiara in particolare che il suggellamento costituisce la misura più appropriata per facilitare il passaggio delle frontiere. Vi si legge inoltre che la dispensa dal suggellamento di cui all'art. 11, n. 4, della convenzione può essere concessa e l'identificazione ivi prevista mediante descrizione delle merci può essere utilizzata solo quando tale descrizione «è sufficientemente dettagliata per permettere un agevole riconoscimento della quantità e della natura delle merci».

In tale documento, nel medesimo punto, sono presenti inoltre alcune disposizioni particolari applicabili agli scambi con la Svizzera e l'Austria, anch'esse citate nella relazione d'udienza. Vi si stabilisce che «le disposizioni della convenzione relative al suggellamento vanno applicate rigorosamente» e che la dispensa dal suggellamento è concessa in deroga, «per le merci pesanti o voluminose e per quelle che non si prestano al trasporto sotto suggello doganale (animali), nonché per i veicoli tecnicamente inadatti ad essere piombati».

4.

La Shell è uno speditore autorizzato in conformità del regime di transito comunitario e di quello comune. Come tale, essa ha beneficiato per molto tempo dell'autorizzazione dello Hauptzollamt per il trasporto dei suoi prodotti petroliferi per nave senza suggellamento doganale. Con decisione 1o novembre 1988 lo Hauptzollamt ha modificato detta autorizzazione, nel senso che, in particolare, nelle operazioni di transito doganale con (tutti) i paesi EFTA, la Shell può ormai compiere l'identificazione delle merci mediante semplice descrizione solo a condizione che: i) si tratti di merci difficili da suggellare o voluminose o che non si prestino al trasporto sotto suggello doganale (animali); ii) si tratti di veicoli tecnicamente inadatti ad essere piombati; iii) l'ufficio doganale di destinazione sia un ufficio doganale di entrata di un paese EFTA. In tal modo lo Hauptzollamt ottempera alle istruzioni del ministero federale delle Finanze, fondate sul suddetto atto del comitato congiunto e, più precisamente, sulle disposizioni particolari in esso contenute, applicabili agli scambi con la Svizzera e l'Austria.

5.

Dopo aver proposto reclamo presso l'Oberfinanzdirektion di Amburgo con esito negativo, la Shell ha adito il giudice a quo, chiedendo l'annullamento sia della parte controversa della decisione dello Hauptzollamt, sia della decisione dell'Oberfinanzdirektion, onde poter continuare a trasportare i suoi prodotti petroliferi in regime comune di transito accompagnandoli, come per l'in-nanzi, con una semplice descrizione. Secondo la Shell, l'art. 11, n. 4, della convenzione attribuisce all'ufficio doganale di partenza un certo margine di discrezionalità in singoli casi. È sua opinione che il suddetto atto del comitato congiunto elimini tale possibilità di determinare le misure di identificazione necessarie in considerazione del singolo caso specifico. Per di più, la Shell ritiene che l'obbligo di effettuare un suggellamento doganale per ogni spedizione destinata a un paese EFTA sia sproporzionato. Come speditore autorizzato, essa è permanentemente soggetta a opportuni controlli da parte delle autorità doganali, il che esclude di fatto qualunque violazione del regime di transito. La prassi di identificazione osservata sinora anche nel transito comunitario — cioè, l'identificazione delle merci mediante descrizione di queste ultime nei formulari di transito — non avrebbe comportato, secondo lei, nessuna difficoltà e basterebbe a garantire l'interesse al prelievo da parte dei paesi interessati dal trasporto. L'identificazione mediante suggellamento costituisce viceversa un vincolo rilevante nel caso di operazioni di trasporto, sia per i tempi che ciò richiede sia per il personale da destinare all'uopo, soprattutto quando devono venire suggellate navi destinate alla navigazione interna. Un suggellamento del genere richiederebbe l'utilizzazione di 40-60 piombi per ogni imbarcazione, la qual cosa comporterebbe parecchie ore di lavoro. La Shell rifiuta l'idea che gli interessi rappresentati dai dazi doganali possano giustificare dette formalità in caso di operazioni di trasporto verso paesi EFTA mentre, a giudizio dello stesso Hauptzollamt e secondo la prassi con cui esso applica la convenzione, formalità del genere non sono necessarie nel caso di trasporti verso Stati membri della Comunità.

Lo Hauptzollamt e l'Oberfinanzdirektion di Amburgo, interveniente nella causa principale, sostengono dinanzi al giudice a quo che gli accordi adottati dal comitato congiunto mirano a garantire l'uniforme esercizio delle competenze negli Stati aderenti. L'accordo di cui trattasi sarebbe necessario per garantire un attraversamento delle frontiere rapido e senza intoppi, in considerazione soprattutto dell'intenso traffico in transito attraverso la Svizzera e l'Austria. È loro opinione che il comitato congiunto sia competente in merito all'adozione di un simile accordo, poiché esso è addirittura autorizzato a modificare le appendici della convenzione.

6.

Il giudice a quo ha ritenuto che la controversia sollevi questioni di diritto comunitario e ha chiesto alla Corte di pronunciarsi sulle seguenti questioni:

«1)

Se la decisione del comitato congiunto istituito ai sensi dell'art. 14 della convenzione 20 maggio 1987, relativa ad un regime comune di transito, in forza della quale il Doc. XXI/1367/87 — EFTA 2 deve essere applicato nel regime comune di transito, sia vincolante per gli Stati membri, e se la Corte di giustizia sia competente a pronunciarsi su questa decisione.

2)

In caso di soluzione affermativa della questione sub 1):

Se detta decisione sia valida.

3)

In caso di soluzione negativa della questione sub 1):

Se la Corte di giustizia sia competente a pronunciarsi sulla convenzione 20 maggio 1987.

In caso di soluzione affermativa:

a)

Se gli artt. 11, n. 4, e 15, n. 2, della convenzione siano da interpretare nel senso che il comitato congiunto è abilitato a limitare il potere dell'ufficio di partenza di decidere di rinunciare al suggellamento, nel senso che l'identificazione delle merci debba essere effettuata sempre mediante suggellamento, qualora l'ufficio doganale di entrata dello Stato EFTA non sia ufficio di destinazione oppure non possa essere effettuato il suggellamento per volume.

b)

Se le menzionate disposizioni di cui alla lett. a) siano da interpretare nel senso che detta decisione possa essere presa anziché dall'ufficio di partenza anche dalle massime autorità doganali dello Stato membro interessato.

4)

In caso di soluzione affermativa delle questioni sub 3):

Se il combinato disposto delle disposizioni ivi citate e del principio di proporzionalità sia da intendersi nel senso che possa essere richiesto un suggellamento anche nel caso di trasporto di prodotti petroliferi in treni cisterna e in navi da parte di uno speditore autorizzato ai sensi dell'appendice II, capitolo II, della convenzione».

Competenza della Corte e natura giuridica dell'atto impugnato

7.

Con la prima e la terza questione pregiudiziale il giudice a quo pone il problema della competenza della Corte in relazione alla convenzione 20 maggio 1987 e all'atto controverso del comitato congiunto, istituito in applicazione della convenzione.

La presunzione del giudice a quo a favore della competenza della Corte in materia di interpretazione della convenzione è fondata. Per costante giurisprudenza della Corte, le disposizioni di una convenzione conclusa dal Consiglio formano parte integrante dell'ordinamento giuridico comunitario dal momento dell'entrata in vigore della convenzione stessa ( 7 ). Per quanto riguarda la Comunità, una simile convenzione costituisce infatti un atto compiuto da una delle istituzioni della Comunità ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. b), del Trattato CEE, e perciò la Corte è competente a emanare in via pregiudiziale una pronuncia, valida nell'ambito dell'ordinamento comunitario, sull'interpretazione della suddetta convenzione ( 8 ).

8.

In merito alla competenza della Corte a pronunciarsi sull'atto controverso del comitato congiunto, al fine di risolvere la (prima parte della) prima questione pregiudiziale, devo innanzitutto esaminare il problema della qualifica giuridica da attribuire, in conformità alla convenzione, all'atto che è oggetto del contendere.

Già la sua denominazione suscita divergenze d'opinione. Il giudice a quo parla di una decisione («Entschliessung»), ma la Commissione contesta tale termine, il quale infatti non figura nei documenti della riunione del comitato congiunto di cui trattasi. Per parte mia, mi sembra evidente che non si tratti di una decisone ai sensi dell'art. 15, n. 3, della convenzione. Detta norma contiene infatti un elenco tassativo dei casi in cui il comitato congiunto può adottare decisioni vincolanti: esso può apportare modifiche in una serie ben precisa di ipotesi o disporre determinate misure (transitorie). L'atto di cui trattasi non rientra in nessuna di queste due categorie. In base al verbale della riunione annuale del 21 gennaio 1988 sembra peraltro che il comitato congiunto abbia ritenuto tale misura necessaria all'applicazione della convenzione, e non alla sua modifica. Di conseguenza, l'atto controverso dev'essere ritenuto una raccomandazione ai sensi dell'art. 15,. 2, lett. b), della convenzione, secondo il cui dettato il comitato congiunto raccomanda «ogni altra misura utile all'applicazione (della convenzione)».

Pertanto, ecco subito la soluzione alla prima parte della prima questione: si tratta, nella fattispecie, di un atto giuridico non vincolante, adottato da un organo di gestione e di controllo, istituito in applicazione di una convenzione conclusa tra la Comunità e alcuni paesi terzi.

9.

La Commissione che, nelle sue osservazioni scritte, giunge anch'essa alla conclusione che l'atto controverso costituisce una raccomandazione, deduce da ciò che la Corte non ha competenza per giudicare sulla validità e sull'interpretazione di un atto del genere nell'ambito della procedura istituita dall'art. 177 del Trattato CEE. A suo parere il suddetto articolo può essere interpretato estensivamente solo in caso di reale bisogno e ciò non avverrebbe nell'ipotesi di atti giuridici non vincolanti, emanati da istituzioni le quali operino in base a trattati internazionali conclusi dalla Comunità. Secondo la Commissione, atti del genere non rientrano nell'ordinamento giuridico comunitario. Essa riconosce che, nella sentenza Sevince, la Corte si era dichiarata competente a decidere sull'interpretazione di decisioni formulate da un consiglio congiunto di associazione, istituito in applicazione di un accordo di associazione concluso con un paese terzo. La Commissione interpreta la sentenza Sevince nel senso che la ragione principale che ha indotto la Corte ad applicare l'art. 177 del Trattato consisterebbe tuttavia nella necessità di assicurare una uniforme applicazione di tutte le norme comunitarie nell'intera Comunità. Nell'ipotesi di una misura priva di effetti vincolanti mancherebbe invece una necessità del genere. Il giudice nazionale, allora, può sempre chiedere alla Corte di pronunciarsi sull'interpretazione del diritto comunitario, sul quale tali atti si fondano. Ciò non fa sorgere evidentemente nessun problema quando tali atti si rivelano compatibili con il diritto comunitario; ma lo stesso avverrebbe persino nell'ipotesi di incompatibilità, data la natura non vincolante dell'atto di cui trattasi.

10.

Tale ragionamento non mi trova d'accordo. In primo luogo, non vedo il motivo per cui atti giuridici non vincolanti, formulati da un organo istituito in applicazione di una convenzione internazionale approvata dal Consiglio, non farebbero parte dell'ordinamento giuridico comunitario, diversamente dagli atti di carattere vincolante dell'organo di cui trattasi. Dalla recente giurisprudenza della Corte discende chiaramente che non è determinante l'obbligatorietà dell'atto, bensì il nesso diretto di quest'ultimo con la convenzione internazionale conclusa dalla Comunità. In presenza di un simile nesso diretto, l'atto di cui trattasi fa parte integrante dell'ordinamento giuridico comunitario allo stesso modo della convenzione internazionale sulla quale è fondato ( 9 ). Come risulta poi leggersi dalla giurisprudenza della Corte, è determinante per l'esistenza di un simile nesso diretto il fatto che l'atto si collochi «nell'ambito istituzionale» dell'accordo ( 10 ) cui l'atto stesso deve dare «attuazione» ( 11 ). La condizione relativa all'esistenza di un nesso diretto sarà pertanto soddisfatta dal momento in cui verrà accertato che l'atto di cui trattasi promana «dall'organo istituito dall'Accordo e incaricato di dare a questo attuazione» ( 12 ). Nella fattispecie, un simile nesso diretto esiste senza dubbio: come si vedrà appresso, si è qui in presenza di un atto emanato nell'ambito istituzionale della convenzione da parte dell'organo di gestione e di controllo designato da quest'ultima (v. infra, paragrafo 13), il quale provvede alla sua attuazione, nel senso che il suo scopo è quello di fornire all'ufficio doganale di partenza indicazioni pratiche ai fini dell'identificazione delle merci da trasportare. Esso presenta in tal modo un nesso diretto con gli scopi essenziali della convenzione, consistenti nella semplificazione del trasporto delle merci compiuto nell'ambito degli scambi commerciali tra la Comunità e i paesi EFTA (v. infra, paragrafi 15 e 16).

11.

Una volta acclarato che un atto fa parte del diritto comunitario, il fatto che esso sia privo di effetti vincolanti non costituisce un ostacolo all'applicazione dell'art. 177 del Trattato. La Corte ha già ribadito tale opinione in numerose occasioni in merito alle raccomandazioni adottate in base al Trattato CEE ( 13 ). Ecco quanto dichiarato dalla Corte al riguardo nella sentenza Grimaldi:

«A questo proposito, è sufficiente rilevare che, diversamente dall'art. 173 del Trattato CEE, che esclude il sindacato della Corte sugli atti aventi la natura di raccomandazione, l'art. 177 attribuisce alla Corte la competenza a statuire, in via pregiudiziale, sulla validità e l'interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni della Comunità, senza alcuna eccezione» ( 14 ).

Non capisco per quale motivo ciò non dovrebbe essere altrettanto valido per le raccomandazioni provenienti dal comitato congiunto, istituito in applicazione della convenzione internazionale che stiamo esaminando oggi, una volta accertato che tali raccomandazioni fanno parte dell'ordinamento giuridico comunitario in quanto presentano un nesso diretto con la suddetta convenzione. Vero è che, come dichiarato dalla Corte nella sentenza Grimaldi, simili raccomandazioni non possono far sorgere diritti

«di cui (le parti) possano avvalersi dinanzi ai giudici nazionali. Tuttavia, questi ultimi sono tenuti a prendere in considerazione le raccomandazioni ai fini della soluzione delle controversie sottoposte al loro giudizio, in particolare qualora siano di aiuto nell'interpretazione di altre norme nazionali o comunitarie» ( 15 ).

Per questo motivo le autorità nazionali sono parimenti obbligate, mutatis mutandis, a prendere in considerazione le controverse raccomandazioni del comitato congiunto qualora esse chiariscano l'interpretazione da dare alla convenzione, ossia, nella fattispecie, all'art. 11, n. 4, di quest'ultima, a meno che tali raccomandazioni siano prive di validità per incompatibilità con la convenzione o con principi generali dell'ordinamento giuridico (v. al riguardo infra, paragrafi 12 e seguenti e il paragrafo 17).

Da quanto illustrato discende che la Corte ha piena competenza a giudicare in materia di interpretazione e validità della raccomandazione di cui trattasi nell'ambito del procedimento disposto dall'art. 177 del Trattato.

Compatibilità dell'atto con la convenzione

12.

La questione della compatibilità dell'atto con la convenzione si riduce sostanzialmente a una questione d'interpretazione della stessa convenzione e, soprattutto, degli artt. 11, n. 4, e 15, n. 2, della stessa e degli artt. 63 e 65, dell'appendice IL

La terza questione pregiudiziale, sub a), del giudice a quo mira più precisamente a stabilire se il comitato congiunto possa legittimamente influire sul potere attribuito all'ufficio di partenza dall'art. 11, n. 4, della convenzione come è avvenuto in occasione dell'atto controverso — mediante una raccomandazione emanata in base all'art. 15, n. 2, della convenzione. Con la medesima questione, sub b), il giudice a quo chiede poi se le suddette disposizioni della convenzione ostino a che l'amministrazione centrale dello Stato membro interessato adotti la decisione, per la quale è competente di regola l'ufficio di partenza.

Per risolvere tali questioni preciserò innanzitutto (al paragrafo 13) la competenza riconosciuta al comitato congiunto dall'art. 15, n. 2, della convenzione per poi (paragrafo 14) definire la competenza attribuita all'ufficio di partenza o ad altre autorità nazionali dall'art. 11, n. 4, della convenzione; infine, esaminerò il problema se il comitato congiunto potesse limitare quest'ultima competenza mediante l'atto controverso (paragrafo 15).

13.

Come già detto, a norma dell'art. 15, n. 1, della convenzione il comitato congiunto ha la responsabilità di gestire la convenzione e di garantirne la corretta applicazione, compito in funzione del quale esso rappresenta una specie di luogo d'incontro tra le parti contraenti (Comunità e paesi EFTA) nell'ambito del quale possono essere scambiate le esperienze acquisite nell'applicazione della convenzione e ad esso è riconosciuta una competenza a formulare pareri e, in certi casi, decisioni. Per proporre modifiche della convenzione [diverse da quelle rese necessarie a seguito delle modifiche delle appendici di quest'ultima: v. art. 15, n. 3, lett. c), della stessa convenzione] e ogni altra misura utile all'applicazione della convenzione il comitato congiunto può solo formulare raccomandazioni (art. 15, n. 2).

Come appare evidente dal contenuto dell'atto controverso e, come ho già detto (supra, paragrafo 8), dal verbale della riunione durante la quale esso è stato oggetto di discussione, tale atto riguarda chiaramente ľapplicazione della convenzione, il che mi ha già indotto a concludere in precedenza che siamo in presenza non di una decisione, bensì di una raccomandazione. Del resto, anche il giudice a quo fa riferimento, nella sua questione, all'art. 15, n. 2.

L'opposizione esistente, nell'ambito dell'art. 15, n. 2, tra la lett. a) e la lett. b) rende inoltre evidente che le raccomandazioni di cui alla lett. b) non hanno la funzione di proporre alle parti contraenti modifiche da apportare alla convenzione, ma che esse riguardano soltanto l'applicazione di quest'ultima. In tale ottica mi sembra che le raccomandazioni di questa seconda categoria abbiano lo scopo di porre a confronto le prassi seguite dalle amministrazioni doganali nazionali, armonizzandole nei limiti del possibile. Le raccomandazioni formulate in vista di una simile armonizzazione devono tuttavia mantenersi nell'ambito delle disposizioni della convenzione, il che non vieta che dette disposizioni possano venire ulteriormente precisate in sede di raccomandazioni ( 16 ). In tale sede, tuttavia, non è ammesso pregiudicare la natura e l'obiettivo delle disposizioni della convenzione.

14.

Mi sembra adesso opportuno delimitare il potere discrezionale attribuito dall'art. 11, n. 4, della convenzione all'ufficio di partenza o, eventualmente, alle superiori autorità doganali nazionali, potere in forza del quale il primo o le seconde possono derogare alla regola generale posta dall'art. 11, n. 1, secondo la quale l'identificazione delle merci è effettuata, di regola mediante suggellamento. Come già detto, l'ufficio di partenza può dispensare dal suggellamento in un caso specifico «quando, tenuto conto di altre eventuali misure di identificazione, la descrizione delle merci nella dichiarazione T1 o T2 o nei documenti complementari permette la loro identificazione».

La regola di cui all'art. 11, n. 4, va letta in connessione con l'art. 65, lett. d), dell'appendice II della convenzione (della quale costituisce parte integrante ( 17 )) in cui viene imposto alle autorità doganali di stabilire alcune misure d'identificazione (in particolare, un determinato tipo di suggellamento) nell'ambito delle condizioni per l'attribuzione della qualifica di speditore autorizzato.

Ritengo che dalla lettura combinata di questi due articoli si ricavi che, in conformità alla convenzione, il potere discrezionale dell'ufficio di partenza — riguardante, per forza di cose, casi singoli — si inserisce in un ambito generale che dev'essere fissato dalle superiori autorità doganali dello Stato interessato e deve conseguentemente essere esercitato entro i limiti di detto ambito. Questa soluzione mi pare del resto opportuna al fine di garantire la certezza del diritto e l'esercizio uniforme del potere, conferito agli uffici di partenza in un determinato Stato, di concedere deroghe al principio del suggellamento. Mi sembra ovvio che spetti alle superiori autorità doganali definire un indirizzo generale al quale i singoli uffici debbano attenersi nella prassi decisionale.

Ho così risolto, pertanto, la terza questione pregiudiziale, sub b): all'amministrazione doganale centrale di uno Stato non spetta accordare deroghe nei singoli casi ma, al contrario, essa deve garantire nei limiti del possibile, mediante direttive generali, che la prassi seguita dai singoli uffici nella prassi decisionale sia uniforme.

15.

Occorre ancora risolvere la questione se, in considerazione della competenza conferita dalle norme della convenzione al comitato congiunto e del potere discrezionale che detta convenzione riconosce alle autorità nazionali, il comitato congiunto non abbia limitato illecitamente tale potere discrezionale attraverso la raccomandazione, oggetto del contendere.

Mi sembra di dover risolvere tale questione in base alle seguenti premesse: i) come ho appena detto, il comitato congiunto ha il compito di garantire nei limiti del possibile la conformità delle prassi doganali seguite negli Stati membri della Comunità con quelle vigenti nei paesi EFTA in merito alla concessione di deroghe al suggellamento; ii) il suggellamento — istituito al fine di garantire la rapida circolazione delle merci — costituisce la regola generale ma può tollerare deroghe a causa delle imprese interessate qualora sia possibile identificare le merci in modo soddisfacente mediante altre procedure che siano di minore intralcio alle imprese.

In considerazione di tali premesse, mi sembra che la disciplina di base contenuta nell'atto del comitato congiunto impugnato (v. supra, paragrafo 3) non comporti comunque nessuna limitazione illecita del potere discrezionale degli uffici nazionali o delle autorità doganali. Mi sembra che le raccomandazioni in esso contenute non facciano altro che precisare, se non addirittura ripetere con altre parole, quanto può ricavarsi dalla lettura dell'art. 11 della convenzione.

16.

Le disposizioni particolari dell'atto impugnato riguardanti il commercio con la Svizzera e l'Austria (v. supra, paragrafo 3) sembrano anch'esse una precisazione dell'ambito generale all'interno della quale è possibile concedere deroghe al principio generale del suggellamento. Benché sia vero che tali disposizioni particolari precisano il potere di deroga riconosciuto alle autorità doganali nazionali per gli scambi commerciali con questi due paesi in modo più restrittivo di quanto avvenga per gli scambi con gli altri paesi EFTA, tale impostazione più restrittiva è nondimeno giustificata dal fatto che — com'è riscontrabile dal verbale della riunione del 21 gennaio 1988 del comitato congiunto — è stato possibile constatare, subito dopo l'entrata in vigore della convenzione, che l'identificazione delle merci mediante descrizione nei documenti di trasporto — metodo che la Shell aveva chiesto di poter applicare — in luogo dell'identificazione per suggellamento, ha reso più difficile l'attraversamento della frontiera con l'Austria. Come confermato in udienza dalla Commissione, detto metodo d'identificazione ha indotto le autorità doganali svizzere e austriache a intensificare i controlli a campione alle frontiere interessate.

In considerazione di tale scopo — consentire un attraversamento più rapido delle frontiere, in particolare di quelle con la Svizzera e l'Austria, dove il traffico è particolarmente intenso, obiettivo che collima alla perfezione con quello della convenzione ( 18 ) — e della necessità di garantire in materia anche una prassi amministrativa uniforme nell'applicazione della convenzione, anche in questo caso non mi sembra che, nella suddetta parte della raccomandazione, il comitato congiunto abbia pregiudicato in modo illecito il potere delle autorità doganali nazionali.

Compatibilità dell'atto con il principio di proporzionalità

17.

La Shell afferma che l'atto controverso è incompatibile con i principi generali dell'ordinamento giuridico comunitario, in particolare con il principio di proporzionalità. È sua opinione che, limitando il potere discrezionale degli uffici nazionali di partenza, il comitato congiunto abbia esercitato la propria competenza in modo sproporzionato nei confronti di uno speditore autorizzato, quale la Shell. Tale problema viene affrontato nella quarta questione pregiudiziale del giudice a quo.

Al riguardo, mi sembra opportuno osservare quanto segue. In primo luogo, è pacifico che l'identificazione per suggellamento è considerata nella convenzione il metodo più indicato per scambi commerciali transfrontalieri rapidi e senza intoppi. È sembrato inoltre evidente che tale preferenza per il suggellamento ha ricevuto l'avallo del comitato congiunto nell'esercizio dei poteri ad esso conferiti dalla convenzione. In una situazione del genere non spetta alla Corte sostituire la sua valutazione a quella del comitato congiunto, a meno che l'atto adottato da quest'ultimo sia manifestamente incompatibile con il principio di proporzionalità sancito dal diritto comunitario. Nella fattispecie non sembra che nulla del genere sia stato provato. La Shell non ha infatti dimostrato che la tecnica della descrizione da lei suggerita quale metodo d'identificazione costituisca, sotto l'aspetto della rapidità degli scambi commerciali, una valida alternativa al metodo del suggellamento, atteso che il primo metodo comporta seri problemi all'atto dell'attraversamento delle frontiere con la Svizzera e l'Austria. Il metodo del suggellamento è indubbiamente fonte di maggiori intralci per la Shell; non credo però che il comitato congiunto, mettendo a confronto, da un lato, l'interesse di uno speditore autorizzato quale la Shell e, dall'altro, i vantaggi derivanti da un attraversamento della frontiera più rapido grazie al metodo del suggellamento, abbia raccomandato una misura manifestamente sproporzionata ( 19 ).

Conclusione e soluzioni proposte

18.

Da quanto suesposto discende — e ciò valga come soluzione alla seconda questione pregiudiziale — che l'atto del comitato congiunto impugnato non è, a mio parere, incompatibile né con la convenzione né con il principio comunitario di proporzionalità. Conseguentemente non c'è nulla che autorizzi le autorità degli Stati membri e non prendere in considerazione le raccomandazioni contenute in detto atto, in ossequio alla giurisprudenza della Corte, con particolare riferimento alla sentenza Grimaldi ( 20 ).

19.

In considerazione di quanto precede, propongo alla Corte di risolvere le questioni sottoposte dal giudice a quo nel seguente modo:

«1)

Le disposizioni amministrative contenute nel documento 21 gennaio 1988, XXI/1367/87 — EFTA 2, emanate dal comitato congiunto istituito ai sensi dell'art. 14 della convenzione 20 maggio 1987, relativa ad un regime comune di transito, sono raccomandazioni le quali, senza vincolare gli Stati membri, devono essere prese in considerazione da questi ultimi in quanto non incompatibili con la convenzione o con i principi generali dell'ordinamento giuridico, in particolare il principio di proporzionalità.

2)

Il combinato disposto dell'art. 11, n. 4, e dell'art. 15, n. 2, lett. b), della convenzione, con gli artt. 63 e 65, lett. d), dell'appendice II della convenzione, non ostano a che le massime autorità doganali di uno Stato membro definiscano l'ambito generale entro il quale va esercitato il potere, conferito all'ufficio di partenza, di rinunciare al suggellamento; esso non osta neppure a che, nell'ambito delle suddette regole, il comitato congiunto precisi, come ha fatto, detto potere in modo che le parti che hanno aderito alla convenzione lo esercitino in maniera uniforme, conformemente alla natura e all'obiettivo della convenzione.

3)

Le suddette disposizioni non si sono rivelate incompatibili con il principio di proporzionalità».


( *1 ) Lìngua originale: l'olandese.

( 1 ) GU L 226, pag. 2.

( 2 ) Con il termine «transito» si intende una procedura doganale secondo la quale le merci vengono trasportate, sotto controllo doganale, da un ufficio doganale in un detcrminato paese ad un ufficio doganale nel medesimo o in un altro paese, attraverso almeno una frontiera [art. 3, n. 1, lett. a), della convenzione].

( 3 ) Regolamento (CEE) del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222/77, relativo al transito comunitario (GU 1977, L 38, pag. 1).

( 4 ) GU L 226, pag. 1.

( 5 ) V. art. 18 del regolamento n. 222/77.

( 6 ) V. il punto 4 del verbale della riunione, allegato I alle osservazioni scritte della Commissione.

( 7 ) V, in primo luogo, sentenza 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman (Racc. pag. 449, punto 5 della motivazione); v. anche sentenze 30 settembre 1987, causa 12/86, Demirel (Racc. pag. 3719, punto 7 della motivazione); 14 novembre 1989, causa 30/88, Grecia/Commissione (Racc. pag. 3711, punto 12 della motivazione); 20 settembre 1990, causa C-192/89, Sevince (Racc. pag. I-3461, punto 8 della motivazione); v. anche, in ultimo, parere 14 dicembre 1991 (Racc, pag. I-6079, punto 37 della motivazione).

( 8 ) Sentenze Haegeman, punti 4 e 6 della motivazione, e Demirei, punto 7 della motivazione; parere 1/91, punto 38 della motivazione.

( 9 ) Sentenza Sevince, punto 9 della motivazione; sentenza Grecia/Commissione, punto 13 della motivazione.

( 10 ) Sentenza 27 settembre 1988, causa 204/86, Grecia/Consiglio, Racc. pag. 5323, punto 20 della motivazione); sentenza Grecia/Commissione, punto 13 della motivazione.

( 11 ) Sentenza Sevince, punto 9 della motivazione.

( 12 ) Sentenza Sevince, punto 10 della motivazione.

( 13 ) V. sentenze 15 giugno 1976, causa 113/75, Frecassetti (Racc. pag. 983); 9 giugno 1977, causa 90/76, Van Ameyde (Racc, pag. 1091); 13 dicembre 1989, causa C-322/88, Grimaldi (Racc. pag. 4407, punto 9 della motivazione).

( 14 ) Sentenza Grimaldi, punto 8 della motivazione.

( 15 ) Ibidem, punto 19 della motivazione.

( 16 ) In merito a questo potere di precisazione delle disposizioni della convenzione, v. anche le conclusioni da me presentate nella causa 14/88, Italia/Commissione (Racc. 1989, pag. 3677, punto 13), nella quale si discuteva del potere di attuazione e precisazione spettante alla Commissione in forza del regolamento (CEE) n. 729/70.

( 17 ) V. art. 19 della convenzione.

( 18 ) V. il primo ‘considerando ’della decisione del Consiglio 15 giugno 1987 (GU L 226, pag. 1).

( 19 ) Secondo la Shell, il ministro federale delle Finanze tedesco avrebbe dichiarato che le norme particolari raccomandate per l'Austria e la Svizzera nell'atto impugnato hanno validità generale e che, di conseguenza, egli le applica anche negli scambi con altri paesi EFTA. Il giudice a quo non ha sollevato questioni al riguardo. Pertanto non spetta alla Corte pronunciarsi sulla proporzionalità di tale, più radicale (in quanto essa si spinge al di là di quanto raccomandato dal comitato congiunto) misura nazionale.

( 20 ) V. supra, paragrafo 11.