Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs dell'8 aprile 1992. - OFFICE NATIONAL DES PENSIONS CONTRO EMILIO DI CRESCENZO E ANGELA CASAGRANDE, VEDOVA BAREL. - DOMANDE DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COUR DU TRAVAIL DE LIEGE - BELGIO. - PENSIONI DI VECCHIAIA E DI REVERSIBILITA - COMPUTO DELLE PRESTAZIONI - NORME NAZIONALI E COMUNITARIE CHE ESCLUDONO IL CUMULO. - CAUSE RIUNITE C-90/91 E C-91/91.
raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-03851
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Signor Presidente,
Signori Giudici,
1. Le presenti controversie sono state sottoposte all' esame della Corte ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE dalla Cour du travail di Liegi in Belgio. Il giudice di rinvio chiede chiarimenti in ordine alla portata degli artt. 12 e 46 del regolamento (CEE) n. 1408/71 [nel testo modificato ed aggiornato dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001, GU L 230, pag. 6], relativo all' applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all' interno della Comunità. Le questioni pregiudiziali, identiche nelle due controversie, così recitano:
"1) Se, nel caso di pensione (nella specie, integrale) erogata in forza della sola normativa belga, l' art. 46 del regolamento n. 1408/71 debba applicarsi, ai fini dell' ammissibilità o meno del cumulo con una pensione concessa da un altro Stato membro, nella specie l' Italia, in toto, compreso il n. 3. Se la giurisprudenza di cui alla sentenza Petroni e alle sentenze successive aventi medesimo orientamento sia ancora attuale.
2) Se la disciplina sia la medesima allorché non si tratti di pensione di vecchiaia, calcolata in base agli anni di contribuzione e a quelli ad essa equiparati, bensì di pensione di invalidità versata dal Fonds national de retraite des ouvriers mineurs, pensione uguale per tutti con talune differenze soltanto in funzione della situazione familiare.
3) Se la disapplicazione, per effetto dell' art. 12, n. 2, seconda frase, del regolamento n. 1408/71, di una norma nazionale anticumulo che riduce il diritto alle prestazioni, determinato in base ai soli periodi di contribuzione nello Stato da prendere in considerazione, in funzione del diritto a prestazioni della stessa natura acquisito in un altro Stato membro, possa comportare la riduzione della prestazione nazionale ai sensi dell' art. 46, n. 3, del regolamento 1408/71, ancorché la totalizzazione dei periodi assicurativi non sia stata necessaria ai fini dell' acquisizione del diritto a prestazioni in tale Stato e ancorché l' art. 12, n. 2, seconda frase, del medesimo regolamento abbia avuto il solo effetto di conservare un diritto acquisito in base alla sola normativa nazionale".
Antefatti
2. Le ordinanze di rinvio contengono pochi dettagli in ordine agli antefatti delle due controversie; fascicoli dei giudici a quo emergono comunque gli elementi seguenti.
3. Il signor Di Crescenzo, cittadino italiano, aveva svolto attività lavorativa in Belgio come minatore per un periodo di ventisette anni. Precedentemente aveva svolto attività lavorativa subordinata in Italia per un periodo di circa cinque anni. A decorrere dal 1 aprile 1975, gli veniva corrisposta una pensione di vecchiaia integrale da parte dell' Office national des pensions pour travailleurs salariés (ONPTS), ente belga competente. Il 1 giugno 1980 gli veniva inoltre concessa la pensione di vecchiaia prevista dal regime italiano. L' ente belga competente riteneva che, in base alle norme belghe anticumulo, si dovesse tener conto della pensione italiana corrisposta al signor Di Crescenzo e, con decisione del 17 maggio 1985, procedeva alla riduzione della pensione belga con effetto a decorrere dal 1 luglio 1980. Il signor Di Crescenzo, ritenendo che le norme belghe anticumulo non potessero trovare applicazione nei confronti di cittadini di altri Stati membri, proponeva ricorso dinanzi al Tribunal du travail di Liegi, che accoglieva la domanda diretta al riconoscimento di una pensione integrale in base alla normativa belga.
4. A seguito della decisione del Tribunal du travail, l' ente belga competente (a quel punto l' Office national des pensions, l' ONP, succeduto all' ONPTS), riconosceva il diritto del signor Di Crescenzo ad una pensione integrale dal 1 luglio 1980 sino al 31 dicembre 1980, ritenendo peraltro che, per effetto dell' introduzione delle nuove norme anticumulo di cui alla legge belga del 10 febbraio 1981, la pensione de qua dovesse essere ridotta con effetto a decorrere dal 1 gennaio 1981, data di entrata in vigore della legge medesima. L' ente belga competente ricorreva in appello dinanzi alla Cour du travail al fine di far dichiarare che il signor Di Crescenzo non avesse diritto ad una pensione integrale per il periodo successivo al 31 dicembre 1980. Dinanzi alla Cour du travail, l' ente competente sosteneva che, a decorrere dal 1 gennaio 1981, l' interessato avesse diritto:
a) o ad una pensione determinata esclusivamente sulla base della normativa belga, ivi comprese le relative norme anticumulo belghe;
b) ovvero ad una pensione determinata in base all' art. 46 del regolamento n. 1408/71, ivi compreso il limite imposto dal n. 3 del detto articolo;
cioè alla più elevata delle due. Considerato che il signor Di Crescenzo sosteneva invece che l' art. 46, n. 3, non potesse trovare applicazione nel suo caso, la Cour du travail decideva di sottoporre la questione alla Corte di giustizia.
5. Anche la signora Casagrande è cittadina italiana. Il coniuge, fu signor Barel, aveva svolto attività lavorativa in Belgio come minatore per un periodo di ventun anni, dopo aver svolto attività lavorativa subordinata in Italia per un periodo di quattordici anni. Il 1 maggio 1968 gli veniva riconosciuta la pensione di vecchiaia belga. Egli decedeva il 16 gennaio 1983. Il 30 settembre 1983 l' ente competente belga, l' ONPTS, comunicava alla signora Casagrande che, con provvedimento provvisorio, le era stata concessa la pensione di reversibilità maturata in ragione dell' intera carriera lavorativa del signor Barel, ivi compreso il periodo durante il quale questi aveva svolto attività lavorativa in Italia. Nel provvedimento definitivo, adottato il 12 ottobre 1984, l' ente belga competente applicava tuttavia le norme belghe anticumulo, riducendo la pensione della signora Casagrande con effetto a decorrere dal 1 ottobre 1983, in considerazione del fatto che essa percepiva anche una pensione di reversibilità da parte dell' ente competente italiano, pensione basata sul periodo di attività lavorativa svolta dal signor Barel in Italia. Il 21 febbraio 1985 la Caisse nationale des pensions de retraite ed de survie comunicava alla signora Casagrande che la propria pensione belga di reversibilità sarebbe stata ulteriormente ridotta in considerazione dell' aumento della propria pensione italiana di reversibilità.
6. Ritenendo di aver diritto ad una pensione belga integrale di reversibilità a decorrere dal 1 febbraio 1983, la signora Casagrande proponeva quindi ricorso dinanzi al Tribunal du travail di Liegi, dinanzi al quale ha fatto valere che le norme belghe anticumulo non potevano trovare applicazione nei confronti di cittadini di altri Stati membri. Il Tribunal du travail accoglieva la domanda, riconoscendole il diritto alla pensione integrale con effetto a decorrere dal 1 febbraio 1983, senza alcuna deduzione derivante dal contemporaneo godimento di una pensione di reversibilità in un altro Stato membro. L' ente belga competente (a quel punto l' ONP) proponeva gravame dinanzi alla Cour du travail, dinanzi al quale sosteneva che la pensione della signora Casagrande dovesse essere determinata secondo gli stessi criteri applicati per la pensione del signor Di Crescenzo.
La prima e la terza questione sollevata dal giudice di rinvio
7. Nella questione di base delle due cause il giudice nazionale si chiede quindi in quale misura le autorità belghe possano tener conto delle prestazioni previdenziali riconosciute in altri Stati membri ai fini della determinazione dell' importo dovuto ai ricorrenti. La soluzione di tale questione dipende dalla portata da attribuire agli artt. 12, n. 2, e 46 del regolamento n. 1408/71. Il signor Di Crescenzo e la signora Casagrande sostengono che le norme belghe anticumulo non siano applicabili nei loro confronti per effetto della seconda frase dell' art. 12, n. 2. Nonostante il fatto che da tale disposizione sembri emergere che le rispettive domande incorrono nel limite posto dall' art. 46, n. 3, il signor Di Crescenzo e la signora Casagrande deducono che la disposizione medesima non possa produrre l' effetto di ridurre le pensioni maturate in base ai periodi di attività lavorativa svolti in un solo Stato membro.
8. L' art. 12, n. 2, del regolamento n. 1408/71 così recita:
"Le clausole di riduzione, di sospensione o di soppressione previste dalla legislazione di uno Stato membro in caso di cumulo di una prestazione con altre prestazioni di sicurezza sociale o con altri redditi, sono opponibili al beneficiario anche se si tratta di prestazioni acquisite in base alla legislazione di un altro Stato membro o di redditi ottenuti nel territorio di un altro Stato membro. Tuttavia, questa norma non si applica se l' interessato beneficia di prestazioni della stessa natura, per invalidità, vecchiaia, morte (pensioni) o per malattia professionale che sono liquidate dalle istituzioni di due o più Stati membri ai sensi degli artt. 46, 50, 51, o dell' art. 60, n. 1, lett. b)".
9. L' art. 46 si inserisce nel capitolo 3 del titolo III del regolamento n. 1408/71, capitolo che, a termini dell' art. 44, n. 1, attiene al diritto alle prestazioni di vecchiaia o di morte (pensioni) dei lavoratori subordinati o autonomi che siano stati soggetti alla legislazione di due o più Stati membri, ovvero dei rispettivi superstiti. I primi tre numeri dell' art. 46 così dispongono:
"Liquidazione delle prestazioni
1. L' istituzione competente di ciascuno degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore è stato soggetto e le cui condizioni per l' acquisizione del diritto alle prestazioni sono soddisfatte senza che sia necessario applicare le disposizioni dell' art. 45, determina, secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, l' importo della prestazione corrispondente alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenza da prendere in considerazione in base a detta legislazione.
Tale istituzione procede anche al calcolo dell' importo della prestazione che sarebbe ottenuto applicando le regole di cui al paragrafo 2, lettere a) e b). Si prende in considerazione solo l' importo più elevato.
2. L' istituzione competente di ciascuno degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore è stato soggetto applica le seguenti norme se le condizioni richieste per l' acquisizione del diritto alle prestazioni non sono soddisfatte che tenuto conto di quanto disposto all' articolo 45 e/o all' articolo 40, paragrafo 3:
a) l' istituzione calcola l' importo teorico della prestazione cui l' interessato avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione e di residenza compiuti sotto le legislazioni degli Stati membri alle quali il lavoratore è stato soggetto fossero stati compiuti nello Stato membro in questione e sotto la legislazione che essa applica alla data della liquidazione della prestazione. Se, secondo questa legislazione, l' importo della prestazione è indipendente dalla durata dei periodi compiuti, tale importo è considerato come l' importo teorico di cui alla presente lettera;
b) l' istituzione stabilisce quindi l' importo effettivo della prestazione in base all' importo teorico di cui alla lettera precedente, proporzionalmente alla durata dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti prima dell' avverarsi del rischio sotto la legislazione che essa applica, in rapporto alla durata totale dei periodi di assicurazione e di residenza compiuti prima dell' avverarsi del rischio sotto le legislazioni di tutti gli Stati membri interessati;
c) se la durata totale dei periodi di assicurazione e di residenza compiuti prima dell' avverarsi del rischio, sotto le legislazioni di tutti gli Stati membri in questione, è superiore alla durata massima prescritta dalla legislazione di uno di tali Stati per il beneficio di una prestazione completa, l' istituzione competente di questo Stato, per l' applicazione delle disposizioni del presente paragrafo, prende in considerazione detta durata massima anziché la durata totale dei periodi suddetti; tale metodo di calcolo non può avere l' effetto di imporre a detta istituzione l' onere di un prestazione di un importo superiore a quello della prestazione completa prevista dalla legislazione che essa applica;
d) (...)
3. L' interessato ha diritto, entro il limite più elevato degli importi teorici delle prestazioni calcolate secondo le disposizioni del paragrafo 2, lettera a), alla somma delle prestazioni calcolate conformemente a quanto disposto dai paragrafi 1 e 2.
Qualora l' importo di cui al precedente comma sia superato, ciascuna istituzione che applichi il paragrafo 1 corregge la sua prestazione di un importo corrispondente al rapporto tra l' importo della prestazione considerata e la somma delle prestazioni determinate secondo le disposizioni del paragrafo 1".
10. La ratio del capitolo 3 del titolo III del regolamento n. 1408/71 è enunciata nel settimo e nell' ottavo considerando del relativo preambolo (GU 1971, L 149, pag. 2), nei seguenti termini:
"Considerando che le norme di coordinamento adottate per l' applicazione dell' art. 51 del Trattato devono assicurare ai lavoratori che si spostano all' interno della Comunità i diritti e i vantaggi acquisiti, senza che queste norme possano comportare cumuli ingiustificati; (...) a tale scopo, in materia di prestazioni di invalidità, di vecchiaia e di morte (pensioni), gli interessati devono poter beneficiare del complesso delle prestazioni acquisite nei diversi Stati membri entro il limite ° necessario per evitare cumuli ingiustificati, derivanti in particolare dalla sovrapposizione di periodi di assicurazione e di periodi assimilati ° del più elevato tra gli importi delle prestazioni che sarebbe dovuto da uno di detti Stati se il lavoratore vi avesse compiuto tutta la sua carriera".
11. L' art. 46 del regolamento n. 1408/71, segnatamente al n. 3 ha tradotto tale ratio nella fissazione di un limite agli importi delle prestazioni erogabili agli interessati. Tale limite doveva corrispondere all' importo al quale il richiedente avrebbe avuto diritto ove avesse compiuto in un solo Stato membro tutti i periodi assicurativi o periodi di residenza maturati sotto la legislazione degli Stati membri. Lo Stato membro assunto a tal fine doveva essere quello la cui normativa avrebbe determinato le prestazioni più elevate.
12. Ci si è tuttavia ben presto resi conto che l' art. 46, lungi dal tutelare la posizione del lavoratore migrante, poteva produrre l' effetto, in talune circostanze, di determinare la riduzione dell' importo della pensione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in base alla sola normativa nazionale. Nella sentenza Petroni, causa 24/75 (Racc. 1975, pag. 1149), la Corte ha affermato (punto 13 della motivazione) che "lo scopo degli artt. 48-51 non sarebbe raggiunto se i lavoratori, come conseguenza dell' esercizio del diritto di libera circolazione, dovessero essere privati dei vantaggi previdenziali loro garantiti, in ogni caso, dalle leggi di un solo Stato membro". La Corte ne ha derivato la conclusione, al successivo punto 22 della motivazione, che "l' art. 46, n. 3, è incompatibile con l' art. 51 del Trattato in quanto impone una limitazione del cumulo di due prestazioni spettanti in Stati membri diversi, mediante decurtazione dell' importo di una prestazione spettante in forza delle sole leggi nazionali".
13. Nella sentenza Mura, causa 22/77 (Racc. 1977, pag. 1699), la Corte ha dichiarato che, laddove l' art. 46, n. 3, non sia applicabile in quanto produrrebbe l' effetto di ridurre l' importo della prestazione erogabile in base alla sola normativa nazionale, non possa trovare applicazione nemmeno il disposto di cui alla seconda frase dell' art. 12, n. 2. Come precisato dalla Corte ai punti 14 e 15 della motivazione della sentenza,
"quando detto secondo inciso va disapplicato, si applica il primo inciso, con la conseguenza che si possono opporre al beneficiario le clausole di riduzione, di sospensione o di soppressione contemplate dalle leggi nazionali;
(...) si desume tuttavia dall' art. 46, n. 1, che, ove l' applicazione delle sole disposizioni nazionali per la sussistenza ed il calcolo del diritto sia meno vantaggiosa per il lavoratore che non l' applicazione dei principi del cumulo e della ripartizione pro rata, vanno applicati questi ultimi".
La Corte conseguentemente ha concluso nel senso che:
"Qualora il lavoratore percepisca la pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che queste vengano interamente applicate nei suoi confronti, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, restando inteso che se dette leggi nazionali si rivelano meno favorevoli del regime del cumulo e della ripartizione pro rata, a norma dell' art. 46, n. 1, del regolamento n. 1408/71 va applicato quest' ultimo".
La Corte ha aggiunto nella sentenza Van der Bunt-Craig, causa 238/81 (Racc. 1983, pag. 1385, punto 15 della motivazione) che, laddove trovi applicazione l' art. 46 del regolamento n. 1408, "il n. 3 dell' art. 46, il quale tende a limitare il cumulo delle prestazioni acquisite, secondo le modalità contemplate ai nn. 1 e 2 dello stesso articolo, si applica ad esclusione delle norme anticumulo contemplate dalla legislazione nazionale".
14. Nella sentenza Pian, causa C-108/89 (Racc. 1990, pag. I-1599), la Corte ha riassunto, ai punti 8-10 della motivazione della sentenza, la portata del proprio orientamento nei seguenti termini:
"quando il lavoratore percepisce una pensione in forza della sola normativa nazionale, il regolamento n. 1408/71 non osta a che detta normativa nazionale gli venga applicata integralmente, comprese le norme nazionali anticumulo.
Si deve cionondimeno rilevare (...) che, qualora l' applicazione della sola normativa nazionale risulti per il lavoratore meno favorevole dell' applicazione del regime di cui all' art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato questo articolo (...).
Per risolvere la lite che gli è sottoposta, il giudice nazionale deve raffrontare le prestazioni che sarebbero dovute in forza del solo diritto nazionale, comprese le norme anticumulo, con quelle che spetterebbero ai sensi dell' art. 46 del regolamento n. 1408/71, compresa la norma anticumulo che figura nel n. 3".
Tali principi sono stati recentemente ribaditi dalla Corte nella sentenza 18 febbraio 1992 relativa alla causa C-5/91, Di Prinzio (Racc. pag. I-897).
15. Ci sembra che tale approccio si fondi sulla sentenza Petroni. Come precisato dalla Corte nella sentenza Cabras, causa C-199/88 (Racc. 1990, pag. I-1023, punti 23-27 della motivazione):
L' art. 51 del Trattato:
"è volto ad eliminare gli svantaggi che potrebbero derivare per i lavoratori migranti dal fatto che i loro diritti previdenziali sono stati maturati sotto differenti normative nazionali.
Detto obiettivo non verrebbe conseguito ove i lavoratori migranti, in conseguenza dell' esercizio del loro diritto alla libera circolazione, dovessero perdere i vantaggi previdenziali che sono loro comunque garantiti dalla normativa di un solo Stato membro, o venissero sfavoriti rispetto alla situazione in cui si sarebbero trovati se avessero sempre lavorato in un unico Stato membro.
Per tali motivi, come conferma la giurisprudenza, il regime previsto all' art. 46 del regolamento n. 1408/71 può essere applicato a un lavoratore migrante solo quando non abbia la conseguenza di privare l' interessato di una parte dei vantaggi derivanti dalla sola normativa di uno Stato membro, né di impedirgli di percepire almeno l' intera prestazione più favorevole dovuta ai sensi di quest' unica normativa.
La disciplina comunitaria può quindi essere attuata solo a condizione che la sua applicazione si riveli almeno altrettanto favorevole per il lavoratore migrante rispetto all' applicazione integrale della sola normativa nazionale, ivi comprese le norme anticumulo di quest' ultima.
Senonché, in tale ipotesi, la normativa comunitaria deve essere integralmente applicata. I limiti che essa può imporre ai lavoratori migranti sono ammissibili in quanto costituiscono la contropartita dei vantaggi previdenziali che detti lavoratori traggono da questa disciplina e che senza di essa non possono ottenere".
Quindi, se la controversia Petroni fosse stata risolta in senso differente, gli enti nazionali sarebbero stati tenuti ad applicare il regime previsto dall' art. 46, anche ove avesse implicato la conseguenza di privare il richiedente dei benefici derivanti unicamente dalla normativa di uno Stato membro.
16. Il giudice nazionale sembra aver ritenuto che la sentenza Petroni fosse difficilmente conciliabile con la successiva sentenza della Corte relativa alla causa 323/86, Collini (Racc. 1987, pag. 5489), che afferma l' applicazione in toto dell' art. 46, ivi compreso il disposto del n. 3. Nella sentenza Collini, la Corte ha affermato (punto 13 della motivazione) che:
"la norma anticumulo di cui all' art. 46, n. 3, si applica ogniqualvolta la somma della prestazioni calcolate a norma dei nn. 1 e 2 supera il limite costituito dalla massima pensione teorica, anche se il superamento di questo limite non deriva dalla sovrapposizione di periodi assicurativi".
La Corte ha inoltre affermato (punto 18 della motivazione) che:
"quando vi è un solo ente che eroga una prestazione autonoma ai sensi dell' art. 46, n. 1, solo questo ente deve ridurre la propria prestazione in forza dell' art. 46, n. 3, secondo comma, e deve procedere a tale detrazione riducendo la propria prestazione dell' intero importo dell' eccedenza, rispetto al massimale contemplato dal primo comma del n. 3, dalla somma delle prestazioni calcolate a norma dei nn. 1 e 2".
Nel corso dell' udienza è emerso che la soluzione del secondo punto accolta dalla Corte nella sentenza Collini aveva indotto l' ente competente a procedere, dopo aver proposto appello dinanzi al giudice nazionale, al ricalcolo delle prestazioni dovute al signor Di Crescenzo ed alla signora Casagrande.
17. La sentenza della Corte nella causa Collini non costituisce a nostro avviso un mutamento di orientamento rispetto al principio sancito nella sentenza Petroni. Secondo tale principio, l' art. 46, n. 3, è incompatibile con l' art. 51 del Trattato solamente laddove determini una diminuzione dell' importo della prestazione acquisita unicamente in base alla normativa nazionale. Una siffatta fattispecie non ricorreva nella causa Collini, in cui, come sottolineato dall' avvocato generale Da Cruz Vilaça (pagg. 5497 e 5502), la normativa nazionale, ivi comprese le relative norme anticumulo, si rivelava meno favorevole rispetto all' applicazione dell' art. 46, ivi compreso il n. 3. Il principio sancito nella sentenza Petroni non era quindi applicabile.
18. Riteniamo conseguentemente opportuno risolvere la prima e la terza questione sollevata dal giudice di rinvio secondo i criteri delineati dalla Corte nella causa Pian. Gli enti belgi devono quindi procedere alla determinazione dell' importo a cui i richiedenti hanno diritto in base alla normativa belga, ivi comprese le norme belghe anticumulo. Detti enti devono inoltre procedere al calcolo dell' importo al quale i richiedenti hanno diritto in base all' art. 46 del regolamento n. 1408/71. I richiedenti avranno diritto al più elevato tra i due importi. Va aggiunto che, come sottolineato dalla Corte nella sentenza relativa alle cause riunite da 116/80 a 121/80, Celeste e altri (Racc. 1981, pag. 1737, punto 12 della motivazione), e nella sentenza relativa alla causa 58/84, Romano (Racc. 1985, pag. 1679, punti 12-13 della motivazione), l' ente competente, nel procedere al calcolo dell' importo di cui all' art. 44, n. 1, deve prescindere da qualsiasi prestazione percepita dal richiedente in base alla normativa di un altro Stato membro. Tuttavia, nella determinazione dei diritti del richiedente ai sensi dell' art. 46 applicato in toto, l' ente competente deve applicare il limite imposto dall' art. 46, n. 3.
19. Il signor Di Crescenzo e la signora Casagrande sostengono che l' art. 46, n. 3, non possa trovare applicazione nei loro confronti, in quanto non vi era bisogno, nel loro caso, di ricorrere ai meccanismi del cumulo dei periodi assicurativi previsto dal regolamento n. 1408/71. A sostegno di tale argomento essi si richiamano alla sentenza della Corte relativa alla causa 32/77, Giuliani (Racc. 1977, pag. 1857), vertente su una controversia attinente alle modalità con cui gli enti tedeschi avevano proceduto al calcolo della pensione di invalidità di un cittadino italiano residente in Italia che aveva svolto inizialmente attività lavorativa in Italia, successivamente in Germania. Nella fattispecie, il richiedente rispondeva ai requisiti posti dalla normativa tedesca ai fini del diritto alla pensione, ma, in base alla legge tedesca, la corresponsione della pensione doveva essere sospesa in quanto l' interessato risiedeva all' estero. Gli enti tedeschi avevano quindi proceduto al calcolo dei diritti alla pensione in base all' art. 46 del regolamento n. 1408/71, ivi compreso il n. 3 dell' articolo medesimo. Il richiedente sosteneva, invece, che le proprie spettanze avrebbero dovuto essere determinate esclusivamente secondo la normativa tedesca, in base alla quale avrebbe goduto di un trattamento più favorevole e che, ai sensi dell' art. 10, n. 1, del regolamento n. 1408/71, gli enti tedeschi non potevano legittimamente negare la corresponsione della pensione in base al rilievo che l' interessato risiedeva in un altro Stato membro.
20. La Corte ha affermato che l' art. 46, n. 3, del regolamento n. 1408/71 può trovare applicazione solamente nel caso in cui, ai fini del riconoscimento del diritto a prestazioni previdenziali, sia necessario ricorrere al sistema di cumulo dei periodi assicurativi. La Corte ha dichiarato che la disapplicazione delle clausole di residenza, per effetto dell' art. 10 del regolamento n. 1408/71, restando irrilevante ai fini dell' acquisizione del diritto ad una prestazione, non può implicare l' applicazione dell' art. 46, n. 3, del regolamento medesimo.
21. E' evidente a nostro avviso che la sentenza Giuliani, interpretata alla luce della specifica fattispecie e della successiva evoluzione della giurisprudenza della Corte, afferma semplicemente che gli enti competenti degli Stati membri non possono legittimamente negare prestazioni rientranti nella sfera di applicazione dell' art. 10, n. 1, del regolamento n. 1408/71, altrimenti erogabili in base alla normativa nazionale, per il semplice fatto che il richiedente risieda in un altro Stato membro. Atteso che, in tal caso, la prestazione è considerata erogabile in base alla sola normativa nazionale, non sorge questione circa l' applicazione dell' art. 46 del regolamento n. 1408/71 e del limite imposto dal n. 3 dell' articolo medesimo. Differente è la fattispecie oggetto della controversia in esame. L' art. 10, n. 1, del regolamento n. 1408/71, non è pertinente, in quanto sia il signor Di Crescenzo sia la signora Casagrande risiedono in Belgio. Nella questione sorta dinanzi al giudice di rinvio ci si chiede se, e nell' eventualità in quale misura, gli enti belgi siano autorizzati a tener conto della pensione erogata ai richiedenti dalle autorità italiane. A nostro avviso, la soluzione a tale questione è quella già enunciata dalla Corte nella sentenza Pian.
La seconda questione sollevata dal giudice a quo
22. Per quanto attiene alla seconda questione sollevata dal giudice a quo, tutte le parti interessate hanno riconosciuto all' udienza, correttamente a nostro avviso, che il suo esame da parte della Corte appare superfluo. Dal fascicolo emerge che le cause principali non vertono su pensioni di invalidità corrisposte dal Fonds national des ouvriers mineurs. La Commissione fa semplicemente riferimento, nelle proprie osservazioni scritte in ordine alla seconda questione, al punto 11 della motivazione della menzionata sentenza Collini, in cui la Corte illustrava la conclusione enunciata al successivo punto 13 della motivazione esposta al paragrafo 16 delle presenti conclusioni. La seconda questione sollevata dal giudice a quo non viene affrontata né dal signor Di Crescenzo né dalla signora Casagrande, mentre l' ONP, unico ente nazionale ad aver formulato osservazioni in merito, ritiene di non essere competente a pronunciarsi in ordine ai problemi ivi sollevati. Ciò premesso, riteniamo che non occorra risolvere la seconda questione.
Conclusioni
23. Riteniamo quindi che le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte nelle due controversie in esame debbano essere risolte nei seguenti termini:
"Qualora un lavoratore dipendente o autonomo, ovvero un familiare superstite, percepisca una pensione unicamente in base alla normativa nazionale di uno Stato membro, e tale pensione si cumuli con un altra pensione corrisposta sulla base della normativa di un altro Stato membro, il regolamento n. 1408/71 non osta che il lavoratore o il superstite sia integralmente assoggettato alla normativa del primo Stato, ivi comprese tutte le norme nazionali dirette ad impedire il cumulo di prestazioni previdenziali, salvo che il trattamento che ne scaturisca sia meno favorevole rispetto all' applicazione delle norme previste dall' art. 46 del regolamento n. 1408/71, ivi compreso il limite imposto dal n. 3 dell' articolo medesimo. In tal caso, l' art. 46 deve essere applicato in toto, con esclusione di qualsiasi norma nazionale anticumulo".
(*) Lingua originale: l' inglese.