SENTENZA DELLA CORTE DEL 16 GIUGNO 1992. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO. - INADEMPIMENTO DI STATO - LIBERTA DI STABILIMENTO - ACCESSO ALLA PROFESSIONE DI MEDICO, DENTISTA, VETERINARIO. - CAUSA C-351/90.
raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-03945
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Lavoratori - Medici, dentisti e veterinari - Accesso alla professione - Restrizioni giustificate da motivi connessi alla tutela sanitaria - Ammissibilità - Presupposti e limiti - Principio dello studio professionale unico comportante il divieto di accesso alla professione in caso di mantenimento di uno studio professionale in un altro Stato membro - Incompatibilità con il Trattato
(Trattato CEE, artt. 48 e 52)
I cittadini di uno Stato membro che esercitano la loro attività lavorativa in un altro Stato membro sono tenuti all' osservanza delle norme che disciplinano in questo Stato membro l' esercizio dell' attività di cui trattasi. Nel caso delle professioni di medico, odontoiatra e veterinario, queste norme sono soprattutto ispirate all' intento di garantire la più efficace e completa tutela della salute delle persone o degli animali. Tuttavia le norme suddette, qualora abbiano l' effetto di limitare il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei lavoratori, sono compatibili con il Trattato solo se le restrizioni che ne derivano siano effettivamente giustificate dalla considerazione di obblighi generali inerenti all' esercizio delle professioni di cui trattasi e gravanti indistintamente sia sui cittadini nazionali sia su quelli degli altri Stati membri. Tale non è il caso delle restrizioni che possono creare discriminazioni nei confronti dei medici stabiliti in altri Stati membri od ostacoli all' accesso alla professione che vadano al di là di quanto è necessario per il raggiungimento degli scopi perseguiti.
E' pertanto incompatibile con gli artt. 48 e 52 del Trattato una disciplina nazionale che sancisce il principio dello studio professionale unico e si risolve nel precludere ai medici, agli odontoiatri ed ai veterinari stabiliti in un altro Stato membro o che colà esercitano un' attività dipendente la possibilità di stabilirsi o di esercitare un' attività dipendente mantenendo nel contempo il proprio studio professionale o il proprio rapporto di lavoro dipendente in questo Stato membro. Tale disciplina, del resto applicata in modo più rigoroso per i sanitari che esercitano la loro attività in altri Stati membri che non per quelli che l' esercitano nel territorio nazionale, presenta infatti un carattere troppo assoluto e generale perché possa essere giustificata dalla necessità di garantire la continuità dei trattamenti sanitari e l' efficienza del servizio delle urgenze, obiettivi che possono essere attuati con mezzi meno restrittivi.
Nella causa C-351/90,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Étienne Lasnet, consigliere giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Roberto Hayder, rappresentante del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
ricorrente,
contro
Granducato del Lussemburgo, con l' avvocato domiciliatario Louis Schiltz, del foro di Lussemburgo, 2, rue du fort Rheinsheim,
convenuto,
avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che, avendo omesso di prevedere che il principio dello studio professionale unico sancito dalla sua normativa per l' esercizio delle professioni di medico, odontoiatra o veterinario non deve impedire ai cittadini degli Stati membri, stabiliti in un altro Stato membro o che colà esercitino un' attività dipendente, e che intendano stabilirsi in Lussemburgo od esercitarvi la detta attività come lavoratori dipendenti, di mantenere il proprio studio professionale o continuare a svolgere la propria attività dipendente in uno Stato membro diverso dal Lussemburgo, il Granducato del Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza degli artt. 48 e 52 del Trattato CEE,
LA CORTE,
composta dai signori O. Due, presidente, F.A. Schockweiler, F. Grévisse e P.J.G. Kapteyn, presidenti di sezione, G.F. Mancini, C.N. Kakouris, J.C. Moitinho de Almeida, M. Díez de Velasco e M. Zuleeg, giudici,
avvocato generale: F.G. Jacobs
cancelliere: H.A. Ruehl, amministratore principale
vista la relazione d' udienza,
sentite le parti all' udienza del 10 marzo 1992,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 25 marzo 1992,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 28 novembre 1990, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, a norma dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che, avendo omesso di prevedere che il principio dello studio professionale unico sancito nella sua normativa per l' esercizio delle professioni di medico, odontoiatra o veterinario non deve impedire ai cittadini degli Stati membri stabiliti in un altro Stato membro, o che colà esercitino un' attività dipendente, e che desiderino stabilirsi in Lussemburgo od esercitarvi la detta attività come lavoratori dipendenti, di mantenere il proprio studio professionale o continuare a svolgere la propria attività dipendente in uno Stato membro diverso dal Lussemburgo, il Granducato del Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza degli artt. 48 e 52 del Trattato CEE.
2 La controversa disciplina è contenuta nella legge 29 aprile 1983, relativa all' esercizio delle professioni di medico, odontoiatra e veterinario (Memorial A - N 31 del 10 maggio 1983, pag. 746, in prosieguo: la "legge"). Dispone l' art. 16 della legge che un medico o un dentista non possono avere più di uno studio professionale. Un' analoga disposizione è dettata per i veterinari dall' art. 29, il quale prevede che questi possono avere un unico luogo di stabilimento professionale.
3 Tuttavia, l' art. 16, seconda frase, della legge così dispone
"(...) il medico o il dentista stabiliti in Lussemburgo possono essere autorizzati dal ministro della Sanità, previo parere del collegio medico, a detenere uno studio professionale secondario nel paese, destinato a consultazioni periodiche, a condizione che questo studio sia situato in una regione nella quale non vi siano medici della stessa disciplina medica o dentisti e che la copertura sanitaria della popolazione della regione sia insufficiente".
4 Gli artt. 2, n. 2, e 9 della legge permettono ai medici ed ai dentisti stabiliti in un altro Stato membro di esercitare la professione in Lussemburgo in veste di supplenti di un medico o dentista ivi stabilito. In forza dell' art. 22, n. 2, della legge, un identico principio è stabilito per i veterinari.
5 Gli artt. 4, 11 e 25 della legge consentono infine a medici, dentisti o veterinari, cittadini di uno Stato membro della Comunità e stabiliti in un altro Stato membro, di effettuare prestazioni di servizi in Lussemburgo.
6 Con lettera 19 aprile 1989 la Commissione richiamava l' attenzione delle autorità lussemburghesi sull' incompatibilità del principio dello studio professionale unico, imposto dalla legge a medici, odontoiatri e veterinari, con il diritto comunitario.
7 Non avendo ottenuto alcun riscontro alla suddetta missiva, la Commissione emetteva, in data 21 novembre 1989, un parere motivato ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE, con il quale intimava al governo lussemburghese di adottare i provvedimenti necessari per ottemperare ai propri obblighi entro il termine di due mesi a decorrere dalla notificazione del parere.
8 Con lettera 29 gennaio 1990 il governo lussemburghese contestava il contenuto del parere motivato, obiettando che la legge non era né ambigua né discriminatoria nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro diverso dal Lussemburgo. Reputando insoddisfacente questa argomentazione, la Commissione ha proposto il presente ricorso.
9 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della controversia, dello svolgimento del procedimento nonché dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.
10 Occorre rilevare che il principio cosiddetto dello studio professionale unico per le professioni di medico, dentista e veterinario ha per effetto di restringere la libera circolazione dei lavoratori ed il diritto di stabilimento, i quali sono garantiti dagli artt. 48 e 52 del Trattato.
11 Va ricordato, infatti, che, alla luce di una giurisprudenza costante (v., ad esempio, sentenze 12 luglio 1984, causa 107/83, Klopp, Racc. pag. 2971, punto 19 della motivazione; 7 luglio 1988, causa 143/87, Stanton, Racc. pag. 3877, punto 11 della motivazione, e cause riunite 154/87 e 155/87, Wolf, Racc. pag. 3897, punto 11 della motivazione; 20 maggio 1992, causa C-106/91, Ramrath, Racc. pag. I-3351, punto 20 della motivazione), il diritto di stabilimento implica la facoltà di creare e di conservare, salve restando le norme professionali, più di un centro di attività nel territorio della Comunità.
12 I rilievi suddetti valgono pure con riguardo all' ipotesi in cui un lavoratore subordinato o autonomo, stabilito in uno Stato membro, desideri esercitare un' attività lavorativa in un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che egli intenda esercitarla come lavoratore subordinato o come lavoratore autonomo (v. sentenze 7 luglio 1988, Stanton e Wolf, sopra citate, entrambe ai punti 12 della motivazione; 20 maggio 1992, Ramrath, anch' essa citata, punti 25 e 26 della motivazione).
13 Come la Corte ha affermato nella sentenza 30 aprile 1986, causa 96/85, Commissione/Francia (Racc. pag. 1475, punto 10 della motivazione), con riferimento alle professioni di medico e di dentista, le norme professionali che devono essere rispettate sono soprattutto quelle ispirate all' intento di garantire la più efficace e completa tutela della salute delle persone. Le norme che disciplinano l' esercizio della professione di veterinario vanno considerate rispondenti al medesimo obiettivo di tutela della salute.
14 Risulta tuttavia da questa stessa sentenza che le suddette norme, qualora abbiano l' effetto di limitare, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei lavoratori, sono compatibili col Trattato solo se le restrizioni che ne derivano siano effettivamente giustificate dalla considerazione di obblighi generali inerenti al corretto esercizio delle professioni di cui trattasi e gravanti indistintamente sui cittadini nazionali e su quelli degli altri Stati membri. Al riguardo, la Corte ha accertato che tale non era il caso delle restrizioni che possono creare discriminazioni nei confronti dei medici stabiliti in altri Stati membri od ostacoli all' accesso alla professione che vadano al di là di quanto è necessario per il raggiungimento degli scopi perseguiti.
15 Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che il principio dello studio professionale unico, considerato dal governo lussemburghese indispensabile per garantire la continuità del trattamento sanitario, viene applicato in modo più rigoroso per i medici e i dentisti che esercitano la propria attività in altri Stati membri che non per quelli che la esercitano in Lussemburgo. Invero, l' art. 16, seconda frase, della legge consente di derogare al principio dello studio professionale unico solo in favore delle persone che esercitano in Lussemburgo.
16 Sul punto il governo lussemburghese segnala che con decisione ministeriale la deroga può essere estesa, in singoli casi, alle persone stabilite in altri Stati membri.
17 Quest' argomento non può essere accolto. Infatti, per un verso, l' art. 16 della legge fa riferimento ai soli sanitari stabiliti in Lussemburgo. Per l' altro, l' osservanza dei principi di parità di trattamento enunciati negli artt. 48 e 52 del Trattato non può essere fatta dipendere dalla discrezionalità unilaterale delle autorità nazionali.
18 Ne consegue che, se è vero che la situazione giuridica obiettiva è chiara, nel senso che gli artt. 48 e 52 del Trattato sono direttamente efficaci nel territorio degli Stati membri, ciò non toglie che il mantenimento dell' art. 16 della legge in questione determini, con il mantenere uno stato di incertezza circa la possibilità di far appello al diritto comunitario, una situazione di fatto ambigua per gli interessati (v. sentenza 4 aprile 1974, causa 167/73, Commissione/Francia, Racc. pag. 359, punto 41 della motivazione).
19 Si deve poi osservare che il divieto generale imposto ai sanitari stabiliti in un altro Stato membro, o che colà esercitino un' attività dipendente, di esercitare la propria attività avvalendosi di uno stabilimento in Lussemburgo è illegittimamente restrittivo.
20 A questo riguardo il governo lussemburghese asserisce che il principio dello studio professionale unico è obiettivamente giustificato da motivi connessi alla tutela sanitaria ed all' ordine pubblico, nonché dall' interesse generale. Esso precisa che il contratto avente ad oggetto una prestazione sanitaria è un contratto "intuitu personae", che richiede la presenza continua del sanitario nel suo studio professionale o sul luogo di lavoro, al fine di garantire la continuità dei trattamenti sanitari, e che il servizio delle urgenze verrebbe ad essere disarticolato qualora vi prendessero parte sanitari che detengono più di un centro di attività.
21 Neppure questa argomentazione merita di essere accolta.
22 In primo luogo, non è affatto necessario che un sanitario, sia esso medico generico, dentista o veterinario, o ancora medico specialista (v. sentenza 30 aprile 1986, Commissione/Francia, citata, punto 13 della motivazione), si trovi in modo permanente in prossimità del paziente o del cliente. D' altra parte, la sua disponibilità permanente non viene necessariamente garantita dal principio dello studio professionale unico, quando, in ipotesi, il sanitario in parola effettui degli spostamenti, o quando eserciti le proprie attività a tempo parziale ovvero quando faccia capo ad uno studio professionale associato. Inoltre, la continuità dei trattamenti sanitari e l' efficiente organizzazione del servizio delle urgenze possono essere garantite con mezzi meno restrittivi, quali prescrizioni relative alla presenza minima o regolamentazioni intese a garantire le sostituzioni.
23 Dai suddetti rilievi emerge che il controverso divieto presenta un carattere troppo assoluto e generale perché possa essere giustificato dalla necessità di garantire la continuità dei trattamenti sanitari.
24 Si deve pertanto constatare che, precludendo ai medici, ai dentisti ed ai veterinari stabiliti in un altro Stato membro, o che colà esercitino un' attività dipendente, di stabilirsi in Lussemburgo o di esercitare in questo paese un' attività dipendente mantenendo nel contempo il proprio studio professionale o il proprio rapporto di lavoro dipendente in questo Stato membro, il Granducato del Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza degli artt. 48 e 52 del Trattato CEE.
Sulle spese
25 A norma dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. Il convenuto è rimasto soccombente e va quindi condannato alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
dichiara e statuisce:
1) Precludendo ai medici, ai dentisti ed ai veterinari stabiliti in un altro Stato membro, o che colà esercitino un' attività dipendente, la possibilità di stabilirsi in Lussemburgo o di esercitare in questo paese un' attività dipendente mantenendo nel contempo il proprio studio professionale o il proprio rapporto di lavoro dipendente in questo Stato membro, il Granducato del Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza degli artt. 48 e 52 del Trattato CEE.
2) Il Granducato del Lussemburgo è condannato alle spese.