61990C0354

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 3 ottobre 1991. - FEDERATION NATIONALE DU COMMERCE EXTERIEUR DES PRODUITS ALIMENTAIRES E SYNDICAT NATIONAL DES NEGOCIANTS ET TRANSFORMATEURS DE SAUMON CONTRO REPUBBLICA FRANCESE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: CONSEIL D'ETAT - FRANCIA. - AIUTO CONCESSO DALLO STATO - INTERPRETAZIONE DELL'ART. 93, N. 3, ULTIMA FRASE, DEL TRATTATO - DIVIETO DI ATTUARE LE MISURE PROGETTATE. - CAUSA C-354/90.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-05505
edizione speciale svedese pagina I-00463
edizione speciale finlandese pagina I-00495


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Questa causa presenta sullo sfondo il tenace rifiuto di taluni Stati membri di conformarsi agli obblighi loro imposti dalla disciplina sugli aiuti di Stato di cui agli artt. 92-94 del Trattato CEE. Essa è stata deferita alla Corte di giustizia dal Conseil d' État francese, che chiede una decisione in via pregiudiziale in ordine alle conseguenze dinanzi ai giudici nazionali della concessione di un aiuto da parte di uno Stato in violazione dei requisiti procedurali disposti dall' art. 93. In particolare, il Conseil d' État desidererebbe sapere se "l' art. 93, n. 3, ultima frase, del Trattato (...) vada interpretato nel senso che impone alle autorità degli Stati membri un obbligo la cui inosservanza inficia la validità degli atti intesi all' esecuzione di misure di aiuto, tenuto conto segnatamente del sopravvenire di una decisione con cui la Commissione dichiarava tali misure compatibili con il mercato comune".

2. Tale questione è stata sollevata in seguito ad un ricorso proposto dalla Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e dal Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon (congiuntamente indicati in prosieguo: i "ricorrenti"), volto all' annullamento di un decreto interministeriale 15 aprile 1985. Tale decreto (in prosieguo: il "decreto controverso") è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione, vale a dire il 20 aprile 1985 e ha applicato il decreto 31 dicembre 1984, n. 84-1297, il quale aveva istituito imposte parafiscali in favore del comité central des pêches maritimes, dei comités locaux des pêches maritimes e dell' Institut français de recherche pour l' exploitation de la mer. Descriverò più avanti, per quanto necessario, il contesto nel quale tali misure sono state adottate.

3. I ricorrenti fanno valere che il decreto controverso è stato adottato in violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, del Trattato. Prima di analizzare gli effetti di tale norma, è opportuno accennare brevemente alle norme del Trattato in materia di aiuti, nonché al loro procedimento di attuazione, nella misura in cui ciò sia rilevante per il procedimento pendente dinanzi al giudice nazionale.

Norme del Trattato in materia di aiuti

4. La norma fondamentale è contenuta nell' art. 92, n. 1, del Trattato, che dispone: "Salvo deroghe contemplate dal presente Trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza". L' art. 92, n. 2, elenca le categorie di aiuti che, in deroga alle disposizioni dell' art. 92, n. 1, debbono essere considerate compatibili con il mercato comune. L' art. 92, n. 3, elenca altri quattro tipi di aiuti, che possono essere considerati compatibili con il mercato comune.

5. Principale responsabile dell' osservanza dell' art. 92 è la Commissione. L' art. 93, n. 1, dispone che essa "procede con gli Stati membri all' esame permanente dei regimi di aiuti" esistenti in questi Stati. Ai sensi dell' art. 93, n. 2, la Commissione - dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni -, qualora constati che tale aiuto è incompatibile con il mercato comune ai sensi dell' art. 92, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Qualora lo Stato non si conformi a tale decisione della Commissione, quest' ultima può adire direttamente la Corte.

6. L' art. 93, n. 3, stabilisce una disciplina che si applica ai progetti diretti ad istituire nuovi aiuti o a modificare aiuti precedentemente concessi. Esso recita:

"Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell' art. 92, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto ad una decisione finale".

7. Nella causa 120/73, Lorenz / Germania, punto 3 della motivazione (Racc. 1973, pag. 1471), la Corte ha affermato che:

"Gli autori del Trattato, disponendo che la Commissione deve essere informata dei progetti diretti ad istituire o modificare aiuti 'in tempo utile perché possa presentare le sue osservazioni' , hanno inteso far sì che questa istituzione potesse disporre di un periodo adeguato per studiare i progetti e documentarsi, onde poter dare un primo giudizio circa la compatibilità parziale o totale dei progetti stessi col Trattato.

Solo dopo aver avuto tale possibilità di esprimere il proprio giudizio, la Commissione, ove ritenga un progetto incompatibile con il mercato comune, è tenuta a promuovere, senza indugio, il procedimento contraddittorio, di cui al n. 2 dell' art. 93, intimando allo Stato membro di presentare le sue osservazioni".

La Corte ha proseguito rilevando che, se, da una parte, è necessario che la Commissione disponga di un termine sufficiente per formulare un primo giudizio circa la compatibilità con il Trattato dei progetti ad essa notificati, la stessa è peraltro tenuta a definire la sua posizione entro un termine ragionevole, in quanto lo Stato membro interessato può voler procedere con urgenza. In analogia con gli artt. 173 e 175 del Trattato, la Corte ha fissato a tal fine un termine di due mesi. Qualora, decorso tale termine, la Commissione non si sia ancora espressa, lo Stato membro interessato può dare attuazione al progetto, purché ne venga dato preavviso alla Commissione. La Corte ha aggiunto che la Commissione, qualora in seguito all' esame preliminare concluda per la compatibilità dell' aiuto con il Trattato, deve informare lo Stato interessato, ma non è obbligata in questa fase ad adottare una decisione ai sensi dell' art. 189 del Trattato. Quest' ultima è richiesta solo alla fine del procedimento contraddittorio previsto dall' art. 93, n. 2.

8. La motivazione della sentenza nella causa Lorenz è stata ripresa in varie altre sentenze pronunciate lo stesso giorno: v. causa 121/73, Markmann / Germania (Racc. 1973, pag. 1495); causa 122/73, Nordsee / Germania (Racc. 1973, pag. 1511); causa 141/73, Lohrey / Germania (Racc. 1973, pag. 1527). Numerose considerazioni espresse in queste sentenze sono state riprese successivamente nella causa 84/82, Germania / Commissione (Racc. 1984, pag. 1451).

9. Il ruolo degli organi giudiziari nazionali nell' applicazione del regime di aiuti previsto dal Trattato è importante, ma pur sempre di rango sussidiario. Essi non hanno competenza a statuire sulla compatibilità dell' aiuto con il mercato comune ai sensi dell' art. 92. Possono però essere chiamati ad "interpretare ed applicare la nozione d' aiuto di cui all' art. 92, al fine di determinare se un provvedimento statale, adottato senza seguire il procedimento di controllo preliminare di cui all' art. 93, n. 3, dovesse o meno esservi soggetto": causa 78/76, Steinike e Weinlig / Germania, punto 14 della motivazione (Racc. 1977, pag. 595). La questione della competenza dei giudici nazionali ad applicare l' ultima frase dell' art. 93, n. 3, è sollevata dal giudice a quo e sarà da me esaminata in seguito.

Ambito del decreto controverso

10. Per spiegare perché i ricorrenti si richiamano all' ultima frase dell' art. 93, n. 3, devo descrivere brevemente il contesto nel quale è stato adottato il decreto controverso. Per vari anni il governo francese intratteneva negoziati con la Commissione, aventi ad oggetto la compatibilità con il Trattato di vari tipi di aiuti assegnati ad imprese del settore della pesca. Con lettera 15 giugno 1982 la Commissione informava le autorità francesi di aver deciso di estendere un primo esame ex art. 93, n. 2, del Trattato a taluni aspetti di tale aiuto e di aprire un nuovo procedimento in relazione a taluni altri aspetti. Successivamente, all' inizio del 1984, le autorità francesi inviavano alla Commissione una nota in ordine all' organizzazione, al finanziamento ed alle attività di un organismo denominato Fonds d' intervention et d' organisation du marché des produits de la pêche maritime et des cultures maritimes (in prosieguo: il "FIOM"). I compiti del FIOM comprendevano il sostegno dei prezzi, la direzione della produzione, la realizzazione di studi commerciali, nonché la concessione di assegni ai pescatori impossibilitati a lavorare a causa delle condizioni atmosferiche.

11. Con lettera 27 luglio 1984 la Commissione informava le autorità francesi di aver deciso di aprire un' indagine a parte, ex art. 93, n. 2, in ordine alle attività del FIOM e intimava al governo francese di presentare le proprie osservazioni entro il termine da essa stabilito. La Commissione era preoccupata in particolare per due aspetti dell' attività del FIOM. In primo luogo, mentre le attività del FIOM andavano in larga misura a vantaggio dei prodotti e dei produttori francesi, il FIOM veniva in parte finanziato per mezzo di un' imposta parafiscale sulle importazioni. In secondo luogo, la Commissione riteneva che le attività del FIOM volte a sostenere i produttori fossero incompatibili con la normativa comunitaria sull' organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca.

12. Le autorità francesi informavano successivamente la Commissione di varie modifiche apportate alla disciplina relativa al FIOM. In particolare, l' aliquota dell' imposta gravante sulle importazioni doveva d' ora in avanti essere inferiore a quella applicata ai prodotti francesi e il gettito di tale imposta doveva essere utilizzato per finanziare la promozione dei prodotti marittimi in generale, indipendentemente dalla loro origine. Tali modifiche sono state attuate con il decreto n. 84-1297 e con quello controverso; il 14 giugno 1985 i testi degli stessi sono stati trasmessi alla Commissione tramite il rappresentante permanente francese presso le Comunità. Con lettera 25 ottobre 1985 la Commissione informava le autorità francesi della chiusura del procedimento aperto a norma dell' art. 93, n. 2, ed avente ad oggetto il FIOM, eccetto taluni aspetti delle attività del FIOM che non costituiscono oggetto del procedimento dinanzi al giudice a quo. Tale lettera non affermava espressamente che la Commissione riteneva compatibili con il mercato comune gli aspetti per i quali essa chiudeva il procedimento; sembra tuttavia che il giudice nazionale l' abbia intesa in tal senso. Una decisione che riteneva incompatibili con il mercato comune gli altri aspetti delle attività del FIOM, oggetto d' esame, e che stabiliva che vi fosse posto fine, veniva adottata il 9 ottobre 1985, pur venendo pubblicata solo il 23 maggio 1986: v. decisione 86/186/CEE (GU L 136, pag. 55).

13. Per ragioni di completezza, accennerò a due problemi di procedura. Lo farò brevemente, in quanto, a mio avviso, non è necessario risolverli nell' ambito di questa causa. In primo luogo, nella presente fattispecie nessuno ha sostenuto che la lettera della Commissione 25 ottobre 1985 fosse priva di effetti alla luce della sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Lorenz, in cui la Corte ha statuito che un esame ai sensi dell' art. 93, n. 2, non poteva concludersi che con una decisione ai sensi dell' art. 189 del Trattato. Nonostante tale sentenza, il rappresentante della Commissione ha chiarito all' udienza che decisioni formali vengono adottate solo quando la Commissione si convince dell' incompatibilità dell' aiuto di cui trattasi con il mercato comune, o della sua compatibilità solo al verificarsi di taluni presupposti. Tuttavia, sembra che tanto il giudice a quo quanto la Commissione stessa intendano la lettera 25 ottobre 1985 come una decisione ai sensi dell' art. 189. Secondo la Commissione, questo punto di vista è suffragato dalla sentenza pronunciata nella causa 169/84, Cofaz / Commissione (Racc. 1986, pag. 391), in cui la Corte ha ammesso che una decisione adottata in una riunione della Commissione al fine di porre fine ad un procedimento d' esame a norma dell' art. 93, n. 2, e notificata allo Stato membro interessato per lettera, poteva essere sindacata in forza dell' art. 173 del Trattato. Nondimeno, ci si potrebbe chiedere se, in pratica, debba sussistere una differenza formale tra la notifica alla fine dell' esame precontenzioso sulla compatibilità dell' aiuto con il Trattato, per cui la Corte ha affermato nella sentenza Lorenz che non doveva essere adottata sotto forma di decisione ai sensi dell' art. 189, e la decisione adottata in conclusione del procedimento in contraddittorio, la quale, a parere della Corte, deve rivestire tale forma. Considerato che la validità della lettera della Commissione non è stata impugnata, sono tuttavia disposto a riconoscere nella fattispecie l' esattezza dell' opinione del giudice a quo e della Commissione.

14. In secondo luogo, in base ai documenti versati agli atti, non è del tutto chiaro se si debba ritenere che tutti gli aspetti dell' aiuto di cui trattasi nella fattispecie siano stati notificati alla Commissione. Il primo punto della motivazione della decisione 86/186 recita che il governo francese "ha notificato alla Commissione la sua intenzione di concedere vari aiuti alle imprese di pesca marittima", ma più avanti si può leggere (pag. 60) che determinati aspetti dell' attività del FIOM erano stati notificati solo dopo l' adozione degli aiuti ed in seguito a varie domande da parte della Commissione. Tale dichiarazione ribadisce la censura formulata dalla Commissione nella lettera 27 luglio 1984, secondo cui le informazioni riguardanti il FIOM, fornitele dalle autorità francesi, erano incomplete, frammentarie e tardive. Nondimeno, considerato che l' ultima frase dell' art. 93, n. 3, ha nella fattispecie sempre la stessa efficacia, indipendentemente dal fatto che il progetto di aiuto sia stato o no notificato, non ritengo necessario approfondire la questione.

Efficacia dell' art. 93, n. 3, ultima frase

15. Si deve rilevare che il decreto controverso, il quale applica il decreto n. 84-1297, è entrato in vigore il 20 aprile 1985, vale a dire con notevole anticipo rispetto al momento in cui la Commissione ha inviato la sua lettera 25 ottobre 1985, a conclusione del procedimento ai sensi dell' art. 93, n. 2. Ciò significa che la Francia non ha osservato l' obbligo - cui è tenuta ai sensi dell' art. 93, n. 3 - di non dare attuazione alle misure progettate prima che il procedimento stesso approdi ad una decisione finale. Il giudice della causa principale tenta di definire le eventuali conseguenze derivanti dalla violazione di tale obbligo, tenendo conto delle pratiche in cui la Commissione ha in seguito giudicato compatibili con il mercato comune le misure controverse.

16. Fino ad ora la soluzione di tale questione poteva apparire abbastanza evidente. La Corte, nel punto 8 della motivazione della sentenza Lorenz, ha affermato che:

"il divieto di attuazione posto dall' ultimo capoverso dell' art. 93, n. 3, ha efficacia immediata ed attribuisce al singolo dei diritti che il giudice nazionale è tenuto a salvaguardare.

L' efficacia immediata di tale divieto si estende a tutto il periodo durante il quale il divieto stesso resta in vigore.

Essa perciò investe qualsiasi regime di aiuti posto in essere senza preventiva notifica alla Commissione, e, in caso di avvenuta notifica, tale efficacia esercita i suoi effetti durante la fase preliminare e, se la Commissione promuove il procedimento contraddittorio, non viene meno finché non sia emanata la decisione finale".

17. Tale impostazione seguita dalla Corte nella sentenza Lorenz emergeva già nella causa 6/64, Costa / Enel (Racc. 1964, pag 585), ed è stata ripresa nella soprammenzionata causa Steinike e Weinlig. Come ho chiarito nel punto 37 delle mie conclusioni nella causa C-301/87, Francia / Commissione, "Boussac" (Racc. 1990, pag. I-307), in questa serie di cause la Corte ha stabilito, a mio avviso, che nell' ipotesi di trasgressione del divieto previsto nell' ultima frase dell' art. 93, n. 3 - -sia che si tratti di trasgressione consistente nell' attuazione di aiuti in assenza di notificazione, o dell' attuazione anteriore all' approvazione della Commissione - i giudici nazionali, se aditi da una parte interessata, hanno l' obbligo di applicare il divieto. Ciò comporta che essi debbono giudicare illegittima qualsiasi misura adottata in violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, e concedere qualsiasi provvedimento necessario per garantire l' efficacia del divieto disposto da tale norma.

18. Nella presente fattispecie, tuttavia, il governo francese afferma che la Corte nella sentenza Boussac - i cui punti rilevanti sono stati confermati successivamente in modo conciso nella causa C-142/87, Belgio / Commissione, "Tubemeuse" (Racc. 1990, pag. I-959) - ha implicitamente attenuato la sua giurisprudenza precedente in ordine all' efficacia diretta dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3. Il commissario del governo ha sostenuto un' opinione analoga nelle conclusioni da lui presentate al giudice della causa principale prima che venisse proposta la questione pregiudiziale.

19. Nella causa Boussac la Commissione sosteneva, fra l' altro, di poter giudicare illegittimo un aiuto solo perché non le era stato notificato e di non essere legittimata a valutare la compatibilità di tale aiuto con il mercato comune. Tuttavia, la Corte non ha ammesso che la mancata notificazione da parte di uno Stato membro dispensi la Commissione, una volta venuta a conoscenza dell' aiuto, dal suo dovere di valutare la sua compatibilità con il mercato comune.

20. La Corte ha affermato che, qualora uno Stato membro abbia concesso o modificato un aiuto senza preventiva notificazione, la Commissione - dopo aver invitato lo Stato membro a presentare le sue osservazioni - può adottare una decisione provvisoria e ingiungere allo Stato di sospendere il pagamento dell' aiuto, in attesa del risultato dell' esame dello stesso, e di trasmetterle quindi tutte le informazioni necessarie per valutare la compatibilità dell' aiuto con il mercato comune. La Corte ha inoltre aggiunto che alla Commissione è assegnato lo stesso potere "nel caso in cui l' aiuto le sia stato notificato, ma lo Stato membro, senza attendere l' esito del procedimento ex art. 93, nn. 2 e 3, del Trattato, proceda all' erogazione dell' aiuto, contrariamente al divieto previsto al n. 3 di detto articolo" (punto 20 della motivazione della sentenza citata).

21. La sentenza della Corte significa che la Commissione è tenuta ad esaminare la compatibilità con il mercato comune di qualsiasi progetto volto ad assegnare o a modificare un aiuto di cui sia a conoscenza, anche nel caso in cui lo Stato membro interessato, violando l' ultima frase dell' art. 93, n. 3, lo abbia posto in essere senza attendere la relativa autorizzazione. La Commissione non ha il potere di dichiarare un aiuto illegittimo per la sola ragione della violazione di detta frase.

22. A parere del governo francese, dalla sentenza della Corte nella causa Boussac emerge che neanche i giudici nazionali sono competenti a dichiarare l' illegittimità di un aiuto, per il solo fatto della violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3. Tale tesi è in certa misura condivisa dal governo del Regno Unito, che non ha presentato osservazioni scritte in tale procedimento, ma era rappresentato all' udienza. Il Regno Unito ha ripreso l' argomento da esso già dedotto nella causa Boussac, secondo il quale una violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, non determina automaticamente l' illegittimità dell' aiuto, anche se esso ha ammesso che i giudici nazionali sono legittimati ad adottare provvedimenti interinali nel momento in cui si verifichi siffatta violazione, al fine di tutelare la posizione dei terzi in attesa dell' esito dell' esame della Commissione.

23. Non sono d' accordo col fatto che la sentenza della Corte nella causa Boussac debba essere considerata una modifica della precedente giurisprudenza in ordine all' efficacia diretta dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3. Nel punto 38 delle mie conclusioni nella causa Boussac ho avanzato l' ipotesi che, siccome i giudici nazionali potevano dichiarare illegittimo un aiuto per violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, anche il Trattato doveva essere interpretato nel senso che attribuisce alla Commissione un potere analogo. La sentenza della Corte, secondo cui la Commissione non detiene tale potere, non incide affatto sui poteri e sui doveri dei giudici nazionali. La Commissione è tenuta ad esaminare dal punto di vista sostanziale la compatibilità con il mercato comune del progetto di aiuto, mentre i giudici nazionali debbono garantire che detto progetto non sia posto in essere in un momento anteriore alla conclusione dello stesso esame.

24. Infatti, la sentenza Boussac mette in luce non già l' analogia, bensì la distinzione tra la posizione della Commissione e quella dei giudici nazionali. La Commissione non è dispensata dall' esame nel merito dell' aiuto per il fatto della violazione da parte di uno Stato membro dell' art. 93, n. 3, dal momento che tale esame costituisce il suo compito fondamentale. Il giudice nazionale si limita ad applicare criteri procedurali tali da consentire l' efficacia diretta dell' art. 93, n. 3, ultima frase. Per il resto, ancorché distinte, le due funzioni sono nondimeno complementari: l' esercizio da parte del giudice nazionale del suo potere, vale a dire dichiarare illegittime misure che non sono state notificate, o che sono state attuate prematuramente, contribuirà ad assicurare che gli Stati membri osservino gli obblighi loro assegnati e faciliterà la funzione della Commissione in ordine all' esame nel merito degli aiuti progettati. E' per tale ragione che i giudici nazionali sono tenuti ad attuare l' ultima frase dell' art. 93, n. 3, laddove la Commissione è tenuta a valutare la compatibilità dell' aiuto con il mercato comune.

25. A mio parere, risulta dunque palese che la sentenza della Corte nella causa Boussac non incide affatto sulla sua giurisprudenza ben consolidata in ordine all' efficacia diretta dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3. In effetti, nella sentenza stessa non si allude minimamente all' intenzione di modificare tale giurisprudenza. Al contrario, in questa sentenza la Corte si è richiamata al principio già affermato nelle cause riunite 91/83 e 127/83, Heineken Brouwerijen / Inspecteurs der Vennootschapsbelasting, punto 20 della motivazione (Racc. 1984, pag. 3435), secondo cui "l' art. 93, n. 3, ultima frase, costituisce la clausola di salvaguardia del sistema di controllo istituito da questo articolo, il quale, a sua volta, è essenziale per garantire il funzionamento del mercato comune".

26. Inoltre, a mio modo di vedere, non sarebbe molto auspicabile, nella fattispecie, una qualsivoglia modifica della giurisprudenza della Corte circa l' efficacia diretta dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3. Come sottolineato dalla Commissione, lo scopo di questa frase è quello di impedire che gli Stati membri diano attuazione a progetti di concessione di aiuti prima che la Commissione abbia deciso se essi siano o meno compatibili con il mercato comune, prassi che, secondo i dati forniti dalla Commissione nella presente causa, continua ad essere corrente in misura inaccettabile. Considerata l' importanza dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, per l' effettiva osservanza, da parte degli Stati membri, delle norme previste dal Trattato in materia di aiuti, la Corte ha sottolineato che è inaccettabile l' interpretazione dell' art. 93 se "essa giunge a negare la forza vincolante delle disposizioni contenute nel n. 3, e addirittura a favorire l' inosservanza di questa norma" (causa 173/73, Italia / Commissione, punto 15 della motivazione, Racc. 1974, pag. 709).

27. Pertanto, come affermato dalla Corte nella sentenza Lorenz, l' efficacia diretta del divieto previsto nell' ultima frase di tale norma si estende a qualsiasi aiuto attuato senza essere stato notificato ed opera, in caso di notifica, per tutta la durata della fase preliminare; qualora, poi, la Commissione apra il procedimento in contraddittorio delle parti, la sua efficacia si estende fino al momento della decisione finale. Da tale stato di fatto i giudici nazionali sono tenuti a trarre le dovute conseguenze e debbono quindi adottare ogni provvedimento che sia necessario nel caso di specie, onde annullare gli effetti della violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3. Ne consegue che i giudici nazionali possono essere obbligati a dichiarare illegittima la normativa che dà attuazione ad un aiuto e disporre la refusione dell' aiuto già erogato. Se l' aiuto è stato finanziato mediante tasse gravanti sulle imprese, i giudici nazionali possono essere tenuti a provvedere per la restituzione di tali tributi.

28. Cosa accade allora qualora, prima che sia adottata una decisione da parte dei giudici nazionali, la Commissione giudichi che, ancorché introdotto illegittimamente, l' aiuto sia nondimeno conforme nel merito al mercato comune? A mio parere, il giudice nazionale può comunque essere tenuto a giudicare illegittime le misure adottate prima della valutazione della Commissione ed a trarne tutte le dovute conseguenze. Desidererei sottolineare che, come rilevato dalla Commissione, una decisione da essa adottata al termine del procedimento in contraddittorio non ha efficacia retroattiva e non può quindi sanare i vizi procedurali che già inficiano la validità di una misura nazionale che anzitempo dà attuazione all' aiuto. A mio parere, ciò vale indipendentemente dal se l' aiuto sia giudicato compatibile o meno con il mercato comune, dal momento che lo scopo dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, è quello di impedire che gli Stati membri diano attuazione a progetti di concessione di aiuti prima che la Commissione adotti una decisione. Qualora la violazione di tale norma venisse privata di conseguenze nel caso in cui la Commissione giudicasse infine l' aiuto compatibile con il mercato comune, gli Stati membri sarebbero indotti a non attendere la conclusione dell' esame della Commissione, poiché in tal modo l' aiuto potrebbe essere introdotto più rapidamente. Tale risultato indebolirebbe notevolmente il procedimento di attuazione del regime di aiuti previsto dal Trattato ed attribuirebbe un vantaggio ingiusto alle imprese che hanno beneficiato dell' aiuto. In via di principio, quindi, i giudici nazionali debbono garantire il rimborso di qualsiasi aiuto erogato prima del tempo. Se occorre autorizzare un' impresa a conservare l' aiuto versato prematuramente - in quanto tale aiuto viene imputato a quello da pagarsi in seguito, nell' ambito di un progetto giudicato compatibile con il mercato comune -, può allora risultare necessario disporre un aggiustamento al fine di compensare qualsiasi vantaggio concorrenziale di cui altrimenti si avvantaggerebbe l' impresa interessata a causa del pagamento anticipato.

29. E' evidente, a mio parere, che la decisione con cui la Commissione giudica un progetto di aiuto compatibile con il mercato comune non può essere intesa nel senso che crea un' aspettativa legittima in ordine alla legittimità di tutti gli aiuti già versati. Nel 1983 la Commissione ha pubblicato una comunicazione sulla Gazzetta ufficiale (GU C 318, pag. 3) con cui i potenziali beneficiari di un aiuto venivano avvertiti del fatto che tale aiuto avrebbe dovuto essere eventualmente restituito, se fosse risultato che esso era stato concesso illegittimamente. Inoltre, nella causa C-5/89, Commissione / Germania (Racc. 1990, pag. I-3437), la Corte ha affermato che, data l' importanza del ruolo svolto dalla Commissione in base all' art. 93 del Trattato, i beneficiari di un aiuto in via di principio possono a buon diritto fare affidamento sulla legittimità di tale aiuto solo qualora siano stati osservati i presupposti procedurali stabiliti da detto articolo. La Corte ha osservato che un operatore economico diligente di regola deve essere in grado di assicurarsi che tali presupposti siano stati rispettati.

30. La Corte non ha escluso che il beneficiario di un aiuto versato illegittimamente invochi in determinati casi un' aspettativa legittima quanto alla conformità di tale aiuto con il Trattato e si opponga quindi alla sua refusione. La Corte ha tuttavia chiaramente affermato che ciò risulterebbe possibile solo in circostanze eccezionali. L' esame di tale domanda nel merito spetta ai giudici nazionali, i quali possono ricevere criteri interpretativi in materia in base all' art. 177 del Trattato.

31. La Corte ha aggiunto che uno Stato membro che ha concesso un aiuto violando le norme procedurali di cui all' art. 93 non poteva poi da parte sua addurre il legittimo affidamento dei beneficiari, al fine di sottrarsi all' obbligo di eseguire la decisione con cui la Commissione gli ingiungeva di recuperare l' aiuto. Ammettere tale possibilità significherebbe, infatti, consentire alle autorità nazionali di servirsi del loro comportamento illegittimo per paralizzare l' efficacia delle decisioni adottate dalla Commissione ai sensi delle disposizioni del Trattato in tema di aiuti (v. anche sentenza 21 marzo 1991, Italia / Commissione, causa C-303/88, Racc. pag. I-1433). Ne consegue, a mio avviso, che uno Stato membro non può allegare le asserite legittime aspettative dei beneficiari per sfuggire all' ingiunzione di un giudice nazionale a restituire un aiuto versato anzitempo.

32. Riconosco che, qualora, come nella fattispecie, la Commissione giunga alla conclusione della compatibilità del progetto con il mercato comune, può esservi qualche inconveniente e ritardo se, nel frattempo, il giudice nazionale dichiara l' aiuto illegittimo per violazione dell' art. 93, n. 3, ultima frase. Inoltre, come è stato ammesso dalla Corte nella causa Lorenz, le cause sugli aiuti coinvolgono sovente settori per cui è urgente intervenire affinché le misure progettate ottengano l' effetto desiderato. Tuttavia, il mezzo migliore a disposizione degli Stati membri per limitare al massimo gli inconvenienti ed il ritardo è quello di astenersi dall' attuare progetti con cui si concedano o modifichino aiuti prima di avere ottenuto l' autorizzazione della Commissione.

33. Per contro, non condivido l' argomento dedotto dalla Commissione secondo cui uno Stato membro, se intende reintrodurre un aiuto giudicato illegittimo dal giudice nazionale per violazione dell' art. 93, n. 3, ma valutato in sostanza conforme al mercato comune da parte della Commissione, deve effettuare nuovamente la notificazione. In tal caso non è infatti il progetto di aiuto ad essere giudicato illegittimo da parte del giudice nazionale, ma i provvedimenti nazionali con cui anzitempo viene data attuazione al progetto. Ne deriva che la decisione del giudice nazionale non pregiudica la validità del progetto stesso. Una volta che la Commissione ha deciso che il progetto è conforme al mercato comune, lo Stato membro interessato può darvi attuazione senza ulteriori formalità. Se fosse condiviso l' argomento della Commissione vi sarebbero inutili complicazioni procedurali. Inoltre, se si ritenesse che una decisione con cui un giudice nazionale dichiara invalido un provvedimento nazionale per violazione dell' art. 93, n. 3, ultima frase, avesse l' effetto di annullare il progetto che si riteneva sarebbe stato attuato dal provvedimento stesso, si potrebbe affermare che tale decisione liberi la Commissione dal suo obbligo di esaminare la compatibilità del progetto con il mercato comune, qualora il giudice nazionale abbia pronunciato una decisione prima che la Commissione abbia concluso la sua indagine. Una conclusione del genere, cui sarebbe difficile opporsi, sarebbe, a mio parere, in contrasto con la sentenza della Corte nella causa Boussac.

Conclusione

34. Ritengo quindi si debba risolvere la questione sollevata dal Conseil d' État come segue:

"1) L' ultima frase dell' art. 93, n. 3, del Trattato CEE dev' essere interpretata nel senso che uno Stato membro non può dare attuazione ad un progetto volto a concedere o a modificare un aiuto prima che la Commissione si sia formata un giudizio, al termine della fase preliminare e, eventualmente, alla fine del procedimento in contraddittorio, circa la compatibilità dell' aiuto con il mercato comune. La detta frase conferisce ai singoli diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare.

2) Da ciò deriva che i giudici nazionali debbono dichiarare illegittima ogni misura adottata da uno Stato membro in violazione dell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, e debbono trarre tutte le dovute conseguenze da siffatta illegittimità.

3) Ogni misura adottata da uno Stato membro in violazione dell' art. 93, n. 3, ultima frase, non viene sanata dal suo vizio d' illegittimità mediante una decisione successiva con cui la Commissione dichiara conforme al mercato comune l' aiuto controverso".

(*) Lingua originale: l' inglese.