61989J0241

SENTENZA DELLA CORTE (SESTA SEZIONE) DEL 12 DICEMBRE 1990. - SOCIETE D'APPLICATION ET DE RECHERCHES EN PHARMACOLOGIE ET PHYTOTHERAPIE (SARPP) SARL CONTRO CHAMBRE SYNDICALE DES RAFFINEURS ET CONDITIONNEURS DE SUCRE DE FRANCE E ALTRI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNAL DE GRANDE INSTANCE DE PARIS - FRANCIA. - EDULCORANTI SINTETICI - ETICHETTATURA - PUBBLICITA. - CAUSA C-241/89.

raccolta della giurisprudenza 1990 pagina I-04695


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Ravvicinamento delle legislazioni - Etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari - Direttiva 79/112 - Normativa nazionale che vieti qualsiasi menzione che richiami lo zucchero nell' etichetta degli edulcoranti sintetici - Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 79/112)

2. Libera circolazione delle merci - Restrizioni quantitative - Misure di effetto equivalente - Normativa nazionale che vieti qualsiasi menzione che richiami lo zucchero nell' etichetta degli edulcoranti sintetici - Inammissibilità

(Trattato CEE, artt. 30 e 36)

Massima


1. Le disposizioni della direttiva 79/112, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, e in particolare gli artt. 2 e 15, vanno interpretate nel senso che esse ostano all' applicazione ai prodotti nazionali e a quelli importati di una normativa nazionale che vieti, nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici, qualsiasi menzione che richiami la parola zucchero o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici.

2. Gli artt. 30 e 36 del Trattato vanno interpretati nel senso che essi ostano all' applicazione ai prodotti importati di una normativa nazionale che vieti, nella pubblicità relativa agli edulcoranti sintetici, qualsiasi menzione che richiami la parola zucchero o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici.

Parti


Nel procedimento C-241/89,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Tribunal de grande instance di Parigi nella causa dinanzi ad esso pendente tra

SARPP (Société d' application et de recherches en pharmacologie et phytothérapie) SARL, da una parte,

e

Chambre syndicale des raffineurs et conditionneurs de sucre de France,

Groupement d' achat Edouard Leclerc SA,

Bayer France SA,

Laboratoire Human Pharm,

Pierre Fabre Industrie SA,

Laboratoires Vendôme SA,

Famar France,

Searle Expansion SA, dall' altra,

domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 30 del Trattato CEE,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dai signori G.F. Mancini, presidente di Sezione, T.F. O' Higgins, M. Díez de Velasco, C.N. Kakouris, P.J.G. Kapteyn, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: D. Louterman, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la SARPP, dagli avv.ti D. Menard e F. Marion-Menard, del foro di Nantes,

- per la Pierre Fabre Industrie, dall' avv. J.-Y. Dupeux, del foro di Parigi,

- per la Bayer France, dall' avv. M.-O. Vaissie, del foro di Parigi,

- per la Farmar France, dall' avv. J.-B. Barennes, del foro di Parigi,

- per il Groupement d' achat Edouard Leclerc, dall' avv. G. Parleani, del foro di Parigi ,

- per la Chambre syndicale des raffineurs et conditionneurs de sucre de France, dal presidente dell' ordine degli avvocati F. Mollet Vieville e dagli avv.ti R. Collin e M.-C. Mitchell, del foro di Parigi,

- per il governo francese, dalla sig.ra E. Belliard, vicedirettrice degli Affari giuridici, in qualità di agente, e dal sig. M. Giacomini, segretario degli Affari esteri, in qualità di agente supplente,

- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Wainwright, consigliere giuridico, e H. Lehman, funzionario francese messo a diposizione del servizio giuridico della Commissione, in qualità di agenti,

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della Famar France, rappresentata dall' avv. C. Momege, del Groupement d' achat Edouard Leclerc, della Chambre syndicale des raffineurs et conditionneurs de sucre de France, del governo francese e della Commissione delle Comunità europee, all' udienza del 27 giugno 1990,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 2 ottobre 1990,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 5 luglio 1989, pervenuta in cancelleria il 1° agosto successivo, il Tribunal de grande instance di Parigi ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull' interpretazione dell' art. 30 del Trattato al fine di valutare la compatibilità con tale articolo della normativa francese relativa all' etichettatura e alla presentazione degli edulcoranti sintetici, nonché alla loro pubblicità.

2 La detta normativa figura nell' art. 10, n. 1, della legge 5 gennaio 1988, n. 88-14, relativa alle azioni legali delle associazioni riconosciute di consumatori e all' informazione dei consumatori. In forza di tale disposizione, qualsiasi indicazione che richiami le caratteristiche fisiche, chimiche e nutrizionali dello zucchero o la parola "zucchero" è vietata nell' etichettatura delle sostanze edulcoranti aventi un potere dolcificante superiore a quello dello zucchero senza possederne le qualità nutritive, nell' etichettatura dei prodotti alimentari che contengono siffatte sostanze, nonché nei procedimenti di vendita, nei modi di presentazione e nei modi di informazione dei consumatori relativi a tali sostanze o prodotti. Tuttavia, le denominazioni e i marchi di fabbrica delle sostanze edulcoranti messe in commercio anteriormente al 1° dicembre 1987 dal settore medico e farmaceutico possono essere conservati. Tali disposizioni sono completate da quelle del decreto 11 marzo 1988, che modifica il decreto 20 luglio 1987 relativo ai prodotti dietetici e di regime.

3 La questione posta dal Tribunal de grande instance di Parigi è stata sollevata nell' ambito di una lite fra la SARPP (Société d' application et de recherches en pharmacologie et phytothérapie; in prosieguo: la "SARPP"), da una parte, e la Chambre syndicale des raffineurs et conditionneurs de sucre de France (in prosieguo: la "Chambre syndicale") e diverse società che importano o smerciano edulcoranti sintetici in Francia, dall' altra.

4 Con provvedimento 5 gennaio 1989, il presidente del Tribunal de grande instance di Nantes, su istanza della Chambre syndicale, ordinava il ritiro dal mercato dei prodotti smerciati dalla SARPP con il marchio "Sucrandel", le cui confezioni non erano conformi all' art. 10, n. 1, della legge n. 88-14. In seguito a detto provvedimento, la SARPP citava la Chambre syndicale dinanzi al Tribunal de grande instance di Parigi allo scopo di ottenere la declaratoria dell' incompatibilità di detta legge e del decreto 11 marzo 1988 con l' art. 30 del Trattato.

5 Ritenendo che la normativa francese - e, in particolare, il divieto, nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici e nella loro pubblicità, di qualsiasi indicazione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero - sia tale da costituire una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all' importazione vietata dall' art. 30, il Tribunal de grande instance di Parigi si è chiesto se tale normativa possa essere giustificata da motivi di protezione del consumatore o di sanità pubblica.

6 Stando così le cose, il Tribunal de grande instance di Parigi ha deciso di sospendere il procedimento fintantoché la Corte di giustizia non si sia pronunciata in via pregiudiziale sulla seguente questione:

"Se l' art. 10, n. 1, della legge 5 gennaio 1988, n. 88-14, e il decreto 11 marzo 1988, nel vietare ogni indicazione che menzioni le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero o che citi la parola 'zucchero' nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici e nella loro pubblicità, siano compatibili con l' art. 30 del Trattato di Roma" .

7 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

8 In via preliminare si deve osservare che, anche se non le spetta, nell' ambito dell' art. 177 del Trattato, pronunciarsi sulla compatibilità di una normativa nazionale con il Trattato, la Corte è però competente a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi di diritto comunitario che possono consentirgli di valutare tale compatibilità ai fini della sentenza che dovrà pronunciare. Inoltre la Corte può, a tal fine, prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione.

9 Dal fascicolo di causa risulta che, con la questione sollevata, il giudice nazionale mira ad accertare se il diritto comunitario osti all' applicazione ai prodotti nazionali e a quelli importati di una normativa nazionale che vieti qualsiasi indicazione che richiami la parola "zucchero" e le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici destinati ad essere venduti al consumatore e nella relativa pubblicità.

Le disposizioni comunitarie in materia

10 Si deve rilevare che il 18 dicembre 1978 il Consiglio ha emanato la direttiva 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GU L 33, pag. 1).

11 Come risulta dal preambolo, la detta direttiva mira, attraverso il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di etichettatura, a favorire la libera circolazione dei prodotti alimentari. A tal fine, essa stabilisce un certo numero di norme comuni, di carattere generale e orizzontale, che si applicano a tutti i prodotti alimentari messi in commercio.

12 L' art. 2 della direttiva enuncia il principio sul quale dev' essere basata ogni normativa in materia di etichettatura e di pubblicità. Ai sensi del n. 1, lett. a), di detto articolo, l' etichettatura dei prodotti alimentari destinati ad essere consegnati come tali al consumatore finale non deve essere atta ad indurre l' acquirente in errore, specialmente sulle "caratteristiche del prodotto alimentare", ovvero "attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede" o "suggerendogli che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche". Inoltre, a norma dell' art. 2, n. 1, lett. b), l' etichettatura non può attribuire proprietà terapeutiche ai prodotti alimentari. Infine, ai sensi dell' art. 2, n. 3, tali divieti si applicano pure alla presentazione dei prodotti alimentari e alla loro pubblicità.

13 Al fine di garantire l' informazione e la protezione dei consumatori, l' art. 3 della citata direttiva elenca tassativamente le menzioni obbligatorie che l' etichettatura dei prodotti alimentari deve contenere. Le condizioni secondo le quali tali menzioni devono essere apposte sull' etichettatura vengono precisate dagli artt. 4-14, che prevedono, inoltre, un certo numero di deroghe all' art. 3.

14 L' art. 15, n. 1, della direttiva dispone che gli Stati membri non possono vietare il commercio dei prodotti alimentari conformi alle norme della stessa direttiva, applicando disposizioni nazionali non armonizzate relative all' etichettatura e alla presentazione di determinati prodotti alimentari o dei prodotti alimentari in genere. Tuttavia, in forza dell' art. 15, n. 2, detto divieto non riguarda le normative nazionali non armonizzate giustificate da uno dei motivi tassativamente enumerati dalla stessa disposizione. Tra questi motivi figurano, in particolare, la tutela della sanità pubblica e la repressione della concorrenza sleale.

15 Si deve rilevare che le disposizioni della direttiva relative all' etichettatura differiscono su un punto sostanziale da quelle che riguardano la pubblicità. Infatti, come risulta dal nono "considerando", in considerazione del suo carattere generale e orizzontale la direttiva consente agli Stati membri di mantenere in vigore o di adottare norme che si aggiungano a quelle da essa sancite. In materia di etichettatura, i limiti della competenza così lasciata agli Stati membri sono stabiliti dalla stessa direttiva, poichè essa elenca in modo esauriente, nell' art. 15, n. 2, i motivi atti a giustificare l' applicazione delle norme nazionali non armonizzate che vietano il commercio di prodotti conformi alla direttiva. Questa disposizione non si applica però alla pubblicità. Di conseguenza, la questione se in questa materia il diritto comunitario osti all' applicazione di una normativa nazionale che si aggiunga alle norme della direttiva dev' essere esaminata alla luce, in particolare, delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci e, in particolare, degli artt. 30 e 36.

16 Da questa differenza deriva una conseguenza importante. Infatti, come la Corte ha affermato nella sentenza 18 febbraio 1987, Mathot, punto 11 della motivazione (causa 98/86, Racc. pag. 809), la direttiva 79/112 ha stabilito obblighi relativi all' etichettatura e alla presentazione dei prodotti alimentari smerciati in tutta la Comunità, senza alcuna distinzione a seconda dell' origine di detti prodotti, con la sola riserva del n. 2 dell' art. 3. Di conseguenza, se le disposizioni della direttiva ostano all' applicazione di una normativa nazionale riguardante l' etichettatura dei prodotti alimentari questa normativa non può essere applicata né ai prodotti alimentari importati né ai prodotti alimentari di origine nazionale. Viceversa, quando una normativa nazionale in materia di pubblicità è in contrasto con gli artt. 30 e 36 del Trattato, la sua applicazione è vietata solo per quanto riguarda i prodotti importati e non i prodotti di origine nazionale.

17 Data questa differenza, appare necessario esaminare separatamente gli aspetti della normativa nazionale de qua relativi all' etichettatura e, rispettivamente, alla pubblicità.

Sugli aspetti della normativa in esame relativi all' etichettatura

18 Per quanto riguarda gli aspetti della normativa nazionale relativi all' etichettatura, si deve anzitutto rilevare che il divieto di qualsiasi indicazione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici va oltre quanto l' art. 2, n. 1, della direttiva 79/112 prescrive al fine di evitare che il consumatore sia indotto in errore sulle caratteristiche, sugli effetti e sulle proprietà di tali prodotti. Infatti, per perseguire tale scopo è sufficiente vietare qualsiasi menzione che indichi, suggerisca o faccia credere che gli edulcoranti sintetici abbiano proprietà simili a quelle dello zucchero, mentre non le hanno. Viceversa, l' intento di evitare che il consumatore sia indotto in errore non può giustificare che si vieti in generale qualsiasi menzione che richiami la parola "zucchero" o qualsiasi indicazione che richiami le caratteristiche di tale prodotto possedute pure dagli edulcoranti sintetici, come il potere dolcificante.

19 Il divieto nazionale in esame dev' essere considerato una norma "non armonizzata" ai sensi dell' art. 15 della direttiva 79/112. Detta norma vieta il commercio di edulcoranti sintetici la cui etichettatura è conforme alle norme della direttiva, giacché questi prodotti non possono essere messi in commercio quando la loro etichettatura contenga, inoltre, una qualsivoglia indicazione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche di tale prodotto. Di conseguenza, il divieto di qualsiasi indicazione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute pure dagli edulcoranti sintetici, nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici, può essere applicato a tali prodotti, importati o di origine nazionale, solo qualora sia giustificato da uno dei motivi menzionati nell' art. 15, n. 2, della direttiva.

20 A questo proposito, la Chambre syndicale ha dedotto che tale divieto mira ad impedire qualsiasi concorrenza sleale fra lo zucchero e gli edulcoranti sintetici. Secondo la Chambre syndicale, a seguito delle ripetute campagne denigratorie di cui lo zucchero è stato oggetto da parte dei fabbricanti di edulcoranti sintetici, qualsiasi richiamo della parola "zucchero" o delle caratteristiche di tale prodotto nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici costituirebbe un atto di concorrenza sleale.

21 Questo argomento non può essere accolto. Infatti, non tutte le menzioni che richiamano la parola "zucchero" o le caratteristiche di tale prodotto figuranti nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici hanno necessariamente l' effetto di denigrare lo zucchero. Ciò vale in particolare per i marchi di edulcoranti sintetici che contengono il radicale "suc". Di conseguenza, il divieto di cui trattasi, anche se mira a reprimere la concorrenza sleale, è manifestamente sproporzionato rispetto a tale scopo, che può essere raggiunto attraverso le disposizioni generali che reprimono gli atti di concorrenza sleale o vietando, nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici, unicamente le menzioni che abbiano lo scopo o l' effetto di denigrare lo zucchero.

22 Occorre peraltro rilevare che il legislatore francese ha previsto un' eccezione al divieto di cui trattasi, disponendo che le denominazioni e i marchi di fabbrica degli edulcoranti sintetici posti in commercio anteriormente al 1° dicembre 1987 dal settore medico e farmaceutico possono essere conservati, quali essi siano. Ne risulta che lo stesso legislatore francese non ritiene che il divieto di qualsiasi richiamo della parola "zucchero" nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici sia necessario per impedire qualsiasi concorrenza sleale fra tali prodotti, giacché taluni edulcoranti sintetici possono essere posti in commercio con un marchio che richiami tale parola, mentre il fatto che tali edulcoranti siano stati anteriormente posti in commercio dal settore medico e farmaceutico non costituisce una garanzia contro la concorrenza sleale.

23 D' altra parte, un provvedimento nazionale come quello in esame non può fruire di una deroga a motivo della protezione della sanità pubblica.

24 Infatti, il divieto considerato non mira ad informare gli acquirenti degli eventuali pericoli che il consumo di edulcoranti sintetici comporti per la salute umana.

25 Di conseguenza, si deve rispondere al giudice nazionale che le disposizioni della direttiva 79/112, e in particolare, gli artt. 2 e 15, devono essere interpretate nel senso che esse ostano all' applicazione ai prodotti nazionali e a quelli importati di una normativa nazionale che vieti, nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici, qualsiasi menzione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici.

Sugli aspetti della normativa in esame relativi alla pubblicità

26 Per quanto riguarda gli aspetti della normativa nazionale relativi alla pubblicità, si deve rilevare che, in primo luogo, detta normativa è identica a quella riguardante l' etichettatura e, in secondo luogo, le disposizioni dell' art. 2, n. 1, della direttiva che si applicano alla pubblicità sono anch' esse identiche a quelle che disciplinano l' etichettatura. Di conseguenza, tenuto conto di quanto è stato detto sopra (punti 18 e 19), si deve considerare che il divieto di qualsiasi menzione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici, nella pubblicità relativa a questi prodotti, costituisce una normativa "non armonizzata" dalla citata direttiva.

27 Si deve, quindi, accertare se e in quale misura l' art. 30 del Trattato osti all' applicazione di detto divieto.

28 A questo proposito, si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte (v. in primo luogo, la sentenza 11 luglio 1974, Dassonville, causa 8/74, Racc. pag. 837), il divieto delle misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all' importazione, sancito dall' art. 3 del Trattato, si riferisce ad ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari.

29 Una normativa che, come quella in esame, limiti o vieti determinate forme di pubblicità può essere idonea, pur non condizionando direttamente le importazioni, a restringere il volume delle stesse incidendo sulle possibilità di distribuzione dei prodotti importati (v. sentenza 15 dicembre 1982, Oosthoek' s Uitgeversmaatschappij, punto 15 della motivazione, causa 286/81, Racc. pag. 4575). Non si può, infatti, escludere che il fatto che l' operatore interessato sia costretto a modificare la forma o il contenuto di una campagna pubblicitaria a seconda degli Stati membri in cui svolge la sua attività, ovvero a rinunziare ad un sistema da lui ritenuto particolarmente efficace, può costituire un ostacolo per le importazioni, anche qualora detta normativa si applichi indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati.

30 D' altra parte, tale ostacolo per gli scambi intracomunitari risulta da una disparità tra le normative nazionali. Emerge infatti dal fascicolo di causa che, mentre qualsiasi richiamo alla parola "zucchero" o alle caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero nella pubblicità relativa agli edulcoranti sintetici è vietato dalla normativa francese, siffatte menzioni sono invece ammesse in altri Stati membri.

31 A questo proposito, dalla costante giurisprudenza della Corte (v. in particolare, le sentenze 20 febbraio 1979, Rewe, causa 120/78, Racc. pag. 649, 10 dicembre 1982, Rau, causa 261/81, Racc. pag. 3961, e 12 marzo 1987, Commissione / Germania, causa 178/84, Racc. pag. 1227) risulta che, in mancanza di una normativa comune sul commercio dei prodotti di cui trattasi, gli ostacoli per la libera circolazione intracomunitaria che derivano da disparità delle normative nazionali devono essere accettati qualora una disciplina nazionale, che si applichi indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati, possa essere giustificata in quanto necessaria per rispondere a esigenze di interesse generale elencate nell' art. 36 del Trattato, come la protezione della salute delle persone, o ad esigenze imperative attinenti, fra l' altro, alla difesa dei consumatori. Occorre inoltre che una disciplina del genere sia proporzionata allo scopo perseguito. Uno Stato membro, se può scegliere fra vari provvedimenti idonei a raggiungere lo stesso scopo, deve optare per il mezzo che implichi meno ostacoli per la libertà degli scambi.

32 Le ragioni dedotte per giustificare gli aspetti della normativa nazionale de qua relativi alla pubblicità hanno la stessa portata di quelle fornite al fine di giustificare gli aspetti di detta normativa riguardanti l' etichettaura, e cioè la repressione della concorrenza sleale e la protezione della salute delle persone. Per i motivi già esposti (punti 20-24, sopra) gli argomenti dedotti a questo proposito non possono essere accolti.

33 Di conseguenza, si deve rispondere al giudice nazionale che gli artt. 30 e 36 del Trattato devono essere interpretati nel senso che essi ostano all' applicazione ai prodotti importati di una normativa nazionale che vieti, nella pubblicità relativa agli edulcoranti sintetici, qualsiasi menzione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

34 Le spese sostenute dalla Repubblica francese e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Tribunal de grande instance di Parigi, con sentenza 5 luglio 1989, dichiara:

1) Le disposizioni della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, e in particolare gli artt. 2 e 15, devono essere interpretate nel senso che esse ostano all' applicazione ai prodotti nazionali e a quelli importati di una normativa nazionale che vieti, nell' etichettatura degli edulcoranti sintetici, qualsiasi menzione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici.

2) Gli artt. 30 e 36 del Trattato CEE devono essere interpretati nel senso che essi ostano all' applicazione ai prodotti importati di una normativa nazionale che vieti, nella pubblicità relativa agli edulcoranti sintetici, qualsiasi menzione che richiami la parola "zucchero" o le caratteristiche fisiche, chimiche o nutrizionali dello zucchero possedute anche dagli edulcoranti sintetici.