61989J0157

SENTENZA DELLA CORTE DEL 17 GENNAIO 1991. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ITALIANA. - MANCATA OSSERVANZA DI UNA DIRETTIVA - CONSERVAZIONE DEGLI UCCELLI SELVATICI. - CAUSA C-157/89.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-00057


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


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1. Ambiente - Conservazione degli uccelli selvatici - Direttiva 79/409/CEE - Attuazione da parte degli Stati membri - Obbligo di vietare la caccia durante taluni periodi in cui gli uccelli sono particolarmente vulnerabili - Fissazione dei periodi di caccia vietata - Fissazione che protegge soltanto la maggioranza degli uccelli di una data specie - Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 79/409/CEE, art. 7, n. 4)

2. Atti delle istituzioni - Direttiva - Attuazione da parte degli Stati membri - Legislazione nazionale che non rispetta i divieti sanciti da una direttiva - Possibilità per le autorità regionali di dare corretta attuazione alla direttiva esercitando il loro potere normativo - Inammissibilità per contrasto con il principio della certezza del diritto

(Trattato CEE, art. 189, terzo comma)

Massima


1. L' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, intende garantire un regime completo di protezione contro la caccia nei periodi in cui la sopravvivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata. E' incompatibile con gli obiettivi della direttiva una fissazione dei periodi di caccia vietata che limiti tale protezione alla maggioranza degli uccelli di una data specie, determinata secondo la media dei cicli riproduttivi e dei movimenti migratori.

2. Sarebbe incompatibile con il principio della certezza del diritto permettere ad uno Stato membro di invocare il potere normativo delle autorità regionali per giustificare una legislazione nazionale che non rispetti i divieti sanciti da una direttiva.

Parti


Nella causa C-157/89,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. E. de March e T. Van Rijn, membri del suo servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il sig. Guido Berardis, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, avvocato dello Stato, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo, presso la sede dell' ambasciata d' Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso inteso a far constatare che la Repubblica italiana, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione e durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza nonché a diverse specie migratrici durante il ritorno al luogo di nidificazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, T.F. O' Higgins, G.C. Rodríguez Iglesias e M. Díez de Velasco, presidenti di sezione,

Sir Gordon Slynn, C.N. Kakouris, R. Joliet,

F.A. Schockweiler, giudici,

avvocato generale: W. Van Gerven

cancelliere: H.A. Ruehl, amministratore principale

vista la relazione d' udienza e in seguito alla trattazione orale dell' 11 ottobre 1990,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza dell' 8 novembre 1990,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 2 maggio 1989, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, a norma dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far constatare che, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione e durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza nonché a diverse specie migratrici durante il periodo del ritorno al luogo di nidificazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1).

2 La Commissione sostiene che la normativa italiana sulla caccia è incompatibile con l' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva, in quanto autorizza, in primo luogo, a partire dal 18 agosto, la caccia a talune specie di uccelli, che in tale data si trovano ancora nello stadio della riproduzione e della dipendenza e, in secondo luogo, fino al 28 febbraio o, a seconda dei casi, fino al 10 marzo, la caccia ad alcune specie di uccelli migratori che in tali date già sorvolano il territorio italiano per ritornare al luogo di nidificazione.

3 A sostegno di queste affermazioni la Commissione fa riferimento a talune pubblicazioni scientifiche, in particolare allo Handbook of the Birds of Europe, the Middle East and North Africa di Cramp e Simmons, come pure ad una relazione sulla migrazione primaverile degli uccelli, redatta dall' Istituto nazionale di biologia della selvaggina (Bologna).

4 Per una più ampia illustrazione del contesto giuridico e degli antefatti della controversia, delle fasi del procedimento nonché dei mezzi e degli argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

Sulla ricevibilità

5 Il governo italiano afferma che i motivi contenuti nel ricorso sono già stati respinti dalla Corte nella sentenza 8 luglio 1987, Commissione / Italia (causa 262/85, Racc. pag. 3073) e che pertanto non sono riproponibili.

6 La Commissione, per contro, sostiene che, nella presente causa, il ricorso è inteso a far constatare dalla Corte non già che la normativa italiana, nel fissare le date di apertura della caccia, non abbia tenuto conto dei vari periodi di protezione indicati nell' art. 7, n. 4, della direttiva, bensì che le date scelte dal governo italiano per i vari periodi di caccia non sono conformi a quanto prescritto da detta disposizione. Nella causa 262/85 questo motivo era stato dedotto dalla Commissione nella memoria di replica. Esso è perciò stato disatteso dalla Corte per la sola ragione che non era stato formulato né durante la fase precontenziosa né nel ricorso.

7 L' eccezione sollevata dal governo italiano non può essere accolta. Infatti dalla menzionata sentenza emerge che il motivo relativo alla necessità di vietare la caccia durante taluni periodi è stato disatteso in quella causa per motivi di procedura. La Corte non si è pertanto pronunciata sulla sua fondatezza.

Nel merito

8 Il governo italiano sostiene innanzitutto che la normativa nazionale rispetta le condizioni fissate dall' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva, poiché, da un lato, la maggior parte delle nidiate delle specie considerate è di norma già indipendente a partire dal 18 agosto e, dall' altro, gli uccelli migratori di cui trattasi non sorvolano di norma il territorio italiano in numero rilevante prima del 28 febbraio, a seconda dei casi, del 10 marzo.

9 Il governo italiano ritiene altresì che le opere citate dalla Commissione abbiano carattere generale e non tengano conto della specificità della situazione italiana. A suo parere, la Commissione non ha dimostrato la pertinenza dei dati ornitologici in esse contenuti per quanto riguarda le specie contemplate nel ricorso.

10 Il governo italiano osserva infine che le regioni possono modificare le date di apertura e di chiusura della caccia fissate dalla normativa nazionale per tener conto di cicli di nidificazione o di particolari movimenti migratori.

Sulle questioni di principio

11 L' argomentazione del governo italiano solleva così tre questioni di principio: la portata dell' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva, la natura degli elementi scientifici richiesti per soddisfare l' onere della prova nel campo dell' avifauna e la questione di sapere in quale misura la trasposizione della citata disposizione possa essere assicurata dalle autorità regionali di uno Stato membro.

12 Per quanto riguarda la prima questione, cioè l' interpretazione dell' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva, emerge dagli atti che i cicli della riproduzione e i movimenti migratori degli uccelli sono caratterizzati da una certa variabilità, che, in ragione delle circostanze meteorologiche, interessa, in particolare, i periodi durante i quali detti fenomeni si verificano. Così, talune nidiate di una determinata specie possono ancora trovarsi nel nido o in uno stato di dipendenza alimentare in una data posteriore al periodo medio di riproduzione. Parimenti, taluni uccelli di una determinata specie migratrice possono iniziare il loro ritorno verso il luogo di nidificazione in una data relativamente precoce rispetto alla media dei flussi migratori.

13 Si tratta pertanto di accertare se uno Stato membro possa autorizzare la caccia a partire dal momento in cui la maggioranza delle nidiate di una determinata specie ha raggiunto la sua indipendenza alimentare e per il tempo in cui la maggior parte degli uccelli di una specie migratrice non sorvoli ancora il territorio di questo Stato membro per ritornare al luogo di nidificazione, ovvero se il legislatore nazionale debba aggiungere al periodo abituale di riproduzione e di dipendenza, come pure al periodo di migrazione, un periodo supplementare onde tener conto delle variazioni di cui sopra.

14 A questo proposito si deve sottolineare che l' art. 7, n. 4, seconda e terza frase, della direttiva intende garantire un regime completo di protezione durante i periodi in cui la sopravvivenza degli uccelli selvatici è particolarmente minacciata. Di conseguenza, la protezione contro le attività venatorie non può essere limitata alla maggioranza degli uccelli di una data specie, determinata secondo la media dei cicli riproduttivi e dei movimenti migratori. Sarebbe incompatibile con gli obiettivi della direttiva che, in situazioni caratterizzate da una prolungata dipendenza delle nidiate e da una migrazione precoce, una parte della popolazione di una specie sfuggisse alla prevista protezione.

15 Per quanto riguarda la seconda questione, cioè la natura della prova da produrre in questa materia e la pertinenza delle pubblicazioni scientifiche citate dalla Commissione, è pacifico che le opere di cui trattasi fanno testo nel campo dell' avifauna. A proposito della tesi del governo italiano, secondo la quale i dati forniti dalla Commissione non riguardano specificamente la situazione italiana, si deve osservare che in mancanza di letteratura specifica relativa al territorio dello Stato membro interessato, la Commissione può fare riferimento ad opere ornitologiche vertenti su un' area generale di distribuzione nella quale rientra lo Stato membro. Il governo italiano, d' altronde, non ha prodotto studi scientifici alternativi per contestare le indicazioni fornite dalla Commissione.

16 Per quanto riguarda la terza questione, concernente la possibilità che la direttiva sia attuata dalle regioni italiane mediante l' uso della loro facoltà di derogare ai periodi di caccia fissati dalla normativa nazionale e di vietare o di limitare la caccia, quando sussistono determinate condizioni, si deve sottolineare che una normativa nazionale che dichiara la caccia a talune specie aperta in linea di principio, salvo contrarie disposizioni emanate dalle autorità regionali, non risponde alle esigenze di protezione risultanti dalla direttiva.

17 Infatti, come si ricava dalle sentenze della Corte 8 luglio 1987 (causa 247/85, Commissione / Belgio, Racc. pag. 3029, e causa 262/85, Commissione / Italia, Racc. pag. 3073), sarebbe incompatibile col principio della certezza del diritto permettere ad uno Stato membro di invocare il potere normativo delle autorità regionali per giustificare una legislazione nazionale che non rispetti i divieti sanciti da una direttiva.

Sul motivo concernente l' apertura della caccia a quattro specie a partire dal 18 agosto

18 La Commissione sostiene che le disposizioni nazionali che autorizzano la caccia alla folaga, alla gallinella d' acqua, al germano reale e al merlo a partire dal 18 agosto sono incompatibili con l' art. 7, n. 4, seconda frase, della direttiva, poiché il periodo della riproduzione e della dipendenza di queste specie non si è ancora concluso in tale data.

19 Si deve constatare che, in base alle rilevazioni scientifiche fornite dalla Commissione per le specie soprammenzionate, è possibile che il 18 agosto una parte considerevole delle nidiate di tre delle specie menzionate, precisamente le nidiate delle folaghe, delle gallinelle d' acqua e dei germani reali, si trovi ancora nel nido o in stato di dipendenza alimentare. Dai medesimi dati, invece, emerge che le nidiate dei merli raggiungono la loro indipendenza prima di tale data.

20 Ne consegue che, fatta eccezione per quanto riguarda il merlo, il primo motivo della Commissione deve essere accolto.

Sul motivo concernente l' apertura della caccia a diciannove specie fino al 28 febbraio o 10 marzo

21 La Commissione ritiene, in secondo luogo, che le norme nazionali ai cui sensi possono essere cacciate fino al 28 febbraio dieci specie migratrici e fino al 10 marzo altre nove specie che durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo attraversano l' Italia per raggiungere il loro luogo di nidificazione nell' Europa centrale e nell' Europa settentrionale non siano conformi all' art. 7, n. 4, terza frase, della direttiva.

22 Nei confronti di questo motivo, il governo italiano deduce che la normativa nazionale ha adattato i periodi di caccia alle prescrizioni della convenzione internazionale sulla protezione degli uccelli del 18 ottobre 1950 relative alla protezione degli uccelli migratori. Sottolinea che, in mancanza di concrete indicazioni normative nella direttiva, le prescrizioni della convenzione sopra considerata possono essere ammesse come criteri di una adeguata protezione degli uccelli migratori nel contesto della direttiva.

23 E' sufficiente rilevare che la convenzione considerata, la quale esige che gli uccelli migratori siano protetti in particolare nel mese di marzo, non può costituire un elemento fondamentale per l' interpretazione della direttiva, le cui condizioni di protezione sono più severe.

24 Si deve constatare che, secondo le rilevazioni scientifiche fornite dalla Commissione sulle specie migratrici menzionate nel ricorso, in particolare il rapporto dell' Istituto nazionale di biologia della selvaggina, è possibile che una parte rilevante di dette specie attraversi il territorio italiano già a partire dal mese di febbraio, cosicché la normativa italiana non risulta conforme alla citata disposizione della direttiva.

25 A proposito delle varie specie, si deve tuttavia rilevare che l' inosservanza della direttiva non è stata dimostrata in modo sufficiente per quanto riguarda due di esse, cioè la pettegola e il chiurlo. Infatti, nel rapporto soprammenzionato, viene indicato che la pettegola sorvola il territorio italiano solo a partire dalla prima metà del mese di marzo e che il chiurlo sorvola il territorio italiano durante il periodo a cavallo tra i mesi di marzo e aprile.

26 Ne consegue che, fatta eccezione per quanto riguarda la pettegola e il chiurlo, il secondo motivo dedotto dalla Commissione deve essere accolto.

27 Si deve pertanto constatare che, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione e durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza nonché a diverse specie migratrici durante il ritorno verso il luogo di nidificazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

28 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese. La Repubblica italiana è rimasta sostanzialmente soccombente e va quindi condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana, autorizzando la caccia a diverse specie di uccelli selvatici durante il periodo della nidificazione e durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza nonché a diverse specie migratrici durante il ritorno al luogo di nidificazione, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.