61988C0331

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo dell'8 marzo 1990. - THE QUEEN CONTRO MINISTRY OF AGRICULTURE, FISHERIES AND FOOD E SECRETARY OF STATE FOR HEALTH, EX PARTE FEDESA E ALTRI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HIGH COURT OF JUSTICE, QUEEN'S BENCH DIVISION - REGNO UNITO. - SOSTANZE AD AZIONE ORMONICA - VALIDITA DELLA DIRETTIVA N. 88/146. - CAUSA 331/88.

raccolta della giurisprudenza 1990 pagina I-04023


Conclusioni dell avvocato generale


++++

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1 . La High Court of Justice, adita nell' ambito di un ricorso avverso il regolamento che recepisce nell' ordinamento britannico la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146/CEE, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali ( 1 ), ci ha sottoposto sette questioni circa la validità della detta direttiva .

2 . Prima di passare in rassegna tali questioni, il cui testo integrale può leggersi nella relazione d' udienza, vorrei ricordare che la direttiva 88/146 si colloca nella scia della direttiva 31 luglio 1981, 81/602/CEE ( 2 ).

3 . Mentre l' art . 2 di quest' ultima direttiva vietava, in linea di principio, la somministrazione agli animali da azienda, con qualsiasi mezzo, di sostanze ad azione tireostatica e di sostanze ad azione estrogena, androgena o gestagene, il suo art . 5 consentiva che restassero in vigore, fino all' adozione da parte del Consiglio di un' ulteriore decisione, le normative nazionali che autorizzavano la somministrazione di estradiolo 17ss, progesterone, testosterone, trembolone e zeranolo a scopo d' ingrasso .

4 . L' art . 2 della direttiva 88/146 stabilisce invece che gli Stati membri non possono più autorizzare nessuna deroga all' art . 2 della direttiva 81/602 . Tuttavia, a scopo terapeutico, può essere autorizzata la somministrazione di estradiolo 17ss, di testosterone e di progesterone . L' uso dei cinque ormoni a scopo d' ingrasso, quindi, è ormai vietato . Il trembolone e lo zeranolo non possono più essere somministrati neppure a scopo terapeutico .

5 . La motivazione della direttiva 88/146 è la seguente . Il Consiglio ha fatto innanzitutto due constatazioni, e cioè :

- la somministrazione di talune sostanze ad azione ormonica ad animali da azienda è attualmente disciplinata in maniera differente negli Stati membri a causa di valutazioni divergenti delle conseguenze della loro somministrazione sulla salute umana;

- tale divergenza dà luogo ad una distorsione delle condizioni di concorrenza tra produzioni che sono oggetto di organizzazioni comuni di mercato ed a rilevanti ostacoli per gli scambi intracomunitari .

6 . Da tali constatazioni il Consiglio ha tratto una prima conclusione, e cioè che era

"pertanto necessario porre fine a tali distorsioni ed a tali ostacoli, garantendo nel contempo a tutti i consumatori condizioni di approvvigionamento dei prodotti in questione che siano sensibilmente identiche e fornendo loro un prodotto che risponda più adeguatamente alle loro preoccupazioni ed alle loro aspettative; le possibilità di smaltimento dei prodotti in questione non possono che beneficiarne ".

Il Consiglio ha quindi concluso che era opportuno

"vietare l' utilizzazione delle sostanze ormoniche per l' ingrasso ".

7 . Si ricordi altresì che la direttiva di cui trattasi è identica alla direttiva 85/649/CEE ( 3 ), che la Corte ha annullato con sentenza 23 febbraio 1988 in quanto era stata adottata in violazione del regolamento interno del Consiglio ( 4 ). Talune delle questioni poste dal giudice a quo fanno allusione a punti su cui la Corte si è già pronunciata nella menzionata sentenza . Le altre riguardano invece problemi allora non risolti dalla Corte . Per chiarezza, analizzerò le sette questioni nell' ordine, anche se le prime cinque sono connesse tra loro e taluni argomenti essenzialmente identici sono stati dedotti più volte .

Sulla violazione del principio della certezza del diritto

8 . A rigor di termini, la nozione di "certezza del diritto" rispecchia l' idea che non devono sussistere dubbi quanto al diritto che si applica in un dato momento in una materia determinata né, pertanto, quanto alla liceità od illiceità di taluni atti o comportamenti .

9 . Tuttavia, considerate le delucidazioni del giudice a quo e le osservazioni dei ricorrenti nella causa principale, è chiaro che i termini "certezza del diritto" non assumono tale significato nell' ambito della questione in esame .

10 . Come osserva il governo britannico, con la prima questione si intende difatti appurare se possa ritenersi valido un provvedimento che viene presentato come basato sull' esistenza di valutazioni divergenti da parte degli Stati membri e sulle preoccupazioni ed attese dei consumatori, senza però che siano fornite prove scientifiche valide a sostegno di tali valutazioni e preoccupazioni . Per i ricorrenti nella causa principale e per il governo britannico la soluzione di tale questione dev' essere negativa . A giudizio del governo britannico l' illegittimità è però determinata più da una lesione del principio del legittimo affidamento che da una violazione del principio della certezza del diritto . I produttori, distributori ed utilizzatori della sostanze oggetto della controversa direttiva erano, secondo il Regno Unito, legittimati ad aspettarsi che non fosse vietato somministrare tali sostanze a scopo non terapeutico, fatta salva l' ipotesi di un divieto basato su prove scientifiche attestanti che esse non fossero sufficientemente innocue e di qualità ed efficacia adeguate ( v . i punti 9-11 delle osservazioni del governo del Regno Unito ). Cosa pensare?

11 . Ritengo emerga chiaramente dal contesto e dalla motivazione della direttiva nel loro complesso che, al momento dell' adozione della direttiva, il Consiglio si trovava di fronte ad una di quelle complesse situazioni economiche e politiche in cui la Corte gli riconosce tradizionalmente un ampio potere discrezionale .

12 . Si rammenti che, nella sentenza Roquette 29 ottobre 1980 ( 5 ), avete rilevato che :

"allorché l' attuazione della politica agricola della Comunità implica, da parte del Consiglio, la valutazione di una situazione economica complessa, il potere discrezionale spettante all' istituzione non riguarda esclusivamente la natura e la portata dei provvedimenti da adottare, ma anche, in una certa misura, l' accertamento dei dati di fatto, in particolare nel senso che il Consiglio può eventualmente fondarsi su accertamenti globali . Il sindacato giurisdizionale sull' esercizio di detto potere deve limitarsi agli eventuali vizi di errore manifesto, sviamento di potere o palese sconfinamento dai limiti del potere discrezionale ".

13 . Nella sentenza Stoelting ( 6 ), avete considerato, quanto ad una divergenza d' opinioni riguardante più in particolare "l' opportunità e l' efficacia" di un provvedimento adottato dal Consiglio, che,

"benché la manifesta inadeguatezza d' un provvedimento allo scopo che la competente istituzione cerca di conseguire possa inficiarne la legittimità, va cionondimeno riconosciuto al Consiglio un potere discrezionale in questa materia che corrisponde alle responsabilità politiche che gli artt . 40 e 43 gli impongono ".

Nella sentenza Schraeder, siete stati ancor più categorici dichiarando, dopo aver ricordato anche le responsabilità politiche del legislatore comunitario, che

"di conseguenza solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l' istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di un siffatto provvedimento" ( sentenza 11 luglio 1989, punto 22 della motivazione, causa 265/87, Racc . pag . 2237 ).

14 . Nel caso di specie il Consiglio doveva esercitare il proprio potere discrezionale ed assumere le proprie responsabilità politiche a fronte della situazione seguente .

15 . Da un canto, v' erano le opinioni scientifiche che avevano in un primo tempo indotto la Commissione a dichiarare, nel settimo "considerando" della sua proposta iniziale ( 7 ), che

"Si è constatato, sul piano scientifico, che l' impiego di estradiolo 17ss, del testosterone, del progesterone e dei loro derivati che si trasformano facilmente per idrolisi nel composto progenitore dopo essere stati assorbiti dal punto di applicazione, non presenta alcun effetto nocivo per la salute del consumatore e non nuoce a quest' ultimo alterando le caratteristiche della carne, purché avvenga secondo condizioni appropriate ".

Per un' autorizzazione almeno di queste ultime tre sostanze militavano altresì le reazioni negative avutesi nei paesi terzi esportatori di carni all' idea che la Comunità potesse chiudere le frontiere alle carni di animali trattati con gli ormoni .

16 . D' altro canto, però, venivano addotti vari argomenti a sostegno del divieto delle cinque sostanze .

a ) La maggior parte degli Stati membri, che aveva da tempo proibito l' uso di tutte le sostanze ormoniche, continuava a non essere convinta della loro innocuità . I governi spagnolo e italiano hanno confermato nel corso del presente procedimento che questo è ancor oggi il loro punto di vista . La stessa Commissione aveva corredato la sua proposta iniziale nel senso dell' autorizzazione delle tre sostanze di condizioni molto precise, e cioè che gli Stati membri dovevano vigilare affinché le sostanze in esame :

- venissero somministrate agli animali da azienda solo mediante impianti nelle parti dell' animale che si eliminano durante la macellazione;

- venissero somministrate ad animali identificati al momento dell' impianto e che non potessero essere macellati prima della scadenza del tempo di attesa stabilito ai sensi dell' art . 3, lett . a );

- fossero somministrate da un veterinario .

Nel corso del presente procedimento, il Consiglio ha fatto presente di temere che, qualora tali norme non fossero rispettate o fossero usati quantitativi eccessivi, gli ormoni potessero avere conseguenze negative per i consumatori . Esso ha altresì evidenziato che qualunque parere scientifico viene emesso con la riserva : "allo stato attuale delle conoscenze ".

I ricorrenti hanno ribattuto che la stessa considerazione vale per qualunque medicinale . A mio parere, v' è però una differenza rilevantissima tra l' uso di un medicinale a scopi terapeutici e il suo uso massiccio per accelerare la crescita degli animali .

b ) All' atto dell' adozione della direttiva di cui è causa, cioè quella del 7 marzo 1988, il Consiglio aveva peraltro presente la vostra menzionata sentenza 23 febbraio 1988, "ormoni ". Ai punti 34 e 35 della motivazione di questa sentenza vi siete pronunciati in merito alla portata della "relazione sull' esperienza acquisita e sull' evoluzione scientifica, corredata eventualmente di proposte che tengano conto di tale evoluzione" e che l' art . 8 della direttiva 81/602 imponeva alla Commissione di presentare al Consiglio . Avete dichiarato che

"l' art . 8 imponeva tale obbligo soltanto alla Commissione, la quale era tenuta a far predisporre la relazione e a tenerne conto, se del caso, nelle sue proposte . Il Consiglio non era tenuto quindi a far riferimento a tali precedenti ".

In altri termini, il Consiglio non era tenuto ad autorizzare l' uso delle cinque sostanze ormoniche a fini d' ingrasso anche qualora la detta relazione scientifica ne avesse dichiarato l' innocuità .

Inoltre, la Commissione ha modificato la sua proposta iniziale nel senso del divieto di tutte le sostanze ormoniche .

c ) Al Consiglio venne sottoposta una risoluzione del Parlamento europeo che era diametralmente opposta alla proposta iniziale della Commissione . Come si vedrà in prosieguo, il parere del Parlamento, adottato l' 11 ottobre 1985, doveva essere ritenuto ancora valido nel marzo 1988 . Il Parlamento sosteneva che :

"Le informazioni scientifiche in merito a tali sostanze sono lungi dall' essere complete (...) esistono pertanto notevoli incertezze in merito all' opportunità del loro uso e alle loro conseguenze sulla salute umana (...) l' incertezza che ne deriva circa la sicurezza di queste sostanze ha avuto conseguenze negative sulla fiducia dei consumatori (...) le reazioni delle organizzazioni di consumatori degli Stati membri hanno dimostrato che tali organizzazioni rifiutano l' impiego degli ormoni nella produzione di carne" ( 8 ).

Il Comitato economico e sociale confermò tale punto di vista dichiarando che :

"i rappresentanti dei consumatori e dei lavoratori si sono pronunciati già da tempo contro l' impiego di tutti gli anabolizzanti per l' ingrasso degli animali" ( 9 ).

d ) Al Consiglio si faceva quindi presente l' opinione delle organizzazioni di consumatori . Ebbene, è pacifico che in molti paesi della Comunità tali organizzazioni avevano promosso campagne che comportavano persino appelli per il boicottaggio delle carni agli ormoni . Peraltro la Commissione ha detto all' udienza che in passato il consumo di carne era diminuito per due volte a causa di tali campagne . Così stando le cose, il Consiglio non ha certo commesso un errore manifesto rilevando che la carne ottenuta senza uso di ormoni era più rispondente alle preoccupazioni ed alle attese dei consumatori e che le possibilità di smercio della carne potevano solo esserne incrementate .

Peraltro, in larga misura, le dette campagne non si basavano unicamente su timori circa la nocività degli ormoni, ma erano espressione di una più generale tendenza nell' opinione pubblica, vale a dire della crescente avversione di questa nei confronti dell' uso di prodotti chimici in agricoltura . Pertanto il Consiglio poteva ritenere che molto verosimilmente una legalizzazione degli ormoni avrebbe dato adito ad un movimento di protesta ancora più ampio e ad un calo ancor più marcato del consumo di carne, con tutte le conseguenze negative derivantine per gli agricoltori .

La Commissione ha rammentato che il Bureau européen des unions des consommateurs, la Consumer Federation of America e la Public Voice for Food and Health Policy hanno tutti espresso di recente, per l' ennesima volta, un parere negativo circa l' uso delle sostanze ormonali .

e ) Infine, la valutazione del Consiglio ha avuto altresì ad oggetto la questione se l' eventuale autorizzazione delle tre sostanze "naturali" potesse far scomparire l' uso clandestino delle sostanze la cui nocività tutti riconoscono e, pertanto, dovesse almeno essere ammessa in quanto "male minore", ovvero se solo il divieto di tutte le sostanze potesse essere efficacemente controllato . Come dirò in seguito a proposito dell' asserita violazione del principio di proporzionalità, a mio parere, il Consiglio non è incorso in un errore manifesto ritenendo che, anche dal punto di vista delle possibilità di controllo, il divieto generale fosse la soluzione da preferire .

17 . In via generale sono del parere che nessuno degli argomenti presi in considerazione dal Consiglio comportava un errore manifesto e che esso non ha certo ecceduto i limiti del suo potere discrezionale deducendo da tutti gli argomenti in suo possesso che risultava adeguato e giustificato sancire il divieto di somministrare le cinque sostanze a fini d' ingrasso, anche in mancanza di prove scientifiche della loro nocività . La soluzione del divieto assoluto era la sola che potesse al contempo eliminare le distorsioni di concorrenza e gli ostacoli per gli scambi intracomunitari di carne, sopprimere qualunque rischio, anche solo ipotetico, per la salute pubblica ed evitare un nuovo calo del consumo .

18 . Per completezza vorrei, però, pronunciarmi anche su taluni altri argomenti che sono stati dedotti .

19 . I ricorrenti hanno sostenuto che gli ostacoli derivanti, per gli scambi intracomunitari, dalle divergenze nelle normative avrebbero potuto essere eliminati applicando l' art . 30 del Trattato, che vieta le misure di effetto equivalente a restituzioni quantitative . Ebbene, non v' è al riguardo nessuna certezza, poiché sarebbe stato del tutto verosimile che la Corte, adita ai sensi degli artt . 169 o 177 del Trattato CEE, decidesse che ricorrevano le condizioni per l' applicazione dell' art . 36 . In tal caso, ostacoli e distorsioni avrebbero continuato a sussistere . Pertanto, diversamente dalla strada scelta dal Consiglio, quella proposta dai ricorrenti non avrebbe risolto il problema a colpo sicuro .

20 . I ricorrenti nella causa principale ritengono anche di potere affermare che i consumatori sono restii a comprare carni non trattate con gli ormoni, per il loro aspetto meno appetitoso e per il maggior contenuto di grassi . Tuttavia, non è stato affatto dimostrato che i consumatori preferirebbero le carni meno grasse se si dicesse loro che provengono da animali trattati con gli ormoni . Al contrario, le organizzazioni di consumatori hanno dimostrato di non volere carni del genere .

21 . Infine, il governo britannico ha sostenuto che sin dal 1965 la prassi seguita dalla Comunità è stata di basare la normativa sull' autorizzazione dei prodotti medicinali su una valutazione scientifica dell' innocuità, della qualità e dell' efficacia dei prodotti stessi . Poiché nell' ambito della direttiva 31 luglio 1981, 81/602, il Consiglio annunciava che :

"l' impiego di estradiolo 17ss, progesterone, testosterone, trembolone e zeranolo deve essere ancora oggetto di studi approfonditi per determinarne il carattere innocuo o nocivo" ( quarto 'considerando' ),

i produttori e gli utilizzatori di queste sostanze avrebbero quindi avuto un "legittimo affidamento" nel fatto che il loro impiego a fini di ingrasso sarebbe stato consentito non appena una valutazione scientifica ne avesse dimostrato l' innocuità . L' innocuità del trembolone e dello zeranolo sarebbe stata dimostrata poco dopo quella delle altre tre sostanze .

22 . Tale argomento induce a tre rilievi . Anzitutto, dall' effetto combinato dell' art . 4 della direttiva 81/602 e degli artt . 2 e 3 della direttiva 88/146 risulta che sarà redatto, nel rispetto dei principi e dei criteri pertinenti delle direttive 81/851/CEE ( 10 ) e 81/852/CEE ( 11 ), un elenco di prodotti contenenti estradiolo 17ss, testosterone e progesterone e che possono essere autorizzati dagli Stati membri a scopi terapeutici, anche se dette sostanze non sono state di per sé oggetto di uno studio scientifico conformemente alle menzionate direttive . Non è stato asserito che, per tale motivo, esse non dovrebbero poter essere impiegate a fini terapeutici .

23 . Ad ogni modo, come ho già detto, v' è una differenza essenziale tra l' uso di una sostanza a fini terapeutici ed il suo impiego, molto più massiccio, a fini d' ingrasso . Il Consiglio non è andato al di là del suo potere discrezionale ritenendo che l' autorizzazione del primo dei detti impieghi non lo obbligasse ad autorizzare anche il secondo .

24 . In secondo luogo, se è vero che la direttiva 81/602 può aver suscitato negli ambienti interessati la speranza che, a seguito di nuovi studi, venisse consentito l' impiego delle cinque sostanze a fini d' ingrasso, tuttavia si trattava unicamente di una semplice aspettativa, non già di un caso di "legittimo affidamento ".

25 . Infatti, "se si esamina la giurisprudenza della Corte in proposito, si rileva che il problema centrale in detta giurisprudenza consiste nell' accertare, in ciascuna ipotesi, una "base di affidamento"; in presenza di questa, la situazione dell' amministrato è meritevole di tutela; in caso contrario egli dovrà sopportare l' applicazione della regola generale . Sempre secondo la giurisprudenza, considerata nel suo complesso, pare che tale base possa rilevarsi solo nel caso di un impegno dell' autorità, vale a dire nell' ambito di un rapporto contrattuale o quasi contrattuale tra la pubblica autorità ed il soggetto che invoca in proprio favore la tutela del legittimo affidamento" ( 12 ).

26 . Infine, occorre ricordare come, nei punti 34 e 35 della vostra citata sentenza "ormoni" del 23 febbraio 1988, abbiate dichiarato che il Consiglio non era vincolato dalle conclusioni della relazione scientifica di cui all' art . 8 della direttiva 81/602 .

27 . Per tutti i motivi suesposti, vi suggerisco di dichiarare che la direttiva 88/146 non è incompatibile con i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento .

Sulla violazione del principio di proporzionalità

28 . I ricorrenti nella causa principale, sostenuti dal Regno Unito, deducono una serie di argomenti volti a dimostrare che l' assoluto divieto delle cinque sostanze di cui trattasi è illegittimo in quanto viola il principio di proporzionalità .

29 . Anzitutto essi sottolineano che il divieto non contribuisce affatto a raggiungere i suoi scopi dichiarati, segnatamente in quanto non può essere applicato in pratica . Inoltre, non essendovi rischi per la salute, dei provvedimenti meno restrittivi, quali campagne d' informazione ed obblighi in materia di etichettatura, sarebbero bastati per placare le preoccupazioni dei consumatori .

30 . Il provvedimento adottato non avrebbe risultati positivi; al contrario, esso causerebbe vari inconvenienti . Esso cagionerebbe perdite economiche, subite anzitutto dalle società farmaceutiche, che non possono più vendere taluni preparati, poi dai coltivatori, privati dei vantaggi in termini di costi e di produttività che l' impiego di tali sostanze consentiva, ed infine dai veterinari, che hanno perso sia la facoltà, loro spettante in quanto sanitari, di somministrare ormoni sia i relativi introiti .

31 . Il divieto avrebbe inoltre determinato la comparsa sul mercato di carni bovine più grasse di quelle trattate con gli ormoni, con le nefaste conseguenze che ne derivano per la salute pubblica . Esso avrebbe altresì causato un notevole ampliamento del mercato nero di pericolosi surrogati, che esisteva precedentemente solo negli Stati membri in cui era in vigore il divieto .

32 . Vi suggerisco comunque di considerare più convincenti gli argomenti in senso contrario dedotti dal Consiglio, dalla Commissione, dal governo spagnolo e dal governo italiano . Faccio miei questi argomenti, riprodotti in modo molto dettagliato nella relazione d' udienza, cui mi sia consentito far rinvio . I punti seguenti mi paiono più in particolare degni di considerazione .

33 . Il provvedimento adottato non è manifestamente inadeguato ( 13 ) per raggiungere lo scopo perseguito . Solo un divieto assoluto di tutte le sostanze ad azione ormonica, quali che siano, poteva effettivamente venire incontro alle preoccupazioni - giustificate o meno - dei consumatori . Un simile divieto assoluto non esclude, è vero, il nascere di un mercato nero e la somministrazione clandestina degli ormoni . Tuttavia, come sottolinea la Commissione, l' autorizzazione dei soli ormoni cosiddetti "naturali" non avrebbe neanch' essa impedito il nascere di un mercato nero di altre sostanze senza dubbio pericolose, ma meno care .

34 . I ricorrenti ribattono, però, che se si consentisse almeno la somministrazione dell' estradiolo, del testosterone e del progesterone gli agricoltori sarebbero meno tentati di usare sostanze stilbeniche e tierostatiche ( vietate dal 1981 ) o ogni sorta di miscugli . Ciò può essere vero . Tuttavia, spettava al Consiglio usare il suo potere discrezionale e soppesare i vantaggi e gli inconvenienti delle due possibilità che gli si offrivano : il divieto assoluto, col rischio di un mercato nero, o l' autorizzazione delle tre sostanze di cui trattasi, con la certezza di provocare nuovi appelli al boicottaggio senza per questo evitare il mercato nero .

35 . Inoltre, il controllo sull' applicazione della normativa è più agevole se tutte le sostanze sono vietate giacché non occorre più accertare se le sostanze impiegate rientrino o no nella categoria dei prodotti vietati .

36 . Anche se i ricorrenti sono nel giusto quando sostengono che non è possibile scoprire l' uso delle cinque sostanze ormoniche considerate mediante controlli sulle bestie o sulle carni, data la presenza di ormoni naturali, va rilevato che le autorità competenti dispongono di altri mezzi di controllo . Infatti, non si deve dimenticare che, a tenore dell' art . 1 della direttiva del Consiglio 16 luglio 1985, 85/358/CEE, che completa la direttiva 81/602/CEE ( 14 );

"Gli Stati membri provvedono affinché controlli ufficiali mediante campione casuale siano effettuati in loco nella fase della fabbricazione delle sostanze di cui alla direttiva 81/602/CEE, nonché nelle fasi di movimentazione, magazzinaggio, trasporto, distribuzione e vendita ".

37 . Così, confrontando i quantitativi prodotti o venduti con quelli che sono, in media, necessari per i trattamenti terapeutici, è possibile scoprire se il divieto venga trasgredito .

38 . Inoltre, l' art . 3 della stessa direttiva prevede controlli a campione sugli animali nelle aziende d' origine, segnatamente per l' individuazione di tracce d' impianti, e controlli ufficiali intesi ad individuare la presenza di sostanze vietate nelle aziende agricole . Poiché tutte le sostanze sono vietate, non è più necessario analizzare l' esatta natura dei prodotti, soprattutto dei miscugli .

39 . Quanto alla possibilità di raggiungere lo scopo perseguito mediante un provvedimento meno restrittivo, i ricorrenti sostengono anzitutto che i timori nutriti dai consumatori avrebbero potuto essere dissipati diffondendo informazioni sull' innocuità delle cinque sostanze e sui vantaggi delle carni più magre . Tuttavia, quest' argomento presuppone che sia risolto il problema sul quale, per l' appunto, le opinioni divergono, vale a dire se i rapporti scientifici disponibili dimostrino definitivamente e inconfutabilmente che le dette sostanze sono del tutto innocue .

40 . In secondo luogo, i ricorrenti ritengono che sarebbe stato sufficiente imporre l' obbligo di etichettare adeguatamente le carni provenienti da animali trattati .

41 . Secondo me, però, il Consiglio e la Commissione hanno dimostrato in modo convincente che l' etichettatura non costituisce una reale alternativa . Occorrerebbe infatti "seguire" la carne di ciascun animale dal mattatoio alla macelleria o al supermercato e contrassegnare ciascuno dei vari pezzi venduti separatamente e dei vari prodotti di salumeria, come le salsicce . Peraltro, nella maggior parte degli Stati membri tale etichettatura sarebbe controproducente, giacché la carne così contrassegnata sarebbe rifiutata .

42 . Per quanto riguarda la proporzionalità in senso stretto, vale a dire il raffronto tra i danni cagionati a diritti individuali e i vantaggi creati come contropartita nell' interesse generale, va rilevato che la preservazione della sanità pubblica deve prevalere su ogni altra considerazione . Poiché riteneva, in forza del suo potere di valutazione discrezionale, di non poter tenere in non cale i dubbi provati dalla maggior parte degli Stati membri e da una larga parte dell' opinione pubblica a proposito dell' innocuità delle sostanze considerate, il Consiglio aveva il diritto di imporre sacrifici economici alle persone interessate .

43 . Credo pertanto che la seconda questione debba essere risolta in senso negativo .

Sulla violazione del principio di parità di trattamento

44 . Secondo i ricorrenti nella causa principale, la direttiva è discriminatoria, poiché la sua incidenza economica varia di molto a seconda degli Stati membri : infatti, a causa delle diverse tradizioni zootecniche, la somministrazione degli ormoni è stata praticata su scala molto più vasta nel Regno Unito, in Spagna, in Francia e in Irlanda rispetto agli altri Stati membri . La High Court ci ha fatto sapere che questi dati sono esatti .

45 . Tuttavia, vale la pena di rilevare che fra i paesi menzionati solo il Regno Unito sembra aver votato contro la direttiva . Il governo spagnolo, nelle osservazioni che ha presentato alla Corte, esclude categoricamente che la direttiva abbia effetti discriminatori . Esso sostiene che "questo argomento non può essere accolto giacché la ragion d' essere della direttiva è proprio la sussistenza di una disparità normativa fra i vari Stati membri . Se la situazione fosse identica dovunque, non sarebbe necessaria alcuna norma (...). Inoltre, non può sussistere discriminazione poiché la norma comunitaria si applica nello stesso modo nei confronti di tutti gli Stati membri . Non sono previste deroghe specifiche alle disposizioni di tale atto per un determinato Stato membro, in maniera da porlo in una situazione di vantaggio rispetto agli altri" ( punto III ), pag . 6, delle osservazioni del governo spagnolo ). Faccio miei questi argomenti, nonché quelli nello stesso senso presentati dall' Italia, dal Consiglio e dalla Commissione . Le sentenze citate dai ricorrenti a sostegno della loro tesi si collocano in contesti molto diversi e quindi non possono valere come precedenti in questa causa .

Sulla censura di sviamento di potere

46 . Nella quarta questione il giudice nazionale chiede se la direttiva 88/146 vada considerata nulla per sviamento di potere da parte del Consiglio, giacché sarebbe incompatibile con gli scopi della politica agricola comune indicati dall' art . 39 del Trattato CEE .

47 . A questo proposito, i ricorrenti nella causa principale ribadiscono argomenti già svolti relativamente alle questioni precedenti per concludere che il provvedimento adottato, non presentando alcun vantaggio, non può contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui all' art . 39 del Trattato e quindi è diretto, di fatto, a raggiungere un altro scopo non dichiarato dal Consiglio, vale a dire la riduzione delle eccedenze di carne bovina che sarebbe resa possibile dalla diminuzione della produzione provocata dal calo di produttività determinato dal detto provvedimento .

48 . I ricorrenti producono testimonianze intese a dimostrare che il Parlamento era molto preoccupato dal problema delle eccedenze quando discusse della proposta della Commissione ed altre testimonianze da cui risulterebbe che tali preoccupazioni erano condivise dalla Commissione .

49 . Tuttavia, nella vostra sentenza 21 giugno 1984, Luc / Corte dei conti ( causa 63/83, Racc . pag . 2447, in particolare pag . 2465 ), si può leggere quanto segue :

"Come la Corte ha ripetutamente dichiarato (...) una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati ".

50 . Orbene, anche se è possibile che le istituzioni abbiano ravvisato nella riduzione della produzione di carne un ulteriore effetto positivo del divieto, dagli elementi forniti dai ricorrenti non emerge che tale considerazione sia stato il motivo vero o determinante dell' azione del Consiglio e che tutte le ragioni esposte nei "considerando" della direttiva siano servite solo a celarlo .

51 . Vi suggerisco quindi di risolvere la quarta questione in senso negativo .

Sulla censura di insufficienza di motivazione

52 . Su questo punto i ricorrenti nella causa principale svolgono un argomento strettamente legato alla questione precedente : poiché la direttiva sarebbe stata motivata non dalle ragioni esposte nei "considerando", ma dalla volontà di ridurre le eccedenze di carne, tale considerazione avrebbe dovuto figurare nella parte motiva della direttiva, che sarebbe quindi nulla per difetto di motivazione .

53 . Siccome ho già dimostrato l' inaccoglibilità della tesi dei ricorrenti circa la reale motivazione della direttiva, in mancanza di prove sufficienti, devo concludere che anche quest' argomento va necessariamente disatteso . Ricordo peraltro che nel punto 28 della citata sentenza nella causa 68/86 la Corte ha già rilevato che i punti della motivazione della direttiva indicano con sufficiente chiarezza gli obiettivi perseguiti .

54 . Ne consegue che anche la soluzione che suggerisco di dare alla quinta questione è negativa .

Sulla violazione di forme sostanziali

55 . I ricorrenti nella causa principale deducono tre vizi di forma che, a loro avviso, inficiano la validità della direttiva .

56 . In primo luogo essi sostengono che, a seguito dell' annullamento della direttiva 85/649 da parte della Corte, tutti gli atti preparatori, compresi la proposta della Commissione e il parere del Parlamento anteriori all' "adozione" della direttiva stessa, erano anch' essi nulli .

57 . Io ritengo però, con la Commissione e con il Consiglio, che l' annullamento della precedente direttiva da parte della Corte, per un vizio puramente procedurale che si collocava nella fase estrema della sua adozione, non abbia potuto compromettere la validità dell' iter effettuato prima del ricorso, illegittimo, alla procedura scritta . Quindi, tanto la proposta della Commissione quanto il parere del Parlamento sono rimasti validi nonostante l' annullamento della direttiva 85/649 .

58 . Per quanto riguarda la proposta della Commissione, occorre ancora rilevare come l' art . 149, terzo comma, del Trattato CEE disponga che "fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato, la Commissione può modificare la sua proposta ". Ne consegue che una proposta "resta sul tavolo" fino a che il Consiglio non si sia pronunciato ( a meno che, naturalmente, non sia stata formalmente revocata ). Orbene, poiché la direttiva 85/649 è stata annullata per vizio di forma, il Consiglio non si è pronunciato validamente e la proposta della Commissione non ha esaurito i suoi effetti .

59 . Secondo i ricorrenti, il parere del Parlamento e la proposta della Commissione avrebbero dovuto inoltre essere considerati superati poiché si riferivano alla situazione esistente nel 1984 e nel 1985 e si basavano sull' insieme delle cognizioni scientifiche e d' altra natura allora disponibili . A ciò va obiettato che il Parlamento, se avesse ritenuto, nel febbraio-marzo 1988, che la direttiva non dovesse essere adottata nuovamente nella versione annullata dalla Corte, avrebbe sicuramente votato una risoluzione in tal senso e che la Commissione, rappresentata alle riunioni del Consiglio, avrebbe avuto senz' altro la possibilità di informare quest' ultimo di un proprio eventuale cambiamento di parere .

60 . I ricorrenti nella causa principale sottolineano anche il fatto che la composizione del Parlamento e della Commissione è cambiata dal 1984-1985 a seguito dell' adesione della Spagna e del Portogallo . Tale considerazione non può avere però la minima importanza, giacché il Parlamento e la Commissione agiscono sempre come istituzioni, prescindendo dalla loro composizione .

61 . Infine il governo britannico sostiene ancora, dal canto suo, che il Parlamento avrebbe dovuto comunque essere nuovamente consultato già nel 1985, poiché la proposta è stata notevolmente modificata dopo che esso aveva emesso il suo parere . Tuttavia è incontestabile che tale modifica va nel senso indicato dal Parlamento nel suo parere, in cui si era pronunciato per il divieto assoluto delle cinque sostanze, adottato in definitiva dal Consiglio, mentre la proposta che gli era stata presentata prevedeva solo il divieto dello zeranolo e del trembolone . Non era quindi necessario consultare di nuovo il Parlamento .

62 . Da quanto precede deriva che non vi è stata violazione delle forme sostanziali .

Sulla violazione del principio di irretroattività

63 . La High Court of Justice ci chiede in ultimo luogo se la direttiva 88/146 sia nulla perché incompatibile col principio dell' irretroattività delle disposizioni legislative, in particolare di quelle intese a sanzionare penalmente atti commessi prima della loro pubblicazione . Infatti, l' art . 10 della direttiva fa obbligo agli Stati membri di conformarsi alla stessa entro il 1 gennaio 1988, mentre essa è stata adottata solo il 7 marzo 1988 .

64 . A questo proposito si deve osservare innanzitutto la notevole differenza esistente fra il caso classico di retroattività, in cui viene emanata improvvisamente una nuova normativa che si applica a fatti verificatisi in passato, e il caso presente, in cui :

- gli interessati sono stati avvertiti con due anni di anticipo del fatto che dal 1 gennaio 1988 talune pratiche sarebbero state vietate ( infatti la direttiva 85/649 è stata pubblicata nella GU il 31 dicembre 1985 );

- le pratiche considerate erano effettivamente vietate in tutti gli Stati membri, tranne uno, dal 1 gennaio 1988 al 23 febbraio 1988, data della sentenza della Corte .

65 . Va poi rilevato, come hanno fatto il governo italiano e il Consiglio, che in via di principio sono i provvedimenti nazionali di attuazione a produrre effetti nei confronti dei singoli, e non le direttive in sé e per sé . Peraltro, la direttiva di cui si discute non contiene disposizioni di natura penale .

66 . Infine, l' annullamento di una direttiva non crea necessariamente un vuoto giuridico in tutti gli Stati membri . Tutto dipende dalla natura dei provvedimenti adottati a livello nazionale .

67 . Nel caso in esame otto Stati membri avevano già vietato, con provvedimenti autonomi, le cinque sostanze ormonali molto prima dell' emanazione della direttiva del 1985 . Tali provvedimenti nazionali non sono certo divenuti invalidi dopo l' annullamento della direttiva . Altri Stati membri hanno adottato analoghi provvedimenti solo per conformarsi alla direttiva . In taluni di quei paesi le misure suddette sono state probabilmente adottate in forza dei normali poteri legislativi o regolamentari, come se si trattasse di atti puramente nazionali . Anche in tali casi l' annullamento della direttiva non avrà compromesso la validità delle disposizioni di diritto interno e quindi non si pone alcun problema di retroattività .

68 . Nel Regno Unito, invece, la direttiva sembra aver costituito l' unica base giuridica delle norme adottate nell' ordinamento nazionale, vale a dire le "Medecines ( hormone growth promoters ) ( prohibition of use ) Regulations SI 1986 n . 1876", entrate in vigore il 1 dicembre 1986 . Se le dette Regulations sono effettivamente divenute invalide a causa dell' annullamento della direttiva 85/649, non esisteva, in quell' epoca, nessuna disposizione di diritto britannico che vietasse la somministrazione delle cinque sostanze ormonali agli animali e quindi tale pratica non era passibile di sanzioni .

69 . Quanto alla direttiva 88/146, essa è stata attuata con "Regulations" recanti lo stesso titolo ( SI 1988, n . 705 ), che sono entrate in vigore solo il 13 aprile 1988 . Quindi, il Consiglio è forse nel giusto quando fa notare che i ricorrenti nella causa principale non sembrano essere mai stati assoggettati a norme di diritto interno aventi carattere retroattivo . La questione se il Regno Unito sia venuto meno agli obblighi impostigli dalla direttiva non attribuendo a tali norme carattere retroattivo non necessita di esame in questa sede .

70 . Queste considerazioni non mi dispensano però dall' accertare se la direttiva 88/146 vada considerata invalida a causa dell' effetto retroattivo ad essa attribuito .

71 . Emerge dalla giurisprudenza della Corte che "il principio dell' irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, sancito dall' art . 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell' uomo e delle libertà fondamentali come un diritto fondamentale, che fa parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte deve garantire l' osservanza" ( 15 ).

72 . La Corte ha però rilevato che, prescindendo da questo aspetto, il principio di irretroattività non ha carattere assoluto, affermando che "benché, in linea di massima, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osti a che l' efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga è possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato" ( 16 ).

73 . Sussistono tali presupposti nel caso di specie? Lo scopo perseguito richiedeva che la direttiva retroagisse dal 1 gennaio 1988?

74 . Osservo, innanzitutto, che manifestamente il Consiglio era del parere che, siccome la direttiva era stata annullata soltanto a causa di un vizio procedurale, fosse opportuno riadottarla il più rapidamente possibile senza cambiarne una virgola . Questo spiega come nell' art . 10 figuri la disposizione, divenuta nel frattempo irrealistica, che impone agli Stati membri di conformarsi alla direttiva "al più tardi il 1 gennaio 1988 ".

75 . Il Consiglio ha inoltre ritenuto necessario evitare che si creasse un vuoto giuridico nei pochi giorni che separavano l' annullamento della direttiva dalla sua riadozione e che riprendesse la somministrazione delle sostanze ormonali . Esso ha quindi voluto dare una nuova base legale, in diritto comunitario, alle disposizioni già emanate dagli Stati membri per conformarsi alla direttiva 85/649, in quanto la conservazione di tali disposizioni dipendeva dall' esistenza di una direttiva valida, anche se era sicuramente consapevole del fatto che non potevano essere inflitte sanzioni per atti commessi nel periodo considerato .

76 . L' effetto retroattivo della direttiva era necessario anche per consentire l' entrata in vigore di talune sue disposizioni che prevedono obblighi importanti per la concreta attuazione della direttiva, come, ad esempio, l' art . 4, citato dal governo britannico, che impone la tenuta di un registro in cui figurino i quantitativi di sostanze prodotti, acquistati, ceduti o utilizzati a partire dal 1 gennaio 1988 .

77 . Io ritengo che tali scopi giustificassero la retroattività e che pertanto non fosse necessaria, nelle circostanze del caso di specie, una motivazione della stessa, che avrebbe richiesto una modifica dei "considerando" della direttiva .

78 . Mi sembra chiaro del pari che, tra il 23 febbraio ed il 7 marzo 1988, gli interessati, fra i quali i ricorrenti nella causa principale, non hanno potuto "maturare un legittimo affidamento nella legalizzazione delle sostanze di cui trattasi" ( si veda il punto di vista del Consiglio come riassunto nella relazione d' udienza ). Anzi, siccome la direttiva è stata annullata solo per un vizio di forma e siccome nulla consentiva di credere in un cambiamento dell' atteggiamento della maggior parte degli Stati membri e dell' opinione pubblica, si poteva dare quasi per scontato che la direttiva sarebbe stata nuovamente, e stavolta validamente, adottata .

79 . Ciò detto, il principio dell' irretroattività delle pene non può subire eccezioni . Che accade, quindi, se effettivamente in questo o quello Stato membro le disposizioni emanate per attuare la direttiva 85/646 sono decadute perché poggiavano, in diritto nazionale, su di una base legale che consentiva di dare attuazione agli atti delle istituzioni europee solo purché questi fossero validi e se uno Stato membro, per conformarsi alla direttiva 88/146, ha adottato una nuovo norma di diritto interno retroattiva dal 1 gennaio 1988?

80 . In un caso del genere la direttiva non obbliga il giudice nazionale ad applicare sanzioni penali per fatti commessi prima della data in cui l' atto nazionale che attua la direttiva è divenuto applicabile nei confronti dei singoli . Detto giudice ha il diritto di interpretare l' art . 10 della direttiva alla luce del principio dell' irretroattività delle pene e di partire dal presupposto che, redigendo questo articolo, il Consiglio non ha voluto né avrebbe potuto derogare a tale principio .

81 . Da tutte le considerazioni sopra svolte consegue che la direttiva 88/146 non va considerata nulla perché in contrasto col principio di irretroattività, poiché dev' essere interpretata nel senso che ho sopra indicato .

Conclusione

82 . Vi suggerisco pertanto di rispondere alla High Court di Londra come segue :

"L' esame delle questioni sollevate non ha messo in luce alcun elemento che possa inficiare la validità della direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146/CEE, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali, fermo restando che l' art . 10 della stessa dev' essere interpretato nel senso che esso non obbliga gli Stati membri ad infliggere sanzioni ai singoli per fatti compiuti prima della data in cui la norma di diritto interno che dà attuazione alla direttiva è divenuta applicabile nei loro confronti ".

RfQ

(*) Lingua originale : il francese .

( 1 ) GU L 70, pag . 16 .

( 2 ) Direttiva del Consiglio concernente il divieto di talune sostanze ad azione ormonica e delle sostanze ad azione tireostatica ( GU L 222, pag . 32 ).

( 3 ) Direttiva del Consiglio concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali ( GU L 382, pag . 228 ).

( 4 ) Sentenza 23 febbraio 1988, Regno Unito / Consiglio ( causa 68/86, Racc . pag . 855 ).

( 5 ) Sentenza 29 ottobre 1980, Roquette Frères / Consiglio, punto 25 della motivazione ( causa 138/79, Racc . pag . 3333, in particolare pag . 3358 ).

( 6 ) Sentenza 21 febbraio 1979, Stoelting / Hauptzollamt Hamburg Jonas, punto 7 della motivazione ( causa 138/78, Racc . pag . 713, in particolare pag . 722 ).

( 7 ) GU 1984 C 170, pag . 4 .

( 8 ) GU 1985 C 288, pag . 158 .

( 9 ) GU 1985 C 44, pag . 14 .

( 10 ) Direttiva del Consiglio 28 settembre 1981 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari ( GU L 317, pag . 1 ).

( 11 ) Direttiva del Consiglio 28 settembre 1981 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle norme e ai protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di prove effettuate su medicinali veterinari ( GU L 317, pag . 16 ).

( 12 ) Pescatore, P .: "Les principes généraux du droit en tant que source du droit communautaire", Rapports du 12e congrès de la Fédération internationale pour le droit européen, Parigi, 1986, vol . I, pag . 35 .

( 13 ) V . la citata sentenza Stoelting e la sentenza 6 dicembre 1984, Biovilac, punto 17 della motivazione ( causa 59/83, Racc . pag . 4057 ).

( 14 ) GU L 191, pag . 46 .

( 15 ) V . la sentenza della Corte 10 luglio 1984, Regina / Kent Kirk ( causa 63/83, Racc . pag . 2689 ), nonché la sentenza 8 ottobre 1987, Kolpinghuis ( causa 80/86, Racc . pag . 3969 ), in cui la Corte ha classificato il principio d' irretroattività fra i "principi giuridici generali che fanno parte del diritto comunitario ".

( 16 ) V . segnatamente la sentenza 25 gennaio 1979, Decker ( causa 99/78, Racc . pag . 101 ), e, da ultimo, la sentenza 9 gennaio 1990, Società Agricola Fattoria Alimentare SpA ( causa C-337/88, Racc . pag . I-1 ).

/TDCA/Sentenza 13.11.1990 - Causa C-331/88

Sentenza della Corte ( Quinta Sezione )

13 novembre 1990 (*)

Nel procedimento C-331/88,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art . 177 del Trattato CEE, dalla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Regina

e

Ministro dell' Agricoltura, della Pesca e dell' Alimentazione e ministro della Sanità,

ex parte :

Federazione europea della salute animale ( Fedesa ),

Pitman-Moore, Inc .,

Distrivet SA,

Hoechst ( UK ) Limited,

National Office of Animal Health Limited,

Donald Leslie Haxby CBE

e

Robert Sleightholme,

domanda vertente sulla validità della direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146/CEE, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali ( GU L 70, pag . 16 ),

LA CORTE ( Quinta Sezione ),

composta dai signori J.C . Moitinho de Almeida, presidente di sezione, G.C . Rodríguez Iglesias, Sir Gordon Slynn, R . Joliet e M . Zuleeg, giudici

avvocato generale : J . Mischo

cancelliere : D . Louterman, amministratore principale

viste le osservazioni presentate :

- per i ricorrenti nella causa principale, dai sigg . Christopher Carr e Thomas Sharpe, barrister,

- per il governo del Regno di Spagna, dal sig . Javier Conde de Saro, direttore generale del coordinamento giuridico ed istituzionale comunitario, e dalla sig.ra Rosario Silva de Lapuerta, abogado del Estado presso il servizio giuridico per la Corte di giustizia, in qualità di agenti,

- per il governo del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, dalla sig.ra Susan Hay, del Treasury Solicitor' s Department, e dal sig . Richard Plender, barrister,

- per il governo della Repubblica italiana, dal sig . Pier Giorgio Ferri, avvocato dello Stato, in qualità di agente,

- per il Consiglio delle Comunità europee, dalla sig.ra Moyra Sims, membro del servizio giuridico, e dal sig . Bjarne Hoff-Nielsen, consigliere giuridico, in qualità di agenti,

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra Blanca Rodríguez Galindo e dal sig . Grant Lawrence, membri del servizio giuridico, e dal sig . Dierk Boos, consigliere giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d' udienza ed a seguito della trattazione orale del 13 dicembre 1989,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale presentate all' udienza dell' 8 marzo 1990,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con ordinanza 20 settembre 1988, pervenuta in cancelleria il 14 novembre successivo, la High Court of Justice, Queen' s Bench Division, ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell' art . 177 del Trattato CEE, talune questioni pregiudiziali vertenti sulla validità della direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146/CEE, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali ( GU L 70, pag . 16 ).

2 Le dette questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia tra la Federazione europea della salute animale ( Fedesa ) e altri, da una parte, ed il ministro dell' Agricoltura, della Pesca e dell' Alimentazione ed il ministro della Sanità, dall' altra . I ricorrenti nella causa principale contestano dinanzi al giudice nazionale la validità del regolamento nazionale che dà parziale attuazione alla direttiva controversa, deducendo che questa direttiva è invalida .

3 La direttiva di cui è causa è stata emanata il 7 marzo 1988 e notificata agli Stati membri il successivo 11 marzo . Il suo contenuto, ivi compresa la data per la sua attuazione, è lo stesso della direttiva del Consiglio 31 dicembre 1985, 85/649/CEE, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali ( GU L 382, pag . 228 ), che è stata annullata dalla Corte con sentenza 23 febbraio 1988, Regno Unito / Consiglio ( causa 68/86, Racc . pag . 855 ), per il motivo che il Consiglio, non avendo osservato la procedura di cui all' art . 6, n . 1, del suo regolamento interno, aveva commesso una violazione delle forme sostanziali .

4 Il giudice nazionale ha sottoposto alla Corte le questioni seguenti :

"1 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida in quanto incompatibile con il principio della certezza del diritto .

2 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida in quanto incompatibile con il principio di proporzionalità .

3 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida in quanto incompatibile con il principio di uguaglianza .

4 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida per sviamento di potere da parte del Consiglio, in quanto tale direttiva è incompatibile con gli obiettivi della politica agricola comune di cui all' art . 39 del Trattato CEE .

5 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida in quanto incompatibile con l' art . 190 del Trattato CEE in considerazione, in particolare, del fatto che non sono indicati in modo adeguato i motivi su cui è basata .

6 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida per violazione di requisiti procedurali essenziali, in considerazione, in particolare, del fatto che non trova origine in una proposta della Commissione diretta all' attuazione di tale direttiva o di qualunque altra direttiva, del fatto che, se essa trovasse la sua origine in una proposta della Commissione, tale proposta proverrebbe da una Commissione che, nella sua composizione, non rifletteva la composizione della Commissione al tempo dell' adozione della direttiva 88/146 e del fatto che il Consiglio aveva omesso di ottenere il necessario parere del Parlamento europeo, il quale parere avrebbe dovuto essere riferito a tale direttiva e a nessun' altra .

7 ) Se la direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, sia invalida in quanto incompatibile con il principio secondo cui una normativa non può avere efficacia retroattiva, specialmente qualora sanzioni penalmente atti compiuti prima della sua pubblicazione ".

5 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d' udienza . Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte .

6 Prima di valutare i vari motivi d' invalidità dedotti, occorre ricordare che, come risulta dai suoi "considerando", la direttiva in esame è intesa ad eliminare le distorsioni della concorrenza e gli ostacoli agli scambi determinati dalle divergenze tra le normative degli Stati membri quanto alla somministrazione ad animali da allevamento di talune sostanze ad azione ormonica . Dal primo "considerando" della direttiva si evince in particolare che le conseguenze sulla salute umana della somministrazione di queste sostanze sono diversamente valutate dalle normative nazionali . Di conseguenza, il Consiglio ha considerato necessario emanare una disciplina atta a garantire a tutti i consumatori condizioni di approvvigionamento dei prodotti di cui trattasi che siano sostanzialmente identiche, fornendo loro al contempo un prodotto che risponda più adeguatamente alle loro preoccupazioni ed alle loro aspettative . Esso ha ritenuto che le possibilità di smaltimento dei detti prodotti non potessero che beneficiarne ( v . secondo "considerando" della direttiva ).

Sull' asserita violazione del principio della certezza del diritto

7 Come primo motivo d' invalidità il giudice a quo fa riferimento alla incompatibilità della direttiva con il principio della certezza del diritto . Nell' ambito della discussione su tale questione si è sostenuto che la direttiva non aveva nessun fondamento scientifico che giustificasse le valutazioni, circa la sanità pubblica e le preoccupazioni dei consumatori, che ne hanno determinato l' adozione e che la stessa disattendeva il legittimo affidamento degli operatori economici, i quali potevano aspettarsi che le sostanze di cui trattasi non fossero vietate in mancanza di dubbi oggettivamente fondati circa la loro innocuità, i loro effetti e la loro qualità .

8 Occorre rilevare che, anche ammesso che il principio della certezza del diritto comporti, come sostengono i ricorrenti nella causa principale, che qualunque provvedimento adottato dalle istituzioni della Comunità abbia un fondamento razionale ed oggettivo, il controllo giurisdizionale in materia deve limitarsi, considerato il potere discrezionale di cui gode il Consiglio nell' attuazione della politica agricola comune, ad accertare che il provvedimento di cui trattasi non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere ovvero che l' autorità non abbia manifestamente ecceduto i limiti del suo potere discrezionale .

9 Alla luce di tali considerazioni, non può accogliersi la censura relativa all' esistenza di prove scientifiche dell' innocuità dei cinque ormoni in esame . Infatti, senza che occorra disporre mezzi istruttori per verificare l' esattezza di questa asserzione, è sufficiente rilevare che, date le divergenze di valutazione da parte delle autorità nazionali degli Stati membri, divergenze che si riflettono nelle differenze tra le normative nazionali vigenti, il Consiglio è rimasto nell' ambito dell' esercizio del suo potere discrezionale decidendo di adottare la soluzione consistente nel vietare gli ormoni di cui trattasi e di rispondere così alle preoccupazioni espresse dal Parlamento europeo, dal Comitato economico e sociale e da varie organizzazioni di consumatori .

10 La direttiva in esame non ha neppure violato il legittimo affidamento degli operatori economici colpiti dal divieto di utilizzare gli ormoni di cui trattasi . Certo, la direttiva del Consiglio 31 luglio 1981, 81/602/CEE, concernente il divieto di talune sostanze ad azione ormonica e delle sostanze ad azione tireostatica ( GU L 222, pag . 32 ), rileva che l' innocuità o la nocività delle sostanze di cui trattasi deve ancora costituire oggetto di studi approfonditi ( quarto "considerando ") e fa obbligo alla Commissione di tener conto dell' evoluzione scientifica ( art . 8 ). Tuttavia, essa non pregiudica le conseguenze che il Consiglio deve trarne nell' esercizio del suo potere discrezionale . Peraltro, considerate le divergenze di valutazione che si erano manifestate, gli operatori economici non potevano aspettarsi che un divieto di somministrare le sostanze in esame agli animali potesse fondarsi unicamente su dati scientifici .

11 Da quanto precede risulta che la censura di violazione del principio della certezza del diritto non può essere accolta .

Sull' asserita violazione del principio di proporzionalità

12 Si è sostenuto che la direttiva controversa viola il principio di proporzionalità sotto tre profili . In primo luogo, l' assoluto divieto di somministrare i cinque ormoni di cui trattasi non sarebbe idoneo a raggiungere gli scopi dichiarati in quanto sarebbe impossibile da applicare in pratica e provocherebbe la nascita di un pericoloso mercato nero . In secondo luogo, detto divieto non sarebbe necessario giacché le preoccupazioni dei consumatori potrebbero essere dissipate mediante la semplice diffusione di informazioni e consigli . Infine, il divieto comporterebbe inconvenienti eccessivi, in particolare notevoli perdite economiche per gli operatori interessati, rispetto agli asseriti vantaggi per l' interesse generale .

13 Secondo la costante giurisprudenza della Corte, il principio di proporzionalità fa parte dei principi generali del diritto comunitario . In forza di tale principio, la legittimità del divieto di un' attività economica è subordinata alla condizione che il provvedimento sia idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti della normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti .

14 Quanto al controllo giurisdizionale delle condizioni anzidette, occorre tuttavia precisare che il legislatore comunitario dispone in materia di politica agricola comune di un potere discrezionale corrispondente alle responsabilità che gli artt . 40 e 43 del Trattato gli attribuiscono . Di conseguenza, solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l' istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento ( v ., in particolare, la sentenza 11 luglio 1989, Schraeder, causa 265/87, punti 21 e 22 della motivazione, Racc . pag . 2237 ).

15 Nel caso di specie, quanto al carattere idoneo o no del divieto, occorre rilevare in primo luogo che, anche se la presenza di ormoni naturali in ogni carne non consente di individuare la presenza di ormoni vietati mediante esami sugli animali o sulla carne, altri strumenti di controllo possono essere impiegati e peraltro sono stati già imposti agli Stati membri dalla direttiva del Consiglio 16 luglio 1985, 85/358/CEE, che integra la citata direttiva 81/602/CEE ( GU L 191, pag . 46 ). Va poi osservato come non sia manifesto che l' autorizzazione dei soli ormoni cosiddetti "naturali" possa impedire la nascita di un mercato nero di sostanze pericolose, ma meno care . Inoltre, a parere del Consiglio, che non è stato contraddetto su questo punto, ogni sistema di autorizzazione parziale presupporrebbe misure di controllo costose la cui efficacia non sarebbe garantita . Pertanto, il divieto di cui trattasi non può considerarsi un provvedimento manifestamente inidoneo .

16 Quanto agli argomenti dedotti a sostegno della tesi del carattere non necessario del divieto in esame, in realtà essi presuppongono che il provvedimento censurato sia inidoneo al conseguimento di scopi diversi da quello di dissipare le preoccupazioni dei consumatori, preoccupazioni che non sarebbero fondate . Orbene, il Consiglio, non avendo commesso errori manifesti a tale proposito, ben poteva altresì ritenere che l' eliminazione degli ostacoli per gli scambi e delle distorsioni della concorrenza, tenendo conto delle esigenze della tutela della salute, non potesse essere realizzata mediante misure meno restrittive, quali la diffusione d' informazioni fra i consumatori e l' etichettatura della carne .

17 Infine, si deve rilevare che l' importanza degli scopi perseguiti è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori .

18 Di conseguenza, il principio di proporzionalità non è stato violato .

Sull' asserita violazione del principio della parità di trattamento

19 Si è sostenuto che la direttiva è discriminatoria in quanto determina effetti disparati nei vari Stati membri a causa delle diverse condizioni, circostanze e pratiche tradizionali in materia di allevamento di bestiame .

20 A tale proposito, è sufficiente rilevare che un atto di armonizzazione inteso a parificare le norme in precedenza divergenti degli Stati membri crea inevitabilmente effetti diversi a seconda dello stato precedente delle varie normative nazionali . Pertanto, una volta che la norma comunitaria si applichi allo stesso modo a tutti gli Stati membri, come nel caso di specie, non si può parlare di discriminazione .

21 Non può quindi accogliersi la censura di violazione del principio di uguaglianza .

Sull' asserito sviamento di potere

22 Si è sostenuto in proposito che la direttiva controversa è in contrasto con gli scopi della politica agricola comune enunciati nell' art . 39 del Trattato . Inoltre, la direttiva sarebbe in realtà intesa a ridurre la produzione di carne bovina, scopo che si potrebbe perseguire legittimamente solo in base all' art . 100 del Trattato .

23 Si deve in primo luogo ricordare come la Corte abbia già ritenuto ( sentenza 23 febbraio 1988, Regno Unito / Consiglio, già citata, punti 21 e 22 della motivazione ), a proposito della menzionata direttiva del Consiglio 85/649, identica alla direttiva in esame nel presente procedimento, che essa, nel disciplinare le condizioni di produzione e di messa in commercio della carne al fine di migliorarne la qualità, rientrava nell' ambito delle misure previste dalle organizzazioni comuni dei mercati della carne e contribuiva così alla realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune di cui all' art . 39 del Trattato, e che pertanto il Consiglio aveva la facoltà di adottarla in base al solo art . 43 del Trattato .

24 Occorre poi ricordare che, come risulta da una costante giurisprudenza ( v . segnatamente le sentenze 21 febbraio 1984, Walzstahl-Vereinigung e Thyssen / Commissione, punto 27 della motivazione, cause riunite 140/82, 146/82, 221/82 e 226/82, Racc . pag . 951, e 21 giugno 1984, Lux / Corte dei conti, punto 30 della motivazione, causa 69/83, Racc . pag . 2447 ), un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie .

25 Orbene, anche se gli elementi forniti alla Corte e rilevati dai ricorrenti nella causa principale evidenziano che si è effettivamente tenuto conto, durante il procedimento di adozione della direttiva, della possibilità di una riduzione delle eccedenze, tuttavia non ne consegue che una siffatta riduzione, che dai "considerando" della direttiva non emerge quale uno degli scopi perseguiti, sia stata in realtà lo scopo esclusivo o determinante della normativa emanata .

26 D' altronde, occorre rilevare che gli scopi della politica agricola enunciati dall' art . 39 del Trattato consistono segnatamente nella stabilizzazione dei mercati . Inoltre, l' art . 39, n . 2, lett . b ) e c ), impone di tener conto, nell' elaborazione della politica agricola comune, della necessità di operare gradatamente gli opportuni adattamenti e del fatto che l' agricoltura costituisce un settore intimamente connesso all' insieme dell' economia . Ne deriva, come la Corte ha dichiarato nella citata sentenza 23 febbraio 1988, nel punto 10 della motivazione, che gli scopi della politica agricola devono essere concepiti in modo da consentire alle istituzioni comunitarie di assolvere i propri compiti tenendo conto degli sviluppi intervenuti nel settore agricolo e nell' economia nel suo complesso .

27 Di conseguenza, non si può ritenere che la riduzione delle eccedenze dei prodotti agricoli esuli dagli scopi della politica agricola comune .

28 Dalle considerazioni svolte discende che la direttiva non è viziata da sviamento di potere .

Sull' asserita insufficienza di motivazione

29 Quanto all' asserita insufficienza di motivazione, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato, nella citata sentenza 23 febbraio 1988, punti 28 e 36 della motivazione, che la direttiva è sufficientemente motivata, in particolare in quanto nei suoi "considerando" sono indicati con sufficiente chiarezza gli scopi perseguiti .

30 Quanto alla censura relativa alla mancata menzione dello scopo di ridurre la produzione di carne, la sua pertinenza presuppone che tale riduzione fosse il motivo reale o determinante della direttiva . Orbene, questa tesi è già stata disattesa nell' ambito dell' esame della quarta questione .

31 Pertanto, la censura di mancanza di motivazione non può essere accolta .

Sull' asserita violazione delle forme sostanziali

32 Si è sostenuto che la direttiva di cui trattasi è inficiata da vari vizi procedurali in quanto, dopo l' annullamento della precedente direttiva ad opera della citata sentenza 23 febbraio 1988, il Consiglio ha adottato la nuova direttiva senza che la Commissione presentasse una nuova proposta e che il Parlamento esprimesse un nuovo parere .

33 In primo luogo si è affermato che l' annullamento della precedente direttiva aveva comportato la nullità di tutti gli atti preparatori .

34 A tale proposito, occorre ricordare che la direttiva che precedeva quella in esame è stata annullata a causa di un vizio procedurale che riguardava esclusivamente le modalità della sua adozione definitiva da parte del Consiglio . Di conseguenza, l' annullamento non incide sugli atti preparatori delle altre istituzioni .

35 Si è poi sostenuto che una nuova proposta della Commissione ed un nuovo parere del Parlamento europeo sarebbero stati necessari in considerazione dei mutamenti verificatisi dopo l' adozione degli atti preparatori per quanto riguarda sia la composizione di tali istituzioni a seguito dell' adesione della Spagna e del Portogallo, paesi in cui vigono, in materia d' allevamento, usi diversi da quelli del resto della Comunità, sia lo stato delle cognizioni scientifiche .

36 A tale proposito si deve innanzitutto rilevare che il cambiamento della composizione di un' istituzione non intacca la continuità dell' istituzione stessa, i cui atti, definitivi o preparatori, conservano pienamente, in linea di principio, la loro efficacia .

37 Va poi osservato che spetta alle istituzioni stesse valutare se i cambiamenti delle circostanze, qualunque ne sia la natura, rendano o no necessaria una nuova presa di posizione da parte loro . Per quanto riguarda in particolare le proposte della Commissione, questa istituzione dispone, ai sensi dell' art . 149, n . 3, del Trattato, della facoltà di modificarle in qualsiasi momento fintantoché il Consiglio non si sia pronunciato .

38 Si è ancora sostenuto che il Parlamento avrebbe dovuto essere nuovamente consultato in seguito alla modifica della proposta della Commissione, intervenuta nel 1985 dopo il parere del Parlamento .

39 A tale proposito si deve rilevare che, a prescindere da modifiche più tecniche che sostanziali, la proposta della Commissione è stata modificata essenzialmente nel senso indicato dal Parlamento il quale, nel suo parere, si era espresso a favore del divieto assoluto delle cinque sostanze in definitiva adottato dal Consiglio, mentre la proposta che gli era stata presentata prevedeva il divieto di sole due sostanze . Non era pertanto necessaria una nuova consultazione .

40 Da quanto precede risulta che la direttiva controversa non è viziata da violazione delle forme sostanziali .

Sull' asserita violazione del principio d' irretroattività

41 Si è sostenuto che la direttiva controversa viola il principio d' irretroattività poiché è stata adottata il 7 marzo 1988 e prescrive la propria attuazione entro il 1 gennaio 1988 . A questo proposito si devono distinguere due profili, e cioè quello della retroattività delle norme penali e quello della retroattività al di fuori della sfera penale .

42 Quanto al primo profilo, va subito rilevato che, secondo la giurisprudenza della Corte ( v . segnatamente la sentenza 1 luglio 1984, Kirk, punto 22 della motivazione, causa 63/83, Racc . pag . 2689 ), il principio dell' irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, sancito dall' art . 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell' uomo e delle libertà fondamentali come un diritto fondamentale, che fa parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l' osservanza .

43 Come la Corte ha dichiarato nella sentenza 11 giugno 1987, Pretore di Salò / ignoti ( causa 14/86, Racc . pag . 2545 ), una direttiva non può avere l' effetto, di per sé ed indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o di aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni . Nessuna disposizione della direttiva controversa è intesa a produrre un simile effetto .

44 L' art . 10 della direttiva, mutuato letteralmente dalla precedente direttiva annullata dalla Corte nella citata sentenza 23 febbraio 1988, stabilisce che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi, in particolare, "alla presente direttiva al più tardi il 1 gennaio 1988 ". Questa disposizione non può essere interpretata nel senso che essa impone agli Stati membri l' obbligo di adottare provvedimenti contrastanti con il diritto comunitario ed in particolare con il principio dell' irretroattività delle norme penali . Tantomeno essa può dare fondamento a procedimenti penali instaurati in forza di norme di diritto nazionale che siano state emanate per l' attuazione della direttiva annullata e siano basate unicamente su questa direttiva .

45 Quanto all' efficacia retroattiva della direttiva controversa al di fuori della sfera penale, occorre ricordare che, come la Corte ha già più volte dichiarato ( v . segnatamente la sentenza 9 gennaio 1990, Società Agricola Fattoria Alimentare, punto 13 della motivazione causa C-337/88, Racc . pag . I-1 ), benché in linea di massima il principio della certezza delle situazioni giuridiche osti a che l' efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga è possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato . Pertanto, per risolvere la questione sollevata, occorre verificare se tali criteri siano stati rispettati nel caso presente .

46 Nella fattispecie, essendo stata annullata la precedente direttiva per un vizio procedurale, il Consiglio ha ritenuto di dover adottare una direttiva dello stesso contenuto, anche per quanto riguarda la data prevista per la sua attuazione, onde evitare un vuoto giuridico nel tempo con riguardo all' esistenza di un fondamento in diritto comunitario per le norme nazionali che gli Stati membri avevano adottato al fine di conformarsi alla direttiva annullata .

47 Quanto al legittimo affidamento degli interessati, occorre rilevare che, da una parte, il periodo tra l' annullamento della prima direttiva ( 23 febbraio 1988 ) e la notifica della direttiva in esame ( 11 marzo 1988, mentre essa era stata adottata il 7 marzo precedente ) ovvero la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del 16 marzo successivo è stato brevissimo, e che, dall' altra, la direttiva precedente era stata annullata a causa di un vizio procedurale . Di conseguenza, gli interessati, tenuti al rispetto, nella loro attività, delle normative nazionali emanate per l' attuazione della direttiva annullata, non potevano fare affidamento su un mutato atteggiamento, da parte del Consiglio, quanto alla sostanza della disciplina . Pertanto, la retroattività della nuova direttiva non viola il principio del legittimo affidamento .

48 Da quanto precede risulta che la direttiva non è in contrasto con il principio d' irretroattività .

49 Pertanto si deve rispondere al giudice nazionale che l' esame della questione sollevata non ha messo in luce elementi tali da inficiare la validità della direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali .

Sulle spese

50 Le spese sostenute dai governi del Regno di Spagna, del Regno Unito e della Repubblica italiana nonché dal Consiglio e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione . Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese .

Per questi motivi,

LA CORTE ( Quinta Sezione ),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, con ordinanza 20 settembre 1988, dichiara :

L' esame delle questioni sollevate non ha messo in luce elementi tali da inficiare la validità della direttiva del Consiglio 7 marzo 1988, 88/146/CEE, concernente il divieto dell' utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali .

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 novembre 1990 .

RfQ

(*) Lingua processuale : l' inglese .