61988C0047

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 18 settembre 1990. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REGNO DI DANIMARCA. - ARTICOLO 95 DEL TRATTATO CEE - IMPOSTA DI REGISTRO - MANCANZA DI PRODUZIONE NAZIONALE. - CAUSA 47/88.

raccolta della giurisprudenza 1990 pagina I-04509


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. In forza dell' art. 1 del testo unico danese 16 gennaio 1985, n. 13, relativo alla tassa d' immatricolazione degli autoveicoli, la tassa è riscossa sugli autoveicoli in occasione della loro prima immatricolazione in Danimarca.

2. L' aliquota della tassa è in funzione del valore imponibile del veicolo. Per le automobili private la tassa è del 105% per la parte di questo valore che va sino a 19 750 DKR e del 180% per la parte che supera questo livello (art. 4). Il valore imponibile di un veicolo nuovo è costituito dal prezzo corrente, IVA compresa, al quale è venduto all' utente in Danimarca alla data d' immatricolazione (art. 8).

3. Quando un veicolo già immatricolato in Danimarca è rivenduto la tassa non è più riscossa. Per contro, quando un veicolo usato è importato la tassa si applica. In questo caso il valore imponibile è pari al prezzo iniziale del veicolo allo stato nuovo, oppure, se il veicolo ha oltre sei mesi, al 90% di questo prezzo (art. 11).

4. La Commissione sostiene che questa normativa è in contrasto con l' art. 95 del Trattato CEE. Per quanto riguarda le automobili nuove essa contesta il livello dell' aliquota della tassa, che sarebbe tanto elevato da compromettere la libera circolazione delle merci all' interno della Comunità e non rientrerebbe nell' ambito del sistema generale tributario danese. Per le automobili usate la Commissione contesta il fatto che la tassa si basa su un valore forfettario che in genere supera il valore effettivo del veicolo.

I - Tassazione dei veicoli nuovi

5. Le parti concordano nel considerare la tassa d' immatricolazione danese un' imposta interna che rientra nella sfera di applicazione dell' art. 95. Ricordiamo che, a tenore dell' art. 95,

"nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari. Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni".

6. E' assodato che in Danimarca non solo non esiste alcuna produzione di automobili, vale a dire alcun "prodotto nazionale similare", ma neanche un' altra produzione che possa essere protetta indirettamente dalla tassa. Il governo danese ne trae la conclusione che la tassa d' immatricolazione

"costituisce un' imposta interna che non ha un effetto discriminatorio né protezionistico. Essa non è quindi in contrasto con l' art. 95 del Trattato" (conclusione del controricorso e della controreplica).

7. Dal canto suo (1), la Commissione non nega neanche che nella fattispecie

"i divieti espressi di questo articolo (art. 95) - che garantiscono il funzionamento normale della concorrenza con i prodotti nazionali - non sono applicabili".

Peraltro, essa ammette, conformemente alla giurisprudenza della Corte (2), che

"nel sistema del Trattato una stessa imposta non può rientrare nell' ambito di applicazione dell' art. 95 e in quello degli artt. 9 e 12 o dell' art. 30".

La Commissione sostiene, tuttavia, che

"l' art. 95 come l' art. 30 (al pari degli artt. 9 e 12) mirano, in ogni caso (3), a garantire la libera circolazione delle merci all' interno della Comunità".

Pertanto,

"i principi fondamentali del Trattato (...) devono (...) presiedere all' interpretazione dell' art. 95, anche quando gli espressi divieti di questo articolo (...) non sono applicabili".

8. E' vero che la Corte ha affermato nella sentenza 5 maggio 1982, Schul I, punto 33 della motivazione (causa 15/81, Racc. pag. 1409, in particolare pag. 1431), e ricordato nella sentenza 25 febbraio 1988, Rainer Drexl, punto 24 della motivazione (causa 299/86, Racc. pag. 1213, in particolare pag. 1235), che

"l' interpretazione dell' art. 95 deve tener conto degli scopi del Trattato enunciati negli artt. 2 e 3, fra i quali figura, in primo luogo, l' instaurazione di un mercato comune, nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno".

9. Nella giurisprudenza della Corte vi è tuttavia un' unica causa nella quale si discuteva sul livello dell' aliquota di un' imposta interna che si applicava solo ai prodotti importati, in mancanza di prodotti nazionali similari o concorrenti. Si tratta della causa Stier (sentenza 4 aprile 1968, causa 31/67, Racc. pag. 314, in particolare pag. 322), a proposito della quale la Corte ha affermato:

"- l' art. 95 non vieta agli Stati membri di gravare le importazioni di uno tributo interno, qualora non vi siano un prodotto nazionale similare, né altri prodotti nazionali da proteggere;

- essi non possono tuttavia colpire i prodotti che, in assenza di prodotti nazionali comparabili, non sono soggetti ai divieti dell' art. 95, con tributi talmente alti da compromettere la libera circolazione delle merci all' interno del mercato comune;

- un siffatto pregiudizio per la libera circolazione delle merci non si può tuttavia presumere se l' aliquota resta entro i limiti generali del complesso nazionale di tributi del quale fa parte la tassa di cui trattasi".

10. Non occorre dilungarsi sul primo di questi tre punti, sviluppato più dettagliatamente nella sentenza, poiché la Commissione non contesta - in via di principio - il diritto della Danimarca di tassare gli autoveicoli.

11. Dal punto 2 della motivazione della sentenza Stier emerge che la Corte considera illeciti i

"tributi talmente alti da compromettere la libera circolazione delle merci all' interno del mercato comune".

12. Da questo brano si può sicuramente dedurre che un' imposta interna di livello tale da rendere in pratica impossibile qualsiasi importazione rientrerebbe nell' ambito di applicazione dell' art. 95. Difficilmente vi è però il rischio che si verifichino siffatti casi poiché le imposte indirette hanno lo scopo di alimentare il bilancio dello Stato; nessun paese ha quindi interesse a stabilire tale imposta ad un livello proibitivo. Il rappresentante del governo danese ha del resto osservato all' udienza, senza essere contraddetto dal rappresentante della Commissione, che il gettito dell' imposta d' immatricolazione è in media di 10 miliardi di DKR all' anno, vale a dire il 4% circa dell' insieme delle entrate dello Stato. E' evidente che essa non ha quindi un carattere proibitivo.

13. Rimane da accertare se la libera circolazione degli autoveicoli debba essere considerata compromessa da un tassa che, come la tassa danese, non rende le importazioni impossibili, ma che ha tuttavia nei loro confronti un certo effetto restrittivo. Il sistema di tassazione danese porta infatti, a partire di un certo livello, a triplicare il costo di un' automobile rispetto al prezzo al netto d' imposta. Con una stessa spesa una famiglia danese può acquistare solo un' automobile, mentre una famiglia residente in taluni altri Stati membri potrebbe acquistarne due e persino una terza più piccola. Vi sono dunque delle importazioni potenziali che non avvengono a causa del livello della tassa danese.

14. La Commissione produce del resto alcune tabelle che mostrano come la densità dei veicoli sia minore in Danimarca che negli altri Stati membri con un analogo reddito pro capite.

15. D' altro canto, tuttavia, il parco autoveicoli danese è notevole, in assoluto, e tutte le automobili di cui trattasi sono state importate. Affermare quindi che le importazioni in Danimarca sono compromesse equivarrebbe a sostenere la tesi secondo cui l' art. 95 mira non soltanto ad assicurare l' eliminazione di ogni effetto discriminatorio o protettore delle imposte indirette, ma anche a garantire che le importazioni raggiungano il livello più elevato possibile, tenuto conto del potere di acquisto disponibile nei vari Stati membri. Ciò significherebbe anche che l' "ottimizzazione" dei flussi di merci dovrebbe prevalere su ogni altra considerazione, in particolare su quelle relative alla redistribuzione dei redditi o alla protezione dell' ambiente.

16. Se questa tesi fosse esatta le imposte interne non dovrebbero mai superare il costo marginale che il consumatore è ancora disposto a sostenere per non rinunciare all' acquisto del bene desiderato; nel caso di specie, si tratterebbe, a seconda del reddito delle persone, della prima, della seconda o della terza automobile.

17. Se fosse però lecito dedurre dall' art. 95 del Trattato l' obbligo per gli Stati membri di non far mai qualcosa che possa impedire alle importazioni di raggiungere il loro "optimum economico", questo principio dovrebbe applicarsi anche in presenza di una produzione nazionale dello stesso bene.

18. Orbene, quando vi è una produzione nazionale l' art. 95 vieta unicamente di tassare i beni importati maggiormente dei beni similari prodotti nel paese in questione. Poiché la tassa non è discriminatoria il livello della stessa non può essere messo in discussione. Va aggiunto che, se in Danimarca vi fosse una produzione di automobili cui si applicassero le due aliquote attuali, le importazioni sarebbero ancora più ridotte, poiché i consumatori avrebbero l' alternativa di rifornirsi presso produttori nazionali.

19. Tutto ciò dimostra, secondo me, che gli autori del Trattato non hanno inteso l' art. 95 come mezzo volto a garantire che gli scambi di merci siano più elevati possibile.

20. Mi sia consentito anche di ricordarvi che nella sentenza 14 gennaio 1981, Chemial Farmaceutici / Daf (causa 140/79, Racc. pag. 1, in particolare pag. 15), avete espressamente ammesso un' aliquota d' imposta che in pratica impediva qualsiasi importazione in Italia di alcool sintetico proveniente dagli altri Stati membri, basandovi sul fatto che mediante questa aliquota lo Stato membro perseguiva uno scopo di politica economica compatibile con gli imperativi del Trattato e perché la stessa aliquota aveva un effetto economico equivalente sul territorio nazionale in quanto ostacolava anche la creazione di una produzione redditizia dello stesso prodotto da parte dell' industria italiana.

21. Inoltre, nella sentenza 5 aprile 1990, Commissione / Grecia (causa 132/88, Racc. pag. I-1567), avete dovuto pronunciarvi su un sistema di tassazione delle automobili molto rigoroso (4), che in particolare stabiliva un notevole aumento della tassa un poco oltre il livello di cilindrata per cui non vi era più una produzione nazionale. Vi siete rifiutati di considerare questo sistema una violazione dell' art. 95 poiché non era stato dimostrato che esso aveva l' effetto di favorire la vendita delle automobili di produzione nazionale, anche se in pratica impediva le importazioni delle automobili di grossa cilindrata fabbricate negli altri Stati membri.

22. Inoltre, e soprattutto, nella stessa sentenza avete affermato:

"l' art. 95 del Trattato non consente di censurare il carattere eccessivo del livello di tassazione eventualmente deciso dagli Stati membri per determinati prodotti sulla base di considerazioni di politica sociale" (punto 17 della motivazione).

23. Questo ragionamento mi sembra che si possa applicare anche al caso di specie in quanto la tassa danese assomiglia molto alla tassa greca. Mentre la tassa greca aumenta notevolmente a partire da un certo livello di cilindrata dell' automobile, la tassa danese passa dal 105 al 180% per la parte del prezzo superiore a 19 750 DKR. E' pertanto lecito considerare che essa persegue uno scopo di redistribuzione dei redditi, vale a dire uno scopo di politica sociale, soprattutto se si tiene presente che in Danimarca la previdenza sociale è del tutto finanziata dal sistema tributario.

24. Per tutti i motivi di cui sopra giungo alla conclusione che la tassa d' immatricolazione danese sulle automobili nuove non è incompatibile con l' art. 95 del Trattato.

25. Di conseguenza, ritengo che non si debba attribuire molta importanza al terzo punto della motivazione della sentenza Stier, in cui la Corte ha rilevato che un

"siffatto pregiudizio per la libera circolazione delle merci non si può tuttavia presumere se l' aliquota resta entro i limiti generali del complesso nazionale di tributi del quale fa parte la tassa di cui trattasi".

Questo brano significa, a mio parere, che, in tutti i casi in cui una tassa non ha un livello notevolmente più elevato delle tasse che colpiscono altri prodotti dello stesso tipo (ad esempio, prodotti alimentari, prodotti di consumo duraturo), non può porsi un problema per quanto attiene alla sua compatibilità con l' art. 95. Solo se la tassa ha un livello nettamente più elevato di qualsiasi altro tributo interno dello stesso Stato membro occorre esaminarla maggiormente, come ho appena fatto a proposito della tassa d' immatricolazione.

26. Dopo la sentenza Stier la Corte ha del resto avuto occasione di pronunciarsi ripetutamente sui sistemi di tassazione differenziata, ed essa ha stabilito una giurisprudenza costante secondo la quale

"il diritto comunitario non limita, nello stadio attuale della sua evoluzione, la libertà di ciascuno Stato membro di istituire sistemi impositivi differenziati per taluni prodotti, in funzione di criteri obiettivi. Siffatte differenziazioni sono compatibili col diritto comunitario purché perseguano scopi di politica economica compatibili, anch' essi, con gli imperativi del Trattato e del diritto derivato e le loro modalità siano tali da evitare qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti dei prodotti importati dagli altri Stati membri, o di protezione a favore di prodotti nazionali concorrenti (sentenza 27 maggio 1981, Essevi e Salengo, cause riunite 142/80 e 143/80, Racc. 1981, pag. 1413). Non si può, del resto, contestare che, nell' ambito dei regimi armonizzati d' imposta sul valore aggiunto, gli Stati membri hanno la facoltà di gravare maggiormente, in particolare, certi beni di consumo considerati prodotti di lusso" (5).

27. Peraltro, la Corte ha espressamente ammesso che le automobili possono costituire oggetto di un sistema di tassazione distinto, il quale si aggiunge all' IVA. Nella sentenza 13 luglio 1989, cause riunite 93/88, Wisselink, e 94/88, Abemij (Racc. pag. 2671), la Corte non ha infatti censurato l' "imposta straordinaria al consumo sulle automobili da turismo" che nei Paesi Bassi è riscossa in aggiunta all' IVA. Questa imposta, anche se è notevolmente meno elevata della tassa danese, ha una struttura analoga ad essa (il 18% fino a un valore di 10 000 HFL e il 27,3% per un valore superiore).

28. Infine e soprattutto, nella citata sentenza 5 aprile 1990, Commissione / Grecia, la Corte non ha contestato il sistema di tassazione che si applica in Grecia in occasione dell' acquisto e dell' importazione delle automobili. Stabilito con una legge specifica, relativa al regime fiscale delle sole automobili private, questo sistema è del tutto distinto dagli altri sistemi d' imposizione indiretta vigenti in Grecia. Esso colpisce le automobili private con tasse più elevate di quelle che si applicano agli altri prodotti di consumo duraturo. La maggior parte delle aliquote di questo sistema sono peraltro più elevate di quelle della tassa d' immatricolazione danese.

29. Nella stessa sentenza la Corte ha ricordato un principio da essa stabilito la prima volta a proposito di una tassa riscossa annualmente (sentenza 9 maggio 1985, Humblot, causa 112/84, Racc. pag. 1367), vale a dire il principio secondo cui

"allo stato attuale del diritto comunitario, gli Stati membri restano liberi di sottoporre i prodotti come le autovetture ad un sistema di imposte il cui ammontare aumenta progressivamente in relazione ad un criterio obiettivo, quale la cilindrata, purché tuttavia il sistema di tassazione sia privo di qualsiasi effetto discriminatorio o protezionistico" (punto 17 della sentenza 5 aprile 1990).

Mi sembra che la Corte abbia così ammesso che la scala di tassazione delle automobili era "aperta verso l' alto", purché siano soddisfatte le condizioni menzionate. Orbene, anche se la tassa d' immatricolazione danese non aumenta in funzione della cilindrata, ma in relazione al valore del prodotto e sebbene si articoli solo in due livelli, non si può tuttavia dubitare che la stessa si basi su un criterio obiettivo. Inoltre, come abbiamo visto all' inizio delle presenti considerazioni, la tassa non ha alcun effetto discriminatorio o protezionistico.

30. Posso pertanto solo suggerirvi di respingere il ricorso nella parte in cui esso riguarda la tassazione delle automobili nuove.

II - Tassazione dei veicoli usati

31. Per quanto riguarda, invece, la tassazione dei veicoli usati condivido del tutto il parere della Commissione secondo cui il Regno di Danimarca viola l' art. 95 del Trattato "in quanto la tassa d' immatricolazione dei veicoli usati importati in genere si basa su un valore forfettario superiore al valore effettivo del veicolo, con la conseguenza che i veicoli usati importati sono tassati maggiormente degli autoveicoli usati venduti in Danimarca dopo esservi stati prima immatricolati".

32. E' vero che il governo danese ha probabilmente ragione di sostenere che, a causa dell' elevato ammontare della tassa che colpisce le automobili nuove, il valore di queste automobili si ammortizza molto più lentamente sul mercato danese che nei paesi in cui vige una tassa sulle automobili di ammontare meno elevato. E' quindi difficile contestare che nei paesi in cui le automobili sono colpite unicamente con un' IVA del 12 o del 14% la sua parte residua nel valore di un veicolo usato diviene in pratica trascurabile nel giro di due o tre anni, mentre non è concepibile che ciò si verifichi in Danimarca.

33. Tuttavia anche i veicoli acquistati allo stato nuovo in Danimarca si svalutano progressivamente e la fissazione forfettaria del valore imponibile dei veicoli usati importati al 100 o al 99% (se il veicolo ha oltre sei mesi) del prezzo iniziale del veicolo allo stato nuovo porta ad una manifesta sopratassazione di detti veicoli in quanto in conseguenza di essa questi veicoli sostengono un onere fiscale che in genere è superiore al valore residuo della tassa inizialmente versata in occasione dell' immatricolazione del veicolo allo stato nuovo, vale a dire alla parte della tassa ancora incorporata nel valore del veicolo sul mercato nazionale dell' usato.

34. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte emerge che

"ai fini dell' applicazione dell' art. 95 del Trattato è necessario prendere in considerazione non solo l' aliquota del tributo interno gravante direttamente o indirettamente sui prodotti nazionali e su quelli importati, ma anche la base imponibile e le modalità di riscossione del tributo stesso" (6),

e che

"si ha una violazione dell' art. 95, n. 1, quando l' imposta applicata al prodotto importato e quella gravante sul prodotto nazionale similare sono calcolate secondo criteri e modalità differenti, con la conseguenza che il prodotto importato viene assoggettato - almeno in determinati casi - ad un onere più gravoso" (7).

35. Per valutare inoltre la compatibilità di un determinato onere fiscale con l' art. 95, secondo comma, occorre stabilire

"se tale onere sia o meno tale da influenzare il mercato di cui trattasi dimunendo il consumo potenziale dei prodotti importati a vantaggio dei prodotti nazionali concorrenti" (8).

Per l' applicazione di detta disposizione non è però richiesto che sia fornita la prova statistica di un effetto protezionistico, ma

"è sufficiente l' accertamento che un determinato dispositivo fiscale, tenuto conto delle caratteristiche ad esso proprie, può provocare l' effetto protezionistico cui si riferisce il Trattato" (9).

36. Quanto all' argomento relativo all' inapplicabilità al caso di specie della sentenza 21 maggio 1985, Schul II (causa 47/84, Racc. pag. 1491), esso non è tale da mettere in discussione la realtà dell' inadempimento. La Commissione non si è basata su questa sentenza per provare l' inadempimento di cui trattasi. Essa ha semplicemente fatto riferimento al sistema di calcolo raccomandato dalla Corte in detta sentenza per calcolare l' ammontare dell' IVA versata nello Stato membro di esportazione che è ancora incorporata nel valore del prodotto al momento della sua importazione in un altro Stato membro allo scopo di illustrare la sopratassazione che in Danimarca subiscono i veicoli usati importati: come abbiamo visto, questi sono infatti tassati prendendo come riferimento una base imponibile stabilita forfettariamente e in genere superiore al loro valore effettivo. Per contro, se si applicasse la formula della sentenza Schul II, si adotterebbe come punto di riferimento la parte residua della tassa d' immatricolazione ancora incorporata in una automobile usata danese. Questa equivarrebbe all' ammontare della tassa versata al momento dell' immatricolazione dell' automobile allo stato nuovo, diminuito proporzionalmente al grado del deprezzamento effettivo del valore dell' automobile.

37. Per applicare questo principio sono possibili vari sistemi. Così, ad esempio, si potrebbe prevedere una riduzione progressiva del valore forfettario dei veicoli, oppure trascurare del tutto il valore del veicolo e riscuotere una tassa d' immatricolazione calcolata in assoluto, in base alla tassa residua che si ritiene rientrare ancora nel prezzo di un' automobile dello stesso tipo e dello stesso grado di vetustà posta in vendita sul mercato danese delle automobili usate.

38. Ritengo, infatti, che la Commissione abbia ragione di rilevare che siffatto mercato esiste e che le automobili usate importate e le automobili usate acquistate in Danimarca costituiscono prodotti similari o concorrenti. E' vero che i veicoli usati che si possono acquistare direttamente in Danimarca sono stati prodotti all' estero e quindi sono stati, quando erano nuovi, prodotti importati. Una volta però importati e sdoganati, gli stessi divengono prodotti nazionali e da allora in poi si trovano, almeno potenzialmente, sul mercato nazionale delle automobili usate.

39. Non è convincente l' obiezione del governo danese, secondo cui gli effettivi rapporti di concorrenza intercorrono tra le automobili nuove, sempre importate, e le automobili usate importate. Detto governo sostiene

"che perché possa conservare l' elevato gettito della tassa d' immatricolazione sulle automobili è di fondamentale importanza che le tasse gravanti sulle automobili nuove non siano compromesse a causa dell' importazione di automobili usate. Per questo motivo il governo danese deve essere in grado di mantenere in vigore un sistema di riscossione delle tasse d' immatricolazione sulle automobili usate importate che non comporti dal punto di vista economico un incentivo - al livello della tassa riscossa - ad importare le automobili usate invece di acquistarle in Danimarca. Altrimenti, l' importazione di automobili nuove sarà sostituita in ampia misura dall' importazione di automobili usate" (punto 6 della controreplica).

40. E' vero che, se si esamina la situazione in tal modo, sussiste un rapporto di concorrenza fra le automobili nuove e le automobili usate importate. Il governo danese ammette però contestualmente che il suo sistema di tassazione mira a indurre i potenziali acquirenti di automobili usate ad acquistare un' automobile che ha già circolato in Danimarca durante un certo periodo di tempo, invece d' importare un veicolo usato acquistato all' estero. Il sistema di tassazione esercita quindi un effetto protezionistico a favore del mercato danese dei veicoli usati.

Conclusione

41. In base a tutte le precedenti considerazioni, vi suggerisco di dichiarare quanto segue:

"1) Il Regno di Danimarca è venuto meno agli obblighi impostigli dall' art. 95 del Trattato usando come base imponibile della tassa d' immatricolazione dei veicoli usati importati un valore forfettario in genere superiore al valore effettivo del veicolo, con la conseguenza che per detti veicoli viene sostenuto un onere fiscale che in genere è superiore al valore residuo della tassa ancora incorporata nel valore di un veicolo dello stesso tipo e avente lo stesso grado di vetustà, venduto in Danimarca dopo esservi stato immatricolato allo stato nuovo.

2) Per il resto il ricorso è respinto.

3) Ciascuna parte sopporterà le proprie spese".

(*) Lingua originale: il francese.

(1) Le seguenti citazioni sono tratte dalla pag. 14 del testo francese della replica della Commissione.

(2) V. sentenze 22 marzo 1977, Steinike (causa 78/76, Racc. pag. 595, in particolare pag. 614), e 4 aprile 1968, Firma Fink-Frucht GmbH / HZA Muenchen Landsbergerstrasse (causa 27/67, Racc. pag. 297, in particolare pag. 309).

(3) In corsivo nell' originale.

(4) Automobile di 1 000 cm3: 88%; automobile di 1 600 cm3: 166,4%; automobile di 1 800 cm3: 187,2%; automobile di 1 900 cm3: 288,8%; automobile di 2 632 cm3: 400%.

(5) Sentenza 15 marzo 1983, Commissione / Repubblica italiana (causa 319/81, Racc. pag. 601, in particolare pag. 620).

(6) V. sentenza 22 marzo 1977, Iannelli / Meroni, punto 21 della motivazione (causa 74/76, Racc. pag. 557, in particolare pag. 577).

(7) V. sentenza 16 febbraio 1977, Schoettle / Finanzamt Freudenstadt, punto 20 della motivazione (causa 20/76, Racc. pag. 247, in particolare pag. 259).

(8) V. sentenza 9 luglio 1987, Commissione / Regno del Belgio, punto 15 della motivazione (causa 356/85, Racc. pag. 3299, in particolare pag. 3325).

(9) V. sentenza 27 febbraio 1980, Commissione / Regno Unito, punto 10 della motivazione (causa 170/78, Racc. pag. 417, in particolare pag. 433).