61987C0347

Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven dell'11 gennaio 1990. - TRIVENETA ZUCCHERI SPA E ALTRI CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - AGRICOLTURA - ORGANIZZAZIONE COMUNE DEI MERCATI - ZUCCHERO - RIMBORSO DESTINATO A COMPENSARE PERDITE DOVUTE ALL'APPLICAZIONE DI UNA DISCIPLINA NAZIONALE DEI PREZZI - AIUTI DI STATO. - CAUSA 347/87.

raccolta della giurisprudenza 1990 pagina I-01083


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1 . La Triveneta zuccheri e altri commercianti di zucchero italiani ( in prosieguo : le "ricorrenti ") chiedono alla Corte, con ricorso proposto in base all' art . 173, secondo comma, del Trattato, l' annullamento della decisione della Commissione n . 87/533/CEE relativa a un aiuto concesso dal governo italiano a favore dei negozianti italiani di zucchero ( in prosieguo : la "decisione impugnata ") ( 1 ).

Nella decisione impugnata si dichiara che una misura italiana contenuta nella delibera 11 ottobre 1984 ( 2 ) del comitato interministeriale per la programmazione economica e nei provvedimenti 24 ottobre 1984, n . 39/1984 ( 3 ), e 16 novembre 1984, n . 41/1984 ( 4 ), del comitato interministeriale prezzi è incompatibile con il mercato comune ai sensi dell' art . 92 del trattato e non può fruire di una delle deroghe contemplate dallo stesso articolo . Più precisamente la decisione della Commissione si riferisce alla concessione di un aiuto ai commercianti di zucchero italiani nella misura di 37,12 lire il chilogrammo per lo zucchero bianco in giacenza il 29 ottobre 1984, esente da imposta di fabbricazione e per il quale è stato pagato il sovrapprezzo ( vale a dire un supplemento di prezzo dovuto dai produttori e dagli importatori italiani alla cassa conguaglio zuccheri ) ( 5 ).

2 . Per la valutazione della ricevibilità e della fondatezza del ricorso sono rilevanti le seguenti circostanze . Nel menzionato provvedimento CIP 24 ottobre 1984, n . 39/1984, si dispone principalmente una diminuzione dei prezzi massimi dello zucchero con effetto dal 30 ottobre 1984 . La diminuzione dei prezzi massimi riguarda le vendite da parte dei dettaglianti, dei grossisti e/o importatori e dei produttori ( 6 ). In via accessoria, come misura transitoria, nello stesso provvedimento si dispone il versamento di un aiuto ai produttori e ai commercianti relativamente allo zucchero giacente presso di loro il 29 ottobre 1984 ( 7 ). Nella decisione impugnata la Commissione menziona esclusivamente l' aiuto concesso ai "negozianti italiani di zucchero", senza specificare chi sia ricompreso in tale espressione ( i distributori soltanto o anche i produttori ?). Nella memoria del 25 marzo 1988 depositata dinanzi alla Corte, nella quale conclude per l' irricevibilità del ricorso, la Commissione afferma però che l' impugnata decisione riguardava l' aiuto contemplato nel punto 7, lett . b ), del provvedimento CIP n . 39/1984, vale a dire l' aiuto ai commercianti ( 8 ).

I mezzi delle ricorrenti

3 . Le ricorrenti presentano, in sostanza, due argomenti a sostegno del loro assunto che il provvedimento italiano di aiuto per lo zucchero giacente non costituisce un aiuto di stato che, "favorendo talune imprese o talune produzioni, falsi o minacci di falsare la concorrenza" e sia "incompatibile con il mercato comune ".

Innanzitutto, il provvedimento italiano di aiuto per lo zucchero giacente costituirebbe soltanto il risarcimento del danno subito dai commercianti a causa dell' applicazione di una normativa nazionale incompatibile col diritto comunitario . Le ricorrenti qualificano normativa nazionale incompatibile col diritto comunitario le norme sui prezzi massimi ai tre livelli sopra menzionati ( produzione, commercio all' ingrosso e/o importazione, commercio al minuto ). Per danno intendono quanto segue : prima che venissero diminuiti i prezzi massimi sussisteva una differenza di 43,27 lire il chilogrammo fra i prezzi massimi di vendita e di acquisto per i commercianti; le 43,27 lire il chilogrammo costituivano il margine di guadagno dei negozianti dato che i prezzi massimi erano anche i prezzi effettivamente praticati ( 9 ). Con la diminuzione dei prezzi massimi di 40,09 lire il chilogrammo ( 10 ) è venuta meno la maggior parte ( 40,09/43,27 ) del margine di guadagno per quanto riguarda lo zucchero giacente il 29 ottobre . Quindi la suddetta perdita di guadagno è quasi interamente compensata mediante la criticata sovvenzione di 37,12 lire il chilogrammo per le giacenze .

In secondo luogo l' aiuto di cui trattasi sarebbe compatibile col trattato in quanto sarebbe stato necessario per evitare una discriminazione, vietata dall' art . 40, n . 3, secondo comma, del trattato, fra i commercianti e gli importatori che detenevano scorte di zucchero il 29 ottobre 1984 e quelli che a tale data non avevano giacenze .

La ricevibilità del ricorso

4 . La Commissione, convenuta, non nega che le ricorrenti siano riguardate "direttamente e individualmente" dalla decisione impugnata . La giurisprudenza della Corte invocata dalle ricorrenti depone infatti in tal senso ( 11 ). Il ricorso non può quindi essere considerato irricevibile per questo motivo .

Nel corso della fase scritta del procedimento la Commissione ha inizialmente dedotto un mezzo d' irricevibilità con riferimento alla data iniziale del termine di cui all' art . 173, terzo comma, del trattato . A suo avviso, in mancanza di pubblicazione della decisione impugnata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la data suddetta era quella in cui fu pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana una delibera di un organo nazionale nella quale si faceva menzione dell' esistenza della decisione della Commissione . In un corrigendum successivamente inviato alla Corte essa ha però ammesso che la decisione impugnata è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 4 novembre 1987 ( 12 ). In conformità all' art . 173, terzo comma, il termine d' impugnazione comincia a correre il giorno della pubblicazione . Di conseguenza, nel controricorso la Commissione ha rinunciato al suddetto mezzo d' irricevibilità .

5 . Un secondo mezzo d' irricevibilità sollevato dalla Commissione merita di essere esaminato più attentamente . Dal fatto che nell' atto introduttivo le ricorrenti argomentino prevalentemente sull' asserita incompatibilità della disciplina dei prezzi italiana nel settore dello zucchero con il trattato la Commissione trae la conclusione che in realtà le ricorrenti vogliono sollecitare la pronunzia della Corte su tale questione . L' impugnazione della decisione della Commissione costituirebbe invero un mezzo per proporre indirettamente un ricorso per carenza contro la Commissione, la quale, in spregio del diritto comunitario, avrebbe omesso di proporre un ricorso ex art . 169 nei confronti dell' Italia relativamente alla normativa sui prezzi nel settore saccarifero vigente nel suddetto Stato membro .

Orbene - prosegue la Commissione - il trattato non contempla un siffatto ricorso di privati ( 13 ) contro la Commissione per l' inadempimento dell' obbligo, assertivamente incombentele, di proporre ricorso per carenza avverso uno Stato membro . Qualora consentisse ciononostante a privati di proporre indirettamente tale ricorso, la Corte priverebbe lo Stato membro interessato delle garanzie procedurali sancite dagli artt . 169 e 170 del trattato, garanzie la cui importanza è stata riconosciuta nella sentenza Luetticke del 1° marzo 1966 ( 14 ). Un secondo elemento che corrobora questo punto di vista si rinviene nella vostra sentenza 14 febbraio 1989 nella causa 247/87, Star Fruit Company, cui la Commissione si è richiamata nelle difese orali presentate all' udienza . In quest' ultima sentenza avete affermato che un ricorso per carenza avverso la Commissione per la mancata proposizione di un ricorso ex art . 169 priverebbe tale istituzione del potere di valutazione discrezionale conferitole dal trattato ( 15 ).

Secondo la Commissione, le considerazioni che precedono dimostrano che le ricorrenti commettono uno "sviamento di procedura", il che deve comportare l' irricevibilità del ricorso .

6 . Le ricorrenti contestano il suddetto mezzo d' irricevibilità richiamandosi al nesso indissolubile fra la decisione della Commissione da esse impugnata e il regime italiano dei prezzi dello zucchero . Questo nesso è "obiettivo" nel senso che l' aiuto censurato nella decisione trova la sua ragion d' essere nel regime dei prezzi non contestato dalla Commissione e nella decisione di diminuire i prezzi massimi attuata nell' ambito di detto regime ( si veda l' argomento relativo al risarcimento del danno, succintamente riferito sopra, nel punto 3 ); per di più, il nesso suddetto è stato esplicitamente ammesso dalla Commissione nella motivazione della decisione impugnata ( 16 ). In ragione di tale nesso indissolubile non sarebbe possibile discutere sulla decisione impugnata senza parlare anche della disciplina dei prezzi vigente in Italia . Peraltro, il fatto di "parlare della disciplina dei prezzi" non dovrebbe, di per sé, portare ad esprimere un giudizio vincolante sulla sua compatibilità o incompatibilità con l' organizzazione comune di mercato .

7 . Concordo con la Commissione sul fatto che questo procedimento per l' annullamento di una sua decisione relativa all' erogazione di un aiuto non può costituire, per le ricorrenti, un mezzo per proporre nei suoi confronti un ricorso per carenza in ragione della sua decisione di non avviare contro uno Stato membro un procedimento per inadempimento . Quest' ultimo ricorso occupa nel sistema di rimedi giuridici contemplati dal trattato un posto particolare in quanto, come la Corte ha sottolineato nella citata sentenza Star Fruit Company, la Commissione dispone in proposito di un notevole margine discrezionale ( 17 ). Inoltre, qualora questo rimedio giuridico fosse reso indirettamente accessibile ai privati, lo Stato membro sarebbe privato della possibilità di illustrare e di difendere la sua normativa dinanzi alla Corte ( 18 ).

Quanto precede non significa però che il ricorso, in quanto tale, debba essere dichiarato irricevibile . Al contrario, non vi è alcun motivo per cui la validità dell' impugnata decisione della Commissione non debba essere esaminata in sé e per sé . In base alle considerazioni sopra esposte, degli argomenti connessi alla disciplina italiana dei prezzi possono essere presi in considerazione solo purché non implichino un giudizio sulla compatibilità o incompatibilità di detta disciplina con il diritto comunitario ( 19 ).

Fondatezza del ricorso d' annullamento

8 . Rilevo in limine che le ricorrenti non sembrano impugnare la decisione della Commissione in quanto vi si dichiara che il controverso aiuto per le giacenze costituisce un "aiuto concesso mediante risorse statali ". I loro argomenti sono interamente concentrati sulla compatibilità di detto aiuto con il mercato comune .

Il risarcimento del danno

9 . Il primo argomento presentato dalle ricorrenti per infirmare il giudizio della Commissione su questo punto è - come ho già accennato - che l' aiuto controverso non è illegittimo poiché costituisce soltanto il ( quasi integrale ) risarcimento del danno che i commercianti di zucchero detentori di giacenze il 29 ottobre 1984 hanno subito in conseguenza della diminuzione dei prezzi massimi dal 30 ottobre 1984 .

A questo argomento la Commissione oppone che la perdita di un margine di profitto sulle giacenze, in quanto mancato guadagno, non equivale a una vera e propria perdita e non può quindi essere considerata "danno ".

10 . La differenza tra mancato guadagno e altre perdite pecuniarie non mi sembra importante in questo contesto . Ciò, tuttavia, non significa ancora che l' argomento delle ricorrenti basato sul "risarcimento del danno" possa essere accolto . All' udienza le ricorrenti si sono richiamate alle sentenze Denkavit ( 20 ) e Ariete ( 21 ), in cui la Corte ha dichiarato che "l' obbligo a carico dell' amministrazione di uno Stato membro di restituire ai contribuenti che ne facciano domanda tasse od oneri non dovuti perché incompatibili col diritto comunitario non costituisce aiuto ai sensi dell' art . 92 del trattato CEE ".

Entrambe le sentenze riguardavano la domanda di restituzione, come somme indebitamente pagate, di tributi contrastanti con l' art . 13 del trattato CEE . Nel caso presente trattasi di un aiuto versato da uno Stato membro come compensazione di un mancato guadagno che è conseguenza di un provvedimento facente parte di un regime di prezzi assertivamente contrastante con il diritto comunitario . Anche prescindendo dalle altre differenze, il paragone fra le cause suddette e il caso presente regge soltanto se si considera il regime di prezzi italiano incompatibile con il trattato . Orbene, per i motivi indicati sopra ( nel punto 7 ), questa questione non è qui in discussione .

Del resto, se si considera in sé e per sé l' argomento dell' aiuto inteso come risarcimento di un danno, si deve rilevare che uno scopo siffatto non può essere fatto rientrare in alcuna delle deroghe contemplate dall' art . 92, nn . 2 e 3, del trattato .

La sussistenza di discriminazione, distorsione della concorrenza e incidenza sul commercio fra Stati membri

11 . Il secondo argomento svolto dalle ricorrenti contro l' impugnata decisione della Commissione è che l' aiuto controverso era indispensabile per evitare una discriminazione, vietata dal diritto comunitario ( e in particolare dall' art . 40, n . 3, del trattato ), fra i commercianti che detenevano giacenze e quelli che non ne detenevano il 29 ottobre 1984 ( quale che fosse il paese della Comunità da cui le giacenze provenivano : in realtà, pare che il 20% circa fosse originario di altri Stati membri ). La discriminazione sarebbe consistita nel fatto che i primi avrebbero visto il proprio margine di profitto sulle giacenze polverizzato e i secondi no .

12 . La Commissione sposta - secondo me giustamente - ( 22 ) la discussione relativa a un' eventuale discriminazione sul problema che è sul tappeto in questo procedimento : la compatibilità della decisione impugnata col diritto comunitario, in particolare con l' art . 92 del trattato . A questo proposito, così come ha fatto nella decisione impugnata, essa sottolinea particolarmente il fatto che solo i commercianti che detenevano giacenze in Italia hanno ricevuto la sovvenzione di 37,12 lire il chilogrammo e che quindi i concorrenti di altri Stati membri che non disponevano di giacenze in Italia sono stati posti in una situazione di svantaggio . Mi sembra che in tal modo venga in sostanza posta sul tappeto la questione dei presupposti di applicazione dell' art . 92, n . 1, vale a dire la distorsione della concorrenza e l' incidenza sugli scambi tra Stati membri, due presupposti che, come la Corte ha sottolineato, sono strettamente connessi fra loro ( 23 ).

13 . Nella decisione impugnata si rileva, per quanto riguarda il primo presupposto per l' applicazione dell' art . 92, n . 1, che l' aiuto falsa la concorrenza in quanto "favorisce (...) i negozianti italiani che detenevano zucchero bianco in giacenza al 29 ottobre 1984, rispetto ai loro concorrenti degli altri Stati membri, operanti nel settore dello zucchero ed intenzionati a commercializzarlo successivamente a tale data" ( 24 ). Per quanto concerne il secondo presupposto d' applicazione, il provvedimento inciderebbe "anche sugli scambi di zucchero tra l' Italia e gli altri Stati membri che potrebbero esportare verso tale paese . Le esportazioni degli operatori economici degli altri Stati membri, infatti, dal 30 ottobre 1984, saranno frenate, poiché i negozianti italiani preferiranno da tale data smerciare dapprima lo zucchero che hanno in giacenza dal 29 ottobre 1984 - zucchero per il quale possono beneficiare dell' aiuto di 37,12 lit al kg - e soltanto dopo quello importato che non beneficia di alcun aiuto dagli altri Stati membri" ( 25 ). Dopo essere giunta così alla conclusione che nel caso dell' aiuto italiano sussistono i presupposti di cui all' art . 92, n . 1, la Commissione esamina ed esclude l' applicabilità delle deroghe contemplate dall' art . 92, nn . 2 e 3 .

14 . Spetta alla Corte esaminare, anche d' ufficio, eventuali difetti di motivazione che possano ostacolare il controllo, da parte sua, degli atti sottoposti al suo giudizio ( 26 ). Per quanto riguarda il primo presupposto d' applicazione - il rischio che la concorrenza sia falsata - la Commissione ha rilevato nella decisione impugnata che i commercianti che vendevano in Italia e ivi detenevano giacenze, i quali fruivano dell' aiuto ( 27 ), erano favoriti rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri - per i quali valevano ugualmente i nuovi, inferiori, prezzi massimi - che intendessero vendere in Italia dopo il 29 ottobre 1984 giacenze acquistate in precedenza ( 28 ). Mi sembra che questa costituisca una motivazione che rende plausibile, in modo sufficientemente concreto, che trattavasi di un aiuto il quale, "favorendo talune imprese o talune produzioni" falsava o minacciava di falsare la concorrenza ai sensi dell' art . 92, n . 1 . A tale motivazione le ricorrenti non hanno opposto argomenti convincenti .

15 . Occupiamoci adesso della motivazione, nella decisione impugnata, del presupposto "incidenza sugli scambi tra Stati membri ". Questa motivazione è molto succinta : essa consiste esclusivamente nel capoverso citato sopra nel punto 13, in cui si afferma che dal 30 ottobre 1984 le esportazioni dei commercianti degli altri Stati membri sarebbero state frenate perché i commercianti detentori di giacenze in Italia ( 29 ) avrebbero preferito, a partire da tale data, smerciare dapprima lo zucchero giacente e soltanto dopo lo zucchero importato da altri Stati membri, che non fruiva di aiuti .

Secondo me, tale motivazione non autorizza a ritenere che la Commissione abbia reso sufficientemente plausibile la minaccia di un' incidenza negativa sugli scambi tra Stati membri causata dall' aiuto controverso . E vero che non è prescritta una prova definitiva - ammesso che tale prova sia possibile - di un' effettiva riduzione o di un effettivo sviamento di correnti commerciali rispetto a quella che sarebbe stata la situazione in mancanza dell' aiuto . Tuttavia, nella decisione la Commissione deve indicare sufficienti elementi di natura fattuale o giuridica ed esplicitare, qualora non siano evidenti, le premesse da cui parte e le conclusioni che ne trae, di modo che la Corte possa accertare se sussista il presupposto dell' incidenza sugli scambi ( 30 ).

A mio avviso, nel citato brano della sua decisione essa non l' ha fatto, anzi ha lasciato completamente privi di risposta vari interrogativi . Così, essa afferma che i commercianti avrebbero preferito smerciare dapprima le giacenze e solo successivamente ricostituire le scorte, fra l' altro mediante importazioni ( 31 ). Non si tratta però di una pratica commerciale normale, che sarebbe stata seguita anche in mancanza dell' aiuto controverso? E ovvio che i commercianti e i produttori interessati avrebbero voluto in ogni caso ( anche subendo una perdita ) esitare le scorte costituite ed avrebbero venduto innanzitutto le giacenze più vecchie . Inoltre risulta assodato che nelle giacenze erano compresi anche prodotti importati in precedenza ( nella misura del 20%, come ci è stato detto ) - che comunque non erano esclusi dall' aiuto italiano ( 32 ) - e quindi non è chiaro, o quanto meno non è spiegato nella decisione impugnata, in che misura l' aiuto avrebbe inciso sugli scambi intracomunitari . Infine, non è stato nemmeno chiarito in che misura l' aiuto controverso avrebbe avuto sugli scambi intracomunitari un' incidenza sfavorevole che non era stata già esercitata dalla ( precedente ) diminuzione dei prezzi massimi, che valeva anche per lo zucchero importato da altri Stati membri .

Mi sembra che la Commissione, non fornendo nella sua decisione nemmeno un principio di risposta ai suddetti interrogativi, sia venuta meno al suo obbligo di motivazione relativamente a un essenziale presupposto di applicazione dell' art . 92, n . 1, del trattato, sul quale è basata la decisione impugnata .

16 . Di conseguenza, non occorre che io esamini la motivazione fornita nella decisione ( e, secondo me, fondata ) circa l' inapplicabilità delle deroghe contemplate dall' art . 92, nn . 2 e 3 .

Conclusione

17 . In base alle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di annullare la decisione della Commissione n . 87/533/CEE per insufficienza di motivazione e di condannare la convenuta alle spese .

(*) Lingua originale : l' olandese .

( 1 ) GU 1987, L 313, pag . 24 .

( 2 ) GURI n . 313 del 14 . 11 . 1984 .

( 3 ) GURI n . 298 del 29 . 10 . 1984 .

( 4 ) GURI n . 319 del 20 . 11 . 1984 .

( 5 ) Provvedimento CIP n . 39/1984, punti 5 e 7 e rinvio figurante nell' art . 1 della decisione della Commissione impugnata .

( 6 ) Punti,rispettivamente, 1, 2 e, 3 del citato provvedimento n . 39/1984 .

( 7 ) Ibidem, punto 7, rispettivamente, lett . a ) e, b ), del provvedimento n . 39/1984 .

( 8 ) Alla luce di questa precisazione si deve ritenere che la frase "e per il quale è stato pagato il sovrapprezzo" figurante nella decisione della Commissione ( vedasi sopra, punto 1, in fine, e nota 5 ) sia stata aggiunta per errore : infatti nel punto 7, lett . b ), del provvedimento CIP, riguardante l' aiuto ai commercianti, non vi è menzione di tale presupposto .

( 9 ) All' udienza, il patrono delle ricorrenti ha affermato - senza essere contraddetto dal rappresentante della convenuta - che i vari prezzi massimi imposti d' autorità sono, anche nella realtà economica di ogni giorno, i prezzi di mercato, vale a dire che raramente si vende al di sotto dei prezzi massimi .

( 10 ) 40 lire per quanto riguarda il prezzo al minuto .

( 11 ) Nella sentenza 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris, Racc . 1980, pag . 2671, riguardante anch' essa una decisione rivolta ad uno Stato membro in base all' art . 92, la Corte risolse il problema della ricevibilità come segue : "La Commissione non contesta che la ricorrente, quale eventuale beneficiaria dell' aiuto oggetto della decisione, può proporre un ricorso per chiederne l' annullamento, anche se il destinatario della decisione è uno Stato membro ". La Commissione non poteva contestare la legittimazione della ricorrente tenuto conto anche del criterio di ricevibilità applicato nella sentenza 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann, Racc . 1963, pag . 201, a pag . 220, cioè che la decisione tocchi il ricorrente "a causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità, e quindi lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari ". In un caso come quello di specie, in cui trattasi di un aiuto per giacenze detenute a una determinata data nel passato, il suddetto criterio è, secondo me, soddisfatto, dato che un siffatto provvedimento di aiuto ( come l' impugnata decisione che vi si riferisce ) riguarda una categoria chiusa di privati . Il fatto che il numero degli interessati sia grande o piccolo risulta del tutto irrilevante .

( 12 ) Si vedano gli estremi della GU nella nota 1 .

( 13 ) Vedasi il combinato disposto degli artt . 169 e 173, terzo comma, del trattato .

( 14 ) Causa 48/65, Racc . 1966, pag . 26, in particolare pag . 37, e conclusioni dell' avvocato generale Gand .

( 15 ) Punti 11 e 12 della sentenza, Racc . pag . 291 .

( 16 ) Nel punto II.1 . dell' impugnata decisione la Commissione cita la propria lettera 23 novembre 1984 al governo italiano, in cui ha "subordinato" la propria posizione circa l' aiuto di cui trattasi alle conclusioni alle quali sarebbe pervenuta quanto al principio della fissazione dei prezzi dello zucchero a livello nazionale . La decisione relativa al regime dei prezzi nel suo complesso è stata poi emessa il 18 dicembre 1985 : la Commissione ha concluso che il regime nazionale era compatibile con il sistema di prezzi comunitario . Successivamente, il 7 maggio 1986, è stata comunicata al governo italiano l' apertura del procedimento ex art . 93, n . 2, del trattato, relativamente all' aiuto .

( 17 ) Sentenza 14 febbraio 1989, causa 247/87, già citata nella nota 15, e conclusioni dell' avvocato generale Lenz nella stessa causa, in particolare punti 17 e 18 .

( 18 ) Ciò non toglie che i privati, come le ricorrenti, possano impugnare dinanzi ai giudici nazionali normative nazionali deducendone l' incompatibilità col diritto comunitario ( derivato ). Nell' esaminare le questioni dinanzi ad essi sollevate in tal modo, i giudici nazionali devono farsi guidare dalla giurisprudenza della Corte e porre eventuali ulteriori questioni d' interpretazione del diritto comunitario attraverso il procedimento di cui all' art . 177 del trattato ( vedasi ad esempio la sentenza 9 ottobre 1984, causa 91 e 127/83, Heineken, Racc . 1984, pag . 3435, punto 10 della motivazione ). Del resto, l' avvocato delle ricorrenti ha detto all' udienza che dinanzi al tribunale di Roma pende una causa fra alcune delle ricorrenti e le autorità italiane relativamente all' ingiunzione di restituzione dell' aiuto emessa da dette autorità in esecuzione dell' impugnata decisione della Commissione . La causa sarebbe stata sospesa in attesa della sentenza della Corte in questo procedimento .

( 19 ) Non mi pronunzierò quindi sugli argomenti svolti dalle ricorrenti alla luce di una copiosa giurisprudenza della Corte e riguardanti l' incompatibilità della disciplina italiana dei prezzi - almeno sul piano del commercio all' ingrosso - con il diritto comunitario, e mi limito a constatare che finora la Commissione non ha fornito risposte concrete quanto al perché la disciplina di cui trattasi è, a suo avviso, compatibile col mercato comune .

( 20 ) Sentenza 27 marzo 1980, causa 61/79, Racc . 1980, pag . 1205, punto 31 della motivazione .

( 21 ) Sentenza 10 luglio 1980, causa 811/79, Racc . pag . 2542, punto 15 della motivazione, ultimo inciso .

( 22 ) Infatti, non capisco bene come una discriminazione assertivamente determinata dal provvedimento italiano in materia di prezzi in contrasto, secondo le ricorrenti, col diritto comunitario, in particolare con l' art . 40, n . 3 - ammesso che questo vieti anche le discriminazioni fra commercianti - possa essere sanata da un altro provvedimento nazionale che, a sua volta, introduca una discriminazione vietata dal diritto comunitario, nella fattispecie dall' art . 92 .

( 23 ) Vedasi, ad esempio, la sentenza Philip Morris, citata nella nota 11, punti 10 e 11 della motivazione .

( 24 ) Punto IV, n . 1, primo capoverso, della decisione impugnata .

( 25 ) Ibidem, quarto capoverso .

( 26 ) Già nella sentenza 20 marzo 1959 nella causa 18/57, Nold / Alta Autorità, Racc . 1958-1959, pag . 85, a pag . 109, la Corte affermò che "l' obbligo di motivare che l' art . 15 del trattato CECA impone all' Alta Autorità non è stabilito nel solo interesse degli eventuali ricorrenti, ma anche per consentire alla Corte di esercitare in pieno il controllo giurisdizionale che il trattato le affida; ne consegue che un difetto di motivazione, il quale ostacoli tale controllo, può e deve essere rilevato d' ufficio ". Nel contesto del ricorso d' annullamento ex art . 173 del trattato CEE la Corte ha confermato questo principio, in relazione all' art . 190 CEE - redatto in termini analoghi a quelli dell' art . 15 CECA - nella sentenza 7 luglio 1981 nella causa 158/80, Rewe-Nord e Rewe-Markt Steffen, Racc . 1981, pag . 1805, punti 18 e 19 della motivazione .

( 27 ) Nella decisione impugnata si parla dei commercianti "italiani ". Mi sembra più corretto parlare dei "commercianti che vendono in Italia e ivi detengono giacenze" poiché, a quanto mi risulta ( vedansi i punti 6 e 7 del provvedimento CIP n . 39/1984 ), l' aiuto italiano non è subordinato a condizioni di nazionalità anche se, naturalmente, è limitato dal punto di vista territoriale all' Italia .

( 28 ) Decisione della Commissione, punto IV, secondo capoverso .

( 29 ) Stesso rilievo terminologico di cui alla nota 27 .

( 30 ) Nella sentenza Papiers peints del 26 novembre 1975, Racc . 1975, pag . 1491, punti da 29 a 34 della motivazione, la Corte considerò che la Commissione non aveva adempiuto l' obbligo di motivazione relativamente all' incidenza sugli scambi intracomunitari ( in base allo strettamente affine art . 85, n . 1, del trattato ) in quanto nel suo ragionamento mancavano elementi concreti . E vero che nella sentenza Philip Morris ( citata nella nota 11 ) la Corte considerò adempiuto l' obbligo di motivazione relativamente agli scambi intracomunitari tenuto conto dei dati ( impressionanti ) forniti dalla Commissione a proposito del presupposto "distorsione della concorrenza"; tuttavia, nel caso presente, dalle considerazioni relative a quest' ultimo presupposto non è possibile, secondo me, trarre chiare conclusioni per quanto riguarda l' altro presupposto, come emerge dalle ulteriori questioni lasciate insolute, che menziono più oltre nel testo .

( 31 ) Dal punto 7, secondo comma, del provvedimento CIP n . 39/1984 si evince che lo smercio delle giacenze, per quanto riguarda sia i produttori sia i commercianti, costituisce una condizione per l' erogazione dell' aiuto . Emerge dal punto 7, terzo comma, per quanto riguarda i produttori, e dal punto 6, terzo comma, per quanto concerne le "società saccarifere", espressione che potrebbe ricomprendere anche i commercianti - il che, però, secondo me, non si può affermare con certezza - l' obbligo di vendere dapprima lo zucchero prodotto nella precedente stagione 1984-85 e poi lo zucchero nuovo .

( 32 ) Ibidem, il punto 6, in particolare nel secondo comma, in fine, e soprattutto il punto 7, primo comma, lett . a ), primo inciso, fanno esplicita menzione dello zucchero importato . Nel punto 7, primo comma, lett . b ), si parla in generale di zucchero "libero da imposta di fabbricazione ". Contrariamente alla possibile espressione alternativa "sul quale è stata corrisposta l' imposta di fabbricazione", l' espressione usata non consente di ritenere che lo zucchero importato ( per il quale non è dovuta l' imposta di fabbricazione ) sia escluso dall' aiuto .