61986C0326

Conclusioni dell'avvocato generale Lenz del 25 maggio 1989. - BENITO FRANCESCONI ED ALTRI CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - RESPONSABILITA'- RISCARCIMENTO DEL DANNO SUBITO A CAUSA DEL COMPORTAMENTO DELLA COMMISSIONE CHE HA OMESSO DI DIVULGARE LE INFORMAZIONI CHE CONSENTONO DI IDENTIFICARE I PRODUTTORI / DISTRIBUTORI DI VINI ADULTERATI AL METANOLO. - CAUSE RIUNITE 326/86 E 66/88.

raccolta della giurisprudenza 1989 pagina 02087


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

A - Antefatti

1 . Nelle cause riunite delle quali mi occupo oggi si tratta del risarcimento del danno che viene preteso nei confronti della Commissione, in primo luogo ( causa 326/86 ), da venti ricorrenti aventi sede nel Belgio, nei Paesi Bassi ed in Italia, che si occupano della produzione e della vendita di vini italiani ( oppure solo di quest' ultima ) e, in secondo luogo ( causa 66/88 ), da undici residenti in Italia che agiscono in veste di aventi causa di quattro persone decedute il 2 marzo, il 10 marzo, il 16 marzo e il 5 giugno 1986 per aver bevuto vino italiano contenente metanolo .

2 . Nel primo caso i ricorrenti sostengono di aver subito una notevole riduzione delle vendite e corrispondenti perdite di utili dopo che, nell' estate del 1985 e nella primavera del 1986, erano stati scoperti nei vini italiani pericolosi additivi . Nel secondo caso si chiede il risarcimento per la morte di parenti prossimi causata dall' ingestione di vini italiani adulterati .

3 . La Commissione sarebbe tenuta al risarcimento per non aver impedito, mediante idonei provvedimenti, che si effettuasse l' adulterazione del vino oppure non essersi quanto meno adoperata onde limitarne le conseguenze dannose . I particolari degli argomenti sui quali si basa l' addebito di illecito delle PA, si possono trovare nella relazione d' udienza . Per una migliore comprensione del mio ragionamento dirò in breve solo quanto segue .

4 . E' stato sostenuto - procedo ora secondo un criterio cronologico - che già nel 1976 la stampa italiana aveva dato notizia della produzione di vino adulterato ( allegato 6 della replica della causa 66/88 ). I provvedimenti adottati in seguito per la stabilizzazione del mercato, in particolare l' assorbimento delle eccedenze di vino mediante sovvenzioni della Comunità ( trasformandolo in alcol ), sarebbero stati tali da stimolare addirittura gli abusi sotto forma di produzione di vini contraffatti ( in particolare perché non era prevista alcuna analisi accurata prima della distillazione e perché la nozione di "vino da tavola" era stata definita in modo che gli appositi controlli non riuscivano ad accertare le adulterazioni ). In particolare avrebbero dovuto essere notati ( e se ne sarebbe parlato in una relazione parlamentare - allegato 1 della replica della causa 66/88 - e in una relazione particolareggiata della Corte dei conti ( 1 )) anzitutto il forte aumento della distillazione di vini nel 1984 nonché la circostanza che le giacenze di magazzino di vino italiano, che a fine agosto del 1984 erano di 19 milioni di ettolitri, secondo una dichiarazione del dicembre 1984, al 1° settembre 1984 aumentavano a 40 milioni di ettolitri .

5 . Quando nell' estate del 1985 veniva scoperto del vino austriaco adulterato col glicolo - riferendosi ad una conferenza stampa della Commissione del 27 agosto 1985 - la stampa belga avrebbe parlato anche di vino italiano contenente lo stesso additivo, dopo di che due clienti di uno dei ricorrenti nella causa 326/86, all' inizio del settembre 1985, avrebbero annullato degli ordini di vino . Nonostante le richieste, la Commissione non avrebbe però ritenuto opportuno rendere noti i nomi delle imprese coinvolte ( il che avrebbe consentito di limitare i danni per il buon nome del vino italiano e avrebbe dissuaso le ditte coinvolte da ulteriori adulterazioni ). La Commissione non avrebbe nemmeno ritenuto opportuno ritirare dal mercato i vini in questione ( a norma della decisione del Consiglio 2 marzo 1984 ( 2 )) e disporre un' intensificazione dei controlli . Sarebbe infine significativo il fatto che la Commissione - dopo che all' inizio del marzo 1986 si era avuto un primo decesso dovuto al vino al metanolo e le vendite di vino italiano erano enormemente diminuite - solo alla fine del marzo 1986 abbia reagito senza fare per di più un uso più efficace dei mezzi di cui disponeva ( in particolare non aveva disposto alcun controllo diretto a norma dell' art . 9 del regolamento n . 729/70 ( 3 )).

B - Esame giuridico

6 . Se dopo queste considerazioni ci chiediamo - ed è questa la prima questione che sorge quando si tratta di responsabilità delle PA - se si possa effettivamente motivare in questo modo l' addebito di illecito delle PA ( illegittima omissione di opportuni provvedimenti atti ad impedire o limitare i danni ) si possono fare in particolare queste considerazioni .

7 . 1 . Prima di tutto va affermato che, in base alla struttura dell' ordinamento di mercato istituito dal Consiglio, spetta agli Stati membri garantire l' osservanza delle norme comunitarie nel settore del vino e quindi predisporre gli organi di controllo ( art . 64 del regolamento n . 337/79 ( 4 )). Ciò corrisponde ad un sistema corrente, praticato in tutti i settori dell' agricoltura, e lo si deve alla evidente considerazione che le autorità degli Stati membri sono a contatto più immediato con la situazione, come pure all' intento di non sovraccaricare l' amministrazione comunitaria . Per questo motivo il regolamento n . 729/70, relativo al finanziamento della politica agricola comunitaria, dispone in modo generale all' art . 8 che spetta agli Stati membri "prevenire e perseguire le irregolarità"; di conseguenza l' art . 6 del regolamento n . 283/72 ( 5 ) stabilisce che gli Stati membri, quando accertano irregolarità od omissioni, promuovono un' indagine sul piano amministrativo; nello stesso senso, il regolamento n . 359/79 "relativo alla collaborazione diretta tra i servizi degli Stati membri incaricati di controllare l' osservanza delle disposizioni comunitarie nazionali nel settore vitivinicolo" ( 6 ) dispone all' art . 3 che gli uffici competenti degli Stati membri svolgono indagini ogniqualvolta sorgano fondati sospetti e così pure la decisione del Consiglio 2 marzo 1984, "che instaura un sistema comunitario di scambio rapido di informazioni sui pericoli connessi con l' uso di prodotti di consumo" ( 7 ), nell' art . 1 parte dal principio che gli Stati membri diramano provvedimenti urgenti per vietare la vendita di una merce se questa costituisce un pericolo per la salute o per la sicurezza dei consumatori .

8 . Ciò non vuol dire naturalmente che le istituzioni comunitarie siano esenti da qualsiasi responsabilità, quanto meno per quel che non riguarda i settori come la tutela della salute in campo vinicolo ( che - come giustamente ha sottolineato la Commissione - non costituisce affatto oggetto di disciplina comunitaria bensì rientra strettamente nella competenza nazionale ). Il loro compito è al massimo quello di sorvegliare gli uffici nazionali e devono intervenire ( modificando la disciplina comunitaria o promuovendo procedimenti per inadempimento ) solo qualora emergano palesi indizi che i controlli sul piano nazionale - che hanno la precedenza - vengono esercitati in modo insufficiente e che perciò viene del pari trasgredito il diritto comunitario .

9 . 2 . Se si parte da questo sfondo per esaminare le su ricordate notizie di stampa del 1976 ( nelle quali si parla fra l' altro del fatto che ai servizi comunitari era nota la formula per produrre vino artefatto, e in una località si erano scoperti locali nei quali veniva prodotto vino con prodotti chimici ) mi pare evidente che questo solo fatto non determinava l' obbligo della Commissione di prendere iniziative . Se si dà per scontato che la Commissione era al corrente della situazione e che le informazioni riguardavano fatti disciplinati dalla normativa comunitaria, è perfettamente logico supporre che gli enti nazionali avrebbero proceduto a controlli e avrebbero fatto il possibile e il necessario per stroncare queste attività illecite . Poiché non è nemmeno emerso che negli anni successivi vi fosse motivo di supporre che i provvedimenti di controllo nazionali fossero insufficienti ( infatti di adulterazioni si è tornato a parlare solo nel 1985 ), non si può far carico alla Commissione di inerzia per non aver promosso tempestivamente un procedimento per inadempimento, onde ottenere un miglioramento dei controlli nazionali e contribuire quindi ad impedire le irregolarità sulle quali verte la causa odierna .

10 . La mia prima conclusione è quindi che dalle notizie di stampa del 1976 non è effettivamente possibile trarre alcun argomento che corrobori le censure dei ricorrenti ( prova dell' illecito ).

11 . 3 . Per quanto riguardano i fatti del 1984, ai quali i ricorrenti attribuiscono grande importanza, richiamandosi ai documenti già ricordati, è innegabile infatti in primo luogo che vi sia stato un cospicuo aumento della distillazione di vino ( in confronto al vino dato all' ammasso nel dicembre del 1983, la distillazione era aumentata di 14 milioni di ettolitri ), come pure la spettacolosa variazione dei dati relativi alle giacenze di vino italiano ( da 19 milioni di ettolitri nell' agosto 1984 ai 40 milioni di ettolitri all' inizio della stagione successiva ).

12 . Ciò non implica però che sotto questo profilo la produzione di vino adulterato abbia avuto un peso . E' significativo il fatto che nella relazione parlamentare cui si riferiscono i ricorrenti ( allegato 1 della replica nella causa 66/88 ) siano state sollevate solo questioni e siano state formulate ipotesi e sia stata rivolta alla Commissione la richiesta di "indiquer les liens éventuels avec la production de vins non naturels" ( 8 ). D' altro canto ci è stato detto che nel maggio del 1984 erano state disposte indagini ad opera di un gruppo di esperti senza alcun risultato e si deve pure ammettere che non si può escludere a priori la spiegazione che l' abbondanza del raccolto della stagione precedente sotto questo aspetto ha avuto importanza, come pure gli errori nelle stime dei consumi e le inesattezze nelle denunce delle giacenze .

13 . A parte ciò, non si può nemmeno far carico alla Commissione di aver reagito a tutto ciò in modo inadeguato, tenuto conto dei dati di cui disponeva in quel momento . A prescindere dal fatto che, per quel che riguarda la modifica delle giacenze dichiarate nella primavera del 1985, ha posto al ggoverno italiano domande ben circostanziate, ha pure provveduto con regolamenti speciali - poiché già in precedenza vi erano state difficoltà nel bilancio vinicolo e si erano constatate anomalie - a far sì di non dover dipendere solo dalle informazioni degli Stati membri, ma di poter disporre anche di altre fonti d' informazione ( 9 ); ha provveduto anche a portare taluni emendamenti nella disciplina della distillazione ( 10 ); nel dicembre 1985 ha proposto l' introduzione di un catasto vinicolo ( proposta accolta dal Consiglio nel luglio 1986 ) e nel marzo del 1985 partecipava ad una dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, nella quale tra l' altro si sottolineava la necessità di rafforzare i controlli sul mercato vinicolo ( allegato del controricorso nella causa 66/88 ).

14 . 4 . Quanto all' argomento dei ricorrenti secondo il quale la disciplina comunitaria della distillazione del vino sarebbe così strutturata e così applicata da indurre addirittura alla produzione di vino adulterato, si deve anzitutto dire che non è dimostrato che i vini al glicolo del 1985 e i vini al metanolo del 1986, sui quali verte la presente causa, debbano essere messi in relazione con la distillazione . In effetti, come ha sostenuto la Commissione senza essere contraddetta, l' adulterazione è stata accertata in bottiglie di prodotto destinato al consumo umano, ed è significativo inoltre che i ricorrenti stessi nella fase orale abbiano dichiarato che i vini naturali sono andati alla distillazione e sul mercato sono stati immessi surrogati di vini ( il che naturalmente porta alla conclusione che nemmeno una sorveglianza più rigorosa della distillazione avrebbe impedito che i vini adulterati giungessero sul mercato e vi provocassero danni ).

15 . Nemmeno è possibile accogliere la tesi dei ricorrenti secondo la quale la disciplina sulla distillazione è così allettante che ha attirato eccessive quantità di vino e quindi è stato necessario produrre un surrogato di vino per il mercato . Giustamente la Commissione ha ribattuto che ciò appare inverosimile dato che, nonostante la distillazione, vi sono ancora eccedenze di vino .

16 . E' inoltre significativo, sempre a questo proposito, il fatto che la disciplina comunitaria, conformemente a quanto si è dovuto premettere in linea generale in fatto di organizzazione del mercato vitivinicolo, è congegnata in modo che spetta agli Stati membri il controllo ( 11 ), vale a dire che gli Stati membri sono i principali responsabili della prevenzione degli abusi . Non vi era però nulla che lasciasse supporre che questi controlli nazionali fossero negligenti ed insufficienti in un momento nel quale alla Commissione sarebbe stato possibile ( eventualmente mediante un procedimento per inadempimento a norma dell' art . 169 del trattato CEE ) provocare un cambiamento e quindi evitare eventi come quelli degli anni 1985 e 1986 . In effetti la prima critica ai controlli nazionali appare solo in una lettera del membro della Commissione Ripa di Meana in data 25 maggio 1986 ( allegato 12 del ricorso 66/88; egli lamenta la carenza di strutture di controllo pubblico in Italia ), nella già ricordata relazione parlamentare del 1987 e nella relazione, sempre del 1987, della Corte dei conti che si riferisce ai controlli effettuati in Italia nel 1985 e nel 1986 ( un' altra relazione della Corte dei conti relativa all' anno 1984, stilata nel 1985, muove solo critiche ai provvedimenti di controllo francesi ).

17 . Infine è pure inaccettabile l' assunto dei ricorrenti secondo il quale la disciplina sulla distillazione deve definirsi carente in quanto non prescrive alcuna analisi all' entrata del prodotto negli impianti di distillazione, che potrebbe servire a scoprire il vino adulterato . E' vero che l' art . 22 del regolamento n . 2179/83 in fatto di controllo dei prodotti all' ingresso nella distilleria parla espressamente solo di quantità, colore e gradazione alcolica; tuttavia l' uso del vocabolo "particolarmente" rende manifesto che questa elencazione non deve considerarsi esauriente e inoltre lo stesso art . 22 stabilisce che gli Stati membri possono effettuare controlli per campione . A mio parere, questa deve considerarsi una disciplina sufficiente per gli Stati membri i quali, in base al complesso delle norme di politica agraria, devono essere coscienti della loro responsabilità per la corretta applicazione della normativa e ciò avrebbe in particolare consentito agli organi di controllo italiani ( la cui attenzione doveva già essere stata destata dalle notizie di stampa del 1976 ) di far sì che non venissero commessi abusi della disciplina d' intervento mediante vini adulterati, qualora vi fossero stati dei tentativi in questo senso .

18 . 5 . Per quanto riguarda gli avvenimenti dell' estate 1985 - scoperta di vino austriaco al glicolo e accertamento di glicolo anche in alcuni vini italiani - si deve innanzitutto ritenere importante il fatto che la comunicazione della Commissione in data 27 agosto 1985 ( allegato 1 del controricorso nella causa 326/86 ) non menziona né zone di produzione né ditte ( il che significa che i dati forniti dalla stampa belga del 28 agosto 1985 - allegato 1 della replica nella causa 326/86 - e quindi le conseguenze dannose che ne sono derivate non sono imputabili alla Commissione ). E' pure significativo il fatto che la Commissione abbia espressamente sottolineato che erano state rilevate solo "very slight traces" di detta sostanza in nove vini italiani, il che voleva dire che non si dovevano temere danni per la salute che potessero indurre i consumatori a rinunziare al consumo di vini italiani ( la stessa Commissione attribuisce a questa circostanza un effetto di riduzione del danno ).

19 . Si deve inoltre chiarire che nella conferenza stampa della Commissione non si è chiesto di fare i nomi delle ditte coinvolte e che nemmeno in seguito è stata rivolta alla Commissione una richiesta in questo senso . Il telex del 29 agosto 1985 al quale i ricorrenti si riferiscono ( e del quale solo una copia veniva trasmessa al "service de santé de la CEE ") era infatti indirizzato alla direzione del giornale "Le Soir" e conteneva semplicemente la domanda, rivolta a questo giornale, di pubblicare i nomi delle tre società delle quali si era parlato nell' articolo del 28 agosto 1985 . La Commissione stessa, invece, solo in una lettera del 25 marzo 1986 veniva invitata a rendere note le ditte coinvolte ( vale a dire in un momento nel quale lo scandalo del vino al metanolo italiano era già scoppiato e quindi nemmeno la pubblicazione dei nominativi serviva ad impedirlo ), e ciò è avvenuto per di più con un richiamo privo di pertinenza al contenuto del comunicato stampa dell' agosto 1985 .

20 . Per quel che riguarda poi la questione se la Commissione motu proprio doveva rendere noti i nomi delle ditte coinvolte, a mio parere è eloquente, per giustificare il suo atteggiamento negativo, già il richiamo al fatto che le risultava la presenza solo di tracce molto esigue e quindi non nocive in nove vini italiani . Così stando le cose - per non correre il rischio di cause per danni da parte delle ditte interessate - era senz' altro giustificato che la Commissione mantenesse un atteggiamento riservato e di conseguenza - fino alla conclusione delle indagini condotte dalle autorità italiane - evitasse una pubblicità negativa . Ciò del resto anche perché, pur se si fossero denunciate solo alcune imprese, non si poteva escludere un senso di diffidenza generalizzata nei confronti del vino italiano con gravi conseguenze per la vendita di questo prodotto .

21 . Soprattutto però, per ribattere alla critica dei ricorrenti ora in esame, la Commissione poteva richiamarsi al sistema di informazioni, adottato dalla Comunità, il quale - in modo perfettamente logico, giacché per l' accertamento di questi fatti i competenti organi nazionali sono a contatto più immediato con gli avvenimenti - lascia a questi la responsabilità dell' informazione . Sotto questo aspetto è interessante già l' art . 64 del su ricordato regolamento n . 337/79, relativo all' organizzazione comune dei mercati vitivinicoli, a norma del quale gli uffici nazionali devono tenersi in contatto fra loro affinché, grazie alla reciproca informazione, si possano prevenire o reprimere gli illeciti . Importante è inoltre il regolamento n . 359/79, il cui art . 2 parte dall' idea che, se emergono irregolarità nel settore del vino, vengono scambiate informazioni tra gli uffici nazionali competenti ( l' art . 7, d' altra parte, stabilisce che questo tipo d' informazioni è coperto dal segreto d' ufficio ). Bisogna pure ricordare la decisione del Consiglio 2 marzo 1984 "che instaura un sistema comunitario di scambio rapido di informazioni sui pericoli connessi con l' uso di prodotti di consumo" ( 12 ), il cui art . 1 dispone che gli organi nazionali che adottano provvedimenti per prevenire pericoli per la salute dei consumatori informino la Commissione affinché essa sia in grado di trasmettere queste informazioni alle competenti autorità degli altri Stati membri ( e nella quale, del resto, anche l' art . 6 stabilisce che le informazioni, se vi sono validi motivi, devono essere trattate in modo riservato ). In questo senso inoltre - come ha dichiarato la Commissione nel controricorso della causa 66/88 - vi deve pur essere stata un' intesa tra gli Stati membri e la Commissione, vale a dire si è stabilito che in caso di necessità gli uffici nazionali pubblichino informazioni per evitare pericoli per la salute .

22 . Come ha dimostrato la Commissione, nell' estate 1985 si è effettivamente proceduto in questo modo . A questo proposito bisogna rilevare in particolare - poiché in questo modo manifestamente il 22 agosto 1985 si sono avute le notizie di stampa britanniche alle quali le informazioni di stampa belghe si rifacevano - che le competenti autorità britanniche fin dal 16 agosto 1985 avevano informato le autorità degli altri Stati membri circa i vini al glicolo italiani facendo il nome di talune ditte ( allegato 1 del controricorso nella causa 66/88 ). Perciò la Commissione poteva certo presumere che gli uffici nazionali, in caso di necessità, avrebbero informato i consumatori e - contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti - essa non doveva più sentirsi obbligata ad agire in loro vece .

23 . Per quanto poi riguarda l' assunto dei ricorrenti, formulato sempre a questo proposito, secondo il quale la Commissione nell' autunno del 1985 avrebbe dovuto ritirare dal mercato i vini adulterati o quanto meno avrebbe dovuto esigere un servizio di sorveglianza più intenso da parte degli enti nazionali, è chiaro, anzitutto, che la Commissione non ha alcuna competenza ad adottare il primo provvedimento, il quale è riservato agli uffici nazionali ( ragione per cui si può al massimo far loro carico del fatto che, se fossero tempestivamente intervenuti nei confronti di due ditte che avevano messo sul mercato vini al glicolo e che in seguito sono state pure coinvolte nello scandalo del metanolo, quest' ultimo avrebbe potuto essere evitato almeno in parte ). In secondo luogo si può dire che solo in seguito alla comparsa di vini relativamente innocui nell' estate del 1985 e senza altri punti di riferimento, la Commissione non aveva praticamente motivo di controllare in modo particolare i provvedimenti di sorveglianza italiani ( sempre che ciò rientri nella competenza della Comunità ). Si può ancora aggiungere che la Commissione non è rimasta del tutto inattiva . Mi richiamo alla risposta del membro della Commissione Andriessen ad un' interrogazione parlamentare del 6 settembre 1985 ( 13 ), nella quale si sottolineava la necessità di rafforzare i controlli e si dichiarava che la Commissione preparava proposte per l' adeguamento della normativa in materia . Mi richiamo alle osservazioni della Commissione sulla relazione speciale della Corte dei conti in fatto di provvedimenti della Comunità per la distillazione del vino ( 14 ), nelle quali è detto che la Commissione all' inizio del 1986 aveva presentato una proposta di modifica della disciplina della distillazione, che contemplava controlli più severi dei prodotti all' ingresso in distilleria . Mi richiamo inoltre alla lettera del membro della Commissione Ripa di Meana in data 25 maggio 1986, dalla quale si desume che la Commissione nel febbraio aveva annunciato una proposta per la creazione di un servizio di controllo speciale, e alla risposta del sig . Andriessen all' interrogazione parlamentare del 17 settembre 1985 ( 15 ), nella quale si dichiara che la Commissione aveva intenzione di modificare il già ricordato regolamento n . 359/79, relativo alla collaborazione fra gli Stati membri nel settore del controllo sui vini . Ciò ha fatto sì che nel luglio 1987 venisse modificato il regolamento n . 822/87 relativo all' organizzazione comune di mercato per il vino ( l' art . 79 stabilisce che il Consiglio emana norme per la creazione di una struttura comunitaria di controllo ( 16 )) e che una proposta correlativa venisse presentata dalla Commissione il 29 dicembre 1987 ( 17 ), circa la quale, invero, è noto ( e mi richiamo ancora alla lettera del sig . Ripa di Meana ) che in fase di realizzazione ha incontrato notevoli difficoltà di principio .

24 . 6 . Ciò premesso, non resta molto da dire sull' ultimo punto in questione, cioè la condotta della Commissione di fronte allo scandalo del vino italiano al metanolo .

25 . Poiché la Commissione è stata informata solo il 19 marzo 1986 con telex del Ministero della sanità italiano - cioè dopo che si era già verificata la maggior parte dei deplorevoli eventi luttuosi sui quali verte la causa 66/88 - assume primaria importanza l' argomento da esaminare oggi, soprattutto quanto alla causa 326/86, che verte sulla diminuzione delle vendite per il danno recato al buon nome dei vini italiani e sulla sua possibile limitazione . Sotto questo aspetto è importante in primo luogo che la Commissione - come ha dichiarato senza essere contraddetta - abbia trasmesso immediatamente le informazioni ricevute, come dispone la disciplina comunitaria vigente, agli altri Stati membri e si sia tenuta in costante contatto con le autorità italiane che avevano intrapreso indagini .

26 . E' pure importante che in Italia siano stati immediatamente presi provvedimenti . Mi riferisco al decreto citato nel controricorso della causa 326/86, che prescrive il certificato d' analisi per i vini da esportare; mi riferisco alla già citata lettera del membro della Commissione Ripa di Meana, nella quale si parla di un decreto dell' 11 aprile 1986 per prevenire e reprimere l' adulterazione dei generi alimentari, e ricordo che nel controricorso della causa 66/88 a pag . 5 è stato dichiarato, senza provocare contraddizioni, che la pubblicazione di un articolo nel periodico "Vigne e viti" del 6 marzo 1986 ha contribuito alla rapida riorganizzazione degli uffici di controllo nazionali .

27 . A parte ciò ci è stato dichiarato - e sotto questo aspetto è interessante una lettera emanante da un membro della Commissione in data 13 giugno 1986 ( allegato 4 del ricorso 326/86 ) - che la Commissione nel maggio 1986 aveva invitato tutti gli Stati membri a far rivedere dalle competenti autorità i metodi di controllo nel settore vitivincolo .

28 . Ora, quando i ricorrenti si dolgono - e in questo contesto mi pare che ciò costituisca per essi una censura di particolare importanza - che la Commissione ( in una lettera del 15 maggio 1986 ) abbia disposto che le autorità italiane effettuassero solo un controllo a norma dell' art . 6 del regolamento del Consiglio n . 283/72 ( 18 ) e non a norma dell' art . 9 del regolamento n . 729/70 ( 19 ) ( che parla di ispezioni in loco ad opera della Commissione ) si deve ribattere - indipendentemente dal fatto che i servizi di ispezione della Commissione non sono attrezzati per controlli molto estesi - non solo che i controlli contemplati dal regolamento n . 729/70 sono quelli relativi al finanziamento della politica agricola comune e si effettuano su documenti, quindi non riguardano le vendite di vino sul mercato . Importante è pure il fatto che l' art . 6 del regolamento n . 283/72 contempla senza alcuna riserva l' ipotesi che il personale della Commissione possa partecipare alle indagini per l' accertamento di irregolarità e che questa era l' intenzione della Commissione ( come si può desumere dalla citata lettera del membro della Commissione 13 giugno 1986 nella quale per di più si ricorda che la Commissione si riserva di effettuare particolari controlli a norma dell' art . 9 del regolamento n . 729/70 ).

29 . Si giustifica quindi la conclusione - anche perché è chiaro che l' instaurazione di un macchinoso procedimento per infrazione avrebbe dato risultati scarsamente apprezzabili per quel che riguarda gli interessi dei ricorrenti - che alla Commissione, per il suo comportamento di fronte allo scandalo del vino italiano della primavera dell' 86, non va addebitata alcuna negligenza illecita .

30 . 7 . Su ulteriori punti che possono ricollegarsi ad una censura di illecito della PA ( causalità, danno, eventuale prova di un pregiudizio specifico ) non è quindi più il caso di discutere ( oltre quanto è già stato detto qua e là ).

C - Conclusioni finali

31 . 8 . In conclusione si deve quindi constatare che gli addebiti dei ricorrenti, secondo i quali la Commissione sotto vari aspetti sarebbe venuta meno ai suoi obblighi, sono infondati .

32 . Propongo quindi :

1 ) di respingere il ricorso,

2 ) di porre le spese a carico dei ricorrenti .

(*) Lingua originale : il tedesco .

( 1 ) GU 1987, C 297, pag . 14 e seguenti .

( 2 ) GU 1984, L 70, pag . 16 .

( 3 ) GU 1979, L 94, pag . 13 e seguenti .

( 4 ) GU 1979, L 54, pag . 1 e seguenti .

( 5 ) GU 1972, L 36, pag . 1 e seguenti .

( 6 ) GU 1979, L 54, pag . 136 e seguenti .

( 7 ) GU 1984, L 70, pag . 16 e seguenti .

( 8 ) Vedasi anche deliberazione del Parlamento europeo; GU 1987, C 190, pag . 149, n . 8, 4° trattino (" quali sono i rapporti con la produzione artificiale di vino ").

( 9 ) Vedasi regolamento n . 2102/84 "relativo alle dichiarazioni di raccolta, di produzione e di giacenza dei prodotti del settore vitivinicolo" ( GU 1984, L 194, pag . 1 e seguenti ); regolamento n . 2396/84 "che stabilisce le modalità di applicazione per la stesura del bilancio di previsione del settore vitivinicolo" ( GU 1984, L 224, pag . 14 e seguenti ).

( 10 ) Regolamento n . 2687/84 del 18 settembre 1984 ( GU 1984, L 255, pag . 1 e seguenti ).

( 11 ) Vedasi art . 27 del regolamento n . 2179/83 ( GU 1983, L 212, pag . 1 e seguenti ).

( 12 ) GU 1984, L 70, pag . 16 e seguenti .

( 13 ) GU 1986, C 123, pag . 4 .

( 14 ) GU 1987, C 297, pag . 43 .

( 15 ) GU 986, C 156, pag . 3 .

( 16 ) GU 1987, L 184, pag . 27 .

( 17 ) GU 1988, C 24, pag . 8 e seguenti .

( 18 ) GU 1972, L 36, pag . 1 e seguenti .

( 19 ) GU L 94, pag . 13 e seguenti .