CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

CARL OTTO LENZ

del 29 aprile 1986 ( *1 )

Signor Presidente,

signori Giudici,

A —

Nel procedimento in cui presento oggi le mie conclusioni si tratta di stabilire se, nella Repubblica federale di Germania, un cittadino di un altro stato membro delle Comunità europee possa pretendere di essere ammesso al tirocinio statale per l'insegnamento alle stesse condizioni di un cittadino nazionale.

1.

La ricorrente nella causa principale — sig.ra Lawrie-Blum, cittadina britannica nata in Portogallo, la quale nel frattempo ha sposato un cittadino tedesco — aveva conseguito, dopo aver frequentato la scuola in Austria ed in Inghilterra, il diploma di maturità in quest'ultimo stato. Successivamente essa studiava presso l'università di Friburgo e, nella primavera 1979, superava l'esame scientifico per l'insegnamento nei licei-ginnasi nelle materie principali: russo e inglese. Nell'agosto 1979 essa chiedeva all'Ober-schulamt (provveditorato agli studi) di Stoccarda, nel Land Baden-Württemberg, resistente nella causa principale, l'ammissione al tirocinio per l'insegnamento nei licei-ginnasi. Una volta terminata la sua preparazione, essa intendeva insegnare presso un liceo-ginnasio privato.

Le autorità di polizia della città di Friburgo non sollevavano alcuna obiezione, dal punto di vista della normativa sugli stranieri, contro l'ammissione della ricorrente al tirocinio e al suo inserimento nel rapporto di pubblico impiego; la ricorrente, seguendo le relative istruzioni, aveva dichiarato di accettare i principi del libero e democratico ordinamento costituzionale ai sensi della legge fondamentale e di essere disposta ad adeguarsi in tutto il suo comportamento ai principi del libero e democratico ordinamento costituzionale ed a difenderne il mantenimento in vigore. Ciononostante l'Oberschulamt respingeva la domanda di ammissione al tirocinio: a norma del § 2, 1o comma, n. 1, del regolamento 14 giugno 1976 sul tirocinio e sull'esame pedagogico per l'insegnamento nei licei-ginnasi, poteva essere ammesso al tirocinio soltanto chi possiede i requisiti personali per divenire pubblico impiegato. A norma del § 6, 1? comma, n. 1, della legge del Land sul pubblico impiego, potevano accedere al pubblico impiego solo i tedeschi ai sensi dell'art. 116 della legge fondamentale.

Con provvedimento 4 febbraio 1980 l'Ober-schulamt respingeva l'opposizione della ricorrente.

2.

Contro il rifiuto dell'ammissione al tirocinio, l'interessata agiva dinanzi al Verwaltungsgericht di Friburgo chiedendo che la decisione dell'Oberschuamt di Stoccarda venisse annullata e che al Land convenuto fosse ordinato di ammetterla al tirocinio per l'insegnamento nei licei-ginnasi. Essa lasciava al Land convenuto il compito di stabilire sotto quale forma giuridica sarebbe dovuta avvenire l'ammissione al tirocinio; in particolare, essa non pretendeva che venisse instaurato un rapporto di pubblico impiego.

Il Verwaltungsgericht di Friburgo respingeva la domanda per il motivo che, in via di principio, solo i cittadini tedeschi possono pretendere di essere ammessi al tirocinio. Esso considerava che tale disciplina non è incompatibile con l'art. 48 del trattato CEE — abolizione di qualsiasi disparità di trattamento dei lavoratori degli stati membri basata sulla cittadinanza — poiché detta norma, secondo quanto espressamente disposto dall'art. 48, n. 4, del trattato CEE, non trova applicazione per gli impieghi nella pubblica amministrazione. In questa categoria rientra, nella Repubblica federale di Germania, anche l'attività svolta nell'ambito del servizio scolastico statale, che in via di principio si configura come un rapporto di pubblico impiego.

L'appello interposto dall'interessata veniva respinto dal Verwaltungsgerichtshof del Baden-Württemberg. Nella motivazione è detto quanto segue:

« Il tirocinio per l'insegnamento nei licei-ginnasi — a differenza, ad esempio, del tirocinio per giuristi — è contemplato solo nell'ambito di un rapporto di pubblico impiego. Perciò può essere ammesso al tirocinio solo chi possiede i requisiti personali per l'accesso al pubblico impiego, fra i quali si annovera, in via di principio, la cittadinanza tedesca ai sensi dell'art. 116 della legge fondamentale ».

Il rifiuto opposto all'interessata non viola d'altronde alcun diritto ad essa spettante in forza del diritto comunitario. L'attività d'insegnamento nelle scuole pubbliche, ivi compresa quella preparatoria, non è soggetta alla disciplina della libera circolazione di cui all'art. 48 del trattato CEE. Ciò si desume dall'interpretazione di detta disciplina in quanto tale, nonché della riserva di cui all'art. 48, n. 4, del trattato CEE.

La libera circolazione non è tuttavia esclusa per il fatto che, secondo il diritto nazionale, l'assunzione avvenga in base alle norme sul pubblico impiego. Per stabilire quale sia la portata della libertà di circolazione dei lavoratori prevista dal diritto comunitario, sono invece decisive le finalità del trattato che istituisce la Comunità economica europea. In relazione agli scopi economici del trattato indicati nell'art. 2 del trattato CEE, questi valgono per attività che costituiscono parte della vita economica ai sensi dell'art. 2 del trattato CEE. Ciò non riguarda le scuole pubbliche, le quali non costituiscono oggetto della politica economica né fanno parte della vita economica, bensì rientrano soprattutto nella politica culturale, non partecipano all'attività del mercato, non sono disciplinate da norme di diritto economico e quindi esulano dal campo di applicazione del trattato CEE. Anche le scuole private, almeno se rilasciano titoli generalmente riconosciuti, prescindono da considerazioni economiche.

L'attività di insegnante nelle scuole pubbliche rientra pure nella deroga di cui all'art. 48, n. 4, del trattato CEE. I compiti dell'insegnante nelle scuole pubbliche hanno, nel loro complesso, carattere sovrano. Questo carattere ha fatto sì che nelle leggi e nei regolamenti tedeschi, in considerazione dell'art. 33, n. 4, della legge fondamentale, anche il rapporto di tirocinio fosse configurato come un rapporto d'impiego e fiduciario di diritto pubblico. Nel Land Baden-Württemberg, a norma del regolamento ivi in vigore, il tirocinante è tenuto ad impartire lezioni, in una certa misura, da solo, nella scuola cui è assegnato; inoltre possono essergli attribuiti incarichi d'insegnamento. Durante il tirocinio gli vengono quindi affidati compiti di carattere pubblico.

Contro la suddetta sentenza del Verwaltungsgerichtshof del Baden-Württemberg l'interessata proponeva ricorso per cassazione (« Revision ») al Bundesverwaltungsgericht. Il procuratore generale federale ha partecipato al procedimento di cassazione. Egli ritiene che le norme relative alla libera circolazione dei lavoratori di cui all'art. 48 del trattato CEE ed al regolamento n. 1612/68 del Consiglio non si possano applicare ai pubblici dipendenti revocabili che effettuano un tirocinio, poiché il vero scopo della pratica non è il guadagno, bensì il compimento della preparazione iniziata nella scuola secondaria superiore.

3.

Con ordinanza 24 gennaio 1985, il Bundesverwaltungsgericht ha sospeso il procedimento ed ha chiesto alla Corte di giustizia delle Comunità europee un chiarimento sulla seguente questione:

« Se le norme di diritto comunitario relative alla libera circolazione dei lavoratori [art. 48 CEE, art. 1 del regolamento CEE, del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612/68) (GU L 257, pag. 2, rettificata nella GU L 295, pag. 12), e successivi emendamenti)] attribuiscano ai cittadini di uno stato membro il diritto di essere ammessi in un altro stato membro ad un tirocinio statale per un posto di insegnante alle stesse condizioni del cittadino nazionale, anche se, a norma del diritto nazionale, il tirocinante è un pubblico impiegato (in questo caso, revocabile secondo le norme tedesche sul pubblico impiego) e deve insegnare da solo e se, a norma del diritto nazionale, l'accesso al pubblico impiego presuppone la cittadinanza nazionale ».

Nella motivazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale il Bundesverwaltungsgericht ha innanzitutto fatto presente che, in base alla normativa tedesca, la ricorrente non ha alcun diritto ad essere ammessa al tirocinio. Un diritto potrebbe desumersi tutt'al più dalla normativa comunitaria; ma ciò non vale nel caso di specie.

Il Bundesverwaltungsgericht trova discutibile la tesi secondo cui il concetto, proprio del diritto comunitario, di « lavoratori » di cui all'art. 48, nn. da 1 a 3, del trattato e all'art. 1 del regolamento n. 1612/68 riguarderebbe anche l'attività in rapporti come quello del pubblico impiego tedesco ( 1 ). Il Bundesverwaltungsgericht ammette che tale concetto non può essere definito richiamandosi alle norme degli stati membri; questo, tuttavia, non esclude la possibilità di trarre argomenti per l'interpretazione delle nozioni di diritto comunitario dalle situazioni giuridiche in atto negli stati membri al momento della conclusione del trattato CEE. In ogni caso il diritto nazionale tedesco considera « lavoratori » coloro che sono legati al datore di lavoro da un rapporto di diritto privato. Coloro il cui rapporto di lavoro con una persona giuridica è di diritto pubblico — in particolare i pubblici impiegati, i giudici ed i militari — non rientrano in questo concetto. Ciò è tanto più vero in quanto l'inclusione di massima dei pubblici impiegati, nonché eventualmente dei giudici e dei militari, avrebbe costituito un'alterazione dell'ordinamento giuridico nazionale molto maggiore di quella che deriva dalla libera circolazione dei lavoratori di diritto privato. Il rapporto di lavoro di questi ultimi implica principalmente il reciproco obbligo dello scambio economico di prestazioni lavorative e di retribuzione. Viceversa il rapporto di pubblico impiego ha un'importanza non solo economica, ma soprattutto di politica statutale, che si traduce fra l'altro in obblighi di fedeltà in via di principio molto maggiori.

Non è necessario stabilire se la nozione di « attività subordinata » di cui all'art. 1, n. 1, del regolamento n. 1612/18, di per sé considerata, possa far ritenere che il Consiglio, nell'adottare il regolamento, sia partito dal presupposto che la libera circolazione deve valere per tutte le professioni non indipendenti. Detta disposizione presuppone infatti che l'art. 48 del trattato CEE abbia delimitato le attività che ricadono sotto le norme relative alla libera circolazione.

Taluni dubbi circa la possibilità di applicare l'art. 48 del trattato CEE al tirocinio di cui è causa derivano inoltre dal fatto che non si tratta di un'attività professionale retribuita, bensì dell'ultima parte della preparazione professionale. Scopo del tirocinio non è il provvedere al fabbisogno di prestazioni d'insegnamento del datore di lavoro, bensì la preparazione del tirocinante. Questi deve acquistare una tale familiarità con la teoria e con la prassi dell'educazioine e dell'insegnamento da essere atto a lavorare autonomamente e con successo come insegnante nei licei-ginnasi. Anche l'attività d'insegnamento, dapprima guidata, indi autonoma, serve a questo scopo. La retribuzione dei candidati all'insegnamento a differenza di quella di altri pubblici impiegati, non costituisce la contropartita delle loro prestazioni, bensì serve al conseguimento dello scopo di preparazione professionale.

Se il tirocinio di cui è causa ricadesse cionondimeno sotto l'art. 48, nn. da 1 a 3, del trattato CEE, andrebbe applicata la deroga di cui all'art. 48, n. 4.

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, è necessario che « i posti di cui trattasi siano tipici dele specifiche attività della pubblica amministrazione, in quanto questa è incaricata dell'esercizio dei pubblici poteri e responsabile della tutela degli interessi generali dello stato ». Detta esigenza va intesa nel senso che il singolo « posto di cui trattasi » non deve possedere entrambi i requisiti, bensì deve implicare o l'esercizio di pubblici poteri o la responsabilità per la tutela degli interessi generali dello stato. Dalla giurisprudenza della Corte non si possono infatti desumere motivi per un'interpretazione nel senso che nemmeno tutti i posti che implicano l'esercizio di pubblici poteri ricadano sotto la deroga. Nella frase citata, la Corte non ha riferito i due requisiti ai « posti di cui trattasi », bensì li ha usati per indicare l'ambito complessivo delle attività specifiche della pubblica amministrazione.

Secondo il diritto nazionale tedesco, l'assunzione come pubblico impiegato è possibile solo per l'espletamento di compiti di diritto pubblico ovvero di compiti i quali, nell'interesse della sicurezza dello stato o del pubblico, non possono essere affidati esclusivamente a persone le quali lavorino sotto un rapporto di diritto privato.

I posti che vengono offerti per essere occupati da pubblici impiegati, già in considerazione di queste esigenze della legge, nonché dei particolari diritti e doveri connessi al rapporto di pubblico impiego, appaiono tipici delle specifiche attività della pubblica amministrazione, nel senso indicato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.

Anche indipendentemente dalla natura del rapporto di lavoro offerto, l'attività dell'insegnante in una scuola pubblica ha le caratteristiche dell'esercizio di pubblici poteri. Per l'applicazione dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE si deve stabilire alla luce del diritto comunitario quali forme dell'attività statale vadano considerate esercizio di pubblici poteri, mentre ciascuno stato membro determina quali compiti svolgere in una siffatta forma di azione, quali compiti svolgere in forme diverse e quali compiti lasciare ai privati.

A norma delle leggi nazionali sulla scuola, lo stato si contrappone allo studente, mediante l'istituzione pubblica scuola e le persone che in essa agiscono, in quanto titolare di poteri di imperio. Ciò emerge fra l'altro dal fatto che le decisioni relative ai trasferimenti, ai provvedimenti ufficiali di organizzazione, o anche ad esempio ad una controversia circa un determinato modo di insegnare, vengono adottate con il mezzo d'imperio dell'atto amministrativo; i singoli provvedimenti, come ad esempio la valutazione corrente degli alunni durante gli anni scolastici, entrano a far prte di questi atti amministrativi. I tirocinanti, dapprima guidati, indi autonomamente, partecipano alla pubblica attività che prepara fra l'altro siffatti atti amministrativi.

Del pari, l'attività dell'insegnante di scuola pubblica tutela interessi generali dello stato. Il diritto nazionale, che si deve prendere qui in considerazione, attribuisce all'insegnamento grande importanza come compito essenzialmente pubblico. A norma dell'art. 7, 1o comma, della legge fondamentale, l'insegnamento nel suo complesso è sottoposto alla supervisione dello stato.

4.

Rispondendo ad alcuni quesiti posti dalla Corte, il Land resistente nella causa principale ha indicato che nel Baden-Württemberg, durante l'anno scolastico 1984-1985, avevano prestato servizio nei licei-ginnasi 18248 insegnanti di ruolo, 651 insegnanti non di ruolo, 1269 tirocinanti e 1894 insegnanti delle scuole private.

In via di principio nelle scuole pubbliche vengono assunti solo insegnanti di ruolo; solo in casi particolari si fa ricorso ad insegnanti non di ruolo. Il compimento del tirocinio e il superamento dell'esame pedagogico non sono obbligatori per essere assunti come insegnanti nelle scuole private; tuttavia, in considerazione della scarsezza di posti disponibili nelle scuole pubbliche e dell'offerta eccessiva di insegnanti che hanno completato le varie fasi di preparazione, è diventata ormai abituale anche nelle scuole private l'occupazione di candidati che hanno superato il primo e il secondo esame di stato.

11 Land resistente ha poi fornito delucidazioni circa l'ammissione al tirocinio ed al secondo esame di stato, così come è disciplinata negli altri Land della Repubblica federale di Germania per gli insegnanti ed i giuristi tirocinanti. Da quanto esso ha esposto si desume che in alcuni Länder è possibile, per i cittadini di altri stati membri, accedere al tirocinio ed all'esame per l'insegnamento.

In tutti i Länder cittadini non tedeschi di stati membri delle Comunità europee possono essere ammessi al tirocinio per giuristi, nel qual caso essi vengono assunti, in un rapporto misto di diritto privato e di diritto pubblico, come praticanti che non hanno lo status di pubblico dipendente. Ciò si desume in parte dalle norme scritte, in parte dalla prassi dei vari Länder, con la quale si è voluto tener conto delle conseguenze derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia 21 giugno 1974 nella causa 2/74 ( 2 ) e 3 dicembre 1974 nella causa 33/74 ( 3 ).

5.

Sulla domanda di pronunzia pregiudiziale hanno presentato osservazioni le parti nella causa principale, la Commissione delle Comunità europee, nonché — nella trattazione orale — il governo del Regno Unito. La ricorrente e la Commissione ritengono che la questione pregiudiziale debba essere risolta in senso affermativo, mentre il Land resistente, basandosi sulla motivazione del provvedimento di rinvio, è di parere contrario. Il governo del Regno Unito si è preoccupato soprattutto di elaborare una delimitazione tra un semplice rapporto di tirocinio e un rapporto di lavoro che si basa su un equilibrato collegamento di prestazione e controprestazione.

Nel prendere posizione in merito, mi occuperò dei dettagli delle tesi delle parti.

B —I.

Innanzitutto mi sembra necessario dare un'idea più precisa del tirocinio statale per l'insegnamento e ricordare alcune caratteristiche del sistema scolastico tedesco. Non si tratta di interpretare il diritto nazionale, al che la Corte non sarebbe neanche competente in un procedimento pregiudiziale; si tratta invece di illustrare un elemento di fatto cui nella questione sottoposta alla Corte si è accennato, ma che non è stato esaurientemente descritto.

1.

Nella Repubblica federale di Germania la preparazione professionale degli insegnanti spetta essenzialmente ai Länder. Tale preparazione comprende un periodo di studi universitari, che si conclude con il primo esame di stato, ed un tirocinio, al quale fa seguito l'esame pedagogico per l'insegnamento.

Nel Baden-Württemberg, in pendenza della causa principale, il tirocinio è stato disciplinato dapprima dal regolamento del ministero della pubblica istruzione e dello sport del 14 giugno 1976, sul tirocinio e sull'esame pedagogico per l'insegnamento nei licei-ginnasi; questo regolamento è stato poi sostituito dal regolamento dello stesso ministero del 31 agosto 1984, sul tirocinio e sul secondo esame di stato per l'insegnamento nei licei-ginnasi.

Ai sensi del § 1 di quest'ultimo regolamento, il tirocinante dev'essere iniziato all'attività di educazione e di insegnamento ed essere preparato in modo da poter svolgere responsabilmente e con successo i suoi compiti pedagogici e didattici come insegnante nei licei-ginnasi (§ 1).

Il tirocinio è articolato in due fasi, ciascuna di un anno. La prima, che serve ad avviare il tirocinante all'attività di educazione e di insegnamento, comprende la preparazione in un istituto specializzato e in una scuola, cioè in un liceo-ginnasio pubblico oppure, con l'autorizzazione del ministro competente, in uno privato. Durante questa fase, il tirocinante deve frequentare corsi per 8-10 ore settimanali e, contemporaneamente, impartire sempre più lezioni, sotto la guida di insegnanti esperti (« begleiteter Ausbildungsunterricht »).

La seconda fase di preparazione serve all'ulteriore sviluppo delle capacità e delle qualità necessarie nell'attività pedagogica e didattica nella scuola. Durante questo periodo, il tirocinante deve impartire, in modo autonomo, lezioni per 8-9 ore settimanali; inoltre, egli deve tenere lezioni, sotto la guida di insegnanti esperti, in diverse classi e gradi.

L'insegnamento autonomo e l'insegnamento guidato non dovrebbero superare complessivamente le 11 ore settimanali (§§ 11 e 13).

Il candidato ammesso al tirocinio viene nominato dall'Oberschulamt « Studienreferendar » ed acquista la status di pubblico impiegato revocabile. Viene ammesso al tirocinio solo chi possiede i requisiti personali per l'accesso al pubblico impiego; fra questi requisiti rientra, a norma del § 6, 1o comma, della legge del Land sul pubblico impiego, la cittadinanza tedesca ai sensi dell'art. 116 della legge fondamentale; a norma del § 6, 3o comma, il ministero degli interni può concedere deroghe in caso di tassative esigenze di servizio.

Durante il tirocinio, il futuro insegnate percepisce, ai sensi del § 59 della legge federale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, un compenso calcolato in funzione della retribuzione che egli riscuoterebbe, al completamento del tirocinio, in un ufficio pubblico. Tale compenso ammonta attualmente, per i tirocinanti assunti dopo il 31 dicembre 1983, al 39% circa dello stipendio di un insegnante di ruolo della categoria retributiva A 13, scatto di anzianità ( 4 ). Su detto compenso i tirocinanti devono pagare l'imposta sui redditi da lavoro non autonomo.

Il tirocinio si conclude con il secondo esame di stato; superato questo esame, il tirocinante è abilitato all'insegnamento nei licei-ginnasi (articolo 25).

Dopo la fine del rapporto di pubblico impiego, i tirocinanti non assunti in servizio dallo stato, sono coperti, ai sensi del § 1232 della « Reichsversicherungsordnung » (regime di previdenza sociale per gli operai) o del § 9 dello « Angestelltenversicherungsgesetzes » (legge sulla previdenza sociale per gli impiegati privati), dall'assicurazione vecchiaia per operai o impiegati del settore privato.

2.

Per quanto riguarda l'organizzazione del sistema scolastico nella Repubblica federale di Germania bisogna anzitutto far riferimento all'art. 7 della legge fondamentale, che al 1o comma stabilisce quanto segue:

« L'intera organizzazione scolastica è sottoposta alla tutela dello stato ».

Il 4o comma, prima frase, contiene la seguente disposizione:

« È garantito il diritto ad istituire scuole private. Le scuole private che sostituiscono le scuole pubbliche necessitano dell'autorizzazione dello stato e sono sottoposte alle leggi dei Länder ».

La stato quindi è responsabile dell'intero sistema scolastico, ma non sussiste un monopolio statale della scuola. È invece costituzionalmente garantito a chiunque il diritto fondamentale di istituire scuole private, e sussiste il diritto all'autorizzazione a gestire una scuola privata alle condizioni di cui all'art. 7, 4o comma, della legge fondamentale ( 5 ). In conformità a ciò, anche nel Baden-Württemberg il sistema scolastico è disciplinato in due diverse leggi: la legge sulla scuola per il Baden-Württemberg, nella versione del 1o agosto 1983, che riguarda le scuole pubbliche, e la legge per le scuole a conduzione libera — legge sulla scuola privata — nella versione del 19 luglio 1979.

Si deve infine rilevare che, ai sensi del § 38, 1o comma, della legge sulla scuola, gli insegnanti delle scuole pubbliche dipendono dal Land. In proposito non è stabilito in quale rapporto di dipendenza debbano trovarsi gli insegnanti nei confronti del Land; in ogni caso il rapporto di pubblico impiego non è contemplato in modo imperativo.

II.

Nelle considerazioni che seguono mi occuperò anzitutto della formulazione della questione pregiudiziale, quindi del problema del se coloro che si trovano in situazione analoga a quella degli insegnanti tirocinanti tedeschi debbano essere considerati « lavoratori » ai sensi dell'art. 48 del trattato CEE e, in caso di soluzione affermativa, se a tali lavoratori si debba applicare la riserva relativa alla pubblica amministrazione di cui all'art. 48, del trattato CEE.

1.

Secondo il governo del Regno Unito la domanda di pronunzia pregiudiziale è stata formulata in senso troppo ampio. La formulazione della questione presuppone che si possa dare un'unica soluzione per tutti coloro che studino o frequentino un corso di preparazione pratica per diventare insegnanti. Ora, una siffatta soluzione unica non sarebbe possibile, poiché l'organizzazione, il finanziamento, la struttura e la durata della preparazione pedagogica presentano notevoli differenze da uno stato membro all'altro.

2.

Mi sembra che tale opinione sia basata su un malinteso. Si deve concedere al governo del Regno Unito che la formulazione della questione pregiudiziale, in particolare nella sua traduzione inglese ( 6 ), dove si parla di « trainee teachers », può dare l'impressione di essere posta in senso più ampio di quanto realmente si intenda.

Se però si considera la formulazione della questione pregiudiziale in connessione con la controversia sottoposta al giudice a quo, risulta chiaro che non ci si riferisce a qualsiasi immaginabile rapporto di tirocinio di un futuro insegnante, ma solo al concreto rapporto giuridico in cui si trova il tirocinante nella Repubblica federale di Germania, in particolare nel Baden-Württemberg.

Se perciò si ricollega la domanda di pronuncia pregiudiziale alla situazione giuridica, sopra dettagliatamente descritta, dallo « Studienreferendar », non sussiste alcun motivo per delimitare la questione posta dal Bundesverwaltungsgericht. Nella formulazione della soluzione, invece, bisogna tener conto del fatto che la Corte di giustizia, in un procedimento pregiudiziale, non deve risolvere la controversia concreta, ma deve fornire al giudice di rinvio criteri interpretativi affinché quest'ultimo possa statuire autonomamente nella causa principale.

III.

In primo luogo è necessario verificare se gli insegnanti tirocinanti rientrino nel campo di applicazione dell'art. 48 del trattato CEE. Ciò è confutato anzitutto con l'argomento che i tirocinanti non svolgerebbero la propria attività nell'ambito di un rapporto di lavoro, bensì nell'ambito di un rapporto di preparazione professionale; inoltre è stato sostenuto che la nozione di lavoratore di cui all'art. 48 del trattato CEE non comprende quella di pubblico dipendente.

1.

a)

Secondo il Land resistente, nel caso del tirocinio non si tratta di un'attività professionale bensì dell'ultima fase della preparazione professionale. Anche il compenso percepito dal tirocinante non costituisce una retribuzione per il servizio prestato, ma serve a garantire la preparazione.

La ricorrente nella causa principale ha osservato che il tirocinio per l'insegnamento nei licei-ginnasi serve al singolo tirocinante almeno nella stessa misura per assicurare il proprio sostentamento e per la preparazione al secondo esame di stato. Un aspirante insegnante non percepisce solo un piccolo contributo per far fronte alle proprie spese di sostentamento, ma un compenso stabilito dalla legge federale. Inoltre, egli fruisce anche di sovvenzioni speciali, indennità di ferie e agevolazioni fiscali con effetti patrimoniali. Durante il tirocinio i futuri insegnanti svolgono la propria attività contro un notevole corrispettivo, adeguato alle prestazioni.

Anche secondo la Commissione, non si può negare che l'insegnante tirocinante abbia la qualità di lavoratore, neppure qualora lo scopo principale del periodo di tirocinio sia la preparazione professionale e non la fornitura di prestazioni lavorative. L'accesso alla professione è sempre collegato ad una fase preparatoria. Data l'intima connessione tra la preparazione professionale e l'esercizio di una professione, il diritto comunitario ha ammesso la preparazione professionale nell'ambito della libertà di circolazione.

b)

Come ho detto all'inizio della mia analisi (B, paragrafo I, punto 1), il tirocinio per gli insegnanti si configura come un rapporto di lavoro. Il tirocinante deve effettuare un determinato numero di ore di lezione, percepisce un compenso, è sottoposto, anche per il resto, alle norme del diritto del lavoro o del publico impiego, del diritto tributario e della previdenza sociale.

Benché all'inizio del tirocinio possa non sussistere ancora un rapporto equilibrato tra prestazione e retribuzione, si deve tuttavia presumere che il rapporto tra prestazione e controprestazione diventi più equilibrato nel corso del periodo di preparazione. Se infatti il tirocinante dev'essere avviato all'attività di educazione e di insegnamento ed essere preparato in modo da poter svolgere responsabilmente e con successo la sua funzione pedagogica e didattica come insegnante nei licei-ginnasi, va ritenuto che, se il tirocinio si svolge in modo soddisfacente, il tirocinante deve fornire, almeno alla fine di tale periodo una prestazione di insegnamento certo limitata nel tempo, ma completa per quanto riguarda il contenuto.

Se si considera poi che, nella seconda fase della preparazione, il tirocinante deve insegnare da solo in misura abbastanza rilevante, mentre il suo compenso ammonta a meno del 39% dello stipendio di un insegnante di ruolo, si può senz'altro ritenere che, almeno per questo periodo di tempo, sussista un rapporto equilibrato tra prestazione e controprestazione.

Alla tesi secondo cui il tirocinante deve essere considerato un « lavoratore » ai sensi dell'art. 48 del trattato CEE, non osta neanche lo scopo del tirocinio, che è quello di fornire all'interessato, nell'ambito di un'attività pratica, conoscenze ed esperienze per una futura, più completa attività professionale. La Commissione ha giustamente osservato che l'accesso ad una professione è sempre collegato ad una fase iniziale di apprendimento, nell'ambito della quale, in genere, il valore pratico delle prestazioni fornite non corrisponde ancora completamente alle normali esigenze professionali. Quando viene ammesso al tirocinio, il candidato all'insegnamento non è più uno studente; il tirocinio appare come la prima fase dell'ingresso nella vita professionale o economica.

Si deve quindi tener fermo quanto segue: in base alle norme nazionali del giudice di rinvio, l'insegnante tirocinante è considerato un lavoratore; il rapporto giuridico con il suo datore di lavoro presenta le caratteristiche tipiche di un rapporto di lavoro; se non viene assunto come insegnante di ruolo alle dipendenze dello stato, il tirocinante è trattato, sul piano previdenziale, come un lavoratore.

Ricordo incidentalmente che la Corte di giustizia, nella sentenza emessa il 9 ottobre 1984 nella causa 188/83 ( 7 ) ha caratterizzato come « attività professionale » l'attività di un « Rechtsreferendar » (giurista tirocinante), comparabile sotto taluni aspetti a quella di uno « Studienreferendar » (insegnante tirocinante), non accogliendo la tesi dell'avvocato generale ( 8 ) il quale aveva sostenuto che il « Rechtsreferendar » non esercita ancora una professione.

Non vedo perciò alcun motivo per escludere che si tratti di un « lavoratore » ai sensi dell'art. 48 del trattato CEE. In ogni caso, per negare alla persona che si trovi in tale situazione la qualità di lavoratore, non è sufficiente la circostanza che durante il suo rapporto di lavoro le vengano fornite conoscenze ed esperienze per una futura, più completa attività.

2.

a)

Il Land resistente ha fatto propria la tesi del giudice di rinvio, secondo cui la nozione di lavoratore, ai sensi del diritto comunitario, non comprende quella di pubblico dipendente, il quale ultimo è tenuto ad un particolare obbligo di fedeltà nei confronti del suo datore di lavoro.

Secondo la ricorrente nella causa principale, la nozione di lavoratore ai sensi del diritto comunitario non esclude a priori coloro che sono occupati in regime di diritto pubblico. Anche l'attività retribuita presso persone giuridiche di diritto pubblico rientra fondamentalmente nella nozione di « attività subordinata » ai sensi dell'art. 1 del regolamento n. 1612/68. Se si escludono in via di principio i pubblici dipendenti dal campo di applicazione dell'art. 48 del trattato CEE, la riserva dell'art. 48, n. 4, sarebbe priva di oggetto.

Anche la Commissione sostiene che il n. 4 dell'art. 48 del trattato CEE sarebbe superfluo, se l'art. 48 fosse applicabile solo ad attività che presuppongono un rapporto d'impiego con un'entità economica. Dalla giurisprudenza della Corte si desume, a suo avviso, che la natura del rapporto giuridico tra il lavoratore ed il datore di lavoro è irrilevante.

Qualsiasi argomento basato su una distinzione, effettuata da norme nazionali, tra i rapporti di lavoro di diritto pubblico e di diritto privato è inammissibile. In tal modo, la portata di un concetto giuridico fondamentale del diritto comunitario verrebbe limitata facendo ricorso a nozioni giuridiche della normativa nazionale.

Il governo del Regno Unito sostiene anch'esso che, quando esiste un rapporto di lavoro, non ha importanza se, in base al diritto nazionale, rientri nel diritto civile, nel diritto del lavoro, nel diritto del pubblico impiego o in qualunque altro settore giuridico.

b)

Dalla giurisprudenza della Corte finora esistente si può desumere che la configurazione giuridica del rapporto di lavoro è irrilevante per la questione dell'applicabilità dell'art. 48 del trattato CEE. Già nella sentenza 12 febbraio 1974, emessa nella causa 152/73 ( 9 ), la Corte di giustizia ha escluso come criterio di delimitazione la distinzione tra rapporto di lavoro di diritto pubblico e di diritto privato, ed ha dichiarato che è irrilevante accertare se un lavoratore abbia la qualifica di operaio, impiegato privato o impiegato pubblico e se il suo rappoorto di lavoro sia disciplinato dal diritto pubblico oppure dal diritto privato.

Questa dichiarazione della Corte dev'essere considerata il punto centrale della summenzionata sentenza, poiché il giudice di rinvio — il Bundesarbeitsgericht — aveva fatto presente che, a suo parere, per impieghi nella pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE, dovevano intendersi solo le attività dei pubblici dipendenti e non quelle degli operai e degli impiegati privati.

La Corte ha chiarito il suo punto di vista nella sentenza 17 dicembre 1980, relativa alla causa 149/79 ( 10 ). In questa sentenza la Corte ha espressamente respinto la tesi sostenuta dai governi belga e francese, secondo cui la deroga di cui all'art. 48, n. 4, avrebbe dovuto comprendere in ogni caso l'ipotesi in cui l'assunzione dell'interessato avviene in base alle norme sul pubblico impiego.

Si deve ammettere che entrambe le suddette affermazioni della Corte riguardavano la problematica dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE, e quindi la disciplina derogatoria per la pubblica amministrazione. Tuttavia, tali affermazioni possono essere riferite all'applicabilità dell'art. 48 del trattato CEE nel suo complesso. Esse si basano, infatti, sull'idea che l'art. 48 del trattato CEE vale per tutti i lavoratori subordinati, cioè per tutti coloro che svolgono, in rapporto di dipendenza, un'attività per un altro soggetto, alle cui direttive sono vincolati. Se la categoria di coloro che sono tenuti ad un particolare obbligo di fedeltà nei confronti del datore di lavoro fosse esclusa in via di principio dal campo di applicazione dell'art. 48 del trattato CEE, sarebbe stato del tutto superfluo esaminare la questione del rapporto di pubblico impiego nell'ambito dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE.

Esistono fra l'altro validi motivi a sostegno del suddetto punto di vista della Corte. Se, infatti, già dalla semplice configurazione formale del rapporto di lavoro si potessero trarre conclusioni circa l'applicabilità dell'art. 48 del trattato CEE, la determinazione del campo di applicazione di questo articolo rimarrebbe ampiamente affidata alle autorità nazionali, che possono decidere sulla configurazione dei rapporti di lavoro e di impiego dei loro collaboratori. Ciò potrebbe avere come conseguenza il fatto che un considerevole numero di posti venga sottratto all'applicazione dei principi del trattato e che si creino disparità tra i vari stati membri a seconda delle differenze nella rispettiva organizzazione dello stato e di determinati settori della vita economica. Soprattutto in periodi di elevata disoccupazione gli stati membri potrebbero essere esposti alla tentazione di riservare ai propri cittadini, mediante adeguati provvedimenti organizzativi, una parte notevole dei posti di lavoro disponibili. È evidente che un siffatto risultato è incompatibile con le finalità del diritto comunitario, che richiede un'applicazione uniforme in tutti gli stati membri ed il cui scopo è l'instaurazione di un mercato comune (art. 2). Nell'instaurazione del mercato comune rientra la libera circolazione dei lavoratori (art. 3, lettera e), che sarebbe limitata, o in ogni caso potrebbe essere limitata, se si ammettesse tale interpretazione.

A questo risultato non osta neppure il riferimento del giudice di rinvio alla situazione giuridica esistente negli stati membri al momento della conclusione del trattato CEE. Tale situazione giuridica, anche se può rappresentare un punto di partenza per l'interpretazione di nozioni di diritto comunitario, non può comunque diventare l'unico criterio per tale interpretazione. Inoltre, si deve tener conto dello sviluppo che nel frattempo è intervenuto per il diritto comunitario e che risulta dall'attività legislativa delle istituzioni e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia ( 11 ).

In conclusione, ritengo che nella nozione di lavoratore rientri chiunque svolga un'attività non autonoma. A questa nozione si contrappone solo quella di lavoratori indipendenti, la cui attività è disciplinata nei capitoli del trattato CEE relativi al diritto di stabilimento ed alla prestazione di servizi.

In quanto debbono essere adottate disposizioni particolari per la pubblica amministrazione ed in particolare per i pubblici impiegati, esse vanno esaminate nell'ambito della disciplina derogatoria dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE.

Infine mi sembra opportuno accennare ancora a ciò che bisogna intendere per partecipazione alla vita economica, poiché uno dei giudici della causa principale aveva sostenuto che il sistema scolastico pubblico costituisce parte della politica dell'istruzione e non della vita economica. Ciò è senz'altro esatto in quanto la politica dell'istruzione non faccia parte dell'attività di mercato; da questa ipotesi esula tuttavia l'attività del lavoratore che presta un servizio contro una retribuzione. Indipendentemente dal se il datore di lavoro (pubblico o privato) partecipi alla vita economica, per il lavoratore l'utilizzo della sua capacità lavorativa si presenta senz'altro come parte della vita economica, ed è questo, in definitiva, il solo punto rilevante nella fattispecie. Si deve quindi ritenere che anche i pubblici impiegati rientrano nel campo di applicazione dell'art. 48 del trattato CEE.

3.

Facendo un passo avanti, bisogna ora esaminare se l'attività di un insegnante tirocinante ricada nella disciplina derogatoria dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE, secondo cui la libertà di circolazione dei lavoratori non trova applicazione per gli impieghi nella pubblica amministrazione.

a)

Il Land resistente nella causa principale sostiene che, se il tirocinio pedagogico rientrasse in via di principio nell'art. 48, nn. da 1 a 3 del trattato CEE, si dovrebbe tuttavia applicare la riserva dell'art. 48, n. 4. Secondo la giurisprudenza della Corte, la riserva dell'art. 48, n. 4, riguarda attività collegate all'esercizio di pubblici poteri ed alla responsabilità per la tutela degli interessi generali dello stato. La Corte non ha posto al riguardo la condizione che i singoli posti presentino entrambe le caratteristiche, ma si è riferita a queste ultime solo per definire l'intero complesso delle specifiche attività della pubblica amministrazione. La riserva si applica a tutti i posti collegati all'esercizio di pubblici poteri. Numerosi provvedimenti relativi alla vita scolastica quotidiana, quali trasferimenti, misure disciplinari, organizzazione dei corsi, ma anche provvedimenti individuali nei confronti dello studente, costituiscono atti amministrativi, e gli insegnanti tirocinanti partecipano a tale attività, che rientra nell'esercizio di pubblici poteri. Nello stesso tempo, l'attività di un insegnante nelle scuole pubbliche serve a tutelare l'interesse generale dello stato.

Anche la ricorrente nella causa principale si ricollega alla giurisprudenza della Corte, ma sostiene che gli istituti d'istruzione generale non rientrano nella riserva della pubblica amministrazione. Certo la riserva dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE potrebbe applicarsi alle forze armate e alla polizia, ma non al semplice insegnamento nelle scuole d'istruzione generale, che non implica alcuna ingerenza nell'esercizio di pubblici poteri. D'altra parte l'attività, i poteri e la responsabilità dell'insegnante tirocinante non possono essere assimilati in generale a quelli degli insegnanti di ruolo.

Secondo la Commissione la deroga di cui all'art. 48, n. 4, va interpretata in senso stretto. Affinché possa essere applicata la disciplina dev'essere provato non solo che il posto di cui trattasi richiede lo svolgimento di compiti di carattere pubblico, ma ch'esso implica necessariamente l'esercizio di pubblici poteri. I criteri esposti nella giurisprudenza — esercizio di pubblici poteri e tutela dell'interesse generale dello stato — devono essere soddisfatti cumulativamente. La disciplina derogatoria riguarda solo i posti di livello elevati nel sistema scolastico, che implicano il potere di decidere sul passaggio dello studente alla classe superiore o di infliggergli sanzioni disciplinari. La valutazione degli studenti, la determinazione del programma scolastico o il normale mantenimento della disciplina, funzioni che del resto esistono anche nelle scuole private, non richiedono l'esercizio del potere statale. Se ciò vale per la professione d'insegnante in generale è difficile immaginare che i tirocinanti possano trovarsi in una situazione tale da richiedere necessariamente ch'essi stessi esercitino il potere statale.

Sarebbe infine incompatibile col principio di proporzionalità riservare ai cittadini nazionali l'intero settore dell'attività d'insegnamento nelle scuole statali, solo perché alcuni posti di livello elevato implicano l'esercizio di pubblici poteri.

b)

Nella più volte richiamata sentenza 17 dicembre 1980 (causa 149/79), la Corte di giustizia ha svolto fra l'altro, in merito all'art. 48, n. 4, del trattato CEE, le seguenti considerazioni:

« Questa disposizione pone fuori dal campo di applicazione dei tre primi numeri di questo stesso articolo un complesso di posti che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all'esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello stato o delle altre collettività pubbliche. Posti del genere presuppongono infatti, da parte dei loro titolari, l'esistenza di un rapporto particolare di solidarietà nei confronti dello stato nonché la reciprocità di diritti e di doveri che costituiscono il fondamento del vincolo di cittadinanza.

(...)

Se è vero che questa disposizione tiene conto dell'interesse legittimo degli stati membri di riservare ai propri cittadini un complesso di posti connessi all'esercizio dei pubblici poteri ed alla tutela degli interessi generali, si deve al tempo stesso evitare che l'efficacia pratica e la portata delle disposizioni del trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori ed alla parità di trattamento dei cittadini di tutti gli stati membri siano limitate da interpretazioni della nozione di pubblica amministrazione tratte dal solo diritto nazionale e che ostino all'applicazione delle norme comunitarie » ( 12 ).

Da queste affermazioni della Corte risulta in concreto una notevole limitazione della norma derogatoria di cui all'art. 48, n. 4, del trattato CEE. La deroga vale non per l'intero complesso della pubblica amministrazione, ma solo per singoli posti ben determinati che implicano la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri e, contemporaneamente, mansioni aventi ad oggetto la tutela degli interessi generali dello stato. Questi posti sono caratterizzati dal fatto che presuppongono un particolare rapporto di solidarietà fra i loro titolari e lo stato.

La Corte è pervenuta a tale posizione di principio in una causa per inadempimento promossa contro uno stato membro, a sostegno del quale erano intervenuti altri tre stati membri (Repubblica federale di Germania, Repubblica francese, Regno Unito). In quel procedimento gli stati membri partecipanti avevano esposto dettagliatamente gli argomenti che, a loro parere, deponevano a favore di un'interpretazione in senso ampio dell'art. 48, n. 4. La Corte, tuttavia, non accoglieva tali argomenti, ma con piena consapevolezza statuiva in senso contrario, pronunciandosi, cioè, per un'interpretazione restrittiva dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE.

Nel presente procedimento non sono stati dedotti nuovi argomenti che non fossero stati già esposti nella causa 149/79. Non vedo perciò alcun motivo per discostarsi dalla precedente giurisprudenza, ed anzi propongo alla Corte di confermarla, come è stato proposto anche dall'avvocato generale Mancini nelle sue conclusioni del 15 aprile 1966 nella causa 307/84 ( 13 ).

Tutt'al più potrebbe essere opportuno concretizzare ai fini del presente procedimento pregiudiziale quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza 17 dicembre 1980.

In tale contesto si deve anzitutto dichiarare che nella riserva dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE non rientra qualsiasi attività comunque collegata con l'esercizio di pubblici poteri. Deve invece trattarsi degli interessi dello stato. Per quanto riguarda il sistema scolastico, potrebbero rientrare in questa nozione attività in qualche modo connesse all'orientamento pedagogico fondamentale dell'insegnamento e all'organizzazione generale di quest'ultimo. Si potrebbe anche pensare, in proposito, alla formulazione dei principi per la valutazione e per il rilascio di certificati.

Non rientrano più, a mio parere, in un'interpretazione restrittiva dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE, i singoli atti di un insegnante nella vita scolastica quotidiana, anche se tali atti, secondo il diritto nazionale, debbano essere considerati come esercizio di pubblici poteri o provvedimenti amministrativi. Al riguardo mi riferisco in particolare alla normale attività d'insegnamento, al mantenimento della disciplina, all'attribuzione di voti o all'applicazione di sanzioni disciplinari in singoli casi.

È possibile che, secondo la concezione giuridica nazionale, queste attività siano senz'altro considerate come esercizio di pubblici poteri; non si tratta, comunque, di attività che possano rientrare nella disciplina derogatoria dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE. D'altra parte si deve ricordare che queste attività non costituiscono la sostanza della funzione dell'insegnante, bensì, al massimo, aspetti accessori dell'insegnamento, che rispetto alla vera e propria attività pedagogica dell'insegnante o del tirocinante, hanno importanza del tutto secondaria. Vietare l'accesso al tirocinio ai cittadini di altri stati membri semplicemente in ragione di tali attività sporadiche non sarebbe compatibile con il principio di proporzionalità.

Non intendo tuttavia dilungarmi nell'elencare esempi, poiché nei procedimenti pregiudiziali la Corte di giustizia non ha il compito di decidere nel caso singolo, bensì di fornire al giudice di rinvio elementi per l'interpretazione del diritto comunitario. La concreta applicazione di quest'ultimo resta, cioé, riservata al giudice nazionale.

IV.

Devo, infine, prendere in considerazione alcune opinioni espresse dai partecipanti al procedimento, ma sulle quali non è necessario pronunciarsi definitivamente.

1.

a)

In particolare la ricorrente nella causa principale e la Commissione hanno rilevato che, nella Repubblica federale di Germania, contrariamente a quanto è previsto nel caso del tirocinio per l'insegnamento, ai cittadini di altri stati membri delle Comunità europee è aperto l'accesso al tirocinio per giuristi. Poiché un giurista tirocinante svolge mansioni che rientrano nell'esercizio di pubblici poteri almeno della stessa misura di un insegnante tirocinante, sarebbe incompatibile col divieto generale di discriminazione esigere nel secondo caso il possesso della cittadinanza tedesca come presupposto per l'ammissione al tirocinio.

b)

Queste considerazioni avranno senz'altro un certo peso per i giudici nazionali, quando si troveranno di nuovo a dover prendere posizione sul diritto della ricorrente nella causa principale all'ammissione al tirocinio pedagogico: sia dal punto di vista del principio generale di uguaglianza vigente nell'ordinamento interno, sia nel valutare in qual misura possa incidere la riserva stabilita dal diritto comunitario, per la pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE. Al riguardo il giudice nazionale potrà desumere dalla disciplina legislativa e regolamentare dei Länder indicazioni relative al se, e in qual misura, già in base alla concezione giuridica nazionale, venga ammesso il principio di affidare a cittadini di altri stati membri l'esercizio di pubblici poteri. Solo successivamente egli dovrà esaminare se, a norma del diritto comunitario, alla summenzionata categoria di persone debba essere dato più ampio accesso al tirocinio.

A questo punto, tuttavia, si limita il raffronto comparativo con la normativa sul tirocinio per giuristi. Dal punto di vista del diritto comunitario, infatti, l'ammissione al tirocinio per giuristi si pone in un diverso contesto giuridico.

Come si desume da una lettera del ministro federale della giustizia in data 20 agosto 1975, prodotta in causa dal Land resistente, tale normativa è stata inserita nel diritto tedesco per dare esecuzione in Germania alle sentenze 21 giugno 1974 nella causa 2/74 e 3 dicembre 1974 nella causa 33/74.

Poiché secondo il § 4 della Bundesrechtsanwaltsordnung (disciplina federale sull'esercizio della professione forense), l'idoneità alla magistratura ai sensi del § 5 della legge tedesca sullo stato giuridico dei giudici costituisce un presupposto per l'ammissione alla professione di avvocato, ai cittadini di altri stati membri deve essere concessa, alle stesse condizioni che ai cittadini tedeschi, la possibilità di ottenere tale idoneità o ammissione. Ciò presuppone necessariamente l'ammissione al tirocinio per giuristi, poiché senza questo tirocinio — a prescindere dal fatto ch'esso si svolge in una sola fase — l'idoneità alla magistratura non può essere ottenuta diversamente. Ora, tale idoneità costituisce una condizione imperativa per l'esercizio della libera professione di avvocato, sia nell'ambito della libertà di stabilimento sia nell'ambito della libera prestazione di servizi. Diversa è la situazione per il secondo esame di stato degli insegnanti. Una volta superato questo esame, l'interessato è affidato all'esercizio dell'insegnamento nei licei-ginnasi. Il superamento dell'esame costituisce un presupposto necessario, solo per l'assunzione come insegnante di ruolo nelle scuole statali. Esso non è prescritto per l'assunzione nelle scuole private, così come non lo è per l'accesso all'attività di insegnante privato o per la creazione di una scuola privata.

Dal punto di vista giuridico, quindi, l'abilitazione all'esercizio dell'insegnamento nei licei-ginnasi non costituisce, per i cittadini di altri stati membri, una condizione imperativa cui sia subordinata la loro libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, garantite dal diritto comunitario. Infine la questione del se la libera circolazione dei lavoratori si estenda alla generale attività di insegnante nelle scuole pubbliche degli stati membri non costituisce oggetto del presente procedimento.

2.

Il problema relativo al se la preparazione degli insegnanti nell'ambito del tirocinio pedagogico costituisca formazione professionale ai sensi del trattato CEE ( 14 ), non necessita di soluzione e non deve essere risolta in questa sede. La decisione in proposito è superflua ai fini del presente procedimento, poiché una soluzione esauriente si desume già dalle considerazioni sopra esposte.

Né, d'altra parte, il Bundesverwaltungsgericht ha sottoposto alla Corte una questione di così ampia portata, la cui rilevanza non si poteva direttamente desumere dalla formulazione della domanda di pronuncia pregiudiziale.

Tra gli stati membri solo il Regno Unito ha rilevato la possibile connessione con il problema della formazione professionale, sottolineando, tuttavia, contemporaneamente la necessità di una delimitazione tra rapporto di lavoro e formazione.

Se dalla domanda di pronuncia pregiudiziale si fosse potuto desumere chiaramente che veniva posto il problema relativo al se la pratica in un'attività accademica conseguente ad una preparazione scientifica dovesse essere considerata formazione professionale ai sensi del trattato CEE, non sarebbe stato da escludere che anche altri stati membri si sarebbero espressi al riguardo. Date le conseguenze di vasta portata e non del tutto prevedibili che potrebbero derivare da una pronuncia della Corte sulla formazione professionale in tale contesto, non ritengo, proprio in considerazione del diritto di partecipare al procedimento, connesso agli stati membri dell'art. 20 dello statuto della Corte, che tale problema debba essere affrontato nell'ambito del presente procedimento.

C —

In base alle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni sottopostele dal Bundesverwaltungsgericht:

L'art. 48 del trattato CEE va interpretato nel senso che nel suo campo di applicazione ricade anche un rapporto giuridico, il cui scopo non è solo lo scambio di prestazione lavorativa contro retribuzione, ma che si configura come un rapporto di lavoro e presenta almeno parzialmente elementi di un rapporto di lavoro.

Dal punto di vista del diritto comunitario, non è decisiva la forma giuridica sotto la quale tale rapporto sia stato costituito nell'ordinamento nazionale; in particolare è irrilevante il fatto che si tratti di un rapporto di pubblico impiego.

La disciplina derogatoria riguardante la pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 48, n. 4, del trattato CEE esclude dal campo di applicazione dei primi tre numeri dell'art. 48 solo i posti che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all'esercizio di pubblici poteri e, contemporaneamente, allo svolgimento di mansioni intese alla tutela degli interessi generali dello stato.


( *1 ) Traduzione dal tedesco.

( 1 ) Regolamento del Consiglio n. 1612/68, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori, GU 1968, L 257, pag. 2.

( 2 ) Semenza 21 giugno 1974, causa 2/74, Jean Reyners/Stato belga, Racc. 1974, pag. 631.

( 3 ) Sentenza 3 dicembre 1974, causa 33/74, Johannes Henricus Maria van Binsbergen/Bestuur van Bedrijfsvereniging voor de Metaalnijverheid, Racc. 1974, pag. 1299.

( 4 ) In proposito si deve però considerare che, in ragione della determinazione dell'anzianità di servizio ai sensi del § 28 della legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici, un insegnante di ruolo, all'atto della sua prima assunzione, viene ai regola inquadrato in uno scatto di anzianità più alto dello scatto 1 ; ciò implica che la percentuale indicata deve essere alquanto ridotta.

( 5 ) Cdr. Bundesverfassungsgericht, ordinanza 14 novembre 1969, Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts, vol. 27, pag. 195, in particolare pag. 201.

( 6 ) GU 1985, C 99, pag. 7.

( 7 ) Sentenza 9 ottobre 1984, causa 188/83, Hermann Witte/ Parlamento europeo, Racc. 1984, pag. 3465.

( 8 ) Loc. cit., pag. 3481.

( 9 ) Sentenza 12 febbraio 1974, causa 152/73, Giovanni-Maria Sotgiu/Deutsche Bundespost, Race. 1974, pag. 153.

( 10 ) Sentenza 17 dicembre 1980, causa 149/79, Commissione delle Comunità europee/Regno del Belgio, Race. 1980, pag. 3881.

( 11 ) Nella giurisprudenza tedesca ciò viene riconosciuto per lo meno dal Bundesverfassungsgericht: cfr. ordinanza 23 giugno 1981, Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts, vol. 58, p agg. 1 e 36, e sentenza 18 dicembre 1984, Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts, vol. 68, pagg. 1, 98 e segg.

( 12 ) Loc. cit., punti 10 e 19 della motivazione.

( 13 ) Conclusioni presentate dall'avvocato generale Mancini il 15 aprile 1986 nella causa 307/84, Commissione/Repubblica francese, Racc. 1986, pag. 1726.

( 14 ) Cfr. sentenza della Corte 13 luglio 1983, causi 152/82, Sandro Forcheri e altri/Stato belga e altri, Racc. 1983, pag. 2323, e 13 febbraio 1985, causa 293/83, Gravier/Città di Liegi, Race. 1985, pag. 593.