61985C0020

Conclusioni dell'avvocato generale Mancini del 22 gennaio 1987. - MARIO ROVIELLO CONTRO LANDESVERSICHERUNGSANSTALT SCHWABEN. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE, PROPOSTA DAL BUNDESSOZIALGERICHT. - PREVIDENZA SOCIALE - PENSIONE DI INVALIDITA'PROFESSIONALE O PER INCAPACITA'ASSOLUTA DI GUADAGNARE. - CAUSA 20/85.

raccolta della giurisprudenza 1988 pagina 02805


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1 . Tra il signor Mario Roviello e l' ente previdenziale regionale della Svevia ( Landesversicherungsanstalt Schwaben ) di Augsburg è in corso una causa che ha per oggetto il diritto del primo a ottenere una pensione d' invalidità professionale . Le parti disputano : a ) sulla rilevanza che per l' accertamento di tale diritto ha la professione esercitata dall' invalido in uno Stato membro diverso dalla Repubblica federale di Germania; b ) sulla cumulabilità dei periodi assicurativi che l' invalido abbia maturato in Germania e in altri Stati membri .

Chiamato a dirimere la controversia, il Bundessozialgericht vi chiede di interpretare il punto 15 che il rgolamento del Consiglio 2 giugno 1983, n . 2000/83 ( GU L 230, pag . 1 ) ha introdotto nella parte C, "Germania , dell' allegato VI al regolamento del Consiglio n . 1408/71 ( GU L 149, pag . 2 ) relativo all' applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori migranti e ai loro familiari .

2 . I fatti . Nato nel 1935, Roviello è cittadino italiano e, a quanto risulta, non possiede specifiche qualificazioni professionali . Dal 1960 al 1974 lavorò in Italia come piastrellista, prima alle dipendenze di un' impresa e occupando un impiego soggetto all' assicurazione obbligatoria, poi in veste di prestatore autonomo . Trasferitosi nella Repubblica federale di Germania, esercitò, seppure non continuativamente, la medesima attività dal maggio 1976 al giugno 1980 . Maturò così in tale paese un periodo di assicurazione obbligatoria pari a 48 mesi .

Nel 1980, colpito da una malattia che, a suo avviso, lo abilitava a fruire della pensione per invalidità professionale, Roviello chiese ai competenti istituti italiano e tedesco di corrispondergli quest' ultima . Entrambe le istanze furono respinte . In particolare, l' ente previdenziale della Svevia motivò il proprio rifiuto affermando che il richiedente poteva ancora svolgere, per un ciclo di lavoro completo, qualsiasi genere di attività, purché non gravosa . A detta decisione, che è del 16 ottobre 1981, Roviello reagì ricorrendo avanti al Sozialgericht di Stoccarda e poi, in sede d' appello, al Landessozialgericht del Baden-Wuerttemberg . Con sentenza 22 agosto 1983, anche la seconda Corte gli dette torto . Il ricorrente - osservò - non possiede un diploma di piastrellista e non ha neppur esercitato il relativo lavoro in modo continuo; egli deve dunque considerarsi operaio qualificato e, come tale, non può pretendere di essere destinato ad un' attività specifica .

A questo punto, Roviello ricorse per "Revision" dinanzi al Bundessozialgericht . Egli rilevò che il giudice d' appello non aveva svolto indagini sufficientemente approfondite sulla sua precedente attività lavorativa, sostenne in tal contesto che il piastrellista è un operaio specializzato e lamentò che la sentenza non indicasse le concrete mansioni a cui avrebbe dovuto essere adibito . Conseguentemente chiese : a ) la cassazione delle sentenze di primo e di secondo grado; b ) l' annullamento della decisione 16 ottobre 1981; c ) la condanna della Landesversicherungsanstalt Schwaben a pagargli un' indennità transitoria per il periodo dal 1° dicembre 1980 all' 11 gennaio 1980 e la pensione a partire dal 17 febbraio di quest' ultimo anno .

Con ordinanza 28 novembre 1984, la IV sezione del Bundessozialgericht sospese il procedimento e, ai sensi dell' articolo 177 trattato CEE, sottopose alla nostra Corte i seguenti quesiti pregiudiziali :

"1 ) Se, per l' accertamento del diritto alla pensione d' invalidità professionale, il punto 15 della parte C, "Germania , allegato VI al regolamento n . 1408/71, nella versione di cui al regolamento n . 2000/83, vada interpretato nel senso che la professione esercitata fino ad allora dall' assicurato è determinante solo qualora i periodi assicurativi necessari all' acquisto del diritto siano stati maturati unicamente svolgendo attività lavorative soggette all' assicurazione obbligatoria secondo il diritto tedesco .

2 ) In caso di risposta affermativa al quesito sub 1 : se il punto 15 debba applicarsi anche qualora il rischio a cui si collega la pensione si sia avverato prima che il regolamento n . 2000/83 entrasse in vigore ( 1° luglio 1982 ).

3 ) In caso di risposta negativa al quesito sub 2 : se dal punto 15 possa desumersi che il diritto alla pensione non ancora accertato debba essere limitato al periodo precedente l' entrata in vigore del regolamento ( 1° luglio 1982 )".

3 . Per una migliore comprensione delle vicende che ho riassunto, è opportuno esaminare la disciplina nazionale vigente all' epoca dei fatti e la normativa comunitaria richiamata dai tre quesiti .

A dettare i fondamenti della prima è la Reichsversicherungsordnung ( RVO ), cioè la legge tedesca sull' assicurazione sociale, che risale al 1911 . Il paragrafo 1246 di tale fonte dispone che la pensione d' invalidità professionale spetta all' assicurato : a ) la cui occupazione o attività precedente l' avveramento del rischio sia stata soggetta all' assicurazione obbligatoria per almeno 36 mesi negli ultimi 60 mesi; b ) che abbia maturato un "periodo di attesa" pari ad almeno 60 mesi di assicurazione ( comma 1 °). Si considera "invalido professionale" l' assicurato la cui capacità di guadagno, a seguito di malattia, infermità o perdita delle forze fisiche o psichiche, sia ridotta a meno della metà di quella che è propria di un lavoratore in buona salute fisica e mentale, avente formazione analoga nonché conoscenze e attitudini equivalenti ( comma 2°, prima frase ). La capacità di guadagno si valuta in funzione di tutte le mansioni che corrispondono alle forze e alle attitudini dell' assicurato e che possono venirgli richieste, avuto riguardo alla durata e al livello della sua formazione, alla professione fin lì esercitata e alle esigenze che essa comporta ( comma 2°, seconda frase ).

Conviene inoltre segnalare che la giurisprudenza tedesca ha elaborato un sistema di classificazione degli invalidi in vista della loro assegnazione ad altra attività . Esso si articola in quattro categorie, fondate su vari criteri, tra cui rileva soprattutto la misura del salario : il caposquadra con funzioni direttive e l' operaio provetto ( Vorarbeiter mit Leitungsfunktion bzw . besonders hoch qualifizierter Arbeiter "), l' operaio specializzato (" Facharbeiter "), l' operaio qualificato (" angelernter Arbeiter ") e l' operaio comune (" ungelernter Arbeiter ") ( Bundessozialgericht, BSGE 41, pag . 129 e seguenti, 43, pag . 243 e seguenti, 45, pag . 276 e seguenti, 49, pag . 54 e seguenti ).

A seguito di questa classificazione, l' istituto competente può rifiutarsi di concedere la pensione solo se : a ) l' assicurato sia assegnabile ad un' occupazione compresa fra le attività caratteristiche della categoria immediatamente inferiore a quella di cui fa parte la professioe che egli ha svolto fin lì; b ) il salario corrisposto per tale occupazione sia almeno pari alla metà di quello che gli garantiva la precedente professione . L' apprezzamento dell' attività svolta dall' assicurato prima di divenire invalido ha quindi un notevole rilievo per la determinazione della categoria in cui l' istituto dovrà inquadrarlo . Al riguado, i giudici tedeschi esigono non solo che egli fornisse una prestazione corrispondente al suo impiego, ma altresì che possedesse le conoscenze teoriche e le attitudini pratiche normalmente richieste nella sua categoria . In altri termini, si pretende che l' assicurato fosse "competitivo" rispetto ai lavoratori del medesimo gruppo ( Bundessozialgericht, BSGE 41, pag . 129 e seguenti, BSG SozR 2200, § 1246, n . 53, pag . 163 ).

E dunque in questo complesso quadro normativo e giurisprudenziale che il Bundessozialgericht deve stabilire se : a ) se un operaio privo del diploma richiesto, ma per anni impegnato nell' esercizio della sua professione, sia assimilabile al lavoratore che abbia compiuto il prescritto periodo di formazione; b ) lo svolgimento di un' attività professionale in altro Stato membro incida sulle condizioni a cui l' ordinamento tedesco subordina il diritto alla pensione . Il primo problema è estraneo alla tematica su cui siete chiamati a pronunciarvi . Del secondo mi occuperò funditus dopo aver esaminato la pertinente disciplina comunitaria .

4 . Com' è noto, l' articolo 89 del regolamento n . 1408/71 dispone che "le modalità particolari di applicazione delle legislazioni di alcuni Stati membri sono indicate nell' allegato VI ". Ora, l' articolo 1 del regolamento n . 2000/83 ha aggiunto alla parte C, "Germania", di tale allegato un punto 15 . Ne riproduco il testo : "Se, per quanto concerne il diritto alla pensione per invalidità professionale (...), la professione esercitata fino ad allora è determinante in virtù della legislazione tedesca, per la determinazione di questo diritto vengono prese in considerazione solo le attività soggette all' assicurazione obbligatoria esercitate sotto ( sic ) la legislazione tedesca ".

Per la vostra pronuncia riveste una grande importanza il processo che mise capo all' emanazione della norma citata . Alle radici di quest' ultima - ci dicono la Commissione e la Landesversicherungsanstalt Schwaben - furono le difficoltà incontrate dagli istituti tedeschi di previdenza sociale nel determinare le pensioni per invalidità professionale applicando la giurisprudenza del Bundessozialgericht ( vedasi . pronuncia 29 novembre 1978, BSGE 47, pag . 183 e seguenti ); e cioè tenendo conto non solo dell' ultima professione esercitata dall' invalido nella RF di Germania, ma anche dell' attività che egli avesse svolto in altro Stato membro e dei periodi assicurativi che vi avesse maturato . In particolare, i detti istituti erano tenuti a compiere ardue e laboriose indagini per stabilire se tale attività supponesse requisiti di formazione simili a quelli che per essa o per mansioni analoghe prescrive l' ordinamento tedesco .

A Bruxelles il problema fu segnalato dal Governo di Bonn con una nota del 18 novembre 1980; la Commissione, tuttavia, non dovette attribuirgli troppo peso . Nella proposta che essa presentò al Consiglio il 21 dicembre 1982 e che è alle origini del regolamento n . 2000/83 figura infatti, sub specie di addizione alla parte C, "Germania", un punto 14 ( tra l' altro praticamente identico al disposto recante lo stesso numero nel testo definitivo ), ma nessun punto 15 ( GU C 27 del 2.2.1983, pag . 3 ); e sul documento così formulato - cioè privo della norma che c' interessa - si pronunciarono mediante parere sia il Comitato economico e sociale nel corso della 205a sessione plenaria svoltasi a Bruxelles il 23-24 febbraio 1983 ( GU C 90, pag . 29 ), sia il Parlamento europeo nella seduta del successivo 11 marzo ( GU C 96, pag . 89 ).

Il punto 15 venne alla luce in una fase successiva dell' iter . A proporlo fu la delegazione tedesca nel quadro del gruppo "questioni sociali" del Consiglio ( gennaio 1983 ). Il gruppo ne raccomandò l' introduzione nel regolamento n . 1408/71 ( 25 aprile 1983 ). La proposta fu poi fatta propria dal Comitato dei rappresentanti permanenti ( 27 maggio 1983 ) e venne infine approvata all' unanimità dal Consiglio in sede di adozione del regolamento n . 2000/83 ( 2 giugno 1983 ).

5 . Ciò premesso, osservo che, pur senza formalmente invitare la Corte a pronunciarsi sulla validità del punto 15, il Bundessozialgericht tratta a lungo della sua genesi ( pag . 7 e 8 dell' ordinanza di rinvio ) e con ciò dà a vedere con tutta chiarezza di essersi posto il problema . Più esplicito è il ricorrente nella causa principale; nelle sue osservazioni scritte, infatti, egli si chiede se la norma sia valida, tenuto conto che la Commissione non ne fece oggetto di proposta e che il Parlamento non fu consultato sul suo merito .

Dal canto suo, rispondendo a un quesito rivoltole dalla Corte, la Commissione ha descritto fedelmente l' iter del disposto controverso, ma ha anche difeso la sua regolarità . Citando la sentenza 15 luglio 1970 ( causa 41/69, ACF Chemiefarma / Commissione, Racc . 1970, pag . 661, punti 68 e 69 ), essa osserva infatti che : a ) quando il Consiglio ha consultato l' Assemblea su una proposta di regolamento e ha poi modificato il testo di quest' ultima, una nuova consultazione non è necessaria se la modifica non altera sostanzialmente la proposta nel suo complesso; b ) il punto 15 contiene una norma che, mirando a risolvere alcuni problemi sorti dall' applicazione della disciplina tedesca, è meramente tecnica e, come tale, non suscettibile di provocare la suddetta alterazione sostanziale .

Esaminerò questa tesi tra breve . Al momento mi preme sottolineare che la vostra giurisprudenza non vi impedisce in alcun modo di pronunciarvi sulla validità del punto 15 . Dirà qualcuno che, secondo la sentenza 9 dicembre 1965 ( causa 44/65, Hessische Knappschaft / Singer, Racc . 1965, pag . 1191 ), una parte del giudizio principale non può, in sede di domanda d' interpretazione, chiedervi di stabilire se l' atto da interpretare sia valido . Ma l' obiezione non sarebbe fondata, se è vero, come ho appena rilevato, che nel nostro caso a porsi - e perciò a porre - il problema è stato anzitutto il Bundessozialgericht . Ora, in una situazione siffatta, a me sembra che rilevante sia piuttosto il principio da voi statuito nella sentenza 1° dicembre 1965 ( causa 16/65, C . Schwarze / Einfuhr und Vorratsstelle fuer Getreide und Futtermittel, Racc . 1965, pag . 909 ).

Quella decisione afferma infatti : "dal tenore (( dei quesiti )) si desume che (( il giudice a quo )) mira ad ottenere non tanto l' interpretazione del trattato o di un atto delle istituzioni (...), quanto una pronuncia pregiudiziale (( sulla )) validità di tale atto a norma dell' articolo 177, primo comma, lettera b )"; e in casi del genere "la Corte è tenuta a pronunciarsi, senza imporre al giudice proponente un formalismo che servirebbe unicamente a ritardare il procedimento (...) e che sarebbe incompatibile con lo spirito (( dell' articolo 177 )). Un (( simile )) rigore (...) è concepibile nei procedimenti a carattere contenzioso in cui i diritti reciproci delle parti sono retti da rigide norme, ma (( sarebbe )) fuor di luogo nel campo speciale della cooperazione fra giudici a norma dell' articolo 177, la cui caratteristica consiste nel fatto che il giudice nazionale e la Corte di giustizia (...) devono collaborare direttamente all' elaborazione della decisione" ( pag . 921, 922 ).

Un' ulteriore e particolarmente incisiva applicazione del medesimo principio la Corte fece nella sentenza 3 febbraio 1977, ( causa 62/76, Strehl / Nationaal Pensioenfonds voor Mijnwerkers, Racc . 1977, pag . 211 ). Vi era stato chiesto d' interpretare l' articolo 46, n . 3, del regolamento n . 1408/71 e la decisione 91 della Commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti; ma voi esaminaste in via preliminare la legittimità di tali norme e, com' è noto, le dichiaraste incompatibili con l' articolo 51 del trattato . Più in generale, per la rilevalibilità d' ufficio di vizi non avvistati dal giudice a quo ( si trattava nella specie della violazione di forme sostanziali ), è utile ricordare altresì la sentenza 18 febbraio 1964 ( cause riunite 73 e 74/63, NV Internationale Krediet-en Handelsvereniging Rotterdam e altri / Ministro olandese dell' agricoltura e della pesca, Racc . 1964, pag . 1 ).

6 . Alla luce di questi rilievi, mi propongo di apprezzare la validità del punto 15 sotto tre profili . I primi due riguardano la violazione di forme sostanziali ( inesistenza di una proposta della Commissione e mancata consultazione del Parlamento ), il terzo attiene alla violazione del trattato .

In ordine al primo profilo, constato che il regolamento n . 2000/83 ha per base due norme - gli articoli 51 e 235 - ai cui sensi il Consiglio delibera su proposta della Commissione . E noto, tuttavia, che il Consiglio può sempre emendare la proposta purché l' atto sia poi deliberato all' unanimità ( articolo 149, comma 1 °) e - agggiungo io - purché la modifica o l' integrazione non stravolgano il suggerimento dell' esecutivo, così disconoscendo il potere di iniziativa che il trattato riserva a quest' ultimo . Secondo la dottrina migliore, tale potere non è intaccato ove l' emendamento resti nell' ambito della materia a cui la proposta si riferisce ( vedasi, anche per altre citazioni, Dewost : "Commentaire à l' article 149", in Le droit de la Communauté économique européenne, vol . 9, Bruxelles, 1979, pag . 133 ).

Se questa tesi è esatta ( e a me pare che lo sia ), per escludere che sul terreno in esame il punto 15 possa considerarsi invalido basterà osservare che : a ) il regolamento n . 2000/83, di cui la norma fa parte, fu approvato all' unanimità; che la norma rientra sicuramente nella materia - la disciplina comunitaria della previdenza sociale - su cui incide la proposta della Commissione .

7 . Questioni più complesse solleva l' esame del secondo profilo . Com' è noto, la consultazione del Parlamento risponde a esigenze di grande rilievo . Essa è - affermarono le famose pronunce "isoglucosio" - "un elemento essenziale dell' equilibrio istituzionale voluto dal trattato" perché "consente al Parlamento l' effettiva partecipazione al processo legislativo della Comunità" e così "riflette, sia pure limitatamente, (...) un fondamentale principio della democrazia, secondo cui i popoli partecipano all' esercizio del potere per il tramite di un' assemblea rappresentativa ". Ne segue che "la regolare consultazione del Parlamento nei casi previsti dal trattato è una formalità sostanziale, la cui inosservanza implica la nullità dell' atto considerato" e il cui rispetto "esige che il Parlamento esprima effettivamente la propria opinione" ( sentenze 29 ottobre 1980 : causa 138/79, Roquette Frères / Consiglio, Racc . 1980, pag . 3333, punto 33, e causa 139/79, Maïzena / Consiglio, Racc . 1980, pag . 3393, punto 34 ).

Come è accaduto nella nostra specie, tuttavia, il progetto su cui il Parlamento è stato sentito può esser oggetto di emendamenti; e sulla necessità di sottoporre anche questi all' approvazione del' Assemblea la Corte non si è mai pronunciata in modo generale ed astratto . Essa ha però posto una serie di criteri che, applicati con duttilità e ragionevolezza, consentono in gran parte dei casi di dare al problema una soluzione appagante .

Così, anzitutto, nella citata sentenza Chemiefarma . La ricorrente aveva sostenuto l' illegittimità di due norme del regolamento del Consiglio n . 17/62 : l' articolo 15, perché disponeva un regime di ammende diverso da quello previsto nella proposta esaminata in Assemblea e l' articolo 24, perché attribuiva alla Commissione competenze di cui la stessa proposta non faceva parola . La Corte respinse le due censure osservando rispetto alla prima che "il progetto sul quale il Parlamento è stato consultato non ha (...) subìto, in complesso modifiche sostanziali" ( punto 178 ) e, relativamente alla seconda, che "nella versione approvata dal Parlamento, (( il progetto )) contiene all' articolo 20 una disposizione sostanzialmente identica a quella dell' articolo 24 del regolamento" ( punto 69 ).

Seguono tre sentenze del 4 febbraio 1982 ( causa 817/79, Buyl / Commissione, 828/79, Adam / Commissione, e 1253/79, Battaglia / Commissione, Racc . 1982, rispettivamente pag . 245, 269 e 297 ). Anche qui i ricorrenti avevano affermato che il regolamento del Consiglio n . 3085/78 deviava dal progetto su cui si era espressa l' Assemblea in misura troppo sensibile per potersi considerare legittimo, mentre la Commissione ne aveva difeso la validità rilevando che, per gli atti approvati unanimamente, chiedersi se una nuova consultazione fosse necessaria è "privo di senso ". Respinto in modo implicito l' argomento della convenuta, la Corte assoggettò ad un confronto minuzioso l' iniziale proposta dell' esecutivo, il parere del Parlamento e il testo definitivamente adottato dal Consiglio . Quest' ultimo - essa concluse - è consono "alla proposta (...) eccezion fatta per la sostituzione dei tassi di cambio aggiornati all' UCE e per le disposizioni transitorie miranti ad alleviare (...) gli effetti (...) del regolamento nei confronti di certi pensionati ". Ma tali divergenze non infirmano la validità dell' atto : più che "una modifica sostanziale", infatti, la prima rappresenta un "cambiamento di metodo"; e la seconda è largamente "conforme al desiderio espresso dal Parlamento" ( causa 817/79 già citata, punto 23 della motivazione ).

Quali insegnamenti possano trarsi da tali pronunce rispetto alla questione che ci occupa mi sembra evidente . Il progetto una cui norma sia emendata o in cui venga inserita una nuova norma sfugge alla seconda consultazione solo se l' emendamento o l' aggiunta adempiano una delle seguenti condizioni : a ) lascino inalterati gli aspetti essenziali della più ampia disposizione sulla quale incidono ( Chemiefarma, precitata, punto 69 ); b ) abbiano mero carattere tecnico, vale a dire importino modifiche di metodo o, comunque, non di sostanza ( Buyl, punto 23, Chemiefarma, punto 178 già citato ); c ) corrispondano ad un auspicio del Parlamento ( Buyl, ibidem ).

8 . Così illuminati dalla vostra ggiurisprudenza, torniamo al disposto controverso . Ricordo che la proposta della Commissione prevedeva di aggiungere alla parte C, "Germania", dell' allegato VI al regolamento n . 1408/71 un solo punto, il 14 . Ora, tale norma avvantaggia i lavoratori migranti perché obbliga le autorità tedesche a determinare gli introiti netti che rilevano per il calcolo di prestazioni attribuite ad assicurati non residenti in Germania come se questi vi risiedessero . Sappiamo invece che agli stessi lavoratori il punto 15 è nettamente sfavorevole . La sua aggiunta, dunque, non consente di ritenere soddisfatta la condizione sub a ); cioè di considerare la disposizione che lo contiene ( articolo 1 del regolamento n . 2000/83 ) inalterata negli aspetti essenziali o, per usare il vostro linguaggio, "sostanzialmente identica" al corrispondente precetto della proposta . Ma inadempiuta è anche la condizione sub c ). Come risulta dal verbale della seduta 11 marzo 1983, il Parlamento approvò la proposta con procedura senza relazione; non si può dire, pertanto, che il punto 15 venga incontro a desideri da esso manifestati .

Non resta allora che la condizione sub b ), e appunto su di essa la Commissione giuoca tutte le sue carte . A giudizio dell' istituzione, infatti, il punto 15 contiene una disciplina meramente tecnica che, come pretende l' articolo 89 del regolamento 1408/71, tiene conto di alcune peculiarità proprie della situazione giuridica tedesca .

Ma l' argomento va respinto . Intanto, è da escludere che l' articolo 89 obblighi a prender in considerazione le peculiarità tecniche degli ordinamenti nazionali; come abbiamo visto, esso si limita a richiamare l' allegato VI nel quale figurano in concreto le norme applicative di tali ordinamenti ( o, meglio, di alcuni fra essi ). Il punto fondamentale, tuttavia, è che il disposto controverso non detta una semplice "disciplina tecnica ". A riconoscerlo è la stessa Commissione . Nelle sue osservazioni, infatti, essa afferma che, lungi dal limitarsi a chiarificare una situazione giuridica suscettibile di anomalie o di effetti perversi, quella norma prevede "disposizioni nuove"; modifica cioè il sistema fin allora seguito - a cui stregua la professione precedente era determinata tenendo conto delle attività che l' invalido avesse svolto in altri Stati membri - con una formula che impone di aver riguardo alla sola attività da lui esercitata in Germania ( pag . 20 ).

Se questi rilievi sono fondati, mi sembra evidente che non aver proceduto ad una nuova consultazione del Parlamento costituisca una violazione di forme sostanziali e importi la nullità del punto 15 .

9 . La conclusione così raggiunta è tale da render inutile un esame diretto ad apprezzare la compatibilità del nostro disposto con le norme pertinenti del trattato . A questa indagine, tuttavia, non intendo sottrarmi, sia perché le parti del giudizio principale e la Commissione hanno concentrato i loro sforzi sul problema che ne è oggetto, sia perché è buona regola che l' avvocato generale si pronunzi su tutti i profili della causa attribuitagli .

Cominciamo allora con l' accertare l' esatta portata del disposto . L' ordinanza di rinvio ne prospetta due possibili letture : a ) esso opera sulle condizioni a cui il paragrafo 1246 della RVO subordina l' acquisto del diritto alla pensione, escludendo da questo l' invalido che non abbia completato nella RF di Germania i 60 mesi del periodo d' attesa; b ) esso incide unicamente sull' individuazione della categoria a cui assegnare l' invalido, disponendo che a tal fine si tenga conto della sola attività da lui esercitata su territorio tedesco .

Tra queste interpretazioni il Bundessozialgericht sembra propendere per la prima . A suo parere, infatti, la norma determina "il diritto alla pensione (...) solo in funzione delle attività considerate nella situazione assicurativa tedesca", spoglia di ogni rilievo "le attività (...) soggette all' assicurazione obbligatoria in altri Stati membri" e non ammette il cumulo dei periodi assicurativi "almeno per quanto riguarda la nascita del diritto in funzione della precedente professione" ( ordinanza, pag . 6 ). A sostegno di tale tesi, che fa perno sul solo diritto interno, militerebbe una caratteristica peculiare del sistema tedesco; l' idea che alla pensione debba corrispondere, nel quadro di un rapporto sostanzialmente sinallagmatico, lo svolgimento per un tempo abbastanza lungo di un lavoro qualificato e soggetto ad assicurazione obbligatoria .

Per la seconda interpretazione sono invece schierate la Landesversicherungsanstalt Schwaben e la Commissione . Il punto 15 - esse osservano - va inteso nel senso che il concetto di "attività soggette all' assicurazione obbligatoria tedesca" non si riferisce al periodo d' attesa, ma serve solo a identificare la professione svolta in precedenza dall' invalido . Ne dànno prova i motivi che presiedettero alla sua emanazione . La norma fu infatti introdotta per ovviare alla giurisprudenza del Bundessozialgericht che, avendo imposto agli istituti previdenziali di prender in considerazione le attività del migrante prima del suo trasferimento nella RF di Germania, li obbligava a gravose ricerche sull' equivalenza di tali attività con quella svolta su territorio tedesco e così provocava ritardi nella liquidazione delle pensioni .

Dico subito che a me sembra preferibile la tesi accolta dal giudice del rinvio; ma ritengo che, più ancora degli argomenti da lui avanzati, a giustificarne l' adozione siano la lettera e le finalità del disposto controverso . La lettera è sufficientemente esplicita . Come si ricorderà, il paragrafo 1246 della RVO stabilisce che, per fruire della pensione, il lavoratore deve soddisfare due condizioni ( assoggettamento della sua ultima attività all' assicurazione obbligatoria per almeno 36 mesi e decorrenza del periodo d' attesa ). Ora, nel riferirsi al beneficio così regolato, il legislatore comunitario usa le formule "per quanto concerne il diritto" e "per la determinazione del diritto" ( vedi supra, punto 4, all' inizio ), così dimostrando di pensare appunto alle condizioni sulla cui base esso viene concesso . Nello stesso senso può citarsi la motivazione del punto 15, quale risulta dal 4° considerando del regolamento n . 2000/83 : "occorre (...) precisare - afferma questo testo - che per l' accertamento del diritto ( nella versione tedesca si parla addirittura di "Anspruchsvoraussetzungen", cioè di "condizioni della pretesa ") e in quella francese di ouverture à un droit ) a una pensione (...) tedesca si debbono prendere in considerazione unicamente le attività soggette all' assicurazione obbligatoria esercitate" nella Repubblica federale .

A un risultato analogo mette capo l' esame degli scopi che il punto 15 persegue . Come s' è visto, secondo il convenuto nella causa principale e la Commissione, la norma punta solo a liberare gli enti previdenziali tedeschi dal compito di pronunciarsi sull' equivalenza fra il lavoro che il migrante ha compiuto in Germania e le attività che egli ha svolto in altri Stati membri . In realtà, il Bundessozialgericht aveva fatto ben più che esigere la considerazione di tali attività . Così, la citata sentenza 29 novembre 1978 stabilì che, per l' acquisto della pensione di minatore ( regolata dal paragrafo 45 del Reichsknappschaftsgesetz in termini identici a quelli del paragrafo 1246 ), il periodo d' attesa fosse calcolato tenendo conto dei periodi assicurativi maturati dal migrante prima di trasferirsi in Germania . E dunque altamente plausibile che il punto 15 abbia di mira anche - o, meglio, soprattutto - la condizione relativa a quei 60 mesi, nel senso di obliterare l' interpretazione favorevole agli interessi del migrante che di essa aveva dato la giurisprudenza .

10 . Ebbene, può dirsi conforme al trattato una norma che produce quest' effetto? Ricordo che il regolamento n . 1408/71 si fonda sugli articoli 7 e 51 : com' è noto, il primo vieta le discriminazioni dovute alla nazionalità, mentre, ai sensi del secondo, "il Consiglio (...) adotta in materia di sicurezza sociale le misure necessarie (( all' )) instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consente di assicurare ai (...) migranti (...) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste ". Rammento altresì che, a stregua della vostra giurisprudenza, lo scopo dell' articolo 51 sta nel "consentire al (...) migrante di ottenere il diritto alle prestazioni per tutti i periodi lavorativi o equivalenti maturati nei vari Stati membri, senza discriminazione (( alcuna )) rispetto agli altri lavoratori, in conseguenza dell' esercizio del suo diritto di libera circolazione" ( sentenze 9 luglio 1975, causa 20/75, D' Amico / Landesversicherungsanstalt Rheinland-Pfalz, Racc . 1975, pag . 891, punto 10; 23 aprile 1986, causa 153/84, Ferraioli / Deutsche Bundespost, Racc . 1975, pag . 1401, punto 16 della motivazione ).

Alla luce di questi princìpi, l' incompatibilità del punto 15 è manifesta . Come ho detto, infatti, esso non ammette il cumulo che il Consiglio deve garantire ai lavoratori provenienti dagli altri Stati membri e, per ciò stesso, riserva a costoro un trattamento discriminatorio . Lo dimostra una considerazione assai semplice . Il migrante che non abbia compiuto nella RF di Germania il periodo di 60 mesi richiesto dal paragrafo 1246 RVO non può invocare i periodi assicurativi maturati prima del suo trasferimento, anche se, com' è nel caso di Roviello, ammontino a un totale di quindici anni; il lavoratore tedesco, invece, ottiene la pensione pur avendo lavorato per soli 60 mesi .

11 . Ma v' è di più . Con l' articolo 51 del trattato il punto 15 contrasterebbe anche ad accogliere la ( comunque poco attendibile ) interpretazione minimalista che di esso hanno prospettato la Commissione e l' ente previdenziale della Svevia .

Ammettiamo infatti che, prescrivendo di tener conto delle sole attività coperte dall' assicurazione tedesca, il Consiglio pensasse davvero alla determinazione della professione svolta dall' assicurato fino al momento in cui si avverò il rischio; il migrante sarebbe del pari svantaggiato, anche se ora per l' impossibilità di far valere la più elevata qualifica che egli abbia acquisito prima di venire in Germania . E quest' effetto - da escludere nel caso di Roviello, ma tutt' altro che immaginario - è sicuramente contrastante col principio che impone di non discriminare il lavoratore "in conseguenza dell' esercizio del suo diritto di libera circolazione" ( vedasi supra, sentenza D' Amico già citata ).

12 . Sulla base delle considerazioni che precedono, a me sembra che vi siano aperte due possibilità : a ) dichiarare invalido il punto 15 della parte C, "Germania", allegato VI al regolamento del Consiglio n . 1408/71, perché inficiato da violazione delle forme sostanziali; b ) dichiarare la stessa norma non compatibile con gli articoli 7 e 51 del trattato .

Scegliate l' una o l' altra strada, dovrete pronunciarvi sulla validità di un regolamento ( n . 2000/83 ) approvato dal Consiglio all' unanimità . Vi suggerisco dunque di applicare l' articolo 95, paragrafo 4, del regolamento di procedura, rinviando la causa al plenum della Corte perché ne decida dopo aver ascoltato il Consiglio e, se lo riterrà opportuno, il Parlamento .