CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

SIR GORDON SLYNN

del 5 giugno 1985 ( *1 )

Signor Presidente,

signori Giudici,

Nel presente procedimento, promosso ai sensi dell'art. 33 del trattato CECA (in prosieguo: trattato), la ricorrente chiede l'annullamento della decisione della Commissione 83/398 (GU 1983, L 227, pag. 33), concernente gli aiuti che il governo olandese intende concedere alla siderurgia (in prosieguo: decisione olandese) nonché della correlativa decisione della Commissione 83/396 (GU 1983, L 227, pag. 24) concernente gli aiuti all'industria siderurgica italiana (in prosieguo: decisione italiana).

Al fine di porre rimedio alla crisi dell'industria siderurgica la Commissione emanava la decisione 257/80, recante norme comunitarie per gli aiuti specifici alla siderurgia (GU 1980, L 29, pag. 5). A norma di detta decisione, basata sull'art. 95 del trattato, gli aiuti all'industria siderurgica potevano essere erogati solo previa approvazione della Commissione e subordinatamente alle condizioni da questa stabilite.

Nella seduta del 3, 26 e 27 maggio 1981 il Consiglio adottava delle risoluzioni al fine di sostituire la decisione 257/80 con un sistema impostato essenzialmente sugli stessi principi, ma più rigoroso (Boll. CE 3-1981, pagg. 87 e 88). Nella seduta del 24 giugno 1981 il Consiglio perveniva ad un accordo sul progetto di un nuovo codice di aiuti, comprendente tanto gli aiuti specifici, quanto gli aiuti di carattere generale (Boll. CE 6-1981, pagg. da 17 a 19). Il suddetto progetto diveniva successivamente la decisione della Commissione 2320/81 (GU 1981, L 228, pag. 14), anch'essa, come le precedenti, basata sull'art. 95 e destinata a restare in vigore, come in essa stessa stabilito, fino al 31 dicembre 1985.

Prescindendo da un'eccezione che non è pertinente al presente procedimento, la decisione 2320/81 prescriveva che tutti i progetti degli Stati membri intesi ad istituire o modificare aiuti all'industria siderurgica fossero notificati alla Commissione entro il 30 settembre 1982. Tali progetti potevano essere attuati solo previa approvazione della Commissione e subordinatamente alle condizioni da questa stabilite. I criteri generali che la Commissione doveva applicare sono esposti nell'art. 2. Questo articolo, nei punti essenziali, prescrive che gli aiuti siano collegati ad una riduzione globale della capacità di produzione dell'impresa beneficiaria e vieta il versamento di aiuti dopo il 31 dicembre 1985, ad eccezione degli abbuoni di interesse e dei pagamenti effettuati per onorare garanzie concesse sui prestiti erogati prima di tale data. Gli articoli successivi contengono dettagliate disposizioni concernenti in particolare gli aiuti a favore degli investimenti, gli aiuti per la chiusura di impianti siderurgici, gli aiuti per il mantenimento in attività, gli aiuti di emergenza e gli aiuti per la ricerca e lo sviluppo.

Successivamente, la Commissione giungeva alla conclusione che era necessario ridurre la capacità di produzione di 30-35 milioni di tonnellate entro il 1o luglio 1983. Questo punto di vista risulta essere stato condiviso dai ministri dell'industria nel corso della riunione informale del 17 e del 18 novembre 1982 (Boll. CE II-1982, pag. 18) ad Elsinore, in Danimarca.

Il 29 giugno 1983 la Commissione dava attuazione alla decisione 2320/81 con una serie di decisioni riguardanti tutti gli Stati membri eccetto la Danimarca. La maggior parte di queste decisioni autorizzava la concessione degli aiuti proposti dagli Stati membri interessati a condizione che la capacità di produzione venisse ridotta in determinata misura. La decisione olandese recava il numero C(83)950/8 e veniva notificata ai Paesi Bassi con lettera datata 30 giugno 1983 e indirizzata al ministro olandese degli affari esteri. Essa subordinava la concessione degli aiuti proposti dal governo olandese a una riduzione complessiva di capacità di 950000 tonnellate. La società Hoogovens è di gran lunga la più importante delle due società siderurgiche operanti in Olanda; l'altra è la Nedstaal, una società interamente controllata dalla Thyssen. Era perciò evidente che la società Hoogovens avrebbe sopportato il peso maggiore di tale riduzione.

Con ricorso proposto in data 8 agosto 1983 la Hoogovens ha chiesto alla Corte di annullare la suddetta decisione (causa 172/83). Il ricorso mira inoltre all'annullamento totale o parziale della decisione italiana, recante il numero C(83)950/6, anch'essa notificata al ministro degli affari esteri interessato con lettera 30 giugno 1983. Il motivo di quest'ultima domanda è che, secondo la Hoogovens, l'industria siderurgica italiana ha ricevuto un trattamento più favorevole e la Hoogovens ha così subito una discriminazione.

Il 19 agosto 1983 le due decisioni in contestazione venivano pubblicate nella Gazzetta ufficiale. La decisione olandese diveniva la decisione 83/398 e la decisione italiana diveniva la decisione 83/396. A seguito di tale pubblicazione la Hoogovens ha proposto, il 6 ottobre 1983, un secondo ricorso dinanzi alla Corte (causa 226/83). A parte il fatto che il secondo di essi non fa riferimento alle due lettere di notifica 30 giugno 1983, i due ricorsi sono identici. Con ordinanza 13 febbraio 1985, il presidente della Corte ha disposto la riunione delle due cause ai fini della fase orale e della sentenza.

Questo procedimento non costituisce una reazione isolata alle decisioni adottate dalla Commissione il 29 giugno 1983. I ricorrenti nella causa 222/83, Comune di Differdange/Commissione (Racc. 1984, pag. 2889), avevano chiesto alla Corte di annullare la decisione riguardante il Lussemburgo, ma il ricorso venne dichiarato irricevibile per motivi che non ricorrono nella causa odierna. Del pari, nella causa 214/83, Repubblica federale di Germania/Commissione (ancora pendente), il governo tedesco mira all'annullamento delle decisioni riguardanti il Belgio, la Francia, l'Italia e il Regno Unito.

Nel controricorso presentato nell'ambito della causa 172/83, la Commissione ha ammesso la ricevibilità del ricorso nella parte in cui è inteso all'annullamento della decisione olandese. La Commissione ha espressamente riconosciuto che la suddetta decisione riguarda la Hoogovens ed ha carattere individuale, sì che ricorrono i presupposti di cui all'art. 33, 2o comma.

Nella replica, però, la Commissione ha sottolineato che la Hoogovens ha in realtà deciso di ridurre la propria capacità di un milione di tonnellate entro la fine del 1985, in aggiunta alla riduzione di 150000 tonnellate che ha già avuto luogo a seguito della chiusura del suo stabilimento di Demka. Pertanto, la Hoogovens si sarebbe risolta a ridurre la propria capacità in misura superiore alle 950000 tonnellate imposte complessivamente ai Paesi Bassi nella decisione olandese. Senza sollevare formalmente una eccezione di irricevibilità, la Commissione si chiede perciò se la ricorrente abbia ancora interesse a persistere nella sua azione.

All'udienza, la Hoogovens non ha contestato i fatti riferiti dalla Commissione. Ha solo affermato che il motivo per cui ha deciso di ridurre la propria capacità in misura maggiore di quella stabilita dalla Commissione è che un impianto non può essere «chiuso a metà»; pertanto lo stabilimento se non poteva continuare a funzionare a pieno ritmo, doveva essere chiuso definitivamente. Comunque, la Hoogovens ha ribadito di avere ancora interesse ad ottenere la pronunzia della Corte poiché teme che la Commissione esiga in futuro ulteriori riduzioni della capacità produttiva. Pertanto, essa avrebbe tuttora bisogno di un giudizio sulla legittimità della decisione contestata per essere pronta ad una simile eventualità.

A mio parere, l'interesse della Hoogovens a ottenere la pronunzia della Corte nell'ambito del presente procedimento non è venuto meno per i fatti richiamati dalla Commissione. Poiché, in base all'art. 39, i ricorsi proposti dinanzi alla Corte non hanno effetto sospensivo, la parte deve conformarsi alla decisione che la concerne in attesa della sentenza, a meno che non vengano disposti provvedimenti provvisori. Pertanto il ricorrente non si priva del diritto di continuare a coltivare domanda di annullamento qualora abbia assunto un comportamento che di fatto ottempera alla decisione controversa ch'egli continua ad impugnare. Il fatto che la Hoogovens sia andata al di là di quanto imposto dalla Commissione è irrilevante, giacché non dimostra necessariamente l'esattezza dei calcoli della Commissione. Per di più, la Hoogovens, come essa stessa ha sottolineato, conserva un interesse per il futuro ad ottenere la pronunzia della Corte nel presente procedimento.

Nel controricorso, la Commissione ha inoltre contestato la ricevibilità del ricorso nella causa 172/83 sotto due profili.

In primo luogo essa sostiene che la Hoogovens chiede l'annullamento non solo delle due decisioni, ma anche delle lettere di notifica inviate dalla Commissione alle autorità olandesi e italiane. A suo avviso, dette lettere non costituiscono decisioni ai sensi del trattato e non possono di conseguenza essere annullate. Questo argomento è frutto di un malinteso, poiché in realtà la Hoogovens non chiede affatto l'annullamento delle lettere; ma sostiene semplicemente che queste debbono essere prese in considerazione, soprattutto perché servono a chiarire la motivazione delle decisioni. Di conseguenza l'obiezione della Commissione non è pertinente.

In secondo luogo la Commissione assume che il ricorso non è ricevibile in base all'art. 33, 2o comma, del trattato, nella parte in cui è diretto contro la decisione italiana. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, però, la nozione di decisione che « concerne » il ricorrente ai sensi della predetta disposizione è più ampia del presupposto che la decisione [riguardi] « direttamente e individualmente » il ricorrente, stabilito dall'art. 173, 2o comma, del trattato CEE. Così, nella causa 10/68, Eridania/Commissione (Race. 1969, pag. 459) la Corte dichiarò irricevibile, in base a quest'ultima disposizione, e in assenza di « circostanze specifiche» il ricorso proposto da un'impresa per l'annullamento di una decisione che attribuiva un vantaggio a un concorrente, mentre si pronunziò in senso opposto con riguardo all'art. 33, 2o comma, del trattato CECA (cause riunite 24 e 34/58, Chambre syndicale de la siderurgie/Alta Autorità, Racc. 1969, pag. 553; causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen/Alta Autorità, Race. 1961, pag. 1).

A mio avviso, esistono nel caso presente circostanze specifiche che rendono ricevibile la domanda di annullamento della decisione italiana. Le decisioni olandese e italiana fanno parte di una serie di decisioni adottate contemporaneamente dalla Commissione. Tali decisioni debbono essere considerate come elementi costitutivi di una sola entità che rispecchia l'azione coordinata della Commissione volta a ridurre la capacità produttiva dell'industria siderurgica nell'intera Comunità. È vero che, rispondendo ad un quesito scritto della Corte, la Commissione ha negato che le varie decisioni fossero in qualche modo collegate l'una con l'altra. Anzi, essa ha affermato di aver valutato separatamente la riduzione necessaria in ciascun Stato membro al fine di rendere l'industria dello Stato interessato più competitiva. Ciononostante, in considerazione delle circostanze di fondo e della sincronicità delle decisioni non ritengo che queste affermazioni siano convincenti. Va notato che nel punto IV della motivazione di entrambe le decisioni nn. 83/396 e 83/398 si dichiara che « una riduzione a livello della Comunità di 30-35 milioni di tonnellate di capacità di laminati a caldo (...) appare necessaria per consentire il ritorno ad un tasso di utilizzazione minimo, tale da garantire l'efficienza economico-finanziaria dell'industria siderurgica comunitaria in normali condizioni di mercato ». A tenore del terzo capoverso del punto I della motivazione della decisione 2320/81, «se la ristrutturazione deve avvenire in modo coerente, equo e socialmente accettabile è auspicabile istituire un sistema comunitario organico in materia di aiuti » che dovrebbe « garantire che tutti gli aiuti di cui l'industria siderurgica può beneficiare siano trattati in modo uniforme, in un'unica procedura ». Se poi la Commissione ha in realtà seguito un metodo differente con riguardo ai vari Stati membri, ciò riguarda il merito della causa e non la ricevibilità.

A mio avviso, quando il ricorrente impugni una decisione che chiaramente lo concerne sostenendo che un'altra decisione relativa ad altri produttori in un altro Stato membro è discriminatoria nei propri confronti, non si può ritenere irricevibile il gravame proposto contro la seconda decisione, se questo costituisca parte di una serie di provvedimenti connessi tra loro ed adottati per perseguire uno scopo specifico.

Questo punto di vista appare ancor più fondato se si considerano le conseguenze di una sentenza che annulli la decisione olandese in ragione di una discriminazione a favore dei produttori italiani e che dichiari il ricorso irricevibile per quanto si riferisce alla decisione italiana. In tale ipotesi, a mio modo di vedere, la Commissione non potrebbe motu proprio revocare o modificare la decisione italiana giacché ciò lederebbe i diritti acquisiti. Pertanto, essa potrebbe eliminare la discriminazione di cui trattasi solo aumentando la capacità consentita dell'intera operazione, che consiste nella riduzione della capacità produttiva.

Ritengo quindi il ricorso nella causa 172/83 ricevibile sotto tutti gli aspetti ai quali si riferisce la Commissione.

Nella causa 226/83 la Hoogovens non fa riferimento alle lettere di notifica e quindi la Commissione non ha ripetuto le sue obiezioni su questo punto. Le altre obiezioni che la Commissione oppone alla ricevibilità del ricorso sono le stesse che nella causa 172/83 e quindi, secondo me, vanno respinte per i motivi già esposti.

D'altro canto, vi è una questione che la Commissione non ha sollevato e cioè il se il ricorso che ha aperto la causa 226/83 sia irricevibile, trattandosi di un doppione. Tuttavia, poiché tale questione rientra nella competenza della Corte, è opportuno che essa la esamini d'ufficio.

L'art. 33, 3o comma, del trattato CECA recita: « I ricorsi previsti ai due primi capoversi del presente articolo devono essere proposti entro il termine d'un mese a decorrere, secondo il caso, dalla data della notificazione o della pubblicazione della decisione o della raccomandazione ». Questo testo differisce da quello dell'art. 173, 3o comma, del trattato CEE, che così dispone: « I ricorsi previsti dal presente articolo devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notificazione al ricorrente, ovvero in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza ».

A mio avviso, l'art. 33, 3o comma del trattato stabilisce il termine entro il quale può essere proposto ricorso in caso di notificazione formale alla persona che poi intende impugnare la decisione, ovvero in caso di pubblicazione. Esso non osta a che venga proposto ricorso prima della pubblicazione qualora il ricorrente sia venuto a conoscenza di una decisione diretta ad un terzo e non ancora pubblicata, ma che a suo avviso lo riguarda o è viziata, a suo detrimento, da sviamento di potere.

La Hoogovens era a conoscenza sia delle decisioni, sia delle lettere di notifica 30 giugno 1983, ed ha potuto allegarle al ricorso presentato alla Corte l'8 agosto 1983. Se, per analogia con l'art. 33, 3o comma, riguardante il termine decorrente dalla pubblicazione o dalla notifica, la Hoogovens aveva un mese di tempo (oltre al congruo termine per la distanza, nella fattispecie sei giorni) dalla data in cui è venuta a conoscenza della decisione e delle lettere, per proporre ricorso, non è stato dimostrato che essa abbia adito la Corte oltre detto termine.

Ritengo pertanto che il primo ricorso sia stato proposto tempestivamente.

Siccome la Hoogovens può aver avuto dubbi sul se l'art. 33, 3o comma, le consentisse di proporre ricorso prima della pubblicazione della decisione, è comprensibile che essa abbia inteso tutelare la propria posizione presentando il secondo ricorso entro i termini fissati dalla suddetta disposizione. Non mi pare però che sia necessario esaminare il secondo ricorso, che ha lo stesso oggetto del primo. Trattandosi in tutto o per tutto di un doppione, esso dev'essere, secondo me, dichiarato irricevibile.

Per quanto riguarda il merito della causa, la ricorrente, col primo mezzo, sostiene che la decisione olandese è in contrasto con l'art. 15 in quanto non contiene una motivazione sufficiente della riduzione, nella misura di 950000 tonnellate, della capacità produttiva, imposta come contropartita del godimento degli aiuti di cui trattasi.

Il passo pertinente della decisione così recita:

« Occorre inoltre assicurare un'equa ripartizione delle riduzioni di capacità necessarie per ottenere una riduzione a livello della Comunità di 30-35 milioni di tonnellate di capacità di laminati a caldo, ciò che, alla luce degli Obiettivi generali acciaio, appare necessario per consentire il ritorno ad un tasso di utilizzazione minimo, tale da garantire l'efficienza economico-finanziaria dell'industria siderurgica comunitaria in normali condizioni di mercato; (...) a tal fine, pur tenendo conto dello sforzo di ristrutturazione attuato e degli aiuti concessi prima del 1980, un ulteriore sforzo deve essere compiuto dalla siderurgia olandese; (...) oltre alla riduzione di 250000 tonnellate proposta, la siderurgia olandese deve pertanto ridurre le proprie capacità di laminazione a caldo di 700000 tonnellate (...) occorre prevedere un termine per l'individuazione delle nuove chiusure da effettuare. »

Ulteriori chiarimenti circa i criteri applicati dalla Commissione si trovano nella lettera di notifica 30 giugno 1983 al ministro olandese degli affari esteri, allegata al ricorso della Hoogovens. La Commissione dichiara ivi di avere calcolato la cifra di 950000 tonnellate in base ai seguenti criteri: la necessità di raggiungere lo scopo fissato nella riunione di Elsinore, la necessità di garantire l'efficienza economico-finanziaria delle imprese, il diverso ammontare degli aiuti erogati dai vari Stati membri, e infine le difficoltà economiche delle regioni nelle quali sono situate le imprese beneficiarie degli aiuti.

Così, lette assieme, la decisione e la lettera di notifica espongono in certa misura i criteri applicati dalla Commissione. Come la Corte ha dichiarato nella causa 14/81, Alpha Steel /Commissione (Race. 1982, pag. 749, vedasi soprattutto pag. 766), « la Commissione deve enunciare in modo anche sommario, ma chiaro e conferente, i principali punti di fatto e di diritto sui quali essa è basata e che servono a far comprendere il ragionamento che la Commissione ha seguito (...) Non è tuttavia necessario che la Commissione ribatta a tutte le obiezioni che sarebbe possibile fare contro la decisione (...) Non si può neppure pretendere che essa indichi i motivi per cui si è astenuta dall'adottare provvedimenti diversi da quelli indicati nella decisione e che avrebbe potuto adottare nell'ambito dei suoi poteri discrezionali ». Per di più, dalla fine del 1982, la Hoogovens ebbe modo di discutere spesso con la Commissione l'attuazione della decisione 2320/81 ed era quindi completamente al corrente delle idee della Commissione prima dell'adozione della decisione olandese (si veda la causa 13/72, Paesi Bassi/Commissione, Race. 1973, pag. 27, vedasi soprattutto pag. 39). Di conseguenza, anche se sarebbe stato meglio che la Commissione fornisse nella decisione spiegazioni più precise sul modo in cui è arrivata alla cifra di 950000 tonnellate, mi sembra che la motivazione addotta sia sufficientemente conforme a quanto prescritto dall'art. 15 del trattato.

Nell'ambito del « primo mezzo » figura anche l'assunto che, imponendo all'industria siderurgica olandese di ridurre la capacità di produzione in misura eccessiva, la Commissione ha leso il diritto di proprietà della Hoogovens, in contrasto con l'art. 1 del primo protocollo aggiuntivo della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Mi sembra però che questo assunto, che non è stato sviluppato dalla Hoogovens sia contraddetto proprio dalle sentenze sulle quali è basato. Nella causa 154/78, Valsabbia/Commissione (Race. 1980, pag. 907, vedasi soprattutto pag. 1010). La Corte ha considerato che « la tutela garantita del diritto di proprietà non si può estendere alla protezione d'interessi d'indole commerciale il cui carattere aleatorio è insito nell'essenza dell'attività economica ». Del pari, nella causa 258/81 (Metallurgiki Halyps/Commissione, Race. 1982, pag. 4261, vedasi soprattutto pag. 4280) essa ha affermato che «non si può considerare una violazione del diritto di proprietà il fatto che le restrizioni della produzione richieste dalla situazione economica possano incidere sulla redditività e sul patrimonio di talune imprese. La ricorrente non può invocare il rispetto del proprio diritto di proprietà per sottrarsi agli obblighi che incombono alla siderurgia europea complessivamente considerata. » Per questi motivi detto argomento dev'essere disatteso.

Col secondo mezzo la Hoogovens fa carico alla Commissione di incoerenza nell'applicazione della nozione di « produzione massima possibile ».

Essa sostiene che la Commissione ha usato un dato criterio per determinare la sua capacità per il 1980, anno di riferimento, ed un criterio diverso per determinare detta capacità relativamente agli anni successivi. Per quanto riguarda il 1980, la Commissione non avrebbe tenuto conto della capacità teorica di produzione della Hoogovens, capacità che non sarebbe stato possibile sfruttare a causa della scarsa disponibilità di acciaio destinato alla fabbricazione di prodotti laminati a caldo. Di conseguenza, la produzione massima possibile di prodotti laminati a caldo della ricorrente sarebbe stata stimata in 5400000 tonnellate invece che in 5700000 tonnellate. Nel 1981 la disponibilità di acciaio sarebbe tornata sufficiente di modo che la capacità della Hoogovens sarebbe subito risalita a quest'ultimo livello. Nel 1984 sarebbe stata prevista una nuova penuria di prodotti semilavorati per la fabbricazione di laminati a caldo e cioè le bramme, ma sarebbe stato ritenuto probabile che essa sarebbe cessata per il 1987. A causa di tale penuria la Hoogovens sostiene che la sua produzione massima possibile negli anni di cui trattasi deve considerarsi ridotta da 5400000 a 4900000 tonnellate. Ciononostante, ai fini del calcolo della riduzione della capacità produttiva proposta dalla Hoogovens, la Commissione avrebbe considerato che non si doveva tener conto della forzata limitazione della produzione di bramme.

La Hoogovens sostiene pertanto che la Commissione, applicando due criteri diversi, ha sottovalutato l'entità della riduzione da lei proposta. Quest'ultima è stata stimata nella decisione olandese in 250000 tonnellate. È pacifico tra le parti che, nell'ambito di questo quantitativo, 150000 tonnellate corrispondono alla chiusura dello stabilimento di Demka. La Hoogovens sostiene però che la parte restante, che la Commissione ha valutato in 100000 tonnellate, ammonta a 500000 tonnellate (la differenza tra i 5400000 tonnellate del 1980 e i 4900000 tonnellate del 1985). Rispondendo al quesito scritto posto dalla Corte in proposito, la Commissione ha ammesso di avere applicato due criteri diversi. Essa sostiene che era giusto tener conto della penuria per il 1980 in quanto trattavasi di un anno preso come riferimento. Per contro, la penuria prevista per il periodo 1984-1987 non deve — a suo avviso — essere presa in considerazione, poiché dal 1987 la capacità della Hoogovens rimasta inutilizzata sarebbe stata di nuovo sfruttata. Dato che la decisione 2320/81 mirava a realizzare riduzioni di capacità irreversibili, non si poteva tenere conto di riduzioni meramente temporanee.

In punto di vista della Commissione sulla penuria prevista per il periodo 1984-1987 mi sembra condivisibile. Per contro, non ritengo che la Commissione abbia provato che fosse giusto applicare un criterio diverso per il 1980, anno di riferimento. Nel passo già citato della decisione olandese la Commissione ha assunto come punto di partenza per determinare la riduzione da imporre all'industria olandese il suo dichiarato obiettivo di ridurre la capacità per i prodotti laminati a caldo da 30 a 35 milioni di tonnellate nell'intera Comunità. Questa affermazione è priva di significato se per valutare la capacità relativa agli anni di cui trattasi non vengono applicati gli stessi criteri. Nella risposta al quesito scritto della Corte la Commissione ha sostenuto che era giusto adottare un criterio diverso per il 1980 proprio perché trattavasi di un anno di riferimento. Ora io non vedo come possa essere giusto adottare contemporaneamente, per la stessa operazione, due criteri fra loro incompatibili. Tale metodo, secondo me, non poteva che originare incoerenze nella determinazione delle capacità.

La Commissione ha inoltre cercato di contrastare l'argomento della Hoogovens sostenendo di aver attribuito al suo impianto WB1 nel 1980380000 tonnellate di capacità in più rispetto alla cifra stimata dal sig. Demarteau, un perito indipendente. Nel controricorso la Commissione ne parla come di una concessione che non è stata fatta a nessun'altra impresa. La Hoogovens ribatte che non si tratta affatto di una concessione. Non è necessario decidere su questo punto. È sufficiente rilevare che nessun metodo di determinazione della capacità dell'impianto WB1 può servire a correggere l'errore causato dal fatto di calcolare la capacità di tutti gli impianti della Hoogovens dal 1980 secondo criteri contraddittori. Considero perciò non pertinente l'argomento della Commissione relativo alle 380000 tonnellate. Sono dello stesso parere per quanto riguarda le 70000 tonnellate derivanti dalla mancata presa in considerazione di una parte del possibile trasferimento di coils per banda stagnata dall'impianto WB2 all'impianto WB1, che, secondo la Commissione, costituisce del pari una concessione.

La Hoogovens lamenta inoltre il fatto che la Commissione si è rifiutata di accettare la proposta, da lei presentata nel giugno 1983, di ridurre la capacità del suo impianto SDW di 75000 tonnellate. Nel controricorso la Commissione ha dedotto, come motivo del proprio rifiuto, che la riduzione proposta avrebbe determinato una modifica della gamma di produzione e che non ne era garantita l'irricevibilità. La Hoogovens non ha fornito una risposta soddisfacente a questa replica della Commissione e, secondo me, non risulta provata la fondatezza della predetta censura.

Pertanto, la Commissione non ha valutato la riduzione di capacità della Hoogovens in base a criteri coerenti. Ne consegue che la riduzione di 700000 tonnellate imposta dalla decisione olandese in aggiunta a quella proposta dalla Hoogovens non è giustificata. La decisione 83/398 dovrebbe pertanto essere annullata, indipendentemente dalle discriminazioni che la Hoogovens asserisce di aver subito rispetto alle imprese di altri Stati membri.

La Hoogovens sostiene ancora che il metodo seguito dalla Commissione per la determinazione della capacità è incoerente sotto un altro profilo. A suo dire, la Commissione, nel valutare i sacrifici compiuti in altri Stati membri, ha accettato riduzioni reversibili di capacità effettuate da talune imprese di detti Stati. Nei riguardi della Hoogovens, invece, la Commissione, come si è già riferito, avrebbe seguito un metodo opposto. Per questo la Hoogovens afferma di aver subito una discriminazione.

La Hoogovens assume che la Commissione ha adottato il suddetto metodo più favorevole nei confronti delle imprese Sollac, in Francia, e Port Talbot, nel Regno Unito. La Commissione ha ribattuto, nella controreplica che la Sollac ha definitivamente smantellato 5 altiforni aventi una capacità complessiva di 3,5 milioni di tonnellate e li ha sostituiti con un unico altoforno avente una capacità di 2,8 milioni di tonnellate. Di conseguenza, la riduzione di capacità sarebbe irreversibile. Secondo la controreplica della Commissione, anche la riduzione di capacità operata dalla Port Talbot ha carattere irreversibile. Infatti 3 altiforni sarebbero destinati ad essere definitivamente smantellati e sostituiti con un nuovo altoforno. Pur essendo vero che il nuovo altoforno ha una capacità superiore a quella degli altri 3 messi assieme, per motivi tecnici la produzione del nuovo impianto dovrebbe essere sincronizzata con quella degli altri impianti: ciò significherebbe che, in pratica, la capacità del nuovo impianto non può essere sfruttata per intero. La Hoogovens non ha confutato le affermazioni della Commissione né per quanto riguarda gli impianti della Sollac, né per quel che concerne lo stabilimento della Port Talbot. Di conseguenza, poiché non è stata dimostrata la fondatezza delle asserzioni della Hoogovens relative agli impianti di queste due imprese, non se ne deve tener conto.

Comunque, la censura della disparità di trattamento si riferisce in primo luogo all'industria siderurgica italiana. La Hoogovens sostiene che la decisione italiana è basata su cifre relative alla capacità dell'industria italiana del 1980, che sono più elevate di quelle calcolate all'epoca di cui trattasi. In tal modo, l'industria italiana avrebbe ricevuto un «regalo» di 1,9 milioni di tonnellate di capacità. Per questo motivo la Hoogovens chiede l'annullamento totale o parziale della decisione italiana.

Nel controricorso la Commissione ha ammesso espressamente di avere corretto retroattivamente, aumentandole, le cifre relative al 1980 per quanto riguarda sia la Finsider che le imprese siderurgiche private italiane, ma ha sostenuto che tale correzione era giustificata.

Per quanto concerne la Finsider, la correzione si riferiva al centro siderurgico di Bagnoli, presso Napoli. Nel 1979 la Commissione aveva emesso un parere positivo ai sensi dell'art. 54 del trattato circa gli investimenti necessari per la costruzione di un nuovo impianto nel suddetto centro, a condizione, però, che fossero effettuate riduzioni di capacità presso altri stabilimenti del gruppo. A quanto risulta, in quell'occasione fa Finsider si era impegnata a sacrificare oltre 1 milione di tonnellate di capacità di produzione. La Commissione sostiene quindi che non sarebbe stato corretto imporre alla Finsider di procedere a una seconda riduzione in relazione allo stesso investimento.

Il problema concernente il settore privato era, a quanto pare, di tutt'altra natura. In Italia esisterebbero circa 150 imprese siderurgiche private, per la maggior parte di piccole dimensioni. Molte di esse sarebbero incorse in equivoci nella lettura del questionario 2/61, in base al quale la Commissione ha elaborato i dati della produzione delle varie imprese della Comunità, e non lo avrebbero compilato correttamente. Pertanto, la Commissione ha ritenuto che fosse giusto correggere i dati di cui trattasi retroattivamente.

La ricorrente sostiene che questo modo di procedere non era giustificato né nell'uno né nell'altro caso. Secondo me, essa non ha però dimostrato che nell'uno e nell'altro caso il comportamento della Commissione sia stato illegittimo o abbia costituito un trattamento discriminatorio nei suoi confronti.

Respingerei pertanto l'argomento della ricorrente in quanto si riferisce alla decisione italiana.

Con il terzo mezzo la Hoogovens deduce che la Commissione non avrebbe dovuto prendere in considerazione l'aiuto di 570 milioni di fiorini di cui all'ultimo trattino dell'art. 1 della decisione olandese. Questo aiuto sarebbe da porsi in relazione con lo scioglimento avvenuto nel 1982, dell'unione tra la Hoogovens e la Hoesch di Dortmund. Detta unione era stata creata dalla costituzione della ESTEL, le cui azioni erano detenute, in misura eguale, dalla Hoesch e dalla Koninklijke Nederlandsche Hoogovens en Staalfabrieken (« KNHS »). La ESTEL a sua volta possedeva le azioni del gruppo Hoogovens, ricorrente nel presente procedimento, e di una società affiliata della Hoesch. Al momento dello scioglimento, le azioni della ESTEL vennero riacquistate da ciascuna delle rispettive società madri: la KNHS comprò le azioni del gruppo Hoogovens e la Hoesch quelle dell'affiliata della Hoesch. Da allora in avanti la sola attività della ESTEL sarebbe consistita nel pagamento dei debiti ancora in sospeso. Qualche tempo prima dello scioglimento dell'unione, la Hoesch avrebbe subito delle perdite e pertanto, dopo lo scioglimento, la KNHS sarebbe rimasta debitrice di circa 570 milioni di fiorini nei confronti della Hoesch per coprire le perdite da questa sofferte. Di conseguenza, il governo olandese avrebbe concesso alla KHNS un prestito di pari ammontare, che poteva essere usato solo per il pagamento del predetto debito.

Pur riconoscendo che il prestito in oggetto costituiva un aiuto, la Hoogovens sostiene che in ragione della sua particolare natura, la Commissione non avrebbe dovuto prenderlo in considerazione. La Commissione ribatte che il debito di cui trattasi era una conseguenza della precedente attività della Hoogovens, che questa deve ora sopportare. Condivido la tesi della Commissione. La natura dei debiti coperti dall'aiuto è, in certa misura, insolita, ma, come sottolinea la Commissione, la Hoogovens si trovava, rispetto a questo debito, nella stessa posizione di qualsiasi altra impresa che debba sopportare le conseguenze della sua attività precedente.

Parimenti, respingerei la tesi della Hoogovens, secondo la quale l'aiuto non avrebbe dovuto essere preso in considerazione in quanto è stato erogato alla KNHS e quindi la Hoogovens, di per sé, non ne ha tratto un diretto beneficio. Poiché la KNHS è solo una società capogruppo che non svolge attività proprie, è chiaro che la Hoogovens, in quanto società da essa interamente controllata, ha tratto dall'aiuto un vantaggio almeno indiretto.

La ricorrente sostiene poi che a torto, nella decisione olandese, la Commissione ha definito il prestito di 570 milioni di fiorini come un aiuto per il mantenimento in attività ai sensi dell'art. 5 della decisione 2320/81. Tuttavia, non c'è dubbio che questa decisione è intesa a ricomprendere tutti gli aiuti all'industria siderurgica, di qualsiasi natura essi siano. L'art. 1, n. 1, della frase iniziale, lo dichiara nei seguenti, categorici termini: « Tutti gli aiuti, tanto specifici quanto non specifici, a favore della siderurgia, finanziati da uno Stato membro o mediante risorse statali sotto qualsiasi forma, possono essere considerati aiuti comunitari e pertanto compatibili con l'ordinato funzionamento del mercato comune soltanto se rispettano le regole generali previste dall'art. 2 e sono conformi alle disposizioni degli articoli da 3 a 7 ». La Hoogovens si è limitata ad affermare puramente e semplicemente che il prestito di cui trattasi non costituisce un aiuto per il mantenimento, senza precisare in quale delle altre categorie di aiuti menzionati nella decisione esso possa rientrare. Per di più, non è affatto evidente che l'aiuto rientri in una di queste altre categorie. Né si può dar peso all'argomento della ricorrente secondo la quale il prestito non faceva parte di un programma di ristrutturazione, come contemplato dall'art. 5, n. 1, primo trattino, della decisione 2320/81. Questo argomento è semmai controproducente per la Hoogovens giacché lascia intendere che il prestito, qualora rientrasse sotto il disposto dell'art. 5, non potrebbe « essere considerato compatibile con l'ordinato funzionamento del mercato comune ». Pertanto, respingerei anche questo argomento.

In subordine la Hoogovens sostiene che la Commissione, siccome ha considerato il prestito come un aiuto a lei fornito per il mantenimento in attività, avrebbe dovuto attribuirle la riduzione di capacità operata dalla Hoesch in funzione dell'importo di cui trattasi. La Commissione ribatte che questo poteva essere fatto solo col consenso della Hoesch e del governo della Repubblica federale di Germania. La Hoogovens non ha cercato di confutare questa asserzione della Commissione né nella replica, né all'udienza e non è più tornata su questo specifico argomento.

Con il quarto mezzo la società Hoogovens deduce che l'art. 7 della decisione olandese commina sanzioni che non sono contemplate dalla decisione 2320/81. L'art. 7 dispone che la Commissione può esigere la sospensione del pagamento dell'aiuto se questo è stato versato senza che siano state rispettate le condizioni per la sua autorizzazione stabilite nella stessa decisione olandese, o se le relazioni semestrali trasmesse alla Commissione autorizzano a dubitare del ripristino dell'efficienza finanziaria dell'impresa interessata entro la fine del 1985, oppure se l'impresa beneficiaria è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza del trattato, in particolare per quanto riguarda la disciplina delle' quote di produzione istituita in forza dell'art. 58 e le norme in materia di prezzi. Siccome la decisione 2320/81 è espressamente basata sull'art. 95, 1o e 2o comma, del trattato, la Hoogovens sostiene che l'art. 7 della decisione olandese viola l'art. 95, 2o comma. Questa disposizione recita: « La stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima forma, determina eventualmente le sanzioni applicabili ». Secondo la Hoogovens, la sola disposizione della decisione 2320/81 in materia di sanzioni figura nell'art. 8, n. 3, che si riferisce agli aiuti incompatibili con tale decisione e non costituisce quindi base legale per l'art. 7 della decisione olandese.

La Commissione sostiene che la sospensione dei pagamenti contemplata dall'art. 7 della decisione olandese non è una sanzione ai sensi dell'art. 95, 2o comma. Quand'anche dovesse costituire una sanzione, la sua base legale va rinvenuta nell'art. 8, n. 1, della decisione 2320/81, il quale, in particolare, dispone che « Lo Stato membro interessato può dare attuazione alle misure prospettate soltanto previa autorizzazione della Commissione conformandosi alle condizioni da essa stabilite ».

A mio modo di vedere, il termine « penalty », che figura nell'art. 95 del trattato (versione inglese) non si applica soltanto alle ammende, come risulta dall'uso del termine « sanction » nel testo francese. Cionondimeno, la sospensione del pagamento degli aiuti sia che costituisca una sanzione, sia che non la costituisca, ricade manifestamente sotto il disposto dell'art. 8, n. 1, della decisione 2320/81, come sostiene la Commissione. Essa è semplicemente una conseguenza de! carattere condizionale dell'autorizzazione dell'aiuto. Questa conclusione non è infirmata dal fatto che, ai sensi dell'art. 7, il pagamento degli aiuti può essere sospeso in seguito all'inadempimento degli obblighi derivanti dal trattato ed estranei alla decisione 2320/81.

Ritengo pertanto che l'argomento svolto a tal proposito dalla Hoogovens non possa essere accolto.

Stante quanto sopra, sono dell'opinione che la decisione 83/398 debba essere annullata nell'ambito della causa 172/83 e che nella causa 226/83 il ricorso debba essere dichiarato irricevibile. A mio avviso le spese sostenute dalla Hoogovens nella causa 172/83 debbono essere poste a carico della Commissione. Nella causa 226/83 ciascuna delle parti dovrebbe sopportare le proprie spese.


( *1 ) Traduzione dall'inglese.