CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

G. FEDERICO MANCINI

DEL 24 NOVEMBRE 1983

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. 

Questa causa pregiudiziale ha per oggetto l'interpretazione della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, n. 65 (GU 9. 2. 1965, pag. 369) sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative concernenti le specialità medicinali. Si tratta essenzialmente di stabilire se la norme che disciplinano i prezzi dei prodotti farmaceutici rientrino in qualche modo nel campo d'applicazione di questa fonte.

Riassumo i fatti. Nel 1976, un gruppo di quattordici società farmaceutiche, tra cui la Clin-Midy, presentarono ricorso al Consiglio di Stato belga chiedendo l'annullamento del decreto 10 febbraio 1976 emanato dal Ministero per gli affari economici di quel Paese e concernente i prezzi delle specialità farmaceutiche e di altri prodotti medicinali. A sostegno della loro richiesta le ricorrenti dedussero fra l'altro che le norme impugnate contrastano col diritto comunitario e in particolare con la citata direttiva n. 65/65. Nel corso del procedimento, l'organo adito si rivolse alla nostra Corte per proporle, ai sensi dell'articolo 177 del Trattato CEE, i seguenti quesiti pregiudiziali:

a)

Se la direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, n. 65, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, concernenti le specialità medicinali, produca effetti diretti fra gli Stati membri e i loro amministrati e questi possano lamentarne la violazione dinanzi al giudice nazionale;

b)

Se la direttiva indicata sub a) riguardi solo il ravvicinamento delle disposizioni aventi come oggetto la salvaguardia della salute pubblica oppure anche quello di altre disposizioni relative alle specialità farmaceutiche, e in particolare le disposizioni emanate per il controllo dei prezzi;

e)

Se l'articolo 21 della suddetta direttiva vada interpretato nel senso che l'autorizzazione ad immettere sul mercato una specialità farmaceutica possa essere rifiutata, sospesa o revocata per inosservanza della disciplina dei prezzi.

2. 

Poche parole sulle disposizioni controverse. Come si legge nella sua rubrica, il decreto ministeriale 10 febbraio 1976 intende regolare i prezzi delle specialità farmaceutiche e di altri medicinali. Esso prevede che le specialità e certi altri farmaci non possano essere venduti ai grossisti, ai farmacisti, agli ospedali o al pubblico a prezzi più alti di quelli praticati l'11 agosto 1975 (articolo 1); fissa i margini massimi di utile che grossisti e farmacisti possono realizzare vendendo le specialità (articolo 2); stabilisce che, prima d'immettere nel circuito economico i prodotti nuovi (cioè non ancora in commercio I'11 agosto 1975), i fabbricanti e gli importatori devono ottenere l'approvazione dell'autorità competente (il Ministro per gli affari economici) quanto al prezzo che intendono praticare (articolo 3). Si tratta dunque di una normativa che ha per oggetto diretto ed esclusivo il regime dei prezzi dei prodotti farmaceutici e che pertanto rientra tra le misure statali di politica economica nel senso ampio del termine.

3. 

Passo ad esaminare i tre quesiti su cui siete chiamati a pronunciarvi. Al centro della causa è il secondo che riguarda il campo d'applicazione della direttiva 65/65 : il giudice a quo vuol sapere se a farne parte sono solo le norme che mirano alla salvaguardia della salute o anche quelle che attengono ai prezzi. Logicamente, la soluzione di questo problema è preliminare sia al quesito sub e), che ha per oggetto l'interpretazione di un singolo disposto della direttiva, sia al quesito sub a), che vuole accertare quale efficacia possiedano le varie prescrizioni di quest'ultima. Supponendo infatti che al quesito sub b) si risponda negativamente, analoga risposta dovrà darsi al quesito sub e), mentre quello sub a) ne risulterà superato e privo d'interesse.

Dico subito che, a mio avviso, la direttiva de qua si riferisce solo al ravvicinamento delle norme in materia di farmaci che intendono proteggere la salute delle persone; ne restano fuori, invece, quelle inerenti al regime dei prezzi. A tale conclusione m'inducono numerosi rilievi.

Innanzitutto lo scopo della direttiva, com'è delineato nel preambolo. Il primo considerando enuncia il criterio di fondo a cui deve ispirarsi ogni disciplina relativa alla produzione e alla distribuzione delle specialità medicinali: «avere come obiettivo essenziale la tutela della sanità pubblica». Questo principio viene poi sviluppato. In particolare si afferma: a) che il detto obiettivo va perseguito con strumenti tali da non compromettere lo sviluppo dell'industria farmaceutica e gli scambi intracomunitari di medicinali (secondo considerando); b) che «le disparità fra talune disposizioni nazionali... relative ai medicinali... hanno per effetto di ostacolare gli scambi» (terzo considerando) e che, di conseguenza, occorre «eliminare questi ostacoli» (quarto considerando); e) che a tal fine è necessario un ravvicinamento delle norme nazionali (ancora quarto considerando) da realizzarsi «progressivamente»; d) che da rimuovere sono in primo luogo le disparità suscettibili di «nuocere in maggiore misura al funzionamento del mercato comune» (quinto e ultimo considerando).

L'ottica in cui il legislatore comunitario intende avvicinare le discipline interne è dunque, per sua stessa dichiarazione, la tutela della salute. Ma ancora più rilevante è che nella medesima prospettiva siano esplicitamente congegnate le norme da lui poste: quelle che riguardano l'autorizzazione alla messa in commercio (capitolo II) non meno di quelle che attengono alla revoca di tale permesso (capitolo III) e di quelle che regolano l'etichettatura (capitolo IV). Mi basti citare per esteso gli articoli 4 e 5. Il primo definisce il procedimento volto ad ottenere l'autorizzazione, imponendo agli interessati di fornire ai competenti organi statali notizie sulla composizione del prodotto, il modo di prepararlo, le sue qualità terapeutiche, le controindicazioni, la posologia, i metodi di controllo usati dal fabbricante e i risultati di varie prove (fisiochimiche, biologiche, farmacologiche, tossicologiche, cliniche) a cui i medicinali devono essere sottoposti. Il secondo prescrive che l'autorizzazione va rifiutata quando la verifica dei detti dati dimostri «che la specialità è nociva... oppure che l'effetto terapeutico... manca o è stato insufficientemente giustificato... oppure che la specialità non presenta la composizione... dichiarata».

Item, la revoca dell'autorizzazione: le ipotesi per cui la si prevede sono tutte riconducibili alla nocività o alla pericolosità del prodotto. E a proteggere il consumatore sono del pari orientati i disposti relativi all'etichettatura, se è vero che sulle confezioni devono figurare notizie come il «modo di somministrazione», la «data di scadenza», le «precauzioni particolari di conservazione», ecc. Le norme sull'etichettatura, peraltro, meritano di essere ricordate anche per un diverso argomento — a contrario, direi — che forniscono alla mia tesi. L'articolo 19 stabilisce infatti che esse «non impediscono di menzionare sulle confezioni... altre indicazioni richieste da regolamentazioni che non sono oggetto della presente direttiva». Se ne desume, mi sembra, che il campo d'applicazione di quest'ultima non copre integralmente la disciplina delle specialità farmaceutiche. Alcuni aspetti ne restano fuori; e non credo di andar lontano dal vero se affermo che tra essi sono i prezzi di tali specialità.

4. 

Esamino ora il quesito relativo all'articolo 21 della direttiva 65/65, secondo cui «l'autorizzazione all'immissione in commercio può essere rifiutata, sospesa o revocata, solamente per i motivi enunciati nella... direttiva». Il Consiglio di Stato belga vi chiede se questa norma vada interpretata nel senso che al rifiuto, alla sospensione e alla revoca dell'autorizzazione si possa procedere anche per inosservanza delle norme nazionali sui prezzi. La risposta che ho dato al primo quesito contiene gli elementi necessari a far luce su questo secondo punto. Se infatti si ritiene che il regime dei prezzi sia estraneo alla sfera della direttiva, si deve anche riconoscere che l'inosservanza delle relative misure non abilita gli organi competenti a rifiutare, sospendere o revocare l'autorizzazione.

Una precisazione è tuttavia necessaria. L'estraneità dei prezzi alla direttiva implica che i paesi membri conservino il potere di disciplinarli: dunque anche di far dipendere l'autorizzazione a immettere i farmaci sul mercato dal rispetto di certe regole in materia di prezzi e conseguentemente di disporre la sua sospensione o la sua revoca ove le stesse regole siano

violate. Ma, occorre aggiungere, un'autorizzazione subordinata all'osservanza delle norme sui prezzi è cosa ben diversa da quella che contempla la direttiva: diversa sia formalmente, perché il suo regime giuridico è di origine statale mentre il regime dell'altra ha matrice comunitaria, sia — ed è ciò che più conta — materialmente. Le due autorizzazioni, infatti, hanno finalità che non potrebbero essere più lontane: di politica economica, l'una, di tutela della salute, l'altra. Naturalmente, in questa materia la libertà degli Stati non è senza limiti: il sistema degli articoli 30 e seguenti del Trattato costituisce la barriera che in nessun caso essi possono superare.

5. 

Col terzo quesito, infine, il giudice del rinvio vi chiede se la direttiva 65/65 ha efficacia diretta negli Stati membri e pertanto se i singoli possano invocare le sue norme innanzi alle giurisdizioni nazionali. La risposta che ho dato ai quesiti precedenti rende superfluo pronunciarsi su questa fin troppo generica domanda (la direttiva, rammento, consta di ben 25 articoli). Una volta accolta l'idea che le misure nazionali sui prezzi sono estranee alla nostra fonte, è senza interesse stabilire se le disposizioni di quest'ultima abbiano o no effetti diretti.

Per completezza, tuttavia, osserverò che di tali disposizioni molte sono dettagliate e precise tanto da indurre ictu oculi a ritenerle direttamente applicabili. Mi basti accennare all'articolo 5 sul rifiuto dell'autorizzazione, all'articolo 7, relativo alla durata della procedura per il suo rilascio, all'articolo 10 che disciplina il suo rinnovo e agli articoli 11 e 12 che regolano la sua sospensione e la sua revoca.

6. 

Per tutte le considerazioni sin qui svolte, suggerisco alla Corte di rispondere nel modo che segue ai quesiti secondo e terzo proposti dal Consiglio di Stato belga con sentenza 22 ottobre 1982 nella causa fra la società Clin-Midy e altre tredici imprese del settore farmaceutico, da un lato, e il Regno del Belgio, dall'altro:

1. Sul quesito sub b):

La direttiva del Consiglio n. 65 del 26 gennaio 1965 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative concernenti le specialità medicinali dev'essere interpretata nel senso che riguarda unicamente le disposizioni nazionali aventi per obiettivo la protezione della sanità pubblica.

2. Sul quesito sub c):

L'articolo 21 della direttiva indicata al punto a) dev'essere interpretato nel senso che la specifica autorizzazione all'immissione sul mercato di una specialità farmaceutica, disciplinata in tutti i suoi aspetti nella detta direttiva, non può essere rifiutata, sospesa o revocata per inosservanza di eventuali disposizioni interne sui prezzi. Ciò non esclude che gli Stati possano introdurre nei rispettivi ordinamenti, accanto all'autorizzazione contemplata nella direttiva e rivolta a garantire solo la tutela della sanità pubblica, altre forme di controllo preventivo collegate alla tutela di interessi diversi. Nel provvedervi, tuttavia, essi sono tenuti a osservare gli obblighi derivanti dal Trattato e in particolare dagli articoli 30 e seguenti.

Ritengo infine che la Corte non debba pronunciarsi sul quesito sub a), tenuto conto delle risposte che le suggerisco di dare agli altri due quesiti.