CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

PIETER VERLOREN VAN THEMAAT

DEL 22 SETTEMBRE 1982 ( 1 )

E CONFERMATE ALL'UDIENZA DEL 9 DICEMBRE 1982

Signor Presidente,

signori Giudici,

1. Introduzione

1.1. I problemi sollevati

La causa Oosthoek mostra ancora una volta che il luogo nel quale si incontrano le intese, le legislazioni economiche, discordi dei diversi Stati membri ed il diritto comunitario, è cosparso di tranelli, ostacoli, tagliole e trappole. Talune di queste complicazioni fanno sì che non è semplice dare alla questione sottopostavi dal Gerechtshof di Amsterdam una soluzione che eviti conseguenze in contrasto col contenuto della vostra ampia giurisprudenza pertinente alla fattispecie. Comincerò con l'illustrare tali complicazioni.

a)

Secondo le sue osservazioni scritte nella presente causa (p. 10) la Oosthoek's Uitgeversmaatschappij BV (in prosieguo: «Oosthoek») è caduta in un tranello tesole dalla «Vereniging ter Bevordering van de Belangen des Boekhandels» (Associazione per la promozione degli interessi dei librai). A norma dell'art. 3 della «Wet Beperking Cadeaustelsel» (legge sulla limitazione del sistema degli omaggi) del 1977, di cui trattasi nella presente controversia, l'offrire in omaggio, unitamente alla vendita delle proprie enciclopedie, libri provenienti dal proprio assortimento è infatti pienamente lecito a determinate condizioni. Questa deroga sottolinea che la legge persegue obiettivi molto specifici sui quali avrò occasione di ritornare. Secondo le osservazioni scritte della Oosthoek, il «Reglement voor het handelsverkeer» (regolamento relativo al commercio) della summenzionata associazione le impedisce cionodimeno di soddisfare le condizioni di cui al n. 1, lett. c), di detto art. 3. In sintesi, tale condizione richiede che l'impresa consenta all'acquirente di scegliere fra l'omaggio ed una somma almeno pari alla metà del prezzo di vendita normale dell'omaggio (combinato disposto dell'art. 3, n. 1, lett. c) e del n. 2, lett. a)). Orbene, stando alle osservazioni scritte della Oosthoek, l'art. 12 del suddetto regolamento considera il fatto di soddisfare tale condizione come uno sconto vietato dall'intesa.

La Oosthoek tenta ora di sfuggire al tranello dimostrando che l'applicazione pratica di un'altra deroga al divieto di offrire omaggi, di cui all'art. 4, n. 3, della legge, è incompatibile con la vostra giurisprudenza relativa agli artt. 30-36 del Trattato CEE. In sintesi, detto art. 4, n. 3, dispone una deroga per gli omaggi che in primo luogo sono affini sotto l'aspetto del consumo col prodotto posto in vendita, in secondo luogo recano una scritta pubblicitaria indelebile e visibile nell'uso corrente e, in terzo luogo, non hanno un valore superiore al 4 % del prezzo di

vendita degli articoli cui si riferiscono. È in particolare la condizione dell'affinità sotto l'aspetto del consumo quella che gli omaggi di cui è causa non soddisfano secondo la legge e la giurisprudenza in materia. Poiché tale condizione dell'affinità di consumo non è contemplata da una disposizione del diritto belga — del resto analoga — menzionata dal Governo belga nelle proprie osservazioni scritte, la Oosthoek può condurre la propria operazione omaggi nel Belgio. Tale situazione ostacola la Oosthoek nel proprio intento, lodevole in sé sotto il profilo comunitario, di seguire una strategia di vendita uniforme nell'intera area linguistica olandese.

Queste sono le circostanze che hanno indotto il giudice di rinvio a sottoporvi la seguente questione:

«Se sia compatibile con il diritto comunitario (ed in particolare con il principio della libera circolazione delle merci) il fatto che un editore che intenda promuovere, offrendo libri in omaggio, le vendite di una serie di opere di consultazione destinate all'intera area linguistica olandese, originarie in parte dei Paesi Bassi ed in parte del Belgio, debba astenersi dall'impiegare questa tecnica promozionale — che pure è ammessa nel Belgio — per effetto della legge olandese sulla limitazione del sistema degli omaggi, esclusivamente perché tale normativa olandese richiede l'affinità, sotto l'aspetto del consumo, fra l'omaggio e il prodotto al quale esso si riferisce».

Per risolvere tale questione, dobbiamo superare gli ostacoli ed evitare le tagliole e le trappole che mi accingo ora ad enumerare.

b)

Anzitutto, occorre accertare se la «Wet Beperking Cadeausteisel» del 1977, nella parte che qui ci interessa, sia in contrasto col principio fondamentale della sentenza Dassonville, (causa 8/74, Race. 1974, p. 837, punto 5 della motivazione), che è divenuta riferimento costante della vostra successiva giurisprudenza. La Oosthoek e la Commissione risolvono tale questione in senso affermativo; i Governi dei Paesi Bassi, tedesco e danese la risolvono in senso negativo. Esaminerò il problema al punto 2 delie presenti conclusioni.

c)

In caso di soluzione affermativa della questione che ho appena enunciato, occorrerà accertare poi se vada applicata quella che ho chiamato in termini concisi, in particolare nelle conclusioni per la causa Beele (causa 6/81), la «clausola della ragionevolezza» o «rule of reason», di cui al punto 6 della motivazione della sentenza Dassonville, con le precisazioni apportate della successiva giurisprudenza ( 2 ). Occorrerà naturalmente evitare il malinteso consistente nel pensare che si tratti nel presente caso di un'applicazione o di un'estensione delle deroghe contemplate dall'art. 36 (come il Governo tedesco sostiene nelle osservazioni scritte), giacché gli interessi in gioco nel caso della limitazione del sistema degli omaggi (in particolare la lealtà dei negozi commerciali e la difesa dei consumatori) non possono affatto essere annoverati fra quelli enumerati limitativamente nell'art. 36. Rinvio in proposito alla sentenza nella causa 113/80, Commissione c/ Irlanda (Race. 1981, p. 1625, punto 10 della motivazione).

Sotto il punto 3 delle mie conclusioni esaminerò gli ostacoli per il commercio risultanti dalle leggi del tipo di quella di cui trattasi, alla luce della vostra giurisprudenza relativa alla «rule of reason». Gli ostacoli maggiori che occorrerà superare in tale occasione mi sembrano i seguenti:

In primo luogo, dalla cronistoria del provvedimento, dal suo testo, nonché dalla dottrina, si desume che la legge, anche se contempla pure la difesa dei consumatori, non mira espressamente a promuovere la lealtà dei negozi commerciali, giacché questo settore giuridico è esclusivamente regolato dalla giurisprudenza relativa ai fatti illeciti (art. 1401 del codice civile olandese) e da una sola disposizione specifica del codice penale ( 3 ). La legge fa parte di una categoria di provvedimenti che mirano a garantire lo «svolgimento ordinato degli scambi economici». A questa categoria di leggi appartengono pure, secondo le osservazioni scritte del Governo dei Paesi Bassi, la legge sui saldi, la legge sul commercio ambulante e la legge sulle vendite a rate nonché, secondo altre fonti citate nella nota, pure la legge sulla chiusura dei negozi e taluni aspetti della «Vestigingswet Bedrijven» (legge sullo stabilimento delle imprese). Dalla relazione sulle leggi di cui trattasi emerge che, dal punto, di vista storico, la «Wet Beperking Cadeaustelsel» è strettamente legata in particolare allo sviluppo della legislazione in materia di stabilimento. I successivi testi della legge (1955, 1972 e 1977) sono in particolare strettamente collegati alle modifiche della legislazione sullo stabilimento del commercio al minuto. Tali modifiche della legislazione in materia di stabilimento hanno imposto fra l'altro, come si legge nella relazione, di sostituire l'obiettivo iniziale del divieto di offrire omaggi «estranei al ramo» con la tutela delle imprese «che tengono nel loro assortimento normale gli articoli offerti in omaggio» come obiettivo principale della legge attualmente in vigore. Ricorderete che alla fine della fase orale, l'agente della Repubblica federale di Germania ha espressamente preso le distanze da una siffatta giustificazione economica del divieto di offrire omaggi. Al pari della «Wet Beperking Cadeaustelsel» le altre leggi della categoria diretta a garantire lo svolgimento ordinato degli scambi economici non servono a tutelare la lealtà della concorrenza. Tutte le leggi sopra menzionate fanno parte, come pure ad esempio la legislazione sui prezzi, la legislazione agricola e la normativa in materia di trasporti, della legislazione per la tutela del mercato, anche se esse rappresentano un tipo ben determinato di questa. La caratteristica comune di questo tipo di leggi è che gli obiettivo socio-economici d'organizzazione del mercato da esse perseguito sfociano qui, in linea di principio, in norme durevoli, anche se questo principio non esclude disposizioni d'adeguamento concrete più o meno discrezionali.

Lo scopo espresso dalla legge pone quindi il problema se il Governo dei Paesi Bassi e la Commissione, nelle osservazioni scritte, abbiano con ragione equiparato la legge di cui è causa alle leggi per la salvaguardia della lealtà dei negozi commerciali che la vostra giurisprudenza comprende nella «rule of reason» della sentenza Dassonville e, in caso negativo, se sia giustificato far ricadere sotto questa norma che attenua la formula di base della sentenza Dassonville pure leggi che mirano a garantire l'ordinato svolgimento degli scambi economici. Nel trattare questa duplice questione, prenderò in esame l'utilità pratica di talune soluzioni alternative.

In secondo luogo, l'applicazione del criterio della ragionevolezza, enunciato nel sesto punto della motivazione della sentenza Dassonville, unitamente al principio di proporzionalità che, secondo la vostra giurisprudenza, ad esso è inerente, pone specifici problemi nel presente caso. Per quanto riguarda la condizione dell'affinità sotto l'aspetto del consumo, posta dalla disposizione di deroga menzionata dal giudice a quo, ci si può chiedere, fra l'altro se gli effetti restrittivi per il commercio derivanti da tale disposizione, la quale mira manifestamente a limitare i danni per il commercio normale degli articoli offerti in omaggio (primo scopo della legge), siano in realtà giustificati da tale scopo quando trattasi di articoli che l'impresa tiene nel proprio assortimento. Che la giustificazione di questa particolare condizione dell'affinità derivi dallo scopo di organizzazione del mercato, dalla legge olandese, e non da considerazioni relative alla lealtà dei negozi commerciali o alla difesa dei consumatori, mi sembra confermato dal fatto che una specifica condizione del genere non figura in alcuna delle deroghe, del resto analoghe, contemplate dalla legislazione in materia di omaggi di altri Stati membri.

In terzo luogo, in considerazione degli effetti restrittivi per gli scambi dovuti alle disparità fra le legislazioni degli Stati membri in questo settore, sarà opportuno soffermarsi un momento sui criteri, che ricorrono nella vostra giurisprudenza, della «messa legale in commercio in altro Stato membro» (causa 120/78, punto 15 della motivazione e dispositivo della sentenza) e dell' «equivalenza delle condizioni poste in un altro Stato membro» (vedasi ad esempio la recente sentenza 22 giugno 1982 nella causa 220/81, Robertson).

Nemmeno all'udienza la Oosthoek è riuscita a dimostrare che pure l'art. 34 del Trattato CEE avesse rilevanza nella fattispecie. Come l'agente del Governo dei Paesi Bassi ha ancora una volta fatto presente all'udienza e come discende pure al principio della territorialità del diritto penale olandese, la legge olandese di cui è causa non si applica all'esportazione di merci e di omaggi in altri Stati membri. Anche ammettendo che si possa affermare che la legge olandese ostacola cionondimeno indirettamente una strategia commerciale uniforme ed ottimale per l'intera area linguistica olandese, ossia in particolare per i Paesi Bassi e per il Belgio, non si può affatto parlare d'una restrizione discriminatoria all'esportazione provocata dalla legge di cui trattasi, ai sensi delle vostre sentenze Boubelier (causa 53/76, Race. 1977, p. 197), Groenveld (causa 15/79, Race. 1979, p. 3409) e Oebel (causa 155/80, Race. 1981, p. 1993).

1.2. Svolgimento del procedimento

Tra i fatti che il giudice di polizia ha dichiarato accertati nell'ordinanza di rinvio, sembra aver unicamente rilevanza, quanto alle circostanze concrete che sono all'origine della questione sottopostavi, il fatto che un atlante universale viene offerto in omaggio al momento della sottoscrizione della grande enciclopedia Larousse. Questa enciclopedia viene importata dal Belgio nei Paesi Bassi e dalla risposta ad un quesito scritto posto dalla Corte si desume che questa importazione è di notevole entità. Le altre operazioni omaggio dichiarate accertate riguardano la vendita nei Paesi Bassi di enciclopedie. Il giudice di origine nazionale proponente non dovrà quindi esaminare l'applicazione dei divieti della legge di cui trattasi alla luce degli artt. 30 e 34, dato che, secondo la vostra summenzionata giurisprudenza e tenuto conto dell'efficacia territoriale limitata dalla legge stessa, non si può nemmeno parlare di una restrizione indiretta all'esportazione.

Per un riassunto degli argomenti e di altri dati rilevanti contenuti nelle numerose osservazioni scritte, mi richiamo alla relazione d'udienza. All'udienza, tuttavia, le osservazioni scritte della Oosthoek, del Governo dei Paesi Bassi, del Governo tedesco e della Commissione sono state precisate e completate su un certo numero di punti. In quanto occorra, tornerò in seguito su queste osservazioni.

1.3. Ulteriore suddivisione delle conclusioni

Sotto i punti 2 e 3 delle conclusioni esaminerò, come ho già detto, le disposizioni della legge olandese alla luce del principio fondamentale e della norma attenuante della sentenza Dassonville (5° e 6° punto della motivazione) nonché delle precisazioni contenute nella vostra successiva giurisprudenza, per quanto rilevanti nel caso di specie. Sotto il punto 4 delle mie conclusioni, riassumerò i risultati e, dopo alcune osservazioni complementari, formulerò una soluzione riassuntiva della questione sottopostavi.

2. Gli ostacoli per l'importazione provocati dalle restrizioni di legge circa il sistema degli omaggi

Come si desume pure dalla relazione d'udienza, i Governi olandese, tedesco e danese, negano che leggi come quella in esame possano ostacolare le importazioni. L'argomento principale è che trattasi di provvedimenti che colpiscono indistintamente i prodotti nazionali e quelli importati. Secondo il Governo olandese, gli scambi interstatali potrebbero tutt'al più subire le conseguenze delle disparità fra le legislazioni degli Stati membri. Inoltre, secondo i Governi danese e tedesco, le restrizioni riguarderebbero non già l'importazione, ma esclusivamente il metodo di distribuzione dei prodotti.

Questi argomenti vanno respinti alla luce, fra l'altro, del punto 5 della motivazione della sentenza Dassonville, di vostre numerose sentenze relative alle norme sui prezzi che si applicano indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati, del punto 8 della motivazione della sentenza Cassis de Dijon (causa 120/78, Racc. 1979, p. 649), della sentenza 152/78, Commissione c/Francia (Racc. 1980, p. 2299), del punto 10 della motivazione della sentenza Commissione ci Irlanda, causa 113/80 (Race. 1981, p. 1625), che riassume la giurisprudenza precedente, e delle recenti sentenze Beele (causa 6/81) e Robertson (causa 220/81). La causa 152/78 ha particolare interesse nel nostro caso solo in quanto riguardava anch'essa la restrizione di talune attività pubblicitarie, non già la restrizione del commercio dei prodotti stessi.

Nella vostra recente sentenza Blesgen (causa 75/81), la sentenza ultima menzionata è stata richiamata onde chiarire che una normativa relativa alla distribuzione di prodotti, anche se non riguarda direttamente il regime delle importazioni, può cionondimeno, in determinati casi, pregiudicare la possibilità d'importare detti prodotti da altri Stati membri. Nella sentenza Blesgen, in ultima analisi, al punto 9 della motivazione, avete ritenuto decisivo per escludere l'applicazione dell'art. 30 il fatto che si trattasse di «una disposizione di legge che riguarda solo la vendita per il consumo sul posto degli alcolici ad alta gradazione in tutti i locali aperti al pubblico e che non riguarda le altre forme di smercio delle medesime bevande». Un provvedimento del genere che, inoltre, si applica indistintamente ai prodotti nazionali ed ai prodotti importati non ha, secondo il summenzionato passo della sentenza «alcun rapporto con l'importazione dei prodotti e, pertanto, non è atto ad ostacolare il commercio fra gli Stati membri».

Al punto 10 della motivazione della sentenza Commissione e/ Irlanda (causa 113/80), già più volte menzionata, la Corte ha riassunto la propria giurisprudenza dichiarando che «in mancanza di una normativa comune in materia di produzione e di commercio di un prodotto, spetta agli Stati membri disciplinare, ciascuno nel proprio territorio, tutto ciò che riguarda la produzione, la distribuzione ed il consumo di tale prodotto, rispettando tuttavia la condizione che le varie normative non ostacolino ... gli scambi intracomunitari» e che «una normativa nazionale, indistintamente vigente per i prodotti nazionali e per quelli importati potrebbe derogare alle esigenze poste dall'art. 30 del Trattato CEE soltanto qualora potesse ammettersi come necessaria per rispondere ad esigenze imperative attinenti, in particolare, ... alla lealtà dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori».

Se esaminiamo la presente fattispecie alla luce dei passi di questo compendio della vostra giurisprudenza che ho appena sottolineato, sorge la questione se, tenuto conto delle circostanze, si possa parlare di un ostacolo indiretto per gli scambi intracomunitari. D'accordo con la Oosthoek e con la Commissione, ritengo di sì. Esigendo l'affinità sotto l'aspetto del consumo, la Wet Beperking Cadeaustelsel del 1977 restringe effettivamente, per i prodotti importati da altri Stati membri, la possibilità di effettuare azioni omaggio pubblicitarie uniformi, del genere di quelle contemplate nella questione sottopostavi che sono lecite in diversi altri Stati membri. Dato l'evidente interesse commerciale per le imprese della messa in atto uniforme d'una siffatta campagna pubblicitaria, lecita in diversi Stati membri e in particolare nel Belgio, l'importazione nel Paesi Bassi dei prodotti posti in vendita è quindi ostacolata in misura rilevante, anche se indirettamente. Una differenza decisiva rispetto alla causa Blesgen mi sembra consistere nel fatto che, nella causa Oosthoek, la normativa riguarda non già un determinato canale di vendita al minuto, ma tutte le forme di commercio al minuto. In casi diversi da quello in esame, una limitazione legale del sistema degli omaggi potrà per lo più ostacolare l'importazione di prodotti quando il buono per un omaggio si trova nell'imballaggio di tali prodotti, identico per tutti i paesi di vendita, ma non soddisfa nel contempo le condizioni divergenti poste da tutti i paesi di vendita.

Per amore di completezza, aggiungerò che, in un caso come quello in esame, i punti 5 e 6 della sentenza Dassonville (causa 8/74), 8 della sentenza Cassis de Dijon (causa 120/78), e 10 della sentenzala Commissione c/Irlanda (causa 113/80) sembrano pure escludere una conclusione contraria in forza della direttiva della Commissione 22 dicembre 1969, n. 70/50 (GU L 13, 1970, p. 29). All'udienza, pure l'agente della Commissione è giunto alla conclusione che questa direttiva non poteva condurre, nel nostro caso, ad un risultato diverso.

3. I motivi che giustificano le limitazioni legali del sistema degli omaggi

Ammesso che trattasi di normative nazionali che si applicano indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati, la maggior parte delle normative nazionali in materia di omaggi non potranno, in linea di principio, giustificarsi, in conformità alla seconda parte del punto 10 della motivazione della sentenza Commissione c/Irlanda, se non con «esigenze imperative attinenti in particolare ... alla lealtà dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori».

Orbene, come ho già dettagliatamente illustrato nell'introduzione delle mie conclusioni e come risulta pure dalla relazione della legge nonché dalle osservazioni scritte del Governo dei Paesi Bassi e della Commissione, la difficoltà nel presente caso consiste nel fatto che la legislazione olandese non mira, fra l'altro, alla salvaguardia della lealtà dei negozi commerciali, ma principalmente alla difesa delle imprese che tengono gli omaggi nel loro normale assortimento. L'esigenza di affinità che è menzionata nella questione pregiudiziale non è giustificata da questo primo scopo espresso della legge per lo meno quando, come nella presente fattispecie, trattasi di prodotti che fanno precisamente parte del normale assortimento della stessa impresa. Come ho già indicato nelle mie osservazioni introduttive, questa particolare condizione dell'affinità sembra cionondimeno motivata da questo primo scopo espresso della legge e non anche dal secondo scopo della difesa dei consumatori. Qualora questa ipotesi dovesse rivelarsi esatta — ma spetta in definitiva al giudice nazionale deciderlo — la questione che vi è stata sottoposta dovrebbe risolversi in senso negativo, ove riteniate decisiva la qualificazione degli scopi giustificativi a norma del diritto nazionale.

A questa conclusione non ci si potrebbe sottrarre nemmeno qualora la Corte fosse disposta ad aggiungere ai motivi che possono giustificare gli ostacoli per gli scambi, considerazioni di «svolgimento ordinato degli scambi» del genere di cui trattasi nel presente caso. A parte il fatto che questa nozione costituirebbe una giustificazione di politica economica inammissibile secondo la sentenza 7/61 ( 4 ), che inoltre essa si riscontra solo nei Paesi Bassi e che infine, data la sua indeterminatezza, essa comporta il rischio di estensioni illimitate ad altri provvedimenti di politica economica che ostacolano le importazioni le cui conseguenze sono imprevedibili nell'ambito del presente procedimento, questa via non mi sembra possa condurre ad una conclusione diversa da quella che ho appena indicato. Anche ammettendo, in linea di principio, una siffatta estensione dei motivi giustificativi, resta il fatto che la condizione dell'affinità per i prodotti compresi nell'assortimento dell'impresa non può basarsi su di essi, come ho detto sopra. La vostra sentenza non dovrà quindi prendere in esame questa alternativa.

Un'altra scappatoia potrebbe consistere nel definire i motivi giustificativi non già, in primo luogo, a norma del diritto nazionale, bensì secondo il diritto comunitario. Per evitare abusi dei motivi giustificativi ammessi dalla vostra giurisprudenza, detta soluzione mi sembra preferibile anche su un piano più generale. Poiché la legislazione in materia di omaggi viene classificata, in particolare nell'ampio studio di diritto comparato di Ulmer ed altri del 1968 «Het recht inzake oneerlijke mededinging in de Lid-Staten der Europese Gemeenschappen», deel I, Nederlandse uitgave, blz. 196 e.v. (Le norme relative alla concorrenza sleale vigenti negli Stati membri delle Comunità europee, 1o parte, edizione olandese, p. 196 e segg.), fra le norme relative alla concorrenza sleale, una siffatta normativa, indipendentemente dalle diverse qualificazioni nazionali degli scopi, si potrebbe considerare, in linea di principio, giustificata, secondo il diritto comunitario, dai motivi, già ammessi dalla vostra giurisprudenza, della salvaguardia della lealtà dei negozi commerciali e della difesa dei consumatori. Per la questione concreta che vi è stata sottoposta, questa scappatoia non risolve cionondimeno ancora il problema che risulta dal fatto che, secondo il requisito della ragionevolezza di cui al punto 6 della motivazione della sentenza Dassonville, com'è stato precisato dalla vostra successiva giurisprudenza, un motivo giustificativo obiettivo come quello di cui trattasi non è ancora sufficiente. Il provvedimento concreto che ostacola il commercio deve inoltre essere «ragionevole» o, per dirla col punto 8 della sentenza Cassis de Dijon, «necessario» per raggiungere lo scopo, in linea di principio giustificato, che esso persegue. Secondo la vostra successiva giurisprudenza, ciò implica fra l'altro un requisito di proporzionalità, cioè che l'ostacolo per il commercio non può superare ciò che è strettamente necessario per raggiungere lo scopo in linea di principio ammesso, nonché l'obbligo di ammettere come sufficiente l'osservanza delle norme dello Stato di esportazione che vanno considerate equivalenti in vista degli scopi. Nel nostro caso, il soddisfare la condizione di proporzionalità mi sembra per le ragioni già indicate, possa costituire un ostacolo anche se si sceglie questa soluzione, ma tale questione di applicazione concreta della vostra sentenza dovrà essere lasciata alla valutazione del giudice nazionale.

Concludo quindi che nessuna delle soluzioni alternative che ho preso in esame consente di risolvere in senso nettamente affermativo la questione sottopostavi e che, inoltre, qualunque sia la soluzione, si dovrà lasciare spazio per un esame della disposizione di legge di cui trattasi alla luce degli scopi che ritenete accettabili per una normativa in fatto di omaggi, nonché alla luce degli altri criteri della vostra giurisprudenza. Concludo, inoltre, che la vostra soluzione dovrà partire in linea di principio dalla terza alternativa che ho esposto.

4. Osservazioni finali e conclusioni

La mia disamina mi ha quindi consentito di concludere, in primo luogo, che una normativa in fatto di omaggi del tipo di cui trattasi può certo causare indirettamente ostacoli per l'importazione che,secondo la vostra giurisprudenza, ricadono in linea di principio sotto l'art. 30.

In secondo luogo, sono pervenuto alla conclusione che la condizione dell'affinità sotto l'aspetto del consumo, che sta al centro della questione sottopostavi, non può considerarsi giustificata dai motivi ammessi dalla vostra giurisprudenza, della salvaguardia della lealtà dei negozi commerciali e della difesa dei consumatori, né dagli scopi espressi della «Wet Beperking Cadeaustelsel» del 1977, di guisa che si può tralasciare la questione se all'elenco dei motivi giustificativi da voi sinora elaborato si possa aggiungere lo scopo dello svolgimento ordinato degli scambi che è uno dei moventi di detta legge.

Mi limiterò ad aggiungere a queste osservazioni riassuntive che la vostra soluzione della questione sollevata non potrà rifarsi in particolare alla legge olandese, e ancor meno al caso concreto che ha dato luogo alla questione. La soluzione andrà formulata in modo più astratto e se ne dovranno escludere i richiami a taluni Stati membri o alla loro legislazione che figurano nella questione. Ciò costituisce in primo luogo un argomento supplementare per seguire la via della definizione dei motivi giustificativi a norma del diritto nazionale. In secondo luogo, questo requisito d'astrazione rafforza la necessità di lasciare al giudice nazionale una certa libertà nell'applicare la vostra soluzione al caso concreto.

Quanto precede mi induce a proporvi di risolvere la questione sottopostavi come segue:

In mancanza di una normativa comunitaria in materia, l'art. 30 del Trattato CEE non osta alla limitazione legale delle operazioni omaggio che uno Stato membro applichi indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati e che, quando non si applicano altre deroghe al divieto contenuto nella legge, subordini l'offerta di ommaggi destinati ad aumentare le vendite alla condizione che esista, fra l'omaggio e il prodotto cui si riferisce, un'affinità sotto l'aspetto del consumo, purché l'applicazione di tale condizione non ostacoli le importazioni più di quanto è strettamente necessario per raggiungere vuoi lo scopo della salvaguardia della lealtà negozi commerciali vuoi quello delle difesa dei consumatori. Altri eventuali scopi d'una condizione del genere, a parte la questione della loro legittimità secondo il diritto comunitario, non devono in nessun caso causare ostacoli per l'importazione non richiesti dagli scopi stessi.


( 1 ) Traduzione dall'olandese.

( 2 ) Dato che specialmente il secondo termine viene regolarmente usato nei dibattiti accademici ed è stato pure usato nell'attuale procedimento, è forse utile precisare i due termini. Il primo («clausola della ragionevolezza») si richiama al criterio finale del punto 6 della motivazione della sentenza Dassonville, cioè che gli Stati membri che intendano prevenire la concorrenza sleale «possono farlo soltanto a condizione che tali provvedimenti siano ragionevoli». Il secondo termine si richiama alla giurisprudenza relativa allo Sherman Act, che attenua il rigoroso divieto delle intese con una «rule of reason» giurisprudenziale.

Ad esempio secondo L. H. Tribe, American Constitutional Law, 1978, pp. 340-342, lo stesso tipo di tecnica, che si vale di criteri ampiamente analoghi alla vostra giurisprudenza relativa all'art. 30, viene pure applicato dalla Supreme. Court per quanto riguarda ľ«interstate commerce clause», che può essere paragonato all'art. 30. Il principio sancito nella sentenza 7/61 vale pure per la giurisprudenza americana: «Economically based state regulations have almost invariably been struck down» (op. cit. p. 340). Con una tecnica che mi sembra molto simile (anche se si serve naturalmente di criteri dì ponderazione adeguati alle diverse circostanze), nella giurisprudenza relativa, fra l'altro, agli artt. 30 e 59 e successivi, avete del pari attenuato i divieti rigorosi di tali articoli con una «rule of reason» come quella formulata per la prima volta nella sentenza Dassonville. In particolare da tale sentenza Dassonville e dalla sentenza Cassis de Dijon (causa 120/78, Racc. 1979, p. 649) si desume che le precisazioni di questa «rule of reason» fornite dalla vostra giurisprudenza sono state, in larga misura, tratte per analogìa dall'art. 36; con la sola differenza che tale attenuazione del principio fondamentale della sentenza Dassonville in caso di disapplicazione dell'art. 36 presuppone dei provvedimenti che si applichino indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati. In base fra l'altro alla vostra giurisprudenza relativa agli artt. 59 e successivi (cui non si applica l'art. 36, ma si applicano cionondimeno criteri molto simili), non si può naturalmente parlare di applicazione diretta dei criteri interpretativi che avete elaborato per l'art. 36. Mi sembra piuttosto che si debba parlare di un principio generale d'interpretazione a proposito di rigorose disposizioni inibitorie del Trattato. Motivi giustificativi d'interesse generale perentorio dettati da scopi diversi da quelli economici si conciliano allora con le esigenze della libera circolazione delle merci e dei servizi che sono sancite dal Trattato. Rispetto ai termini «eccezione» o «deroga» (che sono stati usati in questo senso nelle mie conclusioni per la causa 6/81 e, rispettivamente, al punto 10 della motivazione della sentenza 113/80, Commissione e/ Irlanda), il termine «rule of reason», per caratterizzare tale principio interpretativo, mi sembra abbia il vantaggio che il princìpio forma in realtà un tutto col divieto attenuato di cui a! punto 5 della motivazione della sentenza Dassonville. Il principio deve del resto formare un tutto con questo divieto giacché, secondo la vostra giurisprudenza sull'art. 36, il Trattato non autorizza delle vere e proprie deroghe ai divieti diverse da quelle che esso contempla espressamente, ma consente un'interpretazione «ragionevole» dei divieti stessi.

A mio parere, l'unicità del principio fondamentale e del principio attenuante della sentenza Dassonville emerge del pari chiaramente in talune recenti pronunzie, in particolare nelle sentenze Beele (causa 6/81) e Robertson (causa 220/81).

( 3 ) Vedasi in particolare il «Rapport van de Commissie Ordelijk Economisch Verkeer», l'Aia 1967, p. 19 c segg., che è in proposito, l'edizione Schuurmans en Jordens della legge di cui trattasi (1979), p. 9, e Mul-der-Duk, «Schets van het sociaal-economisch recht in Nederland», seconda edizione, Zwolle 1980, pp. 145, 146 e 150.

( 4 ) Benché nella sentenza 7/61 (Commissione c/Italia, Racc. 1961, p. 671) si sia solamente affermato che, contrariamente all'art. 226, l'art. 36 contempla (esclusivamente) ipotesi di natura non economica, la «ratio» di questa pronunzia implica, a mio parere, che pure nell'ambito della «rule of reason» a proposito dell'art. 30, possono aver rilievo unicamente esigenze imperative d'interesse generale e di natura non economica. La vostra ampia giurisprudenza relativa alla «rule of reason» mi sembra confermare l'esattezza di questa opinione.