CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

PIETER VERLOREN VAN THEMAAT

DEL 9 GIUGNO 1982 ( 1 )

Signor Presidente,

signori Giudici,

1. Osservazioni preliminari

1.1. Differenze rispetto a talune cause precedenti relative alla ripartizione di contingenti doganali di carne bovina congelata

Le cause riunite 213, 214 e 215/81, di cui devo occuparmi oggi, originate da domande di pronuncia pregiudiziale con le quali il Verwalţungserichtshof dell'Assia vi ha sottoposto talune questioni, non sono le prime che vertono sui criteri nazionali di ripartizione di contingenti doganali di carne bovina congelata. Già altre tre volte vi è stato chiesto di risolvere questioni relative a tale problema, e precisamente nelle cause Grosoli I (causa 131/73, Race. 1973, pag. 1555), Grosoli II (causa 35/79, Race. 1980, pag. 177) e van Walsum (causa 124/79, Race. 1980, pag. 813).

Tuttavia esistono almeno due differenze fondamentali tra le presenti cause e quelle precedenti relative ai criteri di ripartizione di contingenti doganali di carne bovina congelata.

Anzitutto, con la prima questione siete invitati a pronunziarvi sul problema, che finora non è stato ancora trattato in via principale, se l'art. 3 del regolamento n. 2956/79, che delega la competanza in materia (GU 1979, L 336, pag. 3), sia conforme ai principi di diritto comunitario di rango superiore, in particolare al principio della parità di trattamento degli operatori economici stabiliti nei vari Stati membri della Comunità europea. Altri aspetti di un principio generale di uguaglianza vengono richiamati nelle successive questioni pregiudiziali.

Una seconda differenza, non meno importante, rispetto alle cause precedenti, sta nel fatto che queste riguardavano esclusivamente criteri di ripartizione connessi a determinate esigenze nazionali che giustificavano l'importazione della carne bovina congelata di cui trattasi. Nella prima causa Grosoli si trattava della legittimità, da voi esclusa, di una clausola che limitava le importazioni alla carne bovina congelata destinata al consumo diretto. Nella seconda causa Grosoli, il problema centrale era quello dell'ammissibilità di un sistema che riservava una quota del contingente al Ministero della difesa mentre altre categorie di beneficiari erano, ciascuna per una determinata quota, gli enti comunali di consumo, imprese che svolgono attività commerciali ed industriali e dettaglianti. Fra queste tre ultime categorie, la ripartizione era effettuata prevalentemente in proporzione alle precedenti importazioni dai paesi terzi. La causa van Walsum, infine, verteva sul se fosse lecito riservare una quota del contingente all'industria di trasformazione della carne.

Nelle cause presenti, invece, si tratta di stabilire in quale misura siano ammissibili anche criteri di ripartizione collegati agli acquisti effettuati da operatori nazionali presso enti nazionali d'intervento, alle importazioni o alle esportazioni da e in altri Stati membri o alle esportazioni in paesi terzi. Con ragione, il giudice a quo ha evidenziato nelle sue questioni come questi criteri di ripartizione, indipendenti dal fabbisogno nazionale di carne bovina congelata importata da paesi terzi, sollevino problemi circa il buon funzionamento del mercato comune e dell'organizzazione comune dei mercati nel settore della carne bovina che non si ponevano nelle precedenti cause sottoposte al vostro giudizio.

1.2. Principi che si desumono dalla vostra giurisprudenza

Nonostante la accennate differenze rispetto alle cause precedenti, dalla giurisprudenza sopra citata si possono desumere alcuni principi che sono rilevanti anche per la soluzione delle presenti cause. Soprattutto la prima sentenza Grosoli (causa 131/73) costituisce in questa sede ricca fonte d'ispirazione.

Anzitutto, dopo l'esposizione del contesto politico-commerciale e di altri aspetti generali del problema relativo alla ripartizione di contingenti doganali (punti 4 e 5), nella motivazione della prima sentenza Grosoli è stabilita, al punto 7, la premessa importante che, nell'ambito così definito, il diritto di disporre circa l'uso del contingente spetta esclusivamente alle istituzioni comunitarie. Tuttavia, subito dopo si aggiunge che «in propostio esse [vale a dire le istituzioni] possono garantire l'accesso al contingente a qualsiasi interessato ovvero stabilire direttamente quale debba essere la destinazione delle merci, oppure consentire agli Stati membri di servirsene in conformità ai propri interessi». Quest'ultima possibilità viene però assoggettata alla seguente importante restrizione: «il fatto che un determinato contingente non sia stato destinato ad uno scopo specifico va... interpretato nel senso che aualsiasi interessato deve poterne fruire liberamente». Al punto 8 della motivazione, questo principio viene poi così chiarito: «in effetti, qualsiasi provvedimento statale diretto a vincolare un contingente comunitario ad una destinazione stabilita in base a criteri di politica interna potrebbe compromettere gli obiettivi di politica economica perseguiti sul piano comunitario, nonché ¡a parità di trattamento dei cittadini dell'intera Comunità». Nello stesso punto si precisa inoltre che le disposizioni amministrative nazionali sono «volte a garantire in generale l'osservanza dei limiti del contingente e la parità di trattamento dei beneficiari». Infine, al punto 9 si aggiunge che «eccede, per contro, i limiti di questo potere di gestione il fatto che uno Stato membro imponga delle condizioni di ammissione al beneficio, le quali mirino al raggiungimento di scopi politico-economici non contemplati dalle norme adottate in sede comunitaria».

I brani citati mi sembrano importanti per la soluzione delle questioni oggi in esame innanzitutto perché se ne desume che, nella prima sentenza Grosoli, la Corte non ha ritenuto la possibilità della ripartizione nazionale di un contingente comunitaria di per sé incompatibile col diritto comunitario. Questa constatazione è rilevante per la soluzione della prima questione sottopostavi. Lo stesso vale per i punti in cui si dichiara che «qualsiasi interessato deve poter fruire liberamente» del contingente da ripartire a livello nazionale e che le disposizioni amministrative nazionali devono essere intese, fra l'altro, a «garantire ... la parità di trattamento dei beneficiari». Il principio, enunciato al punto 9, secondo cui uno Stato membro non può imporre condizioni di uso miranti a scopi politico-economici non contemplati dalle norme adottate in sede comunitaria ha invece un'incidenza indiretta sulla soluzione delle questioni relative a taluni criteri di ripartizione concreti, applicati nella Repubblica federale di Germania.

La seconda sentenza Grosoli (causa 35/79), ribadisce fra l'altro, (punto 7) e precisa ulteriormente il principio secondo cui si deve garantire la parità di trattamento dei beneficiari. In proposito, ai fini dell'esame delle questioni sottopostevi nelle presenti cause è particolarmente utile ricordare quanto dichiarato al punto 9, e cioè che «nella situazione specifica del mercato delle carni bovine congelate nel territorio di uno Stato membro, può rivelarsi utile, se non necessario, ai fini della gestione razionale della quota nazionale» (in quel caso italiana), definire le varie categorie di operatori interessati e stabilire in anticipo il quantitativo globale di cui ciascuna di queste categorie potrà fruire«. Ciò significa che nemmeno la ripartizione stabilita in anticipo della quota globale nazionale fra varie categorie di operatori interessati può, in linea di massima, considerarsi di per sé in contrasto con il principio della parità di trattamento. Tuttavia, al punto 10 è immediatamente stabilita la condizione che un siffatto sistema è ammissibile «purché non precluda a taluni degli operatori interessati l'accesso alla quota di contingente attribuita a questo Stato» e «purché le varie categorie di operatori e i quantitativi complessivi ai quali queste hanno accesso non vengano fissati in modo arbitrario».

Il punto 11 della seconda sentenza Grosoli contiene poi un'ulteriore precisazione della nozione di «operatori interessati» impiegata nell'art. 3 del regolamento di delega di competenza in vigore a quell'epoca, ma questa nozione determinante ai fini delle presenti cause, nonché la vostra giurisprudenza al riguardo, costituiranno oggetto di separato esame in prosieguo.

La sentenza van Walsum è rilevante nelle presenti cause innanzitutto perché, come queste, riguardava l'ammissibilità di una quota d'importazione destinata all'industria di trasformazione della carne. Vi è tuttavia un'importante differenza in quanto nella causa van Walsum si trattava chiaramente di industrie di trasformazione che importavano direttamente, e alle quali venivano attribuite, come ai commercianti importatori, quote proporzionali alle loro precedenti importazioni da paesi terzi. La sentenza conferma inoltre che i criteri di ripartizione nazionali non possono escludere alcune categorie di importatori (nemmeno con effetto a lungo termine; punto 12 della motivazione). Infine, essa è anche importante iri quanto, al punto 14, colloca espressamente la ripartizione del contingente «nell'ambito dell'organizzazione comune del mercato della carne bovina». Lo stesso principio è peraltro sancito nell'ultima frase del punto 6 della prima sentenza Grosoli. Di conseguenza, la tesi sostenuta dal Governo della Repubblica federale di Germania nelle osservazioni scritte presentate nell'ambito delle cause di cui ci occupiamo ora, vale a dire che i due settori sono indipendenti l'uno dall'altro, è già respinta a priori.

1.3. La nozione «tutti gli operatori interessati» ( 2 ) («tous les opérateurs intéressés», «alle betroffene Marktteilnehmer») di cui all'art. 3 del regolamento n. 2956/79

La quarta questione sottopostavi riguarda un particolare aspetto della nozione di «operatori interessati», figurante nell'art. 3, del regolamento del Consiglio che si applica nella fattispecie; infatti il giudice a quo chiede se in essa rientrino anche coloro che comprano carne bovina in uno Stato membro per rivenderla successivamente all'estero. Nel corso delle fasi scritta e orale, è tuttavia risultato che questa nozione è importante anche per risolvere le tre prime questioni sottopostevi. Per questo motivo, la esaminerò sin d'ora in via generale, per poi specificare in prosieguo le mie conclusioni in proposito, per quanto necessario, nel risolvere le singole questioni sottopostevi.

Nel formulare le mie considerazioni di carattere generale al riguardo, parto dalla premessa che al punto 11 della motivazione della seconda sentenza Grosoli, la Corte ha stabilito un limite minimo — espresso del resto in termini molto generici — non già un limite massimo della nozione in questione. Ha infatti ritenuto importante «rilevare, a questo proposito, che la nozione di “operatori” interessati di cui all'art. 3 del regolamento n. 2861/77 ha una portata più vasta della nozione di “importatori interessati” figurante nei regolamenti precedenti, per esempio all'art. 3 del regolamento del Consiglio 21 dicembre 1976, n. 3167, relativo all'apertura del contingente tariffario comunitario per la carne bovina congelata per l'anno 1977 (GU L 357, pag. 14)». Relativamente alle questioni allora sollevate, questa constatazione era effettivamente sufficiente a giustificare fra l'altro l'assegnazione di quote d'importazione al Ministero della difesa, agli enti comunali di consumo ed ai commercianti al minuto.

Per risolvere le questioni sottoposte ora al vostro esame, mi sembra tuttavia necessario adoperarsi per precisare ulteriormente la nozione considerata. A questo proposito, mi sembra innanzitutto importante lo scopo di politica economica consistente nel garantire la conservazione di talune correnti commerciali con paesi terzi (primo considerando del regolamento del Consiglio n. 2956/79, che si applica nella fattispecie). In secondo luogo, ha rilevanza, a mio avviso, il secondo considerando dello stesso regolamento, ai sensi del quale «è necessario garantire in particolare l'uguaglianza e la continuità di accesso di tutti gli operatori interessati della Comunità a detto contingente». Infine nello stesso considerando è dichiarato che «la ripartizione ( 3 ) dovrebbe essere proporzionale al fabbisogno degli Stati membri, calcolato in base ai dati statistici sulle importazioni dai paesi terzi durante un periodo di riferimento rappresentativo e sulla scorta delle prospettive economiche per l'anno contingentale considerato». All'udienza, rispondendo ad un mio quesito, l'agente della Commissione ha dichiarato che comunque la Commissione aveva in mente soprattutto, in relazione a tali prospettive economiche, il quantitativo complessivo di carne bovina che i vari Stati membri devono importare dai paesi della Comunità e da paesi terzi. Del resto, dall' espressione generica «proporzionale al fabbisogno degli Stati membri», figurante nel passo citato, non può desumersi a mio avviso, nessun altro scopo.

Nel corso del procedimento, le attrici nella causa principale hanno sostenuto — in breve — che, tenuto conto degli scopi menzionati nel regolamento, si è senza dubbio pensato, in particolare, ai commercianti danneggiati dall'abbandono delle correnti commerciali tradizionali conseguente all'istituzione dell'organizzazione comune di mercato. In tal senso deporrebbe anche l'espressione «betroffenen» che precede, nella versione tedesca dell'art. 3 del regolamento, la parola «Marktteilnehmer». A sostegno di questa opinione si può ancora rilevare che, secondo i passi summenzionati, le importazioni tradizionali, effettuate in passato, di carne bovina (congelata), da paesi terzi costituiscono il primo criterio di ripartizione del contingente doganale tra gli Stati membri e che, come risulta dalle cause Grosoli I e van Walsum nonché dalle presenti cause, questo criterio costituisce anche il parametro di gran lunga più importante per la ripartizione dei contingenti nazionali, comunque nella Repubblica federale di Germania, in Italia e nei Paesi Bassi. Infine, è verosimile che gli importatori tradizionali da paesi terzi abbiano effettivamente maturato, in materia di acquisto di carne bovina in quei paesi, un'esperienza specifica e preziosa particolarmente idonea a garantire la continuità di tale commercio, come hanno spiegato le attrici nella causa principale.

Gli argomenti delle attrici nella causa principale hanno effettivamente, a mio avviso, un peso notevole e non possono essere sottovalutati. Mi riferisco in particolare agli argomenti che esse hanno desunto dalla lettera dell'art. 3 nonché dal contesto generale di politica economica del regolamento. Tuttavia non si può senz'altro ignorare il secondo criterio di ripartizione del contingente doganale tra gli Stati membri. Già in ragione delle accresciute esigenze di importazione in alcuni Stati membri, bisogna far posto anche agli operatori nuovi arrivati sul mercato delle importazioni. Inoltre, tanto la sentenza Grosoli II quanto la sentenza van Walsum mostrano come nemmeno la nozione d'importatori tradizionali possa essere limitata ai soli commercianti. È infatti risultato che tra gli importatori tradizionali figurano il Ministero italiano della difesa (causa Grosoli II) nonché (causa Grosoli II e causa van Walsum) l'industria di trasformazione della carne. Infine, posso concordare con la Commissione nel ritenere che i canali d'importazione, qualora fossero riservati, completamente o in misura notevole, ai commercianti importatori tradizionali, rischierebbero di essere monopolizzati o sclerotizzati. La Commissione si spinge tuttavia troppo lontano quando equipara senz'altro la nozione di «operatori interessati», di cui all'art. 3 del regolamento, a quella di «operatore economico». A prescindere dal fatto che quest'ultima nozione non ricorre, come tale, nella versione olandese, essa è ulteriormente qualificata in tutte le versioni citate. Le persone considerate devono essere «betroffen» o deve trattarsi di «opérateurs intéressés» o di «betrokkenen». Nel sistema del regolamento, difficilmente quest'ulteriore qualifica può significare altro se non «riguardanti o direttamente interessati all'importazione di carne bovina congelata proveniente da paesi terzi». Neanche dalla sentenza Grosoli II si può desumere che abbiate voluto affermare in quell'occasione che tutti gli operatori economici possono essere considerati «interessati». A mio avviso, avete semplicemente dichiarato che tale nozione non riguardava più i soli importatori ai sensi del regolamento originario. Del resto, non era allora necessario precisare meglio la nozione per risolvere le questioni sottopostevi in quella causa. Adesso lo è. Come si vedrà in prosieguo, questa conclusione provvisoria è corroborata anche dall'obbligo, costantemente ribadito nella vostra giurisprudenza, di tener conto del principio della parità di trattamento di tutti gli interessati nella Comunità.

Tenuto conto delle vostre precedenti sentenze, nonché della necessità di prendere in considerazione anche le nuove esigenze d'importazione, ritengo quindi di poter definire provvisoriamente la nozione di «operatori interessati», figurante nell'art. 3 del regolamento del Consiglio n. 2956/79, come riguardante «tutte le imprese che hanno o che acquistano un interesse immediato, di cui tener conto nell'applicare il principio di parità di trattamento, all'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi».

1.4. Articolazione del seguito delle presenti conclusioni

Non ritengo di poter riassumere gli antefatti e la fase scritta del procedimento meglio di quanto è stato fatto nella relazione d'udienza. Pertanto, riprodurrò tale e quale tale riassunto al punto 2 delle mie conclusioni.

Per quanto riguarda le osservazioni svolte nella fase scritta, mi permetto di rinviare qui al riassunto contenuto nella relazione d'udienza. Faccio tuttavia osservare che la Commissione in particolare ha fornito all'udienza, rispondendo a taluni nostri quesiti, importanti integrazioni e precisazioni del suo punto di vista, che non si sono potute naturalmente includere nella relazione d'udienza. Se necessario, ritornerò ancora, in prosieguo, su alcune osservazioni, scritte od orali.

Nei punti seguenti delle mie conclusioni, esaminerò anzitutto separatamente le varie questioni propostevi. Concluderò con alcune osservazioni di carattere generale.

2. Gli antefatti e la fase scritta del procedimento

In seguito ad un impegno assunto nell'ambito del GATT, la Comunità apre ogni anno un contingente doganale per la carne bovina e congelata di cui alla sottovoce 02.01 A II b) della TDC. Per il 1980, il regolamento n. 2956/79 ha fissato il suddetto contingente, soggetto ad un dazio doganale del 20 % ed esente da qualsiasi prelievo, in 50000 tonnellate. Il regolamento assegna a ciascuno Stato membrouna quota del contingente e stabilisce, all'art. 3, n. 1, che «gli Stati membri adottano tutte le disposizioni utili per garantire a tutti gli operatori interessati stabiliti sul loro territorio il libero accesso alle aliquote che sono loro assegnate».

Nella Repubblica federale di Germania, fino al 1979, l'accesso al contingente era riservato quasi esclusivamente agli importatori abituali di carne bovina da paesi terzi. Un nuovo sistema di ripartizione è stato adottato con decreto 19 dicembre 1979 dal Ministro federale delle finanze, relativo ai criteri di ripartizione della quota del contingente doganale comunitario assegnata alla Repubblica federale di Germania per il 1980 («Verordnung über die Grundsätze für die Verteilung der deutschen Quote des Gemeinschaftszollkontingents 1980», Bundesanzeiger n. 241, pag. 2).

L'art. 2 del suddetto regolamento dispone che il 75 % della quota nazionale viene suddiviso fra gli importatori in proporzione alle quantità da essi importate nella Repubblica federale di Germania dal 1977 al 1979, che di tale frazione 1*85 % è riservato agli importatori di carne bovina da paesi terzi ed il 15 % agli operatori che hanno importato dagli Stati membri della Comunità. Un'altra frazione della quota nazionale tedesca (15 %) viene suddivisa in base alle esportazioni in paesi terzi ed in Stati membri della Comunità, effettuate nello stesso periodo di riferimento 1977-1979. Il restante 10 % è suddiviso in base agli acquisti di carne bovina presso l'ente d'intervento tedesco, il «Bundesanstalt für Landwirtschaftliche Marktordnung» (in prosieguo: «BALM»). Al BALM spetta anche il compito della ripartizione, che si effettua mediante il rilascio di certificati contingentali («Zollkontingentscheine»).

Poiché il prezzo della carne bovina è molto più elevato nella Comunità che nei principali paesi terzi d'oltremare, la vendita di carne bovina congelata compresa nel contingente è molto vantaggiosa, cosicché la partecipazione al contingente consente ai commercianti di realizzare sostanziosi guadagni.

Le ditte Will, Trawako e Gedelfi importano abitualmente nella Repubblica federale di Germania carne bovina congelata da paesi terzi. Nel 1980, in seguito all'entrata in vigore della nuova normativa sulla ripartizione del contingente, veniva loro assegnata una parte della quota nazionale tedesca inferiore a quella loro assegnata negli anni precedenti. Ritenendo che il decreto del Ministro federale tedesco delle finanze 19 dicembre 1979, all'origine di tale riduzione, fosse in contrasto col diritto comunitario, le tre ditte intentavano dinanzi al Verwaltungsgericht di Francoforte sul Meno un'azione mirante ad ottenere il rilascio di certificati contingentali per un quantitativo superiore a quello loro assegnato. Tali domande venivano respinte dal giudice di primo grado. Il Verwaltungsgerichtshof dell'Assia, adito in sede di appello, ha chiesto alla Corte, con tre ordinanze 25 giugno 1981, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE di risolvere le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se l'art. 3, n. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1979 n. 2956, relativo all'apertura, alla ripartizione ed alle modalità di gestione di un contingente doganale comunitario di carne bovina congelata della sottovoce 02.01 A II b) della tariffa doganale comune (anno 1980) (GU delle Comunità europee L 336 del 29 dicembre 1979, pag. 3) vada interpretato nel senso ch'esso deroga alla parità di trattamento degli operatori stabiliti nei vari Stati membri delle Comunità europee, in quanto si tratta della ripartizione da parte dei singoli Stati membri delle quote del contingente doganale per il 1980 di carne bovina congelata.

2.

Se l'art. 7, n. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1968 n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati per la carne bovina (GU delle Comunità europee L 148, pag. 24) vada interpretato nel senso che la parità di trattamento generale di tutti coloro che acquistano merci dagli enti nazionali d'intervento è garantita fino alla liquidazione dei singoli negozi. Ovvero questa disposizione consente che agli acquirenti di merci d'intervento in un singolo Stato membro vengano in seguito attribuiti dei vantaggi — mediante la partecipazione ad un contingente doganale comunitario — che non spettano alla stessa categoria di acquirenti in un altro Stato membro.

3.

Se sia compatibile col regolamento (CEE) n. 2956/79 — in particolare sotto il profilo degli aiuti concessi dagli Stati — il fatto che venga attribuita un'aliquota del contingente doganale comunitario di carne bovina congelata per il 1980 ad importatori tedeschi i quali hanno importato carne bovina da Stati membri delle Comunità europee nonché ad esportatori tedeschi, in particolare a quelli che hanno esportato carne bovina in paesi membri delle Comunità europee.

4.

Se si debba considerare “operatore interessato” ai sensi dell'art. 3, n. 1 del regolamento (CEE) n. 2956/79 anche chi acquisti carne bovina in uno Stato membro e la venda all' estero».

Nella motivazione delle suddette ordinanze, il Verwaltungsgerichtshof dell'Assia spiega il motivo per cui chiede l'interpretazione del diritto comunitario.

Esso considera necessaria quest'interpretazione per stabilire:

a)

se il regolamento n. 2956/79 sia valido nella parte in cui (soprattutto nell'art. 3, n. 1) sembra contrastare con norme di diritto comunitario di rango superiore;

b)

se il sistema nazionale di ripartizione della quota del contingente doganale assegnata alla Repubblica federale di Germania sia conforme al diritto comunitario in quanto consente l'accesso al contingente di varie categorie di operatori economici che non erano contemplate dalla disciplina anteriore.

Le ordinanze di rinvio sono state registrate nella cancelleria della Corte il 20 luglio 1981.

Tenuto conto della connessione delle questioni e dell'identità sostanziale dei fatti all'origine delle controversie, la Corte, con ordinanza 16 dicembre 1981, ha disposto la riunione delle tre cause ai fini della fase orale e della sentenza.

Su relazione del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, la Corte ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Esso ha tuttavia invitato la ditta Gedelfi e la Commissione a rispondere ad alcuni quesiti nonché a fornire precisazioni su taluni punti in udienza. Come ho già detto, ritornerò, se necessario, su tali punti nell'esaminare le varie questioni.

3. Sulla prima questione

Ricordo anzitutto che la prima questione sottopostavi è formulata come segue:

«Se l'art. 3, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1979, n. 2956, relativo all'apertura, alla ripartizione e alle modalità di gestione di un contingente doganale comunitario di carne bovina congelata della sottovoce 02.01 A II b) della tariffa doganale comune (anno 1980) (GU CE L 336 del 29 dicembre 1979, pag. 3), vada interpretato nel senso ch'esso deroga alla parità di trattamento degli operatori stabiliti nei vari Stati membri delle Comunità europee, in quanto si tratta della ripartizione da parte dei singoli Stati membri delle quote del contingente doganale per il 1980 di carne bovina congelata».

Il Governo della Repubblica federale di Germania ha sostenuto nelle sue osservazioni scritte, non completamente a torto, che la questione riguarda in realtà la validità del suddetto art. 3. La motivazione dell'ordinanza di rinvio induce effettivamente a pensarlo. Ciononostante, né la lettera né lo scopo della questione costringono, a mio avviso, ad interpretarla in tal senso.

Di per sé, la questione può senz'altro essere risolta negativamente per i motivi che indicherò tra poco. In considerazione delle questioni successive, mi sembrano tuttavia opportune talune precisazioni. A proposito dei vari aspetti della questione che sono stati discussi nelle fasi scritta e orale, osserverò quanto segue.

Come avete già precisato nella prima sentenza Grosoli, il fatto di affidare agli Stati membri il compito di provvedere in concreto alla ripartizione del contingente comunitario non deve essere considerato di per sé in contrasto col diritto comunitario, purché, in mancanza di disposizioni dettagliate delle istituzioni comunitarie in merito alla destinazione, sia garantito l'accesso a tutti gli interessati (punto 7 della motivazione). Come ha sostenuto giustamente la Commissione nelle proprie osservazioni scritte, la ripartizione del contingente comunitario fra gli Stati membri deve essere effettuata in base al principio della parità di trattamento e secondo criteri obiettivi identici per tutti gli Stati membri, ma questo punto non è in discussione nella presente causa.

La seconda sentenza Grosoli conferma, come ho già rilevato che il principio della libertà di accesso di tutti gli interessati implica il principio della parità di trattamento dei beneficiari (punto 7 della motivazione). Inoltre, la stessa sentenza precisa che nemmeno il fatto di riservare determinati quantitativi a determinate categorie di operatori contrasta di per sé col principio della parità di trattamento, purché a taluni operatori interessati non sia precluso l'accesso al contingente (punti 9 e 10).

Dal complesso delle questioni sottopostevi nelle presenti cause, risulta che è ora necessario precisare ulteriormente il suddetto principio della parità di trattamento di tutti gli interessati. Nell'ambito della prima questione va particolarmente sottolineato, in proposito, che gli Stati membri, nell'applicare l'art. 3, n. 1, del regolamento devono conformarsi agli artt. 7, 30, 34, 40, n. 3, e 52 del Trattato CEE in quanto queste sono le disposizioni più importanti per quanto riguarda il principio della parità di trattamento. Del resto, è in tal senso che ho inteso la risposta fornita dalla Commissione, nella fase orale, ai quesiti postile dalla Corte. Ritengo importante fare una precisazione su tale punto, in primo luogo in quanto, rispondendo ad un altro quesito, la Commissione ha fatto notare che, all'atto della ripartizione del contingente fra gli Stati membri, le importazioni da paesi terzi effettuate da transitari stabiliti in altri Stati membri sono state incluse tra quelle del paese di destinazione. I transitari belgi, danesi, francesi e olandesi devono quindi poter vantare il diritto ad una quota nella Repubblica federale di Germania, qualora, a norma dell'art. 52 del Trattato CEE, vi abbiano aperto una agenzia, una succursale o costituito un' impresa affiliata. Viceversa, in base all' art. 34 del Trattato CEE, la Repubblica federale di Germania o qualunque altro Stato membro non potrà negare una quota agli interessati per il solo motivo che una ditta stabilita nel paese vuole utilizzare la quota d'importazione per esportare in un altro Stato membro. Esaminerò tra breve, specificamente, la questione, completamente diversa, se l'esportazione in quanto tale costituisca un criterio di assegnazione lecito.

Unica conseguenza inerente al sistema è che le imprese le quali non siano stabilite, avvalendosi eventualmente dell'art. 52, nella Repubblica federale di Germania non sono prese in considerazione ai fini dell'assegnazione delle quote, poiché in base ai criteri di ripartizione del contingente fra gli Stati membri e tenuto conto del principio della parità di trattamento, ciò è riservato ad altri Stati membri.

Infine, a norma dell'art. 30 del Trattato CEE, uno Stato membro non può applicare criteri di ripartizione che limitino indirettamente l'importazione di carne bovina da altri Stati membri. Questa constatazione è rilevante anche per la soluzione della seconda questione sottopostavi.

Sulla scorta di tali considerazioni e tenuto conto delle mie precedenti osservazioni di carattere generale circa la nozione di operatore economico, vi propongo di risolvere la prima questione come segue:

«Nell'applicare l'art. 3, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1979, n. 2956, le norme generali del Trattato CEE relative alla parità di trattamento degli operatori economici, e in particolare gli artt. 7, 30, 34, 40, n. 3, e 52, vanno osservate nei confronti di tutte le imprese direttamente interessate all'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi nello Stato membro considerato e stabilite in questo Stato membro a norma dell'art. 52. Inoltre, in forza del principio della parità di trattamento di tutti i cittadini della Comunità elaborato dalla costante giurisprudenza della Corte in materia di ripartizione dei contingenti doganali, non è lecito applicare criteri di ripartizione che, per loro natura, si risolvano nel favorire, sul mercato comune, i cittadini di uno Stato membro rispetto a quelli di altri Stati membri».

4. Sulla seconda questione

Con la seconda questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se l'art. 7, n. 1, del regolamento (CEE) n. 805/68 (GU 1968, L 148) consenta che agli acquirenti di merci d'intervento in un determinato Stato membro vengano in seguito attribuiti, mediante la partecipazione ad un contingente doganale comunitario, vantaggi che non spettano alla stessa categoria di acquirenti in un altro Stato membro.

Ricordo anzitutto che la suddetta disposizione recita: «Lo smercio dei prodotti acquistati dagli organismi d'intervento in conformità delle disposizioni degli artt. 5 e 6 è effettuato a condizioni che permettano di evitare qualsiasi perturbazione del mercato e di garantire l'uguaglianza di accesso alle merci e la parità di trattamento degli acquirenti».

Proprio in relazione a tale questione il Governo della Repubblica federale di Germania ha espresso la tesi — che, come ho già detto nelle mie osservazioni preliminari, contrasta con la vostra giurisprudenza — secondo cui la ripartizione dei contingenti doganali è indipendente dall'organizzazione di mercato.

A mio avviso, il fatto che uno Stato membro adotti un criterio di ripartizione come quello di cui si discute, discostandosi dalla prassi di altri Stati membri, contrasta manifestamente con il suddetto articolo, nonché col principio generale della parità di trattamento desunto dalla vostra giurisprudenza e menzionato nella seconda frase della mia proposta di soluzione della prima questione. Infatti, in ragione degli acquisti presso l'ente d'intervento nazionale, i cittadini dello Stato membro considerato sono favoriti rispetto a quelli di altri Stati membri. Quando non tutti gli Stati membri applicano lo stesso criterio di ripartizione, detto vantaggio non è nemmeno compensato da vantaggi corrispondenti di cui dovrebbero fruire i cittadini di altri Stati membri per gli acquisti presso gli enti d'intervento di tali Stati. Infine, la Commissione ha osservato con ragione che un simile criterio favorisce i cittadini dello Stato membro considerato che acquistano presso l'ente d'intervento nazionale rispetto a quelli che acquistano presso enti d'intervento di altri Stati membri.

Ho già rilevato come ciò costituisca anche violazione dell'art. 30 del Trattato CEE.

Non posso condividere la tesi della Commissione secondo cui la disparità di trattamento che deriva dall'applicazione di tale criterio è inerente al sistema. Nel corso del procedimento, non è stato contestato che il criterio considerato è stato istituito soprattutto nell'interesse dell'industria di trasformazione della carne, anche se non è limitato a tale settore. Sotto tale aspetto, è importante constatare che, come risulta dal settimo considerando del regolamento n. 805/68, sono stati considerati particolarmente auspicabili provvedimenti speciali per l'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi a favore dell'industria di trasformazione. Dalle sentenze Grosoli II e van Walsum emerge tuttavia che si può raggiungere tale scopo assegnando all'industria di trasformazione contingenti direttamente proporzionali alle loro importazioni da paesi terzi durante un precedente periodo di riferimento. Qualora l'industria di trasformazione non abbia importato direttamente nel passato, le si potrebbe inoltre assegnare, secondo i criteri di ripartizione del contingente fra gli Stati membri menzionati dalla Commissione nella fase orale, un'equa quota del contingente in funzione del suo prevedibile fabbisogno di carne congelata importata da paesi terzi, come, da quanto risulta dagli antefatti della causa Grosoli II, si fa anche in Italia. Per questi motivi, la seconda questione va a mio avviso risolta come segue:

«Contrasta con l'art. 7, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore della carne bovina (GU 1968, L 148), il fatto che coloro che acquistano presso enti d'intervento di un determinato Stato membro fruiscano successivamente, partecipando ad un contingente doganale comunitario, di vantaggi che non spettano alla stessa categoria di acquirenti in un altro Stato membro, e ciò vale pure nell'ipotesi in cui gli acquirenti dello Stato membro considerato fruiscano di tali vantaggi anche per gli acquisti presso enti d'intervento di altri Stati membri».

5. Sulla terza questione

Con la terza questione, il giudice a quo chiede se sia compatibile con il regolamento (CEE) n. 2956/79, e soprattutto se costituisca un aiuto concesso mediante risorse statali, il fatto di attribuire ad importatori tedeschi che hanno importato carne bovina da Stati membri delle Comunità europee nonché ad esportatori tedeschi, in particolare a coloro che hanno esportato carne bovina negli Stati membri delle Comunità, una quota del contingente doganale comunitario di carne bovina congelata per il 1980.

Osservo innanzitutto che tale questione non è sufficientemente astratta e, inoltre, non è nemmeno formulata in modo del tutto corretto in quanto l'art. 92 del Trattato CEE — posto che il regolamento qui in questione non se ne discosti, in conformità all'art. 42 del Trattato CEE, più delle norme generali in materia, nell'ambito della politica agricola comune ( 4 ) — non dichiara incompatibili col mercato comune solo gli aiuti «concessi mediante risorse statali sotto qualsiasi forma». Esso vieta anche altri aiuti statali, e si può senz'altro sostenere che l'autonoma concessione da parte di uno Stato membro di vantaggi aventi ripercussioni sotto il profilo finanziario e che non siano a carico di tale Stato, rientra del pari nella sfera d'applicazione dell' art. 92. In proposito si può pensare a riduzioni tariffarie imposte da uno Stato membro a favore di determinate imprese o di determinati prodotti (senza rifusione dei costi relativi), per esempio, a talune imprese che operano nei settori dell'energia elettrica o dei trasporti. Si può tuttavia pensare anche all'attribuzione autonoma di vantaggi concessi, come nella fattispecie, mediante risorse della Comunità. In quanto nella concessione di mezzi finanziari provenienti da fondi comunitari come il Fondo sociale o il Fondo regionale o di mezzi della Banca europea per gli investimenti, gli Stati membri godono di una certa libertà di scelta in merito alla loro destinazione, si può del pari pensare a questi casi. Infine, dalla prassi giuridica è possibile trarre argomenti a sostegno della tesi secondo cui anche la Comunità, nel concedere a determinate imprese vantaggi rilevanti sotto il profilo finanziario, deve osservare l'art. 92 del Trattato CEE. Non ritengo necessario procedere ad un esame approfondito di tali questioni poiché la questione se i vantaggi concessi nella fattispecie abbiano carattere di aiuti illeciti costituisce soltanto, così come è formulata, un aspetto specifico del problema generale sollevato. Mi limiterò ad osservare ancora in proposito che, soprattutto per quanto riguarda la problematica di maggior rilievo nel caso presente, relativa alla nozione di «aiuti concessi dagli Stati», non ho avuto modo di riscontrare né una giurisprudenza univoca, né chiare opinioni dottrinali, e che la soluzione che la Commissione ha proposto di dare a questa specifica «sottoquestione» mi pare altrettanto poco soddisfacente di quelle suggerite dal Governo federale e dalle attrici nella causa principale.

La soluzione di questa specifica questione mi pare superflua soprattutto perché ritengo che i criteri in esame siano palesemente in contrasto col principio della parità di trattamento di tutti i cittadini della Comunità, desunto dalla vostra giurisprudenza e ricordato nella seconda frase della soluzione da me proposta per la prima questione.

In primo luogo, gli importatori e gli esportatori di cui qui si tratta non possono essere considerati, a mio avviso, «operatori interessati», ai sensi dell'art. 3 del regolamento controverso, all'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi.

Anche se voleste sorvolare su tale rilievo critico, mi sembra tuttavia manifesto che i criteri in questione contrastano coi principi su cui è basato il suddetto regolamento.

Come ho già detto, nel secondo considerando di questo regolamento è dichiarato che la ripartizione del contingente comunitario tra gli Stati membri deve essere proporzionale al loro fabbisogno di carne bovina congelata importata da paesi terzi. Mi pare ovvio che i criteri interni di ripartizione debbano anch'essi ricollegarsi a tale fabbisogno e che in particolare il principio della parità di trattamento di tutti gli interessati nella Comunità, da voi più volte ribadito, presuppone un controllo relativamente a tale fabbisogno. In effetti, non è chiaro in base a che cosa si dovrebbero altrimenti determinare criteri oggettivi e identici per tutti gli interessati ai fini della ripartizione globale del contingente. Ritengo pertanto che l'applicazione dei criteri suddetti violi il principio della parità di trattamento di tutti gli interessati al contingente comunitario nel mercato comune nel caso in cui tali criteri non vengano applicati da tutti gli Stati membri. Gli importatori tedeschi di carne bovina da altri Stati membri fruiscono quindi manifestamente, sul piano concorrenziale, di vantaggi aventi ripercussioni finanziarie rispetto a coloro che esportano nella Repubblica federale di Germania da altri Stati membri. Anche gli esportatori tedeschi di carne bovina comunitaria che esportano nei paesi terzi o in altri Stati membri risultano chiaramente svantaggiati sul piano concorrenziale, grazie ai vantaggi economici inerenti alla partecipazione al contingente doganale, giudicati rilevanti anche dalla Commissione, rispetto agli esportatori di altri Stati membri. In questo contesto serve ricordare che, secondo la Commissione, soprattutto negli scambi tra Stati, qualsiasi aiuto all'esportazione, seppur di incidenza minima sul commercio interstatale, costituisce una distorsione della concorrenza incompatibile col mercato comune.

Per questi motivi, vi propongo di risolvere la terza questione come segue:

«È incompatibile col regolamento CEE n. 2956/79, e in particolare col principio — sancito dalla costante giurisprudenza della Corte — della parità di trattamento di tutti gli interessati nel mercato comune all'atto della ripartizione di contingenti doganali, il fatto che uno Stato membro assegni una quota del contingente doganale comunitario di carne bovina congelata per il 1980 agli importatori, stabiliti nel suo territorio, che hanno importato carne bovina da altri Stati membri, ed agli esportatori, stabiliti nel suo territorio, che hanno esportato carne bovina in altri Stati membri o in paesi terzi».

6. Sulla quarta questione

La quarta questione del Verwaltungsgerichtshof dell'Assia mira ad accertare se nella nozione di «operatori interessati» ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento CEE n. 2956/79 rientri anche colui che acquisti in uno Stato membro e rivenda successivamente all'estero.

Tale questione, come risulta già dalle soluzioni che ho proposto per la prima e la terza questione, va risolta-, a mio avviso, in senso negativo. Anche l'applicazione del criterio indicato nella quarta questione ha l'effetto di falsare i rapporti concorrenziali nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri e che esportano all'estero, e di violare quindi il principio della parità di trattamento. Per quanto riguarda la nozione di «operatori interessati» (betroffener Marktteilnehmer), menzionata espressamente in tale questione, mi limiterò a rinviare all' esame che ne ho già fatto nelle mie osservazioni preliminari. Su questo punto concordo in sostanza con le osservazioni scritte presentate dalla ditta Will e riassunte nella relazione d'udienza nella parte relativa alla trattazione della quarta questione.

La distinzione fra i principi relativi alla ripartizione del contingente doganale e quelli dell'organizzazione del mercato, che il Governo federale propone anche in relazione alla quarta questione, contrasta a mio avviso, come ho già detto, con la vostra giurisprudenza in materia. Nel caso presente il Governo federale doveva servirsi di tale argomento in quanto anch'esso ammette che tale criterio compromette l'applicazione uniforme delle restituzioni all'esportazione. Tale ostacolo all'applicazione uniforme delle restituzioni all'esportazione di carne bovina non può quindi essere adottato, secondo la vostra giurisprudenza, come una giustificazione della violazione del principio della parità di trattamento di tutti gli interessati nel mercato comune.

Infine, nel corso della fase orale, la Commissione ha riconosciuto di aver omesso di tener conto, nelle proprie osservazioni scritte sulla quarta questione, dei vantaggi concorrenziali di cui gli esportatori tedeschi possono fruire, grazie all'applicazione del criterio di cui trattasi, rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri. Inoltre, essa ha ammesso che si può dubitare che un esportatore di carne bovina, in quanto tale, possa effettivamente essere considerato operatore interessato all'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi.

Propongo quindi di risolvere la quarta questione come segue:

«Già dalla soluzione della prima e della terza questione si desume che la quarta questione deve essere risolta in senso negativo. In particolare, esportatori di carne bovina comunitaria non possono essere considerati, in quanto tali, “operatori interessati”, ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 2956/79, all'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi».

7. Osservazioni finali

In base alle soluzioni che ho proposto, c'è da chiedersi se non basti, in fondo, risolvere la prima questione. Le soluzioni suggerite per tutte le successive questioni costituiscono infatti la logica conseguenza di quella che ho proposto per la prima questione formulata in termini molto generali. Ciononostante, non vi consiglierò di fornire una siffatta soluzione complessiva alle quattro questioni sottopostevi. Mi sembra che l'effetto utile della vostra pronunzia sia garantito se ciascuna questione riceve una soluzione espressa e motivata.

Per quanto riguarda la conseguenze pratiche delle soluzioni che vi propongo, osserverò ancora, in conclusione, quanto segue.

Le mie soluzioni lasciano intatta, in sé e per sé, la possibilità della previa ripartizione della quota globale nazionale tra determinate importanti categorie di operatori interessati all'importazione di carne bovina congelata da paesi terzi. Tale ripartizione è stata espressamente dichiarata legittima anche nelle sentenze Grosoli II e van Walsum, purché non venga impedito l'accesso al contingente a qualsiasi interessato. Nelle presenti cause è però necessario che i criteri di ripartizione basati sul fabbisogno, come parametro obiettivo e analogo per tutti gli interessati, vengano precisati più di quanto non occorresse nelle cause precedenti. In particolare, l'esame delle questioni sottopostevi dimostra come la concessione, da parte di uno Stato membro, dei vantaggi di cui trattasi ai propri cittadini, in base alle operazioni commerciali che non hanno alcuna relazione con il fabbisogno di carne bovina congelata importata, possa provocare manifeste perturbazioni del mercato a scapito dei cittadini di altri Stati membri.

Le soluzioni che vi propongo lasciano anche intatta la possibilità, giudicata con ragione auspicabile dalla Commissione, di assegnare quote agli operatori nuovi arrivati sul mercato dell'importazione. A tal fine si può ricorrere a vari metodi che rispettino il principio della parità di trattamento.

Infine, le mie osservazioni sulla prima questione corroborano implicitamente la tesi della Commissione secondo cui sarebbe opportuno che, oltre agli Stati membri, anch'essa disponesse di un contingente limitato da ripartire secondo criteri interamente comunitari. In particolare, un contingente comunitario destinato ai transitan dei vari Stati membri potrebbe ridurre gli ostacoli ch'essi incontrano attualmente, in conseguenza dell'art. 3 del regolamento n. 2956/79 e nonostante quanto disposto dall'art. 52 del Trattato CEE, nell'ottenere quote negli Stati membri in cui intendono esportare carne bovina congelata importata da paesi terzi. Risulta infatti che, all'atto della ripartizione del contingente comunitario globale tra gli Stati membri, le importazioni in regime di transito, vengono imputate al paese di destinazione.


( 1 ) Traduzione dall'olandese.

( 2 ) «alle betrokkenen» nel testo ulandes? (NdT).

( 3 ) Vale a dire, ¡n hase al contesto, la ripartizione del contingente doganale comunitario fra gli Stati membri. Come dimostrerò in prosieguo, il criterio enunciato in questo passo, vale a dire che la ripartizione deve effettuarsi in relazione al fabbisogno (di carne bovina congelata importala da paesi terzi), sembra tuttavia essere determinante anche per l'ulteriore ripartizione da parte degli Stati membri.

( 4 ) Si \cI.i Mipr.uuilln in proposilo il R-¡;ol.uncnlo n. 26/62. come moilit'uuo dal regolamento n. 49/62.