CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
GERHARD REISCHL
del 12 febbraio 1981 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
La sig.na Maria Grazia Carbognani ha prestato servizio in Lussemburgo presso la Commissione dal settembre 1962, mentre la sig.na Marisa Coda Zabetta era alle dipendenze della Commissione, a Bruxelles, dal settembre 1965; dai primi di settembre 1968 entrambe sono state destinate alla sede di Roma, in qualità di segretarie, presso il servizio stampa e informazioni.
Confidando in una prassi amministrativa ormai consolidata, secondo la quale i dipendenti continuano a prestare servizio nella stessa sede, entrambe hanno ritenuto che il loro trasferimento dovesse intendersi a tempo indeterminato, vale a dire che esse sarebbero rimaste per sempre a Roma. Per questo hanno vivamente reagito al ricevimento della circolare 17 dicembre 1979, firmata dal direttore generale del personale e dell'amministrazione, nella quale le due interessate venivano avvertite che, in base alla decisione della Commissione del 28 novembre 1979, esse erano richiamate alla sede di Bruxelles, quindi dovevano prepararsi al rientro, previsto al più tardi per il settembre 1980.
Questa lettera e questa decisione costituivano però soltanto i provvedimenti concreti con i quali la Commissione applicava alle interessate il sistema di avvicendamento istituito dalla Commissione il 24 novembre 1976 per il personale degli uffici stampa e informazione (all. V al ricorso). Questo sistema prevede tra l'altro che la durata normale della prima destinazione ad un ufficio è fissata in tre anni (n. 3.2), periodo che può eccezionalmente venire prorogato fino ad un massino di sei anni (n. 3.3). Ciò significa che i dipendenti, trascorso detto periodo, ritornano a Bruxelles, ad una delle sedi provvisorie della Commissione, oppure, se ne esprimono il desiderio, vengono inviati a prestar servizio presso un altro ufficio stampa e informazione; inoltre, come risulta dai moduli di avvicendamento che i dipendenti interessati delle varie sedi dovevano compilare nel 1979, è possibile anche una destinazione ad una sede periferica della Commissione. Normalmente, essi vengono sostituiti da un altro dipendente della stessa categoria e grado, come si desume dalla nozione di avvicendamento (nn. 1.2 e 2.1).
Il sistema di avvicendamento vale per tutti i dipendenti delle categorie A, B e C, però la Commissione, almeno per i dipendenti delle due ultime categorie, nella sua decisione del novembre 1976 (leu. b) ha previsto una procedura più elastica, in base alla quale, se del caso, è possibile tener conto di eventuali problemi personali o di servizio, che potrebbero porsi per il personale che deve trasferirsi. Dal fascicolo processuale (ali. VI al ricorso, pag. 14) risulta che il sistema di avvicendamento non si estende ai dipendenti che abbiano superato il cinquantacinquesimo anno di età oppure che si trovino in una situazione personale, familiare o sociale tale da costituire un ostacolo all'eventuale trasferimento o clu siano stati destinati ad una sede d'in-tormazioni e stampa prima che fosse stata emanata la decisione con cui veniva istituito detto sistema.
L'entrata in vigore di detto sistema, che dapprima si intendeva fissare non oltre il 1o luglio 1979 (sez. Ili «periodo transitorio» della decisione del 24 novembre 1976) è poi stata rinviata al 1980, in quanto la Commissione, in un secondo tempo, ha deciso, tenuto conto dei provvedimenti relativi all'elezione del Parlamento europeo, di rinviare tutte le decisioni di avvicendamento fino al settembre 1979 (comunicazione 7 novembre 1979, doc. SEC (79) 1981, pag. 3, all. VII al ricorso).
Nei moduli compilati dalle ricorrenti in previsione degli avvicendamenti che avrebbero dovuto aver luogo nel 1980, entrambe le interessate hanno esposto i motivi personali e familiari per cui non volevano venire trasferite da Roma. I due casi particolari sono stati esaminati dal comitato di avvicendamento, costituito con decisione del 24 novembre 1976 (n. 2.3) nelle riunioni del 2 ottobre e del 26 novembre 1979. Il comitato non ritenne che le ragioni addotte dalle interessate avverso il trasferimento potessero giustificare la disapplicazione del sistema di rotazione nei loro confronti; anzi, il comitato incluse i loro nomi nella lista dei dipendenti in predicato per i trasferimenti da effettuarsi nel 1980. Il 28 novembre la Commissione confermava questa proposta e includeva formalmente le ricorrenti nell'elenco dei dipendenti da trasferirsi; le ricorrenti ne venivano informate personalmente con una circolare del 17 dicembre 1979, a firma del direttore generale del personale e dell'amministrazione.
Come aveva annunciato il direttore generale nella sua lettera, sempre nell'ambito del procedimento di avvicendamento, nel corriere del personale del 25 gennaio 1980 gli interessati erano invitati a presentare le loro candidature per i posti lasciati liberi dalle sig.ne Carbognani e Coda Zabetta, cioè posti di segretarie di lingua italiana (cat. C) presso l'ufficio stampa e informazioni di Roma.
Nello stesso tempo le interessate avevano fatto il necessario affinché l'applicazione della decisione della Commissione nei loro confronti venisse sospesa o quanto meno rinviata. Il 16 gennaio 1980, la Coda Zabetta attirava nuovamente l'attenzione delle autorità sul suo caso, in quanto inviava una lettera al portavoce e direttore generale per l'informazione della Commissione; questi le rispondeva che i particolari della sua situazione personale e familiare erano noti al comitato di avvicendamento allorché aveva esaminato il suo caso ed aveva formulato la sua proposta. Il 12 marzo 1980 le ricorrenti presentavano reclamo, a norma dell'art. 90, n. 2, dello Statuto del personale, avverso la decisione del 28 novembre 1979 comunicata con circolare 17 dicembre 1979.
Senza attendere una risposta a detto reclamo, oppure il decorso del termine prescritto dallo Statuto per la presunzione del silenzio-rifiuto, I'11 luglio 1980 le interessate proponevano ricorso a norma dall'art. 91, n. 4, dello Statuto, e all'atto introduttivo allegavano domande di sospensione dell'esecuzione della decisione 28 novembre, loro comunicata con circolare del 17 dicembre.
Nell'ordinanza del 31 luglio 1980, il giudice che sostituiva il presidente della Corte, preso atto delle memorie scritte depositate dalla Commissione e sentite le difese orali presentate dalle parti all' udienza di quello stesso giorno, decideva che era superfluo pronunciarsi sulle domande di sospensione presentate dalle interessate, in quanto la Commissione non avrebbe proceduto ai trasferimenti, annunciati nella circolare del 17 dicembre, prima di adottare formalmente una decisione circa il reimpiego delle richiedenti, nella quale sarebbero stati stabiliti nuovi termini per la esecuzione dei provvedimenti. La sera dello stesso 31 luglio, il direttore del servizio speciale «management e organizzazione, personale», in veste di autorità che ha il potere di nomina competente a decidere sulla nuova destinazione del personale, assieme ai posti di servizio, dei dipendenti delle categorie C e D (all. VIII alla memoria della Commissione relativa alla prima domanda di pronuncia urgente) adottava le menzionate decisioni formali, con le quali, a decorrere dal 1ogennaio 1981, venivano trasferiti i posti delle ricorrenti contemporaneamente alle loro occupanti, dandone notizia mediante telex alle interessate.
Successivamente veniva emanata la decisione espressa con cui si respingevano i ricorsi delle ricorrenti del 12 marzo, decisione notificata alle interessate solo il 3 settembre, cioè (come purtroppo sovente avviene) allorché i termini d'impugnazione erano già scaduti.
Contro la decisione del 31 luglio, le interessate presentavano reclamo a norma dell'art. 90 dello Statuto il 20 ottóbre, vale a dire dopo aver presentato la loro replica del 16 ottobre e solo alcuni giorni prima della scadenza del termine di tre mesi stabilito a questo scopo dall'art. 90, n. 2.
II 5 dicembre dello scorso anno, infine, le interessate presentavano una seconda domanda di provvedimento urgente, con la quale chiedevano una nuova sospensione dell'esecuzione del loro trasferimento da Roma a Bruxelles. Questa domanda veniva però ritirata il 17 dicembre, poiché la Commissione, nel frattempo, si era dichiarata disposta a concedere un nuovo rinvio dell'esecuzione delle sue decisioni fino al 1o aprile 1981. Questo ulteriore rinvio era dovuto al fatto che l'applicazione del sistema di avvicendamento costituiva un sistema ancora nuovo e si sperava che la controversia venisse presto risolta.
I — Esaminiamo in primo luogo la ricevibilità dei ricorsi.
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1. |
Nelle memorie relative alla prima domanda di provvedimento urgente, la Commissione sostiene che le domande sono irricevibili, in quanto, al momento in cui il ricorso è stato promosso, non era stata adottata nei confronti delle ricorrenti alcuna decisione formale circa una modifica del loro impiego. La circolare del direttore generale per il personale dell'amministrazione del 17 dicembre 1979 e la richiesta di candidature apparsa nel corriere del personale del 25 gennaio 1980, onde sollecitare candidature di persone interessate a sostituire le due ricorrenti nella sede di Roma, costituivano solo provvedimenti preparatori e quindi non potevano arrecare pregiudizio alle ricorrenti. Nel controricorso, comunque, la Commissione si è rimessa al prudente apprezzamento della Corte quanto alla ricevibilità dei ricorsi. Tuttavia essa osserva che si cadrebbe in un eccessivo formalismo se si pretendesse che le ricorrenti presentassero reclamo contro le decisioni formali del 31 luglio 1980, relative alla modifica della loro sede di servizio, nonostante la Commissione si sia già espressa su tutti gli aspetti del problema nelle decisioni negative emanate a seguito dei reclami presentati dalle ricorrenti prima dell' emanazione delle decisioni formali, sicché la sua reazione ad un reclamo avverso questo provvedimento avrebbe certamente lo stesso tenore. |
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2. |
Non esito affatto a ritenere ricevibili i ricorsi.
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3. |
Anche se non doveste condividere il mio punto di vista, secondo cui la decisione della Commissione costituisce il provvedimento lesivo, mi pare che i ricorsi siano ricevibili per un secondo motivo. Nelle mie conclusioni per la causa 17/78, Deshormes (Race. 1979, pag. 205), richiamandomi alla disciplina tedesca del rapporto di pubblico impiego ho sostenuto che un dipendente delle Comunità ha interesse ad impugnare quando sussiste nei suoi confronti «quanto meno un'aspettativa, la cui sostanza non può certo essere intaccata liberamente, anche se il legislatore può sempre disporre in merito ai particolari». Nella sua sentenza in merito, del 1o febbraio 1979, la Corte (Seconda Sezione) ha pure dichiarato che, nel caso di un provvedimento amministrativo, in determinate circostanze si deve presupporre che esso «incida immediatamente e direttamente sulla situazione giuridica dell'interessato, anche qualora tale atto dovesse produrre effetti solo in un secondo momento» (Race.1979, pag. 197, n. 10). Mi pare che lo stesso orientamento giurisprudenziale dovrebbe venire seguito nella presente fattispecie. A mio avviso le ricorrenti avevano «un attuale interesse giuridico sufficiente» (sentenza Deshormes, pag. 197, n. 12) a promuovere dei ricorsi, a norma degli artt. 90 e 91 dello Statuto del personale, nei confronti delle decisioni della Commissione, non appena detta decisione è stata loro ufficialmente comunicata. Indipendentemente dalle probabilità di accoglimento del loro ricorso, era per loro superfluo, sotto il profilo prettamente giuridico, aspettare la decisione formale di trasferimento del posto e del titolare, poiché l'ufficio competente ad emanarla era vincolato dalla decisione di un ufficio gerarchicamente superiore e quindi era giuridicamente obbligato ad adottare detto provvedimento. |
II — Il primo motivo di impugnazione si compone di due parti, la cui importanza rispettiva differisce notevolmente. Se ho ben compreso, le ricorrenti ritengono sostanzialmente che non vada applicato nei loro confronti il sistema di avvicendamento, anzitutto perché questa applicazione ha per loro effetto retroattivo ed inoltre in quanto essa è incompatibile con l'interesse del servizio e quindi viola l'art. 7, 1o comma, n. 1, dello Statuto.
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1. |
Vorrei iniziare con un'osservazione terminologica. Le ricorrenti parlano sempre del loro trasferimento da Roma a Bruxelles. L'impiego di questo termine è indubbiamente esatto, se ad esso si attribuisce il suo significato usuale, però nella fattispecie l'espressione non è usata esattamente nell'accezione che ad essa conferisce lo Statuto. Dagli artt. 4, 7, 1o comma, e 29, 1o comma, dello Statuto emerge chiaramente che il trasferimento presuppone un posto vacante. Quindi un dipendente può venir trasferito ai sensi dello Statuto solo se va ad occupare un posto vacante. Se non vi è posto vacante, lo spostamento di un dipendente da un servizio ad un altro, con o senza cambiamento di sede, viene considerato come modifica dell'impiego o come reimpiego di detto dipendente assieme al posto che esso occupa. Quest'ultima ipotesi si è verificata nel caso della Carbognani e della Coda Zabetta. |
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2. |
Passando poi all'analisi operata dalle ricorrenti per quel che riguarda il sistema di rotazione, mi pare sia opportuno, per meglio chiarire il loro modo di vedere, iniziare dalla distinzione che esse fanno tra dipendenti destinati al servizio stampa e informazione dopo il 24 novembre 1976 e dipendenti che, come le ricorrenti, sono stati assegnati a questo servizio prima della data di cui sopra. Le ricorrenti riconoscono che è perfettamente regolare l'applicazione del sistema di avvicendamento ai dipendenti destinati ad un ufficio stampa e informazione dopo il 24 novembre 1976. Gli interessati sapevano che le loro destinazioni erano soggette ad avvicendamento e quindi-accettavano automaticamente di venir destinati solo pro tempore ad una determinata sede. Quindi, fin dal momento della presentazione della candidatura, gli interessati non ignoravano che, trascorso il periodo prestabilito, previsto normalmente in tre anni, essi sarebbero stati trasferiti ad un altro ufficio periferico della Commissione. A questo proposito vorrei correggere un errore nel quale mi pare siano incorse le ricorrenti: il sistema di avvicendamento non si basa sul fatto che un dipendente ogni tre anni deve cambiare la sua residenza; i dipendenti destinati al servizio esterno, trascorso il periodo prestabilito, vengono trasferiti ad un altro ufficio stampa o un altro ufficio periferico solo se ne fanno espressa richiesta, altrimenti vengono richiamati alla sede centrale. Da quanto si è detto prima emerge che le ricorrenti presuppongono che il trasferimento — o, per essere più esatti, la modifica dell'impiego — dei dipendenti che si trovano in questa situazione, avvenga su base consensuale. Il fondamento giuridico di questo loro presupposto andrebbe ricercato nell'art. 7 dello Statuto, la cui sfera di applicazione si limiterebbe ai trasferimenti consensuali e in base al quale quindi i trasferimenti potrebbero avvenire solo se dettati dall'interesse del servizio. Le ricorrenti riconoscono che l'istituzione di un sistema di avvicendamento per i dipendenti destinati ai servizi stampa dopo il 24 novembre 1976, in linea di massima, si può considerare come dettata dall'interesse del servizio. Molto diversa sarebbe invece la situazione delle ricorrenti le quali, come è successo nel loro caso, sono state destinate ad un ufficio stampa prima del 24 novembre 1976. La modifica del loro impiego è irregolare già per il fatto che essa è stata disposta retroattivamente. Al pari della Commissione, non riesco a condividere questo punto di vista. È infatti difficile comprendere come possa definirsi retroattiva l'applicazione, nel 1980, di un sistema introdotto nel 1976. |
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3. |
Le ricorrenti obiettano inoltre, contro la modifica del loro impiego, che il provvedimento è stato adottato contro la loro volontà. Poiché al momento in cui sono state destinate all'ufficio di Roma il sistema dell'avvicendamento non era ancora in vigore, esse negano di aver allora accettato — anche solo tacitamente — che potessero applicarsi nei loro confronti le disposizioni adottate in seguito. Poiché quindi la modifica del loro impiego è stata disposta d'ufficio, essa risulta priva di qualsiasi fondamento giuridico. A giudizio delle ricorrenti, le modifiche dell'impiego, secondo la struttura generale dello Statuto, sono legittime solo se gli interessati vi consentono. Vi sono solo due eccezioni, ipotesi che però non sussistono nel loro caso, vale a dire il trasferimento disciplinare e il trasferimento per reimpiego; quest'ultima ipotesi costituisce una modifica di impiego imposta dall'abolizione di un posto o di un ufficio.
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4. |
Infine le ricorrenti fanno carico alla Commissione di aver travalicato i propri poteri, in quanto, nell'ambito del sistema di avvicendamento, avrebbe modificato, pure senza averne la necessaria competenza, l'art. 7, 1o comma, n. 1, dello Statuto, vale a dire una norma emanata da un organo ad essa superiore, cioè dal Consiglio. A questo proposito vorrei anzitutto rilevare che l'art. 7, 1o comma, n. 1, dello Statuto, che subordina la liceità di un trasferimento alla sua utilità sotto il profilo dell'interesse del servizio, nella fattispecie non rappresenta un adeguato fondamento giuridico. Come ha sottolineato la Commissione, questo articolo rientra nelle norme dalle quali si può desumere il principo che i trasferimenti, secondo lo Statuto, presuppongono un posto vacante. Poiché nella fattispecie così non è, questa norma non può venire invocata. Però il principio che in essa viene espresso, che cioè è illegittima ogni modifica dell'impiego non dettata da esigenze organizzative dei servizi, rispecchia indubbiamente un principio generale, accolto tanto dal diritto comunitario quanto dal diritto nazionale che disciplina il rapporto di pubblico impiego. Questo argomento delle ricorrenti va quindi inteso, mi pare, nel senso che il sistema di avvicendamento, secondo loro; non è funzione dell'interesse del servizio. La Commissione non nega che il rispetto dell'interesse del servizio costituisca uno dei limiti dell'ampia discrezionalità ad essa riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte in materia di organizzazione dei suoi uffici; il sistema di avvicendamento è inoltre chiaramente, nonostante le ricorrenti la pensino diversamente, un sistema che serve ad organizzare gli uffici della Commissione. Qualora disponga un trasferimento oppure una modifica d'impiego o un reimpiego del personale assieme al posto che esso occupa, la Commissione deve tener conto di queste esigenze fondamentali:
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Quanto a quest'ultima esigenza, vorrei specificare che, come tale, va intesa non solo astrattamente la destinazione ad un posto dell'organico nella carriera e nella categoria del dipendente interessato, bensì più concretamente, anche la destinazione ad un settore d'attività corrispondente al suo inquadramento ed elencato nello schema allegato allo Statuto sotto la lettera I A relativo alla corrispondenza fra gli impieghi tipo e le carriere in ciascuna delle categorie (sentenza della Corte — Terza Sezione — del 28 maggio 1980 nelle cause riunite 33 e 75/79, Kuhner c/Commissione, inedita, n. 13).
Ritengo necessario aggiungere due ulteriori presupposti a quelli precedentemente elencati, presupposti che si desumono dalla summenzionata sentenza Kuhner. L'amministrazione, qualora intenda trasferire un dipendente, deve preoccuparsi non solo di salvaguardare l'interesse del servizio, ma anche l'interesse del dipendente, vincolo che, secondo il diritto tedesco che regge il rapporto di pubblico impiego, si definisce obbligo di assistenza (n. 22 della sentenza Kuhner). Qualora l'amministrazione decida di modificare l'impiego di un dipendente e si possa ragionevolmente prevedere che la decisione pregiudicherà gravemente l'interessato, il principio generale della sana amministrazione impone che l'interessato, salvo casi particolari, possa esprimere il proprio parere (n. 25, sentenza Kuhner). Si potrebbe ritenere che, in determinati casi, una modifica dell'impiego pregiudichi gravemente gli interessi di un dipendente specie nel caso in cui la modifica comporti la destinazione ad una sede di servizio molto distante dalla precedente.
Nella fattispecie le ricorrenti hanno espressamente invocato soltanto la violazione dell'imperativo di osservare l'interesse del servizio, violazione che per le ricorrenti non deriva solo dall'incompetenza della Commissione a modificare la norma che sancisce questo principio, come abbiamo visto, ma anche da altri motivi.
Esse sostengono che non è sufficiente che l'amministrazione si richiami astrattamente all'interesse del servizio al fine di legittimare una modifica dell'impiego del personale. È per di più necessario che l'amministrazione renda chiaramente nota la natura di questo interesse, e poi deve essere evidente che detto interesse prevale sugli interessi lesi del dipendente trasferito. Richiamandosi a quest'ultima condizione, le ricorrenti fanno appello all'obbligo di assistenza — anche se non lo citano espressamente — la cui portata è stata precisata dalla Corte nella sentenza Kuhner. L'obbligo di assistenza sarebbe in realtà posto in non cale se il provvedimento con cui si modifica un impiego avesse un interesse minimo per l'amministrazione, e contemporaneamente arrecasse un notevole pregiudizio al suo destinatario.
Proprio questo punto mi pare rivesta grande importanza per il sistema di cui trattasi, quanto meno in determinati casi. Come è generalmente ammesso, rientra nell'interesse del servizio disporre l'avvicendamento regolare dei dipendenti che svolgono compiti direttivi, inquadrati nella categoria A, specie nei confronti dei capi degli uffici stampa e informazione. Tenuto conto del potere discrezionale attribuito all'amministrazione per quel che riguarda l'organizzazione dei suoi uffici, si potrà anche ammettere ulteriormente che il sistema di avvicendamento è valido per i dipendenti della categoria B, ivi comprese le assistenti di segreteria, a causa del necessario margine di autonomia di cui esse hanno bisogno per lo svolgimento dei loro compiti. Non sono per contro convinto dei motivi per cui l'interesse del servizio imponga di estendere un sistema, come quello di avvicendamento la cui forma riesce così onerosa e le cui condizioni risultano così cogenti, anche ai dipendenti con compiti esecutivi come quelli della categoria C (segretarie). Data la carenza di interesse del servizio, ritengo fondato il primo mezzo d'impugnazione.
A mio avviso il mezzo risulta pure fondato se si raffronta il carente interesse dell'amministrazione ad applicare il sistema di avvicendamento alle ricorrenti con l'interesse che queste hanno ad opporsi a detta applicazione. Anche se uno spostamento da un paese ad un altro, nel corso del rapporto di lavoro di un dipendente comunitario, non può considerarsi come evento straordinario ed imprevedibile, è comunque comprensibile che questo spostamento provochi notevoli disagi personali e ambientali come quelli che la Carbognani e la Coda Zabetta hanno prospettato (ali. 4 al ricorso) sui quali, per discrezione, ora non mi dilungherò. A questo proposito non è certo indifferente il fatto che le ricorrenti lavorassero ormai nell'ufficio di Roma da oltre 10 anni e che esse ritenessero — erroneamente, ma in base ad una costante prassi amministrativa non contestata dalla Commissione — che questa destinazione dovesse protrarsi a tempo indeterminato. Ciò premesso, mi pare che la decisione di applicare il sistema di avvicendamento alle ricorrenti nell'anno 1980 costituisca una violazione del dovere di assistenza incombente all'amministrazione nei confronti delle ricorrenti.
III — Il secondo motivo d'impugnazione è tratto dalla violazione dell'art. 25, 2o comma, dello Statuto, in base al quale «ogni decisione individuale ... presa a carico del dipendente deve essere motivata», ed io oserei aggiungere che i motivi devono essere chiaramente esposti. A giudizio delle ricorrenti, è carente la motivazione fornita nella lettera del direttore generale del personale e dell'amministrazione 17 dicembre 1979, nonché nella richiesta pubblicata nel corriere del personale del 25 gennaio 1980, con cui si invitavano gli interessati a presentare le loro candidature, vale a dire il fatto che questi provvedimenti erano stati adottati in applicazione del sistema di avvicendamento.
A mio avviso è inutile obiettare che questi documenti non hanno carattere lesivo, in quanto la decisione primitiva della Commissione, del 14 novembre 1979, che per me rappresenta il vero atto lesivo, è esattamente motivata come i provvedimenti adottati successivamente per dare esecuzione alla decisione originaria. D'altra parte non si poteva fare diversamente in quanto, come abbiamo visto, questa decisione, con la quale si è compilato l'elenco del personale in predicato per il trasferimento tra la centrale e i posti periferici nel 1980, era la prima decisione in materia di applicazione del sistema di avvicendamento.
Questo mezzo si compone, a mio avviso, sostanzialmente di tre parti.
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1. |
Quanto alla prima censura che a questo proposito si muove alla decisione impugnata, le ricorrenti tornano a partire dal presupposto che l'applicazione del sistema di avvicendamento nei loro confronti è avvenuta con effetto retroattivo. La possibilità di applicare retroattivamente il sistema, però, non sarebbe prevista nella decisione della Commissione del 24 novembre 1976 con la quale è stato istituito il sistema stesso. Quindi la decisione, in cui il loro trasferimento viene giustificato in base al sistema di avvicendamento, sarebbe carentemente motivata. È evidente che queste considerazioni partono da presupposti errati. Come abbiamo già constatato, l'applicazione nel 1980 di una decisione adottata nel 1976 non può considerarsi retroattiva, quanto meno se si attribuisce a questo termine il suo giusto valore. |
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2. |
La seconda parte della censura, tratta dal difetto di motivazione, mi pare fondata. Come ho già detto, con la decisione del 24 novembre 1976 si è stabilito il principio dell'avvicendamento dei dipendenti delle categorie B e C, per i quali però sono state previste modalità di applicazione più elastiche, che consentono eventualménte di tener conto dei problemi di servizio o personali che i singoli potrebbero incontrare. Come abbiamo già rilevato, queste modalità elastiche consistono nel fatto che il sistema d'avvicendamento non si applica ai dipendenti delle categorie B e C, se la loro destinazione ad una sede è anteriore alla decisione del novembre 1976; inoltre ne sono esentati i dipendenti dal 55o anno in poi o la cui situazione personale, familiare o sociale sia di ostacolo ad un eventuale trasferimento. In forza di detti criteri, per 22 dipendenti delle categorie B e C, destinati agli uffici periferici prima della messa in atto della decisione del novembre del 1976, nel 1980 è stato rinviato l'avvicendamento per motivi personali; tre di essi prestavano servizio a Roma. Anche la Carbognani e la Coda Zabetta, dipendenti di categoria C, hanno richiesto un rinvio ed esposto i motivi personali e familiari che, a loro avviso, giustificavano questa richiesta. Dal fascicolo risulta — per la Coda Zabetta espressamente (lettera del portavoce e direttore generale per l'informazione del 7 febbraio 1980, ali. 5 al suo ricorso) e per la Carbognani implicitamente (inclusione del suo nome tra i dipendenti in predicato per il trasferimento da parte del comitato di avvicendamento, comunicazione del sig. Tugendhat alla Commissione del 7 novembre 1979, ali. 6 al ricorso) —, che all'amministrazione questi motivi erano noti, ma essa non li ha ritenuti sufficienti. Le ricorrenti le fanno però carico di non aver dichiarato perché essa abbia ritenuto inconsistenti questi motivi e non ha concesso alle ricorrenti il rinvio del trasferimento, mentre lo ha concesso a 22 altri dipendenti. Con ciò le ricorrenti non intendevano sostenere — come invece ha compreso la Commissione — che l'istituzione avrebbe dovuto giustificare le sue decisioni di trasferimento con un raffronto tra i motivi personali addotti dalle ricorrenti e i motivi degli altri dipendenti della stessa categoria in servizio a Roma, a cui è stato concesso il rinvio del trasferimento da parte del comitato di avvicendamento. Esse tuttavia ritengono che la Commissione abbia il dovere di dichiarare i principi generali secondo i quali essa ha designato i dipendenti che avevano diritto ad un rinvio e deve rendere quindi noto il tipo di impedimento personale o familiare o sociale che può costituire sufficiente giustificazione per ottenere il rinvio del trasferimento per avvicendamento. Questo è il presupposto in base al quale esse avrebbero potuto rendersi conto, e la Corte avrebbe potuto sindacare, se detti principi fossero adeguati e se la loro applicazione nei loro confronti sia stata operata correttamente. Questa conclusione coincide a mio avviso con la vostra recente dichiarazione secondo cui «l'obbligo di motivare ha lo scopo, sia di permettere all'interessato di valutare se l'atto sia inficiato da un vizio che consenta di impugnarne la legittimità, sia di rendere possibile il controllo giurisdizionale» (n. 15, terza frase, della già citata sentenza Kuhner). Nella stessa sentenza avete inoltre stabilito che, per valutare se sia stato adempiuto l'obbligo di motivazione, «è necessario prendere in considerazione non soltanto il documento col quale veniva notificata la decisione, bensì anche le circostanze in cui esso era stato adottato e portato a conoscenza dell'interessato, nonché le note di servizio e le altre comunicazioni che ne costituiscono il supporto e che informavano chiaramente i ricorrenti sulle ragioni e sul fondamento del provvedimento in questione» (n. 15 della motivazione, 2a frase, della sentenza Kuhner). In questo modo, analizzando una modifica dell'impiego, senza cambiamento di residenza, nell'ambito dell'ufficio statistico è stata ampliata la formula usata in precedenza per un caso analogo al presente, cioè per il caso di un funzionario scientifico trasferito dal centro di ricerche di Petten (Olanda) al centro di ricerche di Ispra (Italia), che aveva impugnato il relativo provvedimento, formula secondo la quale «per decidere se i requisiti posti dall'art. 25 siano soddisfatti o meno, occorre esaminare non solo l'atto di trasferimento in sé, ma anche le note di servizio che ne costituiscono il supporto, le quali, debitamente portate a conoscenza dell'interessato, l'hanno chiaramente informato delle ragioni che giustificano il predetto atto» (Sentenza della Seconda Sezione della Corte 14 luglio 1977, causa 61/76, Geist c/Commissione, Racc. 1977, pag. 1432, n. 23). Pur volendo trasporre la formulazione della sentenza Kuhner al caso Carbognani e Coda Zabetta, mi pare che i fatti portati a vostra conoscenza non forniscano lumi sufficienti. Dal fascicolo risulta che disponevate, come informazioni generali, della decisione della Commissione circa l'instaurazione del sistema di avvicendamento (ali. 5 al ricorso nella causa 161/80) nonché della comunicazione 7 novembre 1979 nella quale si illustravano le modalità di esecuzione per i dipendenti delle categorie B e C (all. 6 all'atto introduttivo nella causa 161/80). Come documento che contraddistingueva il suo caso personale, la Coda Zabetta ha prodotto solo la comunicazione del suo direttore generale, nella quale si dichiarava che la sua situazione personale era nota al Comitato di avvicendamento allorché ha presentato la sua proposta, mentre nel caso della Carbognani dalla comunicazione del 7 novembre 1979 si può solo desumere che i motivi che essa ha esposto non sono stati ritenuti sufficienti per indurre il comitato a concederle il rinvio desiderato. Mi pare effettivamente inopportuno, in una decisione con cui si destina un dipendente ad una nuova sede, dichiarare particolareggiatamente per quali motivi, inerenti alla sua situazione, si è deciso o meno di concedere un rinvio del provvedimento di avvicendamento, dichiarazione che effettivamente per l'interessato e per i suoi colleghi potrebbe risultare imbarazzante. Sotto questo aspetto mi pare giusto estendere la giurisprudenza della Corte in materia di promozione (sentenza della Corte, Prima Sezione, 13 luglio 1972 nella causa 90/71, Bernardi e/Parlamento, Race. 1972, pag. 609, n. 15) come è stato proposto dalla Commissione. Tuttavia mi pare anche necessario che vengano resi noti i principi generali seguiti nella valutazione della situazione personale, familiare e sociale da parte del comitato di avvicendamento per decidere circa la concessione dei rinvìi. Poiché questi principi sono rimasti segreti, ritengo che le ricorrenti non potessero giudicare, né la Corte esercitare il suo sindacato, per stabilire se la loro situazione fosse stata esaminata obiettivamente e non arbitrariamente; ripeto ora quanto ho detto nelle mie conclusioni del 7 febbraio 1980 nella causa 89/79 (Bonu c/ Consiglio, Race. 1980, pag. 568). L'obbligo di segretezza, che nelle decisioni come quelle ora in esame ha indubbiamente grande importanza, non può però giungere fino al punto di impedire il sindacato giurisdizionale. Non penso che mi si possa obiettare che la Commissione ha la facoltà di spostare i dipendenti dei suoi uffici stampa e informazione anche esulando dal sistema di avvicendamento, poiché in questo caso l'interesse del servizio potrebbe costituire un fondamento sufficiente, e che quindi, dal momento che la motivazione che essa ha addotto risulta superflua, perderebbero la loro importanza anche le eventuali carenze di motivazione. Sono invece d'avviso che la Commissione, allorché adotta una decisione nell'ambito del sistema di avvicendamento, deve consentire ai dipendenti interessati di controllare se l'applicazione del sistema nei loro confronti sia stata operata correttamente secondo il parametro dei criteri che la stessa Commissione ha determinato. |
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3. |
Nella replica, le ricorrenti hanno inoltre sostenuto che le decisioni adottate nei loro confronti risultavano pure viziate per un'ulteriore ragione; nella fase orale questa ragione è poi stata sviluppata dalle interessate in un nuovo mezzo d'impugnazione. |
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a) |
Esse contrappongono due elementi. La modifica del loro impiego è stata decisa nell'ambito del sistema di avvicendamento, il che presuppone che i dipendenti trasferiti devono venir sostituiti; i loro posti presso l'ufficio stampa e informazione di Roma non sono però stati rioccupati. Da ciò esse traggono la conclusione che la motivazione del loro trasferimento era viziata. Nella controreplica, la Commissione dichiara che la motivazione fornita il 14 novembre 1979, contemporaneamente alla redazione della lista dei dipendenti in predicato per il trasferimento nel corso del 1980, era adeguata; in seguito tuttavia l'autorità che ha il potere di nomina si è per di più persuasa che l'interesse del servizio rendeva superflua la sostituzione delle ricorrenti. Il raffronto fra gli organici degli uffici stampa e informazione di Roma e di Bonn dimostra infatti che, per un numero quasi uguale di dipendenti di categoria A e B, (nove a Bonn, otto a Roma) il numero delle segretarie dell'ufficio di Roma (quattordici) era quasi il triplo delle segretarie in servizio a Bonn (cinque). La Commissione ne ha quindi concluso che la motivazione originaria di una decisione non deve venir considerata inadeguata se ad essa viene ad aggiungersi un'ulteriore considerazione fondata sull'interesse del servizio. |
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b) |
La discussione circa questo punto, nella fase orale, ha preso un'altra piega, in quanto da parte delle ricorrenti è stato osservato che la controreplica aveva messo in luce la vera finalità della decisione adottata nei loro confronti, vale a dire la riduzione del numero delle segretarie presso l'ufficio stampa e informazione di Roma. La Commissione quindi avrebbe commesso un vero e proprio sviamento di potere, in quanto è ricorsa al sistema di avvicendamento per effettuare un semplice trasferimento, e quindi ha usato le facoltà ad essa conferite per uno scopo diverso da quello per cui ne era stata investita; da questo elemento si può trarre un terzo motivo d'impugnazione, che può venir esperito a norma dell'art. 42, § 2, n. 1, del regolamento di procedura, giacché i fatti sono emersi solo più tardi. A mio parere, questo argomento è specioso: è solo un tentativo che le ricorrenti fanno di prospettare sotto un altro aspetto un procedimento che ad esse era ben noto. Nella fase orale del procedimento urgente del 31 luglio 1980, vale a dire prima che fosse depositato il controricorso, il rappresentante della Commissione aveva già fatto cenno all'esuberanza dell'organico di segretarie in servizio presso l'ufficio di Roma e aveva lasciato intendere che si prevedeva di distaccare due di esse in un nuovo ufficio periferico, che avrebbe dovuto essere aperto a Milano. Del resto, mi pare risulti chiaramente dal contenuto di questo presunto nuovo mezzo di impugnazione che esso si limita a ripetere l'argomento della replica che ho testé prospettato. |
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e) |
Queste constatazioni non mi esimono però dall'esaminare l'argomento nella sua forma originaria. Dopo alcune esitazioni, sono giunto alla conclusione che non è fondato. |
Vale a dire, sostenere che un siffatto metodo fa parte del sistema di avvicendamento non è il modo di esprimersi più esatto; questo termine lascia presupporre che i dipendenti degli uffici in questione in linea di principio vanno sostituiti. Lo stesso orientamento pare abbiano le norme del sistema, che sottolineano la necessità di garantire la continuità del funzionamento dell'ufficio (cfr. I — Principi di avvicendamento; II — Esecuzione del sistema di avvicendamento, n. 2.1) e in particolare la disposizione che prescrive che i dipendenti in servizio presso le altre sedi della Commissione, e cioè soprattutto a Bruxelles, vengano informati delle possibilità di destinazione ai vari uffici, cosicché essi possano presentare le loro candidature nell'ambito del sistema di avvicendamento (cfr. II — Esecuzione del sistema di avvicendamento, n. 1.2). Se però si leggono dette disposizioni attentamente, si vedrà che esse non stabiliscono che ogni dipendente chiamato o richiamato a Bruxelles debba venir sostituito se l'amministrazione constata che l'attività svolta da detto dipendente può venire ripartita fra i colleghi che rimangono in servizio nell'ufficio periferico.
È pure logico — qualora l'amministrazione abbia già dato avvio ad un procedimento di trasferimento nell'ambito dell'avvicendamento, vale a dire se l'amministrazione ha già avvertito l'interessato circa il previsto trasferimento e ha già pubblicato l'invito agli interessati a presentare le loro candidature per occupare il posto lasciato vacante — presumere che questo procedimento sarà portato a termine. Se però l'amministrazione nel frattempo si rende conto che è più opportuno soprassedere alla sostituzione del dipendente, non le si può far carico di aver mutato orientamento, in quanto essa aveva pure il diritto di trasferire i dipendenti in soprannumero al di fuori del sistema di avvicendamento, semplicemente richiamandosi all'interesse del servizio (sentenza della Corte — Prima Sezione — 11 luglio 1968, nella causa 16/67, Labeyrie e/Commissione, Race. 1968, pag. 450 e segg.; sentenza della Corte — Prima Sezione — 16 giugno 1971, Vistosi e/Commissione, loc. cit., pag. 542, n. 14; sentenza della Corte — Seconda Sezione — 14 luglio 1977, Geist c/Commissione, loc. cit., pag. 1434, n. 38). Nel caso della Carbognani e della Coda Zabetta ritengo che le spiegazioni fornite dalla Commissione giustifichino in modo sufficiente l'interesse del servizio.
IV — In conclusione propongo, per i motivi esposti al n. II e HI, n. 2,
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di annullare la decisione della Commissione 28 novembre 1979, relativa all'elenco dei dipendenti degli uffici stampa e informazione in predicato per il trasferimento nel 1980 nel quadro del sistema di avvicendamento, per quel che riguarda le sig.ne Carbognani e Coda Zabetta; |
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di porre le spese del giudizio a carico della Commissione a norma dell'art. 69, § 2, del regolamento di procedura. |
( 1 ) Traduzione dal tedesco.