CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

GERHARD REISCHL

DEL 7 FEBBRAIO 1980 ( 1 )

Signor Presidente,

signori Giudici,

la causa odierna verte sulla legittimità di una decisione con cui una commissione d'esame, nell'ambito di una procedura di concorso, ha negato ad un candidato l'ammissione alle prove d'esame prestabilite.

Il 7 novembre 1978 il ricorrente aveva presentato la candidatura al concorso indetto tramite il bando generale CONS/LA/170 (GU n. C 231 del 29 settembre 1978, pag. 6) per la costituzione di un elenco di riserva per l'assunzione di traduttori di lingua italiana di sesso maschile o femminile. Nel bando si prevedeva tra l'altro che il concorso si sarebbe svolto per titoli ed esami e che la commissione giudicatrice avrebbe stabilito l'elenco dei candidati che possedevano i requisiti per l'ammissione al concorso e avrebbe designato su tale elenco i candidati ammessi alle prove. Inoltre, nella stessa Gazzetta ufficiale, nelle pagg. 2 e seguenti, era pubblicato il comunicato relativo alle disposizioni riguardanti l'organizzazione di concorsi generali, che al punto 7, sotto il titolo «Procedura», recitava:

«I lavori della commissione giudicatrice sono segreti. Pertanto non possono essere comunicati né i motivi dell'eventuale non ammissione alle prove, né i voti ottenuti dai candidati.»

Dopo aver confermato la ricezione dell'atto di candidatura, il Consiglio, con una lettera del 5 marzo 1979 redatta in italiano, comunicava al ricorrente, tra l'altro, quanto segue:

«Con riferimento alla Sua candidatura al concorso surriferito, sono spiacente di doverLa informare che la commissione giudicatrice non ha iscritto il Suo nome sull'elenco dei candidati ammessi a partecipare alle prove.

Come previsto al punto 7, dal paragrafo II del comunicato precedente il bando di concorso (cfr. GU n. C 231, pag. 3), i lavori della commissione giudicatrice sono segreti. Per tale ragione, non è possibile informarLa sui motivi della sua mancata ammissione.»

Il 5 giugno 1979 il ricorrente promuoveva un ricorso chiedendo l'annullamento di detta decisione, nonché la condanna alle spese del convenuto.

A proposito di questi due capi di domanda faccio le seguenti considerazioni.

Come la Corte ha affermato in una giurisprudenza ormai consolidata, l'impugnazione giurisdizionale delle decisioni delle commissioni giudicatrici non presuppone alcun ricorso amministrativo. Il presente ricorso è stato promosso entro il termine di tre mesi stabilito dall'art. 91, n. 3, dello Statuto del personale e quindi è ricevibile.

Il ricorrente fonda il suo ricorso soprattutto sul vizio formale di difetto di motivazione. Secondo un principio giuridico generale, ogni atto lesivo deve, al momento in cui viene emanato, essere corredato da motivazione, affinché, da un lato l'interessato sia in condizione di impugnare l'atto stesso, e, dall'altro, la Corte — se adita — possa sottoporre l'atto stesso al proprio sindacato giurisdizionale. Fa quindi parte dei principi sanciti dalla Corte in una giurisprudenza ormai consolidata quello secondo cui le decisioni di una commissione giudicatrice vanno motivate adeguatamente. L'obbligo di motivazione, in particolare, non viene scalfito dall'art. 6 dell'allegato III dello Statuto del personale che stabilisce semplicemente che i lavori della commissione giudicatrice sono segreti. Questa norma riguarda soltanto la segretezza delle consultazioni e delle considerazioni che fanno parte dei lavori della commissione, ma non vieta di comunicare all'interessato il risultato finale dell'iter logico seguito. Il punto 7 della Parte II di detta comunicazione delle condizioni relative all'organizzazione di concorsi generali, in virtù del quale non vengono comunicati i motivi dell'eventuale esclusione dalle prove d'esame o non si forniscono ragguagli circa i risultati degli esami, è quindi illecito o quanto meno va disapplicato, qualora non vengano arbitrariamente resi noti ad un candidato i motivi dell'esclusione dalle prove.

Il Consiglio obietta a questo argomento che i lavori di una commissione esaminatrice operante nell'ambito di una procedura di concorso per titoli ed esami a norma dell'art. 5, nn. 1, 3 e 4, dell'allegato III dello Statuto del personale si scompongono in diverse fasi. Anzitutto viene compilata la lista dei candidati che rispondono ai requisiti prescritti nel bando di concorso, poi la commissione sceglie i criteri per la valutazione dei titoli dei candidati e procede ad un secondo esame dei titoli stessi, per redigere poi l'elenco dei candidati ammessi alle prove. Solo nel caso di esclusione dal concorso ai candidati è inviata una decisione che deve essere motivata come prescritto dalla giurisprudenza della Corte. La comunicazione al ricorrente del 5 marzo 1979 è invece stata inviata nell'ambito della seconda parte dei lavori, allorché il ricorrente era già stato ammesso alla procedura di concorso. In questa fase si tratta di valutare i titoli prodotti per redigere l'elenco dei candidati ammessi alle prove. Questa operazione della commissione esaminatrice rientra, come conferma anche la giurisprudenza della Corte, nelle operazioni soggette al segreto d'ufficio di cui all'art. 6 dell'allegato III dello Statuto del personale, onde garantire l'indipendenza dell'operato della commissione d'esame. Questa norma implica una deroga all'obbligo di motivazione e il Consiglio, nella sua comunicazione delle disposizioni relative all'organizzazione dei concorsi generali, non ha voluto esprimere null'al-tro.

Non condivido questo atteggiamento assunto dal Consiglio.

Non è il caso di sottolineare ulteriormente che le decisioni che possono ledere il cittadino vanno motivate. Questo principio giuridico generale deriva già dal principio dello stato di diritto, accolto anche nell'ordinamento comunitario, e si è concretizzato particolarmente negli artt. 15 del Trattato CECA, 190 del Trattato CEE e 162 del Trattato Euratom, nonché nell'art. 25, n. 2, dello Statuto del personale. Lo spirito e la funzione di detto obbligo di motivazione nel caso di decisioni lesive, vale a dire il consentire all'interessato di giudicare se la decisione è stata emanata correttamente o è difettosa, cosicché sia possibile la sua impugnazione (cfr. cause 4, 19 e 28/78, Enrico Salerno, Xavier Authié e Giuseppe Massangioli c/Commissione, sentenza 30 novembre 1978, Race. 1978, pag. 2403 e 112/78, Dorothea Sonne, in Kobor, e/Commissione, sentenza 5 aprile 1979), fan sì perciò che la motivazione deve venire comunicata all'interessato contemporaneamente all'atto lesivo. Come giustamente sottolinea il ricorrente, non corrisponde a questo requisito il rapporto motivato della commissione d'esame, che a norma dell'art 5, n. 6, dell'allegato III dello Statuto del personale, viene presentato solo all'autorità che ha il potere di nomina.

Il principio fondamentale dell'obbligo di motivazione, se ben si considera e contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, non viene nemmeno compresso dalla norma di cui all'art. 6, dell'allegato III dello Statuto del personale, in virtù della quale i lavori della commissione esaminatrice sono segreti. Funzione di questa norma è solo quella, da un lato, di garantire l'indipendenza dei membri della commissione esaminatrice e, dall'altro, d'impedire che dati riservati relativi ai candidati vengano a conoscenza di altri candidati. Interpretando correttamente questa norma, nel motivare un provvedimento si deve tener conto della finalità di cui sopra.

Del resto, noterò en passant, nemmeno il Consiglio, a quanto pare, è convinto dell'obbligo assoluto di segretezza dei lavori della commissione esaminatrice, poiché ha proposto di produrre in giudizio il rapporto motivato che, a norma dell'art. 5, n. 6, dell'allegato III dello Statuto del personale, può contenere anche osservazioni dei membri della commissione esaminatrice, con la conseguenza che il relativo contenuto — peraltro non più tempestivamente — venga a conoscenza del ricorrente.

Come ritiene il convenuto, non è vero che il principio della segretezza sopprima interamente il principio dell'obbligo di motivazione, ed in particolare questo modo di vedere non si può nemmeno desumere dalla giurisprudenza della Corte. Nelle cause 44/71 (Antonio Marcato e/Commissione, sentenza 14 giugno 1972, Racc. 1972, pag. 427), 37/72 (Antonio Marcato e/Commissione, sentenza 15 marzo 1973, Racc. 1973, pag. 361) e 31/75 (Mario Costacurta e/Commissione, sentenza 4 dicembre 1975, Racc. 1975, pag. 1563) la Corte ha fornito un chiarimento relativo alle forme che la commissione d'esame deve osservare nel-l'analizzare le candidature per stabilire quali candidati possono venir ammessi al concorso. La Corte distingue la prima parte del concorso da una parte successiva, nella quale viene esaminata l'idoneità dei candidati ad occupare i posti messi a concorso ed osserva che, mentre i lavori della seconda parte in generale sono di natura comparativa e quindi per questi vale il segreto previsto per i lavori di una commissione d'esame, la prima parte — vale a dire, nel caso di concorso per titoli — consiste nel raffronto dei titoli e dei requisiti prescritti nel bando di concorso in base a dati obiettivi e noti ad ogni candidato per il suo caso specifico. Per questo motivo in tutte le sentenze summenzionate, che vertevano sull'ammissione ad un concorso come tale, si è giunti alla conclusione che i risultati di questo raffronto devono venire sufficientemente motivati. Con ciò però non è detto che i lavori della seconda parte, nei limiti in cui riguardano la scelta dei candidati ammessi alle prove finali, non debbano venir assolutamente motivati nei confronti dei candidati esclusi. La Corte intendeva invece chiarire che, nel caso di esclusioni operate nella seconda parte, nella motivazione si deve tener conto anche dell'obbligo di segretezza, mentro ciò non è necessario nel caso di mancata ammissione al concorso sulla quale ci si doveva pronunciare nelle cause summenzionate. Ciò significa semplicemente che, nel caso di esclusione dalle prove, non è necessario comunicare all'interessato elementi che possono rivelare particolari deliberativi dei lavori della commissione esaminatrice o eventualmente elementi dei titoli di altri candidati. Ciò premesso, la motivazione che viene comunicata all'interessato deve venir redatta in modo che questi possa conoscere i motivi della sua esclusione e gli sia consentito di vagliare la legittimità dell'atto.

Nella fattispecie bisogna rilevare che il rifiuto del convenuto di ammettere alle prove d'esame il ricorrente, non è affatto motivato. Al contrario, la lettera del 5 marzo 1979 contiene solo un richiamo al punto 7 della Parte II delle norme relative all'organizzazione dei concorsi generali, nella quale, come abbiamo visto, il Consiglio ha dato un'interpretazione che non concorda con lo spirito e la finalità dell'art. 6 dell'allegato III dello Statuto del personale. In assenza di un provvedimento positivo di ammissione al concorso, il ricorrente, che non aveva dimestichezza con i particolari del concorso stesso, non poteva stabilire per quali carenze specifiche egli non era stato ammesso alle prove d'esame. La lettera è ambigua in quanto da essa non si desume se egli non è stato ammesso al concorso come tale in quanto facevano difetto le condizioni di ammissione oppure se la sua candidatura è stata scartata solo nella seconda parte della procedura di concorso.

Pur se egli, meglio conoscendo i particolari della procedura di concorso, avesse potuto rilevare che la sua candidatura era stata scartata nella fase del vaglio dei titoli d'esame secondo il parametro dei criteri di valutazione prefissati, non gli sarebbe stato possibile, per carenza di motivazione, stabilire se l'esame si è svolto in modo obiettivo e non arbitrario.

Propongo quindi di annullare la nota del 5 marzo 1979 nella quale si comunica al ricorrente k sua esclusione dal concorso del Consiglio LA/170, per vizio formale di difetto di motivazione e di porre le spese a carico del Consiglio.


( 1 ) Traduzione dal tedesco.