CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
FRANCESCO CAPOTORTI
DELL'11 DICEMBRE 1979
Signor Presidente,
signori Giudici,
1. |
La Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, prevede, come sapete, che nel campo dei contratti possa essere riconosciuto competente anche il giudice del luogo «in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita» (articolo 5, paragrafo 1). Questo luogo non si determina sempre soltanto in base a norme di legge; i contraenti possono mettersi d'accordo per stabilirlo, ottenendo con ciò il risultato indiretto di far sorgere una «competenza speciale» alla luce della Convenzione di Bruxelles. D'altro canto, la competenza esclusiva di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente può essere direttamente attribuita dalle parti, mediante l'apposito patto di proroga, che l'articolo 17 della Convenzione subordina a talune condizioni di forma e di sostanza. Il problema sollevato dalla domanda pregiudiziale di interpretazione, che vi è stata rivolta dal Bundesgerichtshof tedesco e che è all'origine della presente causa, è quello del confronto fra la clausola contrattuale di determinazione del luogo di esecuzione e il patto di proroga della competenza, al fine di verificare se le condizioni limitative applicabili a quest'ultimo debbano o meno ritenersi applicabili alla clausola del tipo indicato. Nella specie è accaduto che un cittadino tedesco, residente a Monaco di Baviera (il signor Zeiger), sostenendo di aver prestato una somma di denaro a un cittadino italiano, residente in Sicilia (il signor Salinitri), e di essere ancora creditore di una parte di tale somma, abbia convenuto il preteso debitore dinanzi al Landgericht di Monaco. Questo organo giurisdizionale sarebbe stato competente, secondo l'attore, perché a suo tempo le parti avrebbero verbalmente convenuto che la restituzione del denaro prestato fosse effettuata a Monaco. Il convenuto ha contestato tanto la sua obbligazione quanto l'accordo circa il luogo di esecuzione. Il Landgericht di Monaco, con sentenza del 18 aprile 1977, si è dichiarato privo di competenza internazionale, poiché ha negato che un accordo verbale sul luogo dell'esecuzione possa ripercuotersi sulla competenza giurisdizionale, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione, eludendo le disposizioni dell'articolo 17 che ammette la proroga di competenza solo mediante clausola scritta o clausola verbale confermata per ¡scritto. Nell'affermare la sua incompetenza, il giudice tedesco si è basato sulla norma di diritto germanico, in forza della quale il luogo di adempimento dell'obbligazione contrattuale coincide, salvo patto contrario, con il domicilio del debitore (paragrafo 269 del Bürgergesetzbuch). La decisione di primo grado è stata confermata in appello dall'Oberlandesgericht di Monaco con sentenza del 9 novembre 1977. Questa giurisdizione ha ritenuto che la norma dell'articolo 17 della Convenzione di Bruxelles, in difetto di una specifica eccezione legale, si applichi a tutti gli accordi attributivi di competenza; c che i patti di determinazione del luogo d'esecuzione non possano quindi avere effetto sulla competenza giurisdizionale se non rispettano le esigenze di forma sancite dall'articolo 17. In sede di cassazione, il Bundesgerichtshof, con ordinanza del 15 marzo 1979, ha posto alla nostra Corte la questione pregiudiziale seguente: «Se un accordo stipulato senza attenersi a formalità particolari che però vincola giuridicamente i commercianti a norma del diritto nazionale (in casu, tedesco), relativo al luogo in cui dovrebbe adempirsi l'obbligazione contratta, dalla quale scaturisce la controversia, sia sufficiente a conferire al giudice di quella località la competenza giurisdizionale per territorio a norma dell'articolo 5, n. 1, della Convenzione oppure se l'effetto di siffatto accordo, che determina la competenza, dipenda dall'osservanza delle forme prescritte dall'articolo 17 della Convenzione.» |
2. |
Osservo innanzitutto che la questione va esaminata partendo dall'ipotesi che due contraenti abbiano stipulato un patto verbale circa il luogo di esecuzione dell'obbligazione, la quale forma successivamente oggetto di controversia; non interessa sapere se l'ipotesi corrisponda o meno, nel caso di specie, alla realtà. A quanto sembra, l'attore della causa di merito ha sostenuto di aver anche stipulato, a suo tempo, un patto verbale di proroga della competenza, ma ciò rimane estraneo alla nostra analisi. Dal punto di vista dei giudici tedeschi di primo e di secondo grado, le clausole attributive di competenza e quelle relative al luogo di esecuzione dovrebbero essere sottoposte allo stesso regime formale, per l'incidenza che le seconde vengono ad avere sul problema della competenza. Ma si tratta in realtà di due tipi di clausole profondamente diverse: le une hanno una funzione unicamente processuale, le altre una funzione sostanziale, accompagnata da un effetto processuale che scaturisce dalla norma dell'articolo 5, paragrafo 1, indipendentemente da una volontà specifica delle parti. Inoltre, le clausole di proroga danno luogo alla competenza esclusiva del giudice o dei giudici designati, con la conseguenza di bloccare il funzionamento sia della norma generale sulla competenza (articolo 2) sia delle norme sulle competenze speciali (articolo 5); mentre il luogo di esecuzione, comunque fissato, è fondamento di una competenza speciale, concorrente con quella generale e con le altre egualmente speciali. Infine, la competenza determinata dall'articolo 17 prescinde da qualsiasi elemento obbiettivo di connessione fra il rapporto controverso e il tribunale prescelto, mentre la competenza fondata sull'articolo 5, paragrafo 1, si giustifica proprio per il legame obbiettivo esistente fra un aspetto significativo del contratto e il tribunale riconosciuto competente. Sul piano strettamente esegetico, bisogna dire che l'articolo 17, riferendosi alle clausole con cui le parti «abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico», descrive il loro contenuto particolare in modo preciso, differenziandole nettamente rispetto alle clausole che stabiliscono dove l'esecuzione dovrà essere effettuata. A sua volta l'articolo 5, paragrafo 1, non contiene alcun elemento il quale induca a ritenere che si è avuto riguardo soltanto al luogo designato dalla legge per l'esecuzione delle obbligazioni contrattuali, escludendosi il luogo a tal fine concordato dalle parti, nell'esercizio di un'autonomia riconosciuta dalla legge. Sempre a proposito del modo in cui va interpretato il criterio di giurisdizione previsto dall'articolo 5, paragrafo 1, giustamente è stata ricordata, nel corso del presente procedimento, la sentenza della Corte in data 6 ottobre 1976 nella causa 12/76, Tessili c/Dunlop (Raccolta 1976, p. 1474). Essa precisò che spetta al giudice interno determinare, conformemente al proprio diritto internazionale privato, la legge applicabile al rapporto giuridico in esame e quindi definire, sulla base di tale legge, il luogo di adempimento dell'obbligazione contrattuale controversa. Se dunque la legge applicabile riconosce ai contraenti il potere di stabilire in qual luogo dovrà essere adempiuta un'obbligazione da essi stipulata, senza imporre alcuno speciale requisito di forma, la scelta liberamente fatta dagli interessati sarà valida sia ai fini del diritto destinato a regolare gli aspetti sostanziali del contratto, sia ai fini dell'articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione di Bruxelles. Scindere una conseguenza dall'altra significherebbe ritenere che, sebbene il contratto debba essere eseguito nel luogo designato dalle parti, tuttavia la competenza del giudice di quel luogo non possa essere riconosciuta; ma ciò urterebbe contro la lettera e lo spirito della norma citata, la quale rispecchia, come già ho notato, l'idea che la localizzazione del contratto nella fase dell'esecuzione sia sufficiente a radicare nello stesso luogo la competenza giurisdizionale. Un ulteriore sostegno alla tesi fin qui esposta è fornito dall'argomento che giustamente la Commissione desume dall'articolo I del Protocollo allegato alla Convenzione di Bruxelles. Nel primo comma di questo articolo si dispone infatti che se una persona domiciliata nel Lussemburgo è convenuta davanti al giudice di un altro Stato contraente ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, essa può eccepire l'incompetenza di tale giudice; qualora poi il convenuto non compaia, il giudice dichiarerà la sua incompetenza d'ufficio. Nel secondo comma, un regime egualmente derogatorio viene configurato, a favore delle persone domiciliate nel Lussemburgo, nell'ambito dell'articolo 17, stabilendosi che le clausole attributive di competenza siano efficaci nei confronti di quelle persone solo se risultino espressamente e specificamente accettate. Il modo in cui le due disposizioni predette sono congegnate e formulate implica evidentemente che il sistema del foro del luogo di esecuzione e quello del foro elettivo siano due cose assolutamente distinte. |
3. |
La soluzione del problema proposto sembra dunque talmente chiara, che ci si può chiedere come mai i giudici di primo e di secondo grado si siano pronunciati in tutt'altro senso. E verosimile che essi siano stati in certa misura influenzati dall'orientamento recente del diritto processuale civile della Repubblica federale, il quale ha ristretto sia i casi di proroga della competenza (modificando l'articolo 38 ZPO) sia la possibilità di fondare la competenza sul luogo di esecuzione del contratto detcrminato mediante accordo delle parti (l'articolo 29, paragrafo 2 ZPO ha subito anch'esso una revisione). S'intende che questo orientamento ha i suoi buoni motivi: si è voluto evitare che determinando il luogo di esecuzione mediante patti scevri di ogni formalità si aggirassero gli ostacoli formali frapposti alle clausole di proroga della competenza, e si finisse per raggiungere il medesimo risultato — di designare un giudice diverso da quello generalmente competente — per altra e più facile via. A mio avviso, il rischio che ciò accada non può essere né escluso né trascurato. Le condizioni prescritte dall'articolo 17 si ispirano notoriamente all'intento di tutelare la parte contraente più debole, e nello stesso ordine di idee una soluzione come quella recentemente accolta nel diritto germanico, in tema di effetto processuale delle clausole di determinazione del luogo di esecuzione, sarebbe molto opportuna. Anche se la Commissione, in udienza, si é dichiarata soddisfatta dell'articolo 5 qual é, io penso che de lege ferenda il problema meriterebbe di essere ripreso in esame, c personalmente mi rammarico che il negoziato sulla Convenzione del 9 ottobre 1978, relativa all'adesione di altri tre Stati alla Convenzione di Bruxelles del 1968, non abbia dato luogo a questo nuovo esame. Né mi sembra che i termini del problema siano mutati solo perché, come osserva nella presente causa il Governo britannico, la Convenzione recente ha attenuato il formalismo dell'articolo 17; in realtà questa attenuazione è consistita nel riconoscere, in materia di rapporti commerciali internazionali, le forme ammesse dagli usi e che si presumono note alle parti, ma la norma ha mantenuto il criterio di subordinare la validità del patto di proroga a talune condizioni di forma e di sostanza. La Commissione ha finito col dire che, se la scelta del luogo di esecuzione è effettiva, la competenza è ben radicata, lasciando intravedere con ciò che bisognerebbe stabilire il carattere effettivo o simulato della volontà intesa a determinare il luogo di esecuzione. Ma dipenderà dal diritto nazionale applicabile stabilire se, e in presenza di quali circostanze, il giudice nazionale possa eventualmente considerare la scelta come simulata, e perciò priva di qualsiasi effetto, ovvero dichiarare che le parti hanno abusato del potere loro riconosciuto a tal fine, per aggirare le prescrizioni formali relative ai patti di proroga della competenza. Resta fermo, comunque, che nel sistema della Convenzione la competenza subisce l'effetto della localizzazione dell'obbligazione contrattuale nella fase dell'esecuzione, in qualsiasi modo la localizzazione sia avvenuta (per legge o per patto fra parti, e senza alcun aggravamento della forma richiesta per quest'ultimo). Perciò la risposta che a mio avviso la Corte dovrebbe dare alla domanda pregiudiziale rivoltale dal Bundesgerichtshof, con ordinanza del 15 marzo 1979, è la seguente: Se il luogo di esecuzione di una obbligazione contrattuale è stato determinato dalle parti con una clausola valida secondo il diritto nazionale applicabile al contratto, il giudice di quel luogo è competente a conoscere delle controversie relative alla medesima obbligazione, in forza dell'articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, indipendentemente dal rispetto delle condizioni di forma previste dall'articolo 17. |