CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
GERHARD REISCHL
DEL 26 OTTOBRE 1978 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
Il procedimento pregiudiziale del quale tratto oggi si riferisce all'organizzazione comune di mercato per le uova ed alle disposizioni d'attuazione ad essa relative, tanto comunitarie quanto italiane.
Detta organizzazione di mercato è attualmente retta dal regolamento del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2771, modificato dal regolamento n. 368/76. Non è il caso che mi addentri nei particolari. Ai nostri fini è sufficiente sapere che — per quanto riguarda il commercio intracomunitario — l'organizzazione non implica norme sui prezzi o sull'intervento. Per contro, essa è caratterizzata da norme sullo smercio, le quali sono intese a garantire che vengano messe in commercio solo uova di una determinata qualità ed a promuovere con ciò le vendite. Disposizioni d'attuazione in questo senso si trovano nel regolamento del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2772 e nel regolamento della Commissione 17 gennaio 1969, n. 95; il quale ha preceduto il regolamento n. 2771/75. Le uova sono distinte in classi di qualità e di peso e vanno pure osservate le disposizioni relative all'imballaggio. La classificazione delle uova può essere effettuata solo da determinate imprese — autorizzate dalle competenti autorità nazionali — le quali devono apporre sugli imballaggi determinate indicazioni. Il controllo sull'osservanza dell'intera disciplina spetta alle competenti autorità degli Stati membri.
Citerò, fra le disposizioni rilevanti in proposito, solo le seguenti:
L'art. 26 del regolamento n. 2772/75 recita:
«Il controllo dell'osservanza delle disposizioni del presente regolamento è effettuato da organismi designati in ciascuno Stato membro…
Il controllo dei prodotti di cui al presente regolamento è effettuato per sondaggio in tutte le fasi della commercializzazione e durante il trasporto…»
L'art. 17 dello stesso regolamento stabilisce:
«Anche se contengono uova confezionate in piccoli imballaggi, i grandi imballaggi sono muniti di una fascetta o di un dispositivo di etichettatura, che sono resi inutilizzabili all'apertura dell'imballaggio, forniti dagli organismi ufficiali di cui all'art. 26 o sotto il controllo degli stessi.»
Il secondo comma di questa disposizione stabilisce poi quali indicazioni, relative in particolare alla qualità e al peso, devono trovarsi sulle fascette od etichette.
Infine va ancora rilevato che l'art. 5 del regolamento della Commissione n. 95/69 contiene disposizioni relative alle caratteristiche delle fascette ed etichette, le quali in particolare devono recare un contrassegno ufficiale stabilito dall'autorità competente dello Stato membro di cui trattasi.
Per l'attuazione di queste disposizioni è stata adottata in Italia la legge 3 maggio 1971, n. 419, la quale riproduce in sostanza i regolamenti comunitari e stabilisce inoltre che le fascette ed etichette sono predisposte dal Ministero dell'agricoltura e vengono fornite a pagamento e che il relativo provento serve a finanziarie i controlli contemplati dalla disciplina comunitaria. Un decreto ministeriale del 19 ottobre 1971 ha inoltre fissato il modello delle fascette ed etichette nonché gli importi da pagarsi dagli acquirenti.
A norma di queste disposizioni, il ricorrente nella causa principale, che esercisce un'impresa autorizzata all'imballaggio («centro d'imballaggio»), nell'ottobre 1977 dovette versare al Ministro dell'agricoltura 180000 Lit per fascette ed etichette. Sostenendo che ciò era in contrasto col diritto comunitario per vari motivi — che esporrò in seguito — egli chiedeva giudizialmente la restituzione di tale somma.
Il Pretore adito, con ordinanza 7 marzo 1978, ha sospeso il procedimento — dato che si trattava di problemi di diritto comunitario — e vi ha sottoposto in via pregiudiziale le seguenti questioni:
«A) |
se i regolamenti (CEE) n. 1619/68 del Consiglio (sostituito da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2772/75 in GUCE n. L 282 dell'1. 11. 1975) e n. 95/69 della Commissione vadano interpretati nel senso che prevedono che gli Stati membri possono riservare in esclusiva alla Pubblica Amministrazione la predisposizione e la distribuzione delle fascette e dei dispositivi di etichettatura ed in particolare, se la disposizione dell'art. 5 del regolamento 95/69 — secondo la quale le etichette “recano un contrassegno ufficiale stabilito dall'autorità competente” — vada interpretata nel senso che essa implichi il diritto esclusivo della Pubblica Amministrazione di apporre il contrassegno e predisporre e distribuire le etichette : |
B) |
se i citati regolamenti vadano interpretati nel senso che gli Stati membri possono subordinare il rilascio delle fascette e dei dispositivi di etichettatura al pagamento di un corrispettivo il cui importo superi largamente il costo degli stessi; |
C) |
se i citati regolamenti vadano interpretati nel senso che il loro carattere direttamente applicabile non venga pregiudicato dalla adozione di norme nazionali che — pretendendo di dare attuazione ai regolamenti in questione — introducono ulteriori condizioni come quelle di riservare alla Pubblica Amministrazione la predisposizione e la distribuzione delle fascette e dei dispositivi di etichettatura e di subordinarne il rilascio al pagamento di un corrispettivo in denaro; |
D) |
se il fatto di riservare alla Pubblica Amministrazione la predisposizione e la distribuzione delle etichette e il fatto di subordinare il rilascio di queste al pagamento di una somma eccedente il loro costo abbia o meno l'effetto di una discriminazione effettuata in base alla nazionalità, vietata dal principio posto dall'art. 7 del Trattato CEE; |
E) |
se, in ogni caso, il regolamento n. 2771/75 del Consiglio, in particolare l'art. 2 di esso nonché i regolamenti n. 2772/75 del Consiglio e n. 95/69 della Commissione, vadano interpretati nel senso che una disposizione nazionale che preveda condizioni supplementari speciali rispetto a quelle contenute in detti regolamenti sia suscettibile di turbare il corretto funzionamento dei meccanismi di organizzazione del mercato delle uova ed in particolare un esatto rispetto e quindi una corretta applicazione e funzione delle norme di commercializzazione.» |
Ecco il mio punto di vista:
1. |
In primo luogo va accertato se i regolamenti comunitari consentano agli Stati membri di riservare alla pubblica amministrazione la produzione e la distribuzione delle fascette ed etichette contemplate dall'organizzazione di mercato per le uova. Circa l'ultima parte di tale questione, che si riferisce all'art. 5 del regolamento n. 95/69 — in cui è detto che le fascette ed etichette devono recare un contrassegno ufficiale stabilito dall'autorità competente — va senz'altro rilevato che con ciò non è stato attribuito alla pubblica amministrazione il diritto esclusivo di apporre il contrassegno ufficiale e di produrre e distribuire le fascette ed etichette. Già dalla lettera della disposizione appare che non è questa la portata della norma, giacché ovviamente la determinazione del contrassegno ufficiale da parte della competente autorità nazionale non implica necessariamente ch'esso possa essere apposto unicamente da detta autorità né che solo questa abbia il diritto di produrre e distribuire le fascette ed etichette. Quanto al problema connesso del se i regolamenti comunitari ammettano che gli Stati membri riservino alla pubblica amministrazione detta produzione e distribuzione, ritengo sufficienti due considerazioni. In primo luogo, a ragione la Commissione si è richiamata all'art. 26 del regolamento n. 2772/75, a norma del quale il controllo sull'osservanza del regolamento stesso viene effettuato da organismi designati in ciascuno Stato membro. Se ne desume chiaramente che la disciplina comunitaria — contrariamente a quanto sostiene il ricorrente nella causa principale — non è completa, bensì gli Stati membri devono adottare provvedimenti amministrativi per la sua attuazione. A mio parere, ciò implica certamente un potere discrezionale piuttosto ampio degli Stati membri in fatto di organizzazione e modalità del controllo, che non si limita affatto alla corrispondenza della qualità dei prodotti alle indicazioni che figurano sugli imballaggi. Non si può quindi affermare con certezza che i provvedimenti di controllo posti in essere in Italia esorbitino dai limiti tracciati dalla disciplina comunitaria. In particolare non si può sostenere che la fornitura delle etichette e fascette non abbia nulla da spartire con i controlli, dal momento che, qualora venga effettuata dalla pubblica amministrazione, rende superflui i controlli circa la corrispondenza delle fascette ai modelli da stabilirsi dagli Stati membri a norma dell'art. 5 del regolamento n. 95/69. Si deve inoltre ammettere, in generale, che i controlli contemplati dal diritto comunitario divengono indiscutibilmente più agevoli e più efficaci ove siano effettuati nel modo prescritto in Italia e le fascette ed etichette predisposte dall'amministrazione siano numerate progressivamente. In secondo luogo, si può riferisi al già citato art. 17 del regolamento n. 2772/75, in cui è detto che le fascette ed etichette vengono fornite dagli organismi ufficiali di cui all'art. 26 o sotto il loro controllo. Se è quindi possibile la fornitura da parte della pubblica amministrazione, non è certo esclusa la possibilità della produzione da parte delle autorità degli Stati membri. Non vi sono poi validi motivi per escludere per i piccoli imballaggi questa possibilità che è espressamente menzionata per i grandi. In proposito, appare invece logico applicare per analogia detto articolo. Circa la prima questione non si può quindi fare a meno di ritenere che il diritto esclusivo dell'amministrazione di produrre e distribuire le fascette ed etichette contemplato dall'organizzazione di mercato per le uova è senza dubbio compatibile col diritto comunitario. Né vale obiettare che in altri Stati membri le cose stanno altrimenti giacché ivi detta produzione e distribuzione è affidata in parte ad imprese private o ad enti che agiscono per conto dello Stato. Nemmeno la tesi — del resto contestata energicamente dal Governo italiano — secondo cui il procedimento per ottenere le fascette sarebbe in Italia straordinariamente complesso e di lunga durata può mutare la situazione. Una circostanza del genere non è infatti la conseguenza inevitabile dell'intervento dello Stato. Se quindi ciò dovesse realmente accadere in uno Stato membro, non sarebbe affatto necessario abolire l'intera disciplina, bensì basterebbe impugnarne la pratica attuazione con un ricorso per l'accertamento di una violazione del Trattato. |
2. |
Un secondo gruppo di problemi verte sul fatto che in Italia le fascette ed etichette vengono fornite solo a pagamento. Se ciò sia ammesso dal diritto comunitario lo si deve accertare da vari punti di vista.
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3. |
Penso pertanto che le questioni sollevate dal Pretore di Venasca vadano risolte come segue:
Il fatto che la produzione e distribuzione delle fascette ed etichette non venga effettuata in tutti gli Stati membri da organismi pubblici né sia ovunque subordinata ad un corrispettivo non obbliga a ritenere che gli Stati membri i quali procedono nel modo sopra indicato violino il divieto di discriminazione. |
( 1 ) Traduzione dal tedesco.