CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JEAN-PIERRE WARNER
DEL 14 GIUGNO 1978 ( 1 )
Signor Presidente,
signori Giudici,
La presente controversia è il seguito della causa 28/76 Milac GmbH/Hauptzollamt Freiburg pubblicata nella Raccolta del 1976 a pag. 1639.
Come ricorderete, quella causa era stata rinviata dal Finanzgericht del Baden-Württemberg, che — in via pregiudiziale — aveva interpellato la Corte nell'ambito di una controversia in cui era stata impugnata la fissazione di importi compensativi monetari (i.c.m.) in relazione ad importazioni effettuate dall'attrice, tra il giugno e l'agosto 1974, di partite di latte intero in polvere di origine francese. Questo prodotto aveva una percentuale di grassi variante tra il 9,6 % e 24,5 % e rientrava nella sottovoce 04.02 A II (b) 2 della tariffa doganale comune. In poche parole, l'attrice sosteneva che gli i.c.m. in questione andavano ridotti di un coefficiente correttore di 2 u.c./q.le.
Nelle conclusioni da me presentate in quell'occasione, mi sono soffermato sulla cronistoria della legislazione comunitaria da cui è scaturita la controversia (vedi Racc. 1976, pagg. 1660-1663), motivo per cui basterà ora, per non ripetermi, ricordare quanto segue.
Al momento delle importazioni di cui trattasi era in vigore il regolamento del Consiglio 28 marzo 1974, n. 663 (GU n. L 85 del 29. 3. 1974) «che fissa per la campagna lattiera 1974/1975 il prezzo indicativo del latte e i prezzi d'intervento del burro, del latte scremato in polvere, del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano». L'art. 3 di detto regolamento stabiliva che:
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1) |
il prezzo cui gli enti d'intervento in Belgio, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi dovevano acquistare il latte magro in polvere era pari al prezzo d'intervento diminuito di un importo correttivo di 2 u.c./q.le; |
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2) |
l'importo correttivo di cui sopra doveva applicarsi agli scambi di detto prodotto tra ciascuno degli Stati membri summenzionati e gli altri Stati membri o i paesi terzi (i paesi del Benelux venivano considerati come uno Stato membro) e «a questo scopo gli importi riscossi all'importazione e gli importi concessi all'esportazione nell'ambito della politica agricola comune sono diminuiti dell'importo correttivo»; |
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3) |
norme particolareggiate per 1 applicazione dell'art. 3 dovevano elaborarsi secondo la procedura del comitato di gestione. |
Dette norme venivano adottate dalla Commissione con il regolamento 29 marzo 1974, n. 712, «recante modalità d'applicazione dell'importo correttore applicato al latte scremato in polvere, durante la campagna lattiera 1974/1975». Questo regolamento in effetti definiva il latte magro in polvere, ai fini dell'art. 3 del regolamento n. 663/74, come «latte in polvere o granulato, avente tenore, in peso, di materie grasse inferiore o uguale a 3 %». Inoltre esso prescriveva importi correttivi proporzionali per alcuni mangimi contenenti latte magro in polvere. Ed esso stabiliva espressamente che gli i.c.m. «fissati in conformità del regolamento (CEE) n. 974/71» andavano diminuiti dell'importo correttivo.
Per il periodo in cui l'attrice ha effettuato le importazioni litigiose, gli i.c.m. da applicarsi erano stati stabiliti con i regolamenti della Commissione 29 marzo 1974, n. 725, 28 giugno 1974, n. 1692 e 31 luglio 1974, n. 2038, che hanno di volta in volta sostituito la parte 5 dell'allegato I del regolamento della Commissione 25 gennaio 1974, n. 218. In ciascuno dei summenzionati regolamenti nn. 725/74, 1692/74 e 2038/74 compariva una nota che specificava che gli importi in essi stabiliti, se del caso, dovevano venir ridotti come disposto dal regolamento n. 712/74.
Nella causa 28/76, il Finanzgericht sottoponeva alla Corte le due seguenti questioni:
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«1. |
Se, in forza del combinato disposto degli artt. 1 del regolamento (CEE) n. 974/71, 1 del regolamento (CEE) n. 218/74, allegato I, parte 5, nella versione del regolamento (CEE) n. 725/74, gl'importi compensativi monetari vigenti per il latte in polvere di cui alla voce 04.02 A II b 2 della tariffa doganale comune debbano essere ridotti dell'importo — massimo — di 2 unità di conto, anche qualora il tenore di grassi del prodotto superi il 3 % in peso e ricorrano gli altri presupposti stabiliti dal regolamento (CEE) n. 712/74. |
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2. |
Se, nel periodo 25 giugno-15 agosto 1974, i suddetti importi compensativi monetari di cui al regolamento (CEE) n. 725/74 potessero essere validamente fissati al livello per essi stabilito a quell'epoca». |
Come ho rilevato allora nelle mie conclusioni, le questioni avrebbero dovuto riferirsi unicamente ai regolamenti nn. 1692/74 e 2038/74, come pure al regolamento n. 725/74, però ciò ha secondaria importanza.
Come principale argomento, inerente alla prima questione, l'attrice osservava che l'art. 3 del regolamento n. 663/74, se correttamente interpretato, autorizzava la Commissione ad istituire «importi correttivi» per prodotti diversi dal latte magro in senso stretto e che la Commissione si era comportata in modo illegittimo non istituendoli per il latte in polvere con percentuale di grasso superiore al 3 %. In subordine l'attrice dichiarava che, qualora l'art. 3 del regolamento 663/74 non avesse autorizzato la Commissione a prendere simile iniziativa, l'illegittimità si sarebbe spostata sullo stesso articolo. Tuttavia tengo a sottolineare che nel provvedimento di rinvio mai si sollevava il problema della validità del regolamento n. 663/74.
Sulla seconda questione sollevata dal Finanzgericht, l'attrice svolgeva due argomenti: il primo — molto ampio — per sostenere che gli i.c.m. da applicarsi alle frontiere della Repubblica federale di Germania erano stati fissati sin dall'inizio ad un livello troppo alto ed avrebbero dovuto venir ridotti da tempo. Il secondo per dimostrare che, dal momento che il Consiglio, con il regolamento n. 663/74 aveva fissato prezzi di intervento diversi per il latte magro in polvere per la Germania e i paesi del Benelux, da una parte, e gli altri Stati membri dall'altra, tale differenza avrebbe dovuto rispecchiarsi, specie in virtù delle disposizioni degli artt. 1, n. 2 e 2, n. 2, del regolamento n. 974/71, negli i.c.m. fissati per i prodotti i cui prezzi dipendevano da quelli del latte magro in polvere, ivi compreso il latte intero in polvere. La validità del regolamento n. 663/74 stesso non poteva venir posta in discussione in base alla seconda questione sollevata dal Finanzgericht, giacché il quesito si limitava al se le rispettive aliquote degli i.c.m. «potessero essere validamente» fissate ad un determinato livello.
Le due argomentazioni dell'attrice circa la prima questione si fondavano sull'assunto che in effetti la riduzione apportata con gli «importi correttivi» ai prezzi del latte magro in polvere sui mercati tedesco e del Benelux, se raffrontati con i prezzi corrispondenti praticati sul mercato francese, aveva un impatto negativo sulla competitività, nei mercati primi menzionati, della polvere di latte intero. I clienti della ricorrente che acquistavano polvere di latte intero (per lo più fabbricanti di cioccolato, gelati o alimenti per neonati) avevano trovato più conveniente far uso di polvere di latte magro mescolata a burro fuso, altro articolo abbastanza a buon mercato, dato il prezzo d'intervento del burro, relativamente basso. A sostegno di questo assunto l'attrice produceva statistiche ed altri dati, specie tabelle che dimostravano la diminuzione delle importazioni tedesche di polvere di latte intero francese. L'attrice osservava che, così stando le cose, l'applicazione di importi correttivi alla polvere di latte magro, ma non a quella di latte intero, era contraria al principio della parità di trattamento ed in ispecie a quanto espressamente dispone in proposito l'art. 40, n. 3, del Trattato, che vieta, nell'organizzazione comune dei mercati agricoli, «qualsiasi discriminazione fra produttori o consumatori della Comunità».
La Commissione, dal canto suo, contestava i dati prodotti dall'attrice. Essa sosteneva che la riduzione dei prezzi provocata dagli importi correttivi, in Germania e nel Benelux, per la polvere di latte magro era troppo marginale per influire in misura rilevante sulla competitività della polvere di latte intero in questi mercati ed attribuiva il calo delle importazioni in Germania di polvere di latte intero francese ad altre cause, tra le quali la presenza sul mercato di grasso butirrico a buon mercato. La Commissione offriva di produrre perizie a sostegno della sua tesi, offerta ripetuta nella presente causa.
In definitiva, né io né la Corte abbiamo ritenuto necessario risolvere tale questione di fatto.
Stando a quanto ci era stato sottoposto in via pregiudiziale, il primo quesito da risolvere era se, secondo la corretta interpretazione del tenore del regolamento n. 663/74, questo autorizzasse la Commissione ad imporre importi correttivi per prodotti diversi dalla polvere di latte magro, in particolare per la polvere di latte intero. Io e la Corte concludevamo unanimemente che così non era. A questo punto, la tesi che la Commissione, avendo omesso di fissare detti importi correttivi, avesse violato il principio della parità di trattamento, veniva automaticamente a cadere. L'unico problema ancora da risolvere poteva essere quello del se, avendo omesso di autorizzare la Commissione ad imporre detti importi correttivi, il Consiglio avesse violato l'art. 40, n. 3, del Trattato. Approfondivo alquanto la questione e ne concludevo che, pur se l'attrice avesse avuto ragione sui fatti, non vi sarebbe stato alcun motivo di ritenere che il Consiglio avesse commesso una discriminazione vietata dal Trattato, in altre parole, di ritenere che il regolamento n. 663/74 fosse invalido (vedi Racc. 1976, pag. 1665). La sentenza sorvolava su questo punto, forse perché non espressamente sollevato nel provvedimento di rinvio, pur se la Corte, affrontando la seconda delle questioni sollevate, faceva un breve cenno all'argomento dell'attrice fondato sull'art. 40, n. 3 (vedi nn. 11 e 12 della motivazione).
In definitiva la Corte, risolvendo i quesiti posti dal Finanzgericht, dichiarava che (Racc. 1976, pag. 1658):
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«1. |
Il combinato disposto dell'art. 1 del regolamento (CEE) n. 974/71 e dell'art. 1 del regolamento (CEE) n. 218/74 (con l'allegato I, parte 5) nella versione del regolamento (CEE) n. 725/74 — entrambi da applicarsi al latte in polvere di cui alla voce doganale 04.02 A II b 2 della tariffa doganale comune — va interpretato nel senso che esso non consente la riduzione dell'importo compensativo monetario fino a concorrenza di un importo pari o inferiore a 2 u.c., nel caso in cui il tenore di grassi in peso sia superiore al 3 %. |
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2. |
La disamina della seconda questione non ha rilevato elementi atti ad inficiare la validità del regolamento n. 725/74.» |
Tornata la causa dinanzi al Finanzgericht, l'attrice sosteneva che la pronuncia pregiudiziale non era vincolante, giacché non vi si trattava l'argomento fondato sull'art. 40, n. 3, del Trattato, cosicché la motivazione risultava carente.
A mio parere questi argomenti erano mal impostati. È indubbio che l'art. 63 del regolamento di proceduta prescrive che la pronunce siano motivate. Ciò però non significa che la motivazione debba toccare ogni argomento svolto in corso di causa, pertinente o meno. Come ho mostrato, il contenuto del provvedimento di rinvio nella causa 28/76 e gli sviluppi della causa stessa rendevano perfettamente superfluo l'esame del punto relativo alla compatibilità dei regolamenti in questione con l'art. 40, n. 3, del Trattato. Non ha importanza il fatto che — ciononostante — la Corte si sia brevemente soffermata sull'argomento dell'attrice circa l'art. 40, n. 3, e che io lo abbia esaminato più a fondo.
In ogni modo, in base a questi argomenti, l'attrice ha chiesto al Finanzgericht:
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1) |
di rinviare nuovamente la causa a questa Corte, chiedendole espressamente di pronunciarsi circa la compatibilità dell'applicazione di prezzi d'intervento diversi, senza compensazione tra i prezzi, con l'art. 40, n. 3, del Trattato, nonché con talune precedenti sentenze della Corte che sono tra quelle citate dall'attrice nella causa 28/76 e che ho esaminato in quell'occasione (vedi Racc. 1976, pag. 1663); |
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2) |
in subordine, di rinviare al Bundesverfassungsgericht a norma dell'art. 100 della Costituzione germanica, per violazione dell'art. 19, n. 4, della stessa, giacché all'attrice sarebbe stata denegata giustizia; e |
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3) |
in ulteriore subordine, di statuire direttamente che gli importi compensativi cui l'attrice era stata assoggettata andavano ridotti di 2 u.c./q.le. |
Il Finanzgericht decideva di rinviare nuovamente la causa a questa Corte, sottoponendole le seguenti questioni:
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«1. |
Se, ai fini della prosecuzione della causa principale, con la sentenza della Corte di giustizia delle CC.EE. del 23 novembre 1976, causa 28/76, la validità del regolamento (CEE) n. 725/74, sia stata accertata in modo vincolante, sì da precludere l'esame della compatibilità di detto regolamento con il divieto di discriminazione di cui all'art. 40, n. 3, 2o comma. In caso di soluzione negativa della prima questione: |
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2. |
Se l'art. 40, n. 3, 3o comma, conferisca ai singoli diritti soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare. In caso di soluzione negativa della prima e positiva della seconda questione: |
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3. |
Se il giudice nazionale possa accertare l'effetto discriminatorio e sia competente a ridurre proporzionalmente l'importo del tributo.» |
Tuttavia il Finanzgericht non chiede ancora espressamente alla Corte di pronunciarsi su ciò che, come attrice e Commissione hanno convenuto dinanzi a voi, è ora il punto cruciale, cioè — in breve — se il regolamento del Consiglio n. 663/74 fosse compatibile con l'art. 40, n. 3, del Trattato. Però alla Corte è stato chiesto insistentemente di pronunciarsi su questo punto. A mio parere il buon senso impone di accogliere simile domanda, anche se ciò implica un piccolo strappo alle norme di procedura.
Dico «piccolo» in quanto, interpretando piuttosto generosamente le ultime parole del primo quesito del Finanzgericht, vi si può ravvisare l'invito a pronunciarsi su questo punto, qualora la Corte lo ritenesse opportuno.
Non starò a ripetere quanto ho già detto in proposito nella causa 28/76. Per le stesse ragioni, allora come oggi, penso che non vi sia motivo di dichiarare il regolamento n. 663/74 incompatibile con l'art. 40, n. 3. Nelle osservazioni scritte dell'attrice e nella sua esposizioné orale nella presente causa non ho reperito alcun elemento che potesse farmi cambiare idea. Infatti non sono emersi nuovi argomenti di qualche peso — su questo problema — in tutto ciò che l'attrice ha esposto nel corso della causa attuale.
Trattandosi del punto chiave della controversia, sarei fortemente tentato di concludere qui la mia esposizione. Il provvedimento di rinvio e le osservazioni presentate specie dal Consiglio e dalla Commissione sollevano tuttavia alcuni punti di interesse generale che non è bene passare sotto silenzio.
Anzitutto è fuori dubbio che una pronuncia pregiudiziale di questa Corte vincola il giudice proponente che l'ha sollecitata. Tuttavia, qualora sia all'esame la validità di un atto delle istituzioni comunitarie e la Corte non ne ravvisi l'invalidità è prassi costante della Corte non dichiarare expressis verbis che l'atto è valido, bensì dichiarare che l'esame dell'atto sotto il profilo tracciato dalla domanda non ha messo in luce elementi atti ad inficiarne la validità. La Corte ha preferito questa formula, come ho appreso, per non escludere la possibilità che, in un'altra causa, venga sollevata qualche nuova questione la quale porti a concludere che l'atto è invalido. Nella sentenza 28/76, il primo punto era una mera interpretazione, ma il secondo, sulla validità, era una pronuncia secondo la formula di rito, che appunto lasciava aperta la possibilità che venisse sollevata un'altra questione.
In secondo luogo, il giudice nazionale che ritenga di non aver ricevuto lumi sufficienti dalla sentenza che ha sollecitato, può rinviare nuovamente alla Corte a norma dell'art. 177 (vedi causa 29/68, Milchkontor/HZA Saarbrücken; Racc. 1969, pag. 80).
Ne consegue che il Finanzgericht, qualora dopo la sentenza 28/76 gli fossero rimasti dei dubbi sul se questa pronuncia risolvesse o meno il problema della compatibilità del regolamento n. 663/74 con l'art. 40, n. 3, del Trattato, aveva la facoltà e persino il dovere di rinviare la causa alla Corte. Dicendo che il Finanzgericht aveva il dovere di far ciò, non dimentico che esso non è un giudice di ultima istanza e quindi non era tenuto al rinvio; avendo però chiesto una pronuncia pregiudiziale in materia — che lo vincolava — ed avendo ottenuto una risposta che non gli pareva chiara, doveva, a mio parere, rimettere il problema sul tappeto dinanzi alla Corte. L'unica cosa strana è che il Finanzgericht non abbia sollevato espressamente la questione cruciale, ma non spetta a me indagare sui motivi di ciò.
Ne consegue pure — a mio parere — che la preoccupazione dimostrata dal Consiglio e dalla Commissione circa la ricevibilità del provvedimento di rinvio e, in caso affermativo, per quale motivo, era superflua. Essi hanno sostenuto che detto provvedimento, dato il suo tenore, poteva considerarsi più una domanda di interpretazione della sentenza 28/76 che una comune domanda pregiudiziale. In questo caso, sorgeva il problema del se la domanda fosse ricevibile a norma dell'art. 40 del Protocollo sullo Statuto della Corte oppure a norma dell'art. 177 del Trattato, come domanda d'interpretazione di un atto di un'istituzione comunitaria, cioè della Corte stessa. Quanto all' art. 40, è stato osservato che, a rigor di termini, questo articolo contempla solo la «richiesta di una parte o di una istituzione della Comunità che dimostri di avere a ciò interesse». Quindi, l'art. 40 può estendersi per analogia alla «richiesta» di un giudice nazionale? In caso negativo, l'idea che la Corte possa, a norma dell'art. 177, interpretare le proprie sentenze è ancor più sorprendente.
A mio parere, pur se l'esame di questi problemi è interessante e potrebbe risultare utile in futuro, è giocoforza dire che nella fattispecie esso è fuori luogo e non me ne vogliano coloro che lo hanno effettuato.
Quanto al se il secondo comma dell'art. 40, n. 3, del Trattato, in quanto esclude «qualsiasi discriminazione fra produttori o consumatori della Comunità», «conferisca ai singoli diritti soggettivi che il giudice nazionale deve tutelare», mi basta dire che sono d'accordo con la Commissione. La natura stessa della disposizione è tale da escludere che possa conferire diritti soggettivi. Però, per lo stesso motivo, essa può venir invocata dai singoli dinanzi al giudice nazionale per impugnare la validità di un atto delle istituzioni comunitarie che li tocchi direttamente.
Rimane il problema della formula da scegliere per questa insolita pronuncia. Sarei d'accordo con la Commissione e con il Consiglio che una pronuncia debitamente elaborata sulla prima questione del Finanzgericht dispenserebbe dal risolvere i due punti restanti. Penso pure che la motivazione che fornirete sia ben più importante della formula che sceglierete per il dispositivo. Propongo che, se siete d'accordo con me sulla sostanza del problema, la motivazione venga elaborata in modo da consentire, nel dispositivo, di limitarsi a dichiarare che l'ulteriore esame della questione non ha messo in luce elementi atti ad inficiare la validità del regolamento n. 725/74.
( 1 ) Traduzione dall'inglese.