CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE JEAN-PIERRE WARNER

DEL 22 GIUGNO 1977 ( 1 )

Signor presidente,

signori giudici,

nella presente causa ancora una volta questa Corte è invitata a pronunziarsi sull interpretazione del regolamento CEE del Consiglio n. 803/68, relativo al valore in dogana delle merci. La domanda formulata dal giudice di rinvio ha tuttavia ad oggetto una questione nuova: essa verte sul se nel valore in dogana delle merci vada incluso pure il valore dei brevetti sul procedimento di uso delle stesse.

La causa è stata sottoposta a questa Corte, in via pregiudiziale, dal Finanzgericht di Amburgo. Attrice è l'impresa Robert Bosch GmbH (in prosieguo, la «Bosch»); convenuto è lo Hauptzollamt di Hildesheim.

Questi i fatti all'origine della controversia:

Una società americana, la Globe-Union Inc., con sede in Milwaukee, (in prosieguo, la «Globe») è titolare del brevetto su un procedimento con cui vengono prodotti complessi di elementi per batterie elettriche. Col procedimento brevettato (riporto tra virgolette la descrizione di esso contenuta nel § 1.1.a) del contratto di cui parlerò più dettagliatamente fra breve) «serie di placche a reticolato e diaframmi vengono tenute insieme; in questa situazione, determinate parti vengono ripulite da un liquido; del metallo fuso viene colato in una forma dove si solidifica, fissando insieme determinate delle summenzionate placche e collegandole elettricamente». Il procedimento viene denominato «procedimento COS» (le lettere COS stanno per «cast-on-strap»). La Globe è pure produttrice, e titolare del relativo brevetto, di una macchina che viene descritta (nel § 1.1. b) di detto con tratto) come «destinata espressamente a mettere in atto il procedimento COS». Nella Repubblica federale di Germania sono stati registrati due brevetti per la macchina e uno per il procedimento. Non ci è stato detto quanti brevetti risultino registrati per essi in altri paesi.

Il contratto di cui ho fatto menzione era stato stipulato il 20 maggio 1965 fra la Bosch e la G-U Overseas Ltd., consociata britannica della Globe (in prosieguo, la «G-U O»). Esso stabiliva, fra l'altro, che la G-U O aveva il diritto, ai fini del contratto stesso, di disporre delle informazioni di carattere tecnico e dei diritti di brevetto della Globe relativamente al procedimento COS ed alla macchina e che la Bosch intendeva acquistare la macchina ed il diritto all'applicazione industriale del procedimento COS ed a servirsi quindi delle informazioni di carattere tecnico della Globe e dei diritti di brevetto. (La macchina veniva indicata nel contratto come «impianto COS»).

Il § 2.1. del contratto disponeva che la G-U O, nel termine di 90 giorni, avrebbe fornito alla Bosch talune informazioni di carattere tecnico e varie, che potessero consentire alla stessa di fabbricare batterie usando il procedimento e la macchina COS. Esso stabiliva altresì che: «inoltre la G-U O provvederà a che la Globe fornisca alla Bosch, a richiesta di questa, uno o due impianti COS con le caratteristiche, al prezzo ed alle condizioni che saranno previamente convenute tra la G-U O, la Globe e la Bosch». Non mi soffermo a considerare se l'obbligo così imposto alla G-U O fosse un vero e proprio obbligo giuridico, anche se pare (in forza del § 9.3. del contratto) ch'esso fosse regolato dal diritto inglese, per il quale, come principio generale, il contratto preliminare non è giuridicamente vincolante.

Le altre principali disposizioni del contratto possono riassumersi come segue.

In forza del § 2.2., la G-U O e la Globe dovevano fornire alla Bosch assistenza e consulenza tecnica, in particolare mediante visite di tecnici delle Globe negli stabilimenti della Bosch «per qualsiasi esigenza relativa al primo impianto COS e al suo montaggio». In forza del § 5.7., tali servizi dovevano essere addebitati sulla base delle effettive spese sostenute dalla G-U O o dalla Globe per le loro prestazioni. Ai sensi del § 2.3., la G-U O era tenuta a mettere a disposizione della Bosch, per l'intera durata del contratto, le informazioni di carattere tecnico — tutelate o meno da brevetto — in possesso della G-U O stessa e della Globe, che potessero essere di utilità nelle operazioni eseguite sulla base del contratto; ai sensi del § 2.4., alla Bosch veniva conferito il diritto di prendere visione in qualsiasi momento, nei due anni susseguenti alla data del contratto, dell'«impianto COS» della Globe in qualsivoglia «adeguato» stabilimento di quest'ultima. In forza del § 4.1., veniva attribuita alla Bosch una licenza non esclusiva, non trasferibile, «sulla base delle informazioni tecniche e dei diritti di brevetto della Globe e della G-U O» (i) per la fabbricazione, l'utilizzazione e la vendita, in tutti i paesi del continente europeo, delle batterie costruite secondo le informazioni tecniche messe per contratto a disposizione della Bosch o che presentassero una o più caratteristiche tecniche tutelate dai brevetti relativi alla macchina o al procedimento COS, (ii) nonché per l'uso e la vendita di batterie così fabbricate in Gran Bretagna ed Irlanda e tutti i paesi africani ed asiatici, salvo alcune eccezioni. Con varie disposizioni del contratto (in particolare i § § 2.5., 3.2. e 4.3.), la Bosch s'impegnava a sua volta a rispettare la segretezza e ad informare la G-U O dei perfezionamenti tecnici, brevettati o non brevettati, da essa apportati nell'uso della macchina o del procedimento COS. Con la clausola contenuta nel § 5.1., la Bosch s'impegnava a pagare alla G-U O un importo iniziale di 10000 dollari USA, entro un mese dalla data stabilita nel contratto. Secondo il § 5.2., nella versione emendata da un accordo integrativo stipulato il 12 dicembre 1968, la Bosch doveva pagare alla G-U O, per i primi 5 anni dalla conclusione del contratto, per ciascuna batteria venduta in forza della licenza, un diritto fisso il cui importo era pari a 1,15 cents per ogni batteria di 12 volts, con un minimo annuo di 7000 dollari USA. Ai sensi del § 5.3., a decorrere dal sesto anno dalla conclusione del contratto, i diritti di licenza avrebbero dovuto continuare ad essere corrisposti solo sulle batterie per la cui costruzione fossero stati usati uno o più dei brevetti oggetto di licenza, ed in tal caso le aliquote dei relativi diritti sarebbero state ridotte alla metà.

Secondo gli accertamenti del Finanzge-richt, le informazioni di carattere tecnico che dovevano essere fornite dalla G-U O alla Bosch in forza del contratto comprendevano dati concernenti la preparazione del liquido, la temperatura dei bagni di piombo e la composizione delle leghe di piombo da usare nell'applicazione dal procedimento COS.

Il 4 giugno 1974, l'attrice chiedeva presso il competente ufficio del convenuto lo sdoganamento di una macchina COS, fornita dalla Globe. La macchina veniva classificata sotto la voce doganale 85.11 — B della tariffa doganale comune (TDC), che comprende «macchine ed apparecchi elettrici per saldare, brasare o tagliare, per qualsiasi materia». L'aliquota (convenzionale) del dazio su tali beni, ai sensi della TDC, era del 7,5 %. Il convenuto, con avviso di accertamento provvísorio, valutava la macchina 271107,25 DM e, su questa base, esigeva a titolo di dazio 20333 DM, somma che la Bosch versava. Esso esigeva altresì 32058,40 DM a titolo d'«imposta sulla cifra d'affari all'importazione» (Einfuhrumsatzsteuer), ma ciò esula dal «petitum». La valutazione di 271107,25 DM, a mio modo di vedere, era basata su un importo di 228476,25 DM, che rappresenta il prezzo pagato dalla Bosch per la macchina (84254,95 dollari USA), e su un importo di 42631 DM, indicato come supplemento per i diritti di licenza che dovevano essere pagati dalla Bosch in forza del contratto 20 maggio 1965 (nella versione emendata).

La Bosch faceva opposizione contro detta valutazione. Non ritengo necessario dilungarmi in una dettagliata descrizione dei procedimenti amministrativi che ne seguirono. Basterà dire che essi culminarono nel provvedimento (Einspruchsent-scheidung) del convenuto 4 marzo 1975, in base al quale il supplemento di 42631 DM veniva ridotto a 27099,43 DM, riconoscendo così alla Bosch il diritto al rimborso di 1123,40 DM.

L'interessata impugnava detto provvedimento avanti il Finanzgericht, adducendo che non era dovuto alcun supplemento e, in subordine, che ove fosse dovuto, la richiesta del convenuto sarebbe stata comunque eccessiva.

Risulta che, nella discussione avanti il Finanzgericht, un ruolo rilevante è stato svolto dalla sentenza del Bundesfinanz-hof 7 agosto 1962 (VII 89/60 U, Bundes-steuerblatt III 1962, pag. 549). In essa il Bundesfinanzhof affermava che qualora, in collegamento con l'acquisto e l'importazione di una macchina fabbricata su brevetto, venga ceduto anche il diritto ad un procedimento brevettato, ovvero attribuita una licenza per l'esercizio di tale diritto, il corrispettivo per tale cessione o attribuzione è compreso nel valore in dogana della macchina, almeno nel caso in cui questa, a motivo delle sue speciali caratteristiche strutturali e di funzionamento, si identifichi col procedimento brevettato in modo che colui il quale è legittimato a servirsi della macchina brevettata possa automaticamente, nell'uso della stessa applicare il procedimento brevettato.

Tale sentenza veniva tuttavia pronunziata dal Bundesfinanzhof ad interpretazione della legge tedesca 16 agosto 1951 relativa alla tariffa doganale (Zolltarifgesetz), legge anteriore non solo al regolamento n. 803/68, ma anche all'entrata in vigore della convenzione di Bruxelles sul valore in dogana delle merci. Caratteristica comune di detta legge, della convenzione di Bruxelles e del regolamento n. 803/68 è che tutti questi testi si basavano o si basano, quanto al valore in dogana delle merci, sulla nozione di «prezzo normale» delle stesse. Cionondimeno la particolare disposizione di cui si trattava nella causa avanti il Bundesfinanzhof era il § 6, 4o comma, dello Zolltarifgesetz, norma avente una formulazione più ampia e meno precisa delle corrispondenti disposizioni della convenzione di Bruxelles e del regolamento n. 803/68. Il § 6, 4o comma, disponeva, per quanto qui interessa, che: «Il prezzo normale comprende il diritto di utilizzazione del brevetto … per le merci, ove le merci importate costituiscano oggetto di un siffatto diritto» (Im Normalpreis ist einbegriffen das Recht zur Benutzung des Patents … an den Waren, wenn die eingefuhrten Waren Gegenstand eines solchen Rechtes sind). Va anche osservato che l'iter logico seguito dal Bundesfinanzhof era in larga misura fondato su precedenti giurisprudenziali e dottrinali relativi alla legislazione doganale tedesca ed al diritto tedesco in materia di brevetti.

Quanto al diritto tedesco, lo Zolltarifgesetz sembra esser stato tacitamente abrogato dalla legge 17 dicembre 1951 relativa all'applicazione in Germania di tre convenzioni di Bruxelles in materia doganale, compresa quella sul valore delle merci (Gesetz über internationale Verein-barungen auf dem Gebiete des Zollwe-sens).

Come vi è noto, le convenzioni di Bruxelles vincolano tutti gli Stati membri della Comunità ed inoltre un gran numero di altri Stati. La convenzione sul valore delle merci contiene, nell'allegato I, la «definizione del valore in dogana» che, in forza dell'art. II della convenzione, ciascuna parte contraente s'impegnava ad introdurre nella propria legislazione interna e, nell'allegato II, le «note interpretative» di cui, in forza dell'art. III, ciascuna parte contraente s'impegnava a tener conto nel- l'applicare la definizione del valore. Non ritengo necessario parlare dell'allegato I, in quanto i suoi termini si ritrovano nel regolamento n. 803/68 del quale mi occuperò fra poco, ma vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che la definizione del valore ivi contemplata stabilisce, come unità di misura del valore in dogana delle merci importate, il prezzo che può ritenersi convenuto per dette merci in una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza, tra un acquirente ed un venditore indipendenti l'uno dall'altro, nozione — qualificata come «prezzo normale» — che viene poi ulteriormente precisata. Devo, tuttavia, leggere in parte una delle note interpretative contenute nell'allegato II, cioè la nota 5. Essa recita:

«Scopo della definizione del valore è di consentire, in tutti i casi, il calcolo dei dazi doganali sulla base del prezzo al quale un acquirente qualsiasi può procurarsi le merci importate, in una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza nel porto o luogo d'introduzione nel paese d'importazione. Questa formula ha portata generale; essa si applica prescindendo dal se le merci importate abbiano o meno costituito oggetto di un contratto di vendita, nonché dalle condizioni di tale contratto.

Tuttavia l'applicazione di tale definizione implica una indagine sui prezzi praticati al momento della valutazione. In pratica, quando le merci importate costituiscono oggetto di una vendita in buona fede, il prezzo pagato o da pagare in forza di tale vendita potrà venir considerato, in generale, come una valida indicazione del prezzo normale contemplato nella definizione. Di conseguenza il prezzo pagato o da pagare potrà senz'altro servire di base per la valutazione, ed è raccomandato alle amministrazioni doganali di ammetterlo come valore delle merci considerate, con riserva:

a)

delle disposizioni da adottare onde evitare evasione di dazi a mezzo di prezzi o di contratti fittizi o simulati;

b)

degli eventuali adeguamenti di tale prezzo ritenuti necessari per tener conto degli elementi che, nella vendita considerata, differiscano da quelli contemplati dalla definizione del valore».

L'art. IV della convenzione dispone che ciascuna parte contraente potrà adeguare il testo della definizione del valore: a) inserendovi quelle disposizioni delle note interpretative ch'essa riterrà opportune, e, b) dando a tale testo la forma giuridica indispensabile perché esso possa divenire efficace nella propria legislazione nazionale, «con l'aggiunta, se del caso, di disposizioni integrative che precisino la portata della definizione».

Come viene chiaramente messo in evidenza nel preambolo del regolamento n. 803/68 (GU n. L 148 del 28. 6. 1968, pag. 6), lo scopo di tale regolamento è di adeguare la definizione del valore e le note interpretative alle necessità dell'unione doganale creata dal trattato CEE, in guisa da garantire l'uniforme applicazione della tariffa doganale comune in tutti gli Stati membri.

Gli artt. 1-8 di detto regolamento in parte riproducono e in parte integrano la definizione del valore.

L'art. 1, n. 1, recita:

«Per l'applicazione della tariffa doganale comune, il valore in dogana delle merci importate è il prezzo normale, cioè il prezzo che può ritenersi convenuto per dette merci, al momento previsto dall' art. 5 [cioè, di regola, al momento dell'importazione], in una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza, fra un compratore ed un venditore indipendenti l'uno dall'altro».

L'art. 1, n. 2, e gli artt. 2-8 sono intesi a precisare la nozione definita nell'art. 1, n. 1, illustrando con ricchezza di particolari le condizioni e le altre caratteristiche dell'ipotetica vendita ivi contemplata.

L'art. 1, n. 2, ad esempio, enuncia i presupposti relativi al luogo di consegna, alla parte sulla quale gravano le spese attinenti alla vendita e alla consegna e a colui che è tenuto a sopportare l'onere dei dazi interni e delle imposte.

L'art. 2, n. 1, dispone:

«Una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza fra un compratore ed un venditore indipendenti l'uno dall'altro è una vendita nella quale, in particolare:

a)

il pagamento del prezzo delle merci costituisce la sola prestazione effettiva del compratore; per prestazione effettiva si deve intendere non soltanto l'adempimento di un obbligo legale o contrattuale, ma anche qualsiasi altra controprestazione;

b)

il prezzo convenuto non è influenzato da relazioni commerciali, finanziarie od altre, contrattuali e non, che potrebbero esistere, al di fuori di quelle create dalla vendita stessa, fra il venditore od una persona fisica o giuridica associata in affari al venditore, da una parte, ed il compratore od una persona fisica o giuridica associata in affari al compratore, dall'altra;

c)

nessuna parte del ricavato dalle ulteriori vendite o da altri atti di disposizione o dall'utilizzazione delle merci spetterà, direttamente o indirettamente, al venditore od a qualsiasi altra persona fisica o giuridica associata in affari al venditore».

L'art. 2, n. 2, che figurava tra le disposizioni in questione nella causa Firma Farbwerke Hoechst AG/Hauptzollamt Frankfurt-Main/West sottoposta di recente a questa Corte (sentenza 82/76, ancora inedita), stabilisce le circostanze in cui due persone debbano considerarsi associate in affari.

L'art. 3, che vi è pure noto dalla suddetta causa, riguarda i diritti della proprietà industriale. Ricorderete in particolare ch'esso si occupa in maniera dettagliata dei marchi di fabbrica. Esso tratta invece succintamente, al n. 1, la materia dei bre vetti. Purtroppo si rilevano differenze, seppure minime, nella formulazione di tale disposizione nelle diverse lingue ufficiali della Comunità. Tali differenze trovano origine in una discrepanza tra i due testi facenti fede della convenzione di Bruxelles, cioè i testi inglese e francese.

Il testo inglese (dell'art. III dell'allegato I alla convenzione) viene ripreso nelle versioni inglese e tedesca dell'art. 3, n. 1. Esso recita, per quanto qui interessa:

«When the goods to be valued … are manufactured in accordance with any pa-tented invention … the normal price shall be determined on the assumption that it includes the value of the right to use the patent … in respect of the goods».

(Wenn die zu bewertenden Waren … nach einer patentierten Erfindung herge-stellt sind …, wird bei der Ermittlung des Normalpreises berücksichtigt, daß dieser den Wert des Rechts umfaßt, für diese Waren das Patent … zu benutzen).

Il testo francese, che ritroviamo nelle versioni francese e italiana dell'art. 3, n. 1, recita:

«Lorsque les marchandises à évaluer … sont fabriquées d'après un brevet d'inven-tion … la détermination du prix normal se fera en considérant que celui-ci com-prend la valeur du droit d'utiliser, pour lesdites marchandises, le brevet …».

(Allorché le merci da valutare … sono fabbricate secondo un brevetto d'invenzione … la determinazione del prezzo normale si farà considerando che tale prezzo comprenda il valore del diritto di utilizzare, per dette merci, il brevetto …).

Quindi, in base ai testi inglese e tedesco deve trattarsi di merci fabbricate secondo l'invenzione, la menzione del brevetto essendo aggettivale; in base ai testi francese e italiano, deve invece trattarsi di merci fabbricate secondo il brevetto, essendo qui aggettivale la menzione dell'invenzione. I testi danese e olandese dell'art. 3, n. 1, vanno anche oltre in questo senso: essi fanno riferimento solò al brevetto. Come vedrete, nel contesto della presente causa, le versioni inglese e tedesca risultano più chiare rispetto alle altre.

Onde completare la disamina degli artt. 1-8 del regolamento: l'art. 4 dispone, salvo deroghe relative alle merci la cui importazione avviene a consegne frazionate, che «il prezzo normale è determinato supponendo che la vendita verta sulla quantità delle merci da valutare»; l'art. 5 stabilisce il momento da prendere in considerazione ai fini della determinazione del valore; gli artt. 6-7 contengono definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 1, n. 2; l'art. 8 tratta delle spese di trasporto.

Gli artt. 9 e segg. dello stesso regolamento danno attuazione a quanto dichiarato nella nota interpretativa n. 5 della convenzione di Bruxelles, secondo cui, in pratica, quando le merci importate costituiscono oggetto di una vendita in buona fede, il prezzo pagato o da pagare per detta vendita potrà venir considerato, in generale, con riserva di opportune precauzioni ed eventuali adeguamenti, come una indicazione valida per determinare il «prezzo normale».

L'art. 9 recita:

«1.   Il prezzo pagato o da pagare potrà essere ammesso come valore in dogana a condizione che:

a)

sia data esecuzione al contratto di vendita entro i termini previsti dall'art. 10,

b)

il prezzo corrisponda, nel momento in cui è stato convenuto, ai prezzi praticati in una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza fra un compratore ed un venditore indipendenti l'uno dall'altro,

c)

tale prezzo sia rettificato, se necessario, per tener conto degli elementi che, nella vendita considerata, differiscano dagli elementi costitutivi del prezzo normale.

2.   Le rettifiche di cui al paragrafo 1, lett. c), riguardano in particolare:

a)

le spese considerate all'art. 1, paragrafo 2,

b)

le riduzioni di prezzo accordate soltanto ai concessionari unici, ai rappresentanti esclusivi e ad ogni altra persona fisica o giuridica operante in condizioni comparabili,

c)

gli sconti anormali, come pure qualunque altra riduzione sul prezzo usuale di concorrenza.»

(L'art. 10 dispone che, salvo deroghe, l'art. 9 va applicato solo quando la data del contratto sia anteriore di non più di sei mesi rispetto al momento da prendere in considerazione per la determinazione del valore in dogana).

Non ritengo necessario esporvi i susseguenti articoli del regolamento. Il problema posto al Finanzgericht in questa causa è quello del se, ed eventualmente in qual misura, il prezzo pagato dalla Bosch in forza del contratto per l'acquisto della macchina (84254,95 dollari USA ovvero 228476,25 DM) debba essere rettificato, giusta l'art. 9, n. 1, lett. c) di detto regolamento, «per tener conto degli elementi che, nella vendita considerata, differiscano dagli elementi costitutivi del prezzo normale». La questione sottoposta a questa Corte dal Finanzgericht è quella del «se l'art. 3, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 803/68 … vada interpretato nel senso che il prezzo normale comprende anche il valore dei brevetti su procedimenti che s'identificano con un dispositivo meccanico, ai sensi della sentenza 7 agosto 1962 del Bundesfinanzhof (VII 89/60 U, Bundes-steuerblatt III 1962, pag. 549)».

Nell'ordinanza di rinvio il Finanzgericht chiarisce che qualora, come è incline a ritenere, tale questione vada risolta in senso negativo, esso accoglierà il punto di vista della Bosch secondo cui al prezzo della macchina non deve essere aggiunto alcun supplemento per i diritti che l'attri-che doveva pagare in forza del contratto del 1965. Ciò in quanto, secondo il Finanzgericht, nessuna parte di questi diritti era attribuibile all'uso, da parte della Bosch, dei brevetti sulla macchina. Alla luce degli argomenti delle parti, il Finanzgericht è pervenuto alla conclusione che tali oneri fossero interamente dovuti come corrispettivo per altri diritti acquisiti dalla Bosch in forza del contratto del 1965, cosicché il prezzo da esso pagato per la macchina va considerato comprensivo del corrispettivo per l'uso dei brevetti sulla macchina. Naturalmente non compete a questa Corte vagliare se, in merito a tale questione, il Finanzgericht sia effettivamente nel giusto. Quest'ultimo giudice aggiunge che qualora la questione da esso sottoposta a questa Corte dovesse essere risolta in senso affermativo, esso procederebbe ad una riduzione del supplemento preteso dal convenuto. Ciò in quanto, sulla base dei fatti, esso ritiene che il procedimento COS «si identifichi» solo parzialmente con la macchina COS nel senso della giurisprudenza del Bundesfinanzhof. Al fine di fabbricare batterie secondo tale procedimento, è necessario disporre non solo della macchina e delle istruzioni per il suo uso, ma anche di altri dati di carattere tecnico, concernenti la preparazione del liquido, la temperatura dei bagni di piombo e la composizione delle leghe di piombo, nessuno dei quali «s'identifica» con la macchina.

A mio avviso, signori, la questione sottoposta dal Finanzgericht non può risolversi semplicemente con un «sì» o con un «no». Sorvolo sul punto, di per sé ovvio, che questa Corte, le cui decisioni devono essere applicate, uniformemente, dai giudici di tutti gli Stati membri, renderebbe il compito di tali giudici più difficile del necessario, ove essa emettesse la propria sentenza con riferimento alla precedente pronunzia di un organo giurisdizionale, per quanto autorevole, di uno degli Stati membri. La principale difficoltà consiste nel fatto che la sentenza 7 agosto 1962 del Bundesfinanzhof era stata pronunziata ad interpretazione, non già del regolamento n. 803/68, bensì di una legge nazionale anteriore, differente mente formulata, e nel contesto del proprio sistema normativo interno in materia doganale e di brevetti. Mentre sarebbe strano constatare la possibilità che una siffatta pronunzia venga trasposta, senza alcuna modifica, nell'ordinamento comunitario, altrettanto sorprendente sarebbe la constatazione dell'assenza di qualsiasi spunto analogico nel diritto comunitario.

Ritengo, quindi, che questa Corte debba procedere all'interpretazione del regolamento n. 803/68, per quanto riguarda il problema posto nella presente causa, con il dovuto rispetto per le considerazioni svolte dal Bundesfinanzhof, ma pure con la consapevolezza del fatto che tale problema non coincide esattamente con quello a suo tempo risolto da detto giudice. In particolare, questa Corte non può non tener conto della necessità che la sua interpretazione del regolamento n. 803/68 possa trovare applicazione pratica in tutti gli Stati membri, nonostante qualsiasi divergenza tra le rispettive legislazioni in materia di brevetti. Di fronte a tale esigenza, l'esperto di diritto comunitario è naturalmente portato a ricorrere ad uno studio comparativo delle legislazioni degli Stati membri in materia. Da parte mia, sono tuttavia pervenuto alla conclusione che, nel presente caso, le incertezze sono tante che un siffatto studio sarebbe vano. Per dare soltanto un esempio, nel diritto inglese rimane in sospeso la questione del se costituisca contraffazione del brevetto sul procedimento la vendita di una macchina che non può essere usata se non in maniera da violare i diritti di brevetto (vedasi: giudice Clauson in Cincinnati Grinders Inc./B.S.A. Tools Ltd. (1930), 48 R.P.C. pag. 58; Terrel, «Law of Patents» (12 a ed.) § 360, e Blanco White, «Patents for Inventions» (4 a ed.) § § 3-210). Inoltre, è possibile che il regolamento n. 803/68, nei limiti in cui riprende la definizione del valore data dalla convenzione di Bruxelles (e, come ho indicato, deve ritenersi che i termini in questione dell'art. 3, n. 1, siano intesi a tale scopo), debba venire interpretato anche alla luce delle legislazioni di quegli Stati che, pur se non membri della Comunità, sono tuttavia parti contraenti della convenzione. Questi Stati sono però così numerosi che non ritengo possibile, in pratica, un serio studio comparativo delle rispettive norme. Presumo che non solo gli autori della convenzione di Bruxelles, ma anche quelli del regolamento n. 803/68 siano pervenuti alla medesima conclusione, ragion per cui essi hanno cercato di formulare sia le disposizioni della convenzione sia quelle del regolamento in termini non tecnici, ma precisi. Il compito di questa Corte consiste nel- l'interpretare tali termini e, a mio avviso, detto compito sarà assolto nel modo migliore attenendosi strettamente ad essi. Rilevo che nell'ordinanza di rinvio vi è un accenno il quale lascia arguire che il Finanzgericht condivide questa opinione.

La Bosch ha ammesso, in corso di causa, che esiste un caso in cui il brevetto sul procedimento può essere equiparato, ai fini dell'applicazione dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 803/68, ad un brevetto sul prodotto (macchina). Ciò si verifica qualora la macchina sia costruita in guisa che il suo uso implichi automaticamente l'attuazione del procedimento brevettato e non esista, tecnicamente, alcuna possibilità d'applicare tale procedimento se non servendosi della macchina. La Bosch ha fatto una distinzione fra questo caso ed altri, in cui, ad esempio, il procedimento può essere applicato anche in maniera diversa che non servendosi della macchina, o quest'ultima può essere destinata ad usi diversi dall'applicazione del procedimento, o l'uso della macchina coincide solo in parte con tale applicazione, ovvero la macchina può essere usata per applicare il procedimento solo nel caso in cui si conoscano le peculiarità del procedimento brevettato. La presente fattispecie, ha sostenuto la Bosch, rientra in quest'ultima ipotesi, giacché la macchina in questione non potrebbe essere effettivamente usata per il procedimento, senza la conoscenza dei dati relativi alla preparazione del liquido, alla composizione delle leghe di piombo ed alle tolleranze di temperatura entro le quali il lavoro dev'essere eseguito.

Giustamente, a mio avviso, è stata fatta la suddetta ammissione. Come sottolineato dalla Bosch, nel caso in cui l'attuazione di un procedimento implichi semplicemente l'uso d'una particolare macchina, non viene soddisfatto alcun vero e proprio scopo commerciale col conseguire un brevetto sul procedimento in aggiunta al brevetto sulla macchina. In un siffatto caso, l'invenzione della macchina e l'invenzione del procedimento costituiscono un'unica e medesima invenzione. Un brevetto su tale invenzione non può essere escluso dall'ambito dell'art. 3, n. 1, semplicemente perché esso si presenta sotto forma di un brevetto sul procedimento. L'invenzione resta, nonostante la formula del brevetto, l'invenzione «secondo» la quale la macchina è stata fabbricata, ai sensi dell'art. 3, n. 1.

Nelle osservazioni scrìtte la Commissione ha osservato che, in forza della legislazione tedesca in materia di brevetti, non è possibile conseguire un brevetto sul procedimento avente il medesimo contenuto di un brevetto sul prodotto (macchina). In un utile documento, da essa depositato dopo la trattazione orale a richiesta della Corte, la Commissione ha preso in esame tale problema alla luce dei sistemi legislativi degli altri Stati membri. La conclusione che si deve trarre da tale disamina è che in tutti gli Stati membri vige sostanzialmente lo stesso principio, cosicché, almeno in teoria, siffatti casi di doppio brevetto dovrebbero essere rari. Esistono tuttavia divergenze fra i vari Stati membri nelle particolari applicazioni di tale principio ed è noto, certo, che specialmente in questo settore ciò che accade in pratica non sempre coincide con quanto previsto dal legislatore. In caso contrario, invero, non sorgerebbero mai controversie nelle quali la validità di un brevetto venga contestata in base ad un «precedente diritto», o comunque contestazioni del genere non avrebbero mai successo. In verità, l'applicazione delle norme contro il doppio brevetto dà origine a problemi di una tale complessità che sarebbe utopistico ritenere che non vi possa mai essere sovrapposizione tra un brevetto sulla macchina e un brevetto sul procedimento. (In proposito, mi è forse lecito ricordare quale sia la situazione in Inghilterra, così come viene descritta in Terrell, op. cit. § § 256-264, e Blanco White, op. cit. § § 4-301-312. In quest'ultima i § § 4-304 e 4-309 sono di particolare interesse per il nostro caso).

Benché, quindi, la Bosch fosse a mio avviso nel giusto quando ha fatto la suddetta ammissione, non ritengo ch'essa sia andata abbastanza lontano, poiché non si è riferita all'ipotesi in cui l'invenzione protetta da un brevetto sul procedimento comprende, oltre l'uso di una particolare macchina, anche qualcosa d'altro. In un siffatto caso mi sembra che l'invenzione, in quanto riguardante la macchina, non sia esclusa dall'ambito d'applicazione dell'art. 3, n. 1. La Commissione ha sostenuto che, in tal caso, il valore del diritto all'uso del brevetto va suddiviso in una parte che riguarda la macchina ed un'altra relativa ad altre possibilità di utilizzazione. Condivido questa opinione.

Dove non sono d'accordo con la Commissione è nel ragionamento seguito da quest'ultima per giungere a tale conclusione. La Commissione ritiene, da un canto, che all'art. 3, n. 1, va data una interpretazione restrittiva, la quale esclude qualsiasi brevetto sul procedimento, a meno che si tratti di procedimenti con cui le merci importate siano state esse stesse fabbricate; d'altro canto, a suo avviso, risulta implicitamente dall'art. 1, n. 1, di detto regolamento che, laddove un procedimento brevettato comprenda l'uso di una particolare macchina, il valore del diritto all'uso della macchina rientra nel «prezzo normale» di quest'ultima.

Procedendo all'interpretazione dell'art. 3, n. 1, la Commissione concentra la propria attenzione sul riferimento alle merci che sono state «fabbricate secondo» un'invenzione protetta da brevetto. Da ciò la Commissione deduce che l'art. 3, n. 1, non riguarda affatto l'uso delle merci dopo la loro fabbricazione ed importa zione. Tuttavia questo modo di vedere mi pare, con il dovuto rispetto per la Commissione, confondere l'utilizzazione di un brevetto relativo a determinate merci (cui si riferisce l'art. 3, n. 1) con l'uso delle merci stesse. Prendiamo il semplice caso di una macchina protetta da un brevetto. La fabbricazione della macchina senza licenza costituirebbe una contraffazione. Ma lo stesso dovrebbe dirsi della vendita o della locazione, non autorizzate, della macchina dopo la sua fabbricazione, come pure del suo successivo illecito uso nella produzione industriale di altre merci. Si ha quindi utilizzazione del brevetto relativo alla macchina non solo quando essa viene fabbricata, ma anche quando viene successivamente venduta, locata, ovvero usata nella produzione. Il riferimento, nell'art. 3, n. 1, al «… diritto di utilizzare, per dette merci, il brevetto …» va inteso nel senso ch'esso comprende tutte queste ipotesi. La situazione, in un caso come quello di specie, differisce da quella sopra prospettata solo in quanto, trattandosi di un brevetto sul procedimento, è necessario accertare in qual misura, eventualmente, l'invenzione da esso tutelata sia effettivamente quella relativa alla macchina.

Il cercare di risolvere tale problema con riferimento all'art. 1, n. 1, del regolamento presta il fianco a due importanti obiezioni.

La prima è che in tal modo non si tiene conto del sistema costituito dagli artt. 1-8 del regolamento. L'art. 1, n. 1, come ho sottolineato, fornisce solo una definizione generale della nozione di «prezzo normale». Gli arrt. 1, n. 2, e 2-8 precisano tale definizione, stabilendo particolari modalità di applicazione in relazione a materie specifiche. La questione dei diritti relativi alla proprietà industriale, ed in particolare dei brevetti, è trattata nell'art. 3. Di conseguenza, non vi è alcuna possibilità di ricavare ulteriori indicazioni dall'art. 1, n. 1, in materia di brevetti. Ovviamente, ciascuna delle disposizioni del regolamento va interpretata alla luce delle altre, ma ciò non significa che una di tali disposizioni possa essere interpretata nel senso che essa tratti implicitamente questioni che rientrano espressamente in un'altra.

La seconda e più grave obiezione è che il regolamento n. 803/68 rientra nella legislazione fiscale. Eso ha lo scopo e l'effetto di stabilire obblighi fiscali. Sarebbe contrario a qualsiasi principio sostenere che tali obblighi possano venire imposti od aggravati per via di illazioni.

L'argomentazione stessa della Commissione rivela una difficoltà insita nelle sue premesse. La Commissione si è naturalmente resa conto del fatto che non bastava affermare che questo caso era implicitamente compreso nell'art. 1, n. 1. Essa doveva enunciare un principio da cui potesse essere dedotta questa tesi. Il principio da essa fatto valere è stato quello secondo cui l'acquisto di merci al loro «prezzo normale» implica che l'acquirente le acquisti esenti da ogni restrizione circa il loro uso. Giacché siamo manifestamente nel campo delle illazioni, è forse fuori luogo sottolineare che nessun principio del genere è espresso nell'art. 1, n. 1. Fatta questa concessione, ritengo però giusto osservare che il principio così enunciato è incompatibile con le conclusioni della stessa Commissione, poiché quest'ultima ammette che vi siano circostanze in cui l'esistenza di un brevetto sul procedimento restringerà la libertà dell'acquirente di una macchina quanto all'uso della stessa, anche se il va lore del diritto di utilizzare tale brevetto non rientra nel «prezzo normale» della macchina. La verità è che niente, nell'espressione «in condizioni di libera concorrenza» — sulla quale, a mio avviso, la Commissione si è principalmente basata —, autorizza a ritenere che colui il quale acquista merci in tali condizioni le acquisterà libere da ogni restrizione circa il loro uso. Ad esempio, nel diritto inglese vige il principio che la vendita di un articolo brevettato da parte del titolare del brevetto, a prescindere dalle condizioni di concorrenza, si presume comportare, per l'acquirente, il diritto all'utilizzazione dell'articolo «ad libitum», ma che tale presunzione non è ammessa se, al tempo della vendita, l'acquirente era a conoscenza delle restrizioni imposte dal titolare del brevetto, mediante contratto od altrimenti, sull'utilizzazione della merce (vedasi: National Phonograph Co. of Australia, Ltd/Menck, 1911, A.C. 336; Goodyear Tyre and Rubber Co. (GB.) Ltd/Lancashire Batteries Ltd. 1958, 1 W.L.R. pag. 861; e Dunlop Rubber Co. Ltd/Longlife Battery Depot, ibid., pag. 1037). Naturalmente, se ed in quanto l'art. 3, n. 1, trovi applicazione, esso richiede che di tali restrizioni non si tenga conto nel calcolo del «prezzo normale» di cui al detto articolo. Cionondimeno, nulla di simile può legittimamente ricavarsi né dall'art. 1, n. 1, considerato in se stesso, né, ai fini della presente fattispecie, da qualsiasi altra disposizione del regolamento.

In conclusione, propongo che la questione sottoposta a questa Corte dal Finanzgericht venga risolta dichiarando che l'art. 3, n. 1, del regolamento n. 803/68 dev'essere interpretato nel senso che il prezzo normale di un dispositivo meccanico comprende il valore del diritto all'utilizzazione di un brevetto sul procedimento, se ed in quanto la portata del brevetto è tale da includere l'invenzione dello stesso dispositivo meccanico.


( 1 ) Traduzione dall'inglese.