CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE HENRI MAYRAS

DEL 29 OTTOBRE 1975 ( 1 )

Signor presidente,

signori giudici,

I — Gli antefatti

In forza del decreto reale 15 marzo 1968, tutti i veicoli automobili — prodotti o montati in Belgio oppure importati — sono immessi in circolazione solo se omologati a norma di legge.

Il ministro delle comunicazioni oppure gli enti da esso delegati sono competenti a rilasciare per ogni tipo di veicolo il verbale d'omologazione.

La ditta costruttrice — oppure, in caso di ditte con sede all'estero, il rappresentante generale in Belgio — deve controllare che ogni veicolo nuovo sia conforme a quanto dichiarato nel verbale d'omologazione del modello-tipo.

L'effettuazione del controllo tecnico è comprovata dall'attestato d'omologazione e dall'apposizione sul veicolo delle placche di matricola.

Per quanto riguarda i veicoli usati, fino al 15 marzo 1973 tale controllo si effettuava nelle stazioni di controllo statali.

Da questa data, per disposizione del ministro delle comunicazioni, gli uffici competenti non hanno più rilasciato attestati d'omologazione per i veicoli importati dopo essere stati immatricolati ali estero per un periodo inferiore ai sei mesi.

In questo caso, spetta al rappresentante generale in Belgio dell'impresa costruttrice effettuare il controllo delle automobili usate, analogamente a quanto avviene per i veicoli nuovi.

Questi compiti spettano anche alla società anonima General Motors Continental NV che ha sede ad Anversa. Detta società appartiene al 100 % alla ditta americana General Motors Corporation e funge da filiale per tutti i paesi del Benelux.

In forza del decreto reale 15 marzo 1968 tale società è riconosciuta come rappresentante esclusivo in Belgio dei costruttori d'automobili appartenenti al gruppo General Motors ed in particolare della società Adam Opel che è a sua volta controllata totalmente dalla casa madre americana.

La società belga provvede all'omologazione di tutti i modelli di veicoli del gruppo General Motors montati o importati in Belgio. Per le automobili di marca Opel e Vauxhall, fabbricate in Europa, essa provvede all'omologazione «in grande serie».

Per i veicoli di tipo americano essa richiede generalmente l'omologazione «in piccola serie» valida per importare dieci veicoli di un determinato modello all' anno, al massimo.

La stessa ditta inoltre garantisce che tutti i veicoli da lei venduti tramite i concessionari ufficiali siano conformi al verbale relativo al modello standard.

Come rappresentante esclusivo, la ditta belga deve anche provvedere all'omologazione dei veicoli General Motors importati non già tramite il canale di distribuzione ufficiale, ma anche tramite i singoli o i commercianti indipendenti, sia che si tratti di veicoli nuovi, sia, dal 15 marzo 1973, di automobili immatricolate all'estero da meno di sei mesi.

Le formalità di controllo per l'omologai zione dei veicoli Opel, montati in Belgio o importati di prima mano tramite la General Motors Continental, erano espletate gratuitamente a quel tempo dall'ufficio vendite di detta società, che considerava tale attività una forma d'assistenza alla clientela.

Per contro, nel caso di veicoli importati parallelamente, tali spese venivano addebitate agl'importatori.

Durante il periodo 15 marzo31 luglio 1973, la General Motors Continental fatturava, per le spese di controllo e di omologazione di detti autoveicoli, 5000 franchi belgi più 900 franchi di IVA.

Detto prezzo corrispondeva alla tariffa stabilita per l'omologazione dei veicoli di tipo americano importati in Belgio. È pacifico che dette spese sono molto inferiori nel caso di veicoli costruiti in Europa.

Comunque questa è stata la tariffa d'omologazione per cinque automobili di marca Opel importate parallelamente dopo il 15 marzo 1973.

Di fronte ai reclami di alcuni degli acquirenti, la GMC decise, dal 1o giugno 1973, di ridurre a FB 1000 (tasse escluse) la tariffa d'omologazione dei veicoli di produzione europea così importati, almeno per alcune categorie di acquirenti: membri del corpo diplomatico, dipendenti delle organizzazioni internazionali.

In seguito, dopo un'analisi delle spese effettive di controllo, la tariffa per detti veicoli è stata portata a FB 1250 più FB 187 di IVA: tale tariffa è entrata in vigore il 1o agosto 1973.

Quasi contemporaneamente, la GMC rimborsava quanto versato in eccedenza dagli acquirenti delle cinque vetture Opel cui era stata praticata la tariffa precedentemente in vigore. Tuttavia, questi fatti non sfuggirono alla Commissione della Comunità economica europea che dispose un'inchiesta, di cui la GMC fu informata il 17 agosto tramite un dipendente della direzione concorrenza.

Il 26 luglio 1974, il procedimento contemplato dal regolamento 17/62 del Consiglio in applicazione degli artt. 85 e 86 del trattato fu instaurato d'ufficio nei confronti di detta società.

Previa comunicazione scritta degli addebiti formulati dalla Commissione e relativa risposta dell'impresa interessata, il 19 dicembre 1974 fu emanata la decisione impugnata nel presente ricorso.

Nell'art. 1 di detta decisione si rileva che, nel periodo 15 marzo31 luglio 1973, la General Motors Continental ha violato, intenzionalmente, l'art. 86 del trattato, fatturando cifre troppo alte per il rimborso spese di omologazione del veicolo, pratica che essa deve espletare in forza della legislazione belga.

Nell'art. 2 della decisione, si infligge alla General Motors Continental un'ammenda di 100000 unità di conto, vale a dire 5 milioni di franchi belgi.

La ricorrente vi chiede, in via principale, di annullare sic et simpliciter la decisione e, in via subordinata, di annullare l'ammenda irrogata nei suoi confronti.

II — Mercato che entra in linea di conto e acquisizione di una posizione dominante

La General Motors Continental invoca tre mezzi tratti dalla violazione dell'art. 86.

Il primo si riferisce alla posizione dominante che, secondo la Commissione, la ricorrente avrebbe acquisito in Belgio e, quindi, in una parte sostanziale del mercato comune per quanto riguarda le pratiche d'omologazione, il rilascio degli attestati nonchè le registrazioni dei numeri di matricola del veicolo, sia per i veicoli Opel nuovi che per quelli immatricolati all'estero da meno di sei mesi.

La ricorrente afferma di non godere di una posizione dominante ai sensi dell'art. 86 del trattato. Essa si difende criticando la definizione, accolta dalla Commissione, del mercato di cui trattasi, definizione che sarebbe troppo restrittiva ed artificiosa.

Il servizio offerto al cliente, cioè l'espletamento delle pratiche per l'omologazione del veicolo stesso, prima della messa in circolazione, non costituisce un mercato autonomo. Come ogni altra attività connessa alla garanzia dei veicoli nuovi o al servizio post vendita, il controllo dei requisiti tecnici imposto dalle pubbliche autorità costituisce un'attività accessoria alla vendita delle automobili. Quindi si dovrebbe tener conto del mercato totale di tutti i veicoli nuovi venduti in Belgio sul quale è evidente che, tenuto conto della concorrenza esistente tra svariate marche, la General Motors Continental non occupa decisamente una posizione dominante.

Mi pare impossibile accogliere questo argomento della ricorrente: non contesto che la delimitazione esatta del mercato di cui trattasi ha importanza essenziale per stabilire l'esistenza di una posizione dominante. D'altra parte, è la vostra giurisprudenza che impone tale delimitazione, giurisprudenza consolidata nelle sentenze Sirena (sentenza 18 dicembre 1971, causa 40-70, Racc. 1971, pag. 84) Deutsche Grammophon (sentenza 8 giugno 1971, causa 78-70, Racc. 1971, pag. 501), Commercial Solvents (sentenza 6 marzo 1974, cause 6 e 7-73, Racc. 1974, pag. 251) e soprattutto nella sentenza 21 febbraio 1973, Continental Can (causa 6-72, Racc. 1973, pag. 246).

Sotto questo aspetto è indiscutibile che il servizio post vendita relativo alla garanzia e all'assistenza dei veicoli nuovi è semplicemente un'attività secondaria rispetto alla vendita dei veicoli stessi.

Le condizioni offerte dai costruttori e dai loro distributori rappresentano fattori non trascurabili per la scelta degli acquirenti; la garanzia offerta all'acquirente di una vettura nuova nonché l'impegno del distributore ufficiale ad effettuare tutte le operazioni di manutenzione e di riparazione, generalmente a tariffe fissate dal costruttore, fanno parte delle condizioni di vendita e rappresentano uno dei parametri della concorrenza «inter-brand» sul mercato automobilistico.

Per contro, il controllo dei requisiti tecnici stabiliti dall'autorità nazionale per l'entrata in circolazione di ogni veicolo corrisponde ad un obbligo imposto dall'autorità pubblica. L'acquirente di un'automobile, indipendentemente dalla marca, deve avere la garanzia, in qualsiasi caso, che il proprio veicolo è conforme ai requisiti stabiliti dalla legge vigente.

In assoluto, poco importa all'acquirente che il controllo sia stato fatto dall'amministrazione o dal costruttore, oppure dal suo rappresentante. Tale elemento non ha in linea di massima alcuna importanza nella concorrenza sul mercato globale degli autoveicoli.

Non si può affermare che tale attività di controllo rappresenti di per sé un mercato. Ciò è decisamente escluso allorché il controllo tecnico viene effettuato dall'amministrazione. La nozione di mercato diverrebbe inconsistente se, pur incaricando i costruttori o i loro rappresentanti di effettuare i controlli, lo Stato imponesse loro il rispetto di una tariffa determinata in funzione del costo reale delle operazioni di controllo.

Ma ciò è ancora valido se le imprese incaricate di svolgere questo servizio hanno facoltà di stabilire la tariffa per detto servizio secondo criteri commerciali e ne traggono vantaggio? La risposta non mi pare così univoca se si pone l'accento sul fatto che si tratta della prestazione obbligatoria di un servizio pubblico imposta dallo Stato per un fine di interesse pubblico: quello della sicurezza della circolazione stradale.

Non si dovrebbe allora tener conto del fatto che le imprese, cui viene imposto tale obbligo, e che per questo stesso fatto hanno l'esclusiva di tale prestazione, rientrano tra quelle contemplate dall'art. 90, n. 1, del trattato? Dato e non concesso che sia così, cioè che lo Stato, come dice l'articolo, abbia concesso a dette imprese diritti speciali ed esclusivi, ciò non toglie che esse devono continuare a rispettare le regole di concorrenza di cui agli artt. 85 e seguenti del trattato.

Sotto questa luce va visto il problema di posizione dominante di cui godrebbe la General Motors Continental.

Come rappresentante esclusiva, detta società ha dovuto accollarsi il monopolio dell'attività del controllo tecnico di tutte le automobili prodotte dal gruppo General Motors immesse in circolazione in Belgio, sia dei veicoli nuovi che dei veicoli immatricolati all'estero da meno di sei mesi. Questo diritto esclusivo non implica alcun obbligo di attenersi ad una tariffa stabilita dallo Stato per quanto riguarda il rimborso richiesto all'acquirente del veicolo. Ogni costruttore o rappresentante stabilisce in effetti autonomamente e liberamente la tariffa da applicare per la prestazione del servizio necessario per l'omologazione del veicolo. Questo è quanto ha fatto la ricorrente.

La politica tariffaria adottata dalle varie imprese può avere quindi un'incidenza sulla concorrenza all'interno del mercato dei servizi, e non sulla vendita delle varie marche di autoveicoli; non si tratta quindi di una concorrenza «inter-brand» ma di una concorrenza «intra-brand», cioè sul mercato in cui si fanno concorrenza i vari veicoli prodotti dal costruttore o dai costruttori di uno stesso gruppo e venduti da un solo rappresentante esclusivo.

Per effetto della disciplina belga che delega ai costruttori o ai loro rappresentanti esclusivi il monopolio del controllo tecnico degli autoveicoli, della strutturazione delle filiali europee della General Motors Corporation ed infine del sistema detto di distribuzione selettiva, vi è effettivamente una concorrenza potenziale tra i veicoli Opel (GM), tenuto conto della diversa entità delle spese d'omologazione.

La stessa ricorrente ammette che, nell'ambito della distribuzione selettiva e non più esclusiva, la concorrenza «intra-brand» va tenuta in considerazione e può addirittura consentire di ottenere un'esenzione a norma dell'art. 85, n. 3.

Il 30 dicembre 1971, la ricorrente notificava alla Commissione i contratti che le conferivano l'esclusiva per i veicoli GM. In questa comunicazione si precisava inoltre: «tutti i concessionari che fanno parte della rete di vendita non solo hanno l'obbligo di fare concorrenza ai concessionari che vendono altre marche di veicoli, ma anche ai concessionari che vendono la stessa marca di veicoli … il contratto (di concessione di vendita e di servizio dei veicoli) mette chiaramente in luce che l'obiettivo summenzionato (soddisfare la clientela) non può venir perseguito che tramite la concorrenza, ivi compresa la concorrenza tra concessionari della stessa marca».

Per di più, la società BMW, altro costruttore tedesco, è riuscita ad ottenere, il 13 dicembre 1974, che la Commissione autorizzasse i contratti di distribuzione stipulati coi propri rappresentanti solo a condizione che detti distributori agissero in concorrenza fra di loro. Nella decisione si osserva: i contratti tipo della BMW non conferiscono alle controparti la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti in causa; detti contratti riguardano solo i veicoli BMW in concorrenza con alcuni altri veicoli su tutto il mercato comune; d'altro canto è già stato dimostrato che la concorrenza tra i prodotti BMW e tra quest'ultimi e i prodotti concorrenti non viene meno nella fase distributiva dei prodotti BMW.

E' chiaro infatti, come avete affermato nella sentenza Gründig-Consten (sentenza 13 luglio 1966, cause 56 e 58-64, Racc. 1966, pag. 520) che «se la concorrenza tra produttori è in genere più appariscente di quella fra distributori della stessa marca, ciò non significa che un accordo diretto a restringere quest'ultima sia sottratto al divieto dell'art. 85, n. 1».

Queste considerazioni mi appaiono altrettanto valide nel settore in cui si applica l'art. 86.

Pur accettando la tesi della Commissione, secondo cui il prezzo fatturato al cliente per il controllo tecnico dei veicoli importati è irrilevante ai fini concorrenziali tra le diverse marche di automobili offerte in Belgio, resta il fatto che se la tariffa per spese di controllo tecnico dei veicoli della stessa marca importati parallelamente è molto più gravosa della tariffa applicata per i veicoli della stessa marca prodotti o montati in loco oppure importati tramite la propria rete di distribuzione ufficiale, ne può conseguire una distorsione della concorrenza nella fase di distribuzione, e il rappresentante che segue questa prassi può favorire la propria rete di distribuzione frenando le distribuzioni parallele provenienti dagli altri Stati membri.

Giunto a questo punto, sarei propenso ad ammettere che la General Motors Continental, rappresentante esclusiva in Belgio dei costruttori del gruppo General Motors, dispone come tale di un monopolio dell'attività di controllo tecnico per i veicoli del gruppo GM conferitole dalla disciplina nazionale in materia di attestati di omologazione; per questo motivo essa gode di una posizione dominante sul mercato dei servizi in una parte sostanziale del mercato comune.

III — Abuso di posizione dominante

La ricorrente ha usato abusivamente di tale posizione dominante? Essa lo contesta, affermando anzitutto che il comportamento di cui le si fa carico non intendeva pregiudicare, né si è risolto in un pregiudizio alla concorrenza.

Questo suo atteggiamento è fondato su un'interpretazione cumulativa dell'art. 85 e dell'art. 86, disposizioni che mirano entrambe, pur se per vie diverse, a garantire la conservazione della concorrenza nella Comunità.

La ricorrente sostiene che, se a termini dell'art. 85, n. 1, un accordo tra imprese è colpito dal divieto soltanto nel caso in cui, tra l'altro, abbia come oggetto o come effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune, la stessa condizione si deve richiedere per l'applicazione dell'art. 86. Quindi il comportamento di un'impresa che gode di una posizione dominante ma che non avesse né tale oggetto, né tale effetto, non costituisce infrazione.

Questa tesi, signori, si fonda su un'interpretazione erronea dell'art. 86: la nozione di posizione dominante implica di per sé una certa restrizione della concorrenza che gli autori del trattato non hanno voluto vietare esplicitamente. Essi si sono contentati di reprimerne lo sfruttamento abusivo, che implica necessariamente un aggravamento dell'alterazione della fascia di concorrenza esistente sul mercato, e può giungere ad eliminarla completamente.

Il presupposto esplicitamente menzionato nell'art. 85, per quanto riguarda gli accordi o pratiche concertate, e dunque implicitamente, ma certamente connesso con la nozione di abuso di posizione dominante. Basta quindi accertare se un comportamento determinato costituisce un abuso.

A questo proposito, l'art. 86, n. 2, elenca, d'altronde in modo non esauriente, le pratiche abusive che il trattato vieta categoricamente.

Il comportamento di cui si fa carico alla General Motors Continental, corrisponde precisamente ad uno degli esempi citati da detta disposizione alla lettera a), cioè all'ipotesi di «imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque».

È questo comportamento che ha indotto la Commissione ad intervenire nei confronti della ricorrente, accusata di aver praticato un prezzo abusivamente alto e quindi non equo a titolo di rimborso spese per il controllo tecnico da essa effettuato su alcuni veicoli Opel importati in Belgio.

È pacifico che la tariffa applicata dalla General Motors Continental, nel periodo 15 marzo31 luglio 1973, per il rilascio degli attestati di omologazione relativi ad automobili di costruzione europea è stata manifestamente abusiva. La stessa ricorrente l'ha riconosciuto dal momento che, dopo un riesame dei costi effettivi di tali operazioni, ha deciso di applicare una nuova tariffa, quattro volte inferiore, dal 1o agosto 1973. Mi pare dunque accertato che la richiesta di FB 5000, al netto di tasse, come rimborso spese per le formalità di controllo relative ai veicoli Opel costruiti in Germania si risolveva in sostanza nell'imposizione di un prezzo non equo ai sensi dell'art. 86, 2o comma, lettera a).

Questa constatazione conferma che vi è stata un'infrazione. Allorché un'impresa gode di un monopolio — anche se ciò è effetto di una delega da parte dello Stato di una prerogativa della pubblica autorità — l'abuso è costituito dal solo fatto che la società imponga tariffe o condizioni non eque. Ciò è quanto si arguisce dalle vostre sentenze 11 marzo 1974 (BRT/SA-BAM, causa 127/73, Racc. 1974, pag. 317) e 30 aprile 1974 (Sacchi, causa 155-73, Racc. 1974, pag. 431)

Così stando le cose, è inutile accertare se il comportamento della ricorrente ha avuto effettivamente per oggetto o per effetto di pregiudicare la concorrenza all'interno del mercato comune.

Giusto per dare piena soddisfazione alla ricorrente, a questo punto, prenderò in esame l'argomento che essa intende trarre dal fatto che, nel periodo in questione, in Belgio i prezzi, al netto di tassa, delle vetture Opel erano molto inferiori a quelli praticati nella Repubblica federale tedesca. Data la differenza di listino, le spese delle operazioni di controllo tecnico erano quindi irrilevanti. I distributori belgi o i singoli non avrebbero avuto comunque alcun interesse ad acquistare automobili Opel in Germania piuttosto che in Belgio.

Mi permetto di esprimere seri dubbi su questo punto.

Ricorderò che quattro anni prima la Opel, avendo notato un aumento improvviso é notevole delle vendite dei veicoli Opel nuovi nei Paesi Bassi, vendite chiaramente effettuate dai rivenditori ufficiali tedeschi, con circolare 7 febbraio 1969 attirava l'attenzione di tutti i distributori ufficiali sulle possibili conseguenze di tale situazione. Essa ricordava ai distributori che tali esportazioni mettevano gravemente in pericolo l'attività dei distributori Opel all'estero e, come ritorsione, tali veicoli, forniti dai distributori ufficiali Opel a venditori non ufficiali all'estero, potevano venir riacquistati ed offerti alla clientela tedesca, come ad esempio si verificava in quel momento nei Paesi Bassi, a prezzi nettamente inferiori al prezzo imposto sul mercato interno. La reimportazione in Germania dei veicoli esportati dai distributori ufficiali Opel avrebbe compromesso gravemente il sistema di prezzi imposti ai rivenditori. Le conseguenze di tale politica potevano essere incalcolabili.

Tale circolare, in un secondo tempo, afferma la società Adam Opel, è stata discussa da vari membri del servizio vendite Opel e da alcuni distributori ufficiali Opel nella Repubblica federale tedesca. Inoltre vi sono stati incontri su questo argomento tra la Opel e la General Motors Continental di Anversa, consorella competente per la distribuzione dei veicoli Opel tramite la rete ufficiale di vendita nel Benelux e quindi anche in Belgio e nei Paesi Bassi. Tuttavia, molti concessionari tedeschi hanno continuato ad esportare — aggiunge la Opel — senza esporsi a misure di ritorsione.

Il 29 settembre 1970, però nello stesso giorno in cui venivano notificati i contratti alla Commissione, la Opel ammoniva i capi zona Opel tedeschi, invitandoli ad astenersi immediatamente da qualsiasi raccomandazione ai distributori ufficiali onde farli rinunciare alle esportazioni; contemporaneamente essa confermava a detti distributori ufficiali il loro diritto non solo a vendere nelle loro zone di vendita e di assistenza, ma a fornire anche nelle altre regioni.

Indubbiamente tale corrispondenza riguarda un'epoca precedente e si riferisce alle importazioni parallele nei Paesi Bassi. Non è però escluso che simili importazioni possano ancora essere state convenienti in Belgio nel 1973.

D'altro canto, la ricorrente stessa ammette che il numero di richieste di attestati di omologazione era notevolmente aumentato dopo il 15 marzo 1973, il che l'ha indotta a rivedere il sistema di formalità di controllo tecnico ivi comprese le spese relative.

Quanto al problema del se l'abuso fosse tale da influire sugli scambi fra gli Stati membri, mi pare che non vi sia alcun dubbio quanto alla risposta: i veicoli omologati a tariffa eccessiva erano importati dalla Germania in via parallela. Questo fatto è sufficiente a dimostrare che si trattava in effetti di scambi intracomunitari. Inoltre, la condizione del pregiudizio al commercio fra gli Stati membri è soltanto un criterio di competenza che tende a consentire di delimitare la sfera d'applicazione rispettiva del diritto nazionale e del diritto comunitario in materia di concorrenza.

Infine, per stabilire se vi è stato abuso di posizione dominante si deve far ricorso unicamente a criteri puramente oggettivi. Ne consegue che gli argomenti tratti dalla ricorrente dalle circostanze speciali con cui si giustifica l'applicazione della tariffa, in vigore al 15 marzo 1973 per l'omologazione dei veicoli costruiti negli Stati Uniti, anche al controllo dei veicoli costruiti in Europa e importati parallelamente in Belgio, non hanno alcuna pertinenza per quanto riguarda la sussistenza o meno dell' infrazione sotto l'aspetto giuridico.

Lo stesso valga per l'argomento tratto dal fatto che la ricorrente ha rimborsato con la massima rapidità gl'importi indebitamente riscossi dai cinque acquirenti di automobili Opel omologati a tariffa maggiorata.

Queste considerazioni, al contrario, hanno importanza decisiva allorché si tratta di valutare se la Commissione fosse legittimata ad irrogare nei confronti del rappresentante della General Motors Continental un'ammenda di 100000 unità di conto.

IV — Sulla legittimità della decisione con cui si irroga un'ammenda alla General Motors Continental

In virtù dell'art. 15, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 17, la Commissione ha la facoltà di infliggere ammende alle imprese che intenzionalmente o per negligenza abbiano violato le disposizioni dell'art. 85, n. 1, o dell'art. 86 del trattato. La decisione impugnata fa carico alla General Motors Continental di aver abusato intenzionalmente di una posizione dominante e non soltanto per negligenza.

Pur se le ammende contemplate dal regolamento n. 17 non hanno a rigor di termini l'indole di sanzioni penali, non ci pare possibile interpretare l'espressione «intenzionalmente» facendo astrazione dalle nozioni comunemente accolte dalle legislazioni vigenti in materia negli Stati membri.

L'uso di detta espressione implica necessariamente che l'autore dell'infrazione deve aver agito di proposito, conscio di commettere un atto illegittimo, vietato dal trattato, che lo esponeva alle conseguenze previste in tali casi dalla legge.

Al dolo si contrappone la semplice colpa, come ai reati intenzionali si contrappongono i reati commessi per imprudenza.

Si può perciò far appello alla prima nozione solo allorché le conseguenze dannose del comportamento sono volute o perlomeno accettate come necessarie dall'impresa responsabile.

Per contro vi è negligenza allorché chi ha commesso l'infrazione ha agito senza intenzione di compiere un atto illegittimo, senza prevedere le conseguenze del proprio comportamento, mentre invece, comportandosi da buon paterfamilias, avrebbe potuto prevederle.

Come si deve qualificare nella fattispecie il comportamento della General Motors Continental?

Si deve anzitutto notare che la tariffa applicata nelle cinque importazioni parallele dei veicoli Opel non era affatto stata elaborata intenzionalmente, onde provocare una distorsione della concorrenza, così da svantaggiare volutamente questo tipo d'importazioni rispetto a quelle effettuate direttamente dalla ricorrente o dalla sua rete di vendita ufficiale.

Tale tariffa, fissata il 1o settembre 1972, riguardava soltanto i veicoli di costruzione americana del gruppo General Motors.

Fino al 15 marzo 1973, la tariffa non era mai stata applicata a veicoli costruiti in Europa e particolarmente a veicoli di marca Opel. Nella risposta alla comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha dichiarato, senza trovare opposizione, che dal 1o settembre 1972 al 15 marzo 1973, nessun acquirente di automobili di detta marca le aveva richiesto il rilascio di un attestato d'omologazione, molto probabilmente per il fatto che in questo periodo l'omologazione degli autoveicoli era ancora riservata alla competenza degli uffici statali.

Solo allorquando il ministro delle comunicazioni decise che gli uffici statali non provvedessero più all'omologazione dei veicoli immatricolati all'estero da meno di sei mesi, la ricorrente dovette provvedere all'omologazione dei veicoli europei importati dai singoli.

Non avendo previsto allora che automobili Opel importate parallelamente avrebbero dovuto venire controllate ed omologate e non avendo studiato a priori i costi effettivi delle spese connesse a tale pratica, il servizio ad hoc applicò, con una certa leggerezza, è vero, ma anche in buona fede, la tariffa allora vigente.

È difficile ravvisare in questo comportamento l'intenzione di commettere deliberatamente un'infrazione all'art. 86.

La tesi dell'errore è corroborata dal comportamento della ricorrente, che, accortasi dello sbaglio grazie ai reclami di alcuni acquirenti che ritenevano che nei loro confronti fosse stata applicata una tariffa eccessiva, in primo luogo adottò una nuova tariffa più corrispondente ai costi reali delle operazioni di controllo dei veicoli di costruzione europea, ed inoltre rimborsò immediatamente le somme riscosse in eccesso.

Infatti, dal 1o giugno venne praticata, in via provvisoria, la tariffa di FB 1000 per le operazioni di omologazione di dette automobili, quanto meno per le vendite ai membri del corpo diplomatico o ai dipendenti di organizzazioni internazionali. Sia chiaro che questo non rappresentava un provvedimento di carattere generale, ma semplicemente un rimedio per ovviare alle contestazioni insorte nel frattempo.

Contemporaneamente — e prima che la Commissione rendesse nota alla ricorrente la sua decisione di iniziare un'inchiesta — si concludevano gli studi tecnici e finanziari sul costo delle spese di omologazione, il che consentiva alla General Motors Continental di applicare dal 1o agosto 1973 la tariffa di FB 1250, al netto di tasse, valida per tutti i veicoli europei del gruppo General Motors.

Infine, nei cinque casi in cui era stata erroneamente riscossa la tariffa abrogata, le differenze vennero rimborsate all'inizio del mese di agosto.

L'applicazione della tariffa contestata rappresenta una violazione, pur se veniale, dell'art. 86; comunque, il complesso dei fatti testé citati mi induce a negare che tale infrazione possa definirsi intenzionale.

Posso ammettere a rigore che vi si ravvisino gli estremi della colpa, quindi l'ammenda inflitta — almeno in linea di principio — sarebbe giustificata alla luce dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

La Commissione caldeggia questa versione, ma io non ritengo che siate competenti a modificare ad libitum la gravità dell'infrazione.

Nel settore del contenzioso in materia di ammende per le infrazioni alla disciplina della concorrenza, voi disponete di una competenza assoluta che vi consente di valutare se, in funzione della gravità e della durata dell'infrazione giuridicamente indiscutibile, l'importo dell'ammenda inflitta dalla Commissione sia o no giustificato. Potrete cioè tener conto delle circostanze attenuanti e ridurre l'entità della sanzione pecuniaria. Al contrario non potrebbe escludersi che, valutando i fatti con maggiore severità della Commissione, possiate procedere ad una reformatio in pejus.

Prima di procedere ad una simile valutazione però dovete apprezzare la legittimità della decisione adottata dalla Commissione. Allorché, come nella fattispecie, essa connette espressamente l'ammenda inflitta ad una infrazione che afferma essere intenzionale, dovete, prima di soppesare l'entità dell'ammenda in relazione alla gravità del comportamento illecito, pronunziarvi sulla natura giuridica del comportamento. Se giungete alla conclusione che l'infrazione non è dolosa, dovete rilevare del pari che il provvedimento è erroneamente motivato e dovete trarne la conseguenza necessaria, cioè annullarlo nella misura in cui infligge un'ammenda. A mio parere non potete però andare oltre, sostituendovi alla Commissione nella valutazione dei fatti, dichiarando cioè la colposità dell'atto.

Qualora non condivideste il mio punto di vista e, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, riteniate d'aver la competenza a riconoscere che vi è stata negligenza, sarebbe opportuno commisurare l'importo dell'ammenda a tale valutazione, diversa rispetto al giudizio della Commissione. In questo caso l'infrazione risulta molto meno grave di quanto ha giudicato la Commissione. Le circostanze da me ricordate, da cui non si può desumere alcun dolo, costituiscono quanto meno un valido motivo per ridurre notevolmente l'importo dell'ammenda, che dovrebbe assumere carattere di affermazione di principio. Tale soluzione però vi è proposta a titolo puramente subordinato.

Concludo quindi a che

1.

annulliate la decisione impugnata in quanto infligge alla General Motors Continental un'ammenda per un'infrazione intenzionale;

2.

respingiate ogni altra conclusione;

3.

stabiliate che ognuna delle parti sopporti le spese rispettivamente incontrate.


( 1 ) Traduzione dal francese.